BREVI STORIE DI CIBO LENTO A VELOCITÀ CONTEMPORANEA
Prosciutto di PARMA ti voglio BENE di Alessia Morabito (illustrazioni di Alessia Serafini)
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e l’hai il coraggio di dire “ti voglio bene”? E che genere di persona sei? Una di quelle senza troppe sovrastrutture, che non si vergogna ad esternare i sentimenti e che spera che un “ti voglio bene” ben assestato sia un momento di conforto intimo come un bacio e fortificante come una busta di magnesio in estate? Oppure una di quelle che “ti voglio bene” è un esercizio di autocompiacimento, una esternazione narcisistica, un gesto egoista, una concessione di status? Il bene a volte è lavoro, a volte invece è riconoscimento, entrambi hanno la stessa dignità, per entrambi non bisogna non sentirsi grati, non fortunati. Sono cinica, nei bilanci della mia età c’è la verifica dei “ti voglio bene” ricevuti, compresi quelli ascoltati nei silenzi fisici del non detto e l’analisi di come mi sento nei loro confronti. È quest’analisi continua che sostiene amicizie trentennali, frequentazioni assidue o saltuarie, colpi di fulmine, simpatie ed alcune collaborazioni. Sono cinica, ho verificato controvoglia che esistono circostanze dove “ti voglio bene” non fortifica un bel nulla, dove le persone combattono una lotta silenziosa contro una parte di loro e quel “ti voglio bene” cade, senza colpa di nessuno, in un tonfo sordo. Proteggere ed avere cura sono lontani da possessività ed esclusivismo. Non mi convincerete mai che il bene si misura con la paura che hai di perderlo, per non fare introspezione darò la colpa al mio esser nata nel segno dell’Acquario. Crescere con un’affettività sana è la grande guerra interiore dei secoli nei secoli, genetica, imprinting, storia personale si intrecciano in maniera ingarbugliatissima e definiscono sentimenti ed azioni, ma, ad un certo punto della propria storia, bisogna scegliere che tipo di persone essere e lavorare sodo per asciugare, dare forma, stagionare, autodeterminarsi avendo chiari i propri valori fondanti, si chiama maturità. Alcuni invece invecchiano proprio rancidi, con quel continuo senso di abbandono dal quale, in fondo, non vogliono emanciparsi. Per tutto questo il Prosciutto di Parma è la parabola dell’affettività umana ideale. Si dice “buono come il prosciutto” come metafora di semplicità, schiettezza, genuinità come se non fossero caratteristiche sulle quali lavorare. Dolce, intenso, sapido con grazia, bellissimo e profumato, il Prosciutto di Parma è plurisecolare, senza conservanti, la semplicità di due ingredienti, la carne di maiale e il sale, e una raffinatissima gestione del tempo che nessuna amicizia sarà in grado di replicare. Dovremmo affrontare la vita pensando di stagionare, non di invecchiare. Prosciutto di Parma, ti voglio bene.
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Premiata Salumeria Italiana, 3/21