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Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl
EUROCARNI
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali
EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
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Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma –Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata
Euro Annuario Carne La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni.
Edizione 2022 Copia cartacea: € 95,00
EURO ANNUARIO CARNE 2022 Ufficio stampa e Media PartnerCibus Tec Forum offre UN UNICO PADIGLIONE con:
Una Sala Plenaria con quattro conferenze di prestigio internazionale:
25 ottobre 2022
• 10.00 - 13.00 - Processing e Packaging tra digitalizzazione e sostenibilità
• 14.30 - 16.30 - Innovazioni e Tendenze della Sicurezza Alimentare
26 ottobre 2022
• 10.00 - 13.00 - Globalizzazione e Transizione Ecologica: dove vanno le politiche europee?
• 14.30 - 16.30 - Materiali Innovativi per un’Economia Circolare
Cinque Sale Vertical Showcase Sessions con workshop altamente specializzati dedicati ai diversi settori alimentari e alle tendenze future
Area Espositiva con tecnologie all’avanguardia, innovazioni, start up e aree dimostrative
EUROCARNI
La prima rivista veramente europea
Etichettatura
Sostenibilità: nuovo record di vendite dei prodotti che la comunicano 38 in etichetta
La carne in rete Social meat Elena Benedetti 40
Aziende
Danish Crown lancia il nuovo concetto di Scottona Norland 42
Il banco frigorifero secondo Criocabin 46
Surf&Turf: il trend gastronomico che celebra l’unione tra carne e pesce 52
Da bottega storica a bottega moderna
Elena Benedetti 58
Il valore di un’antica arte innovativa 63
Ragù 100% made in San Marino
Speciale Belgio See you in Gent!
Belgio, carne sempre la preferita
Speciale WBC
La Qualità
A Sacramento 2022 si è fatta la storia
Riccardo Lagorio 66
Gaia Borghi 70
Roberto Villa 78
Elena Benedetti 80
Agnello di Sardegna IGP sinonimo di sostenibilità e longevità 98
Blonde d’Aquitaine e SQNZ 100
El Cochinillo di Segovia
Riccardo Lagorio 104
In copertina: taglio selezionato di Scottona Norland by Danish Crown (photo © Danish Crown).Che si
prime,
osemplicemente
saperne di più sulle nostre soluzioni per il settore Carne:
il CSB-System
la vostra azienda ulla base degli indici. In questo modo avrete una visione chiara anche in situazioni non chiare.
Eventi carnivori Alla Fattoria Zivieri con Chef… al Massimo 106
Razze
Razze in pericolo: il caso della vacca Sardo-Modicana
Chiara Papotti 108 Mercati Facciamo il punto sulla carne di coniglio 112
Buona carne non mente Batticarne: il sogno di Jonny diventato realtà
Nutrizione
Elisa Guizzo 114
Assorbimento proteine: il pollo vince sul plant-based
La carne in tavola Un fagiano bello e buono
Ristoranti carnivori San Marco, impronta camuna
R. Bombus Taurus 120
Susanna Bramante 118 Papà, il professore di latino ha detto che non dobbiamo mangiare la carne…
Giorgia Fieni 124
Riccardo Lagorio 126
A
Locali
Fiere
Packaging
Tecnologie
Statistiche
Asiago
edizione
alimenti,
impegno concreto 136
e CSB-System insieme verso il futuro digitale
dati sulla classificazione delle carcasse suine 2022
del bestiame suino in Italia al 30 giugno 2022 146
Sono 180 grammi, lascio?
Clubs Andrea Gaddini 152
Before & After Giovanni Papalato 148 Storia e cultura
Cow, perché la carne allevata bene fa bene, a te e al Pianeta
Gian Omar BisonLA CARNE NEL MONDO
Spagna
La Spagna si colloca al terzo posto, dopo i Paesi Bassi e il Regno Unito, nella classifica stilata da ProVeg International dei cinque Paesi europei che si impegnano maggiormente nella “carne coltivata”, un prodotto con un grande potenziale per migliorare la competitività e la sostenibilità dell’industria della carne in Europa. Dopo la Spagna, l’elenco è completato da Germania e Francia. Nel mercato nazionale spagnolo, c’è forte sostegno alla ricerca sul potenziale salutistico della carne coltivata. Essendo il Paese con il più alto consumo di carne pro capite in Europa, la Spagna ha il potenziale per diventare un attore importante nel settore dell’agricoltura cellulare. Nel gennaio 2021 il governo spagnolo, attraverso il Centro per lo sviluppo della tecnologia industriale (CDTI), ha devoluto 5,2 milioni di euro per un progetto sulla carne coltivata guidato da BioTech Foods, che sta studiando l’impatto sulla salute di questo prodotto per la prevenzione del cancro al colon e della dislipidemia. Attualmente in Spagna operano tre start-up: Biotech Foods, Cocuus e Cubiq Foods. Nel novembre 2021, il gigante della carne JBS ha raggiunto un accordo per l’acquisizione del controllo di BioTech Foods e la costruzione di un nuovo impianto in Spagna per aumentare la produzione. Questa acquisizione dovrebbe accelerare lo sviluppo della carne coltivata in Spagna e all’estero.
Il concetto di carne coltivata è stato a lungo discusso in Europa. Nel dicembre 2020, l’Agenzia alimentare di Singapore (SFA) ha approvato la vendita del pollo della start-up californiana Just Eat prodotto con l’agricoltura cellulare. È stata la prima, e rimane l’unica, autorità di regolamentazione al mondo ad approvare un prodotto a base di carne coltivata per la vendita sul mercato (fonte: ICE Madrid).
AGENDA
Parigi, Francia
SIAL Paris 2022, la fiera internazionale dell’alimentazione in calendario dal 15 al 19 ottobre al quartiere espositivo di Paris Nord Villepinte, anche quest’anno sarà focalizzata sull’analisi e la presentazione dei trend che stanno interessando il pianeta food, portando alla luce il meglio delle innovazioni a livello mondiale. Fonte di ispirazione per l’intera comunità alimentare mondiale, al SIAL si creano sinergie tra i vari operatori, dando un impulso collettivo per creare la migliore alimentazione possibile di domani. Anche per questa edizione sarà infatti centrale il tema #Own The Change, lanciato nel 2020 in risposta alle aspettative e alle iniziative di tutto il mondo in materia di sostenibilità e impatto ambientale della produzione alimentare.
Quattro i punti salienti del salone. SIAL Innovation: una giuria di esperti premierà le aziende che, nella loro categoria, presenteranno i prodotti più moderni e in linea con i nuovi trend di consumo; SIAL Start-Up, spazio che presenterà una selezione di nuove aziende di nicchia nel settore food con la collaborazione di Start-up Sesame e La FoodTech; SIAL Insights/Think Tank presenterà studi sulle aspettative dei consumatori, trend di mercato e del consumo fuoricasa. Dall’analisi delle principali tendenze di consumo globali e della loro evoluzione effettuata in esclusiva per SIAL, è chiaro che, in un contesto di incertezza mondiale, i consumatori sono ancora convinti che ciò che mangiano influisce sul mondo in cui vivono. Il cibo e le scelte alimentari vanno oltre il semplice soddisfacimento di un bisogno primario quotidiano; SIAL Podcast, un nuovo appuntamento mensile sulle ultime novità della filiera per supportare e informare gli operatori (photo © instagram.com/ sial.paris).
www.sialparis.com – www.instagram.com/sial.paris
Parma
Creare il mix perfetto di imprese tecnologiche avanzate, campioni dell’innovazione alimentare, ricerca e le voci più autorevoli della scena nazionale ed internazionale per offrire un momento di confronto e costruire una nuova strategia globale del settore Food & Beverage. Sono questi gli obiettivi di Cibus Tec Forum, la mostra-convegno ideata da Koeln Parma Exhibitions, dal 2016 joint venture tra Fiere di Parma e Koelnmesse, che si terrà a Parma il 25 e 26 ottobre. Il Forum anticipa di un anno lo storico appuntamento triennale Cibus Tec (24-27 ottobre 2023), che registra già oggi il 60% di occupazione dell’area disponibile con una massiccia presenza di aziende provenienti da Italia, Germania, Turchia, Danimarca e Cina. Cibus Tec Forum intende rispondere all’esigenza di un settore sempre più attraversato da forti cambiamenti, in cui tecnologia, innovazione e la capacità di fare sistema diventano fattori strategici per affrontare le sfide future e perseguire l’obiettivo della sostenibilità. Al centro della due giorni contenuti di grande attualità quali digitalizzazione, sostenibilità, innovazione, transizione ecologica, packaging e sicurezza alimentare. A parlarne le principali organizzazioni internazionali, tra cui la Commissione Europea, FDA (Food and Drug Administration statunitense) e GFSI (Global Food Safety Initiative). Il Forum si articolerà tra una parte espositiva e una convegnistica. Nel complesso 25 appuntamenti tra seminari tematici e talk e quattro conferenze a carattere internazionale ((photo © fiereparma.it):
• “Processing e packaging tra sostenibilità e digitalizzazione” (25 ottobre 10:00-13:00);
• “Innovazioni e tendenze della sicurezza alimentare” (25 ottobre 14:30-16:30);
• “Globalizzazione e transizione ecologica: dove vanno le politiche europee?” (26 ottobre 10:00-13:00);
• “Materiali innovativi per un’economia circolare” (26 ottobre 14:30-16:30) www.cibustecforum.it
Alla scoperta dell’Aberdeen Angus con Di Gusto in Gusto e Mr Beefy
Ecco la segnalazione di un nuovo calendario di appuntamenti ideati da E LISA G UIZZO , meat specialist e formatrice in materia di carni con Di Gusto in Gusto (digustoingusto.it) nel settore della ristorazione, insieme a P LACIDO MASSELLA, di professione allevatore e imprenditore di Aberdeen Angus con Mr Beefy a Mozzecane (VR).
Le serate si svolgeranno presso l’Agriturismo Corte Reginella (strada Quistello 13, Roverbella, MN), nei mesi di ottobre, novembre e dicembre. Riportiamo il calendario di questo progetto marchiato Di Gusto in Gusto e Mr Beefy: un percorso sensoriale e formativo delle categorie bovine allevate da Placido Massella, con la proposta di carne di Aberdeen Angus cruda e cotta nei diversi tagli anatomici ( in foto a lato, Elisa Guizzo e Placido Massella):
• 14 ottobre;
• 27 ottobre;
• 17 novembre;
• 24 novembre;
• 15 dicembre.
«La sostenibilità, in tutte le sue numerose e varie sfaccettature, si conferma uno dei temi più significativi e pervasivi nel mondo del largo consumo in Italia» ha dichiarato Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. «Siamo di fronte ad un universo di valori in veloce evoluzione e ampliamento, che coinvolge un numero crescente di prodotti». A pagina 38 un approfondimento sul valore della spesa “green” degli Italiani.
L’edizione 2022 del World Butchers’ Challenge (WBC) svoltasi a Sacramento lo scorso inizio settembre è stata un palcoscenico a dir poco emozionante, unico e spettacolare, che ha messo al centro la carne e i suoi maestri, uomini e donne che hanno fatto della macelleria la loro professione a livelli elevatissimi di innovazione, tradizione, tecnica e creatività. Tredici team provenienti da tre continenti si sono sfidati a colpi di coltello creando banchi scenografici ricchi di storia e di cultura. Ha vinto la Germania ma la nostra Nazionale Italiana Macellai, capitanata da Francesco Camassa, si è portata a casa 3 premi e la nomina di Gianni Giardina nel World Butchers’ Challenge All Star Team 2022! Questa composizione di sei super macellai è stata decretata dalla giuria del WBC come la migliore in tutta la competizione, dimostrando leadership, innovazione e lavoro di squadra. Con Simon Taylor del Team Great Britain al timone come capitano, questo gruppo di butcher manterrà il titolo fino al WBC 2024 e rappresenterà il World Butchers’ Challenge come ambasciatore ufficiale. Da sinistra: Paul Hamilton (Irlanda), Gianni Giardina (Italia), Christophe Ip Yan Fat (Francia), Michel Moser (Germania), Simon Taylor (UK) e Tom Bouchier (Australia). A pagina 80 l’ampio reportage dell’evento californiano (photo © World Butchers’ Challenge).
COTTI NEL
PREGIATI TAGLI DI VITELLO COTTI A BASSA TEMPERATURA E SENZA CONSERVANTI
DELLA TRADIZIONE
INGREDIENTI SENZA GLUTINE
NATURALMENTE CARNIVORO
Cibo leggendario direttamente dalle braci, un drink e musica, tanta musica. Cosa si può chiedere di più? Questo è stato Meatopia UK 2022 al Tobacco Dock Venue di Londra. Anche quest’anno la chiamata alle armi per gli amanti delle carni che non scendono a compromessi quando si parla di qualità e provenienza ha rinnovato la propria magia. Quella di un grande happening carnivoro, unico nel suo genere, almeno in Europa, inizialmente pensato da Josh Ozersky, il fondatore, e poi esportato nel Regno Unito dallo chef Richard H. Turner e dai macellai londinesi Turner & George. Qui uno scatto dello scorso inizio settembre tra Naturalmente carnivori che celebrano lo stare bene insieme con carne, musica e buon bere. Un evento da portare in Italia o no? (photo © instagram.com/meatopiauk).
LE STORIE DI BEPPE ROMEO
Durano solo 24 ore e sono una via di mezzo tra un diario di bordo e un flusso di coscienza, potente strumento di condivisione e racconto. Come le storie di Beppe Romeo (@bepperomeoo), meat influencer e ambassador di @worldbeststeakrestaurants, tra le quali ogni mese selezioniamo un’immagine per noi forte e significativa. Qui Beppe è a Pordenone, presso il Ristorante Braceria Steam di BARBARA ANTONINI (in foto), co-titolare col marito ANDREA, grill-chef che sta ai fuochi insieme allo staff di cucina. La loro ossessione? La carne! “Steam nasce nel 2018 proprio dall’amore per la carne. Dalla selezione attenta delle razze alla cura nello scegliere i migliori tagli. Dall’Italia fino al Giappone, passando per Spagna, Masuria, Irlanda e Finlandia in un equilibrio tra carbone, tradizione e innovazione”. Questo scatto rende onore all’animale e al suo vissuto, nella texture e nella magnifica marezzatura (photo © instagram.com/bepperomeoo).
Good bye, Jeff, and thank you
di Elena BenedettiIn questi ultimi vent’anni sarò andata con lui in Galles, in Inghilterra, Scozia e in Irlanda del Nord decine di volte, a visitare aziende e allevamenti. A partecipare a conferenze e a immergermi in incredibili fiere rurali che solo in Gran Bretagna riescono a celebrare. JEFF MARTIN era un perfetto ambasciatore delle carni e dei prodotti della sua Isola che aveva lasciato per trasferirsi in Italia, poco più che trentenne, e che aveva scelto per costruire la sua carriera professionale e personale. Aveva lavorato al Consolato Generale britannico a Milano fino al 1989 come commercial officer. Poi, nello stesso anno, aveva aperto a Milano l’ufficio italiano della MLC ( Meat and Livestock Commission), la Commissione responsabile dell’industria delle carni britanniche istituita dal Governo inglese. Dopo una breve parentesi alla ANM Group, una cooperativa di produttori di bovini scozzesi, come direttore commerciale, Jeff era tornato in MLC sempre col ruolo di rappresentante per l’Italia, per poi dirigere l’ente che via via si era trasformato prima in Eblex e poi in AHDB-Agriculture and Horticulture Development Board, l’organizzazione che sostiene l’industria inglese delle carni bovine e ovine in tutta la filiera.
A capo anche delle carni gallesi di HCC Meat Promotion Wales, Jeff era un profondo conoscitore del mercato italiano, dell’HO.RE.CA e della GDO; non si tirava mai indietro nel presenziare ad eventi benefici dei nostri butcher italiani e portava spesso buyer e chef in UK a visitare gli allevamenti, a toccare con mano cosa significa scegliere la professione di farmer, tra una tazza di tè offerta al volo ai viaggiatori da sua madre, Mrs. MARTIN, nella sua conservatory room in giardino, e prove di cucina in location meravi-
gliose perse tra le campagne inglesi e gallesi. Era un signore gentile e accomodante (tanto che una volta riuscii a convincerlo a fare una breve deviazione alla casa-museo di JANE AUSTEN), un uomo brillante e ironico, innamorato della vita. Ecco, Jeff ci ha lasciati, improvvisamente e irragionevolmente, aggiungerei io, questa estate, in pieno agosto, per un problema di salute. Una notizia che ci ha addolorato profondamente.
«Jeff è stato per decenni un volto ben rispettato e riconoscibile delle esportazioni di carne britannica in Europa e il successo del commercio è in gran parte stato il risultato delle sue forti relazioni e della sua spinta al successo. Era sempre coinvolgente, affabile e di grande calore, un vero gentiluomo. Mancherà a tutti coloro che hanno avuto il piacere di conoscerlo e di lavorare con lui» ha dichiarato il dottor PHIL HADLEy, direttore Internazionale dell’AHDB.
«Jeff Martin è stato un collega molto apprezzato che ha creato il British Meat Office a Milano alla fine degli anni ’80 e che, nel corso degli anni, ha sviluppato ottimi rapporti tra il commercio di carne italiano e le aziende esportatrici di carni britanniche. La sua personalità amichevole e la sua rete di contatti hanno contribuito a sviluppare il successo commerciale per tutti i soggetti coinvolti e ciò è sempre avvenuto in un’atmosfera gioviale» ha sottolineato BOB BANSBACK, ex direttore della British Meat and Livestock Commission
«Jeff e io abbiamo lavorato insieme per quasi un quarto di secolo presso MLC e AHDB. La sua conoscenza del mercato italiano non è stata seconda a nessuno ed è stato un eccellente ambasciatore e sostenitore dell’industria della
carne britannica. Durante tutte le tribolazioni della BSE ha difeso con fermezza la nostra industria ed è stato determinante per ristabilire le nostre esportazioni di carne in Italia. Tra gli eventi del recente passato forse il più importante che Jeff organizzò fu quello ospitato dal Principe Carlo, l’allora Principe di Galles, ora Re Carlo III, per promuovere la carne britannica e per incontrare i superbi maestri macellai italiani tra cui DARIO CEC CHINI. Molti lettori di questa Rivista lo ricorderanno bene. Re Carlo III nutriva uno stretto affetto per l’Italia e l’evento lo rese ancora più forte. Ma più di tutto, Jeff era un caro amico e mi mancherà moltissimo» ha commentato con commozione PETER HARDWICK, ex responsabile dell’export AHDB.
“Nato a Swansea nel sud del Galles nel 1954, Jeff era conosciuto e stimato da tutti i professionisti del mondo dell’alimentazione che hanno avuto modo di incontrarlo e di collaborare con lui. Estroverso e di grande personalità, Jeff non passava mai inosservato sia per la sua simpatia che per la profonda competenza che aveva nel suo mondo professionale. Una persona che ha rappresentato un elemento importante nel percorso e nella crescita della nostra agenzia” così lo ricordano SARA CA STELNUOVO, ANNA GARBAGNA e ALESSIA CHAPPERON dell’agenzia NE WWW S Srl di Milano.
Nella Redazione di EUROCARNI ci stringiamo al dolore della moglie VANIA PINETTI e della sua famiglia e rinnoviamo, commossi, le nostre condoglianze. In ricordo di un grande professionista del comparto, di un ambasciatore delle carni inglesi e gallesi in Italia e non ultimo di un amico.
Elena insieme a Fioretta, Luigi, Marco, Gaia, Federica, Maria Cristina, Andrea e Chiara
Jeff Martin in cucina, con lo chef Carlo Cracco e con re Carlo III ad un evento di presentazione di prodotti britannici. Al fianco di Jeff, la moglie Vania Pinetti Martin.
Il peggio sembra oramai alle spalle, anche per chi opera nel settore. Il Covid ha messo a dura prova un mondo attorno al quale gravitavano e tuttora ruotano decine di migliaia di imprese e operatori. Sono stati anni difficili, in cui, dopo alcuni inutili tentativi di realizzare gli eventi con le necessarie precauzioni, ci si è dovuti arrendere al fatto che nulla era possibile se non con rischi enormi, sia sul piano sanitario che su quello economico.
Inizialmente abbiamo assistito a rinvii di qualche mese, nell’incredulità di dover davvero annullare iniziative storiche che, in passato, solo la guerra era stata capace di fermare.
Poi il sistema si è dovuto piegare all’idea che una manifestazione fieristica dall’esito incerto o che si rischiava di dover cancellare all’ultimo momento poteva generare persino più danni di un evento stralciato dai programmi già sul nascere.
Potevano esserci forse modalità per realizzarli ugualmente certi eventi, ma era troppo dispendioso progettare un protocollo di distanziamento sociale da applicare proprio laddove il successo dell’iniziativa si misura in presenza di pubblico.
Una fiera poco partecipata, per sua natura, non ha senso. I danni economici e di immagine che possono invece derivare da una cancellazione dopo che la macchina organizzativa si è messa in moto
Dopo la peggiore crisi di sempre, gli eventi riprendono con slancio Le fiere nel post pandemiaQuello delle fiere è un format impossibile da sostituire completamente con l’equivalente modello digitale, soprattutto per quanto riguarda il comparto agroalimentare, dove l’aspetto visivo e di degustazione sono fondamentali.
possono essere enormi, tanto più che riguardano operatori di diversi settori, imprese di ogni genere.
Un’intera filiera è coinvolta quando si organizzano eventi fieristici: cooperative specializzate nei montaggi, imprese di pulizie, facchinaggio, trasporto, noleggio allestimenti, service audio, video e luci, l’accoglienza, le stesse società che gestiscono le fiere, quelle che organizzano i programmi collaterali. Un mondo intero si muove a monte e a valle di un evento fieristico. Non che il concetto fosse sfuggente, ma c’è voluta una pandemia perché ce ne rendessimo davvero conto.
La fiera era e tuttora resta, nonostante la presenza di strumenti alternativi, uno dei modi migliori per lanciare e far conoscere nuovi prodotti, trovare nuovi clienti, intessere e fortificare relazioni, per migliorare l’immagine dell’azienda. Non si va più in fiera solo per chiudere contratti, ma per porre le basi per sottoscriverne di nuovi e consolidare rapporti già avviati
“Essere presenti in fiera” significa dare un segnale inequivocabile al mercato, ai propri clienti, ai propri competitors. Non a caso le fiere sono uno dei principali strumenti di comunicazione per il 75% delle imprese industriali e per l’88,5% delle piccole e medie imprese.
Svolgono un importante ruolo di promozione e diffusione dell’innovazione, in quanto test di marketing per nuovi prodotti e, col tempo, si sta meglio definendo la relazione con la comunicazione on-line, poiché si tratta di due strumenti che si ibridano reciprocamente, in una correlazione che li vede complementari e non alternativi.
Quello delle fiere è un format impossibile da sostituire completamente con l’equivalente modello digitale, soprattutto per quanto riguarda il comparto agroalimentare, dove l’aspetto visivo e di degustazione sono fondamentali.
L’Italia è il secondo mercato fieristico in Europa. Si tratta di un sistema che, al netto dell’indotto,
coinvolge ogni anno 200.000 espositori, 20 milioni di visitatori, un volume d’affari per 60 miliardi di euro e per le imprese che vi partecipano il 50% delle contrattazioni sulle esportazioni (dati AEFI – Associazione Esposizioni e Fiere italiane).
Le manifestazioni fieristiche quanto gli eventi minori sono fondamentali per il nostro Paese, che si tratti di iniziative B2C o B2B.
L’Italia si trova al quarto posto nel mondo per superficie impiegata. Secondo i dati rilevati dall’UFI, la consistenza della nostra struttura espositiva nel 2020 era di 2.361.690 metri quadrati coperti. Più precisamente, in Italia erano 45 i quartieri con più di 5.000 metri quadri espositivi, così suddivisi: 7 quelli che ne avevano più di 100.000; 22 tra 20.000 e 100.000 e 16 con meno di 20.000 metri quadrati.
In Europa sono in atto grandi investimenti per ampliare i quartieri fieristici, implementarne l’accessibilità, creare infrastrutture digitali e migliorare l’accoglienza. Tuttavia, le fiere tendono ad esprimere l’economia e la vitalità dei luoghi che le ospitano, pertanto un grande sforzo nel senso dello sviluppo degli eventi di questa tipologia e delle relative strutture è in atto soprattutto nei nuovi mercati come Cina, India, Russia e Turchia, dove si registrano incrementi importanti della superficie espositiva complessiva e si affidano alle organizzazioni fieristiche ambiziosi obiettivi di sviluppo territoriale, in generale.
Anche AEFI e Prometeia hanno recentemente sottolineano in uno studio ad hoc che l’impatto del sistema fieristico italiano è di 22,5 miliardi di euro e 203.000 occupati: un vero e proprio moltiplicatore di business. Ne è ulteriore conferma il fatto che le imprese che partecipano alle fiere crescono del 13% in più di quelle che non lo fanno.
L’ulteriore elemento degno di nota è che il flusso turistico generato da chi, a vario titolo, partecipa ad eventi fieristici è alto spendente, richiede servizi qualificati e specializzati ed è disposto a remunerarli in maniera soddisfacente. La
La fiera era e tuttora resta, nonostante la presenza di strumenti alternativi, uno dei modi migliori per lanciare e far conoscere nuovi prodotti, trovare nuovi clienti, intessere e fortificare relazioni, per migliorare l’immagine dell’azienda. Non si va in fiera solo per chiudere contratti, ma per porre le basi per sottoscriverne di nuovi (photo © Kris Jacobs).filiera fieristica crea posti di lavoro che a loro volta generano effetti economici e sociali virtuosi, che si traducono in un valore aggiunto stimato in 10,6 miliardi di euro all’anno di produzione e lo 0,7% del PIL. Effetti macroeconomici aggiuntivi, questi, rispetto al business generato in fiera dalle imprese partecipanti.
«La nostra industria fieristica, come emerge dallo studio Prometeia — ha detto il presidente di AEFI MAURIZIO DANESE — è prima di tutto un incubatore naturale di business per i distretti industriali italiani e poi una leva di indotto ad alto valore aggiunto in favore dei territori. Nel post pandemia il sistema punta al rinnovamento: una fase cruciale per superare la frammentarietà attraverso alleanze strategiche fondate sui prodotti, salvaguardando i territori e il valore aggiunto generato dagli stessi».
«La strada verso nuove alleanze è tracciata — ha concluso Danese —, un percorso che vogliamo fare
anche attraverso la costituzione di un tavolo con il Governo per l’attuazione di un piano fieristico nazionale condiviso».
La stessa ricerca ha dimostrato che il B2B fieristico Made in Italy è in grado di performare 7 volte meglio rispetto al totale dell’economia italiana (+2% vs +0,3% la crescita media annua del fatturato dal 2012 al 2019). Per la prima volta è stato possibile stimare — grazie ad un’analisi d’impatto condotta su un campione di oltre 25.000 imprese espositrici (responsabili del 13% della produzione nazionale) confrontate con un panel di realtà simili che non partecipano a manifestazioni fieristiche — il vantaggio ottenuto dalle aziende che, fra il 2012 e il 2019, hanno creduto nelle fiere. Questi i risultati: 12,6 punti di crescita cumulata in più nelle vendite e 0,7 punti di marginalità lorda (EBITDA) in più rispetto a chi non ha partecipato.
In questo scenario le aziende del comparto agroalimentare che
partecipano alle manifestazioni sono quelle che hanno realizzato le migliori performance in termini di extra-crescita dell’attività (+20,5%) Ma anche nei settori produttivi funzionali di beni intermedi (come la meccanica) si registrano benefici superiori alla media.
Le fiere operano con un moltiplicatore di 2,4. In sintesi, ogni euro di valore aggiunto generato direttamente dal sistema fieristico (da espositori, organizzatori e visitatori), ne produce ulteriori 1,4 nell’economia nazionale. Guardando all’occupazione, i benefici sono solo leggermente inferiori (qui il moltiplicatore è infatti 2,1). Gli effetti moltiplicativi ottenuti sono in linea rispetto a quelli stimati di recente per l’industria fieristica europea, ma superiori a quelli evidenziati per Gran Bretagna e Spagna.
Il comparto va pertanto tutelato e rinnovato. La regola è guardare con fiducia al futuro, lasciandosi alle spalle il recente passato.
Sebastiano CoronaIl report della Commissione europea
Tendenze e prospettive dell’agroalimentare UE: le carni
La Commissione europea ha pubblicato lo Short-Term Agricultural Outlook for EU agricultural markets in 2022, l’edizione estiva del report sulle prospettive del settore agroalimentare dell’UE.
Il report presenta una panoramica dettagliata delle ultime tendenze e delle prospettive per ciascuno dei settori agroalimentari trattati.
Le prospettive di mercato a breve termine sono guidate dalle incertezze generate dalla guerra in Ucraina, dagli sviluppi economici post Covid-19, e in particolare dalle pressioni inflazionistiche mondiali, dalle condizioni meteorologiche in
UE e dai focolai di malattie animali. Le ricadute dell’invasione russa dell’Ucraina continuano ad avere un impatto sui mercati globali delle materie prime e rappresentano una grave minaccia alla sicurezza alimentare globale. I prezzi dell’agricoltura sono aumentati del 30% dall’inizio del conflitto, sebbene nelle ultime settimane sia stato osservato un certo rilassamento legato in parte all’avvento del prossimo raccolto. Inoltre, nell’UE le condizioni meteorologiche stanno creando ulteriori sfide per il nuovo raccolto. La produzione di cereali dovrebbe subire un calo del 2,5%
rispetto al 2021. Anche se questo sarà sufficiente per soddisfare le esigenze di consumo domestiche e fornire un surplus per le esportazioni, il prolungato periodo di siccità presenta rischi al ribasso per l’eventuale esito del raccolto. Allo stesso tempo, i numerosi focolai di malattie animali e il rialzo dei prezzi dei mangimi pesano sulla produzione zootecnica.
Per quanto riguarda il comparto avicolo, la produzione di pollame dovrebbe stabilizzarsi, nonostante i prezzi dei polli da carne eccezionalmente alti (+13% da fine febbraio a inizio aprile). Il settore deve poi
Secondo quanto pubblicato dallo Short-Term Agricultural Outlook for EU in 2022, le prospettive di mercato a breve termine sono guidate dalle incertezze generate dalla guerra in Ucraina, dagli sviluppi economici post Covid-19, dalle pressioni inflazionistiche mondiali, dalle condizioni meteorologiche in UE e dai focolai di malattie animali.Manzo e vitello
Prezzi della carne bovina UE a livello record – Dall’inizio del 2021 il prezzo della carne bovina nell’UE è fortemente aumentato fino a raggiungere quasi 500 €/kg nel maggio 2022, a causa della scarsa offerta a livello globale, da un lato, e del miglioramento della domanda dopo il Covid-19 dall’altro. Nelle ultime settimane, tuttavia, questo aumento sembra essersi fermato. Tra gennaio e marzo, la produzione di carne bovina dell’UE è diminuita dello 0,8% su base annua. Questo numero nasconde grandi differenze tra i Paesi dell’UE. Il calo del patrimonio di vacche in Francia e Germania negli ultimi anni ha avuto un impatto negativo sulla produzione di carne. L’Italia compensa il calo del patrimonio domestico aumentando le importazioni di animali vivi destinati alla macellazione principalmente dalla Francia, mentre la Spagna trae vantaggio sia dall’aumento dello stock di capi domestici sia dalle importazioni aggiuntive di animali vivi al fine di aumentare ancora la propria produzione. In Irlanda, le vacche da latte continuano a sostituire le vacche nutrici. Di conseguenza, alcuni Paesi dell’UE trarranno vantaggio dalla crescente domanda e dagli attuali prezzi elevati della carne bovina mentre altri no. Oltre a questi diversi percorsi da Paese a Paese, il persistere di prezzi elevati dei fattori di produzione, in particolare per i mangimi, potrà portare a macellazioni aggiuntive entro la fine dell’anno e ad una riduzione del peso delle carcasse, soprattutto nel processo di finissaggio, dove i costi dei mangimi incideranno maggiormente sulla redditività dell’azienda. Nel complesso, la produzione dovrebbe continuare il percorso discendente nel 2022 del –0,5%
Migliorano le esportazioni verso i mercati ad alto valore e le importazioni dal Brasile si riprendono in fretta – Tra gennaio e marzo, le esportazioni di carne bovina dell’UE sono aumentate del 6% rispetto a un livello relativamente basso nello stesso periodo del 2021. Esportazioni verso alcuni mercati di alto valore come Canada (+36%), Giappone (+61% e Regno Unito (+32%) stanno andando molto bene. Va tenuto presente che le esportazioni nel primo trimestre del 2021 sono state relativamente deboli. Anche altre destinazioni come Israele stanno prosperando, mentre Bosnia-Erzegovina, Filippine e Hong Kong stanno registrando un calo significativo. Per l’intero anno, si prevede che le esportazioni di carne dell’UE aumenteranno del 4%, vincolate dalla disponibilità interna limitata e dai prezzi interni relativamente elevati. Le esportazioni di animali vivi dell’UE sono diminuite del 10% nel primo trimestre del 2022. Non sono ancora previste esportazioni senza attrito di animali vivi tra l’UE e il Regno Unito. Il commercio con la Russia è in calo. Le spedizioni verso Israele, Libano e un nuovo arrivato Egitto si stanno evolvendo positivamente. Complessivamente, nel 2022 è previsto un calo dell’8%. Si prevede che le importazioni dell’UE recupereranno del 15% nel 2022 (dopo due anni di importazioni inferiori) a causa della riapertura dei servizi alimentari nell’UE, di una più rapida ripresa dell’offerta da parte del Brasile e di ulteriori importazioni entro quota dall’Argentina.
affrontare una stagione epidemica di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) di magnitudo storica. Da ottobre 2021, 21 Paesi dell’UE sono stati colpiti da focolai di HPAI, in particolare Francia, Italia, Ungheria, Polonia e Olanda. Nonostante l’elevato numero di abbattimenti in Francia, l’impatto sulla produzione di carne è moderato: la produzione francese potrebbe aumentare dello 0,5% nel 2022. Al contrario, in Italia e Ungheria la diminuzione della produzione dovrebbe essere più marcata, del –10,5% per l’Italia e del –9% per l’Ungheria.
Un altro fattore che incide sulla produzione è rappresentato dall’aumento dei costi di produzione, con rialzi che dovrebbero durare almeno fino alla fine del 2022. Infine, le crescenti preoccupazioni per l’ambiente, soprattutto in Belgio e Olanda, dove si stanno discutendo normative simili, tendono a spingere per una diminuzione della produzione.
Tra i maggiori produttori dell’UE, Spagna e Polonia dovrebbero aumentare la produzione nel 2022 (rispettivamente del 2,4% e del 2,5%). Nel complesso, la produzione di pollame dell’UE dovrebbe rimanere stabile e il consumo interno dell’UE potrebbe aumentare dello 0,9%. Il commercio di prodotti avicoli col Regno Unito sta tornando ai livelli precedenti la Brexit. Si prevede un aumento del 20% delle esportazioni dall’UE nel Regno Unito e le importazioni dell’UE dal Regno Unito potrebbero aumentare del 25%. A causa dell’HPAI, le esportazioni dell’UE, in particolare verso i Paesi africani e asiatici, sono vincolate da divieti regionali o nazionali. Nel complesso, le esportazioni di pollame dell’UE dovrebbero aumentare, dello 0,9% nel 2022, raggiungendo un livello del 7% inferiore alla media del 2016-19. È probabile che la ripresa dei servizi alimentari dell’UE continui a spingere le importazioni verso l’alto, come testimoniato all’inizio del 2022 dalle importazioni da Regno Unito, Brasile e Ucraina. Le importazioni dall’Ucraina sono proseguite e hanno raggiunto livelli simili a quelli degli ultimi anni. Complessivamente, le importazioni di pollame dell’UE dovrebbero aumentare del 16,5% (un livello inferiore del 4% alla media 2016-19).
Per quanto riguarda il settore suinicolo, le crescenti preoccupazioni per l’ambiente, le ridotte prospettive di esportazione, i costi di produzione elevati e la peste suina africana (PSA) spingono la produzione al ribasso. La produzione dovrebbe diminuire fortemente in Germania (–14%), in Italia (–7,5%), così come in Polonia (–14%). La Spagna, il principale produttore dell’UE, continuerà probabilmente ad aumentare la sua produzione del 3% nel 2022. Nel complesso, si stima una diminuzione della produzione di carne suina del 4,7%. Nel 2022, il consumo interno dell’UE potrebbe subire un calo del 3,3%, il che equivarrebbe, in media, a un consumo pari a 31,7 kg pro capite
Fonte: Short-Term Outlook Summer 2022 European Commission agriculture.ec.europa.eu/data-and-analysis/markets/ outlook/short-term_en
Sostenibilità: nuovo record di vendite dei prodotti che la comunicano in etichetta
La sostenibilità si fa strada sulle etichette dei prodotti di largo consumo venduti in supermercati e ipermercati e a misurarne la crescita è l’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, il monitoraggio semestrale che racconta l’evoluzione del carrello della spesa incrociando le informazioni presenti sulle etichette e sulle confezioni dei prodotti digitalizzate dal servizio Immagino di GS1 Italy con i dati elaborati da NIELSENIQ su venduto nella GDO,
consumo e fruizione dei media. Dall’ultima edizione di questo studio emerge che il 25,6% dei prodotti a scaffale presenta on-pack uno dei 35 claim sulla sostenibilità rilevati: nel 2021 queste 32.787 referenze (tra food, bevande, cura casa, cura persona e prodotti per animali domestici) hanno realizzato 12,5 miliardi di euro di vendite, in crescita annua di +1,2%.
«La sostenibilità, in tutte le sue tante sfaccettature, si conferma uno
dei temi più significativi e pervasivi nel mondo del largo consumo in Italia» spiega MARCO CUPPINI, research and communication director di GS1 Italy. «Siamo di fronte a un universo di valori in veloce evoluzione e ampliamento, che coinvolge un numero crescente di prodotti. L’offerta di prodotti con almeno un claim sulla sostenibilità in etichetta è aumentato di +5,3%, mostrando come le aziende siano impegnate su questo fronte e come scelgano
l’ultima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy Pack USA di carne macinata con etichetta dal predominante colore green che mette in evidenza l’origine (Florida con frecce che indicano l’ubicazione delle aziende agricole che conferiscono gli animali) e l’allevamento sostenibile.di comunicarlo sempre più spesso ai consumatori utilizzando quel potente touchpoint che è la confezione dei prodotti di largo consumo». Anche in questa edizione, come fa dal 2020, l’Osservatorio Immagino ha suddiviso i 35 claim del mondo della sostenibilità rilevati in 4 cluster tematici:
1. management sostenibile delle risorse: i 15 claim rilevati in quest’area (come “ riciclabile ”, “meno plastica” e la certificazione Ecolabel) sono stati individuati sull’11,8% dei prodotti. Il loro apporto al sell-out complessivo è del 19,2% e il loro giro d’affari è aumentato del 3,0% rispetto al 2020;
2. agricoltura e allevamento sostenibili: il 10,5% dei prodotti rilevati presenta in etichetta uno dei nove claim di quest’area (ad esempio, “senza antibiotici” o “filiera”). La quota sulle vendite totali è del 7,8% e la crescita annua del sell-out è stata di +1,1%;
3. responsabilità sociale: le cinque certificazioni di questo paniere (come FSC, Rainforest Alliance e Fairtrade) accomunano il 6,5% delle referenze, che contribuiscono per il 10,6% alle vendite complessive. Il trend annuo a valore è di +3,5%;
4. Rispetto degli animali: il 2,4% dei prodotti presenti in supermercati e ipermercati dichiara esplicitamente sulle confezioni l’impegno a tutela degli animali, utilizzando almeno uno dei sei claim rilevati (come “benessere animale”, “no cruelty” o la certificazione “Friend of the Sea”). Complessivamente il loro apporto al sell-out totale è del 4,4% e la
L’evoluzione della spesa in GDO
L’Osservatorio Immagino di GS1 Italy effettua il monitoraggio semestrale che racconta l’evoluzione del carrello della spesa. In che modo? Incrociando le informazioni presenti sulle etichette e sulle confezioni dei prodotti digitalizzate dal servizio Immagino di GS1 Italy con i dati elaborati da NielsenIQ su venduto nella GDO, consumo e fruizione dei media. A partire dall’introduzione rivoluzionaria del codice a barre nel 1973, l’organizzazione non profit GS1 sviluppa gli standard più utilizzati al mondo per la comunicazione tra imprese. In Italia, GS1 Italy riunisce 40.000 imprese dei settori largo consumo, sanitario, bancario, della pubblica amministrazione e della logistica. I sistemi standard GS1, i processi condivisi ECR, i servizi e gli osservatori di ricerca che GS1 Italy mette a disposizione semplificano e accelerano il processo della trasformazione digitale delle imprese e della supply chain, perché permettono alle aziende di creare esperienze gratificanti per il consumatore, aumentare la trasparenza, ridurre i costi e fare scelte sostenibili.
>> Link: gs1it.org – tendenzeonline.info
crescita ottenuta in un anno è stata di +1,6%.
Nel corso del 2021 i panieri più dinamici nel mondo della sostenibilità sono stati quello della responsabilità sociale e quello del management sostenibile delle risorse, le cui vendite sono cresciute a un tasso triplo rispetto alla media di quest’universo. Sopra media anche l’andamento annuo del paniere della responsabilità sociale, men-
Il valore della spesa green degli Italiani è arrivato a 12,5 miliardi di euro tra supermercati e ipermercati. Oltre 1 prodotto a scaffale su 4 parla di sostenibilità sull’etichetta. Aumenta l’offerta ma cala la domanda. L’11a edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy ci racconta proprio come cambia l’approccio di produttori e consumatori alla sostenibilità ambientale e sociale: una lettura necessaria
tre di poco sotto media è stato il cluster di agricoltura e allevamento sostenibili. In termini di numero di prodotti a scaffale l’indicazione “ green” più presente in etichetta si conferma Biologico/EU Organic (10,1% delle referenze), seguita dalla certificazione FSC (5,2%) e dai claim “sostenibilità” e “riciclabile” (entrambi 2,9%). Il mondo della sostenibilità si conferma molto segmentato e frammentato: 23 dei 35 claim rilevati compaiono su meno dell’1% delle referenze rilevate.
Quanto all’andamento delle vendite, i claim che hanno registrato i maggiori aumenti rispetto al 2020 sono stati le certificazioni Ok-Compost (+35,3%) e Rainforest Alliance (+16,3%) e le indicazioni “Mater-Bi” (+19,4%) e “compostabile” (+16,6%).
Fonte: Osservatorio Immagino osservatorioimmagino.it
Social di Elena
2. Sustainable dish
1. Ismea Mercati
Nuovo look per www.ismeamercati.it, il sito dell’istituto nato 10 anni fa per divulgare dati, statistiche e analisi sui diversi settori agricoli e divenuto nel tempo uno dei principali punti riferimento sul web dell’agroalimentare nazionale, con oltre 3 milioni di pagine visitate ogni anno e 750.000 utenti attivi.
Sustainavore, termine che unisce sostenibilità e carnivoro, è un progetto sviluppato da DIANA RODGERS, nutrizionista statunitense. Il suo motto? Mangia per la tua salute, per il Pianeta e per i tuoi valori. Una visione che promuove una presa di coscienza sui temi della sostenibilità ambientale, senza trascurare un apporto equilibrato tra proteine animali e vegetali. Sustainable Dish, sustainabledish.com, è portale, podcast, formazione ed eventi.
3. Matigusta
È una forza della natura MATILDE TIDEI, imprenditrice marchigiana delle carni con Matigusta, che ha all’attivo una hamburgeria a Marina di Altidona (FM) e una macelleria a Comunanza (AP). Matilde è super attiva anche sui social e nel suo e-commerce, matigusta.com. Qui la vedete con un suo carpaccio di razza Marchigiana, olio evo, sale Maldon, pepe Sarawak, “la grandezza nella semplicità”. Brava, bravissima! (photo © instagram.com/ matigusta).
4. Beef & Glory
La steakhouse Beef & Glory di Vienna è un’esperienza di gusto che ci porta ad approfondire la conoscenza di tagli e carni provenienti da tutto il mondo. Le lunghe frollature e la griglia statunitense in abbinamento alla selezione di vini e alla cultura della birra ne fanno una meta imperdibile. Nell’attesa di organizzare un giro nella capitale austriaca li seguiamo su instagram.com/ beefandglory. Il feed è davvero ben fatto (photo © instagram.com/beefandglory).
BenedettiDanish Crown lancia il nuovo concetto di Scottona Norland
grandi storie iniziano con una grande qualitàCon l’introduzione del nuovo concetto di Scottona Norland , D ANISH C ROWN porta in tavola un’offerta molto invitante sia per lo chef professionista che buyer, fornitori e utenti finali di carne bovina di alta qualità. Norland è una promessa di qualità, consistenza e volumi, combinata con una storia attraente, tutta incentrata sulla coerenza e selezione delle migliori scottone disponibili.
Danish Crown seleziona la carne bovina solo da giovani scottone tra i 18 e i 42 mesi di età e per questo motivo la carne è soda ma delicata, con una struttura succosa e compatta. I tagli sono tutti selezionati a mano da macellai esperti, garantendo così un’alta qualità del prodotto e una maturazione di almeno tre settimane.
Con Danish Crown si ha la certezza di scegliere un fornitore affi dabile, con il know-how e l’esperienza necessarie per garantire forniture di prodotto stabili e continue, indipendentemente dalla quantità. Ma alla fine ciò che davvero conta sono gli animali selezionati.
Gli impianti di macellazione, ubicati nel nord della Germania, lavorano di gran lunga il più alto volume di scottone, favorendo così la possibilità di selezionare accuratamente gli animali qualificati per il concetto Norland.
Al fine di garantire un flusso costante di animali di alta qualità Danish Crown si avvale inoltre di un team di esperti, selezionatori e acquirenti di bovini che ispezionano regolarmente gli animali all’interno delle stalle o dei campi prima ancora
che entrino nel macello. «In altre parole seguiamo l’animale dalla stalla al prodotto confezionato» afferma COSTANTINO COSTA, direttore di Danish Crown Beef Italia.
L’ambizione di Norland è quella di fornire al cliente un prodotto nel quale ogni singolo taglio all’interno di una spedizione sia in grado di soddisfare pienamente i medesimi standard elevati, fornendo così al cliente una carne costante nella qualità che garantisce lo stesso ottimo risultato ogni volta che la si prepara.
Abitualmente la carne di scottona offre un’alternativa più delicata rispetto alla carne bovina maturata. La sua carne è più magra del manzo dry-aged e più strutturata del marbled beef.
«Il manzo può essere forte, robusto, potente: un elefante in un negozio di porcellane! Il vitello, se adeguatamente preparato, è un ballerino in punta di piedi, con dettagli raffinati e morbidi» ha affermato JU LIE FÆRCH, senior sommelier presso la DANISH SOMMELIER ASSOCIATION ed esperta del gusto.
DANISH CROWN BEEF
• Contatto: COSTANTINO COSTA DANISH Crown A/S Piazza Indipendenza 3 CH-6830 Chiasso Telefono: +41 91 6957080 Web: danishcrown.com
Norland – Un assaggio del Nord
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in macelleria”
Il banco frigorifero secondo Criocabin
Criocabin nasce nel 1984 come azienda specializzata nella produzione di celle frigorifere su misura. Oggi le celle rappresentano solo un 20% della produzione aziendale e l’80% è dedicato alla produzione di banchi refrigerati a servizio assistito e self-service.
Come funziona un banco frigorifero (MARIO PENADA, responsabile UT Criocabin)
Il ciclo frigorifero è nato verso la fine dell’800 grazie a LORD KELVIN, basato sul ciclo inverso di Carnot, in cui l’ambiente esterno compie un lavoro sul sistema, in modo che la macchina sottragga calore alla sorgente più fredda, per cederlo alla sorgente più calda. Un circuito frigorifero è composto da 4 componenti: un compressore, un condensatore, un evaporatore e un organo di laminazione. Il ciclo inverso di Carnot non può essere utilizzato nelle applicazioni pratiche in quanto ciclo ideale, pertanto si utilizza un ciclo detto a compressione di vapori saturi. I vapori saturi (cioè vapori in presenza del proprio liquido) hanno la caratteristica di subire le trasformazioni di cambiamento di fase (ebollizione e condensazione) a temperatura e pressione costante. Questo ha dato l’idea di utilizzare questi fluidi nelle macchine termiche (cicli a vapore e cicli frigoriferi a compressione).
Lo schema di impianto riportato in Figura 1 illustra la compressione del gas (trasformazione CD), a cui seguono la condensazione (DA), la laminazione (AB) e quindi l’evaporazione (BC). La fase frigorifera è data dall’evaporazione lungo BC. L’energia esterna è fornita mediante il compressore (trasformazione CD) ed è la fase pagante del ciclo. Il ciclo
frigorifero con compressione adiabatica può essere anche facilmente comprensibile attraverso la visualizzazione del diagramma entropico T-s (Figura 2).
Uno degli aspetti più importanti di un buon funzionamento di un banco frigorifero è la scelta di un opportuno fluido refrigerante non inquinante. Al fine di ridurre il buco
Figura 2 – DIAGRAMMA ENTROPICO T-S
Figura 1 – CIRCUITO FRIGORIFERO«La tutela dell’ambiente e dei consumatori rappresenta una grande responsabilità e Criocabin quotidianamente si impegna per rispettarla. È fondamentale nella nostra etica produttiva e professionale rispettare ed agire in un’ottica di innovazione e sostenibilità, unitamente al rispetto delle norme ambientali. Abbiamo strutturato i processi di approvvigionamento delle materie prime e ripensato tutti i processi produttivi per migliorare i nostri standard manifatturieri e comportamentali in linea con la normativa integrata REACH (Reg. CE n. 1907/2006), la normativa comunitaria RoHS (2002/95/CE) e il regolamenti per la gestione dei materiali MOCA (Regg. CE n. 1935/2004 e 2023/2006) per la tutela ambientale e del consumatore»
dell’ozono, il protocollo di Montreal ha bandito i fluidi refrigeranti FREON nel 1990 introducendo l’utilizzo dei gas HFC o HFE. Criocabin produce banchi frigoriferi sempre con grande attenzione all’ambiente e alla sostenibilità: per questo motivo commercializza prodotti all’avanguardia che utilizzano fluidi refrigeranti con basso GWP – Global Warming Potential (minore di 5).
Criocabin è associata ASSOCOLD e con tale associazione partecipa alla stesura della nuova normativa internazionale F-Gas al fine di abbattere l’utilizzo di gas inquinanti lavorando insistentemente per il “Fit For 55”, ossia il piano dell’UE per una transizione verde.
Con la normativa europea sul clima, nel quadro del Green Deal europeo, l’UE si è posta l’obiettivo vincolante di conseguire la neutralità climatica entro il 2050. Ciò richiederà, nei prossimi decenni, una considerevole riduzione degli attuali livelli di emissioni di gas a effetto serra. Come passo intermedio verso la neutralità climatica, l’UE ha innalzato la sua ambizione in materia di clima per il 2030, impegnandosi a ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030. Nell’ambito del cosiddetto pacchetto Pronti per il 55%, l’UE sta lavorando alla revisione delle normative in materia di clima, energia e trasporti, al fine di allineare le leggi attuali alle ambizioni per il 2030 e il 2050.
I banchi frigoriferi Criocabin Criocabin produce 3 tipologie di banchi frigoriferi:
1. Ventilati;
2. Statici;
3. Neutri/Caldi.
* I banchi Ventilati si possono distinguere in Libero servizio , Servizio assistito o Murali . In questa tipologia di banchi l’aria che circola all’interno è forzata, ovvero mossa da dei ventilatori.
* I banchi Statici sono caratterizzati da una circolazione dell’aria di tipo naturale, ovvero l’aria si “muove” per un differenziale di temperatura (l’aria calda tende a muoversi verso l’alto mentre quella fredda verso il basso)
* I banchi Neutri servono all’esposizione di determinati prodotti a temperatura ambiente.
I banchi Caldi (bagnomaria e/o piano caldo) sono utilizzati per mantenere caldi i prodotti destinati al consumo immediato: per normativa igienico sanitaria il prodotto deve essere conservato sopra i 60 °C per evitare la proliferazione di batteri.
Le principali criticità di funzionamento di un banco frigorifero sono dettate dalla verifica del corretto funzionamento: i prodotti progettati dal reparto R&D devono essere verificati dal sapiente lavoro dei tecnici della sala prove sempre con l’ottimizzazione della classe energetica come obiettivo finale.
I criteri di progettazione di Criocabin sono:
• EFFICIENZA ENERGETICA
• MINOR IMPATTO AMBIENTALE
• GAS A BASSO GWP
• FACILITÀ DI MANUTENZIONE
#CriocabinForTomorrow
In ottica di una Lean manufacturing, un miglioramento continuo e come dettato dalla normativa ISO EN 9001, Criocabin utilizza l’approccio del PDCA, ovvero il ciclo Plan-Do-Check-Act. All’interno delle specifiche dell’ISO 9001 il modello PDCA si applica in questo modo:
• Plan: la pianificazione è una componente fondamentale del processo che porta alla creazione del Sistema di Gestione della Qualità ottimale;
• Do: il sistema viene messo in pratica, attuando il processo pianificato di progettazione e produzione del prodotto;
• Check: si monitora e si misura che non solo il prodotto soddisfi i requisiti, ma anche che i processi utilizzati siano adeguati ed efficaci. Si analizzano i dati per poter effettuare modifiche;
• Act: ci si mette in azione per risolvere i problemi rilevati in ciascuna fase.
Sala Test e collegamento con sostenibilità e risparmio energetico mediante lo sviluppo dei banchi in sala test
(la testimonianza degli operatori di sala test MARCO VETTORE e PATRICK CERETTA)
«L’ottimizzazione del prodotto deve essere seguita dalla continua ricerca delle prestazioni. Questa viene svolta nel modo opportuno, col corretto supporto di progettazione, tecnolo-
A sinistra: Harry’s Table by Cipriani a New York è la più recente realizzazione Criocabin www.waterlinesquare.com.
Inaugurata all’inizio di luglio 2022, Criocabin ha realizzato su misura tutti i banchi refrigerati Harry’s Meat & Rotisserie, Fish & Caviar, Charcuterie & Cheese, Fish & Seafood, Fruits & Veggies e Sweets.
In basso: Criocabin dedica oltre 2000 m2 di sale test
a Ricerca & Sviluppo.
gia e dell’analisi dei dati. All’interno della Sala Test di Criocabin questo è possibile, sia grazie alla presenza di due Test room, all’interno delle quali è possibile controllare i valori di temperatura e umidità secondo le specifiche delle classi climatiche riportate nella ISO 23953-2, sia grazie a sistemi di acquisizione avanzata in grado di misurare la variazione di temperatura e umidità all’interno dei mobili refrigerati. In questo modo, si possono analizzare le prestazioni ed effettuare le dovute correzioni in fase di sviluppo del prodotto, affinché le performance rispettino le specifiche richieste in fase progettuale.
L’attività della Sala Test è incentrata, inoltre, sulla certificazione del prodotto affinché quest’ultimo sia in linea con le normative del mercato di riferimento. Da marzo 2021 anche i mobili refrigerati sono soggetti alla classificazione energetica: questo ci ha spinto ancora di più ad un lavoro sinergico con focus principale l’ottenimento di classi energetiche sempre migliori aumentando la consapevolezza di ecosostenibilità dei nostri clienti. Utilizziamo, inoltre, refrigeranti naturali a ridotto valore di GWP, come R290, nella maggior parte dei nostri prodotti e cerchiamo di proiettarci verso il futuro investendo nella formazione e nella ricerca».
Focus su G-Concept (a cura di DARIO GAFFO)
La carne esposta in un banco refrigerato in una macelleria può presentare due macro tipologie di alterazione che danneggiano economicamente gli utenti (in fattispecie le macellerie):
• l’ossidazione della superficie della merce (variazione cromatica);
• la perdita di massa del 2.96% in 24H e 5.56% in 48H.
La prima problematica si traduce nella necessità da parte dell’operatore di asportare lo strato di carne ossidata (per poter rendere
la merce più appetibile visivamente parlando) con un evidente danno economico. La seconda comporta un danno economico dovuto al delta massa della carne esposta nell’arco delle 24H o 48H.
Le tecnologie utilizzate fino al 2015 per la conservazione della carne si dividono storicamente in due tipologie: una con ventilazione forzata e una statica.
* Il mobile ventilato ha ottime performance nel mantenimento delle temperature, col difetto però di disidratare la superficie del prodotto.
* Nel banco statico, non essendo presente la ventilazione forzata, per garantire le temperature necessarie alla conservazione, l’impianto deve lavorare con temperature di espansione del gas molto basse, a scapito della disidratazione del prodotto esposto e con temperature non sempre uniformi e adeguate alla conservazione della carne.
Con la sua novità G-Concept (Figura 3) Criocabin ha puntato ad un sistema ibrido, semi-statico, con un sistema di ventilazione molto lento e molto poco energivoro. Il piano espositivo viene refrigerato mediante una serpentina in rame a diretto contatto con la lamiera del piano stesso, che a sua volta viene annegata nell’isolamento.
L’utilizzo di un evaporatore di grandi dimensioni e l’utilizzo di ventilatori tangenziali consentono, come già detto, un impianto che strizza l’occhio all’ecosostenibilità e al risparmio energetico. A differenza dai sistemi finora noti, l’intero impianto refrigerante è alimentato con glicole.
L’elevato coefficiente di scambio termico del liquido refrigerante glicole ha permesso di lavorare con una temperatura di refrigerazione più elevata (a parità di performance) permettendo così un notevole risparmio energetico, rispetto a un normale impianto refrigerato a gas.
Il raffreddamento del liquido avviene mediante uno scambiatore acqua/gas posto sotto il banco stesso e di progettazione esclusiva di Criocabin.
L’innovativo G-Concept ha portato al raggiungimento dei due principali obiettivi:
1. il sistema G-Concept non ossida la carne;
2. grazie alla ventilazione particolarmente contenuta e al controllo ottimale di umidità e temperatura, il calo della massa della carne è inferiore del 50% rispetto ad un normale banco ventilato con un cospicuo risparmio economico per la macelleria (1.35% dopo 24H e 2.75% dopo 48H).
Figura 3 – SISTEMA G-CONCEPT
Sistema G-Concept: i vantaggi
Un esempio lampante del vantaggio del sistema G-Concept di Criocabin?
Consideriamo che in un banco di lunghezza media di 5 m è possibile esporre circa 170 kg di carne. Da questo dato, si stima una perdita di peso giornaliera di 4,25 kg su un banco ventilato contro circa 1.7 kg del sistema G-Concept.
Le perdite annuali per un banco ventilato sono stimate in:
• 4,6 kg × 250 gg lavorativi = 1.150 kg/anno (caso migliore).
Le perdite annuali per sistema G-Concept sono stimate in:
• 2,3 kg × 250 gg lavorativi = 575 kg/anno (caso peggiore).
Un macellaio con un negozio di medie/piccole dimensioni mediamente impiega circa 2H alla mattina e 2H alla sera per mettere e togliere la carne dal banco per portarla in cella. Col sistema G-Concept il macellaio non deve più compiere queste operazioni: può lasciare la carne all’interno del banco e riempire solo la merce venduta.
Alla notte (e durante le pause di chiusura) dovrà solo preoccuparsi di chiudere le tende notte.
Possiamo dire quindi che si può stimare un risparmio di lavoro di circa 3h/gg:
3 h/gg × 250 gg lavorativi = 750 h/anno
Criocare: Business Unit dedicata ad assistenza e formazione specializzata sui prodotti Criocabin (MATTEO LIONELLO, responsabile della Business Unit Criocare)
Criocare è la business unit Criocabin, dedicata a raggiungere l’obiettivo di offrire il meglio del customer care. Un progetto di formazione per aiutare clienti e distributori ad ottimizzare il tempo e il lavoro, dando loro gli strumenti per installare correttamente i nostri prodotti ed essere in grado di soddisfare la richiesta sempre crescente di risparmio energetico nei consumi. Criocare è il punto di riferimento formato da personale specializzato e certificato a sup-
porto del post-vendita per clienti e distributori Criocabin, ma anche per la formazione specializzata di associazioni di settore come ASSOFRI GORISTI. Apprendere il know-how direttamente dal produttore premette
ai distributori e al loro personale tecnico di ottimizzare il tempo e la qualità del lavoro, di migliorare le prestazioni e l’efficienza energetica e quindi di soddisfare in modo efficace e tempestivo le richieste del
cliente. Il cliente Criocabin è seguito nella fase di scelta del prodotto e personalizzazione secondo le sue esigenze e protetto nella fase post acquisto con personale competente e preparato».
#CriocabinForTomorrow: l’impegno per aiutare l’ambiente di Criocabin è iniziato nel 2009 con l’installazione di un impianto fotovoltaico e continua oggi con diverse iniziative: dal controllo della temperatura negli uffici allo studio di imballaggi sempre più eco-friendly Il 57% del totale di energia prodotta dal fotovoltaico viene utilizzata per il proprio fabbisogno energetico. Tutti i prodotti a motore incorporato Criocabin funzionano con gas refrigerante naturale R290 a basso impatto ambientale e eccellente efficienza energetica.
Criocabin Spa
Via San Benedetto 40/A
35037 Praglia di Teolo (PD)
Telefono: 049 9909100
E-mail: info@criocabin.com Web: www.criocabin.com
Il cliente Criocabin è seguito nella fase di scelta e personalizzazione di prodotto e protetto nel post acquisto.Nice to meat you.
Nessuno spreco di carne, tantomeno di tempo.
G -Concept è il sistema di refrigerazione studiato per un’ideale conservazione della carne
Meno perdite di peso, meno lavoro.
La carne non si secca: grazie alla ventilazione particolarmente contenuta e al controllo ottimale di umidità e temperatura, il calo di peso della carne è inferiore del 50% rispetto a un normale banco ventilato. In questo modo puoi risparmiare in media 9.000 € in un anno.
Inoltre, grazie alla tecnologia di G-Concept, la carne può rimanere nel banco durante la notte senza nessun problema, risparmiando ogni anno circa 720 ore di lavoro pari a 14.400 €.
Surf&Turf: il trend gastronomico che celebra l’unione tra carne e pesce
Un incontro di gusto esaltato dalla qualità della carne di manzo e dei prodotti ittici irlandesi. I prodotti dell’Isola di Smeraldo, grazie alla loro altissima qualità, soddisfano le esigenze di food lover e trendsetter, diventano i veri protagonisti delle ricette di terra e di mare create dagli chef Simone Rugiati e Sara Conforti
Allevamento al pascolo, nutrimento a base di erba e rispetto del benessere dell’animale: ecco i segreti del manzo irlandese. Una carne tenera e magra color rosso borgogna e dal gusto deciso che non solo soddisfa il palato, ma è anche ricca dal punto di vista nutrizionale, con alti livelli di ferro e acidi grassi Omega-3.
Può la carne incontrare il pesce per un piatto ricercato e di tendenza? Sì, parola di SIMONE RUGIATI e della personal chef SARA CONFORTI che hanno immaginato ricette prelibate con ingredienti di prima qualità: la carne di manzo e gli scampi irlandesi. Così, in pieno stile Surf&Turf, tendenza che suggella l’incontro inaspettato ma sorprendente tra alimenti di origine differente, queste due eccellenze irlandesi sono le protagoniste ideali per realizzare piatti perfetti da veri trendsetter
Mare e monti Irish style
C’è chi prova in tutti i modi a creare una tendenza e chi lo fa senza volerlo: per errore, per gioco o semplicemente per indecisione o eccesso. Nascono così le combinazioni Surf&Turf, a metà degli anni ’20 nelle steakhouse del Nord America, quando gli uomini d’affari d’Oltreoceano, intenti a siglare i loro accordi e indecisi tra carne e pesce, preferivano ordinare un piatto con entrambi gli ingredienti, guidati anche dallo spirito di esagerazione tipico dell’epoca. Un incontro di gusti anche nella scelta del nome del trend: se con Surf c’è un esplicito riferimento al mondo marino, con Turf si indica “il manto erboso”, ovvero la parte più di terra. Una tendenza di matrice americana che trova spazio in tutto il mondo e che oggi diventa espressione della voglia di sperimentare tipica degli anni 2000.
In Italia, dove l’attenzione agli ingredienti di qualità è fondamentale, Simone Rugiati, chef e noto personaggio televisivo, oltre che Ambassador della carne irlandese in Italia, e Sara Conforti, membro dell’esclusivo CIBC, lo Chefs’ Irish Beef Club, hanno ideato due ricette in grado di esprimere l’unicità e la versatilità della carne di manzo e degli scampi irlandesi.
“Manzo non hai scampo”, ricetta di Simone Rugiati, e “Tra terra e mare”, ricetta di Sara Conforti, diventano così l’espressione della tendenza Surf&Turf in Italia. La carne irlandese, infatti, prodotto premium e dal gusto distintivo, ha
delle caratteristiche cromatiche inconfondibili grazie alla dieta seguita dai bovini che si compone per almeno il 90% di erba. Un’alimentazione che dona un colore rosso borgogna alla sua polpa, ricca di vitamine e una tonalità dorata al grasso che la ricopre e che la rende più morbida in fase di cottura.
Gli scampi irlandesi, invece, rappresentano una delle migliori qualità in Europa e mantengono tutte le loro proprietà nutrizionali e di gusto grazie all’uso diffuso dell’innovativa tecnologia “frozenat-sea” che permette di congelarsi a bordo dei pescherecci nel giro di sole due ore dalla cattura, così da garantire un prodotto ottimale sia per qualità che per gusto. Le acque incontaminate dell’Atlantico conferiscono a questi crostacei un sapore dolce e raffinato oltre ad un’ottima consistenza e freschezza.
Un trend, quello del Surf&Turf, che unisce non solo ingredienti di terra e di mare ma anche la creatività gastronomica italiana con la qualità dei prodotti irlandesi. Qualità attestata anche dal Global Food Security Index che nel 2022 ha posizionato l’Irlanda al 1o posto.
Bord Bia, l’ente governativo irlandese che si occupa della promozione dei prodotti Food & Beverage, rafforza questo riconoscimento e ne diventa portavoce con il programma Origin Green lanciato nel 2012, il primo programma di sostenibilità agroalimentare che opera su scala nazionale, unendo governo, settore privato e l’intera supply chain, e che durante dieci anni di sviluppo ha dato risultati tangibili ed eclatanti.
Simone Rugiati Chef per estrazione, Simone Rugiati è un uomo, un artista e un professionista in continua evoluzione: conduttore, autore e produttore televisivo molto amato dal pubblico italiano, collabora con network televisivi, radiofonici ed editoriali su circuiti nazionali di primaria importanza. Vulcanico e creativo per carattere, si occupa anche di consulenze per la ristorazione di alto livello, creando menù e progetti
“Manzo non hai scampo”
Chef Simone Rugiati, Ambassador della carne irlandese in Italia
INGREDIENTI PER 4 PERSONE
• 800 g scamone di manzo irlandese • 500 g scampi irlandesi • 1 kg di ossa di manzo • 2 cipolle • 1 cipolla rossa • 1 costa di sedano • 5/6 carote • 20 g di aghi freschi di pino mugo (alternativa liquore al pino mugo) • 50 g di crema di pinoli 100% • 100 g di passata di pomodoro del Piennolo • 80 g di salicornia • olio evo q.b. • timo 1 mazzo • rosmarino 1 mazzo • salvia 1 mazzo • pepe q.b. • sale in fiocchi q.b. • sale q.b.
Esecuzione
Per il roastbeef: procedere a legare lo scamone per far rimanere compatta la carne durante la cottura, salare e pepare la carne. In una padella medio-grande, aggiungere l’olio extravergine d’oliva e scaldarlo a fiamma alta. Procedere a scottare e sigillare la carne realizzando così la reazione di Maillard (reazione in cui si dona quel colore bruno alla carne). Una volta scottata su tutti i lati, porre la carne in forno a 190° C e, con l’aiuto di un termometro cuocere, fino a che il cuore non arriva a 54° C. Una volta cotta, togliere lo spago e lasciare raffreddare. Procedimento per il juice di manzo: tostare in forno a 190° C le ossa condite con olio e sale. Tostare in padella il sedano, le carote, le cipolle bianche e quelle rosse precedentemente tagliate in maniera grossolana. Dopo che le ossa saranno ben tostate (20/25 minuti) mettere il tutto nella casseruola con le verdure, aggiungere e coprire con il ghiaccio, far cuocere per 3/4 ore; rabboccare quando necessario con acqua fredda. Passate le 4 ore aggiungere gli aghi di pino mugo, lasciare cuocere per mezz’ora, filtrare il composto e far ridurre per circa 1 ora. Lasciare raffreddare. Procedimento per la bisque di scampi: pulire gli scampi e usare solo la testa e il carapace (togliere gli occhi degli scampi perché risulteranno amari). Tagliare il sedano, la carota e la cipolla bianca a mirepoix. In una casseruola aggiungere dell’olio e quando sarà bello caldo aggiungere la testa, il carapace degli scampi e tostare per circa 5/10 minuti, aggiungere le verdure e tostare ancora per 2/3 minuti, aggiungere la passata di pomodoro del Piennolo e aggiungere dell’acqua fredda o del ghiaccio. Cuocere la bisque per circa 2 ore, filtrare con un colino a maglie fine e cuocere per ancora 1 ora. Sbollentare la salicornia per 20/30 secondi e poi adagiare immediatamente nell’acqua con ghiaccio, questo passaggio servirà a non far perdere colore e gusto alla salicornia.
Dopo aver completato tutti i passaggi precedenti, tagliare il roastbeef a fettine sottili, mettere l’olio in una padella, quando sarà ben caldo aggiungere la polpa degli scampi e scottare per 1 minuto. Completare il piatto impiattando alla base il roastbeef poi la salicornia, il juice di manzo, la bisque di gamberi, lo scampo scottato, la crema di pinoli, un filo d’olio e per concludere del sale in fiocchi.
sempre all’avanguardia. Considerato da sempre il pioniere dello showcooking in Italia, oggi SR è impegnato anche in nuovi progetti orientati all’imprenditorialità Bio-
Green, tra Agricoltura 2.0 e l’Urban e Social farming.
cial network più seguiti, riuscendo a collezionare numeri importanti in termini di follower, view, impression ed elevando sempre di più il livello di engagement con il suo pubblico.
Eurocarni, 10/2254 La sua poliedricità mediatica lo ha portato nel tempo ad affermarsi anche come web influencer sui so-
Carne bovina irlandese da allevamenti al pascolo: Buona per Natura
Irlanda, il nuovo Standard Bord Bia per la carne bovina Grass Fed
Quando si parla di carne bovina, i consumatori di tutto il mondo sono oggi alla ricerca di un prodotto naturale, sostenibile e di prima qualità. Grazie ai nostri pascoli rigogliosi e verdeggianti, il clima mite e la lunga tradizione di allevamento all’aperto, l’Irlanda è perfettamente in grado di soddisfare la crescente richiesta di carne bovina Grass Fed di prima qualità. E da oggi possiamo dimostrarlo.
Il nuovo Grass Fed Standard per la carne bovina irlandese, sviluppato da Bord Bia – Irish Food Board, ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande
la carne bovina Grass Fed, garantendo una carne proveniente da bovini nutriti per almeno il 90% ad erba o foraggio a base d’erba, che pascolano all’aperto per buona parte dell’anno per tutta la loro vita. È la garanzia di quanto abbiamo da sempre saputo: è l’erba l’ingrediente fondamentale che rende il manzo irlandese una carne di prima qualità.
I dati utilizzati per garantire la dieta a base di erba di ciascun animale sono raccolti nel corso di
Solo la carne dei bovini allevati nel rispetto di questi standard, può vantare il marchio Grass Fed. L’Irlanda, quindi, grazie ai suoi allevamenti al pascolo, produce carni bovine di prima qualità, naturalmente gustose e nutrienti.
Carne bovina irlandese Grass Fed, prodotta in armonia con la natura. irishfoodanddrink.com/manzo-irlandese
“Tra Terra e Mare”
INGREDIENTI PER 4 PERSONE
• 400 g di girello di carne irlandese • 8 scampi • 200 g di fragole • olio, sale e pepe q.b. • 1 uovo • 1 cucchiaino di succo di limone • 1 cucchiaio di whiskey irlandese • un pizzico di sale • 200 ml circa di olio di arachidi
Esecuzione
Togliere il carapace e l’intestino degli scampi, sgrassare completamente la carne e lavare le fragole. A questo punto, fare una battuta a coltello di tutti i nostri ingredienti tenendoli separati, condirli con olio sale ed un pizzico di pepe (le fragole devono essere lasciate in purezza cioè non condite), far riposare in frigo per circa 30 minuti. Per la maionese: unire un uovo intero, il succo del limone, il cucchiaio di whiskey e il sale, con l’ausilio di un frullatore ad immersione, iniziare a montare il tutto aggiungendo a filo l’olio di arachidi, otterremo una consistenza liscia ma non eccessivamente densa. In un coppa pasta montiamo la nostra battuta a coltello ponendo in basso il manzo (di circa 1,2 cm), poi gli scampi e infine le fragole. Decorare con foglie di menta o di basilico o dei fiori eduli.
Ad oggi è anche imprenditore e consulente per molte aziende e brand italiani. La sua prima casa è il Food Loft Milano, uno spazio multifunzionale in uno dei distretti più rinomati e innovative della città, una Factory House dove creare, sperimentare e ospitare eventi.
Sara Conforti
Nata a Pisa, Sara Conforti lega l’inizio del suo percorso al ristorante Osteria del Vicario che acquista, neanche ventenne, ristruttura e riapre con una linea nuova. Alla
guida del ristorante c’è ENZO PETTÈ, discepolo del noto chef SERGIO MEI di Bergamo, che insegna a Sara i segreti della sua cucina. Dopo qualche anno, prende le redini della cucina ed inizia a creare quei piatti che le guadagneranno nel novembre 2003 la Stella Michelin, stella che manterrà per 8 anni.
Il suo percorso professionale vanta molteplici collaborazioni, italiane e internazionali: da ambasciatrice della cucina toscana nel mondo, alle collaborazioni con rinomati ristoranti, fino alle appa-
rizioni televisive. Col suo ristorante Osteria del Vicario apre un settore catering che l’ha vista protagonista di prestigiosi ricevimenti da Roma a Siena, da Firenze a Milano. Dopo 22 anni di attività, nel 2017 cede il ristorante per dedicarsi a consulenze e prestazioni private da chef.
La continua ricerca della qualità del prodotto è la prerogativa della sua cucina, una cucina toscana rivisitata in chiave moderna, senza perdere la semplicità delle proprie tradizioni.
Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria Food & Beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2021 le esportazioni dell’industria Food & Beverage irlandese sono arrivati a quota 13,5 miliardi di euro, con una crescita del +4% in più rispetto all’anno precedente. L’Italia rappresenta uno dei mercati più importanti per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, nel 2021, a 170 milioni di euro e una crescita dell’1%.
>> Link: www.irishbeef.it
Chef Sara Conforti, membro dell’esclusivo CIBC, lo Chefs’ Irish Beef ClubGENERALFRIGO
dal 1969
L’eccellenza su misura
L’eccellenza su misura
struttura all’avanguardia per la lavorazione delle carni suine
attività di stoccaggio a bassa temperatura, congelazione e scongelazione
alto livello logistico in grado di soddisfare ogni esigenza con competenza e tempestività sostenibilità ambientale grazie ad impianti innovativi ad energia alternativa
GENERALFRIGO S.R.L.
Viale Germania, 40 - 20066 Melzo (Milano) Italy - Tel. +39 02 9505141 - Fax +39 02 70045832 www.generalfrigo.com - info@generalfrigo.com
Da bottega storica a bottega moderna
A Genova Amor di Carne interpreta la nuova “macelleria” con una visione articolata: lavorazione tradizionale, cura nella selezione delle carni, ampia rosticceria e street food. Come? Coi giusti investimenti nelle nuove tecnologie. Per la parte espositiva dei banchi refrigerati la scelta è caduta sul sistema MVS di Mondel, con refrigerazione doppio-statica ventilata
di Elena BenedettiÈbella Genova. Anzi, bellissima tra il Porto antico, le sue botteghe storiche, palazzi maestosi, vicoli stretti e scorci da scoprire e ammirare. Qui una ventina di anni fa i fratelli ANDREA e STEFANO MELONI intrapresero i primi passi verso la professione di macellai, partendo da una piccola bottega e facendo via via esperienza in altre realtà della città. «Il passo successivo fu la scelta di rilevare un’antica macelleria con 140 anni di attività — i
banchi di marmo e la rotaia — poi ristrutturata integralmente lo scorso anno» mi dice Stefano.
Proprio questo mese di ottobre si celebra il primo anno dell’attività rinnovata di Amor di Carne. Un anno che ha dato conferma ai suoi titolari della validità del percorso di evoluzione e degli investimenti effettuati, tra rivestimenti, arredi, attrezzature e tecnologie. È interessante l’analisi che Stefano Meloni fa dello sviluppo del business della
“macelleria”, un’attività a cui oramai sta stretta l’accezione tradizionale del termine.
Oggi il business dei titolari di Amor di Carne spazia dal disosso e lavorazione delle carni ad un’offerta articolata di preparati, fino ai prodotti cotti tipici della rosticceria e allo street food. «Quest’ultimo è facilitato da un’area del locale che si affaccia sulla strada, attraverso la quale possiamo servire i clienti con un’ampia offerta di preparati
pronti da gustare (panini, tortillas, maiale sfilettato, ecc…)», precisa Stefano. Qui a Genova Amor di Carne vanta infatti una posizione interessante, in una zona centrale della città e a forte passaggio che ha li ha spinti a investire anche sul cosiddetto cibo di strada.
Il futuro della macelleria sta appunto nell’evoluzione dell’offerta dei prodotti che si adeguano alle richieste della clientela (dal grigliatore BBQ sempre alla ricerca delle giuste frollature al cotto di rosticceria che risolve tanti problemi, fino ai prodotti ad elevato contenuto di servizio).
La materia prima è super selezionata e la scelta del bovino si è concentrata interamente sulla Fassona Piemontese, con la scelta dei capi (poi macellati nel macello di Cuneo) fatta personalmente da Andrea e Stefano presso gli allevatori e la lavorazione dell’animale intero. «Fino al 2021 abbiamo usato la rotaia originale del negozio (a cui si aggancia la mezzena per l’entrata in cella), per poi decidere di intraprendere una ristrutturazione importate che si è conclusa a ottobre dello stesso anno» sottolinea Stefano Meloni. «È quindi un anno esatto che operiamo con gli spazi rimodellati, un laboratorio a
A pagina 58: i vari allestimenti disponibili di Kaula by Mondel in tutte le sue specificità, ovvero Kaula Dry Age, il banco carne Kaula MVS, Kaula gastronomia e Kaula Self Service. In questa pagina, la macelleria rinnovata.vista e nuove tecnologie e attrezzature».
Per il banco frigorifero è stato scelto il modello Kaula V3 canalizzato al Kaula Skyline di MONDEL, «che è una meraviglia per gestione del prodotto, la conservazione della carne, la facilità di pulizia e, non ultima, l’estetica, con la sua linea moderna e la torretta che valorizza tantissimo l’offerta», aggiunge Stefano.
I titolari di Amor di Carne hanno completamente rivoluzionato il negozio con un’offerta che spazia dai tagli dalle lunghe frollature per gli appassionati ai pronti a cuocere fino ai prodotti di rosticceria tra cui arrosti di pollo e di maiale, prosciutti cotti, porchetta, tacchino porchettato, lasagne, sughi e brasati. Per garantire tale varietà di prodotto occorrono scelte ben ponderate e mirate sulle giuste tecnologie, oltre naturalmente a competenza e professionalità. La rotaia è rimasta in negozio, non più attiva ma a testimonianza di un passato che resta nel DNA di questa macelleria oggi proiettata nel futuro.
Elena BenedettiPer il banco frigorifero di Amor di Carne è stato scelto il modello Kaula V3 canalizzato al Kaula Skyline di Mondel, «una meraviglia per gestione del prodotto, conservazione della carne, facilità di pulizia e estetica».
Sistema MVS by Mondel
Il sistema MVS di Mondel con refrigerazione doppio-statica ventilata è studiato specificatamente per la carne ed è capace di garantire la conservazione e l’esposizione del top. Grazie al fondo del banco refrigerato, realizzato in acciaio Inox 304 e composto da diversi strati di materiali ad alta conducibilità termica, il freddo viene distribuito in maniera ottimale garantendo una perfetta stabilità al prodotto.
Nuova sede aziendale con showroom Mondel ha recentemente inaugurato la nuova sede aziendale a Cervarese Santa Croce (PD). I nuovi stabilimenti Luciano Babetto comprendono, oltre ai reparti produttivi e agli uffici, uno showroom per l’esposizione dei prodotti.
Amor di Carne Piazza G. Martinez 35 16143 Genova www.facebook.com/amordicarne
Mondel Srl unipersonale Via Roma 322 35030 Cervarese Santa Croce (PD) Web: www.mondel.it
#FishTheMeat
La prima volta di ANABIC al Sommet de l’Élevage
Per Luca Panichi, presidente dell’Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani Carne, il battesimo internazionale di ANABIC alla 31a edizione del Sommet de l’Élevage di Clermont-Ferrand (4-7 ottobre), costituisce un elemento di grande soddisfazione in grado di porre al centro dell’attenzione zootecnica internazionale una delle più importanti eccellenze agroalimentari italiane. Con 5.600 associati che allevano complessivamente 160.000 capi, ad ANABIC fanno riferimento 5 delle più prestigiose razze bovine da carne — Chianina, Marchigiana, Maremmana, Romagnola e Podolica —, diversamente distribuite in allevamenti presenti da Nord a Sud. «La zootecnia italiana non ha nulla da invidiare ad altre realtà forse più conosciute a livello globale. A questo proposito credo sia doveroso sottolineare il ruolo strategico del nostro settore, da diverso tempo al centro di duri attacchi perlopiù ideologici che imputano alla zootecnia la responsabilità di molti dei mali che affliggono il nostro pianeta. Nulla di più falso e sbagliato perché non solo i dati scientifici smentiscono queste teorie, ma soprattutto il nostro modello di allevamento dimostra quanto il rispetto e la tutela ambientale siano al centro della nostra attività. Col 70% dei bovini allevati al pascolo e una consistenza media per allevamento che non supera i 30 capi il carico/ha è molto contenuto; parallelamente i dati confermano che anche le emissioni di CO2 equivalente registrano valori particolarmente bassi a cui si aggiungono le condizioni di allevamento, inserite in un contesto di condizioni climatiche molto favorevoli, che sostengono i più elevati standard di benessere animale con ricadute positive sia in termini di stato sanitario che di produttività dei bovini. Anche al Sommet forniremo informazioni e documentazione idonee per una comunicazione corretta e veritiera». Comunicare, informare, chiarire. Un impegno che ANABIC sta portando avanti anche con progetti scientifici finalizzati a quel miglioramento genetico che può favorire una maggiore resistenza degli animali allevati alle malattie, a tutto vantaggio di una sempre più significativa riduzione di farmaci. Impegni che di questi tempi, pur coi recenti aumenti delle quotazioni della carne bovina che hanno registrato incrementi anche del 20%, si scontrano con una contingenza molto difficile legata ai rincari delle materie prime e dei costi energetici. «ANABIC crede molto nella comunicazione capillare rivolta ai suoi associati — sottolinea Panichi — e in questa direzione l’associazione sta concentrando i suoi sforzi perché le grandi potenzialità del nostro settore si possono tradurre in fatti concreti solo facendo squadra» (fonte: anabic.it).
provisur.com
Nuova generazione della tecnologia di formatura e porzionatura
• Azionamento della piastra dello stampo ad alta velocità per una
• Riempimento della tramoggia di alimentazione con coclea controllata
Per ulteriori informazioni: christelle.adriao@provisur.com
Separare Pastorizzare Se Pa Formare e porzionare Macinare e miscelare F o M Affettare Pressare A P r Zangolare ScongelareIl valore di un’antica arte innovativa
Custodire e tramandare la sapienza della tradizione: questa l’ardua responsabilità della generazione odierna che quotidianamente si scontra con lo svilimento del valore alimentare.
La chiave del raggiungimento di questo obiettivo sta nella riscoperta di quelle realtà che storicamente custodiscono le peculiarità dei sapori autentici. È questo lo studio condotto da ALESSANDRO CUOMO, inventore visionario capace di armonizzare storia e modernità grazie ai dispositivi e all’omonimo brevetto che incentiva le produzioni tipiche
locali. Un’innovazione nata dal rispetto e l’esaltazione di sentimenti autentici come l’umiltà, la cura e la passione per la tradizione e dalla ricerca di un continuo confronto con tutte le realtà che quotidianamente si impegnano a valorizzare le materie prime.
In quest’ottica globale di cultura innovativa, Stagionello Store®, attraverso la capillare rete di partnership nel mondo, grazie alla presenza in tutti e cinque i continenti, ha trovato in “Martini Equipment Llc.” un collaboratore prezioso, leader americano nelle attrezzature alimentari.
È grazie a questa partnership che Stagionello Store® ha potuto confrontarsi con i macellai professionisti, componenti del Team Butcher USA di cui Martini Equipment LLC. è main sponsor.
Fare di passione abilità e di abilità professione: sette maestri del settore giunti a Sacramento (California) per la World Butchers’ Challenge, un evento che nei primi giorni di settembre ha accolto esperti macellai di tutto il mondo accomunati dall’infinita passione per quello che è riduttivo definire un lavoro, meglio un’arte che esalta
Stagionello Store® incontra il Team Butcher USA: un viaggio transatlantico di ritorno alle tradizioniButchers of America, Team USA 2022 per la World Butchers’ Challenge (photo © thebutchersguild.org).
il valore animale. Un Campionato mondiale della carne che non si ferma al puro aspetto artistico ed esibizionistico, anzi, custodisce e celebra la sapienza di un antico mestiere, intriso di amore e cura verso l’intera filiera alimentare.
Tre i punti principali che accomunano le testimonianze di questi professionisti alla vision aziendale: 1. tutela della tradizione;
2. attenzione verso il benessere animale;
3. predilezione all’innovazione.
«Il periodo storico in cui viviamo è caratterizzato dalla presenza di consumatori dalle peculiari esigenze alimentari; ciò sta favorendo uno sviluppo virtuoso del settore gastronomico, che crea rinnovamento nell’esaltare la tradizione» sottolinea il capitano del Team USA DANNY
In alto: Martini Equipment LLC. main sponsor del Team USA al World Butchers’ Challenge 2022 con Stagionello® Meat Maturing Device.
A sinistra: Paul Carras, responsabile reparto carni Taylor’s Market, componente del Team USA al World Butchers’ Challenge 2022.
JOHNSON, il quale, alla domanda sul futuro delle macellerie, risponde con entusiasmo e fiducia riguardo una professione che sta vivendo una nuova vita: «il macellaio oggi non vende semplicemente carne, ma è divulgatore di qualità e attenzione alla materia prima».
Cultore della carne maturata dal 1962, Danny Johnson mostra stupore verso un pubblico che
sta fi nalmente scoprendo e apprezzando il piacere di una carne dall’elevato valore nutrizionale, curata fin dalla nascita dell’animale, abbandonando gradualmente le asettiche produzioni industriali per favorire le piccole realtà che tutelano l’autentico sapore del mondo rurale.
Anche BRYAN BUTLER, Best Butcher Texas nel 2017, pone l’accento su un equilibrio rinnovato tra campagna e città, dove la prima, dimora di cure e attenzioni del bestiame, fornisce una materia prima d’eccellenza alla seconda, centro di aggregazione e condivisione dei consumatori: «da tutto ciò ne consegue uno sviluppo a catena delle attività commerciali, delle aziende agricole e un conseguente investimento a beneficio della valorizzazione locale».
È poi PAUL CARRAS ad esprimere un’idea di innovazione strettamente correlata all’amore e alla cura dell’animale, un’umanità rinnovata che vuole abbattere in primis lo stereotipo della macellazione come rude atto di uccisione, verso un più profondo concetto di sacrificio animale, che determina un conseguente aumento del rispetto verso una trasformazione responsabile e un consumo consapevole della carne.
Responsabilità e consapevolezza, due aspetti fondamentali dell’innovazione tecnologica, tutelati sempre più dall’armonica collaborazione tra dispositivi intelligenti che rispettano l’alimento, grazie a strumenti come il monitoraggio del pH e le sapienti mani dei professionisti che assieme raggiungono l’obiettivo di conservare i valori della tradizione, garantendo salubrità, controlli e qualità della materia prima.
Questo connubio tra tecnologia e tradizione rivoluziona il concetto di alimentazione verso quello più intenso di nutrizione, che si traduce in una nuova esperienza culinaria a valore aggiunto perché frutto dell’attenzione verso la sostenibilità in pieno stile Farm to Table
Promuovono questo concetto MITCHELL WILLIS e TUCKER SPEER che, da sempre nella loro esperienza,
coniugano il valore biologico e le stagionalità degli alimenti per celebrare con estro e creatività ogni qualsivoglia taglio di carne. Tanta accuratezza e studio si traducono in crescita personale per il professionista e in una nuova esperienza culturale-gastronomica per il consumatore.
Il Team USA e Stagionello Store® sono solidali riguardo l’importanza e il valore dell’informazione, nonché del dovere, da professionisti, di comunicare e condividere. «L’innovazione più grande sono i social media, fondamentali per lo scambio di idee, l’informazione e la formazione», queste le parole di Bryan Butler.
Una comunicazione perpetua, attraverso quelli che oggi sono i principali canali di interscambio, che favoriscono l’accrescimento dei professionisti di oggi e lo sviluppo delle prossime generazioni a salvaguardia di un mestiere storico. Tutto ciò denota una nuova personalità del macellaio, non solo artigiano della carne, ma mentore, proprio come D ANIEL S CEPUREK , ex marines americano che ha fatto delle esperienze da militare in giro per il mondo la motivazione della sua professione, riconducendo alla lavorazione della carne il rispetto delle culture verso tutta la vita dell’animale e THOMAS C. TURNER, in arte Red beard butcher, macellaio professionista, formatore e consulente, che crede nella condivisione del proprio know-how per trasmettere l’importanza della tradizione e il valore della sua professione come connubio di tecnica, sapienza e riverenza.
L’insegnamento unanime che ci lasciano tutti questi veterani della lavorazione della carne, è di custodire una costante sete di sapienza, motore di innovazione e fondamento di una sana cultura alimentare.
Link: stagionellostore.com
Ragù 100% made in San Marino
di Riccardo LagorioC’era una volta il ragù… Tante materie prime da scegliere, acquistare, pulire, tagliare, tritare, assemblare in tempi diversi nella maniera e nella quantità giuste, da lasciar sobbollire lentamente con l’occhio fisso sul tegame. Così, come tutti i piatti che richiedono tempo, dedizione e competenza, il ragù è a rischio estinzione, o destinato a finire in quel recinto riservato alle ricette delle grandi occasioni. La vita di tutti i giorni, affannosa e intensa, prende il sopravvento su una delle preparazioni più rappresentative dell’inventario culinario italico: è complicato conciliare i tempi di impegni e lavoro con i fornelli. Ecco allora che all’improvvisa voglia di pasta al ragù viene in soccorso l’offerta dei sughi pronti, con buona pace per il rituale domestico. Del resto ragoûter è un verbo antico, che nella sua accezione più comune si potrebbe tradurre con risvegliare l’appetito.
È cambiato il vento anche nella Repubblica di San Marino, dove la Cooperativa Allevatori Sammarinesi, per andare incontro alle richieste del mercato, ha messo a punto il ragù secondo quanto stabilito dalle adzore del piccolo Stato con prodotti esclusivamente del Titano.
«L’idea covava da tempo, ma durante la clausura del 2020 abbiamo avuto il tempo di metterci mano e realizzare il ragù con la carne degli animali allevati a San Marino, i pomodori e la verdura dell’ Azienda Agricola Stefano Gasperoni di Falciano, e l’olio extravergine di oliva della Cooperativa Ammasso Prodotti Agricoli» spiega con entusiasmo EDOARDO ANGELINI, direttore della Cooperativa Allevatori La preparazione è avvenuta nel laboratorio Quattro Stagioni di Acquaviva (quattrostagioni.sm).
Edoardo Angelini, direttore della Cooperativa Allevatori San Marino.Leggero e stuzzicante al punto giusto, non v’è nulla di meglio del suo incontro con la pasta fresca, con crostini caldi o con la polenta fumante, che a San Marino, complice la vicinanza con Romagna e Marche, è soffice e cremosa.
«La carne bovina Terra di San Marino viene certificata tale quando gli animali sono nati o allevati e macellati all’interno dei confini dello Stato e registrati da un sistema elettronico centrale» ricorda Angelini.
L’alimentazione avviene per almeno il 50% con foraggio dell’azienda agricola e almeno il 10% restante con razioni provenienti dallo stesso San Marino. «I bovini inoltre devono essere allevati preferibilmente in ambiente stabulato libero e nei 90 giorni che precedono la macellazione non sono ammessi trattamenti farmacologici. Vengono in media macellati 700 capi all’an-
no». Nelle due macellerie sociali (a Borgo Maggiore e a Dogana) questa carne si riconosce al banco perché gode di una sezione separata dalle altre, è confezionata con apposita carta che riporta il marchio collettivo Terra di San Marino o, nel caso sia preconfezionata, il marchio è riportato sulla confezione.
Anche la carne utilizzata per la produzione di ragù, specificatamente il quarto anteriore, beneficia di queste verifiche documentabili. In particolare, l’imposizione di un’alimentazione bilanciata, a base di fieno di erba medica, orzo, mais e soia non OGM, riveste un’immediata rilevanza sulla marezzatura e di conseguenza sulla frollatura, che rende tenera e succosa la carne. «Prima di mettere in commercio il prodotto finale, abbiamo compiuto numerose prove che sono passate al vaglio dei soci della cooperativa» spiega il direttore. Le proporzioni di
verdure presenti nel ragù, venduto in vasetti di vetro da 280 grammi, è ignota. Di certo si sa che, secondo tradizione, si trovano carota, cipolla e sedano e il 36% spetta alla carne, lavorata a mano.
Profuma di un odore verace e materno, felice sintesi di tutto ciò che c’è dentro, con naso fresco e pulito. La dolcezza torna al palato assieme a note di brodo vegetale.
Dopo l’apertura va conservato in frigorifero e consumato entro 5 giorni. Ma questo, purtroppo, non accadrà mai, perché si consuma tutto in un battito d’occhi.
Riccardo LagorioCooperativa Allevatori San Marino
Strada di Montecchio 11 47890 San Marino
Repubblica di San Marino
Telefono: 0549 902617
E-mail: info@terradisanmarino.com Web: terradisanmarino.com
La sede del Consorzio Terra di San Marino, adibito anche a Museo della civiltà contadina.See you in Gent!
di Gaia Borghi
Mentre Haarlem, comune olandese ubicato ad ovest di Amsterdam, diventerà la prima città al mondo a vietare, a partire dal 2024, la pubblicità della carne sugli autobus e negli spazi pubblici (decisione presa dalle istituzioni cittadine dopo aver aggiunto la carne ad un elenco di
prodotti ritenuti responsabili della crisi climatica…), a 238 chilometri di distanza, poco più di tre ore in auto, di carne e del futuro di questo comparto si è discusso, visitando prima due importanti realtà produttive locali e confrontando poi le opinioni di imprenditori, rappresentanti di associazioni e stampa di settore.
Complice la 17ª edizione dell’annuale Tavola rotonda organizzata dal BELGIAN MEAT OFFICE – VLAM. BE1, che ha invitato EUROCARNI e numerose altre testate di settore europee a Gent, incantevole cittadina nel cuore delle Fiandre ricca di arte e di storia. Il Belgio è un player strategico nell’offerta a livel-
Belgian Meat Office – 17a edizione dell’annuale VLAM Round tableImprescindibile a Gent per turisti e non accomodarsi al sole in uno dei tanti locali sul Graslei (in foto) o sul Korenlei, le due rive del fiume Lys, antico nucleo commerciale della città tra i ponti Grasbrug e Sint-Michielsbrug.
mente coeso al suo interno. Carne che, a dispetto di trend alimentari più o meno veg a volte fin troppo enfatizzati dai media — a dispetto di una realtà dove le scelte che prevedono l’eliminazione assoluta di carne e prodotti carnei restano a tutt’oggi una nicchia —, occupa un ruolo di prim’ordine sulle tavole belghe: da un sondaggio recente è emerso infatti che oltre il 95% della popolazione consuma carne ogni settimana, compresi giovani e famiglie. «Già ai tempi del De Bello Gallico nei territori del Belgio il numero dei capi suini era superiore a quello delle persone» ricorda JORIS COENEN, manager del Belgian Meat Office. «Il nostro settore vanta una lunghissima tradizione a cui si accompagnano moderne tecnologie e specializzazione, nonché un sistema di gestione del rischio che vanta una reputazione a livello mondiale».
Corma NV
lo europeo di carni bovine e suine, esportando la propria produzione in oltre 60 Paesi in tutto il mondo. Carni e prodotti a base di carne la cui qualità e sicurezza sono garantite da sistemi di tracciabilità di filiera che da anni sono l’orgoglio di un settore forte economicamente e, elemento non di poco conto, forte-
Il viaggio nel mondo delle carni belghe è iniziato con la scoperta del Ganda Ham, prodotto dalla CORMA NV, guidata dalla terza generazione della famiglia Cornelis, i fratelli VALERIE e MATHEO, insieme al direttore generale KOEN DAMME. Ganda è l’antico nome di Gent e questo prosciutto rientra infatti tra i prodotti tipici locali, con una produzione artigianale consolidata nel tempo. Carne suina 100% belga, sale marino, tempo e saper fare artigianale, con la garanzia delle certificazioni di qualità di filiera come il marchio Meesterlyck: il prosciutto crudo di Gent è un prodotto molto amato e consumato a livello nazionale (il 95% delle vendite di prodotto resta nel Paese), il cui futuro, anche grazie alla giovane gestione, punta diritto verso la sostenibilità e naturalità a 360°. «Già nostro padre Dirk aveva iniziato ad intraprendere questo percorso» ci dice Valerie Cornelis. «Oggi noi proseguiamo in questa direzione green, puntando ad eliminare i nitriti da tutti i nostri prodotti (il prosciutto crudo ne è naturalmente già esente) e diminuendo sempre più l’impatto ambientale dei nostri stabilimenti produttivi».
Van Bogaert
La seconda visita ha interessato l’azienda VAN BOGAERT, dal 2021 parte del BELGIAN PORK GROUP. Fondata nel 1974, l’azienda è specializzata nel disosso e sezionamento delle cosce suine. OLIVIER VAN BOGAERT ci ha accompagnato nella visita all’interno dello stabilimento e ci ha raccontato il loro approccio “tailor made” al prodotto finale. Il nuovo sito costruito nel 2020 è una struttura all’avanguardia e l’ingresso nel Belgian Pork Group ha rafforzato il suo approccio al mercato. «Siamo molto orgogliosi di essere entrati a far parte del Belgian Pork Group» ha dichiarato Olivier Van Bogaert. «All’inizio non è stato semplice ma ad oggi posso affermare con certezza che sia stata la scelta giusta. La nostra è un’azienda in crescita: lo scorso anno abbiamo avuto un fatturato di 10 milioni di euro e prevediamo di arrivare a 17 entro la fine di quest’anno».
Ombre, luci e prospettive È MICHAEL GORE, amministratore delegato della FEBEV, la Federazione della carne belga, a fornire una fotografia del settore, con le sue luci, oggi più deboli, vista la complicata situazione globale sotto molteplici aspetti, e le sue tante, forse troppe ombre. «Nel mare magnum delle fake news relative al settore della carne che imperversano nella nostra quotidianità oggi è estremamente importante ritornare a guardare i fatti. E cosa ci dicono i fatti? Ci dicono innanzitutto che in dieci anni, in Belgio, il numero degli impianti di macellazione è diminuito di oltre il 30%. Questo ci fa capire come stia evolvendo il nostro settore e ci fa capire anche che alla sua sopravvivenza sono essenziali innanzitutto un consolidamento e numerose misure di modernizzazione.
Nel nostro settore — ha proseguito Michael Gore —, ogni aumento, ogni costo incide su tutta la filiera, da quelli di base a quelli sostenuti per le nuove esigenze, da quelli legati alle misure intraprese per contenere la diffusione del Covid e mettere in sicurezza gli operatori, all’inflazione, ai costi legati alle
Carne di maiale di provenienza belga al 100%, sale marino, tempo, saper fare artigiano e certificazioni di qualità: il Prosciutto di Gent, “Ganda Ham”, è il prodotto principe della Corma Vleeswaren NV (www.ganda.be). L’azienda nasce nel 1954 quando Roger Cornelis e Maria Mattheeuws avviano una macelleria a Wetteren, nelle Fiandre orientali, per poi trasferirla a Mariakerke. Nel 1968 il figlio Dirk Cornelis apre a Destelbergen uno stabilimento di produzione di prosciutti crudi e cotti e altri prodotti a base di carne (salsicce, bacon, pâté, polpettoni e piatti pronti, ecc…). Nel 1985 il “Ganda Ham” diventa marchio registrato. Nel 1991, la macelleria e la produzione di tutti gli altri prodotti vengono cedute per concentrare tutte le attività sul Ganda Ham. «Oggi la nostra azienda produce sia prosciutti e altri insaccati e prodotti a base di carne che formaggi. Con i prosciutti a marchio Ganda e Bruges realizziamo un fatturato di circa 15 milioni di euro» dicono i fratelli Matheo e Valerie Cornelis (in foto), i quali, insieme al direttore generale Koen Damme, hanno rilevato la gestione della società dal padre Dirk nel mese di settembre 2022. «Con 55 dipendenti, la nostra produzione di prosciutti crudi si attesta a circa 165.000 unità all’anno. Per la quasi totalità si tratta di prosciutti disossasti e pressati, senza pelle. Il 95% delle vendite è diretto al mercato nazionale belga. Con gli insaccati a base di carne bovina e con la linea biologica puntano a raggiungere il mercato estero (in alto, nella pagina a fianco, Chris Moens, responsabile qualità e sicurezza, che ci ha accompagnati nella visita allo stabilimento).
Meesterlyck: il marchio di qualità del prosciutto belga dal 1992
«Dal 1992 Meesterlyck è il marchio di qualità (B2C) belga del prosciutto cotto e crudo: quest’anno sono quindi esattamente 30 anni» ci dice LIESBET PLUYM (in foto), dell’organizzazione interprofessionale belga BelPork. «I 12 produttori belgi certificati che utilizzano questo marchio e che possono apporlo sul packaging del prodotto sono soggetti a requisiti stringenti e rigorosamente controllati. Per esempio, il prodotto, realizzato esclusivamente con carne di maiale certificata BePork (100% suini belgi, allevati, macellati e sezionati nel Paese), deve soddisfare standard molto rigidi in termini di composizione o lungo il processo di produzione. Come il contenuto di sale (2% max) e il divieto di utilizzare amido, coloranti e proteine non animali nel prosciutto cotto, così come il rapporto tra acqua e proteine estremamente ridotto (pari a 3,5) dimostra la grande attenzione alla qualità di prodotto. Per il prosciutto crudo Meesterlyck, è possibile utilizzare solo sale e seguire un procedimento di salatura a secco. Nitrati o coloranti sono vietati. La stagionatura è di almeno 7 mesi sull’osso. Il controllo da parte di laboratori indipendenti avviene circa 4 l’anno, con campioni prelevati presso il produttore o nei punti vendita». Nel 2021, sono state prodotte 8.000 t di prosciutto cotto e 85 t di prosciutto crudo col marchio Meesterlyck.
Ogni anello della catena di produzione (dall’allevatore al macellatore al trasformatore) contribuisce alla qualità finale del prodotto. «BePork, il marchio di qualità per la carne suina fresca, che attualmente copre il 90% del mercato, è stato introdotto nel 2021 ed è lo standard di qualità nazionale che ha sostituito il marchio Certus. Per gli allevatori di suini entrare nella filiera BePork significa, invece, ad esempio, impiegare ulteriori sforzi volti a garantire il comfort all’interno delle stalle, durante il trasporto e al momento della macellazione o nella scelta dei mangimi. Con la filiera BePork il tracciamento e la tracciabilità di prodotto sono state rese più veloci e trasparenti, offrendo ancora maggiori garanzie ai consumatori, che conoscono ed apprezzano il marchio».
Van BogaertNV è stata fondata nel 1974 da FRANS VAN BOGAERT come azienda di lavorazione carni. Negli anni successivi, la gestione del figlio Jan e della moglie Kristien si è concentrata sulle attività di disosso e sezionamento delle cosce suine, con approccio personalizzato sulla base delle richieste del cliente. Il loro figlio Olivier, nipote del fondatore, è entrato a far parte dell’azienda nel 2012. Da allora sono stati fatti passi importanti in termini di innovazione, digitalizzazione e automazione. Nel 2020 è stato infatti costruito un nuovo sito di produzione all’avanguardia, che ha definito nuovi standard nel comparto, soprattutto a livello di impatto ambientale. Nel novembre 2021 l’azienda è entrata a far parte del Belgian Pork Group, una rete composta da 8 aziende belghe, disseminate in tutto il Paese. In questo modo, Van Bogaert ha rafforzato la propria posizione e struttura, garantendo altresì una rete commerciale più estesa.
Tailor made ham: l’attività di Van Bogaert si incentra sul prosciutto disossato e tagliato su misura in base alle richieste della clientela dislocata in Europa, Giappone, Sudafrica… Le materie prime provengono dal Belgio e da altri Stati Membri e controllate e selezionate da personale qualificato. Con una capacità settimanale di 1.000 t, forte di infrastrutture moderne e di un sistema ERP integrato, Van Bogaert garantisce qualità di prodotto, flessibilità e tracciabilità.
>> Link: www.vanbogaert.be www.belgianporkgroup.com
questioni inerenti il benessere degli animali, la sicurezza alimentare... Negli ultimi cinque anni, in particolare, i requisiti dell’animal welfare sono notevolmente aumentati anche per far fronte all’atteggiamento di alcune associazioni ambientaliste che cercano di attirare l’attenzione dei mezzi di comunicazione con un unico obiettivo: portare scompiglio nel settore, traumatizzare l’opinione pubblica e ottenere fondi per le loro attività. Le imprese del settore stanno facendo notevoli sforzi per venire incontro alla crescente richiesta dei cittadini di inserire il benessere degli animali come condizione di base per il loro allevamento. Tuttavia, se la preoccupazione per un maggior benessere degli animali è legittima, deve essere inserita in un contesto di ragionevolezza e equilibrio. Anche in quest’ambito, come associazione noi continuiamo a batterci per una comunicazione corretta e trasparente».
Tra le tante sfide da affrontare oggi c’è anche quella del mercato della cosiddetta fake meat e dei sostituti della carne. «I gruppi che commercializzano sostituti della carne utilizzano, appena possono, i
nomi dei nostri prodotti perché ciò li rende più appetibili da un punto di vista commerciale. Possono, quindi, far credere ai consumatori che i loro prodotti siano una valida alternativa alla carne e ai prodotti a base di carne. Eppure in molti casi risulta vero il contrario ed ecco perché, a mio parere, il settore necessita di maggiori tutele dal punto di vista legislativo».
E ancora, la questione PSA, una Spada di Damocle che pesa sulla produzione e sul commercio europeo del settore della carne suina. «Nel 2018–2019, il Belgio ha vinto la battaglia contro la Peste Suina Africana. Come? Grazie alla cooperazione tra le nostre aziende, il Belgian Meat Office, la Regione Vallonia, la FASFC e i ministri competenti, i quali, resisi conto della gravità della situazione, hanno agito con celerità. È innegabile che l’attuale situazione in Germania faccia passare in secondo piano gli sforzi fatti dal Belgio. Abbiamo quindi chiesto a tutte le organizzazioni e alle autorità coinvolte di mantenere alta l’attenzione per evitare che il settore non affondi in una crisi ancora più profonda».
“C’est le ton qui fait la musique” recita un proverbio francese: spesso infatti è il modo in cui si dicono certe cose a far passare un messaggio in un certo modo o a caricarlo o meno di altri significati oltre a quello principale. «Anche se la musica è innegabilmente cambiata — conclude Michael Gore — possiamo e dobbiamo dimostrare di operare in un settore in divenire che vuole dar prova concretamente del fatto che la sostenibilità di cui tanto si parla non è un concetto privo di significato. Ecco perché è estremamente importante tenere le orecchie bene aperte e ascoltare con attenzione ciò che accade nella società e comunicare nella maniera corretta le nostre istanze».
Gaia BorghiNota
1. Il Belgian Meat Office, costituito nel 2003 nell’ambito del Centro fiammingo per il mercato della pesca e dell’agricoltura (VLAM), ha come obiettivo quello di supportare i fornitori belgi nelle loro attività di export, coordinandone le attività di promozione e sostenendone comunicazione. Info: www.belgianmeat.com
Quentin e Jos Claeys, Belgian Pork Group, Joris Coenen, VLAM vzw, Michael Gore, FEBEV, e Olivier Van Bogaert. «Siamo molto orgogliosi di essere entrati a far parte del Belgian Pork Group» ha dichiarato Olivier Van Bogaert. «All’inizio non è stato semplice ma ad oggi posso affermare con certezza che sia stata la scelta giusta».Belgio, carne sempre la preferita
Imodelli alimentari nel vecchio continente appaiono piuttosto solidi, anche il classico abbinamento carne e patate che caratterizza la gastronomia dell’Europa centro-settentrionale non sembra venir meno a questo assunto. Come una ricerca svedese del 2020 evidenziava che 3/4 della popolazione nazionale non avesse alcuna intenzione di diminuire il consumo di carne nel breve periodo, anche in Belgio i consumatori sembrano poco desiderosi di muoversi dal terreno conosciuto verso altri modelli. Anzi, la crisi pandemica sembra aver
rafforzato la tendenza a rifugiarsi in piatti rassicuranti e tradizionali, capaci di riportare serenità in un periodo fosco e di durata incerta.
I Belgi non riescono a farne a meno Commissionato dal Centro fiammingo per il mercato della pesca e dell’agricoltura (VLAM), un sondaggio condotto nel febbraio 2022 da GFK Belgio e da iVox ha messo in luce che 9 cittadini su 10 non hanno un’attitudine negativa verso la carne ed un numero superiore, pari al 96%, dichiara di inserirla nella propria dieta; questa
percentuale è stabile da anni nel paese e il fronte vegetariano sembra non aver guadagnato nuovi proseliti. Il 68% delle persone intervistate, rappresentative dell’intera popolazione dello stato europeo, conferma che la carne è un piatto fortemente presente nel proprio menù, che si tratti di piatti da preparare a casa oppure consumati presso esercizi commerciali.
Chi consuma carne tutti i giorni è solo una minoranza (17%), peraltro in calo rispetto al 2014 quando rappresentava quasi un quarto (24%) dei Belgi, segno che qualche cam-
Un recente sondaggio mostra che il 95% degli abitanti la consuma e il 75% lo fa regolarmente
di Roberto VillaIl consumo di carne è molto radicato nella cultura alimentare belga. La tipologia più consumata è attualmente quella di pollo, seguita dalle carni fresche miste.
biamento sta avvenendo nel regime alimentare nazionale. All’estremo opposto, tra coloro che si dichiarano consumatori solamente l’8% dice di mangiarla meno di una volta a settimana. L’insieme dei dati porta a concludere che i 3/4 dei cittadini belgi consumi regolarmente carne. Sul fronte degli aspetti etici, quelli che ultimamente stanno mettendo pressione al settore produttivo, il 29% riferisce che la questione dell’impatto ambientale li induce a variare maggiormente la dieta senza tuttavia escludere la carne; contano solo per il 9% coloro i quali ritengono la carne non idonea ad una vita sana, incluso quel 4% che non la consuma mai e una parte di quelli che la mangiano sporadicamente.
Meglio locale: mercato in ripresa durante la pandemia Quasi sei intervistati su dieci riferiscono che il Paese di origine influen-
za la scelta di acquisto, col 95% che preferisce carne allevata localmente giustificando tale preferenza con la maggiore fiducia nei controlli, il sostegno all’economia nazionale e anche con tematiche di salvaguardia ambientale, in particolare grazie al concetto di filiera corta. I consumi domestici sono calati del 3% annuo tra il 2014 ed il 2017, per poi ridurre il tasso di diminuzione al 2% nel 2018 e all’1% nel 2019, mentre salivano i consumi di carne e derivati fuori casa. Il 2020 ed il 2021, con l’evento pandemico che ha sconvolto le filiere alimentari a livello globale, hanno visto un maggior consumo del 9% nel biennio rispetto al 2019, ultimo anno pre-pandemia, con una conseguente contrazione dei consumi fuori dalle mura domestiche.
La tipologia di carne più consumata è quella di pollo, con 8,0 kg/ pro capite all’anno, seguita dalle carni fresche miste (inclusi i
macinati) con 6,3 kg/pro capite, dal suino fresco (5,4 kg), dal bovino (4,6 kg), da altre carni (tacchino, vitello, anatra) con 2,7 kg e, infine, da carni congelate con 1,5 kg per un totale annuo corrispondente a 28,5 kg medi a persona.
Variabilità nelle fonti proteiche ma alternative alle carni ancora poco diffuse I sostituti vegetali delle carni non sfondano, con un valore attorno a 0,5 kg all’anno per persona, in lieve crescita rispetto al 2019 quando erano stati stimati in 0,35 kg. Piuttosto, molti consumatori hanno affermato di aver proceduto a variare maggiormente la loro dieta, in particolare per quanto riguarda le fonti di proteine. E così sono aumentati i consumi di pesce, uova, latticini e legumi ed è diminuita di poco la frequenza di consumo delle carni.
Roberto Villa Anche se i consumatori belgi intervistati hanno dichiarato di aver proceduto a variare maggiormente la propria alimentazione, inserendo nel proprio quotidiano pesce, uova e legumi come fonti proteiche, la carne rimane in testa alle scelte, sia in quelle d’acquisto che per l’offerta del fuoricasa. Ballekes, ad esempio, è un moderno locale nel centro di Bruxelles che serve le tradizionali polpette (ballekes appunto) insieme alle immancabili patatine fritte.A Sacramento 2022 si è fatta la storia
Trascorsi quattro anni dall’ultima edizione di Belfast, una pandemia mondiale che sembrava non finire mai, un paio di cambi data e un numero infinito di videocall coi vari team in giro per il mondo, lo scorso 3 settembre le luci del palazzetto dello sport dei Sacramento Kings si sono accese
per dare il via all’ottava edizione del World Butchers’ Challenge, presentato da GASCON CATTLE OF BENCH CREEK RANCH e PROMEGA FOOD
Uomini e donne, professionisti nell’arte del disosso, del taglio e della lavorazione delle carni giunti nella capitale della California da 13 Paesi, hanno offerto agli spetta-
tori presenti uno spettacolo unico, quello della lavorazione delle carni, con l’esperienza, la disciplina e una creatività incredibili espresse nell’allestimento del banco carni perfetto. Un banco che ha raccontato il cuore e l’anima di ciascun Paese, tra elementi culturali, artistici personalizzati.
Vincono i Tedeschi, che sul podio hanno battuto Australia e Nuova Zelanda, in una competizione che ha emozionato tutti. L’Italia si porta a casa 3 premi, 2 per i preparati e 1 per i Giovani Macellai. E Gianni Giardina entra nel All Star Team 2022
di Elena BenedettiEmozione e festa del Team Germania al termine della gara a tempo: i Tedeschi si sono aggiudicati la vittoria dell’edizione 2022 del World Butchers’ Challenge.
Quasi 100 tra i più abili macellai del mondo si sono sfidati nell’area Golden 1 Center per essere incoronati i migliori nel loro mestiere, nella loro arte. Come? Lavorando, tagliando, modellando la carne, comun denominatore di questa folle competizione e prodotto dall’alto valore simbolico che è nutrimento e benessere.
Questa edizione ha accolto anche tre nuovi partecipanti, Canada, Galles e Islanda, che, uniti agli altri 10 Team (Irlanda inclusa, detentrice del titolo del 2018), hanno davvero fatto la storia dell’arte della macelleria. Vincitrice della World Butchers Challenge 2022 è stata la Germania, con il suo team BUTCHER WOLFPACK che si è portato a casa il coltello d’oro Dick, seguita dagli Australiani e, per il terzo posto, dalla squadra dei HELLERS SHARP BLACKS della Nuova Zelanda.
«Questo evento è stata un’esperienza unica per gli ospiti. Dall’incredulità nel vedere questi butcher disossare con forza e potenza interi
quarti di manzo in pochi minuti, alla delicatezza con cui gli elaborati di carne vengono impiattati, uno dopo l’altro, con estro e creatività» ha dichiarato ASHLEY GRAY, CEO della World Butchers’ Challenge.
Italia, cure e passione Il Team italiano ci ha messo anima e cuore, ha dato tutto con l’entusiasmo, la passione e la professionalità che hanno contraddistinto fin dall’inizio questo gruppo di professionisti dell’arte della carne. Capitanata da
FRANCESCO CAMASSA e presieduta da ORLANDO DI MARIO, la Nazionale Italiana Macellai è un’associazione culturale e sportiva fondata nel 2017 e formata unicamente da macellai professionisti, con l’obiettivo di promuovere la storia, le tecniche, le competenze, lo stile e i sapori della macelleria italiana.
“Tutto! Siamo stati veloci, puliti, precisi, tecnici, affiatati e abbiamo portato tutta l’esperienza, la tradizione e la passione che solo i macellai italiani possono portare, a testa alta, in una competizione
Quasi 100 tra i più abili macellai del mondo si sono sfidati a Sacramento per essere incoronati i migliori nel loro mestiere. Come? Lavorando, tagliando, modellando la carne, comun denominatore di questa competizione e prodotto dall’alto valore simbolico. «È stata un’esperienza unica per gli ospiti: dal vedere questi butcher disossare con forza e potenza interi quarti di manzo in pochi minuti, alla delicatezza con cui gli elaborati vengono impiattati» ha dichiarato il CEO dell’evento Ashley Gray
“Questo è uno scatto che racconta ben quattro anni di sacrifici veri. Un’immagine impressa che porteremo con noi per sempre” ha scritto sui social Andrea Laganga, referente Italia WBC e senior butcher della Nazionale Italiana.mondiale contro i migliori professionisti dei cinque continenti” ha scritto sulle pagine social Francesco Camassa, a poche ore dalla conclusione della gara. “Siamo orgogliosi di quello che abbiamo realizzato e del nostro bancone, così ricco e così capace di raccontare di noi e della nostra meravigliosa Italia”
L’incipit di questa gara carnivora La prima edizione di quella che è diventata la World Butcher’s Challenge si è svolta nel 2011 a Christchurch, Nuova Zelanda, con due squadre, composte da alcuni tra i migliori macellai di Australia e Nuova Zelanda, che hanno deciso di sfidarsi nella realizzazione di tagli pregiati e preparazioni gastronomiche di alto profilo, a partire da mezzene e entro un tempo limitato. La sfida è proseguita negli anni successivi, arricchendosi via via di nuove nazioni partecipanti e di un sempre più numeroso pubblico internazionale. Il 2018, a Belfast, Irlanda del Nord, è stato l’anno d’esordio dell’Italia.
Come si è svolta la gara? Nel corso della gara del 3 settembre i macellai hanno potuto utilizzare i loro condimenti, spezie, marinature e guarnizioni per i pronti a cuocere e preparati. Un team di giudici indipendenti ha avuto il compito di valutare tecniche e capacità, oltre al rispetto delle regole, assegnando un punteggio ai prodotti innovativi, che meglio rappresentano l’artigianalità della professione, oltre alla presentazione finale del banco carni.
A Sacramento nel gruppo di giuria è stato inserito un giudice proveniente da ciascun Paese in gara, che per ovvie ragioni non ha potuto assegnare un punteggio alla squadra della propria nazione.
Ogni squadra era composta da 6 macellai: non erano definiti ruoli prefissati, ciascun butcher nel corso della gara ha potuto muoversi come meglio riteneva opportuno. Generalmente le squadre si organizzano assegnando le fasi del lavoro che vanno dal taglio, disosso, lavorazione dei preparati e allestimento finale del banco carni.
Il Team Azzurro del WBC 2022Tutti i premiati del World Butchers’ Challenge 2022
World Champion WBC 2022
Campioni del mondo WBC 2022 Wolfpack Team Germania
Vincitori del trofeo Friedr. Dick Golden Knife
II classificati: Australia, Makani Australian Butcher Team
III classificati: Nuova Zelanda, The Hellers Sharp Blacks
World Champion Butcher Apprentice Campione del mondo Apprendista Macellaio Matt Tyquin (Australia)
II classificato: Fabian Schüttler (Germania)
III classificato: Ben Roberts (Galles)
World Champion Young Butcher Campione del mondo Giovani Macellai Gauthier Detres (Francia)
II classificato: Gareth Hunt (Australia)
III classificato: Claudio Fidone (Italia)
World’s Best Beef Product
Miglior preparato di manzo del mondo Team France Boucherie
World’s Best Pork Product Miglior preparato di suino del mondo Team GB Butchery (UK)
World’s Best Chicken Product Miglior preparato di pollo del mondo Nazionale Italiana Macellai (Italia)
World’s Best Lamb Product Miglior preparato di agnello del mondo Nazionale Italiana Macellai (Italia)
Devro World’s Best Beef Sausage Migliore salsiccia di manzo del mondo Devro Butchers of America (USA) & The Butcher Wolfpack (Germania)
Devro World’s Best Pork Sausage Migliore salsiccia di maiale del mondo Devro The Craft Butchers of Ireland (Irlanda)
Devro World’s Best Gourmet Sausage Migliore salsiccia gourmet del mondo Devro The Butcher Wolfpack (Germania)
La nostra Mara Labella, coach della Nazionale Italiana Macellai, elegantissima nella serata di gala, durante la premiazione del Miglior preparato di pollo.COTTA A BASSA TEMPERATURA
World Champion Young Butcher
I giovani butcher si sono sfidati venerdì 2 settembre nel World Champion Young Butcher a loro dedicato. Ecco alcuni scatti. In questa pagina, il primo classificato Gauthier Detres, del Team francese. Nella pagina a fianco alcuni momenti della competizione dei Young Butcher della Nazionale Italiana Macellai, composta da Marco Iuculano, Simone Di Ciano, Anna Moretti, Daniele Gargano e Claudio Fidone. Quest’ultimo è salito sul podio piazzandosi al terzo posto. Una bella soddisfazione per questi ragazzi che per la prima volta si sono confrontati con i colleghi e le colleghe in un palcoscenico internazionale di tale livello.Gli sponsor della Nazionale Italiana Macellai
Un grazie speciale va agli sponsor che sostengono l’avventura della Nazionale Italiana Macellai a Sacramento:
• Gruppo Vercelli – Il Vitello di Casa Vercelli (www.ilvitellodicasavercelli.com);
• Alitek – Celle di frollatura e stagionatura carni DRY AGER® (www.alitek.it).
• Gruppo AIA Veronesi – La Bottega AIA (labottega.aiafood.com);
• Coltellerie Sanelli (www.sanelli.com);
• Spichem (www.spichem.com);
• Gruppo Galli – Carne Sakura (www.gruppogalli.it);
• COM.FRI.ARR. Roma.
Jess Pryles perfetta padrona di casa Jess Pryles, cuoca, autrice di libri e personaggio televisivo specializzata in tutto ciò che riguarda la carne, è stata host della World Butchers Challenge 2022, World Champion Young Butcher e Butcher Apprentice competition. Nata e cresciuta in Australia, dal 2015 Jess vive a Austin, Texas e ha un business di utensili, accessori e seasoning per cotture BBQ col brand Hardcore Carnivore. Meat educator e meat influencer Jess Pryles non ama le etichette di genere: «dico sempre che non si tratta di essere un uomo o una donna, si tratta di chi è migliore per un dato lavoro e io mi sono impegnata per diventare la persona migliore per il mio lavoro. Devo però ammettere che sono davvero entusiasta di vedere così tante lady butcher nei vari team che hanno gareggiato quest’anno al WBC».
Una gara, due competizioni. Anzi, tre! Il World Butcher’s Challenge 2022 si è articolato in tre momenti di competizione: la prima ha coinvolto i giovani butcher che si sono sfidati venerdì 2 settembre nel World Champion Young Butcher, per lasciare poi il posto ai senior nella gara clou della mattinata di sabato 3 settembre. Domenica 4 settembre si è svolto anche il WBC Devro World’s Best Sausage Awards in una sessione di giudizio a porte chiuse. Le salsicce realizzate il giorno prima dai vari Team sono state giudicate in base all’aspetto/grana, gusto e aroma. L’edizione 2022 del World Butchers’ Challenge è stata sponsorizzata da GASCON CATTLE OF BENCH CREEK RANCH AND PROMEGA FOOD, DEVRO, FRIEDR. DICK, PURE BLACK BEEF, CUSH MAN & W AKEFIELD , L LANO S ECO , MARKSTEIN BEVERAGE COMPANY, MARY’S FREE-RANGE CHICKEN, STEMPLE CREEK RANCH e SUPERIOR FARM
Elena Benedetti >> Link: worldbutcherschallenge.com Orlando Di Mario, presidente della Nazionale Italiana Macellai e giudice a Sacramento dell’edizione 2022 del World Butchers’ Challenge.Agnello di Sardegna IGP sinonimo di sostenibilità e longevità
La Sardegna, oltre ad essere la terra dei centenari, è anche la prima regione del Mediterraneo in cui si pratica l’allevamento degli animali al pascolo. Aspetto quest’ultimo che caratterizza in modo determinante l’agnello di Sardegna IGP, che si nutre con il solo latte materno. Il 70% della superficie isolana è destinata al pascolo. Gli erbivori domestici traggono dalle essenze foraggere spontanee o coltivate oltre l’8% dei loro fabbisogni nutritivi. Questo rende inscindibile il legame dell’elevata qualità delle carni e dei derivati del latte dalle forme paesaggistiche in cui sono ottenuti. È provato scientificamente che i prodotti derivanti da animali che pascolano hanno effetti positivi sulla salute dell’uomo, perché sono ricchi di sostanze nutraceutiche (cioè forniscono un beneficio alla salute umana al di là del loro tradizionale ruolo nutritivo). E le pecore sarde, a differenza delle altre, hanno una predisposizione genetica che favorisce questo arricchimento dovuto all’azione di selezione del
pastore avvenuta nei millenni per quegli ovini che presentavano una più marcata attitudine al pascolamento. Queste sostanze sono trasferite all’uomo.
Il Cla (acido linoleico coniugato), contenuto nel latte, è trasferito completamente nella carne e nel formaggio senza perdite. La prova concreta l’abbiamo nell’alto numero di centenari. La Sardegna è, infatti, una delle cinque Blue Zone, area demografica e/o geografica del mondo in cui la speranza di vita è notevolmente più alta rispetto alla media mondiale. La pastorizia sarda ha effetti diretti sulla salute dell’uomo ma anche indiretti, grazie alla cura e alla gestione di questa vasta area di superficie destinata al pascolamento da parte degli oltre 12.000 pastori e delle loro famiglie. La pratica plurimillenaria della pastorizia ha forgiato i tratti salienti del paesaggio della Sardegna. Se scomparissero verrebbe compromesso anche il paesaggio sardo. Si perderebbe la biodiversità e la capacità economica del sistema.
L’allevamenti sardo è una pratica fortemente legate al territorio, in cui gli animali sono allevati all’aperto rispettando il benessere. «L’agnello di Sardegna IGP — afferma BATTISTA CUALBU, presidente del Consorzio di tutela dell’agnello di Sardegna IGP, che conta oltre 5.000 soci — è il simbolo e la sintesi del sistema pastorale sardo. È allevato secondo un Disciplinare che segue la millenaria tradizione, si nutre con il solo latte delle madri allevate al pascolo. Per questo la sua carne ha il sapore della Sardegna e veicola sostanze ad azione benefica dovute proprio al pascolamento di essenze erbacee naturali».
La sua carne bianca, molto tenera e magra, è estremamente digeribile e ricca di proteine nobili. Questo la rende particolarmente indicata nelle diete di tutti coloro che hanno bisogno di un alimento leggero ma ad alto valore energetico: ragazzi, sportivi, anziani, convalescenti. Ed è consigliata dai pediatri per lo svezzamento dei bambini. «In Sardegna — spiega
ALESSANDRO MAZZETTE, direttore del Consorzio — si alleva circa il 50% degli ovini italiani, un quinto dei quali sono marchiati IGP. L’agnello di Sardegna IGP rappresenta l’83% degli agnelli italiani IGP (il 66% degli agnelli da latte nazionali) e l’80% degli agnelli sardi (sono circa un milione quelli macellati ogni anno), il 25% dei quali è esportato in Spagna. Il 95% della produzione IGP pesa tra i 5 e gli 8,5 kg».
È presente sul 90% delle più importanti insegne nazionali in diversi tagli che ne valorizzano l’intera carcassa e vanno incontro alle nuove esigenze del mercato. «Il consumatore oggi è sempre più consapevole ed attento a ciò che porta a tavola, chiede qualità e origine» afferma il presidente del Consorzio dell’agnello di Sardegna IGP Battista Cualbu. «L’agnello IGP va incontro a queste esigenze ed infatti oggi oltre il 90% degli agnelli richiesti dalla grande distribuzione sono a marchio IGP».
Comunicazione e promozione
«In questi anni abbiamo investito tanto sulla promozione e valorizzazione del nostro prodotto — riferisce il presidente Cualbu — e recentemente ci siamo classificati secondi nel bando europeo Agri promotion, su 52 progetti approvati (142 quelli presentati) all’interno della linea Simple (affiancata alla linea Multi Programs in cui sono stati approvati altri 33 progetti).
Un podio a maggioranza italiana poiché al primo posto si è classificato il Consorzio Zampone e Cotechino Modena IGP: le due eccellenze italiane si sono posizionate davanti alle più importanti filiere di produzione agroalimentare europee.
Il nostro progetto ha ottenuto punteggi altissimi nella valutazione generale, nella pertinenza del progetto di promozione e nella qualità delle azioni da intraprendere. Ha ottenuto inoltre il massimo punteggio per la valutazione dell’impatto della campagna a livello europeo, “poiché il programma ha una portata significativa — si legge nella griglia di valutazione — e ha il potenziale di accrescere la domanda”.
Si tratta di un risultato che ci rende particolarmente orgogliosi, poiché per la prima volta il Contas ottiene un riconoscimento importantissimo a livello europeo. L’assegnazione del finanziamento non solo permette la realizzazione di azioni che hanno come obiettivo la crescita del settore e del prodotto stesso, ma rappresenta anche una certificazione importantissima al settore agropastorale sardo indirettamente riconosciuto come uno dei più sostenibili d’Europa».
«La campagna di promozione che abbiamo pensato e studiato per la partecipazione a questa importante gara è stata ritenuta idonea perché promuove un prodotto in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo» spiega il direttore Mazzette. «La nostra produzione è stata ritenuta dalla Commissione sostenibile e con un ruolo importante per ciò che riguarda il settore agroalimentare, e altrettanto importante per la sostenibilità climatica, ambientale ed economica della nostra Isola».
Consorzio di tutela dell’Agnello di Sardegna IGP Via Giovanni Maria Angioj 13 08015 Macomer (NU)
Telefono/Fax: 0785 70435
E-mail: info@agnellodisardegnaigp.eu info@agnellodisardegnaigp.it Web: agnellodisardegnaigp.eu
L’agnello di Sardegna IGP è il simbolo e la sintesi del sistema pastorale sardo. Allevato secondo un Disciplinare che segue la millenaria tradizione regionale, ha una carne col sapore della Sardegna.Blonde d’Aquitaine e SQNZ
La Blonde d’Aquitaine si è distinta a livello europeo per le sue numerose peculiarità, tra cui la facilità di allevamento e l’eccellenza della sua carne. Da decenni è allevata con una passione tramandata di generazione in generazione. Le sue qualità, garanzia di sicurezza alimentare e risultato del benessere animale, sono riconosciute non solo dai Label Rouge francesi, ma anche dall’italiano Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia (SQNZ)
SQNZ e MIPAAF
a difesa della qualità
Il Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia (SQNZ) nasce su volere del Parlamento europeo e del Consiglio. Ai sensi dell’art. 16 del Reg. UE n. 1305, è un regime di qualità volontario. Si tratta, in buona sostanza, di un regime riconosciuto dall’Unione Europea e strutturato secondo le sue linee guida al fine di guidare il consumatore nella scelta di prodotti di qualità superiore. Le sue radici
Il Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia a garanzia della pregiata razza, di origine francese ma 100% italianaLa volontà degli allevatori che aderiscono al Disciplinare del SQNZ è quello di adottare una dieta sana ed equilibrata per i loro animali. Il risultato è una carne di qualità eccellente, che si distingue per il giusto quantitativo di grasso e una tenerezza senza pari (photo © Paolo Ferrante, Altaluce).
BLONDE D’AQUITAINE
CARNE EUROPEA.
NATURALMENTE TENERA.
I vitelli Blonde d’Aquitaine crescono con le loro madri nei pascoli dei Pirenei francesi, dove si nutrono di latte ed erba per i primi mesi di vita.
Grazie alle loro eccellenti caratteristiche genetiche e ad una alimentazione accuratamente selezionata basata sui cereali, bilanciata dall’esperienza degli allevatori piemontesi, in grado di fornire performance superiori in allevamento ed elevate rese alla macellazione e al disosso, con una grande predisposizione a fornire tagli pregiati.
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UN’ECCELLENZA EUROPEA PER VERI INTENDITORI. | www.blonde-aquitaine.com
PER CONSIGLI SU UNA DIETA SANA ED EQUILIBRATA, CONSULTARE:
DA ALLEVAMENTI CERTIFICATI
CONSORZIO
CAMPAGNA FINANZIATA CON L’AIUTO DELL’UNIONE EUROPEAsono da ricercarsi in un decreto emanato già nel 2011 dal MIPAAF, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Stiamo parlando di un organo politico che rappresenta l’Italia dinanzi all’Unione Europea nelle materie di competenza ed è riconosciuto anche a livello internazionale. Esso si occupa della politica agricola, dell’agroalimentare, di pesca e acquacoltura, della preservazione di boschi e foreste, ma anche di frodi e sicurezza alimentare.
Tra gli obiettivi del MIPAAF si annovera quello di valorizzare e certificare prodotti agroalimentari con caratteristiche specifiche, oppure la cui fi liera si basa su particolari processi produttivi, o ancora con una qualità finale significativamente superiore rispetto alle norme commerciali. Proprio per questo nasce il SQNZ, un organo istituzionale che si occupa non solo della definizione delle linee guida da seguire per ottenere il riconoscimento, ma anche dell’effettivo controllo sul rispetto delle stesse.
SQNZ: una sigla, una garanzia
La sigla SQNZ va ad aggiungersi a quelle riconosciute dall’Unione Europea e già da tempo apprezzate dai consumatori, come DOP (Denominazione d’Origine Protetta) e IGP (Indicazione Geografica Protetta).
Certo, spesso le sigle confondono e non si riesce a comprenderne l’effettivo significato. Ciononostante, esse hanno un obiettivo comune: certificare la qualità del prodotto per orientare il consumatore a una scelta consapevole. Inoltre, tali sigle giocano un altro ruolo fondamentale: consentono ai prodotti di uscire dall’anonimato. Sul bancone del supermercato, infatti, si trovano schiere di prodotti indistinti. Al contrario, i marchi riconosciuti a livello europeo, con i loro loghi inconfondibili, permettono al consumatore finale di individuare facilmente i prodotti controllati e di qualità direttamente al momento dell’acquisto. Le sigle, coi relativi loghi, sono di fatto garanzia di un certo tipo di filiera, improntata alla
qualità e rigidamente controllata. In particolare, il SQNZ ha approvato sotto il suo marchio-ombrello una serie di Disciplinari che regolano produzioni di qualità in diversi ambiti, nello specifico “Vitellone e Scottona ai cereali”, “Fassone di Razza Piemontese”, “Bovino Podolico al Pascolo” e “Uovo + Qualità ai cereali”.
Vitellone e scottona ai cereali: l’alimentazione è il segreto dell’eccellenza
Gli allevatori di Blonde d’Aquitaine in Piemonte aderiscono al disciplinare “Vitellone e Scottona ai Cereali”, approvato dal SQNZ. Con riferimento a tale regolamento, sono doverose innanzitutto alcune precisazioni terminologiche. Il termine “scottona”, infatti, non si riferisce, come si usa nel linguaggio comune, ad un tipo di carne, bensì ad un bovino femmina che non ha mai partorito. Per “vitellone” si intende, in gergo tecnico, un maschio tra i 12 e i 24 mesi d’età. Si tratta, in entrambi i casi, di bovini la cui
Asprocarne Piemonte è un’organizzazione italiana di produttori di bovini da carne, che opera sull’intero territorio della Regione Piemonte, costituita nel 1985 sulla base di un’apposita normativa comunitaria. Oggi Asprocarne conta circa 500 soci, che allevano oltre 130.000 bovini da carne di razze italiane ed estere e che rappresentano il 25% della produzione regionale. Asprocarne Piemonte rappresenta il volto dei produttori piemontesi di carne bovina sul mercato. E ha come obbiettivo quello di migliorare, qualificare, promuovere, valorizzare e commercializzare le carni prodotte dagli allevatori associati.
www.asprocarne.com
France Blonde d’Aquitaine Sélection è un’associazione francese incaricata dal Ministero dell’Agricoltura che ha il compito di curare la selezione genetica della Blonde d’Aquitaine per migliorarne le qualità originali, la sua morfologia e le performance dei capi. Si occupa inoltre di mantenere aggiornato il Libro Genealogico della razza, di certificare i capi riproduttori selezionati e di assicurare gli interessi generali degli allevatori attraverso l’organizzazione di eventi specifici e implementando attività di promozione sul territorio.
www.blonde-aquitaine.com
Il Consorzio Sigillo Italiano, riconosciuto con Decreto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali n. 828 del 28.02.2018, è un Consorzio di valorizzazione dei prodotti ottenuti grazie all’adozione dei Disciplinari approvati all’interno dei Sistemi di Qualità Nazionale in Zootecnia (SQNZ). Gli allevamenti piemontesi che partecipano al progetto aderiscono al Disciplinare del “Vitellone e Scottona ai cereali” e sono rappresentati all’interno del Consorzio dall’Asprocarne Piemonte. sigilloitaliano.it
carne si distingue per tenerezza e gusto intenso. Si parla, infine, di vitellone e scottona “ai cereali” con riferimento al fatto che gli animali seguono una dieta equilibrata e priva di grassi animali aggiunti. Come si suol dire, siamo quel che mangiamo, e lo stesso vale per gli animali. Non a caso i bovini allevati secondo il disciplinare “Vitellone e Scottona ai Cereali”, come quelli di razza Blonde d’Aquitaine, sono nutriti unicamente con prodotti di origine vegetale. Oltretutto, la dieta viene adattata all’età del bovino. In particolare, nella prima fase di adattamento essa è a base di cereali, come mais, orzo e grano. Segue la fase di ingrasso, durante la quale viene incrementato il contenuto di proteine e amidi. L’ultima fase è quella del finissaggio, con la quale si aumenta il grasso intramuscolare grazie agli zuccheri. L’obiettivo degli allevatori che aderiscono al Disciplinare del SQNZ è quello di adottare una dieta sana ed equilibrata per i loro animali. Il risultato è una carne di qualità eccellente, che si distingue per il giusto quantitativo di grasso e una tenerezza senza pari
Consorzio Sigillo Italiano: approvato dal SQNZ Nel 2018 il MIPAAF ha emanato un decreto di riconoscimento del Consorzio Sigillo Italiano. Si tratta di un marchio finalizzato a promuovere la qualità approvata dal SQNZ tra i consumatori. Uno degli obiettivi, infatti, è proprio di fornire un marchio ben riconoscibile, che si faccia garante di qualità sugli scaffali dei negozi prima ancora che il consumatore legga le minuscole etichette. La vera mission del Consorzio, ideato e promosso dagli allevatori stessi, è il benessereanimale. Ambienti protetti, una dieta sana ed equilibrata, una filiera controllata e tracciabile, nonché la grande passione degli allevatori sono, infatti, il primo passo verso un prodotto finito eccellente. Proprio per questo motivo gli allevatori di Blonde d’Aquitaine che
aderiscono al Consorzio mettono a disposizione degli animali stalle ampie e spaziose, acqua pulita, alimenti di prima scelta e prevedono controlli veterinari di routine.
Asprocarne Piemonte: missione qualità Oltre 200 allevatori appartenenti al circuito Asprocarne Piemonte sono stati tra i primi in Italia a ottenere la certificazione del SQNZ. Nato nel 1985, il suo scopo è quello di valorizzare e commercializzare le carni bovine prodotte dai soci. Da più di 35 anni Asprocarne Piemonte si batte per la trasparenza dei prodotti degli allevatori del circuito, puntando sulla tracciabilità e sull’informazione del consumatore.
Naturalmente tenera
Da gennaio 2020 è in corso il progetto di promozione “Blonde d’Aquitaine: European Beef Excellence”, gestito da ASPROCARNE PIEMONTE in collaborazione con FRANCE BLONDE D’AQUITAINE SÉLECTION e co-finanziato dalla UE nell’ambito del Reg. (UE) 1144/2014. Il loro fine è quello di promuovere la conoscenza della razza bovina Blonde d’Aquitaine. Si tratta di una razza esportata in tutto il mondo e nota per la qualità della sua carne — come dice lo slogan — naturalmente tenera
• Info: www.blonde-aquitaine.com
• E-mail: info@blonde-aquitaine.com
• Blonde d’Aquitaine: European Beef Excellence
• blonde.aquitaine
Il contenuto di questa campagna promozionale rappresenta soltanto le opinioni dell’autore ed è di sua esclusiva responsabilità. La Commissione europea e l’Agenzia esecutiva europea per la ricerca (REA) non accettano alcuna responsabilità riguardo al possibile uso delle informazioni che include.
Vuoi conoscere il disciplinare “Vitellone e Scottona ai Cereali”? Scannerizza il QR codePhoto © Paolo Ferrante, Altaluce
El Cochinillo di Segovia
di Riccardo LagorioQuelli d’età compresa tra i 40 e i 50 anni sono cresciuti con l’idea che un certo tonno si potesse recidere con un grissino. Del tutto inconsapevoli che un porco, benché di piccola taglia, un lattonzolo, si potesse fare a pezzi con un piatto. Il cochinillo, così si chiama in Spagna, il Paese che più ama i lattonzoli, è particolarmente apprezzato nella provincia di Segovia, a nord-ovest di Madrid, per le carni assai tenere e la cotenna croccante.
Segovia si trova sulla strada verso la capitale e nei secoli è stata passaggio obbligato per molti dignitari diretti a corte. Risulta normale che le osterie e le locande facessero di tutto per procurarsi il maggior numero di clienti con pietanze e specialità culinarie. Nel 1941 iniziò ad operare CÁNDIDO LÓPEZ, diventato in seguito uno dei cuochi più popolari di Spagna. Egli deliziava i propri clienti con stufati d’agnello, agnello al forno cucinato in tegami di terracotta (allo stile di Sepúlveda, un grazioso centro non distante da Segovia), i fagioloni bianchi di La Granja serviti con orecchie e zampetti di maialino e, appunto, il lattonzolo arrosto. L’intraprendenza di López lo portò a dimostrare quanto fosse tenera la carne, dando luogo alla tradizione consolidata di sezionare il lattonzolo con l’orlo del piatto. Del resto la gastronomia segoviana è bene nota nel resto della Spagna per i suoi ingredienti dal sapore forte e provenienti da materie prime genuine.
Per valorizzare il lattonzolo la Asociación para la Promoción del Cochinillo de Segovia , con l’aiuto della Comunità Autonoma di Castiglia e León, ha depositato il marchio collettivo Cochinillo de Segovia. Il marchio è in disponibilità di tutti coloro che partecipano alla
Jorge Bernabé Llorente, direttore generale dell’azienda spagnola El Cochinillo segoviano.La caratteristica del cochinillo a fine cottura deve essere quella di avere una pelle sottile, d’aspetto dorato e croccante esternamente mentre la carne rimane tenera, succulenta e saporita.
filiera, dall’allevatore, al grossista, ai mattatoi, ai ristoratori, che insieme hanno il compito di rivitalizzare e stimolare il consumo del cochinillo di Segovia.
Esistono alcuni parametri minimi ai quali il prodotto deve sottostare affinché sul mercato siano presenti capi omogenei e con qualità precise. Tali proprietà vanno dalla nascita alla distribuzione e vendita ad iniziare dal latte materno, di scrofe nate e allevate con le pasture segoviane. Il peso vivo per la commercializzazione può oscillare tra 4,5 e 6,5 kg, per un’età che non può eccedere le tre settimane. L’alimentazione del cochinillo deve essere esclusivamente di latte materno. La carcassa è messa in vendita intera entro sei giorni dalla macellazione. In ragione dell’età, la pelle è bianca, limpida e omogenea, la carne rosa e il profumo di carne fresca, caratteristica di un animale lattante. La consistenza della carne è soda ma non dura.
Qualora si prepari arrosto con legna locale, si presume che l’animale sia intero e non venga riscaldato una volta cucinato. All’inizio delle operazioni di cottura l’animale viene messo di spalle e si apre lungo
la colonna vertebrale in una casseruola di terracotta con acqua e poco strutto. Trascorse almeno tre ore, la caratteristica esterna dev’essere quella di avere una pelle sottile, d’aspetto dorato e croccante mentre a termine cottura la carne è tenera, succulenta e saporita.
Tra le società che mettono in commercio i lattonzoli, anche arrosto e sottovuoto, bisogna annoverare EL COCHINILLO SEGOVIANO (telefono: +34 921101919; info@cochinillosegoviano.com, cochinillosegoviano. com). Cercando di adattare la tradizione alle necessità delle famiglie di oggi propone da qualche tempo il lattonzolo intero, in quarti o in carré all’interno di una busta che contiene anche la salsa pronta all’uso. L’approvvigionamento degli animali avviene nei centri rurali intorno a Segovia, in circa 40 fattorie che in questo modo possono continuare la tradizione dell’allevamento dei suinetti. Ne vengono macellati circa 15.000 al mese e servono 14 Paesi, tra i quali l’Italia. Oltre alle modalità tradizionali di presentare i lattonzoli, preparano anche costolette fresche, da grigliare. Da tagliare con un grissino Riccardo Lagorio
Alla Fattoria Zivieri con Chef… al Massimo
Èstata una bellissima domenica di inizio settembre quella dedicata a celebrare finalmente di nuovo in presenza (dopo due anni di sospensione per Covid) la XII edizione di Chef… al Massimo, una giornata di festa che ha richiamato ben 1200! amanti della buona carne alla Fattoria Zivieri di Sasso Marconi (BO). Una giornata, questa, promossa da ALDO, FABRIZIO, ELENA e STEFANO ZIVIERI per ricordare il fratello MASSIMO, scomparso prematuramente a 37 anni. «Il dolore e la perdita di una persona così speciale ed unica potevano essere resi meno terribili dall’idea di dedicare un giorno, la prima domenica di settembre, per fare una festa, una festa per Massimo. La sua incontenibile voglia e gioia di vivere potevano infatti essere ricordate
solo in questo modo» spiegano i fratelli sulle pagine del sito dedicato all’evento, chefalmassimo.it. E dato che Massimo aveva tantissimi amici chef, ecco l’idea ogni anno di coinvolgere anche loro per interpretare, attraverso quattro menù, la carne degli Zivieri, una carne che ha alla base una filiera controllata e il benessere dei suoi animali.
Tra i 12 chef di questa edizione R ICCARDO F ORAPANI del Cavallino (Maranello, MO), FABIO FIORE di QuantoBasta (BO), M ASSIMILIA NO P OGGI di Massimiliano Poggi Cucina (Trebbo di Reno, BO), ALICE DELCOURT di Erba Brusca (Milano), ISABELLA LAZZERINI DENCHI del ristorante Lo Scoglietto (Livorno) e JACOPO BRAMINI e RICCARDO CEC CHETTI della Salumeria Roscioli (Roma).
Fattoria Zivieri, nello splendido contesto naturalistico della piana delle Lagune di Sasso Marconi, è stata la sede perfetta per accogliere gli amici della famiglia Zivieri e i buongustai che hanno potuto godere di quattro punti di ristoro in questo grande ristorante all’aria aperta da cui si può ammirare uno dei panorami più suggestivi dell’Appennino bolognese.
Un luogo speciale “fatto di collina, di agricoltura e di animali. Di ospitalità nella natura. Di cibo buono e di pace, ricercata, ritrovata” come disse qualche tempo fa Aldo Zivieri all’inaugurazione della Fattoria. Un sogno nato da lontano e che oggi è realtà ed è perfetto per ricordare Massimo.
>> Link: www.fattoriazivieri.it
In alto: una bella giornata di fine estate ha premiato i 1.200 ospiti che con ampio anticipo avevano prenotato tutti i posti disponibili di quel grande ristorante all’aria aperta che è Fattoria Zivieri e nei cui ampi spazi si svolge accoglienza, ristorazione, allevamento, soggiorni a contatto con la natura, escursioni e laboratori. Ma anche recupero della manualità e dei vecchi mestieri della tradizione contadina. A sinistra: Aldo Zivieri.
Razze in pericolo: il caso della vacca Sardo-Modicana
di Chiara PapottiTra i pascoli del Montiferru si respira un profumo dolce e delicato, insolito per la macchia mediterranea, dove tutto è forte, intenso. Il merito va a piccoli fiori bianchi, dai lunghi peduncoli, simili allo scoppio di un fuoco d’artificio. È il mirto, l’ultimo fiore che sboccia in Sardegna, quasi a concludere il lungo inverno. I prati sono interrotti soltanto dalle nere pietre di lava, che disegnano un reticolo di muretti a secco, e dal colore rosso rame delle Sardo Modicane: vacche selvagge e
rustiche che vivono brade tutto l’anno, estate e inverno, giorno e notte. Tra le colline che annunciano paesaggi più aspri, natura e tradizioni si incontrano a tavola, sorseggiando liquori al mirto, mentre si apprezzano carni pregiate bollite, arrosto e allo spiedo.
La Sardo Modicana deriva dall’incrocio fra tori di razza Modicana, la cui importazione dalla Sicilia ebbe inizio sul finire del 1800, e le vacche sarde della Sardegna centromeridionale. L’incrocio, voluto per
migliorare l’attitudine al lavoro, ha nel tempo trasformato la razza sarda, già allevata in pianura e sulle montagne dell’area Sud-Occidentale, in una nuova popolazione, molto simile per caratteristiche alla razza Modicana. Ecco perché, ancora oggi, mantiene il doppio nome.
I capi al pascolo sono molto limitati, si parla di circa 3.000 esemplari, e per questo motivo il loro mercato è prevalentemente locale, nonostante l’elevata qualità del latte e della carne che producono.
fra tori di razza Modicana e vacche della popolazione autoctona della Sardegna meridionale (photo © Ivo Piras, www.biodiversitasardegna.it).Fino ai primi anni del Novecento le Sardo Modicane erano molto apprezzate in Francia, sul più sciovinista dei mercati, ma poi è cominciato il declino.
Negli anni Cinquanta e Sessanta, con la meccanizzazione e l’importazione di razze estere, la disponibilità si è ridotta radicalmente, a tal punto da rischiare l’estinzione. Per questo motivo Slow Food nel 2004 ha voluto fortemente inserire la razza Sarda Modicana tra i presidi. Nel 2002 è nato anche un consorzio ad hoc, il Consorzio del Bue Rosso, con circa una quarantina di aderenti, ma oggi il loro numero è più che dimezzato.
I pochi allevatori rimasti sono molto preoccupati sul futuro dei loro amati animali e hanno defi-
nito una convenzione con alcune macellerie sul territorio regionale, approntando un sistema di etichettatura volontaria che garantisca l’origine e la tracciabilità di filiera. Sono, inoltre, impegnati nella pianificazione, concentrazione, valorizzazione e commercializzazione delle produzioni di carni bovine dei propri associati perché, purtroppo, nonostante il passare degli anni, la Sardo Modicana rimane iscritta nel registro anagrafico delle razze bovine autoctone a limitata diffusione.
Il Disciplinare del presidio prevede che i vitellini siano allattati dalla madre fino all’età dello svezzamento e che, poi, si nutrano con sole erbe da pascolo, dagli arbusti della macchia mediterranea
(olivastro, corbezzolo e lentisco), dalle foglie degli alberi (leccio e roverella) e dalle stoppie dei cereali. Quasi esclusivamente nei mesi invernali viene praticata l’integrazione alimentare con fieno e/o paglia, normalmente di provenienza aziendale, e concentrati.
Prima della macellazione è previsto un periodo di finissaggio: gli animali sono ingrassati in stalla per circa due mesi secondo una regola che esclude insilati, mangimi di origine animale e composti con OGM. L’alimentazione, la qualità ambientale del territorio, nonché la tecnica di allevamento semi-brado sono i requisiti fondamentali per rendere la Sardo Modicana una tra le razze più pregiate sul mercato.
Dal latte della Sardo Modicana si ottiene un formaggio a pasta filata dal sapore straordinario, anch’esso presidio Slow Food: il Casizolu, una rara eccezione — in una terra di pecore e di pecorini — di un antico e pregiato formaggio a latte di vacca. Per produrlo il lavoro è lungo e faticoso, rovina le mani e costringe a levatacce. Dopo aver aggiunto il caglio e preparato la rottura della cagliata bisogna aspettare il punto esatto di fermentazione lattica, che può essere di sera, la notte, all’alba. Solo allora si può procedere alla filatura, riscaldando pezzi di cagliata in acqua calda per far filare la pasta e poi modellandola in acqua fredda.
Fino ai primi anni del ’900 le Sardo Modicane erano molto apprezzate in Francia, sul più sciovinista dei mercati, poi è cominciato il declino. Negli anni ’50 e ’60, con la meccanizzazione e l’importazione di razze estere, la disponibilità si è ridotta radicalmente, a tal punto da rischiare l’estinzione. Per questo motivo Slow Food nel 2004 ha voluto fortemente inserire la razza tra i presidi
L’acqua bianca di siero non si getta: s’abbagasu è un brodo gustoso per profumare le tradizionali minestre sarde. Una volta modellato, il Casizolu va seguito con molta cura: prima è adagiato su un canovaccio (oppure in un cesto di crusca) perché non si rovini la forma, poi — dopo due o tre giorni — viene appeso al soffitto e riposto in cantina. Generalmente viene consumato fresco dopo solo una settimana di stagionatura, ma dopo circa due mesi può essere anche un ottimo formaggio da grattugia.
La carne del Bue Rosso, invece, si cucina in diversi modi. Una delle ricette più apprezzate che la vede protagonista è nella versione del petza in brou: carne bollita con timo,
Toro di razza Sardo Modicana, foresta di Burgos (photo © Ivo Piras, www. biodiversitasardegna.it).origano, menta, finocchio selvatico, uno o due pomodori secchi, patate e cipolle rosse. In inverno si condisce con olio extravergine del Montiferru e si serve molto calda; in estate, invece, si può trovare servita fredda, accompagnata da insalata verde, patate lesse, pomodorini, peperoni e cetrioli.
Altro piatto che si fa ricordare sono le bombas (polpette); in questo caso la carne tritata di Sardo Modicana viene lavorata con aglio, prezzemolo, pane grattugiato e uova sbattute. L’impasto ottenuto si arricchisce poi con sale, pepe nero, noce moscata e circa quattro cucchiai di Casizolu grattugiato. Le polpette così ottenute vengono fritte in abbondante olio d’oliva e, infine, ripassate per qualche minuto sul fuoco affogate in un sugo di pomodoro fresco: un’esperienza gastronomica da leccarsi i baffi!
Per i puristi la carne di Sardo Modicana andrebbe consumata cruda, dopo la dovuta frollatura, o dopo una veloce cottura per mantenerla al sangue.
Il suo colore rosso vivo stupisce ad un primo sguardo, ma è al palato che esalta le sue caratteristiche migliori: tenera e ben equilibrata, se ben allevata e lavorata non necessita di alcuna aggiunta di sapore. Un vero peccato sarebbe non godere più a lungo di una eccellenza così insolita.
Nei comuni interessati all’allevamento della Sardo Modicana (Bonarcado, Cuglieri, Seneghe, Santulussurgiu, Sennariolo, Scano Montiferro, Paulilatino, Sindia, Tresnuraghes, Narbolia, Macomer, Norbello, Abbasanta, Milis, Bauladu e Borore) ai produttori non resta, dunque, che aggrapparsi alla forza del presidio per salvaguardare la razza e valorizzarla fuori della zona di produzione del Montiferru. A noi il compito di parlarne, stuzzicare la curiosità ed invitare tutti all’assaggio di una carne fuori dall’ordinario.
Chiara Papotti STAMPI PIANTANEFacciamo il punto sulla carne di coniglio
L’Italia è tra i primi cinque produttori di carne di coniglio al mondo; tuttavia, il consumo di coniglio negli ultimi anni è diminuito. Uno studio dell’Osservatorio dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie (IZSVe) ha indagato le conoscenze e le percezioni dei consumatori sulla produzione e il consumo di carne di coniglio e sul benessere animale in allevamento.
Conoscenze e percezione dei consumatori, consumi in calo I dati raccolti confermano un basso consumo di carne di coniglio tra gli Italiani, con un trend in diminuzione negli ultimi anni. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica FOODS. Durante la prima fase della ricerca sono stati realizzati 4 focus group che hanno coinvolto un campione di 32 consumatori di carne di coniglio, suddivisi in base all’età (<50; >50) e alla frequenza di consumo (occasionale o abituale). La seconda fase del progetto ha previsto la
realizzazione di una survey nazionale on-line indirizzata a 1.001 consumatori di carne selezionati per genere, classi di età e area geografica di residenza.
Rispetto alle altre tipologie di carne (pollame, carne bovina e carne suina) i dati raccolti confermano un basso consumo di carne di coniglio: ogni tanto (1-2 volte al mese) il 28,8%, raramente (1-2 volte l’anno) il 32,1%.
La percezione del coniglio come animale da compagnia (pet), nuovi cambiamenti nello stile di vita e abitudini alimentari dei consumatori possono essere considerate tra i principali fattori che orientano questo trend.
Le modalità di preparazione e cottura, descritte come lunghe e laboriose, emergono come ulteriore eventuale difficoltà al consumo del coniglio. Inoltre, si delinea una crescente attenzione e importanza alle questioni etiche relative al benessere degli animali in allevamento.
Circa la metà degli intervistati acquista la carne di coniglio prevalentemente nei supermercati (60,4%) o in macelleria (27,8%); pochi invece quelli che comprano direttamente dall’allevatore e ai mercati di strada.
L’allevamento di tipo industriale è associato dal consumatore ad un’immagine negativa per l’animale, mentre quello rurale/domestico è indicato come tipologia di allevamento in cui è possibile applicare misure di benessere animale che migliorano la qualità organolettica e la sicurezza della carne.
I consumatori si dichiarano favorevoli a pagare ad un prezzo leggermente più elevato per la carne di coniglio, indipendentemente dal costo finale, qualora nell’allevamento di provenienza venissero garantite in primo luogo “misure per la riduzione dell’uso di antibiotici” (70,1%) e, a seguire, “misure rivolte a ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti” (56,7%), “misure per l’azione di
sistemi di allevamento alternativi rispetto a quello intensivo” (55,5%) e attraverso l’implementazione di “condizioni che tutelino il benessere dell’animale” (50,4%).
Circa un terzo degli intervistati non sa come avvenga l’allevamento del coniglio a livello industriale; di questi il 41,6% non consuma carne di coniglio.
La gabbia è stata identificata dai partecipanti come la modalità principale di allevamento dei conigli. Inoltre, è stata associata all’uso di mangimi industriali e abuso di antibiotici. Sono emerse anche analogie tra i metodi di allevamento industriale di coniglio e pollame, entrambi definiti sovraffollati e poco puliti.
Il contrasto tra allevamento industriale, definito dai consumatori come intensivo, e quella non industriale, inteso come domestico ed estensivo, è emersa con chiarezza anche durante i focus group. I consumatori più anziani associano immagini maggiormente positive
alle modalità di allevamento estensive-domestiche rispetto a quelle industriali-intensive.
I consumatori più giovani, discutendo sulle ragioni che incoraggiano i consumatori a scegliere prodotti che provengono da allevamenti con standard di benessere animale, hanno convenuto che tale scelta è principalmente legata alla tutela della salute dei consumatori, in quanto gli animali allevati secondo benessere animale sono percepiti come sani e la loro carne è considerata più sicura e di alta qualità.
Fra coloro che acquistano carne di coniglio, molti cercano informazioni sui metodi di allevamento in etichetta (44,1%), che risulta essere lo strumento più utilizzato, oppure chiedendo direttamente al venditore/allevatore (25,2%); il 28,4% dichiara di non cercare informazioni.
I risultati ottenuti potrebbero essere utili al settore della produzione di carne di coniglio nel riconoscere
le richieste dei consumatori e sensibilizzare gli operatori sull’uso di sistemi di allevamento basati sul benessere degli animali. Questo potrebbe avere ricadute positive non solo per i produttori stessi, ma anche per i consumatori e gli animali allevati. L’adozione di metodi di allevamento alternativi (ad esempio, nuove gabbie più ampie) e il miglioramento delle condizioni ambientali degli animali contribuirebbero attivamente allo sviluppo di una percezione positiva dei consumatori rispetto alle modalità di allevamento del coniglio.
L’utilizzo inoltre di un’etichetta contenente maggiori informazioni sulle modalità di allevamento e sugli standard di benessere animale potrebbe essere un valido strumento per incrementare la fiducia del consumatore nei confronti dell’intera filiera.
Fonte: S.I.Ve.M.P. Sindacato Italiano Veterinari Medicina Pubblica. sivemp.it
Batticarne: il sogno di Jonny diventato realtà
di Elisa GuizzoJONNY DI MARCO è un giovane estroso con stoffa da vendere che comincia la gavetta molto presto dividendo le sue giornate tra i libri di scuola e il reparto tripperia del macello di Cecina. Oggi, insieme alla sua famiglia, gestisce una delle macellerie più belle della provincia di Livorno: il Batticarne.
Ma partiamo dagli inizi, quando Jonny, durante le pause scolastiche, andava ad aiutare mamma Teresa e babbo Maurizio che, al tempo, gestivano il mattatoio comunale di Cecina: «I miei genitori hanno sempre sostenuto che io fossi la mente e loro la forza ammirando
le mie potenzialità, questo è stato lo stimolo che mi ha permesso di arrivare fin qui». Nel 2007, terminati gli studi con la maturità, si dedica completamente alle attività del macello, cominciando dai lavori più umili come il lavaggio delle budella, lo scarico del bestiame, la scuoiatura, la pesatura delle carcasse sino alla loro dislocazione nelle celle di refrigerazione.
Jonny ruba con gli occhi ed apprende qualsiasi particolare che lo possa far diventare un vero professionista. Dopo un anno di intenso lavoro, a soli 19 anni, prende in mano le redini della gestione del
macello di Cecina. «Macellavamo circa una trentina di bovini a settimana, oltre a suini, ovini, caprini e selvaggina da pelo».
Jonny è anche un esperto classificatore di carcasse bovine e suine. La classificazione SEUROP permette agli operatori di definire il valore commerciale di mezzene e quarti. Nel caso dei bovini, ad esempio, vengono presi in considerazione i seguenti criteri: il sesso, l’età dell’animale, lo sviluppo muscolare e la quantità e distribuzione del grasso visibile. La griglia SEUROP è stata introdotta in Europa dal 1981 nel settore bovino e nel 1984 invece in quello suino.
Arriviamo al 2015, quando Jonny rileva un piccolo negozio, soli 40 m2, nel centro di Cecina. «A Cecina non c’era una macelleria che servisse carni locali e così ho pensato di aprirne una». Il negozio rilevato era di proprietà di un norcino conosciuto al mattatoio, Claudio, dal quale Jonny ha appreso molto del suo sapere, come l’antica arte della norcineria o come scegliere il bestiame da avviare al macello. Jonny ricorda con aria malinconica l’amico e maestro Claudio a pochi mesi dalla sua scomparsa.
La piccola macelleria intanto comincia a prendere vita e, grazie al passaparola, ben presto diventa il punto di riferimento dei ristoratori livornesi e di coloro che della qualità ne hanno fatto una questione di vita come del resto Jonny.
Non si può dire di certo che questo talentuoso giovane toscano abbia una mente statica, anzi, piuttosto acrobatica, al punto da portarlo a formulare idee e progetti più grandi di quel piccolo negozio. Ed è così che, nel 2016, un’insolita mattina
Jonny Di Marco, titolare con la famiglia di Batticarne di Cecina.il destino lo porta in via Napoli, sempre a Cecina. Dinnanzi a lui due grandi vetrate di un negozio di abbigliamento su cui campeggia la scritta “Affittasi”. «Mentre osservavo quel negozio ci vedevo già il mio ristorante, lo sognavo ad occhi aperti». Nel 2017 cominciano i primi lavori di ristrutturazione: «volevo creare
la semplicità delle macellerie di un tempo, la convivialità e l’autenticità della filiera corta».
Batticarne evoca la profondità delle vecchie macellerie con le mattonelle bianche, i piani di marmo, la finestrella che si affaccia sulla cella di frollatura; la sala di lavorazione e la cucina sono completamente
a vista, «e questo impreziosisce il nostro operato rendendolo trasparente» racconta.
Oggi i clienti possono ammirare un’esposizione delle carni al banco frigo fatta di mille sfumature di rosso, non solo, dalla cella di frollatura è possibile ammirare anche splendidi lombi bovini.
Batticarne è macelleria con cucina con carni selezionate.La battuta ricavata dai tagli del petto e della spalla bovina.
Sono stati anni difficili per la famiglia Di Marco, non solo per lo sforzo economico particolarmente ingente ma anche per il carico di lavoro: «non ci siamo dati per vinti, nel nostro periodo più difficile abbiamo intensificato la clientela che ci ha regalato un valore importante: la fiducia».
Nel 2020, malgrado la pandemia, Jonny inaugura il Batticarne un locale di 200 m2. Perché l’avete chiamato Batticarne? «Il batticarne simboleggia l’antica macelleria artigiana, è l’emblema di un mestiere nobile, antico e rispettoso».
Batticarne non è solo una macelleria, è qualcosa di più: disposti a sinistra del banco frigo troviamo numerosi tavolini contornati da sedie tinte di giallo e di rosso, che danno forma e gioia alla sala dove è
possibile accomodarsi e gustare un ricco e prelibato menù carnivoro. In sala troviamo Simon, fratello di Jonny, il sommelier della famiglia, che si occupa di selezionare le migliori etichette da abbinare alla ciccia; Simon gestisce il servizio di sala, così come mamma Teresa, la colonna portante della famiglia nonché il tutto fare che si sposta dalla sala al banco frigo della macelleria sino alla cucina come aiuto chef. Babbo Maurizio invece è dedito alle consegne della carne e al trasporto delle mezzene.
Al Batticarne si lavorano carni locali, «non abbiamo una preferenza per una razza particolare» spiega Jonny. Certo, trovandoci nel regno della Chianina ci si aspetta di trovarla come protagonista indiscussa a menù e invece Jonny dà
la precedenza anche ad altre razze meno note. «Seleziono in base ai criteri di allevamento e alimentazione, poiché tutto dipende dalle scelte che gli allevatori compiono, ad esempio preferisco la carne di bovini alimentati a secco, senza l’impiego di insilati». Il menu è un percorso sensoriale strepitoso, tra gli antipasti il crostino di pane nero abbinato a marmellata di Cinta al tartufo, la lasagna con ragù di Chianina come primo piatto e una sfiziosa sezione di hamburger di carni locali. «Abbiamo imparato a vendere l’anteriore anche ad agosto dove troviamo i tagli più gustosi oltre che economici; la nostra battuta la ricaviamo coi tagli del petto e della spalla del bovino, la tagliata invece la facciamo col cappello del prete e con la pancia ci facciamo la Rosticciana, realizzata con le quattro coste del bovino marinate per 36 ore con erbe e spezie e poi cucinate a bassa temperatura per 24 ore.» Al Batticarne si può pranzare e cenare dal lunedì al sabato.
Jonny ama le frollature piuttosto prolungate e lo dimostra facendomi vedere una lombata di Bue maremmano frollato tre anni che inneggia come un trofeo. «Non esiste una legge sui tempi di frollatura» mi spiega Jonny. «Certo la materia prima di partenza assume un’importanza estrema ed è influenzata dalla vita che l’animale ha condotto e da ciò che ha mangiato». Se si parte da un’eccellenza quindi si avrà un prodotto finale altrettanto eccellente; viceversa, se la qualità della materia prima risulta scadente non possiamo pretendere che tale processo renda migliore la carne. La frollatura non fa miracoli.
Quale futuro per Batticarne ? «Vorrei portare questo concept in più parti d’Italia, Cecina è solo un punto di partenza». E nel salutarci, con tono bischero mi sussurra: vincerà la ciccia!
Elisa GuizzoBatticarne Macelleria con cucina Via Napoli 22 – 57023 Cecina (LI) Telefono: 0586 018091 – 328 7127154 E-mail: macelleriadm@hotmail.it batticarne.cecina
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“Julienne” Di Bresaola di Equino Sfilacci di Equino Sfilacci di ManzoSfilacci di Tacchino Bresaola di Equino Salame di EquinoAssorbimento proteine: il pollo vince sul plant-based
Le proteine della carne finta vegetale non vengono assorbite dalle cellule intestinali umane come succede invece con la carne naturale. Uno studio lo ribadisce mettendo a confronto carne di pollo e prodotti iper-processati plant-based
di Susanna BramanteIsostituti vegetali della carne e dei prodotti di origine animale sono sempre più diffusi e popolari tra chi vuole abbracciare una dieta completamente a base vegetale. Cominciano ad essere numerosi però gli studi (www.carnisostenibili.it/i-sostituti-vegetali-della-carne-non-le-sono-equivalenti) che evidenziano in modo chiaro e inequivocabile che questi prodotti
fake non riescono a sostituire dal punto di vista nutrizionale i prodotti originali che tentano di imitare e non sono né salutari, né più sostenibili per l’ambiente.
Arriva, a riguardo, l’ennesimo studio che si propone di valutare il grado di assorbimento delle proteine a livello intestinale, per determinare se il potere nutritivo è lo stesso. Sono state quindi
analizzate e messe a confronto le proteine vegetali di un surrogato che dovrebbe sostituire il pollo con quelle di carne vera di pollo ed è stato dimostrato che, nonostante le somiglianze apparenti nell’aspetto fibroso, le proteine derivanti dal sostituto vegetale non riescono ad essere assorbite con facilità dalle cellule intestinali umane, come invece accade per le proteine naturali del pollo.
Lo studio, pubblicato nel JOUR NAL OF A GRICULTURAL AND F OOD C HEMISTRY di ACS, rappresenta un’ulteriore conferma che, sebbene il contenuto proteico di questi prodotti composti in genere da legumi come soia, piselli o glutine di grano, in realtà le loro proteine non sono così accessibili come lo sono quelle animali della vera carne.
Già è noto che le proteine vegetali sono inferiori rispetto a quelle animali per livello di assorbimento, completezza di amminoacidi essenziali e per potere nutritivo e in questi prodotti vegani ipertrasformati lo sono ancora meno. Infatti, per imitare l’aspetto e la consistenza della carne, i sostituti plant-based vengono sottoposti a trattamenti industriali estremi, che rovinano la materia prima di base, facendone perdere il valore nutritivo. I vegetali vengono disidratati in polvere e mescolati con tutta una serie di condimenti e additivi, di cui si può leggere in etichetta la lunga
I sostituti plant-based della carne sono sottoposti a trattamenti industriali estremi che rovinano la materia prima di base, facendone perdere il valore nutritivo.Un nuovo studio ha rilevato che le proteine dei prodotti iperprocessati plantbased non vengono assorbite dalle cellule intestinali umane come la carne di pollo, che è però alla base di una corretta alimentazione, anche dei più piccoli.
lista. Quindi, le miscele vengono tipicamente riscaldate, inumidite e lavorate attraverso un estrusore e sottoposte ad alta pressione e ad alta temperatura.
Diversi studi hanno mostrato che questi prodotti sono iper-processati e per questo motivo il loro consumo non fa bene alla salute, come viene fatto credere da aggressive campagne di marketing per promuoverne la vendita. Nello specifico, in questo studio i ricercatori hanno fatto dei passi avanti per valutare la biodisponibilità delle proteine di entrambi i prodotti.
A proposito, sono state confrontate le proprietà fisico-chimiche, la digestione in vitro e l’assorbimento cellulare dei peptidi rilasciati dal pezzo di finta carne fatta di soia e glutine di grano con quelli della carne vera di pollo. Entrambi i pezzi sono stati cotti, macinati e fatti digerire da un enzima digestivo umano.
Le prove di laboratorio hanno indicato che le proteine di questi sostituti vegetali non si suddividono in peptidi come fanno quelle delle carni e presentano un minor
numero di amminoacidi essenziali e non essenziali. Inoltre, i test in vitro hanno dimostrato che i peptidi della carne finta vegetale sono meno solubili in acqua rispetto a quelli del pollo e non riescono ad essere assorbiti facilmente dalle cellule intestinali umane.
È ormai evidente che i sostituti vegetali della carne non hanno la capacità di fornire un grado di nutrizione equivalente ai prodotti di vera carne animale e, pertanto, i termini “sostituti” o “analoghi”, così usati oggi per indicarli, dovrebbero essere evitati. Così come dovrebbe essere vietato il meat sounding, chiamandoli con denominazioni che richiamano la vera carne, ingannando di fatto il consumatore ignaro, che spesso crede di acquistare un prodotto equivalente e più salutare. Speriamo che tutti questi progressi fatti dalla scienza per dimostrare che i prodotti non sono intercambiabili servano anche a fare dei passi avanti a livello politico per tutelare la trasparenza e la salute dei consumatori.
Susanna Bramante Carni Sostenibili www.carnisostenibili.itPapà, il professore di latino ha detto che non dobbiamo mangiare la carne…
di Richi Bombus TaurusPapà, oggi a scuola il professore di latino ha detto che non dobbiamo mangiare la carne, perché fa male a noi ed all’ambiente. Tu cosa dici?
«Sutor, ne ultra crepidam1».
Papà cosa vuol dire? Sono al secondo anno della scuola secondaria, siamo ancora a rosa, rosae, rosae…
«Dopo ti traduco la locuzione latina. Tornando alla tua domanda, invece, sappi che per darti una risposta corretta occorre studiare molto».
Scusa papà, chi meglio di te può rispondere a questa semplice domanda? Tu sei zoonomo/agronomo, lavori in questo settore da 20 anni, studi e leggi sempre, fai corsi di aggiornamento di continuo. Inoltre sei cresciuto in una famiglia col nonno veterinario, dove a tavola si parlava di zootecnia, qualità delle produzioni, malattie infettive, ecc… Con la zia dirigente chimico, specializzata in chimica degli alimenti e agli altri zii tutti mezzi agronomi, sommelier, appassionati di alimentazione sportiva, nutrizione,
di prodotti di qualità, vino, olio, ecc… E non dimentichiamoci della nonna, ambientalista incallita, che da sempre differenzia, composta in orto e compra tutto a km 0 dai produttori. Perché mi rispondi così?
«Perché forse è necessario studiare ancora. Oltre alle materie agronomiche, zootecniche e medico veterinarie è bene studiare anche altro, tipo la paleoantropologia, disciplina dell’antropologia nata dallo studio dei resti fossili dell’uo-
Photo © Chad Montano x unsplashmo e dei tipi umani ormai estinti, che si integra con lo studio del clima, della flora, della fauna, della cultura materiale e delle credenze magico-religiose delle popolazioni scomparse».
Come dici papà? Non ti seguo più…
«Una delle teorie più accreditate del perché l’uomo abbia nella sua evoluzione spostato le proprie preferenze da una dieta vegetale ad una più diversificata con aggiunta di alimenti di origine animale è quella del “cervello affamato”».
Teoria del “cervello affamato”?
«Andiamo avanti dai, che il discorso si fa complicato. Comunque dovresti sapere che delle 300.000 generazioni che hanno preceduto l’uomo di oggi, solo 400 hanno conosciuto l’agricoltura».
Esatto. L’agricoltura nasce nella Mezzaluna fertile circa 10.000 anni fa…
«Non solo nella Mezzaluna fertile: nuovi studi dicono che anche in altri siti del pianeta si sviluppò l’agricoltura. Tornando a noi, le circa 400 generazioni che hanno conosciuto l’agricoltura sono troppo poche per permettere al genoma umano di adattarsi a questa disponibilità alimentare artificiale. E solo da 150 anni gli uomini dei Paesi sviluppati hanno conosciuto altri alimenti, tra cui la carne in esame, che ha una composizione assai differente da quella dei selvatici. A prescindere dalla specie di provenienza, la composizione lipidica della carne (acidi grassi, ecc…) è fortemente influenzata dal regime alimentare e dalle tecniche di allevamento».
Ho capito: oltre a studiare tutto lo scibile in materia, prima di comprare una bistecca bisogna studiare anche da chi, come e dove viene allevata?
«Esattamente. Come non basta leggere un post sui social per diventare architetto, allenatore… così non si può demonizzare un alimento senza cognizione di causa. Perché con la stessa facilità si rischia di diventare razzisti, bulli, violenti, ecc… L’agricoltura e la zootecnia non vanno viste solo come mero
sfruttamento del suolo perché, se regolamentate ed aiutate adeguatamente, possono fornire ecosystem services, che sono tutti quei servizi che apportano molteplici benefici al genere umano. In Italia abbiamo zone fortemente antropizzate dall’attività agricola, però riconosciute dall’UNESCO patrimonio mondiale, come ad esempio le Langhe. Se non vuoi andare fino in Piemonte, pensa a quante foto hai fatto e quanto ti sei divertito con le vacche al pascolo in montagna quest’estate. Come in tutti i settori ed argomenti generalizzare è sempre sbagliato: in agricoltura ci sono allevatori e produttori virtuosi a cui spesso non si riconoscono i giusti meriti».
A cosa ti riferisci papà?
«Ci sono voluti più di 2.500 anni di storia ed una pandemia per capire che l’apologo di MENENIO AGRIPPA2 che hai studiato in determinate situazioni fa acqua da tutte le parti. Il console, rivolgendosi ai plebei rivoltosi, descrive la società romana come un corpo umano, dove stomaco e braccia devono lavorare in armonia per sopravvivere. Se le braccia non portano cibo alla bocca, muore lo stomaco, ma anche le braccia.
Nel periodo di stop lavorativo forzato dovuto al contenimento dell coronavirus ci siamo resi tutti conto che esistono lavori indispensabili che non possono assolutamente fermarsi. Sono lavori di grande sacrificio, inspiegabilmente retribuiti non in maniera adeguata. Lavori svolti da molti addetti della filiera agroalimentare italiana. Lavoratori impegnati il giorno, la notte, a Natale, a Ferragosto ed anche in tempo di Covid-19. Lavoratori che in quel periodo ci hanno fatto arrivare in tavola pane, carne, frutta e verdura, che hanno continuato a lavorare esponendosi al rischio del contagio. Tornando al senatore Agrippa, questi operatori dovrebbero essere coadiuvati dalla classe dirigente. Classe che, purtroppo, per difficoltà non sempre giustificabili, ha dimostrato nei giorni difficili di inizio pandemia che, oltre a non essere
utile, può fare gran danno! E per questo sembra a volte mal inserita in un contesto produttivo e difficile da collocare in una macchina perfetta come il corpo umano, riferendomi al famoso apologo. Tutto ciò per dire che forse tornare ad incentivare veramente e rafforzare il settore primario non è una cattiva scelta. La UE deve intervenire cercando di fermare l’evoluzione negativa dell’agricoltura italiana, che dagli anni Novanta in poi ha visto una riduzione sia in termini di SAU (Superficie Agricola Utilizzata, –17%, dal 1990 al 2013), sia in numero di aziende agricole (–48%). Progressivo decremento che ha portato principalmente alla chiusura delle aziende medio-piccole.
Volendo analizzare il settore zootecnico italiano, notiamo che riveste un ruolo rilevante nell’economia agricola del Paese con un valore della produzione di oltre 16 miliardi di euro, pari ad un terzo del valore complessivo generato dalla produzione agricola nazionale. Purtroppo gran parte dei capi di bestiame si trova in allevamenti intensivi localizzati al Nord, mentre si riducono le produzioni zootecniche estensive, quelle meno specializzate e quelle diffuse principalmente lungo la dorsale appenninica, l’arco alpino e nelle aree collinari delle regioni centro-meridionali.
Bisogna permettere alle aziende estensive e semi-estensive, che operano in territori marginali a rischio di abbandono, di operare per la valorizzazione dei prodotti locali e il mantenimento del territorio in termini ambientali, economici e sociali. Il modello di allevamento italiano, e in gran parte anche quello della UE, è basato su strutture agricole diversificate, locali e familiari che rappresentano l’unica forma di sopravvivenza delle aree rurali, alimentando una bioeconomia che garantisce posti di lavoro e forniture stabili di alimenti sicuri al giusto prezzo per il consumatore e soprattutto per l’ambiente!
Diminuire o addirittura sostituire animali da reddito in UE vuol dire perdere materie prime essenziali, perdere pascoli, esporre
il territorio al rischio di incendi, perdere fertilizzanti organici ed energia green. Inoltre, per soddisfare la domanda di proteine animali bisognerebbe rivolgersi a Paesi extra-UE, con diminuzione degli standard di sicurezza alimentare e, soprattutto, con impatto ambiente non sostenibile.
In questi giorni di guerra, stiamo vedendo i danni causati da scelte sbagliate fatte in passato, che ci vedono deficitari in materia energetica ed alimentare, con conseguente aumento di prezzo e difficoltà di reperimento. Ci vogliono misure adeguate e rapide da parte della UE se vogliamo una vigorosa ripresa del settore agroalimentare. Dove tutti gli attori della filiera devono avere un approccio One Health, come voleva insegnarci il “buon” Agrippa, visto l’evidente e stretta interconnessione esistente tra la salute dell’uomo e quella del mondo animale/vegetale che ci ospita».
Ok, mi hai convinto! Basta così, come sempre quando parli di queste cose sei un fiume in piena. Siamo soli stasera,
che dici se facciamo per cena hamburger di Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP e poi videogiochi? E non dirmi che fanno male, sono una perdita di tempo, ecc… Devi sapere che l’ho capito che devo studiare molto.
Richi Bombus Taurus Mini agronomo3/ZoonomoNote
1. Ciabattino non andare oltre le scarpe, cioè “parla di quello che conosci”. 2. Durante la secessione del 494 a.C. la plebe romana si ritirò sul Monte Sacro, rifiutandosi di lavorare per i Patrizi finché non avessero ottenuto il riconoscimento del diritto di costituire una propria assemblea. Vennero mandati molti ambasciatori, ma nessuno riuscì a persuaderli a ritornare in città. Allora fu inviato sul colle il console Menenio Agrippa, un uomo anziano, molto saggio e molto amato dal popolo. Solo davanti a quella moltitudine di uomini scontenti cominciò a parlare: “C’era un tempo in cui nell’uomo le varie membra del corpo non erano come ora armonicamente congiunte, ma ognuna
aveva una propria volontà. Successe così che un giorno alcune di esse si indignarono perché tutte le loro cure, tutte le loro fatiche e funzioni servivano solo per mandare il nutrimento al ventre. E questo se ne stava tranquillo lì, in mezzo al corpo, non facendo niente, godendosi solo i piaceri che gli altri gli procuravano. Decisero dunque che le mani non portassero più cibo alla bocca, che la bocca non lo ricevesse, che i denti non masticassero più ciò che avevano ricevuto. Per questa loro ostilità, però, non solo il ventre, ma anch’esse si ridussero a un estremo esaurimento. Capirono così che anche la funzione del ventre non è inutile, che esso nutre in quanto è nutrito, restituendo a tutte le parti del corpo, equamente diviso per le vene, il sangue che ci dà la vita e le forze, e che si forma appunto dal cibo elaborato dal ventre. Allora le membra si riconciliarono con il ventre. Così il senato e il popolo come fossero un unico corpo con la discordia periscono, con la concordia rimangono in salute”.
3. Mini agronomo, attualmente frequentante la scuola secondaria, classe seconda, ma che vuole fare il veterinario come il nonno.
Il sistema zootecnico (produzione di carne, latte e derivati) è uno dei segmenti più dinamici e rilevanti dell’agricoltura comunitaria e nazionale. I valori generati dal comparto sono di straordinaria importanza e coinvolgono la sfera economica, sociale e ambientale (photo © Priscilla du Preez x unsplash).Un fagiano bello e buono
di Giorgia FieniIl fagiano è come un gallo o un pollo, ma più bello (è dotato di un piumaggio variopinto) e più buono (il maschio fornisce una carne adatta a brasati, stracotti e ragù in quanto più stopposa, la femmina è adatta ad arrosti e ripieni in quanto più tenera e delicata), caratteristiche talmente pregiate da rendere da sempre il fagiano una delle prede di caccia preferite.
Come si riconosce quello non di allevamento? Dalle narici. Guardandovi attraverso, devono presentarsi pulite, senza “l’occhiale” postovi dagli allevatori per evitare che l’animale si morda la coda.
Una volta preso, poi, deve rimanere in frollatura in una marinata per 3 giorni, mentre a quello in cattività bastano meno di 24 ore. È importante rispettare questo tempo
per eliminare l’odore di selvatico che inevitabilmente andrà ad influire sul risultato finale anche al palato.
Il problema principale sta però nel cucinarlo, in quanto il fagiano, di veramente gustoso, ha praticamente solo il petto, perciò in genere ha bisogno di un elemento che ammorbidisca la carne completamente.
Se preparato arrosto va bardato di lardo o di coppa o di pancetta, ma ho letto anche parecchie ricette in cui è abbinato ai latticini: mascarpone (con tartufo o brandy o cognac) o fontina (con marsala) o panna. Altrimenti il classico vino rosso per la classica “cacciatora”, l’olio (aromatizzato con erbe aromatiche per renderlo più appetitoso) mentre rosola sullo
spiedo, la birra per una padellata rustica.
Agli esperti piace abbinare il fagiano ai sapori forti: BRUNO BARBIERI usa gin e senape, ANDREA MAINARDI lo cucina in salmì con cacao amaro, GORDON RAMSAY preferisce le spezie (zenzero, chiodi di garofano, anice stellato), Carlo Cracco accompagna la fagianella con polenta di amaranto, FABIO CUCCHELLI prepara i tortelli con luppolo e petto di fagiano affumicati con corteccia di cirmolo.
D’altronde, si dice che il “grado zero della cucina” sia spiumare fagiani e spellare conigli, perciò i futuri cuochi e chef sanno bene come trattare queste carni fin dai primi giorni del proprio apprendistato. Sicuramente imparano presto a trasformarlo in un ottimo pâté in terrina (con fegatini, lardo, marsala ed eventualmente tartufo) o in gelatina o cuocerlo (avvolto nel prosciutto crudo e in strati di carta pergamena e assorbente) nell’argilla o in salmì
Anche voi, però, a qualunque grado di perizia siate con la carne di fagiano, potete provare a ottenerne ricette succulente. Cucinandola con melagrana e noci oppure panna e succo di limone. Preparandoci il brodo (che in Maremma aggiungono di erbe profumate e servono con crostini di pane fritti nel burro). Servendola con polenta (arricchita magari dai funghi). Ma anche copiare l’idea cinese di usarne la carne come ripieno per gli gnocchi preparati con fecola di taro essiccata al sole e farina di riso glutinoso oppure cuocerlo nella creta, un classico senza tempo.
A proposito di storia. Nel 1871 il fagiano è il protagonista del Potage à la Londonderry per festeggiare Roma quale capitale d’Italia, mentre nel 1902 è servito arrosto sui crostoni alla prima rappresentazione della “Francesca da Rimini” (con ELEONORA DUSE) e, addirittura, nel 1959, nella pellicola “I tartassati”, viene rifiutato da ALDO FABRIZI a TOTÒ che glielo offre per cena. Non so se fosse buono ma probabilmente ai suoi occhi bello non lo era sicuramente!
Giorgia Fieni
San Marco, impronta camuna
di Riccardo LagorioNon ha perso lo smalto della gioventù né la consueta affabile irriverenza malgrado i trent’anni di attività. MARCO BEZZI, nel suo Ristorante San Marco, a Ponte di Legno, ultimo lembo di terra bresciana prima del Tonale, sa
ancora spiazzare i commensali con la sua battuta sagace, la sua appariscente entrata in sala al termine della serata. A questo ormai storico locale e al suo inventore Marco Bezzi va innanzitutto dato atto di avere acceso i riflettori sull’immensa
proposta di giacimenti gastronomici dell’intera Valle Camonica: un territorio dove albergano stupefacenti formaggi, sorprendenti carni e salumi; ultimamente qualche buona etichetta. Tanto ispirato ai prodotti locali che il menu annovera tra
Marco Bezzigli ormai classici piatti il Risotto al fatulì e porri. Questo formaggio incarna l’essenza stessa della Valle Camonica: dal latte di capra Bionda dell’Adamello, alla peculiare affumicatura su bacche di ginepro, alla ristretta area di produzione, la isolata Val Saviore, perpendicolare della valle maggiore.
Ma a Marco Bezzi va dato anche il merito di non avere seguito pedestremente mode e strategie culinarie in continuo movimento: non che i suoi piatti siano gli stessi degli anni Novanta, ma certo non ha mai abbracciato la cucina della chimica molecolare, dei sifoni, dei colpi di scena a suon di ingredienti accostati con temerarietà. Insomma ha preferito un percorso personale, aggiornando e rivedendo le pre-
parazioni, ma sulle orme di una gradevole classicità.
Tra gli antipasti la slinzega (carne essiccata bovina) viene preparata con ricotta affumicata e porcini in olio come un affresco della montagna che gli è cara: i sapori forti alla fine si compenetrano e scorrono in un equilibrio di sensi e sapori che difficilmente si ritrova altrove.
La Tartare di lardo con noci tostate al sale e pan brioche è un altro classico che rappresenta bene la cucina del Bezzi, saporita e gagliarda. Il prosciutto di cervo trova la sua ideale convivenza con una delicata salsa di noci e scaglie di Silter DOP, il formaggio camuno a pasta dura. Un altro piatto, tra gli antipasti: il Prosciutto d’agnello con peperoncini ripieni e songino. La sottile marez-
zatura del coscio è spazzata via dall’irruenza dei peperoncini, così creando una portata armonica che prelude alla sapidità della Lasagna al ragù di cervo, dalla lunga e paziente cottura.
Il cervo, in onore alla montagna, è presente anche nelle seconde portate. Due in particolare sono gli esempi delle doti culinarie di Marco Bezzi. Non facile la cottura rosa della Lombata servita con cardoncelli, lunga e appassionata quella dello Stufato presentato con mele senapate o polenta, d’origine camuna.
Solo in apparenza dalla fattura semplice è la Tagliata di cuberoll, capperi di Pantelleria e acciughe del Mediterraneo: il tavolo dovrà solo esprimere il grado di cottura, poi il piatto saporito dal
taglio di carne e dagli ingredienti è a disposizione del commensale. Ingredienti non proprio camuni, ma qualche concessione si deve pur fare…
Trovano spazio anche le lumache nel sontuoso menu. Le lumache del resto sono sempre state apprezzate dalle tavole camune, dove trovavano un tempo spazio molte merci derivanti dalla raccolta o dalla caccia. Eccole cucinate nel modo più tradizionale: in umido con spinaci al burro
Al cartoccio viene cucinato il Guancialino di maiale con patate e porcini: l’alta valle è ricca di entrambi e le patate di Monno sono una delle specialità che gli avventori non vorranno perdere. Se ne fa anche polenta, che accompagna lo
Stracotto di cinghiale in bianco per la delizia sempre di chi ama pietanze possenti.
Hanno davvero poco a che fare con gli elementi carnei i dessert, ma vale la pena citare il Tiramisù con spongada della Valle Camonica (un pane con poco zucchero, che ancora in media valle si consuma a Pasqua col salame), crema al genepy e cacao. Per chi potrà ordinarlo dopo un pranzo luculliano.
Riccardo LagorioRistorante San Marco
Piazzale Europa 18 25056 Ponte di Legno (BS) Telefono: 036 491036
E-mail: ristorantesanmarcosome@ gmail.com Web: ristorante-sanmarco.it
A sinistra: prosciutto d’agnello con ricotta affumicata e marmellata di cipolle e arance.
Al centro: spezzatino di maiale con polenta e finferli.
A destra: prosciutto di cervo con scaglie di grana e salsa di noci.
Alla Vecchia Stazione si guarda al presente e al futuro gastronomico dell’Altopiano
di Asiago
di Gian Omar BisonGuardare al presente e al futuro gastronomico dell’altopiano di Asiago (VI) significa guardare, tra gli altri, alla cucina di MASSIMO SPALLINO, da anni chef del ristorante Alla Vecchia Stazione a Roana. Formatosi alla scuola alberghiera di Recoaro, Massimo ha iniziato a praticare i
fornelli sotto la guida dello chef MARIO BARATTO del ristorante Remo di Vicenza. Da lì un continuo peregrinare su e giù per l’Italia per lavorare in cucine prestigiose oltre che nel banqueting e nel catering. Da molti anni Spallino è membro della Compagnia degli chef , team di professionisti che promuove le
eccellenze italiane della cucina ed è rappresentante di categoria per la CONFCOMMERCIO MANDAMENTO di Asiago.
Alla Vecchia Stazione è un locale storico dell’Altopiano, plurisecolare. Nasce nel 1910 col nonno di AMANZIO MOSELE, suocero di MASSI MO, quando iniziarono i lavori di
costruzione della ferrovia. Emigrato per lavoro in Canada venne avvisato dei lavori dalle sorelle e prese la prima nave per rientrare in quel di Asiago, dove aprì un’osteria di fronte alla stazione.
È iniziato tutto con un caffè e un bicchiere di vino, è proseguito con qualche minestra e qualche piatto di pasta. Da lì si è passati ai rinfreschi per gli sposi che attendevano il treno per il viaggio di nozze in pianura e alle camere che servivano per ospitare chi, trasferito altrove, aveva l’esigenza di tornare in altopiano. Dopo anni di pausa a cavallo della prima guerra mondiale hanno ripreso l’attività e non si sono più fermati. Negli anni, aumentando la richiesta, sono stati aggiunti piani, metri e stanze. Da due camere a trentasette, cento posti letto, piscina, centro benessere. «La vera svolta per quanto riguarda la ristorazione — ricorda AMANZIO MOSELE — è stata fatta nel 1993. È stato investito molto, rifatta una sala, c’era voglia di cambiare marcia».
Attualmente a gestire il tutto, oltre ai coniugi Mosele, ci sono i figli Michele ed Elisa, moglie di Massimo, che guida la cucina da 10 anni. «Cerchiamo di essere sempre più aggiornati — sottolinea Massimo Spallino — e al passo con i tempi e le richieste di una clientela sempre più esigente.
Siamo particolarmente interessati al mondo della produzione biologica dell’altopiano e alla grande e variegata realtà dei formaggi dove spaziamo dalla classica tosela fusa cotta sul burro come da tradizione, agli erborinati e stagionati dai mille profumi e sapori. L’importante è evitare la fuffa nel piatto, che per me sono tutte quelle spume, schiume e schiumette che finiscono per coprire e svilire i sapori che invece dobbiamo esaltare nelle loro caratteristiche organolettiche.
La mia è una cucina connessa con l’ambiente straordinario in cui vivo. Abbiamo materie prime di estrema qualità come le erbe che devono essere raccolte ed usate nel momento giusto dell’anno. Raccolgo molto nei boschi e nei prati: asparagi selvatici, farinelle
(buon enrico o spinacio di montagna), rosole e fiordalisi. E poi i funghi, che conosco e adoro: dai porcini ai cantarelli, spugnole e trombette».
La storia di Massimo in cucina nasce nel 1993 a Vicenza e il suo grande maestro e mentore, come detto, è stato MARIO BARATTO, uno degli alfieri della cucina tradizionale vicentina e veneta. «Uno chef riconosciuto — ricorda Massimo —, il primo a dirmi: “voi cuochi moderni non capite un c…! Ricordati giovane che la parola croccante ’vol dir cruo’, crudo, e la parola delicato ’vol dir desavio’, insipido, insapore».
Dopo Baratto, Spallino ha lavorato in Sardegna, in EmiliaRomagna, in Sicilia e su e giù per la provincia di Vicenza tra catering, feste in villa e cerimonie. Da 12 anni è membro della Compagnia degli Chef e, oltre ai fornelli della Vecchia Stazione, si cimenta nel raccontare le sue peripezie culinarie in alcuni blog tra i quali saporie.com che è il blog di CONAD
E poi ci sono impegni come la banchettistica di CONAD ITALIA e la partecipazione sistematica ad eventi come il Cous Cous Festival e l’Umbria Jazz. «Mi sono trasferito in altopiano nel 2006 ed ho scoperto una grande tradizione gastronomica, con piatti che continuavano ad essere fatti come li preparava la nonna di mia moglie. Penso al coniglio e alle lunghe cotture in genere. Sono piatti che devono essere fatti come sempre punto.
Le basi e le preparazioni devono essere quelle, poi magari la presentazione e l’impiattamento può risultare un po’ più moderno. E poi qualche novità che ho seguito e introdotto personalmente: la Pasta formajo e pevare, una sorta di cacio e pepe fatta con i formaggi dell’Altopiano; la Sfogliatina con le mele, lo speck e l’Asiago che è di una banalità mostruosa ma straordinaria per croccantezza, intensità ed equilibrio dei sapori tra il dolce, il salato e l’affumicato.
Il cervo e in generale la selvaggina è presente in abbondanza nel menù del locale. A pagina 130: lo chef Massimo Spallino e Gian Omar Bison.In listino abbiamo anche le foglie di cappero per le tartare, la battuta di gamberi di Mazara del Vallo, ecc… ma i cavalli di battaglia espressione del territorio e della sua storia e cultura culinaria sono così da sempre e tali devono rimanere. D’altronde la mia offerta deve essere completa e contemplare i piatti della tradizione graditi al turista ma anche pensare ad una proposta che accontenti gli indigeni che non vengono da me a mangiare la tosela o l’asiago cotto.
Ciò detto, io mi considero un sostenitore del km buono non del km 0, concetto che mi fa un po’ sorridere e che fatico a comprendere. E il km buono è la stagionalità a qualsiasi latitudine. Capisco possano esserci valutazioni sulla sostenibilità, sull’impatto ambientale eccessivo che si verifica con l’acquistare, trasformare e proporre materie prime che hanno fatto il giro del pianeta. Ed è giusto possa diventare un parametro di valutazione.
Pensare però che il km 0 possa essere il presente e il futuro della
ristorazione a prescindere dalla stagionalità, dalle caratteristiche e dalla vera qualità della materia prima, anche no.
Conta trasmettere al meglio la qualità intrinseca di quanto proponi. Ad esempio, il Caseificio Pennar produce un formaggio particolare che si chiama Grunalpe che viene fatto col latte estivo proveniente dalla parte bassa dell’Altopiano di Asiago. Il fresco dura 90 giorni poi non se ne parla più per nove mesi ed è un peccato. Ma è un prodotto straordinario: erbaceo, amarognolo, lungo in bocca. È un esempio di km buono per come lo intendo io».
Dove ti vedi tra 5 o 10 anni in rapporto al ristorante e in rapporto alla tua cucina?
«Mi vedo dove sono e a formare i giovani che vogliono fare questo lavoro. E dopo spero continuino queste soddisfazioni tra ristorante, eventi di promozione dell’altopiano e delle sue prelibatezze, formaggio Asiago in primis che auspico continui a lavorare col livello di qualità raggiunto e riconosciuto da anni.
Proprio per promuovere le prelibatezze dell’Altopiano stiamo pensando ad un finger che si chiamerà Reggenza e avrà un ingrediente per comune. Registreremo la ricetta e la collocheremo presso tutte le aziende di distribuzione di tutti e sette i comuni.
Nell’Altopiano ci sono aziende importanti in grado di fornire materie prime di qualità agli esercenti locali e a tutta la pedemontana. Mi viene in mente un allevatore di bovini di Lusiana che ingrassa il Black Angus con la linea vacca-vitello a monta naturale».
Quante le difficoltà con la pandemia? Come sono stati gli ultimi due anni?
«Straordinari, perché dopo 28 anni che faccio questo lavoro sono riuscito ad avere tempo per pensare e progettare. Il Covid ha fatto male, in tutti i sensi, ma se devo trovare anche qualcosa di buono lo vedo nella costrizione a trovare del tempo per fermarmi a riflettere e pianificare il futuro prossimo. Grazie a questo tempo di chiusure e restrizioni è nato “Altopiano in punta di dita”, festival locale del finger food, e sono nati piatti nuovi che ho messo in listino. Se penso a mio suocero che di fatto è nato e sempre vissuto in albergo, la prima Pasqua e il primo Natale della sua vita seduto a tavola in famiglia li ha fatti nel 2020».
Vini, birre, bevande?
«È un mondo che mi piace. Mi piace il mondo delle cose fatte bene che siano venete, italiane, francesi o altro. Io mi servo da chi ha qualità da comunicare e per questo il nostro vino spazia tra le eccellenze del mondo. Per restare all’Altopiano mi piace il progetto della birra cimbra prodotta dall’azienda agricola Bisele e fatta con l’orzo e il luppolo coltivati in Altopiano tra Canova e Gallio e con l’acqua della Val Renzola».
Gian Omar BisonAlbergo Ristorante Wellness
Alla Vecchia Stazione
Via Roma 147 36010 Canove di Roana (VI) Telefono: 0424 692009 Web: www.allavecchiastazione.it
Sfogliatina con mele, speck e Asiago DOP.Nel primo semestre 2022 sono stati prodotti circa 18,5 milioni di chili di Mortadella Bologna IGP e venduti quasi 16 milioni di chili, 1/3 dei quali affettati. Rispetto allo stesso periodo del 2021, quindi, la produzione è cresciuta del 3,8% e le vendite del 4,8% (dati forniti dall’organismo di controllo IFCQ certificazioni). L’affettato in vaschetta conferma le sue performance positive, registrando una crescita del 9,3%, venendo apprezzato per la praticità d’uso e la comodità di fare scorte. L’export segnala una crescita del 2,8%, con uno straordinario exploit del Regno Unito, che con +65% registra un trend che, se confermato anche nel secondo semestre, sarebbe in grado di recuperare il calo dell’anno scorso dovuto alla Brexit e superare i livelli di export del 2020. Tra i Paesi UE la migliore performance è quella registrata in Spagna con un aumento del 18%. «Gli aumenti di produzione e vendita conseguiti dalla Mortadella Bologna IGP nel 1o semestre dell’anno sono di tutto rilievo, considerando che la capacità di spesa delle famiglie italiane si sta riducendo a causa dell’inflazione» ha dichiarato Guido Veroni, presidente del Consorzio italiano tutela Mortadella Bologna. «È evidente perciò che la Mortadella Bologna IGP si conferma come un salume anti-crisi, premiata con un aumento delle occasioni di consumo». Per ciò che riguarda i canali di vendita, risulta che il 72% della Mortadella Bologna IGP è venduta presso la GDO e i Discount dove l’aumento di vendite registrato nei rispettivi canali è stato del 5,4% e del 9,9% (dati IRI). L’80% delle vendite è assorbito dal mercato interno, mentre il 18% dai Paesi UE e il restante 2% dai Paesi extra-UE (fonte: ISIT – Istituto Salumi Italiani Tutelati).
Mortadella Bologna IGP salume anti-crisi, exploit del Regno Unito e vendite record: 16 milioni di kg in 6 mesi!
MarcabyBolognaFiere verso la 19a edizione
Adesioni in crescita per l’appuntamento al quartiere fieristico di Bologna in calendario nelle giornate del 18 e 19 gennaio 2023 con due nuove insegne della DMO e un padiglione in più
Sono già in crescita le adesioni all’edizione numero 19 di MarcabyBolognaFiere, l’unica fiera italiana dedicata alla marca commerciale, la grande vetrina dove si espongono i prodotti dell’eccellenza italiana a marca del distributore. La manifestazione, organizzata da BolognaFiere in collaborazione con ADM, l’Associazione della Distribuzione Moderna, si terrà il 18 e 19 gennaio 2023. Il successo della prossima edizione si può già prevedere se si guarda all’interesse che ha accompagnato l’apertura delle iscrizioni. Anche per questa ragione MarcabyBolognaFiere 2023 avrà a disposizione 6 padiglioni, uno in più rispetto all’edizione di quest’anno.
MarcabyBolognaFiere è l’unica manifestazione dove la Distribuzione Moderna Organizzata (DMO) ha a disposizione lo spazio espositivo per le proprie insegne. Un’occasione unica per andare alla sostanza del business, toccare con mano i prodotti e chiudere i contratti tra aziende di qualità e i retailer pronti a riempire gli scaffali con il proprio marchio. Oltre all’aumento degli spazi, l’edizione 2023 porta a casa anche due nuove insegne nel comitato tecnico scientifico, entrambe provenienti dal settore non food: una è specializzata nel settore cura casa/cura persona, l’altra nel bricolage. Le due new entry vanno ad accompagnare le 18 insegne che compongono il comitato: ARD
DISCOUNT, BRICO IO, C3, CARREFOUR, CONAD, COOP, CORALIS, CRAI, DESPAR, D. IT -D ISTRIBUZIONE ITALIANA, ITALY DISCOUNT, LEKKERLAND, MARR, S&C, SELEX, TUODÌ, UNES, VÉGÉ
La 19a edizione di MarcabyBolognaFiere ospiterà due conferme: la terza edizione di Marca Fresh, lo spazio dedicato ai prodotti freschi e freschissimi dell’ortofrutta, e la nona edizione di MarcaTech dedicata ai beni intermedi per la supply chain MDD (packaging, logistica, materie prime, ingredienti, tecnologia e servizi), che proporrà alla business community del settore le ultime tendenze per innovare e operare in modo sostenibile ed efficace.
>> Link: marca.bolognafiere.it
Imballaggi in polistirolo espanso per alimenti, un impegno concreto a favore dell’ambiente
Gruppo HAPPY: gli sforzi di un Gruppo italiano per migliorare il profilo ambientale di un materiale fondamentale per la riduzione del Global Warming Potential, in ogni settore, a partire da quello alimentare
Una visione a 360° che guarda al futuro partendo dal presente: realizzare imballaggi per alimenti sempre più sostenibili, riciclabili, circolari e innovativi.
• Il Gruppo Happy è uno dei principali player a livello europeo nella produzione e commercializzazione di vaschette in plastica per alimenti, in grado di soddisfare le più svariate esigenze di confezionamento dell’industria alimentare e della GDO.
• La nostra mission: realizzare imballaggi in plastica per alimenti sempre più sostenibili, riciclabili, circolari e innovativi. È quello che facciamo ogni giorno, applicando i principi fondamentali dell’eco-design, realizzando contenitori in grado di mantenere più a lungo le carat teristiche organolettiche dell’alimento e contribuendo attivamente alla riduzione dello spreco alimentare.
L’impiego di materia prima seconda all’interno delle vaschette in plastica e la loro riciclabilità sono gli elementi chiave dell’ecodesign, nonché due dei driver più importanti per il miglioramento della sostenibilità dell’imballaggio, particolarmente apprezzati dai con-
sumatori e percepiti come azioni concrete per l’ambiente. Per questo il GRUPPO HAPPY è fortemente impegnato nella valorizzazione del POLISTIROLO ESPANSO ESTRUSO (XPS) per alimenti, particolarmente Sostenibile, Riciclabile e Circolare. I vassoi in XPS, infatti, sono il risultato tangibile di una tecnologia — quella dell’espansione — che ha permesso di realizzare un contenitore leggerissimo, resistente ed estremamente funzionale, utilizzando il 90% di aria e solo il 10% di plastica.
Da oltre 50 anni ha anticipato i temi della sostenibilità e ha permesso lo sviluppo della GDO e dell’industria alimentare in Italia e in Europa, garantendo la sicurezza alimentare e dimostrando nei fatti la sua sostenibilità ambientale, economica e sociale
Il nuovo vassoio r-XPS per alimenti, primo in Europa, contenente fino al 50% di polistirene post consumo da filiera alimentare riciclato meccanicamente, è l’espressione concreta di questo impegno. Un risultato straordinario, reso possibile dalla collaborazione di tutte le aziende di PROFOOD (gruppo merceologico appartenente ad
Unionplast), il COREPLA, Versalis (Eni), Foreverplast, Fraunhofer Institute e CSI-Gruppo IMQ. Un contenitore che soddisfa pienamente le aspettative dei consumatori, della GDO e dell’industria italiana, con una soluzione d’imballo arcinota e sicura, utilizzata da oltre mezzo secolo per i prodotti freschi, oggi ancora più green, in linea con le istanze europee in tema di sostenibilità.
Il nuovo vassoio r-XPS utilizza il prodotto Versalis Revive® PS Air F – Series Forever, frutto di una collaborazione tra Versalis e FOREVER PLAST SPA, leader europeo per il riciclo del PS e PEHD. Il nuovo polimero, a base di polistirene riciclato post consumo, è idoneo ad applicazioni per alimenti attraverso una barriera funzionale; grazie al contenuto di riciclato post consumo si ottiene una significativa riduzione dei gas serra equivalenti (GWP) rispetto al polimero tradizionale, che rende il vassoio r-XPS una soluzione d’imballaggio leggera, sostenibile e circolare.
Per una gestione diretta all’interno della filiera del riciclo degli imballaggi, a garanzia della qualità e della continuità del materiale da post consumo, il Gruppo Happy è entrato a far parte di Evolution, azienda di Gioia Del Colle (BA) già impegnata nel riciclo del PEHD, insieme a Serioplast, gruppo a livello mondiale, che produce imballaggi in plastica rigida per i grandi player dell’industria FMCG.
Agli impianti già esistenti per il PEHD, si sono aggiunte nuove linee per la selezione e il riciclo del PS, XPS, EPS e PET e tutti gli impianti per le operazioni di selezione, lavaggio e riciclo dei vari materiali. L’iniziativa si inserisce all’interno dei nuovi investimenti derivanti dal PNRR, dove sono previste misure finalizzate a migliorare la capacità di gestione efficiente e sostenibile dei rifiuti, colmando così il divario tra regioni del Nord e quelle del Centro-Sud.
I nuovi impianti di Evolution per la selezione e riciclo degli stirenici entreranno in funzione nei primi mesi del 2023 e saranno in grado di separare le varie tipologie di stirenici presenti nel flusso provenienti dalla raccolta differenziata domestica (PS, XPS, EPS); si otterrà così un’accurata selezione, già in linea con le istanze di quello che sarà il nuovo regolamento europeo 282.
Il nuovo granulo r-PS da rifiuti stirenici misti, ottenuto nel sito di Evolution, tramite FOREVERPLAST, sarà inviato a Versalis, dove sarà ulteriormente controllato e trattato per l’ottenimento di un nuovo granulo Versalis Revive ® contenente anche XPS da imballi per uso alimentare.
Si chiude pertanto il cerchio e si conferma in Italia l’esistenza di una filiera, quella del PS da ap plicazioni alimentari, in tutte le sue varie strutture, dimostrando nei fatti la vera sostenibilità, riciclabilità e circolarità di questo materiale.
EVOLUTION è un’operazione concreta per il miglioramento della qualità e della sostenibilità dell’imballaggio in plastica contenente riciclato post consumo, ma rappresenta anche un impegno preso nei confronti della società in termini di posti di lavoro e benessere sociale.
È l’inizio di un percorso che porterà a nuovi investimenti in tecnologie, impianti e personale, in particolare al sud, per il riciclo delle plastiche e per la realizzazione di imballaggi in plastica sempre più sostenibili, riciclabili e circolari.
SOSTENIBILITÀ a 360°
La sostenibilità di un imballaggio non si misura solo attraverso l’analisi dei valori d’impatto ambientale per la sua produzione, ma occorre considerare anche la funzione che l’imballaggio svolge nella protezione del suo contenuto, soprattutto quello per alimenti, che contribuisce significativamente alla riduzione dello spreco alimentare, il cui costo, in termini ambientali, sociali ed economici, è di gran lunga superiore a quello dell’imballaggio che lo avrebbe protetto e preservato. Se fosse uno stato, lo spreco alimentare sarebbe al terzo posto dopo Cina e Stati Uniti per emissioni in termini di GWP.
La vera sostenibilità, quindi, grazie al contributo di un imballaggio adeguato, è consegnare al mercato un alimento sicuro, a un prezzo competitivo, in ogni luogo possibile, a vantaggio delle aziende alimentari, della distribuzione e dei consumatori.
Pivka e CSB-System insieme verso il futuro digitale
Le richieste che i rivenditori di generi alimentari e i consumatori pongono ai fornitori di carne avicola sono decisamente elevate: prezzi convenienti, disponibilità di consegna continua, massima freschezza. Alla Pivka Perutninarstvo d.d., azienda slovena leader nella macellazione, trasformazione e commercializzazione di carne avicola lo sanno bene, e per non deludere le aspettative dei clienti hanno deciso di ottimizzare la filiera e renderla più flessibile. Come? Intervenendo sull’infrastruttura IT e sui processi con il supporto dell’ERP CSB-System; e questo ben 12 anni fa, dunque ben prima che la pandemia rendesse queste iniziative quasi necessarie.
Nuovi processi e flusso di dati digitali
Le aziende del settore avicolo non se la passano male: le vendite di petti di pollo, ali di pollo e altri derivati
sono in piena espansione in tutto il mondo perché i benefici del consumo carne bianca sono risaputi. Ma il successo di un produttore non è scontato: «Se vogliamo avere un buon margine di guadagno — spiega JANEZ REBEC, AD della Pivka — non dobbiamo permettere che ci siano grandi fattori di costo né imprevisti; e questo lungo l’intera filiera: iniziando dall’acquisto delle materie prime, proseguendo con la lavorazione dei polli e terminando con la commercializzazione e l’evasione ordini.
Per questo motivo abbiamo strategicamente implementato l’ERP CSB-System per le aree Acquisti, Magazzino, Pianificazione e controllo della produzione, Sezionamento, Dispo, Vendite, Controllo Qualità, EDI, DMS, M-ERP, Gestione Giri ed ovviamente Tracciabilità, per intervenire così sull’intera catena di creazione di valore aggiunto».
La sfida operativa più grande per l’azienda slovena è stata la gestione dell’intervallo di tempo di diverse ore tra la macellazione dei polli e l’elaborazione degli ordini dei clienti. Mentre la macellazione inizia già alle 5:00 del mattino, i primi ordini arrivano non prima delle 13:00. In passato, questo ha comportato orari di punta estremi e processi poco efficienti nei reparti di produzione e confezionamento.
«Non potevo rassegnarmi: con l’aiuto degli esperti CSB — dice Rebec con un sorriso — siamo intervenuti sull’ottimizzazione e digitalizzazione di processi, linee di produzione e flusso di dati, per gestire al meglio il divario temporale delle fasi di lavorazione». Si può affermare che Pivka abbia centrato il suo obiettivo visto che oggi impiega 550 dipendenti e vanta un volume di produzione di 14.000 tonnellate.
Il flusso di dati in tempo reale fornisce ai manager una panoramica precisa degli eventi in corso.ERP e magazzini-polmone per una produzione push & pull ottimizzata Come base per l’ambizioso progetto di ottimizzazione e implementazione dell’ERP, è stata scelta una combinazione di sistema ERP e magazzino puffer al fine di bilanciare perfettamente l’intera produzione push & pull: oggi gli animali sezionati vengono imballati in casse e inviati al magazzino. Da lì, vengono trasportati alle linee, imballati ed etichettati secondo l’ordine. L’istanza di controllo centrale è la gestione del magazzino del CSB-System: questa assicura che le materie prime giuste arrivino alle linee giuste.
La massima trasparenza sulle linee è garantita dai CSB Rack, PC industriali dotati di bilance e stampanti, che comunicano on-line col sistema ERP e forniscono agli operatori tutti i dati rilevanti per l’elaborazione degli ordini. In risposta, i dati di produzione vengono trasferiti direttamente all’ERP.
Questo flusso di dati in tempo reale fornisce ai manager una panoramica precisa degli eventi in corso, garantendo una gestione in-
telligente dell’azienda. Consumi di magazzino, dati di vendita, quantità di produzione: tutte le cifre più importanti sono disponibili sempre e ovunque premendo semplicemente un tasto del gestionale.
Una produzione in grado di crescere La digitalizzazione dei processi iniziata con l’implementazione dell’ERP CSB-System ha permesso a Pivka di fare grandi passi avanti. L’intera organizzazione è diventata più veloce e molto più efficiente in termini di costi rispetto a prima. L’interazione tra l’ERP, il magazzino puffer e i punti di raccolta dei dati in produzione consente oggi di elaborare gli ordini con molto meno stress. Inoltre, grazie al miglior coordinamento tra le informazioni relative a scorte, capacità di produzione e domanda, Pivka può soddisfare ancora meglio i desideri dei clienti in termini di capacità di consegna e freschezza dei prodotti. Gli effetti positivi si evincono ancora una volta dalle cifre. «Quando abbiamo introdotto il CSB-System, eravamo un’azienda molto piccola. Ma negli
ultimi dieci anni siamo cresciuti del doppio rispetto ad allora, anche grazie al supporto del gestionale; e con un fatturato annuo di 38 milioni di euro, siamo leader del mercato avicolo sloveno. Ma — conclude Rebec — c’è ancora tanta strada da fare verso la digitalizzazione e continueremo a percorrerla con il CSB-System».
Referente:
• Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl
Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR)
Telefono: 045 8905593
Fax: 045 8905586
E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
La massima trasparenza sulle linee è garantita dai CSB Rack, PC industriali dotati di bilance e stampanti, che comunicano on-line con il sistema ERP.ANAS: dati sulla classificazione delle carcasse suine 2022
(*) Media ponderata dei pesi medi settimanali. I dati sono suscettibili di aggiornamenti. Elaborazione su dati MIPAAF.
Consistenza del bestiame suino in Italia al 30 giugno 2022
Elaborazione su dati dellaBDN dell’Anagrafe Zootecnica istituita dal Ministero della Salute presso il CSN dell’Istituto “G. Caporale” di Teramo. (*) Sono esclusi gli allevamenti famigliari, per altre finalità, non DPA e gli allevamenti con solo cinghiali.
Hamburger, Before & After di Giovanni Papalato
Quando, nel 1977, BRIAN ENO pubblica il suo ottavo album “Before and After Science”, ha già fondato e abbandonato i ROXY MUSIC, lavorato con artisti come ROBERT FRIPP e ROBERT WYATT, sta producendo il secondo fondamentale disco dei TALKING HEADS, diventandone di fatto un componente aggiunto, suona negli album “Low”, “Heroes” e “Lodger” di DAVID BOWIE: è già responsabile della creazione e della definizione di stili musicali, influenzando tuttora solisti e band. Sono già due anni che il suo processo creativo è costituito anche dalle “Strategies Oblique” (Oblique Strategies-Over One Hundred Worthwhile Dilemmas), un mazzo di carte create da lui stesso e dall’artista britannico PETER SCHMIDT. Contenute in una piccola scatola nera e di
dimensioni simili a biglietti da visita, sono utili a risolvere blocchi creativi e a favorire il pensiero laterale.
È facile pensare che anche i testi dei brani siano frutto di questi percorsi e ascoltando Kurt’s Rejoinder, l’apparente nonsense si muove perfettamente nell’omaggio all’artista dadaista KURT SCHWITTERS: “Burger cruising just above the ground, ground, ground And gunner puts a burnish on his steel (…) Burger Bender bargain blender shine, shine, shine”.
La carne frullata (badate bene, non frollata) fa pensare agli omogeneizzati e non certo a degli hamburger, che possono essere saltati su una piastra bollente ma sicuramente non “sorvolano il pavimento mentre artiglieri lucidano le loro
armi”. E se queste immagini sono indice di un testo decisamente fuori dall’ordinario, inserite invece in un contesto in linea con installazioni e opere sonore, elementi di cui l’artista tedesco è stato precursore e innovatore, assumono tutto un altro senso.
Ma tornando a qualcosa di più concreto, questa polpetta discoidale a base di carne macinata e cotta alla piastra o alla griglia da dove arriva? Esistono numerose versioni che ne spiegano le origini, tutte decisamente gustose… anche da raccontare!
Partiamo da quella che fa riferimento all’omonimo impasto di carne in uso ad Hamburg, nord della Germania, che veniva inserito fra due fette di pan brioche e mangiato dai lavoratori che necessitavano di un unico pasto lungo tutta la gior-
Before and After Science, Brian Eno Photo © Vlad Havrylovnata che fosse ricco di proteine e nutriente. Il panino col manzo era anche servito a bordo delle navi della tedesca Hapag, colosso dei container via mare, tramite fra i porti di Amburgo e quelli di New York. I continui sbarchi nel corso del XIX secolo resero il piatto un alimento famoso nella Grande Mela, venendo preparato nelle sue strade dai venditori ambulanti.
In questo contesto si inserisce, seppur con poche notizie in merito, OTTO KUASW (altresì detto OTTO KRAUSE), un cuoco che nel 1891 aprì una salsiccia di manzo, appiattendola e friggendola nel burro per poi servirla tra due fette di pane assieme ad un uovo fritto a parte. Un panino chiamato Deutsche Beefsteak, molto gradito ai marinai di passaggio al porto di Amburgo
e che fecero da cassa di risonanza oltreoceano, esportando di fatto attraverso l’emulazione prima e le varianti poi un prodotto che assumerà mille identità.
La seconda teoria attribuisce invece l’invenzione del panino a FRANK e CHARLES MENCHES, che affermarono di aver venduto dei panini con la carne macinata durante la fiera di Erie County, che si tenne nel 1885 sì ad Hamburg, ma nello stato di New York! Si racconta che durante l’evento finirono la carne per il loro piatto principale, un sandwich con la salsiccia di maiale. Si rivolsero quindi al loro fornitore locale, il macellaio ANDREW KLEIN, che però, in ragione del caldo fuori stagione per quel periodo, volle evitare di macellare altri maiali e consigliò ai due fratelli di utilizzare
carne di manzo. Questi, a loro volta, trovando la carne sostitutiva asciutta e non particolarmente appetitosa, decisero di insaporirla con caffè, zucchero di canna, finendo per aggiungere ketchup e cipolla.
Una terza, per quanto affascinante, non spiega la radice del nome e attribuisce l’invenzione ad un quindicenne, CHARLIE NAGREEN, che nel 1885 vendeva polpette su un carretto trainato da un bue alla Outgamie County Fair a Seymour, nello stato del Wisconsin. Rendendosi conto che la gente che visitava la fiera voleva godersi gli stand e mangiare polpette allo stesso tempo, ebbe l’intuizione di schiacciarne una mettendola tra due fette di pane, in modo che potesse essere mangiata anche camminando. L’idea del Hamburger Charlie fu un successo, tanto da divenire un appuntamento fisso nelle successive edizioni della fiera e, da lì, espandersi diventando di fatto un’icona della cucina statunitense nel mondo.
La più curiosa invece è legata a FLETCHER SHORT DAVIS che, originario dell’Illinois, si trasferì negli anni ottanta dell’Ottocento ad Athens, Texas, lavorando come ceramista. In seguito aprì un piccolo locale dove serviva sandwich con carne macinata, senape, cipolla a fette e cetriolini sottaceto, così buoni che i clienti organizzarono una raccolta fondi per permettergli di partecipare alla importante St. Luis World Fair. Leggenda o meno, su iniziativa personale o finanziato dall’entusiasta comunità cittadina, il pass dell’accesso alla fiera in questione c’è ancora a testimoniare il suo ingresso, rimane da capire in che modo, visto che indica come professione pottery turner (tornitore di ceramica) per la W.S CERAMICS… Resta il fatto che all’interno vendette i suoi panini legittimandoli al di fuori di Athens.
Il nome, hamburger, sembra essere stato poi inventato per deridere i cittadini di St. Luis, città che ospitava la fiera e all’interno della quale esiste tuttora Dutchtown (Dutch da Deutsch), un popolare quartiere di estrazione tedesca e i cui cittadini
consideravano disdicevole la pratica culinaria amburghese di mangiare considerevoli quantità di carne macinata, anche cruda.
Il Connecticut si pregia ufficialmente di aver inventato questa icona culinaria, grazie ad un immigrato tedesco, LUIS LASSEN, che aprì il Louis’ Lunch a New Heaven vendendo Steak Sandwiches. Si narra che un uomo d’affari della zona, GARY WIDMORE, entrò di corsa nel locale chiedendo al titolare qualcosa di immediato e da poter consumare per strada, letteralmente di “infilare tra due pezzi di pane una polpetta di carne”. Detto fatto, vennero macinati alcuni scarti di ciò che era in preparazione per i panini con la bistecca, che vennero poi cucinati in pochi minuti sulla griglia e serviti tra due fette di pane tostato. Se vogliamo attenerci a questa versione, non solo nacque l’hamburger ma in un certo senso anche il fast food.
A legittimare questo racconto la Library Congress degli USA ha dichiarato nel 2000, proprio nel centenario di questo episodio, che Luis Lassen vendette il primo
hamburger e il primo steak sandwich.
In fondo a queste storie rimane un sospeso di non poco conto: tutte parlano di carne macinata tra due fette di pane. Ma è chiaro a tutti che questo non è un hamburger, perché ciò che lo identifica, aldilà della composizione del macinato, è il panino dolce e morbido che lo contiene: il bun
Allora potrebbero avere ragione gli eredi di OSCAR WEBER BILBY che si trasferì in Oklahoma alla fine del XIX secolo, allevando bovini e suini. Il 4 luglio del 1891 giorno in cui ricorre la più importante festa nazionale degli USA, quella dell’Indipendenza, cucinò hamburger di carne di Angus su una griglia costruita da lui stesso, posizionandoli poi nei bun preparati dalla moglie Fanny. Serviti assieme a boccali di birra artigianale, sempre opera dei due coniugi, ebbero così tanto successo da diventare tradizione da celebrare ogni anno, fino a quando i figli aprirono un’attività dedicata.
In mezzo a così tante storie di
ricette che sono nate in un modo e poi diventate altro, invenzioni fortuite o frutto di un’occasione di necessità, chi può davvero dirsi titolare di aver inventato quello che oggi chiamiamo Hamburger? E se lo fossero tutti? E se non lo fosse nessuno, perché per primo lo cucinò qualcun altro di cui non si conosce ancora la storia?
Domande legittime e solo in apparenza assurde, come quelle che si possono trovare sul mazzo delle Strategie Oblique di Eno e Schmidt, dove attraverso domande e pensieri laterali in cui entrare attraverso associazioni di idee e suggestioni, si può interpretare e comprendere il reale.
Ecco allora che, tra scintillanti frullatori e polpette di carne, scarpe, numeri, rimbalzi, Germania, specchi e colonne vertebrali, e il ritmo di queste parole unito alla musica scritta in relazione, ritroviamo il lavoro di KURT SCHWITTERS all’interno di un album che risulterà fondamentale, anche grazie a questo tipo di brano, non solo per la musica a venire ma, di fatto, parlando all’inconscio di ogni ascoltatore.
Perché “Before and After Science” è tuttora un album imprescindibile e contemporaneo, quindi classico, essendo uscito 45 anni fa nel momento in cui scrivo.
Come quando si assaggia un “vino alla cieca”, con la bottiglia completamente coperta in modo da non poterne leggere l’etichetta, ascoltare questo disco senza sapere quando è stato pubblicato può stupire con facilità.
Premesso che Eno solo un anno dopo inventerà l’ Ambient Music (pubblicando un intero album dedicato), e sperimenterà sempre più nuove forme compositive lontane dalla forma canzone, qui mette in fila dieci brani perfetti nella loro unione di melodia e genio compositivo in ambito “rock”, inteso come territorio stilistico eterogeneo ma comunque diverso da musica classica e jazz, anche solo per nominarne un paio.
Precorre e anticipa già dal principio con No One Receiving che col sincopato ritmo di etnico e funk ispirerà anni dopo quello che universalmente è definito Post Punk. Nuovo allora e attuale ora il digitale che si differenzia dall’analogico di matrice Black.
Questo pulsare bianco di macchine elettroniche che si legano tra loro e ad altri fonti sonore si concretizzerà nella virtuosa collaborazione con Talking Heads estremizzandosi in forma ancora più intensa abbracciando la World Music in My Life In The Bush Of Ghosts cofirmato con DAVID BYRNE. Tutto comincia qui, nella commistione tra un basso fretless che, tramite l’assenza dei capotasti, produce un suono la cui lunghezza è nettamente inferiore a quello delle loro controparti ricordando il pizzicato degli strumenti ad arco con le percussioni, la batteria e il mormorio dei sintetizzatori mentre la voce gioca a salire e scendere nella metrica.
Più familiare a sonorità convenzionali ma non per questo meno magnetica, munita di ritornello perfettamente costruito per non essere dimenticato Backwater respira agile nella sua struttura semplice e raffinata, prima di dare spazio
al brano che di questo articolo è ispiratore.
Kurt’s Rejoinder prolunga il white funk di cui sopra, portando il limite ancora più lontano dall’ordinario, bollendo di tribalismo frammentato, ma liquido allo stesso tempo grazie alla interazione tra la musica e il suono delle parole: è uno sguardo in quel futuro che adesso chiamiamo passato e nel presente che viviamo oggi.
“Energy Fools The Magician” è proto Post Rock, mentre la batteria misura il tempo si dilata e si contrae, monta la tensione e si espande quasi a voler detonare. “King’s Lead Hat”, oltre ad essere un anagramma di “Talking Heads (un legame ricorsivo e cercato da entrambe le parti), è un rock’n’roll che ha visto il domani, saltando su handclapping che sembrano manate su porte di legno, mentre le chitarre in sottofondo si agitano acide assieme alla voce tra percussive di pianoforte.
Rallenta e si pacifica tutto nei quasi sei minuti di Here He Comes, dove la struttura ripetitiva non mostra segni di debolezza, ma anzi si mostra trasparente di meraviglia. Circolare ruota su se stessa rinnovandosi ad ogni giro, sulle armonie di due toni della stessa voce, insieme in una danza di equilibrio.
Sembra emergere da acque ferme all’imbrunire come all’alba, quando la luce sta per mostrarsi o nascondersi Julie With..., ibrida di astrazione e concretezza, solenne senza peccare di epicità.
Anche se non serve un brano in particolare per definire “Before and After Science” un capolavoro, si trova comunque al suo interno qualcosa che pur non facendosi altro dal resto e rimanendo elemento di un insieme, si fa eccellenza. By This River non permette di agire, di continuare a fare qualcosa senza prestargli attenzione. Non c’è esaltazione o euforia, lo fa senza pressione entrando forte della sua concreta intangibilità. È un disegno fatto col sogno, una scena raccontata attraverso immagini che sembrano materializzarsi man mano che la canzone si manifesta, ogni volta. Pianoforte e synth sono fiume e terra ferma, il punto di
osservazione e ciò che ci porta via, seguendo parole che sembrano cucirsi addosso a chi le ascolta.
Un ulteriore passo nella malinconia si fa con Through Hollow Lands, strumentale dedicato al compositore e amico HAROLD BUDD, che come vento si nasconde e si fa spazio tra i tasti del synth e basso elettrico in un crepuscolo digitale.
Il disco si chiude con una inedita radiosità grazie a Spider and I, illuminando di progressioni, sporgendosi sinfonico e sintetico fino a diventare una sorta di inno. Riponendo con cura il disco nella copertina, il silenzio è quasi una traccia fantasma, necessaria come interrogarsi sul titolo dell’intero lavoro.
Perché “Before and After Science”? Non c’è misticismo o una sorta di emancipazione dalla Scienza, è invece un metodo, una dichiarazione di come è stato realizzato. Una “composizione in studio” in cui le registrazioni vengono create per decostruzione ed eliminazione, quindi le tracce vengono registrate e assemblate a strati poi sottratte selettivamente una dopo l’altra, ottenendo una composizione e un suono del tutto diversi da quelli all’inizio del processo. Un lavoro che evidenzia la grande competenza in ambito di produzione da parte di Eno, testimoniata lungo decenni di dischi autografi e di altri artisti in cui la sua firma è in totale antitesi con il ruolo convenzionalmente associato a questa figura. Perché se nella produzione di un album si interviene per modificare il suono caratterizzandolo in un qualche modo (farlo uscire più aperto, più sporco, più pulito, ecc…), il grande talento e merito del genio inglese è quella di non “firmare” i brani, ma dargli la trasparenza di suonare attraverso un rigore formale che libera ogni composizione da ogni forma di compromesso.
Capolavoro, album senza il quale ci mancherebbero tante cose che diamo per scontato ascoltando le più diverse canzoni dei più diversi artisti, giocando con le parole possiamo dire che c’è un prima e dopo “Before and After Science”
Giovanni PapalatoI Beefsteak Clubs
di Andrea GaddiniCome è noto, gli Inglesi hanno la forte tendenza ad associarsi in club, ossia circoli privati di solito accessibili solo agli uomini e spesso caratterizzati dallo specifico interesse dei loro membri in qualche particolare materia. A partire dall’inizio del 1700, in Inghilterra nacquero diversi Beefsteak Clubs, ossia Club della bistecca dedicati al consumo di carne bovina, considerato emblema di libertà e richiamo a sentimenti patriottici , secondo le posizioni
politiche liberali dei whigs. Molti dei soci di questi club erano artisti, in particolare attori, ma anche pittori, musicisti, scultori, ma non mancavano membri della famiglia reale, parlamentari e nobili.
Primi club
Nel 1708 WILLIAM KING pubblicò
The Art of Cookery, un libro sull’arte culinaria nel cui frontespizio si dichiarava umile membro del Honourable Beef Steak Club, fondato dall’attore R ICHARD E STCOURT a
Londra intorno al 1705. King proponeva il Club come versione moderna e civilizzata delle imprese guerresche dei Cavalieri della tavola rotonda, dicendo che chi condivide onore, spirito e allegria può essere un ottimo Companion o’er Beef-Steaks e il suo nome nei tempi futuri potrà essere iscritto nel libro di Estcourt, la cui griglia è incorniciata d’oro.
Un Club della bistecca è citato anche dallo SPECTATOR n. 9 di marzo 1710-11 (ARNOLD)
William Hogarth, O the Roast Beef of Old England (“The Gate of Calais”) 1748 (fonte: www.tate.org.uk).The Sublime Society of Beef Steaks
Nel 1735 l’attore JOHN RICH, un celebrato Arlecchino del Covent Garden Theatre, e il collega GEORGE LAM BERT, fondarono a Londra la Sublime Società delle Bistecche (The Sublime Society of Beef Steaks), con 24 soci, numero massimo ammesso dallo statuto, provenienti dall’ambiente teatrale ed artistico, detti Beef Steakers o Steakers. Nel 1871, il “fratello” WAL TER ARNOLD, membro della società, ne pubblicò la storia, riportando minuziosamente molte delle usanze e regole, che per questo conosciamo in modo dettagliato.
Il successo della società richiamò l’affiliazione di importanti personaggi, come il grande pittore WILLIAM HOGARTH (1697-1764), e membri della famiglia reale, come nel 1785 il Principe di Galles, il futuro re Giorgio IV, per il quale si scrisse che era stata creata un’eccezione al numero chiuso di ventiquattro, mentre secondo altri dovette aspettare per tre anni il suo turno come gli altri. Dopo il principe, anche i suoi fratelli, i Duchi di Clarence e del Sussex aderirono alla società.
Altri soci illustri furono SAMUEL JOHNSON (1709-1784), critico letterario, poeta, saggista, considerato dall’Oxford Dictionary of National Biography “senza dubbio il letterato più illustre nella storia inglese”, che aderì nel 1780, Lord SAND WICH (1691-1792), Primo Lord dell’Am miragliato, l’attore J OHN KEMBLE, il Marchese di Dalhousie, Governatore generale dell’India, e il deputato radicale JOHN WILKES, costretto all’esilio in Francia sino al 1768 per le sue battaglie per la libertà di stampa.
Nel maggio 1826 si decise di concedere ai due “fratelli” BROUGHAM e STEPHENSON di donare alla Sublime Società una botte da circa 500 litri di Porto (non era permesso presentare alcun regalo alla società se non dietro permesso esplicito). L’autorizzazione a donare sarebbe stata concessa a quello dei due che fosse stato nominato per primo Lord Cancelliere della Gran Bretagna, oppure primo cantante all’Opera
francese, o Master of the Rolls (Presidente della Corte d’Appello Civile di Inghilterra e Galles) o Master in Chancery (capo della Court of Chancery, tribunale di equità di Inghilterra e Galles). Il 28 novembre 1830 il “fratello” Brougham fu nominato Lord Cancelliere ed ebbe quindi il permesso di donare la botte di porto alla società.
Per settant’anni dalla fondazione il Covent Garden Theatre fu la sede della società (che rifiutò sempre il nome di “club”), fino all’incendio che lo distrusse nel 1808, quando migrò presso la Bedford Coffee-House e nel 1809 presso la sede dell’Old Lyceum. Quando anche quest’ultimo teatro bruciò, nel 1830 si trasferì presso la Lyceum Tavern nello Strand, e poi il 7 gennaio 1832 di
nuovo alla Bedford Coffee-House, fino al novembre 1838, quando si costruì una nuova serie di stanze sotto il nuovo tetto dell’Old Lyceum.
La griglia originale per la cottura delle bistecche, recuperata dalle macerie del Covent Garden Theatre e poi del Lyceum, e conservata come una reliquia, era l’ornamento centrale del soffitto della sala da pranzo, interamente costruita in stile gotico, alle pareti erano appesi quadri e stampe con i ritratti di membri passati e presenti. Sulla griglia erano incisi i versi del Macbeth di Shakespeare: “If it were done, when ’tis done, then ’twere well It were done quickly” (“se fosse fatto, quando è fatto, allora sarebbe bene che fosse fatto presto”), giocando sul doppio significato della parola “done”, che
George IV 1785, Samuel William Reynolds (fonte: www.npg.org.uk).nel testo di Shakespeare significa “fatto” riferito ad un omicidio, e nel testo della Society significa “cotta”, riferita ad una bistecca.
Una porta a soffietto separava l’intero lato corto della sala da un’anticamera, dove si trovava una enorme grata, a forma di griglia, che comunicava con la cucina,
attraverso la quale si poteva vedere il fuoco e maneggiare le bistecche. L’apertura della porta annunciava l’inizio del pranzo.
Le sedie dei membri erano in quercia, copiate dalla Glastonbury chair , una sedia altomedievale dell’omonima abbazia, e recavano incise sullo schienale la griglia e le
iniziali e lo stemma di famiglia del membro. Anche il grande tavolo centrale era di legno di quercia. Sul caminetto era inciso il motto della società, un verso di ORAZIO, dal Libro primo delle Epistole: “Ne fidos inter amicos / Sit, qui dicta foret eliminet” (“e non ci sia tra gli amici fedeli, chi divulghi all’esterno le cose dette”), con riferimento al segreto che gli ospiti dovevano tenere su quanto vedevano e sentivano nelle sedute della società.
La gerarchia della “Sublime”
I componenti della società erano: il presidente, il vicepresidente, il vescovo, il cancelliere, i soci ordinari e il boots, ultimo socio ammesso.
Il presidente era nominato a rotazione e nel giorno in cui entrava in carica doveva pagare tutta la carne consumata dai membri, e veniva decorato dal boots con la spilla (badge) della società. Il compito del presidente era di proporre i brindisi nell’ordine previsto, presentare tutte le risoluzioni che erano state proposte nelle forme dovute, osservare tutte le antiche forme e costumi della società e applicarle agli altri. Il presidente non aveva nessun potere derivante dalla sua posizione, anzi era strettamente osservato e controllato e, in caso avesse violato, per ignoranza o dimenticanza, le norme e le consuetudini, anche quelle apparentemente secondarie, veniva aspramente rimproverato. In effetti era una specie di bersaglio a cui chiunque poteva tirare.
Dietro il seggio del presidente era appeso sul lato destro un cappello da beefeater (le guardie della Torre di Londra, letteralmente “mangiatori di carne bovina”) e una piuma e sul lato sinistro un cappello a tricorno. Quando il presidente prendeva una risoluzione doveva mettersi il cappello con la piuma e toglierlo subito dopo. Se non rispettava queste norme veniva sonoramente richiamato all’ordine dall’assemblea.
Il compito principale del presidente era di cantare, anche nel caso in cui fosse stonato, l’inno sociale The Song of the Day. Il vescovo doveva cantare gli inni e il cancelliere aveva l’oneroso compito di rimproverare,
The art of cookery: in imitation of Horace’s Art of poetry, W. King.per misfatti reali o immaginari, gli altri soci.
Lo statuto della società era molto rigido, ma conteneva norme contraddittorie, con lo scopo principale di favorire le infrazioni, e quindi generare punizioni, per il godimento generale, o quasi. Un socio era stato punito per aver donato alla società delle casse di vino pregiato, un altro per essere arrossito. Chi si assentava per tre sessioni consecutive senza giustificato motivo era espulso.
I membri decaduti erano sostituiti sempre per elezione tra i candidati proposti. I candidati all’ingresso come membri erano invitati almeno due volte alle cene
per essere valutati. Le elezioni si svolgevano regolarmente a scrutinio segreto e non si registravano voti contrari.
L’iniziazione di un nuovo membro era motivo di grande allegria ed ilarità, più consona ad una classe di scolari che non a un consesso di adulti. Il nuovo ammesso, dopo aver bevuto porto o punch, era condotto bendato nella sala dal vescovo, che vestiva la mitria e portava il libro su cui era inscritto il giuramento di fedeltà, seguito dagli alabardieri, abbigliati con costumi incongrui ed assurdi, di probabile provenienza dai magazzini teatrali (la forte presenza di attori tra i soci
e la locazione dentro o vicino un teatro rendeva facile trovare costumi e attrezzi di scena). A questo punto il cancelliere leggeva al nuovo membro the Charge, un discorso, tra il serio e il faceto, in cui gli ricordava solennemente gli obblighi che assumeva, il ruolo genuinamente fraterno della società e che la perfetta uguaglianza tra i membri non significava che fosse permessa una eccessiva familiarità. Inoltre, se gli scherzi erano incoraggiati nel senso più libero del termine, non dovevano toccare la personalità e il cameratismo non doveva essere separato dalla buona educazione. Per chi rivelava informazioni ricevute in confidenza da un altro socio, era prevista l’espulsione immediata dalla società.
Seguiva un giuramento a rispettare le leggi, votare in modo imparziale, essere un membro degno della società, che si concludeva con la formula: “So Beef and Liberty be Your Reward” (“e così carne bovina e libertà siano la tua ricompensa”).
Alla fine del giuramento, letto frase per frase dal vescovo e ripetuto dal candidato, interveniva il serjeant, ossia il cuoco, che scambiava il libro con un osso di bovino rimasto dal pasto, accuratamente avvolto in un tovagliolo, e il candidato baciava il libro, o meglio il suo sostituto bovino, ripetendo “So Beef and Liberty be My Reward” (“e così carne bovina e libertà siano la mia ricompensa”) e a questo punto il bendaggio era rimosso.
Il boots aveva spesso vita dura nella società: doveva arrivare nella sede sociale prima del pasto, per andare in cantina a prendere il vino e caraffarlo. Sembra che il maggiore godimento dei soci fosse, una volta ricevuta la bistecca, di intimare al boots di alzarsi da tavola e andare in cantina a prendere una bottiglia di Porto. Nessuno poteva sfuggire a questo compito, compresi i membri della famiglia reale, come il Duca di Sussex, che occupò questa “carica” per un anno, dal 1808 al 1809, finché non subentrò un nuovo arrivato. C’erano però addirittura casi di usurpazione, come quello del Duca di Leinster che, del tutto astemio,
Eurocarni,
La griglia incorniciata d’oro (fonte: W. Arnold, The life and death of the Sublime society of beef steaks).si presentava alla sede della Società prima del boots e gli “rubava il mestiere”, preoccupandosi di andare in cantina a prendere il vino per poi caraffarlo.
Se un boots commetteva qualche infrazione alle regole sociali era condotto fuori dalla sala da due membri che portavano un’alabarda e preceduto da uno recante una spada, in tenuta da penitenza, ossia con indosso la tovaglia bianca. Quindi il cancelliere leggeva il crimine commesso, accompagnato o meno da schiamazzi, a seconda della sua natura, e veniva riammesso alla seduta.
Il pasto
Le bistecche dovevano essere l’unico piatto di carne e, una volta cotte, erano servite subito caldissime su piatti di peltro, cambiati a richiesta per ogni bistecca, con contorno di patate al forno, cipolle spagnole fritte fredde, barbabietole e scalogno a pezzetti. Le bistecche erano servite a vari gradi di cottura, a richiesta di ciascun commensale. Sui piatti e le posate era incisa la griglia, il simbolo della società. La carne era portata da un addetto che la tagliava, quella non consumata era riportata indietro.
Nei primi tempi i membri durante le sessioni (“at the Steaks”) dovevano indossare un giaccone blu e un panciotto color camoscio (per questo si definivano anche “buff and blue”), con bottoni di ottone con impressa la griglia e il motto “Beef and Liberty” oltre ad anelli con le stesse insegne.
La carne era accompagnata dalle tre “P”, cioè birra porter (in boccali di peltro), Porto e punch, ma anche whisky toddy (punch caldo al whisky). Alla fine del pasto erano previsti dei toast al formaggio. Fumare era permesso dopo aver cantato la canzone The Song of the Day e dopo la pronuncia del brindisi di rito (The Usual Toast). Dopo le sei del pomeriggio c’era libero accesso agli alcolici, dando inizio a quella che gli stessi soci definivano una “rumorosa baldoria”.
Un socio che introduceva estranei doveva pagare un’ammenda,
mentre il presidente aveva facoltà di farlo senza penalità.
Il primo e l’ultimo sabato della stagione e il Sabato santo erano “privati” e nessun ospite veniva invitato. In quest’occasione si faceva un bilancio economico e si stabilivano eventuali sanzioni per gli insolventi.
Verso la fine del pasto seguivano i brindisi, proposti dai soci e dagli ospiti. Questi ultimi erano incoraggiati a pronunciarli, con la promessa di pubblicazione a spese della società, ma erano interrotti da fragorosi applausi ancora prima che potessero formularli, mentre l’unico brindisi che era tassativamente vietato era quello “alla prosperità della Sublime Società della Bistecca”
Era frequente che i vari soci, concordemente, improvvisassero scherzi ai danni degli ignari ospiti, come quello a un commerciante di Liverpool che si era messo in testa che i vari membri nobili e della famiglia reale fossero in realtà degli impostori. I veri nobili si finsero allora commercianti, rinfacciandosi a vicenda la cattiva qualità del cibo e degli alcolici che fingevano di aver fornito per il pasto.
Finito il pasto il cuoco in cappello bianco e grembiule girava per i tavoli per riscuotere la quota. Ogni membro pagava 5 scellini per il suo pasto (circa 42 euro di oggi) e 10 scellini e 6 pence (circa 88 euro) per un ospite. La quota di ammissione
Anello (photo © W. Arnold, The life and death of the Sublime society of beef steaks).era di 26 sterline e 5 scellini (oltre 4.400 euro) fino al 1849, quando fu ridotta a 10 sterline e 10 scellini (oltre 1.760 euro), divisa in due rate annuali).
Fine della “Sublime” Come è chiaro dai paragrafi precedenti, la vita della società era fondata sulla goliardia e sui continui scherzi, basati sulla conoscenza reciproca dei rispettivi punti deboli e difetti, ma sempre evitando la mancanza di rispetto e, soprattutto, evitando il crimine peggiore, ossia quello di perdere la calma e offendersi per gli scherzi. Tra queste persone c’era una perfetta cordialità, cementata in anni di frequentazioni, l’epiteto di “fratello” era del tutto appropriato e i legami restarono intatti anche dopo la fine della società.
Questo delicato equilibrio però si ruppe quando cominciarono a mancare persone con le doti adatte per far parte della società. Nel 1839 il Duca di Sussex si ritirò dalla Sublime, anche se tra i suoi ranghi continuavano ad esserci membri del Governo, politici, eminenti esponenti delle professioni e del commercio e persone note per il loro spirito e le loro qualità sociali. La morte nel 1858 del tesoriere e segretario della società, HENRY FRED ERICK STEPHENSON, membro dal 1813, diede un colpo fatale al sodalizio.
Stephenson era il legame tra i vecchi e i nuovi iscritti. Dopo di lui le usanze decaddero, a partire dalla divisa, ai compiti del boots che vennero assunti dal serjeant, gli ospiti cominciarono a non rispettare i soci. I pranzi furono spostati al sabato, con la concorrenza dei treni che portavano gli ospiti alle loro case di campagna, o ai ricevimenti di Lady Palmerston, moglie del Primo Ministro. Il tentativo di spostare le sessioni al venerdì non sortì risultati.
Perfino il porto fu abbandonato, sostituito dallo Sherry.
Il macellaio, fornitore per anni di tre tagli di costato di bovino a settimana, si trovò ad avere richieste molto meno abbondanti e rinunciò.
Nei primi tempi della società la cottura iniziava alle due per terminare alle tre e trenta. Nel 1808
l’inizio era alle quattro, nel 1833 si spostò dalle cinque alle sei, nel 1861 dalle sei alle sette, ma le sette erano troppo presto per consentire una passeggiata al parco nel pomeriggio, così nel 1866 ci si spostò alle otto. In questo modo però i vecchi membri che volevano finire la serata al The Little Theatre in the Haymarket o al Drury Lane, al Covent Garden, al Lyceum o all’Adelphi erano tagliati fuori dalla loro consueta sala, mentre l’innovazione non portò alcun vantaggio. La sala rimase spesso vuota con un solo partecipante: nel 1867 la società si sciolse, tra i suoi membri alcuni erano soci da quasi cinquant’anni.
Canzoni e brindisi
Il libro di Arnold dedica oltre cento pagine, in coda al racconto, a riportare i testi di ventotto canzoni, scritte dai soci e cantate in occasione delle riunioni. La canzone più popolare nella società era The Song of the Day, scritta dal “fratello” T HEODOSIUS FORREST, che, scherzosamente, raccontava che la dea Fama trascurava gli eroi, gli stati e i re per volare a incoronare le bistecche britanniche, il cibo giusto per i figli della libertà, alle quali attribuiva la felicità e la libertà dei britannici: “A Joyful Theme for Britons Free / Happy in Beef and Liberty” (“un tema gioioso per i liberi britannici / felici con carne bovina e libertà”), mentre ai popoli che vivevano sotto la tirannia erano negati carne bovina grassa e libertà.
Era poi citato “The Usual Toast” (“il solito brindisi”) che consisteva nella frase di Orazio incisa sul caminetto. Tra i testi era riportata una poesia in onore di un cuoco defunto, E DWARD H EARDSON , che aveva espresso l’ultimo desiderio di essere portato nella sede della Società e di morire lì.
The Jubilee Song , scritta il 25 febbraio 1786, in occasione del cinquantesimo anniversario della Società dal “fratello” CHARLES MORRIS, legava la conservazione dello spirito di libertà britannico al consumo di carne bovina e rievocava i bovini oggetto di venerazione, dal toro di Mitra per i Persiani, al toro Api egiziano, al vitello di Baal per i Fenici,
al bue per i Greci, dimostrando che la carne bovina è cibo divino, che aveva nutrito e creato gli eroi come Alessandro Magno. Infine la canzone paragonava l’isola della Gran Bretagna ad una bistecca, circondata dal mare come la bistecca dal sugo e da scogliere rocciose come lo scalogno sulla bistecca.
Tra le altre canzoni, “Steak Song”, “Beef and Liberty” e altre contenenti motti di spirito e giochi di parole come “Sir Loin of Beef”, in cui il taglio sirloin, la lombata, era nobilitato separandone il nome in due e attribuendogli quindi un titolo d’onore.
In coda al libro di Arnold era riportato un inventario dei beni della società, consistente in ritratti, foto, cancelleria, posate, stoviglie, ma anche il cappello del presidente, la mitra del vescovo, un busto in marmo di John Wilkes, un paio di alabarde.
Dal 1966 un’altra “Sublime Società della Bistecca” è attiva a Londra, dapprima all’Irish Club, in Eaton Square, poi presso il Beefsteak Club di Irving Street. Oggi le sessioni si tengono al Boisdale Club and Restaurant a Belgravia/Victoria e, annualmente, al White’s Club in St James. La Società adotta norme e abitudini dell’antico sodalizio e ne conserva molte reliquie, tra l’altro la sedia del presidente, in stile gotico, è stata donata dalla Regina Elisabetta nel 1969. Tra i suoi membri ci sono discendenti dei soci originali dell’Ottocento.
Altri “Beefsteak Clubs” Un altro Beefsteak Club fu fondato a Dublino nel 1748 da T HOMAS SHERIDAN, nel Dublin Theatre, ed era presieduto da PEG WOFFINGTON, unico membro femminile. Altri club per artisti del palcoscenico e politici e diversi altri nacquero a Londra e in altre città. Il Liberty Beef Steak Club, che si riuniva a Londra alla Appleby’s Tavern in Parliament Street, nacque per mostrare solidarietà a John Wilkes dopo il suo esilio. JOHN TIMBS scrisse nel 1872 di un Beef-Steak Club che si riuniva a Londra alla Bell Tavern, in Church Row, a Houndsditch, mentre un altro si riuniva al Drury Lane Theatre, sempre a Londra,
e anche a Cambridge esisteva un Beef-Steak Club.
Nel 1780 SAMUEL JOHNSON aderì all’Ivy Lane Club a Londra, nella via omonima, che non è chiaro se fosse un Beef-Steak Club, ma comunque si riuniva in una bisteccheria.
Molti club usarono la griglia come simbolo e alcuni la usarono anche nel nome, come il Gridiron Club di Washington, D.C., negli Stati Uniti, tuttora attivo. Anche a Oxford esiste un Gridiron Club (detto “The Grid”) fondato nel 1884 e tuttora attivo. Il simbolo del club è una griglia, che appare sulle cravatte del club, su fondo blu Oxford (scuro) e sull’insegna della sede del club. Tra gli ex-membri illustri del club di Oxford ci sono lo scrittore JOHN LE CARRÉ e l’ex-primo ministro DAVID CAMERON, presidente del club nel 1987–1988. Nel 1876 è stato fondato a Londra un Beefsteak Club, che divenne un irrinunciabile appuntamento per il dopo teatro per gli appassionati seguaci del teatro anticonformista. Tra i membri del Club, che tuttora si riunisce in Irving Street, 9, gli scrittori BRAM STOKER ed EVELYN WAUGH, il regista RICHARD AT TENBOROUGH, il compositore EDWARD ELGAR il primo ministro HAROLD MACMILLAN e ROBERT BADEN-POWELL, fondatore degli scout.
Andrea Gaddini
Bibliografia
ARNOLD WALTER (1871), The life and death of the Sublime society of beef steaks. Bradbury, Evans, London. GADDINI ANDREA (2013), La Sublime società della bistecca. Taurus, 3: 30-32.
K ING W ILLIAM (1708), The art of cookery: in imitation of Horace’s Art of poetry, printed for Bernard Lintott, London.
Siti visitati
The Sublime Society of Beef Steaks, www. sublimesocietyofbeefsteaks.com
Wikipedia, Beefsteak Club , en.wikipedia.org/wiki/Beefsteak_Club
Wikipedia, The Gridiron Club (Oxford University), en.wikipedia. org/wiki/The_Gridiron_Club_ (Oxford_University).
Sacred Cow, perché la carne allevata bene fa bene, a te e al Pianeta
Che si tratti della nostra salute o di quella del pianeta, oggi è prassi comune attribuire tutte le colpe al consumo di carne. I più diffusi luoghi comuni sono infatti che la carne rossa provoca neoplasie, obesità e cardiopatie; ne mangiamo troppa e la sua produzione non è sostenibile; i prodotti di origine animale non sono indispensabili per la nostra salute; l’allevamento danneggia l’ambiente; mangiare animali non è etico.
Interessi delle multinazionali, ricerche scientifiche viziate, articoli per ottenere facili clic e celebrità vegane poco informate hanno alterato la percezione di cosa dovrebbe essere un sistema equilibrato: il mantra la carne fa male influenza i corsi universitari, le linee guida per l’alimentazione, i menu delle mense e i fondi assegnati alla ricerca.
Col progredire della globalizzazione, il mondo intero sta abbracciando una dieta di tipo occidentale basata su cibi industriali e ultraprocessati, senza rendersi conto che così devasta interi ecosistemi e la salute stessa delle persone.
Partendo dal nobile principio della minor sofferenza, a volte si finisce per risolvere questo dilemma etico, ambientale e nutrizionale rinunciando alla carne una volta per tutte.
Ci viene detto infatti che la soluzione è ridurre o eliminare la carne, rossa in particolare. Ma la scienza non è d’accordo: limitarsi all’agricoltura intensiva è tutt’altro che la soluzione perfetta.
La soluzione non è infatti eliminare la carne, ma cambiare il tipo di allevamento.
In Sacred Cow, la nutrizionista DIANA RODGERS e l’autore bestseller del NEW YORK TIMES ROBB WOLF esplorano i problemi dell’allevamento e del consumo della carne, evidenziando le falle del nostro sistema alimentare e delle “soluzioni” finora proposte, concentrandosi sul gruppo più grande e criticato di tutti: i bovini.
La loro risposta poggia su solide basi scientifiche: la carne e i grassi di origine animale sono essenziali per il nostro corpo; senza animali non può esistere un sistema alimentare sostenibile; una dieta vegana distrugge potenzialmente più vita
Questo libro fa per te se…
e biodiversità rispetto a un allevamento sostenibile.
L’allevamento rigenerativo è uno dei migliori strumenti in nostro possesso per mitigare il cambiamento climatico, questa è la vera soluzione!
• Se sei un onnivoro preoccupato dall’impatto ambientale delle tue scelte alimentari.
• Se sei un vegetariano o un vegano, ma stai prendendo in considerazione l’idea di ricominciare a mangiare carne, come è successo a Robb.
• Se ritieni già che il bestiame da allevamento possa fare parte di un sistema alimentare rigenerativo, ma sei preoccupato che la carne rossa potrebbe ucciderti, questo libro fa per te.
• Se sei aperto alla scienza.
La soluzione per una carne migliore e sostenibileDIANA RODGERS, ROBB WOLF Sacred Cow Perché la carne allevata bene fa bene, a te e al pianeta Traduzione di Antonio Cesto 308 pp. – € 25,00 978-88-3367
Diana Rodgers è una nutrizionista real food che vive e lavora in una fattoria biologica. Oltre alla pratica clinica, si occupa di diffondere a livello internazionale la sua idea di sostenibilità ambientale unita ad una dieta ottimale per l’uomo. Fa parte della Animal Welfare Approved del Savory Institute e di Whole30. Produce il podcast Sustainable Dish e ha diretto e prodotto il film Sacred Cow: The Case for Better Meat. È attiva on-line sui social media (@sustainabledish) e sui suoi due siti, Sustainabledish.com e Sacredcow.info.
Robb Wolf, già ricercatore biochimico, è il due volte autore bestseller per il NEW YORK TIMES e il WALL STREET JOURNAL con “La Paleo Dieta” e “La Paleo dieta su misura”. Ha fatto da revisore per il Journal of Nutrition and Metabolism (Biomed Central) ed è consulente per il Programma di Resilienza del Naval Special Warfare Command. Fa parte del consiglio direttivo della Specialty Health Inc., della Unconquered Life della Chickasaw Nation in Oklahoma e di una serie di altre start-up che si occupano di salute e sostenibilità.
Allevati nel modo corretto, i bovini sono gli eroi imprevisti di questo libro: grazie a loro possiamo aumentare la biodiversità, migliorare la salute del suolo, incrementare la capacità di assorbimento dell’acqua da parte dei terreni, ottenere proteine dense di nutrienti e di alta qualità, preservando al contempo le comunità agricole.
Questa traduzione italiana dove necessario ha confrontato i dati relativi agli Stati Uniti, riportati nel libro, con le statistiche note in Italia e in Europa. Troverete anche una guida pratica per supportare fattorie sostenibili e una sfida di 30 giorni per convertirvi ad una dieta sana e consapevole.
Nel nostro mondo sempre più radicalizzato, dove tutto è bianco o nero, questo libro si propone di introdurre qualche sfumatura indispensabile. Con rigore scientifico, empatia e intelligenza, Rodgers e Wolf dimostrano inequivocabilmente che la carne (ottenuta nel modo giusto) non può mancare a tavola.
I DEALE PER LE T U E PREPARAZI O NI DI SH-1 Meat Shredder