Hanno fucilato il partigiano davanti a tutti i bambini. È caduto silenziosamente, Julian, nella neve. I bambini piangevano, piangevano mentre li portavano via in fila. Una delle insegnanti è andata con loro, anche se non era ebrea. Ha detto che non avrebbe lasciato i suoi bambini! Nessuno l’ha mai più rivista, poverina. A quel punto, Julian, io non pensavo più alle mie scarpe rosse. Pensavo ai miei amici che erano stati portati via, pensavo ai miei genitori. Ma non tutti i tedeschi erano andati via. Stavano setacciando tutta la scuola. E poi ho sentito uno scricchiolio. Su per le scale, ho sentito dei passi che salivano, che si avvicinavano. Avevo una tale paura! Ho cercato di farmi più piccola possibile, dietro lo scatolone, e ho nascosto la testa sotto una coperta. Poi ho sentito una voce che sussurrava il mio nome. E non era la voce di un uomo. Era un bambino. “Sara!” ha bisbigliato di nuovo la voce. Ho fatto capolino fuori dalla coperta. Era Tourteau; ero così stupita, perché in tutti quegli anni non gli avevo mai parlato né lui a me. Eppure, eccolo lì, che mi chiamava per nome dicendomi di seguirlo. Mi ha guidata lungo un corridoio fin dentro la cappella della scuola, dove c’era una cripta. Siamo andati fino alle fondamenta sotto la cripta e poi siamo arrivati a un passaggio, talmente stretto che dovevamo camminare di lato per passarci. Abbiamo camminato per tutta la notte. Tourteau camminava a fatica con i bastoni. Mi prestò il suo giaccone, perché avevo molto freddo e non si preoccupò di aver freddo anche lui. Mi resi conto che Tourteau era una persona molto gentile e generosa e mi vergognai di averlo trattato sempre male. Le fogne portavano fino ai terreni coltivati. Era lì che abitava Tourteau. Mi ha portata a casa sua e poco dopo è arrivata la sua mamma, che mi ha abbracciata e consolata. Oh Julian, quello è stato l’abbraccio più confortante che io abbia mai ricevuto. Ho pianto così forte, fra le braccia di quella donna, perché l’ho capito in quel momento, ho capito che non avrei mai più rivisto mia madre. L’ho sentito nel cuore e basta. È stata deportata quel giorno. Ad Auschwitz. E non l’ho mai più rivista.
106