WSA TN_People. Chiedimi cos'è la fragilità. Interviste su inclusione e marginalità

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Intervista a MARTINO ALUNNI, ex – segretario in una fabbrica con disabilità motoria

Preferisco i bambini Se volessi descrivere la disabilità con una sola parola, quale sarebbe? Credo che la parola sarebbe impotenza, mi spiego meglio: noi disabili nell’arco della nostra vita ci siamo sentiti per almeno una volta un peso per qualcuno vicino a noi e un peso per noi stessi, l’impotenza è quella cosa che ci fa capire quante cose oggettivamente saremo in grado di fare. Ci manca la libertà di voler fare quello che immaginiamo, ci manca la forza di poter fare quello che vorremmo. Senza l’aiuto dell’assistenza adeguata quante cose non riuscirebbe a compiere nella sua vita quotidiana? Il mio problema più grande sono gli spostamenti o i movimenti in generale: per esempio non sarei in grado di andare al lavoro, le barriere architettoniche non me lo permetterebbero. Se tutte le strutture fossero adeguatamente attrezzate mi permetterei di dire che sarei una persona normale e riuscirei a condurre una vita molto simile rispetto agli altri. A che età si è reso effettivamente conto di avere una disabilità motoria? Fin da bambino ho sempre saputo di essere diverso: ma da piccoli si ha sempre l’aspetto fantasioso che influenza molto la realtà. Mi ricordo di un preciso giorno, era un giorno di dicembre ed avevo 14 anni, quando mia sorella maggiore mi disse che avrei avuto una vita diversa da tutti gli altri e che mi sarei dovuto accettare com’ero, mi sarei dovuto imporre degli obiettivi raggiungibili e inseguirli. Da quel giorno mi sono reso conto di quanto fossi diverso dai miei compagni e delle opportunità in meno che avrei avuto rispetto a loro. Le mie capacità fisiche hanno influito molto sulla mia vita ma senza di loro non sarei diventato la persona che sono adesso, quindi dopo averle accettate si riesce benissimo a conviverci. Hai mai percepito imbarazzo altrui sulla tua condizione? Le domande che più frequentemente mi porgono ovviamente sono sempre le stesse e non sono nemmeno difficili da immaginare, l’imbarazzo è presente in molte occasioni ma non me ne sorprendo. I bambini sono i miei preferiti perché più sinceri e diretti: se hanno una domanda da porti non si fanno scrupoli. Come stai vivendo la quarantena? Cos’è cambiato o migliorato?


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