Rinascere n. 2 e 3 2023

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Rinascere

Rinascere

Bimestrale - anno 25 - n° 2-3 marzo/giugno 2023

Poste Italiane S.p.a. Spedizione in abbonamento postale - 70% dcb roma

n Francesca Sacchi Lodispoto

Fratelli tutti, una pace possibile

n Sabina De Innocentiis

Un solo oceano, un solo futuro

n Rina Bova e Silvana Bartoli

Piano di lavoro: la pace

n Paola Zelioli e Alberto

Mambelli

Piano di lavoro in Emilia

Romagna

n Marta Cervo

I corridoi umanitari

n Maria Serena Asso

La riforma Cartabia

n Adelfo Paternò Castello

Quale futuro per la mobilità

n Maria Esposito

Tutti protagonisti nella chiesa

n Pier Giuseppe Accornero

La dottrina della scoperta

n Roberta Masella

Chiesa nel mondo

n Giovanna Lazzeri

Genova, Sinodo, immigrati 2-3

Rinascere Rinascere

N. 2-3 marzo/giugno 2023

n EDITORIALE

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Fratelli tutti una pace possibile di Francesca Sacchi Lodispoto

n PIANO DI LAVORO

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Sintesi Meditazione e Inchiesta

Sabina De Innocentiis, Paola

Zelioli, Rina Bova, Silvana Bartoli, Gruppo Mambelli, Maria Grazia Vitale

n SOCIETÁ

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Corridoi umanitari di Marta Cervo

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Accogliere con dignità è possibile a cura di Francesca Sacchi Lodispoto

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La riforma Cartabia di Maria Serena Asso

n MOVIMENTO

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Scuola dell’Immacolata a cura di Giovanna Lazzeri

n DOCUMENTI

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Quale futuro per la mobilità? di Adelfo Paternò Castello

n ECOLOGIA INTEGRALE

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Un solo oceano, un solo futuro di Sabina De Innocentiis

n CHIESA ITALIANA

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Pace e transizione ecologica di Francesca Sacchi Lodispoto

n FORMAZIONE

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Tutti protagonisti nella chiesa di Maria Esposito

n CHIESA UNIVERSALE

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Dottrina della scoperta di Pier Giuseppe Accornero

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Chiesa nel mondo di Roberta Masella

n SINODO

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Il contributo del MIAMSI

a cura del Relais Europeo

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La forza della parola a cura di Giovanna Lazzeri

n RECENSIONI

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Antonio Spadaro, Nello Scavo, Luigi Berzano, Paolo Benanti

2 Sommario

una pace possibile

di Francesca Sacchi Lodispoto

In questo maggio 2023 siamo al termine del nostro lavoro di Rinascita Cristiana: un anno fatto di cambiamenti positivi, in particolare la fine della pandemia e il ritorno per tanti ad una normalità di vita, ma segnato anche da tanti episodi negativi.

La guerra in Ucraina che ormai dura da più di un anno con indicibili orrori e sofferenze; i cambiamenti climatici sempre più aggressivi anche nel nostro paese (come dimostra l’ultimo terribile episodio di inondazione in Emilia Romagna); la tragedia dell’immigrazione di cui la recente strage di Cutro è solo l’ultimo segnale, tanto da diventare un discutibile decreto; il diffondersi delle guerre nel mondo divenuto un fenomeno strutturale; una politica in affanno che stenta a dare risposte ad un paese sempre più lontano da una reale giustizia sociale; un paese malinconico a rischio di depressione, soprattutto nei più giovani, come ha già sottolineato il Rapporto Censis pubblicato nel numero 1/2023 di Rinascere. In definitiva un paese invecchiato in cui l’assenza di nuove nascite è la cartina di tornasole della mancanza di speranza e di prospettive nel futuro.

L’anno passato abbiamo lavorato su “una fraternità possibile” e sui passi per realizzarla e ci siamo chiesti: “ma siamo ancora capaci di costruire il futuro?”. Ma costruire il futuro non significa “galleggiare”, secondo una bella riflessione di P. Licio Prati, bensì “navigare”, avere un senso di marcia, un orizzonte, un cielo stellato che ci indica il nord per governare la nave. Abbiamo quindi bisogno dell’intelligenza per cogliere la verità delle cose, del pensiero critico e della scienza ma anche della sapienza del cuore per dare unità alla nostra persona e attuare i nostri progetti.

Ed eccoci ancora all’oggi con l’inchiesta dell’attuale Piano di Lavoro “Preparare percorsi di pace”. Le grandi emergenze non sono ancora terminate, anzi si sono aggravate, le tocchiamo con mano. In questo senso il nostro piano di Lavoro dal titolo PACE ci ricorda che la pace oggi non è solo assenza di guerra, ma significa essere sempre più attenti alla situazione climatica, al consumo di acqua e all’accesso all’acqua, al consumo di suolo anche a causa delle energie rinnovabili,

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Fratelli tutti

all’aumento delle disuguaglianze e infine al protrarsi della terza guerra mondiale a pezzi di cui l’Ucraina con il Sudan restano i fenomeni più vistosi.

Il 27 maggio abbiano celebrato un secolo dalla nascita di don Lorenzo Milani, uno dei grandi sognatori del secolo passato. Un prete scomodo che ha scritto un libro straordinario “Lettera ad una professoressa” con il quale ha costretto la scuola italiana a riflettere sulle sue mancanze, la società italiana sulle sue ingiustizie, la chiesa sulle sue complicità e che per primo ha indicato il valore dell’obiezione di coscienza. In questi mesi abbiamo sentito invocare il merito come pilastro della scuola, tanto da aggiungerlo al nome del Ministero della Pubblica Istruzione; ma in Italia l’abbandono scolastico è tra i più alti di Europa e le differenze tra le nostre scuole sono abissali secondo le aree geografiche. Don Milani ci ricorda che “non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra disuguali”. Cosa direbbe allora oggi il Priore della scuola di Barbiana riguardo all’abbandono scolastico, all’inserimento difficile di immigrati nel sistema scolastico, alla desolazione di molte carceri minorili (non bastano per il riscatto le serie TV!) alla mancanza di lavoro di tanti giovani, uomini e donne, senza prospettive?

A questi e a tanti altri interrogativi hanno cercato di rispondere i nostri gruppi perché non c’è pace senza giustizia, nella stessa nazione, tra forze politiche, nell’Europa, nel creato e nel mondo.

Per questo abbiamo ritenuto come redazione di realizzare un numero doppio di Rinascere in vista dell’estate, un numero corposo che può accompagnare la nostra riflessione e, soprattutto nella sua prima parte, darci il senso attraverso la rubrica Piano di Lavoro, di quello che è stato l’approfondimento dei nostri gruppi nelle varie città italiane.

Siamo convinti che oggi più che mai c’è bisogno di una riflessione etica da parte di tutti e di un grande impegno educativo a tutte le età per fare quei passi che ci permettano un reale cambiamento.

Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium suggerisce che il tempo è superiore allo spazio e che i cambiamenti reali richiedono molto tempo e tutto ciò richiama la speranza, una speranza attenta e generativa in grado di modificare gli stili di vita di tutti e in tutti i campi.

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Un gruppo speciale interregionale online

Il nostro è un gruppo un po’ particolare e non troppo strutturato: viviamo sparpagliati nelle varie regioni d’Italia e da tre anni ci incontriamo on line ogni 2-3 settimane, con la guida spirituale di P. Licio Prati. La maggior parte frequenta anche altri gruppi di Rinascita, partecipa e agisce concretamente per quanto può nelle iniziative locali e nazionali; recentemente poi diversi di noi hanno assunto impegni nella redazione di Rinascere.

Nell’inchiesta di quest’anno abbiamo trovato un forte legame con quella dell’anno scorso e quindi la necessità di partire dalla seconda riflessione dell’Osservare, in particolare dai temi della cura dell’ambiente e del superamento delle diseguaglianze e delle ingiustizie. Ci è venuto inoltre spontaneo esplorare il tema della Pace a più riprese e da diverse prospettive: quella esistenziale e spirituale, ragionando sull’essere persone “in” pace e/o/ per essere persone “di” pace e riflettendo anche su come la tradizione orientale e quella occidentale si riuniscano poi in una unica via; e da quella economica e politica, contenute nella prima e nella quarta domanda. Il tema della giustizia è poi tornato anche come una costante nelle varie meditazioni del Vangelo di Matteo dalle quali abbiamo tratto come metro di riferimento per il nostro agire l’apparente ossimoro del giusto che non giudica.

Soprattutto, abbiamo poi trovato una sintesi a tutto questo nella visione collettiva del film “La lettera” in cui si rende evidente quanto sia tutto realmente e inestricabilmente connesso: giustizia sociale e giustizia ecologica, ambiente ed economia, e quanto solamente lasciandosi convertire nel profondo dalle voci dei poveri, dei giovani, dei popoli e della scienza si può tentare di sanare le ferite dell’Uomo e del Pianeta.

Da là siamo quindi ripartiti con rinnovato vigore nel rivolgersi al terzo punto dell’inchiesta, per chiederci ancora più concretamente quali esperienze di costruzione di pace e di impegno contro la violenza abbiamo vissuto e viviamo quotidianamente, scoprendo, quasi inaspettatamente, quanto queste siano presenti nel nostro agire: chi si trova come insegnante o dirigente scolastico nel mediare tra adolescenti e promuovere iniziative contro il bullismo, chi sperimenta quanto sia importante disinnescare il conflitto a livello personale e politico, chi contribuisce alla riappacificazione in tribunale e a difendere le vittime di violenza psicologica, chi professionalmente è impegnato nella difesa dell’ambiente, chi agisce sul tema della Pace nei movimenti e nell’associazionismo e chi si trova a diffondere concretamente la legalità nel proprio territorio.

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Incontri di Rinascita a Reggio Emilia

Anche quest’anno gli incontri di Rinascita, oltre a regalarci più fraternità e amicizia, hanno contribuito ad accentuare in noi un senso di inadeguatezza, insoddisfazione per come viviamo la nostra storia, il nostro presente sia come società che come Chiesa.

La guerra, le guerre che ci hanno accompagnato, non solo quella ucraina, a cui non vogliamo assuefarci, son state motivo di riflessione attraverso la preghiera, le meditazioni e l’inchiesta. La ricerca della pace, il silenzio delle armi crediamo debbano impegnare la nostra intelligenza e il nostro cuore.

Fin dalla prima meditazione, Gesù benedice gli operatori di pace, i due commentatori ci hanno guidato a diventare seminatori di pace, convinti che il raccolto ricompenserà la fatica (VII meditazione). Abbiamo apprezzato, dopo una iniziale fatica, i commenti proposti sul piano di lavoro che ben si sono armonizzati con le letture dei testi del magistero proposti. Anzi abbiamo aggiunto per meglio approfondire e riflettere altri testi, in particolare il discorso di Lercaro sulla pace del primo gennaio 1978, interventi del monaco Dossetti, l’articolo di Gianni Minà “La pace si abbraccia senza se e senza ma”, l’articolo di John Florio, pseudonimo di Lucio Caracciolo apparso su Limes e non ultimi articoli in

occasione dell’anniversario della “Pacem in terris”.

I nostri incontri, a scadenza settimanale, con la celebrazione di alcune messe con il nostro Don Eugenio sono risultati un esame di coscienza sui nostri stili di vita: ingiustizie, diseguaglianze, provenienze geografiche, educazione e cultura, salute e senso di appartenenza sono alla radice di uno squilibrio mondiale disumano. Le nazioni occidentali, nella loro presunzione, hanno commesso errori gravissimi in nome del potere, dell’arroganza del denaro, delle alleanze che hanno snaturato il significato di democrazia.

Sentiamo la dignità della persona e di ogni persona calpestata dalla guerra. “A tutti gli uomini di buona volontà / spetta un compito immenso: / il compito di ricomporre i rapporti / della convivenza nella verità / nella giustizia, nell’amore, nella libertà” (Tonino Bello)

L’irrazionalità della guerra, segno di morte dell’umanità e del creato hanno interpellato e inquietano ciascuno di noi, partecipi di un presente che vorremmo più umano e civile, generativo di vita per i fratelli e per la terra tutta. In tal senso ci hanno accompagnato le lettere giunte dall’Amazzonia di due missionari reggiani: un grande segno di speranza. Ed un invito a rendere gioiosa la nostra fede, a spogliarla di moralismo, a cogliere

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Piano di

l’umanità di Gesù: “non fede in Gesù ma fede di Gesù”. Ascolto, mitezza, dialogo, vicinanza, incontro auspichiamo divengano uno stile nostro come chiesa: non il giudizio ma la condivisione. E il dibattito tra noi si è allargato: quale è lo stato attuale della cultura, (in)civiltà occidentale cristiana? Quando e come la chiesa occidentale ha smarrito il suo ruolo, con “la debolezza della fede e la forza della religione”?

L’anniversario dell’enciclica ci ha

suggerito il tema della storia, del dovere di non smarrire la memoria della storia. È stato con noi domenica 16 aprile Pierluigi Castagnetti per trattare del campo di Fossoli. Eravamo presenti in una quarantina, non solo di Rinascita ma amici e persone con il desiderio di ascolto e confronto, che oltre ad aver ringraziato hanno chiesto di creare altri incontri. Tra le altre iniziative il 9 marzo una riflessione via zoom proposta a tutta Italia sulla figura di San Giuseppe.

Iride Conficoni Giuseppe tra sogno e realtà

Ed. San Lorenzo, Euro 18,50

La genesi figurale ed ideativa del libro “Giuseppe tra sogno e realtà” trova le sue radici, oltre che nella curiosità intellettuale ed agiografica dell’autrice, nelle sollecitazioni indotte dalla “Patris corde“ di Francesco e dall’essere stato il 2021 l’anno dedicato a San Giuseppe, come colui che «ebbe il coraggio di assumere la paternità legale di Gesù», avendo così un ruolo centrale nella storia della salvezza. Francesco lo cita come discendente della casa di Davide e dunque «cerniera tra antico e nuovo testamento». Nell’analisi testuale, se è vero, come dice F. Schelling, che il pensiero è parola invisibile e la parola è pensiero espresso, è altrettanto vero che la Conficoni trova la corrispondenza biunivoca tra i due piani. La scrittrice con tecnica rapsodica raccorda il piano inventivo con la realtà delle fonti evangeliche, puntualmente citate e descritte e crea quindi una suggestione nell’ uso della parola come unione di “patos” ed “eidos”. Al dinamismo spirituale corrisponde un certo dinamismo linguistico. Formalmente pregevole risulta l’espressione: stile fluido, appropriato, scorrevole, colloquiale a tratti, naturalmente fantastico. E proprio la fantasia colma i vuoti ed i silenzi di Giuseppe, straordinaria figura, uomo dei sogni con il quale la Divinità comunica analogicamente «ante verba» e non «per verba» e che nel testo trova voce e protagonismo. Il progetto grafico è supportato dalle scelte di fondo operate dall’autrice che individua nella poesia il mezzo mediatico privilegiato, arricchito da illustrazioni di rilievo, relative all’iconografia del santo. La trasposizione, tipicamente teatrale, conferisce forza all’immaginazione e chiude in mirabile sintesi l’alternanza appunto del sogno e della realtà, offrendo al lettore “un unicum” editoriale.

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Piano di Lavoro

Per un percorso di pace un gruppo di Reggio Calabria

Il tema dell’inchiesta di quest’anno ci ha stimolati a riscoprire vari testi, tra cui anche l’enciclica “Pacem in terris” di papa Giovanni XXIII, che compie sessant’anni ma è attualissima. Non solo perché denuncia l’immoralità della guerra, ma anche perché è quanto mai attuale l’appello “a tutti gli uomini di buona volontà” perché guardino “ai segni dei tempi”. Per capire la storia in cui siamo immersi è forse opportuno abbandonare il pigro chiacchiericcio degli esperti di geopolitica e le propagande ideologiche, per affrontare veramente le grandi questioni politiche, economiche, sociali e culturali del nostro tempo.

La globalizzazione ha portato ad un consumismo esasperato e ad uno sfruttamento senza regole delle risorse della Terra, causando sempre maggiore inquinamento e aumentando notevolmente le disuguaglianze. Paradossalmente, i Paesi che hanno maggiori ricchezze di materie prime, come quelli dell’Africa, sono tra i più poveri del Pianeta.

Questa corsa, verso un progresso che poco ha di etico e verso l’accaparramento di tali territori, minaccia gravemente la pace mondiale.

Difatti, dinanzi ai conflitti che ormai, da anni, interessano numerosi Paesi dell’Africa e del Medio Oriente e alla recente invasione dell’Ucraina, papa

Francesco ha dichiarato:” Oggi stiamo vivendo una terza guerra mondiale a pezzetti” che sembra portare morte e distruzione solo in alcune aree del pianeta ma che, nella sostanza, coinvolge noi tutti.

Questi conflitti hanno attivato reazioni che vanno dalla paura allo stress, dall’ansia alla depressione; di fronte alla violenza e ai bollettini quotidiani di morti e feriti, tra i più giovani sono state rilevate manifestazioni di panico. Tali reazioni nascono da motivazioni dettate dalla preoccupazione e dall’incertezza per il presente e per il prossimo futuro. Bisogna sottolineare però che ad esse si accompagnano sentimenti di compassione per le vittime, gesti di solidarietà concreti, pressioni da parte dell’opinione pubblica sulle istituzioni politiche ed internazionali affinchè si adoperino a favore della pace. La pace, infatti, non è un’ideologia astratta da imporre gridando slogan, ma è una domanda che scaturisce dalla profondità della storia, dai morti per bombe, droni, missili o in combattimenti, dalle vittime di crudeli atrocità, dalle migliaia di bambini scomparsi.

Assistiamo invece, e questo sia materia di riflessione, agli aumenti delle spese militari, alla corsa agli armamenti, all’invio di armi sofisticate di nuova generazione, che vengono te-

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state in un contesto di guerra reale. È giusto ricordare che sono stati tentati anche percorsi di carattere diplomatico che, purtroppo non hanno avuto esiti positivi. A ciò si aggiunga che il perdurare della guerra in Ucraina ha reso gran parte della popolazione occidentale disorientata e poco fiduciosa sul ruolo svolto dall’Unione Europea, dall’ONU, dalla NATO e dai vari governi. Il nostro impegno a livello personale, sociale ed ecclesiale ci porta a sostenere quei movimenti che combattono i modelli di sviluppo che mortificano la dignità dell’uomo e non si pongono come obiettivo importante la cura e la tutela dell’ambiente.

Una svolta nell’attuale modo di vivere è urgente. Ernesto Balducci, sacerdote scomodo, morto nel 1992, molti anni fa ha evocato profeticamente l’immagine di un mondo non padrone, ma custode della Terra. Lo stesso messaggio dell’Enciclica “ Laudato si’ “ di papa Francesco, che parla di conversione ecologica. Tale conversione parte anche da una conversione comunitaria che impone una grave responsabilità e che si estende alla relazione con le altre creature e con il mondo che ci circonda. Tutto questo è possibile se siamo in pace con noi stessi. La pace interiore è molto legata alla cura dell’ecologia e al bene comune e rafforza la solidarietà con i più bisognosi.

Attuale in tal senso è anche il messaggio di Madre Teresa di Calcutta: “per promuovere la pace, va’ a casa

ed ama la tua famiglia”. L’insegnamento che ne deriva è quello di partire da noi stessi, dalle nostre famiglie, per offrire esempi ispirati alla pace, all’amore e al rispetto, tra congiunti e verso gli altri.

Il percorso in Rinascita Cristiana ci ha sempre fatto riflettere su queste tematiche, indicandoci la via per praticare stili di vita rispettosi dei valori della pace e della fraternità.

Per costruire un mondo più aperto e giusto dobbiamo innanzitutto mettere da parte gli egoismi e gli interessi personali e promuovere i vari campi delle attività umane secondo criteri

di giustizia, di sostenibilità sociale, economica ed ambientale.

Il nostro compito è quello di consegnare alle generazioni future un pianeta non depauperato di tutte le sue risorse e ancora in grado di sostenere il genere umano. L’essere coinvolti in questo progetto ci insegna il rispetto per il Creato e per tutti gli esseri viventi.

Perciò, con San Francesco, preghiamo: “Altissimo, glorioso Dio, illumina le tenebre de lo core mio”; solo così ogni atto d’amore verso i nostri fratelli e verso la nostra Madre Terra diventa un’opera di pace.

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Lecco: la pace, shalom un’informazione necessaria

Numerose sono nel mondo le situazioni di violenza e di aggressione, dal mancato rispetto dei diritti umani, agli scontri di religione, alle guerre. In particolare, il momento storico che viviamo in seguito all’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia ha fatto avvertire come incombente e vicino il grave pericolo della guerra, del riarmo e delle bombe nucleari. Varie sono state le fonti di informazione: Radio (Rai 1), Televisione (canali nazionali, La 7, Sat2000), riviste (Aggiornamenti Sociali), i grandi giornali nazionali (Corriere, Avvenire…), figure di grandi uomini come Ghandi, La Pira, Gino Strada, gli interventi dei papi nella storia della Chiesa, fino a quelli di Papa Francesco che invoca alternative che escludano violenza, “attraverso la mediazione, la riconciliazione e il negoziato per trovare un punto d’accordo, un compromesso, salvaguardando la logica della cooperazione (“Fratelli tutti”). Pur tenendo presente che il rischio può essere la divisione tra buoni e cattivi, tra guerra e una forma di resistenza non violenta, c’è stata un’unanime reazione emotiva di vicinanza al popolo ucraino. Di fronte a questa tragedia umanitaria, in un confronto aperto, abbiamo considerato le varie opinioni e quali siano gli elementi che possono aiutarci a discernere circa l’uso della forza militare.

Le fonti di informazione prese in considerazione sostengono che solo una guerra difensiva può essere ritenuta moralmente accettabile, che l’aggressione di uno stato verso un altro non è tollerabile quando non c’è una causa giusta. Sotto questo aspetto l’Ucraina ha diritto a difendersi anche con l’appoggio di forze, di sanzioni internazionali, secondo la logica della cooperazione. Ma i vari modi di intendere la promozione della pace riconducono comunque, tutti, all’importanza di una valutazione etica che tenga conto anche delle pesanti conseguenze derivanti dall’impiego della tecnologia moderna.

Anche le meditazioni del Vangelo di Matteo, sottolineando il valore della giustizia e della responsabilità della coscienza individuale nelle scelte, ci aiutano ad affrontare le situazioni di guerra, di potere e di privilegio in maniera più cristiana e consapevole. Quello che noi, quasi tutte ormai di una certa età, possiamo impegnarci a fare è rimanere informate delle criticità esistenti e contribuire concretamente aiutando chi ha bisogno sia sul piano materiale che culturale, aderendo in modo attivo alle varie associazioni di Volontariato presenti sul nostro territorio, non dimenticando mai la grande forza della preghiera.

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Quale mentalità quale fede necessaria

Secondo il metodo di Rinascita il gruppo ha riflettuto sulle mentalità emerse riguardo alla guerra in Ucraina e alle varie responsabilità in campo e ha proposto un approfondimento sulla fede

Le mentalità emerse, che ci riguardano anche personalmente, sono: la ricerca del potere, il prevalere sull’altro, la mancanza di fiducia nel dialogo, la scarsa conoscenza o la non accettazione delle diversità culturali. Si rileva anche da un lato la scarsa incidenza delle religioni, relegate a riti, dall’altro la loro strumentalizzazione con l’asservimento al potere (ad esempio Kirill e la benedizione delle armi).

Ci si è resi conto che le Encicliche di Papa Francesco “Laudato sì e Fratelli tutti” sono altamente profetiche: contengono una visione globale dei problemi che sono interconnessi a livello sociale, economico ed ambientale. Con i suoi continui appelli, il Papa invita a cercare tutti i mezzi per costruire una pace giusta e ragionevole.

Con la guerra, come possiamo constatare, sono i poveri che subiscono le maggiori conseguenze; le risorse vengono impiegate per distruggere e costruire armi sempre più potenti; l’ambiente viene violentato con conseguenze quasi irreparabili, e vengono fatte scelte che tengono conto più del consenso immediato che di una visione lungimirante.

La fede ci aiuta a capire che: gli atteggiamenti che possono favorire la Pace devono partire dall’educazione di ogni persona. Essi devono favorire il dialogo, l’ascolto delle ragioni dell’altro, il difendere le proprie posizioni senza violenza, accettando anche talvolta di essere “perdenti” per il bene comune, per far emergere una posizione nuova.

Alcune esperienze:

Nel nostro piccolo, il gruppo si sta facendo carico del sostegno ad una famiglia pachistana (mamma e due bambini) e sta sperimentando cosa significa dare un aiuto per l’integrazione rispettando differenze sociali, culturali e religiose: anche questo è un piccolo allenamento a costruire percorsi di Pace

La partecipazione agli incontri Sinodali ha fatto emergere come nel gruppo R.C. fosse già applicato il metodo dell’ascolto profondo e come nella Chiesa sia ancora da promuovere. Abbiamo posto più attenzione ai consumi (vedi limitazioni nel riscaldamento) ed al rispetto dell’ambiente partecipando ad alcune iniziative promosse dai “Circoli Laudato sì”.

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Catania: meditare un aiuto al discernimento

Ibrani del Vangelo di Matteo proposti dal PdL hanno molto interessato i componenti del gruppo; ci hanno infatti stimolato a guardare profondamente dentro noi stessi per poter meglio osservare la realtà che ci circonda. Sono brani che tutti conosciamo, ma tuttavia rileggendoli e meditandoli nei nostri incontri, guidati dalle parole illuminanti del nostro Assistente P. Carmelo Torrisi, hanno suscitato in noi emozioni più intense, probabilmente perché nel corso degli anni abbiamo maturato un costante approfondimento della Parola.

I capitoli proposti dal PdL, che possiamo definire il “cuore del Vangelo di Matteo”, sconvolgono per l’immenso Messaggio d’amore in essi contenuto, ma altresì stimolano a soffermarsi sulla constatazione di quanto tale Messaggio venga disatteso nella quotidianità della società odierna. Questa amara presa di coscienza si è consolidata man mano che abbiamo cercato di dare risposte alle domande di pace che l’inchiesta propone. Concordiamo unanimi nel prendere come punto di partenza il versetto di Matteo 12,50: “Chiunque fa la volontà del Padre Mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre’’. Gesù vuole che la Chiesa sia una famiglia, non certo in alternativa alla famiglia naturale ma come suo fonda-

mento e indispensabile compimento. Noi cristiani siamo chiamati ad essere ‘’casa e scuola di comunione’’- come diceva Giovanni Paolo II. Infatti la coscienza di essere figli di un unico Padre, ci impegna a vivere da fratelli e costruire una comunione affettiva ed effettiva, una sincera condivisione, che consiste nel prendersi cura gli uni degli altri. È questo il messaggio che Papa Francesco manda a partire da “Evangelii Gaudium” fino a “Fratelli Tutti”.

Allora cosa fare per cambiare le cose? La risposta è una sola: non perdere la Speranza ma pregare Dio, Padre attento e misericordioso, affinchè ci aiuti a mettere in pratica il Suo messaggio nella nostra vita. Per convertire il proprio cuore, non basta solo cercare, è necessario dare slancio al cammino di sequela rendendo la nostra fede un legame così forte da diventare familiare. Ascoltare, condividere e partecipare alla stessa missione di Cristo è “essere in relazione con Lui”, così come indicano le stesse parole “madre, fratello, sorella”. È la “purezza del cuore” che permetterà di vedere Dio nell’altro, in chi ha un’altra fede o un altro colore della pelle. Si sta bene con gli altri se si ha un rapporto profondo con Dio e la vita spirituale cresce non solo con il rapporto con Dio ma anche nel rapporto con i fratelli.

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Corridoi umanitari: una via legale e sicura d’ingresso

Le migrazioni da sempre costituiscono una sfida e un’opportunità per chi migra e per chi accoglie, e per il continente europeo questo è più vero in quanto la sua identità storica, culturale e politica si è sviluppata grazie all’incontro e alla contaminazione fra popoli diversi. Oggi però la realtà ci pone di fronte ad importanti sfide per la difficoltà a gestire flussi continui in entrata e in uscita di migranti, a cui l’Europa risponde tendenzialmente chiudendosi entro i propri confini, mettendo in atto politiche influenzate da esigenze di sicurezza che limitano la possibilità di ingressi legali. Tali politiche paradossalmente alimentano i flussi irregolari a spese soprattutto dei migranti forzati, che sono costretti a lasciare i loro paesi a causa di conflitti o perché vittime di persecuzioni, senza poter accedere legalmente ad un’efficace protezione internazionale. Queste persone, accolte in modo precario e non adeguatamente protette nei paesi di transito in Medio Oriente, Corno d’Africa e Nord Africa, sono costrette ad intraprendere viaggi pericolosi affidandosi a trafficanti di esseri umani, pagando cifre esorbitanti ed esponendosi a rischi altissimi in mare.

La migrazione legale intesa in senso ampio, cioè coinvolgente flussi di persone che si spostano legittimamente per diverse ragioni (asilo politico, ricongiungimento familiare, istruzione, affari…) può essere uno strumento efficace di gestione e controllo dei flussi contrastando le attività dei trafficanti, favorendo la sicurezza ed evitando le morti in mare. L’articolo 79 del trattato di funzionamento dell’Unione Europea pone la lotta all’immigrazione illegale come uno dei pilastri della politica migratoria comune, ma attualmente le politiche europee non sono capaci di cogliere appieno le potenzialità legate alla migrazione regolare e i limiti delle politiche restrittive, intervenendo con scelte semplicistiche di corto respiro inadeguate a gestire la sfida posta dalle migrazioni. L’Europa se da un lato è stata in grado in questi anni di accogliere salvandoli centinaia di migliaia di profughi, dall’altro ha mostrato un volto più duro con le politiche di blocco dei flussi migratori, arrivando fino ai respingimenti forzati dai territori di arrivo verso gli stati vicini o esterni alle frontiere europee, privando le persone del legittimo diritto a chiedere l’asilo politico. In presenza di tali politiche restrittive e in assenza di piani governativi efficaci di lungo respiro per affrontare le migrazioni, la società civile in Europa (seppure per numeri molto limitati di persone) e oltreoceano si è attivata per dare risposte al bisogno di protezione a migliaia di persone in fuga, ma anche al bisogno di lavoro, istruzione e salute, individuando strumenti che hanno

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saputo dare risposte efficaci. Determinante è stato a partire dal 2015 in piena crisi siriana l’appello di Papa Francesco affinché ogni parrocchia, comunità religiosa monastero o santuario d’Europa accogliesse una famiglia di rifugiati; questo ha avuto una grande risonanza tra i gruppi di ispirazione cristiana, specialmente all’interno della comunità cattolica in Italia, ma anche in Belgio, in Francia, nella repubblica di S. Marino e nel Principato di Andorra, come anche in alcuni paesi dell’Est Europa e in Gran Bretagna. Sono così stati avviati progetti di community–based e private sponsorship sul territorio europeo, attingendo all’esperienza pluridecennale di Canada, USA e Australia nei programmi di reinserimento dei rifugiati, grazie al rilascio di visti umanitari concessi dai singoli Governi per l’ingresso legale per un breve periodo (da tre a sei mesi) al fine di presentare domanda di asilo all’arrivo. I suddetti progetti di sponsorizzazione privata si fondano sull’elemento chiave che una persona, gruppo o organizzazione (sponsor) si assume la parziale responsabilità di fornire sostegno finanziario e/o sociale a una persona o a una famiglia (richiedente asilo o rifugiata) che viene autorizzata all’ingresso dallo Stato. Quest’ultimo non si assume gli oneri di accoglienza/ assistenza, che vengono assolti invece dallo sponsor per un periodo predeterminato (di solito un anno o più) o fino a quando la persona o la famiglia autorizzata all’ingresso diventi autosufficiente. I modelli di sponsorizzazione comunitaria variano molto da un Paese all’altro, ma possono essere definiti essenzialmente come una partnership pubblico-privata tra i governi e la società civile che facilita l’ingresso legale di rifugiati. Nel processo intervengono i privati e le comunità locali per fornire un sostegno finanziario, sociale e relazionale al fine di integrare i beneficiari.

In Italia sulla scia di queste iniziative sono stati istituiti i cosiddetti corridoi umanitari grazie alla collaborazione tra istituzioni (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale tramite le sedi diplomatiche per il rilascio dei visti d’ingresso, e Ministero dell’Interno, per i controlli sulla sicurezza), organizzazioni non governative internazionali (UNHCR, OIM) e ong locali accreditate, e organizzazioni umanitarie italiane di ispirazione cristiana impegnate sul campo (Comunità di S. Egidio, Federazione Chiese Evangeliche e Tavola Valdese, la CEI tramite Caritas Italia e Fondazione Migrantes), ma anche negli ultimi anni di ARCI, con programmi di apertura di canali legali e sicuri di ingresso, sponsorizzate dall’8x1000 e da donazioni private. In base a più protocolli via via stipulati tra il governo e questi enti pubblici e privati a partire dal dicembre 2015, sono stati accolti in Italia tramite i corridoi umanitari circa 4000 migranti, provenienti dal Libano (ma anche Turchia e Marocco) di nazionalità siriana, dall’Etiopia di nazionalità eritrea (ma anche dalla Somalia e dal Sudan), di nazionalità afgana da Iran e Pakistan, ed altri provenienti da Giordania, Libia e Niger. L’UNHCR e l’OIM con la collaborazione di altre ong presenti sui territori di partenza elaborano liste di persone

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in base a criteri presenti nel protocollo d’Intesa siglato con il Governo italiano (persone in condizioni di particolare vulnerabilità, come donne sole con minori a carico, vittime del traffico di esseri umani o di organi, persone con disabilità o patologie, ma anche perseguitati politici …), individuando coloro a cui viene riconosciuto almeno prima facie lo status di rifugiati. Il Ministero dell’Interno, dopo i dovuti controlli, rilascia il visto d’ingresso temporaneo tramite le ambasciate italiane in loco, dando la possibilità di imbarcarsi su voli di linea e arrivare in Italia senza rischi. In Italia enti quali la Comunità di S. Egidio, Caritas Italia, Federazione delle Chiese Evangeliche, Tavola Valdese e ARCI garantiscono ai migranti alloggio e assistenza economica per il tempo necessario all’espletamento dell’iter della richiesta di protezione internazionale. Il successo del progetto di accoglienza tramite i corridoi umanitari è definito dal riconoscimento giuridico dello status di Rifugiato con successivo rilascio del permesso di soggiorno: da questo momento in poi le persone possono iniziare una vita più normale, cercare casa, trovarsi un’attività lavorativa, e in definitiva integrarsi.

DOCUMENTI NECESSARI AI RIFUGIATI PER VIVERE LEGALMENTE IN ITALIA

È necessario il permesso di soggiorno, come per tutti i migranti, con la differenza che se si fugge da guerre, persecuzioni di vario tipo, violenze, ecc… arrivando per vie non legali non si possiede il visto d’ingresso (per vie legali invece si richiede prima della partenza nelle ambasciate italiane all’estero). In genere il migrante entro otto giorni fa richiesta di asilo/asilo politico o per motivi umanitari, la commissione territoriale competente può avvallare tale richiesta riconoscendo lo status di rifugiato e concedere la protezione internazionale, che dà diritto al permesso di soggiorno per asilo politico o per protezione sussidiaria, entrambi della durata di cinque anni, rinnovabile, che consente di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Inoltre, il titolare di permesso di soggiorno per asilo politico o protezione sussidiaria può chiedere il ricongiungimento familiare a condizioni agevolate. Il permesso di soggiorno per protezione speciale viene rilasciato allo straniero che non può ottenere la protezione internazionale, ma sussiste il rischio di persecuzione o di tortura in caso di rientro nel paese di origine, e che dimostra di essere integrato in Italia; esso ha la durata di due anni e viene rinnovato dopo esame della situazione da parte della commissione territoriale. Tutte e tre le tipologie di permessi permettono di accedere al lavoro, che è strumento d’integrazione oltre che di mantenimento.

Dopo aver intrapreso l’esperienza

dei corridoi

umanitari l’Italia

inoltre è diventata nazione pilota nell’esperienza più recente dei corridoi universitari a partire dall’anno accademico 2019-2020, prevedendo un ulteriore meccanismo di ingresso con l’implementazione di programmi per la sponsorizzazione

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di studenti rifugiati per mezzo del programma UNI-CO-RE “Corridoi universitari”. UNI-CO-RE (University Corridors for Refugees) permette agli studenti rifugiati selezionati su criteri accademici mediante un apposito bando pubblico di arrivare in Italia con percorsi regolari e sicuri e di proseguire i loro studi. Collaborano al progetto il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, l’Arcidiocesi di Bologna, Caritas Italiana, Diaconia Valdese, Centro Astalli e Gandhi Charity, in rete con numerose università italiane e con realtà territoriali partner nel progetto di sostegno all’inserimento sociale degli studenti. Da allora, 38 università italiane hanno aderito al progetto, giunto alla sua quarta edizione, permettendo a 142 studenti rifugiati da Etiopia, Niger, Nigeria, Malawi, Mozambico, Sud Africa, Zambia e Zimbabwe di proseguire gli studi in Italia.

(fonti: OLTRE IL MARE, primo rapporto sui corridoi umanitari in Italia, a cura di CARITAS Italiana; UNHCR Italia; Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione; Comunità di S. Egidio)

RIFLESSIONE SULL’ACCOGLIENZA:

I volontari che, in forma per lo più associata (comunità parrocchiali, associazioni religiose e laiche…), decidono di sostenere il percorso di accoglienza e di integrazione di persone provenienti da altre culture e realtà di vita, diversissime dalle nostre, si mettono in gioco decidendo di dedicare tempo, attenzione, ascolto, risorse, fantasia e soprattutto volontà di incontrare veramente gli altri sul piano della realtà. L’esperienza è forte non solo per chi arriva in Italia, avendo aspettative spesso irrealistiche, che lascia il proprio mondo e tutti i propri legami, che spesso ha subito violenza e soffre di disagio psicologico se non malattie psichiche, e che chiede un aiuto per ricominciare a vivere…ma è fortissima anche per chi accoglie! Perché questi sofferenti ci mettono in discussione sul piano personale (siamo messi alla prova nel nostro egocentrismo di occidentali benestanti, nella pazienza, nell’umiltà e nell’apertura alla comprensione di un’altra cultura e prospettiva di vita) ed anche su quello collettivo, sociale e politico. È chiaro che più migranti arrivano e più noi rischiamo di “mescolarci”: ma è forse così catastrofico il cambiamento? E se fosse invece un’opportunità? E se invece fossimo noi ad aver bisogno di cambiare le nostre sonnacchiose consuetudini, che non ci permettono di guardare più in là, che fanno perdere il senso dell’esistere, impoveriscono la nostra anima, e ci rendono indifferenti e assuefatti rispetto le ragioni di tanta sofferenza nel mondo? In fondo integrarsi è un’azione reciproca, loro con noi e noi con loro…ed è sempre successo questo nel corso dei secoli, e da questa assimilazione reciproca sono sorte culture straordinarie, piene di ricchezze, come la nostra…sarà forse questa contaminazione culturale, che oggi scandalizza ed impaurisce molti, a mettere in evidenza ciò che è fondamentale per vivere, a convertirci e trasformare il nostro mondo facendoci ricordare la nostra umanità?

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LE VIE DI ACCESSO LEGALE IN ITALIA PER RIFUGIATI

(oltre i corridoi umanitari e universitari)

• RESETTLEMENT (REINSEDIAMENTO)

Esso è espressione tangibile della necessaria solidarietà internazionale, volta a condividere la responsabilità di offrire protezione ai rifugiati e al contempo a ridurre i problemi dei Paesi di primo arrivo, che spesso si trovano a ospitare ingenti numeri di rifugiati. Dal 2015 ad oggi, sono stati reinsediati in Italia

2.098 rifugiati da Giordania, Libano, Siria, Turchia e Sudan, prevalentemente di nazionalità siriana. Alcune situazioni sanitarie particolari sono state affrontate grazie al supporto della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) tramite Caritas Italiana. Casi di famiglie siriane e di minori rifugiati (42 persone), sono stati selezionati da UNHCR in Giordania e accolti nella rete delle Caritas diocesane sia all’interno del percorso Sprar che direttamente dalle Caritas territoriali.

• RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE

I titolari di status di protezione internazionale (status di rifugiato e status di protezione sussidiaria) possono richiedere ed ottenere il riconoscimento del diritto a ricongiungersi con i propri familiari per le medesime categorie di familiari e con la stessa procedura degli altri stranieri presenti regolarmente sul territorio, ma senza dover dimostrare i requisiti di reddito e di alloggio. Questo facilita la procedura poiché riduce tanto i tempi entro i quali il titolare dello status può formalizzare la domanda, quanto i tempi entro i quali la Prefettura – Sportello Unico può terminare l’istruttoria e consegnare il nulla osta.

• EVACUAZIONI UMANITARIE DALLA LIBIA

Dopo l’accordo di partenariato fra Italia e Libia (fine 2017) per rafforzare da parte libica i controlli alla frontiera e limitare le partenze dei migranti, con sostanziale riduzione degli arrivi e aumento dei migranti bloccati (in deplorevoli condizioni) in centri di detenzione libici, l’UNHCR, in accordo con le autorità libiche e nigerine e con quelle dei paesi di destinazione, ha avviato delle operazioni di evacuazione umanitaria dalla Libia di rifugiati e richiedenti asilo vulnerabili, tra cui madri sole con bambini e minori non accompagnati. Dall’inizio delle operazioni al mese di marzo 2019 su un totale di oltre 57.000 rifugiati e richiedenti asilo registrati dall’UNHCR in Libia, sono state evacuate dal paese 3.303 persone (inclusi minori non accompagnati), di cui 2.619 in Niger, 415 in Italia e 269 in Romania. Le evacuazioni sono espressione di solidarietà fra Stati, ma rimangono una misura eccezionale, per le modalità e la tempistica rapida con le quali si svolgono, che privilegia l’obiettivo (pur lodevole) della messa in sicurezza delle persone, piuttosto che quello della loro potenziale e positiva integrazione nel Paese di destinazione.

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Accogliere con dignità è possibile

a cura di Francesca Sacchi Lodispoto

Come ogni anno il Centro Astalli per i rifugiati ha presentato a Roma il suo Rapporto annuale che riguarda l’anno 2022-2023. Dopo una ricca e articolata introduzione di P. Camillo Ripamonti (www.centroastalli.it) gli interventi, moderati dalla giornalista Bianca Berlinguer, hanno visto la riflessione del Sindaco di Roma Roberto Gualtieri e del Card. Matteo Zuppi. Due testimonianze di rifugiati hanno particolarmente toccato i presenti.

Accompagnare e servire, difendere e includere È il vocabolario della solidarietà che da quaranta anni pratica il Centro Astalli di Roma, lo ricorda il P. Camillo Ripamonti nella sua relazione introduttiva.

Il 2022 è stato l’anno dei cento milioni: tale è il numero delle persone costrette a fuggire dalle proprie case. Oggi i conflitti armati sono tra le principali cause delle migrazioni forzate; sono quasi 60 le guerre nel mondo. Alle guerre si legano spesso senza soluzioni di continuità altre cause come le diseguaglianze, le privazioni dei diritti e i cambiamenti climatici. Una complessità che va assunta evitando di cadere nell’errore, spesso propagandistico, fatto dai governi di voler gestire il problema delle migrazioni con misure restrittive che non risolvono, ma rendono ancora più difficoltosi i viaggi di chi non ha alternative alla fuga. Le migrazioni non sono un’emergenza, ma un fenomeno da comprendere e poi da governare con lungimiranza e coraggio, ciò che è ancora mancato nell’Europa nel 2022.

E l’esperienza della crisi ucraina che in Italia, come nel resto d’Europa, ha avuto un approccio diverso da parte delle istituzioni ha permesso di far fronte con efficacia all’arrivo di 170.000 ucraini (dato della Protezione Civile), di cui la maggior parte è stata ospitata da connazionali già residenti in Italia e solo un 20% dal sistema di accoglienza pubblica. Sembra allora che ci sono due percorsi paralleli: per rifugiati di serie A e rifugiati di serie B. Vogliamo però ricavare dall’esperienza positiva dei rifugiati ucraini un elemento di speranza: abbiamo visto che un’accoglienza che privilegia un ascolto attento delle persone è praticabile a questo dobbiamo aggiungere i corridoi umanitari e universitari: sono esperienze da considerare ancora simboliche per i piccoli numeri ma che indicano una strada da percor-

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rere con convinzione per garantire viaggi sicuri fuori dalle maglie dei trafficanti.

Dobbiamo fare sistema e dare risposte che guardino avanti

Così il Card. Matteo Zuppi che ha sottolineato come sia pretestuoso parlare di emergenza; oggi in Italia la vera emergenza è Lampedusa: sono passati dieci anni dalla visita del Papa e in questi dieci anni nulla è stato fatto. Sono anni che parliamo di emergenza sotto tutti i colori politici e sono anni che non vediamo un progetto organico. Sappiamo bene che l’illegalità si combatte con la legalità non è normale quindi che vi siano tempi interminabili per i permessi di soggiorno, file lunghissime e poco dignitose davanti alle questure, una burocrazia che azzera i diritti sociali e il diritto alla vita di tante persone. Il Cardinale condanna le restrizioni alla protezione speciale volute dall’attuale Governo. “La porta deve essere aperta e bisogna avere criteri seri”.

Alla domanda cosa può fare la chiesa e cosa possono fare i cristiani il Cardinale ha risposto: informarsi “in maniera piana”, studiare, leggere i rapporti della Caritas, delle organizzazioni internazionali, di Migrantes, della Cariplo… questi rapporti possono farci conoscere la realtà e cosa sta succedendo nel mondo. Capire evitando gli allarmismi, capire facendo circolare messaggi positivi, capire che aiutando gli ultimi aiutiamo tutti.

Testimonianza di Barry: nella vita ho sempre voluto studiare

Oggi qui con me ci sarebbe dovuto essere il mio amico Ismael. Fate conto che siamo in due qui a parlare. Mi chiamo Barry e ho 27 anni. Sono partito dalla Sierra Leone a venti anni. Sono stato rifugiato una prima volta da piccolo, quando con la mia famiglia siamo dovuti scappare in Guinea perché in Sierra Leone c’era la guerra. Siamo tornati a casa dopo 6 anni, ma poco dopo è scoppiata un’epidemia di ebola. E allora non potevamo uscire, andare a scuola, non si poteva fare nulla. Nella vita ho sempre voluto studiare e ci ho

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provato in tutti modi a farlo a casa mia ma credetemi era davvero impossibile. Sono andato via senza dire niente ai miei genitori. Non me lo avrebbero permesso. Sapevano che il viaggio è pericoloso e che molti muoiono prima di arrivare in Europa. Dalla Sierra Leone sono andato in Mali, dove ho conosciuto il mio amico Ismael, senza di lui non ce l’avrei mai fatta. Mi ha aiutato in tutto. Con lui siamo arrivati in Niger. In Niger i trafficanti ci hanno portato in una casa in cui eravamo oltre 200 ragazzi. Non ci davano né cibo, né acqua. Stavi lì e aspettavi di partire per la tappa successiva del viaggio. In quel periodo c’era stata la visita del Presidente Macron in Niger per fermare i migranti e non farli arrivare in Europa. Questo aveva complicato le cose. La polizia era molto più attenta. Ci hanno fatto scappare di notte, in fretta, picchiandoci e prendendoci a calci. Con Ismael facciamo due tentativi prima di riuscire a entrare in Libia. In Libia siamo finiti in un campo con altre centinaia di uomini e donne. In una situazione di schiavitù. Sono stati mesi molto duri. Eravamo trattati come rifiuti umani. Un giorno io, Ismael e altri 5 ragazzi eravamo affamati e non avevamo nulla da mangiare. Decido di andare a cercare qualcosa fuori dal campo. Ma la polizia mi ferma e mi arresta. Vengo messo in carcere per due settimane, mi tolgono il cellulare e i soldi e mi torturano in ogni modo. Quando riesco a uscire torno al campo e lì scopro che Ismael era stato fatto salire su una barca. Altri ragazzi mi hanno detto che ha provato a cercarmi in tutti i modi. Ero sicuro che ci saremo ritrovati in Italia. La barca di Ismael è affondata e con lui tutte le persone a bordo. Ho perso così il mio amico. È arrivata la notizia al campo ed è stato terribile. A me la traversata è toccata il giorno dopo. In gommone. Eravamo 170. Sono arrivato a Lampedusa vivo solo perché ci ha soccorso una nave di una ong spagnola. Quando mi chiedono “rifaresti il viaggio sapendo com’è andata?”, rispondo che oggi studio ingegneria meccanica all’università che è quello che ho sempre voluto fare. Se fossi rimasto in Sierra Leone non avrei mai potuto. Ma non lo rifarei perché, se sai prima quello che ti aspetta, non puoi farcela a sopportare tutto quel male. Soprattutto in Libia. Oggi vivo in un co-housing del Centro Astalli con studenti universitari italiani e rifugiati. Per arrivare all’università, ho fatto gli esami di terza media e la maturità in Italia, lavorando di notte in un albergo e di sera in un ristorante, per poter studiare di giorno. Non è facile. Ma non mollo. Lo devo a me stesso, alla mia famiglia e lo devo soprattutto a Ismael che oggi non è qui con me, anche se avrebbe voluto.

Testimonianza di Hamed: una vita spezzata

Buongiorno mi chiamo Hamed e ho 24 anni. Sono arrivato in Italia dall’Afghanistan nell’agosto 2021. Gli americani sono andati via e i talebani il giorno dopo sono venuti a cercarci. Mio padre lavorava al Ministero per l’Agricoltura e aveva molti rapporti con il Governo italiano. Sapevamo di

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essere in pericolo e che non c’era tempo da perdere. Ci siamo nascosti in una casa di campagna. Poche ore dopo ci hanno distrutto la casa di Kabul. La nostra casa. La mia camera. Le mie cose. Non ho più il computer con tutte le foto. Non ho più l’impianto per ascoltare la musica che avevo progettato e costruito da solo. Non ho più la mia tesi universitaria. Mancavano soltanto 30 pagine e mi sarei laureato in Economia. Non ho più i documenti, il mio diploma. Nulla. Un giorno sei un ragazzo con una vita normale. Il giorno dopo tutto perduto. Tutto distrutto. Hanno chiamato mio padre e gli hanno detto che entro 3 ore dovevamo essere all’aeroporto per partire. Siamo saliti su un aereo e siamo arrivati in Italia. Ora siamo a Roma, siamo tutti al sicuro. I miei genitori e uno dei miei fratelli vivono in un centro di accoglienza. Io e mio fratello più piccolo in un altro centro, dall’altra parte della città. Ci vogliono due ore di viaggio con l’autobus e il trenino per riunirci. Mio padre dice che siamo fortunati perché siamo insieme e siamo vivi. Per me è tutto difficile. Roma è troppo grande. Imparare l’italiano senza sapere cosa sarà di me tra un mese o tra un anno non è facile. Ero praticamente laureato e con un lavoro che mi piaceva. Avevo tanti amici. Oggi tutto quello che ho costruito non esiste più. È distrutto. Oggi con il Centro Astalli racconto la mia storia ai ragazzi delle scuole superiori. Dico loro che nulla nella vita è scontato. Più di tutto è importante difendere la pace e la democrazia. Chi dice il contrario o è bugiardo o è matto. Vi chiedo di non dimenticare il popolo afgano che soffre molto. Togliendo i diritti alle donne, non facendole studiare, insegnare, lavorare ci stanno togliendo il futuro. www.centroastalli.it

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Scuola dell’Immacolata un’iniziativa di Genova

Nell’ottobre 2016 su sollecitazione di Padre Alexis Bassoma dello SMA, il Movimento Rinascita Cristiana ha iniziato ad accogliere ragazzi migranti, provenienti soprattutto dall’area subsahariana, in un progetto di prossimità e conoscenza della lingua italiana. Alcuni adulti scout della Comunità Masci Genova Città hanno iniziato a collaborare con gli insegnanti volontari di Rinascita, coinvolgendo successivamente altre persone di buona volontà. I primi incontri si sono svolti nel salone della Parrocchia dell’Immacolata, in Via Assarotti. Per questo motivo la nostra iniziale ed informale esperienza si è chiamata “Scuola dell’Immacolata”. In tale periodo si sono gettate le basi per la creazione di una rete scuole migranti a cui hanno aderito diverse realtà di volontariato per l’insegnamento della lingua italiana, prevalentemente operanti nel centro storico.

A ottobre 2018, la nostra scuola ha sottoscritto un Protocollo d’Intesa tra la Rete Scuole Migranti, l’Ufficio Scolastico Regionale per la Liguria (USR) e il CPIA (Levante, Centro Ponente e Tigullio) mirante ad accompagnare migranti al conseguimento della certificazione A2. A dicembre 2018 la Scuola dell’Immacolata si è trasferita in locali più idonei, grazie all’ospitalità dei Gesuiti di Via della Crocetta 3. In tale struttura è stato possibile avviare dei percorsi di formazione più personalizzati con pochi allievi per insegnante. Varie negli anni sono state le iniziative culturali e di festa condivisa

I drammatici eventi del 24 febbraio 2022 hanno sconvolto il mondo e la scuola si é interrogata su come poter aiutare i rifugiati ucraini arrivati in città. Oltre ai bisogni primari più immediati (tetto, cibo e indumenti) ci si è accorti subito che la lingua era un ostacolo da dover superare appena possibile. La nostra scuola, con l’aiuto di tutta la rete scuole, ha fornito ai volontari della Caritas e al Masci tutto il supporto possibile avviando una “formazione di emergenza” agli oltre 50 volontari resisi disponibili.

Il 6 giugno 2022, 13 soci fondatori hanno firmato l’atto costitutivo della Scuola Mondo in RI.MA. ODV, nome nel quale si conservano le radici di Rinascita e MASCI. Ogni anno la Rete scuole migranti ha varato progetti di formazione per gli insegnanti volontari.

Grazie alle amiche di Genova che hanno dato inizio e sostenuto questa bella iniziativa!

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Dalla parte dei minori la riforma Cartabia

Alla fine di febbraio è iniziata l’entrata in vigore della Riforma Cartabia in materia civile, che si concluderà il 30 giugno quando tutte le norme del procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie avranno piena efficacia. L’intera Riforma rientra nel piano delle riforme richieste dall’accordo fra UE e Italia del PNRR ed ha come principale obiettivo velocizzare i tempi della giustizia, per garantire un giusto processo a tutti. Anche il processo civile e il diritto di famiglia saranno modificati in modo significativo, così come l’approccio alla separazione e alla separazione con figli minori. In questo ultimo caso, potremmo dire figurativamente che la Riforma compie una rivoluzione copernicana, ponendo al centro della famiglia in crisi il minore, con la sua vita, le sue esigenze, i suoi diritti. Per fare ciò vengono recuperati istituti già esistenti in altri paesi occidentali, tra i quali ad esempio il Tribunale di famiglia, la Specializzazione dei giudici, e due nuove figure professionali, il Mediatore e il Coordinatore Genitoriale (assai diffuso negli USA, impiegato nelle situazioni di alta conflittualità).

Nasce così il Tribunale di Famiglia, che si occuperà di tutti i procedimenti familiari o di protezione di minori di età o soggetti vulnerabili (ad esclusione dei procedimenti in materia di immigrazione, cittadinanza e riconoscimenti di protezione internazionale che resteranno in carico al tribunale ordinario anche quando riguardanti minori) e che cercherà di trattare in un contesto unitario tutte le tematiche che interessano temi di famiglia e dei minori, in sostanza uniformando il trattamento fra coppie sposate e coppie conviventi o unioni civili.

Le famiglie in crisi non avranno più la prima tappa, obbligata fino ad oggi, dell’Udienza Presidenziale, un colloquio mirato con intento di conciliazione che da sempre veniva esperito dal Presidente del tribunale, che adottava provvedimenti temporanei d’urgenza relativi all’affidamento e al mantenimento dei figli e all’eventuale assegno di mantenimento a favore del coniuge debole. Il Presidente invece assegnerà il fascicolo ad un Giudice relatore e a differenza di quanto accadeva in passato, il nuovo iter avrà tempi strettissimi, che impongono fin da subito uno scoprire le carte in modo penetrante in merito alle condizioni economiche e agli impegni presi sul piano genitoriale delle parti e soprattutto in merito alla richiesta di addebito. Solo con il tempo e l’entrata a regime della riforma sarà possibile valutare se l’accelerazione dei tempi in questa iniziale fase sia funzionale alla gestione del conflitto o meno. Vero è che proprio nell’ottica di governare il conflitto, in funzione del benes-

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sere dei figli, la riforma prevede le due nuove figure professionali: il Mediatore e il Coordinatore Familiare. In particolare quest’ultimo avrà il compito di accompagnare la coppia nella compilazione del Piano Genitoriale, anche questo uno strumento mutuato da altri paesi occidentali.

Si tratta di una griglia di indicazioni/punti che riguardano le esigenze spicciole di vita quotidiana dei figli, delle loro necessità, che dovrebbe aiutare i genitori a concentrarsi sul benessere di questi ultimi e a non fermarsi al dissenso e al contrasto personale che li ha condotti in tribunale.

Ogni tribunale propone il proprio Piano Genitoriale, che quindi può risultare più o meno dettagliato. In ogni caso vengono affrontati i temi principali quali le attività scolastiche ed extra – scolastiche, con una dettagliata divisione dei compiti degli adulti (accompagnare, riprendere etc), ma anche vacanze, amici, orientamento religioso, alimentazione, modalità di contatto fra il genitore non presente e il figlio (via telefono, mail whatsapp, etc). Trovando un accordo con l’aiuto del Coordinatore su tutti i punti di ordinaria amministrazione della vita dei figli, la riforma spera di prevenire scontri successivi, magari fuori dal tribunale in presenza dei figli. Un piano genitoriale dettagliato potrebbe essere uno strumento utile anche per altri operatori, come gli avvocati, agevolando l’accordo fra le parti su questioni spicciole. I migliori piani conterranno poi anche le clausole atte a regolare le modifiche che necessariamente interverranno nelle vite dei ragazzi e così preverranno conflittualità future. Come gli avvocati, che si troveranno a dover aiutare i propri assistiti a redigere il piano genitoriale, così anche il Giudice dovrà avere competenze nuove, non solo giuridiche ma anche di scienze umane, trovandosi a dialogare con i servizi sociali, con il tutore, ma anche con i mediatori e coordinatori familiari. Forse per questo la riforma prevede una ulteriore formazione per questo nuovo Giudice, che non potrà essere spostato ad altri incarichi. Una intera struttura dunque costruita intorno al minore: il tribunale di competenza verrà scelto ad hoc, sarà infatti quello della residenza del minore, il genitore affidatario/collocatario non potrà rinunziare alla casa familiare, perché tenendo prioritariamente in conto il bene dei figli si terrà conto del loro diritto a crescere nel loro habitat, e i minori, nel rispetto della loro riservatezza e serenità, potranno essere ascoltati dal giudice. Nonostante queste buone intenzioni iniziali, molte sono le perplessità che accompagnano questa riforma, poiché si teme che la strutturale mancanza di personale, magistrati e amministrativi, comunque non consentirà di smaltire e velocizzare l’ingranaggio, specie quando la riforma detta tempi precisi agli avvocati e non ai giudici. Si teme anche che la volontà di definire tutto quello che riguarda la vita dei figli in un primo momento della separazione, quando ancora gli animi sono inaspriti e esacerbati, non possa essere funzionale alla serenità dei figli e alla conciliazione delle parti.

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Lavoro minorile in Italia

Secondo Save the children In Italia lavorano 336.000 minori, 1 bambino su 15. Ora anche on line, tra social e videogiochi un bambino su 15 (tra i 7 e i 15 anni) lavora o ha avuto esperienza di lavoro. Tra i 14-15enni la percentuale sale ad 1 su 5. Uno su 10 ha addirittura iniziato a lavorare a 11 anni o prima. Si tratta di 336 mila bambini e adolescenti tra i 7 e i 15 anni (6,8%) e 58.000 adolescenti (il 27,8%) tra i 14-15enni, mentre l’età legale consentita è di 16 anni. Attività lavorative che vanno a discapito dei percorsi scolastici, spesso interrotti, e del benessere psicofisico dei ragazzi. È quanto emerge da una nuova indagine nazionale condotta da Save the children, presentata oggi a Roma, a dieci anni di distanza dall’ultima ricerca sul lavoro minorile in Italia intitolata “Non è un gioco”. Secondo l’organizzazione a tutela dell’infanzia il fenomeno del lavoro minorile in Italia è sommerso e riguarda soprattutto i settori della ristorazione, del commercio, i lavori agricoli e i cantieri. Ma c’è una novità rispetto ai dati del 2014: un nuovo ambito lavorativo, legato al mondo digitale. Tra le nuove forme di lavoro online (5,7%) vi è la realizzazione di contenuti per social o videogiochi, la rivendita di sneakers, smartphone e pods per sigarette elettroniche. Nel periodo in cui lavorano, più della metà degli intervistati lo fa tutti i giorni o qualche volta a settimana e circa 1 su 2 lavora più di 4 ore al giorno. Tra i ragazzi del circuito della giustizia minorile l’incidenza è ancora più alta: più di un intervistato su 3 lavorava prima dell’età consentita. Quasi il 40% dei minori e giovani adulti presi in carico dai Servizi della Giustizia minorile ha infatti affermato di aver svolto attività lavorative prima dei 16 anni. Tra questi, più di un minore su 10 ha iniziato a lavorare all’età di 11 anni o prima e più del 60% ha svolto attività lavorative dannose per lo sviluppo e il benessere psicofisico. I dati della ricerca verranno messi a disposizione sul nuovo datahub di Save the children, un portale nato con l’intento di monitorare le disuguaglianze, mappare i territori a rischio, orientare le politiche e l’azione sociale, costruire una conoscenza condivisa del mondo dell’infanzia e dell’adolescenza. La ricerca viene presentata oggi a Roma, nell’ambito di un evento che si svolgerà nella sede di Save the children, al quale prenderanno parte, tra gli altri, Marina Elvira Calderone, ministra del Lavoro e delle Politiche sociali; don Francesco Preite, presidente di Salesiani per il Sociale; Claudio Tesauro, presidente di Save the Children Italia; Tito Boeri, direttore del Dipartimento di Economia dell’Università Bocconi di Milano; Daniela Barbaresi, segretaria confederale della Cgil; Andrea Tardiola, direttore generale Inail.

SIR 4 Aprile 2023

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Quale futuro per la mobilità?

E-fuel, bio-fuel, elettrico, idrogeno. Oggi sono continui i provvedimenti governativi su quale futuro debba avere la mobilità su ruote. Sembra quasi che tutti i problemi dell’inquinamento derivino dai motori delle auto e dei mezzi che circolano sulle strade ogni giorno. Da indagini attuali, si trova che il carico inquinante è dovuto al trasporto veicolare per il 9%. L’industria carica per l’11% e il riscaldamento domestico (e uffici) per il 39% (dati da una ricerca del Cnr-Isac e della Foundation for Research and Technology Hellas). Altra fonte di inquinamento più rilevante del traffico automobilistico è l’allevamento intensivo di bestiame!

Tralasciando i motivi dell’accanimento sui mezzi di trasporto, va anche fatta chiarezza sulla valenza delle misure antinquinamento di cui si parla oggi, alla luce degli ultimi accordi europei.

L’inquinamento di un veicolo che consuma combustibili (benzina, gasolio, GPL, metano) non è facilmente quantificabile, dove per “facilmente” si intende con procedura certa e ripetibile. Perché dipende dal tipo di motore, dal tipo di veicolo, dalle abitudini di guida, dalla condizione delle strade… per questo motivo l’accordo internazionale si basa solo sulla misura più semplice: il consumo di CO2 per chilometro percorso (intendendo un percorso standard ufficiale e uguale per tutti i veicoli). In base a questo valore si classificano i veicoli in sede di immatricolazione con le prescrizioni EURO 1, 2, 3, 4, 5, 6 (attuale) EURO 7 la prossima (contestatissima).

In realtà non è solo la quantità di biossido di carbonio che determina il carico inquinante: ogni combustione produce altri inquinanti, per esempio le polveri sottili. Queste sono prodotte maggiormente dalla combustione di gasolio e, a dire il vero, le restrizioni EURO 5 e seguenti hanno determinato polveri ancora più “sottili” e quindi potenzialmente ancora più pericolose perché assorbite anche dalla pelle. Ma ci sono anche gli ossidi di azoto, gli NOX, che sono presenti in eguali quantità in tutte le combustioni, indipendentemente dal tipo di carburante (il biossido di azoto ha un odore pungente e può provocare irritazione oculare, nasale o a carico della gola e tosse. Alterazioni della funzionalità respiratoria si possono verificare in soggetti sensibili, quali bambini, persone asmatiche o affette da bronchite cronica. Fonte: Min. della Salute)

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Chiarezza sulle misure antinquinamento

Volutamente, non riporterò i dati numerici delle prove di laboratorio, ma va precisato da cosa derivano i carburanti “alternativi” recentemente proposti dall’UE per diminuire l’inquinamento.

Bio-fuel, carburante da agricoltura

E-fuel carburante sintetico

Bio-fuel: è carburante derivato da prodotti dell’agricoltura. Si usano grassi vegetali e animali per produrre un olio combustibile simile al gasolio. Tant’è che già oggi viene aggiunto al gasolio venduto in tutte le stazioni di servizio. Sull’erogatore c’è un numero BD5 o BD7 (il massimo in Italia) che indica la presenza di bio-gasolio aggiunto al gasolio da petrolio in percentuale del 5-7%. La normativa afferma che questo combustibile abbatte la produzione di CO2. Ma va fatta chiarezza, su questo: la quantità di CO2 prodotta è la stessa del gasolio, siccome però il bio-gasolio è prodotto da piante che in natura hanno fissato (assorbito) CO2 dall’aria, una parte di quella prodotta è compensata da quella assorbita. Gioco di cifre, a mio avviso non si fa granchè per ridurre l’inquinamento. E peraltro il bio-gasolio produce più NOX rispetto al gasolio da petrolio.

E-fuel: sono carburanti sintetici. Prodotti a partire dall’idrogeno combinato con CO2 atmosferica. (secondo l’UE l’idrogeno deve essere prodotto con fonti rinnovabili – tenendo presente che oggi l’idrogeno si produce a partire dal metano). In pratica l’e-fuel è un etanolo sintetico (C2H6O). Che attualmente è prodotto in piccolissime quantità (18 impianti in tutto il mondo di cui buona parte sperimentali). Al solito, gioco di cifre: si dice che l’e-fuel non produce CO2 perché rilascia lo stesso quantitativo che è stato usato in produzione dell’e-fuel stesso. Ma ovviamente non si considerano gli NOX e le immancabili perdite di produzione. E ancor meno si dice sulla produzione dell’idrogeno da fonti rinnovabili, attualmente solo ipotetica.

A questo punto è assolutamente chiaro che, finchè si continua ad usare motori a combustione, non importa quale sia il combustibile, più o meno “ecologico”, l’inquinamento viene prodotto. E allora, quali alternative realmente ecologiche?

Allo stato attuale solo due possibilità, comunque di applicazione nel mediolungo periodo a causa della difficoltà a reperire l’energia necessaria: energia elettrica e celle a combustibile alimentate da idrogeno da elettrolisi.

Per produrre energia elettrica si deve comunque considerare l’inquinamento prodotto dalla centrale di produzione che è nullo solo per le centrali “rinnovabili”, in pratica eolico e fotovoltaico, quasi nullo per le centrali nucleari (il quasi riguarda la possibilità di incidente nucleare con rilascio nell’atmosfera di so-

Documenti 27 Per produrre Energia elettrica

stanze radioattive), infine garantito al minimo possibile per le centrali a combustione (petrolio – olio “bunker” -, gas, carbone). Il minimo possibile è perché si possono adottare tutti gli accorgimenti tecnici per limitare al massimo il rilascio di agenti inquinanti. Ma i problemi dell’energia elettrica sono altri:

1) Quantità di centrali: per soddisfare le richieste dei veicoli, si dovrebbero moltiplicare sul territorio le centrali di produzione. Non si può concentrare la produzione di energia elettrica in un sol luogo perché l’energia elettrica non si può trasportare per più di un paio di centinaia di chilometri.

2) Linee elettriche per alimentare le colonnine di ricarica: considerando che ciascuna colonnina di ricarica dispone da 22 a 50 kW di potenza (e si parla di 350 kW per i mezzi pesanti) si può solo immaginare la quantità e dimensione di linee elettriche (cavi) che si devono installare lungo tutte le strade (lavori stradali di scavo interminabili) e in tutti i condominii. E pensiamo al recente provvedimento europeo per installare colonnine di ricarica anche per mezzi pesanti ogni 60 km di autostrada. Certamente non si parla di una sola colonnina, ma di decine di punti di ricarica per ciascuna stazione di servizio. Quindi una centrale ogni duecento chilometri, cavidotti “importanti” e cabine di trasformazione ecc. È realizzabile?

Si può ipotizzare la produzione di idrogeno da acqua (di mare, per esempio) alimentata da centrali fotovoltaiche poste anche a distanza (ipotesi: centrali nel deserto tunisino-algerino, centrale di elettrolisi sul mediterraneo, trasporto di idrogeno con il metanodotto già esistente fra Tunisia e Sicilia. Il metano ha formula chimica CH4, l’idrogeno ha formula chimica H2, quindi si parla più o meno della stessa sostanza.). Ovviamente l’idrogeno non dovrebbe essere usato come combustibile classico, sennò si torna alla produzione di NOX. Se però si utilizzano le “celle a combustibile” cambia tutto. Sono dispositivi che con una reazione chimica producono energia elettrica ricombinando idrogeno e ossigeno, producendo come scarico solo acqua (H2O). Attualmente tutte le case produttrici sviluppano o hanno già realizzato, mezzi alimentati da energia elettrica prodotta da celle a combustibile. Problemi: il catalizzatore delle celle a combustibile necessita di platino, quindi costano un bel po’. La vita media di una cella non è molto alta. Il serbatoio di idrogeno deve essere ad alta pressione. Attualmente sono disponibili tre modelli già circolanti (dove c’è disponibilità di distributori di idrogeno): Toyota MIRAI, Honda CLARITY, Hyundai NEXO.

In definitiva: dobbiamo attendere che la ricerca, spinta dal mercato, realizzi sistemi di minor costo e maggiore qualità.

Documenti 28
Celle a combustibile

Un solo oceano un solo futuro

Dall’ONU e dal mondo della scienza qualche buona notizia per gli oceani (e per la terra tutta) ma è tempo di accelerare.

Lo scorso 4 marzo 2023 è stato finalmente approvato dall’ONU il primo Trattato Internazionale sulla Protezione degli Oceani, dopo 15 anni di discussione fra gli stati membri e ben 48 ore di dibattito finale nel Palazzo di Vetro a New York. Si tratta di un accordo storico, perché riguarda il cosiddetto “alto mare” ovvero quelle acque al di là delle 200 miglia nautiche dalla costa e che tecnicamente e legislativamente non ricadono nelle giurisdizioni nazionali, ma che di fatto rappresentano oltre i due terzi degli oceani e costituiscono un patrimonio insostituibile per la biodiversità e per i servizi ecosistemici che essi ci forniscono: primi fra tutti la maggior parte dell’ossigeno che respiriamo e l’assorbimento di anidride carbonica, ma anche le sempre più sovrasfruttate risorse ittiche e i sempre più appetibili giacimenti minerari sottomarini. Insomma, qualcosa che non è proprio più possibile che rimanga terra di nessuno e fuori dalle regole. L’accordo, che per diventare effettivo dovrà essere ratificato da un numero sufficiente di Paesi, riguarda l’equa spartizione delle risorse genetiche marine, le procedure per identificare e creare le aree marine protette internazionali, la valutazione degli impatti ambientali, ma anche come risolvere le controversie e come potenziare le capacità di tutti i diversi paesi rispetto il trasferimento tecnologico in ambito marino, creando inoltre un fondo per la riabilitazione e il ripristino degli ecosistemi oceanici. L’iter è quindi ancora in divenire, ma rappresenta un grosso passo avanti verso il necessario superamento di alcuni ostacoli che più di altri impedivano il raggiungimento dell’obiettivo di proteggere il 30% delle acque del pianeta entro il 2030, come sancito da un altro accordo storico delle Nazioni Unite, il Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework (KM-GBF), raggiunto appena pochi mesi fa, il 19 dicembre scorso, nell’ambito della COP15. Un accordo, quest’ultimo, che non era scontato si riuscisse a siglare e che, sebbene piuttosto deludente su alcuni aspetti, su altri è decisamente innovativo, ad esempio sul creare per la prima volta strumenti di inclusività che mettono al centro delle decisioni la rappresentanza dei popoli indigeni e delle comunità locali, le conoscenze tradizionali, specialmente quelle ritenute dalle donne, e soprattutto il principio di intergenerazionalità per garantire un pianeta sano e non depauperato alle generazioni future.

Ecologia integrale 29

Esattamente nel mezzo, dal punto di vista temporale, fra questi due eventi si è collocato invece l’IMPAC5, ovvero la Conferenza Mondiale sulle Aree Marine Protette che si è tenuta a Vancouver nella prima settimana di febbraio e che ha visto riunirsi e confrontarsi scienziati, rappresentanti delle comunità indigene, ed esperti di scienze sociali proprio sul come darsi da fare per riuscire a proteggere in maniera efficace il 30% dei mari del pianeta entro i prossimi 7 anni. Là ero presente anche io e devo dire che rispetto a tanti altri convegni a cui ho partecipato, mai come stavolta vi è stata integrazione fra i diversi approcci per trovare soluzioni comuni ai tanti problemi, nella consapevolezza che nel mare, ancora più che sulla terra tutto è connesso: geograficamente, culturalmente ed ecologicamente.

• Si è dibattuto su come unificare e rendere sempre più efficaci e stringenti le regole in vigore nelle varie aree marine protette sparse nel pianeta, di come ingrandire quelle già esistenti e di dove progettarne altre, e soprattutto di come mettere a frutto le conoscenze tradizionali rendendo partecipi le comunità locali in tutto il processo;

• si è discusso (animatamente) dei criteri tecnici per rendere sostenibile la pesca e di come proteggere gli stock ittici tutelando al tempo stesso i piccoli pescatori artigianali, soprattutto nei paesi invia di sviluppo, le cui testimonianze dirette sono state davvero preziosissime;

• ci si è accorti dell’urgenza di porre limiti allo sfruttamento minerario dei fondali oceanici: un mondo ancora sconosciuto ma che è silenziosamente oggetto di una industria in rapidissima quanto sregolata espansione;

• si sono esplorati i meccanismi e le conseguenze dei cambiamenti climatici, ascoltato chi queste conseguenze le vive già sulla propria pelle, analizzato la portata antropologica e psicologica della crisi climatica, portato piccoli ma incoraggianti esempi di recupero degli ecosistemi;

• e si è convenuto che il tempo ormai è scarsissimo e la chiave per raggiungere gli obiettivi previsti e mettere in piedi soluzioni efficaci e credibili è nella consapevolezza dell’opinione pubblica e nel cambiamento radicale di mentalità.

Da cristiana mi sento di dire che la Chiesa Cattolica sta avendo e potrà sempre più avere un ruolo cruciale in quest’ultimo punto, con la sua visione di ecologia integrale promulgata nell’enciclica Laudati Si’ che predica tra i suoi fedeli la conversione ecologica e punta il dito contro un sistema economico ormai insostenibile fonte di ingiustizie sociali ed ambientali, ponendo invece al centro del processo per il “risanamento delle ferite delle terra e la cura della casa comune” l’ascolto della voce dei poveri, della voce dei giovani, della voce della scienza e della voce dei popoli.

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Ecologia

Costruire la pace nella transizione ecologica

Questo è stato il motivo ispiratore di un seminario promosso da due uffici della CEI, l’Ufficio Nazionale per i Problemi Sociali e il Lavoro e l’Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso.

Una guerra come quella in Ucraina, ma non solo, “distrugge la fraternità, impoverisce, sfregia la creazione”, è “esperienza energivora per eccellenza”. E in mezzo a questo spreco ingiustificabile sono i poveri e le popolazioni inermi, lo sappiamo, i primi a subire le conseguenze della guerra. Anche per loro, e per le generazioni future, non si può fermare il processo di transizione ecologia, avviato con l’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, e dall’appello alla conversione all’ecologia integrale di Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’, ormai quasi otto anni fa. Anche perché, secondo l’ultimo rapporto Ipcc delle Nazioni Unite, siamo in una situazione di cambiamento climatico grave, che si può correggere solo agendo subito. Guerra e crisi ecologica, insomma, si alimentano a vicenda, ma un lungimirante agire per la casa comune “può essere sinergico ad una positiva azione per la pace”.

Alcuni flash

– Ha introdotto la giornata il Pastore Professor Daniele Garrone, Biblista e Presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche, con una bella riflessione sul Salmo 85 amore e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno. Ricordo che fu il filo del conduttore della prima Assemblea ecumenica di Basilea e l’impegno ecumenico delle chiese e delle religioni attraversa tutta la riflessione etica sulla pace e sulla transizione ecologica.

– Il tema della pace legato al tema della giustizia ci rimanda al Piano di Lavoro dell’anno passato “Una fraternità possibile” con l’invito ad analizzare le possibilità del PNRR. Oggi che la sfida è in atto ed è complicata dagli effetti nefasti della guerra dobbiamo capire bene come pace e transizione ecologica e giustizia sono strettamente legate; dobbiamo capire cosa il PNRR implica come cambiamenti reali nella vita delle persone, delle città ad esempio pensando ai trasporti, al riassetto urbano ecc….

– Don Bignami, Direttore dell’Ufficio Nazionale per i Problemi Sociali e del Lavoro, si domanda: chi pagherà i danni della guerra in Ucraina? Oltre ad aver dilaniato città, ha sottolineato il sacerdote, la guerra “ha messo in gi-

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nocchio l’attività agricola e quella portuale, tra loro strettamente connesse per trasportare il grano in ogni parte del mondo. Si segnalano infiltrazioni di detriti militari nel terreno: sono soprattutto munizioni ed esplosivi a base di metalli pesanti a infestare strade e campagne”. È stato colpito il 20 per cento di tutte le aree protette dell’Ucraina: “coinvolti 812 siti naturali che coprono un’area di quasi un milione di ettari. Altrettanto deformante è la distruzione di terreni agricoli, con il versamento di materiale inquinante dalle aziende chimiche bombardate e con rifiuti provenienti dalle demolizioni delle infrastrutture elettriche”. Una pessima qualità ambientale che ha conseguenze sulla salute pubblica. “Chi pagherà questi danni? - si è chiesto don Bignami - Siamo in grado di accertare le responsabilità e di fermare chi causa disastri ambientali?”. La transizione ecologica chiede vera conversione ecologica.

– Dobbiamo abituarci a pensare al nostro futuro come qualcosa che ci riguarda, aiutarci e aiutare le persone a capire. Abbiamo il 60% degli italiani che non sa esprimere un’opinione personale, molti non sanno comprendere un testo scritto e moltissimi credono ad una serie di fake-news che circolano nella rete.

– Dobbiamo capire che le opportunità per la transizione ecologica esistono ma debbono essere giuste, debbono riflettere il mondo che vogliamo. L’articolo 9 della nostra Costituzione così ci ricorda: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”. E l’articolo 41: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

– “La transizione ecologica ha bisogno anche di un coinvolgimento più ampio dell’opinione pubblica, per evitare che i disagi futuri creino contestazioni” così afferma il Professore Enrico Giovannini. O la transizione è giusta, cioè porta benefici a tutti, oppure non si realizzerà perché le reazioni, come già vediamo, a tornare indietro, ad aspettare, a rinviare le scelte, fermeranno questo processo, mentre non abbiamo più tempo. Come ci ha ricordato anche l’Onu recentemente. La transizione ecologica è un processo molto complesso e lo dobbiamo fare in tempi molto rapidi. Per questo serve la collaborazione di tutti, servono politiche adeguate, ma soprattutto serve la convinzione che è l’unica strada verso cui andare. In definitiva come cittadini e come cristiani dobbiamo far sentire le nostre parole fondate sulla Fratelli tutti e la Laudato sii per passare da un inquinamento continuo e grave e da un uso e abuso del nostro territorio e dell’ambiente che ci circonda a un concetto di AMBIENTE che è una sfida per tutta l’umanità.

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Nella chiesa tutti equipaggio nessuno passeggero

Dopo la seconda guerra mondiale una nuova sensibilità verso i problemi del mondo fece sì che la chiesa si aprisse ai cambiamenti di una nuova realtà. La svolta avvenne con Papa Giovanni XXIII, uomo semplice e molto attento agli aspetti pastorali. Nel 1962 egli si lanciò in quello che fu il più grande avvenimento della storia recente della chiesa.

Il Concilio Vaticano II, con un’accurata riflessione, esaminò la chiesa e la sua missione per rispondere alle sfide del tempo. Prese in rassegna ogni aspetto della vita della chiesa: la liturgia, la Scrittura, l’ecumenismo, il dialogo interreligioso, la ministerialità, la partecipazione, la concertazione all’interno della chiesa, ed anche quelli della società: come la pace, la ricchezza e la povertà. Tracciò così una nuova direzione per il cammino della Chiesa nel mondo contemporaneo, testimoniando la volontà di un rinnovamento interno ed una apertura verso l’esterno.

Il nuovo indirizzo della Chiesa è tracciato in modo specifico in due costituzioni: Lumen gentium 1 e Gaudium et spes 2 .

La Lumen gentium, annuncia il vero volto della Chiesa e lo fa attraverso alcune immagini. La Chiesa è segno in quanto rende visibile il corpo di Cristo, ma è anche strumento attraverso il quale Cristo agisce. La Chiesa è regno di Dio presente nel mistero ed è germe, l’inizio del regno di Dio. La Chiesa è popolo di Dio, il popolo della Nuova Alleanza, un popolo regale, perché chiamato a servire il mondo, sacerdotale, perché offre se stesso, profetico, perché annuncia la Parola, attraverso il proprio carisma, dono per l’edificazione dell’altro, elargito indipendentemente dalla santità. Tutti i credenti formano il popolo di Dio che

“[…] ha per Legge il nuovo precetto di amare […] pur non comprendendo effettivamente l’universalità degli uomini e apparendo talora come un piccolo gregge, costituisce tuttavia per tutta l’umanità il germe più forte di unità, di speranza e di salvezza.

Costituito da Cristo per una comunione di vita, di carità e di verità, è pure da lui

1

Costituzione dogmatica (documento che i fedeli devono accogliere docilmente poiché contiene numerose dottrine e insegnamenti della tradizione e del magistero autorevole della Chiesa) promulgata il 21 novembre 1964.

2

Costituzione pastorale (documenti in cui la Chiesa esprime le sue direttive sui vari problemi di pastorale, affinchè i fedeli le accolgano e le vivano) promulgata il 7 dicembre 1965, ultimo giorno del Concilio.

Formazione 33

assunto ad essere strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra, è inviato a tutto il mondo.” (Lumen gentium, n. 9) Protagonisti della vita e della missione della Chiesa non sono più i vescovi, i sacerdoti o le persone consacrate, ma i laici, tutti i battezzati che hanno fatto scelte differenti di vita e sono coinvolti nella Chiesa in modi diversi.

Il Concilio Vaticano II è il primo concilio ad occuparsi specificamente dei laici, addirittura con un capitolo intero di una costituzione dogmatica. In questo modo il concilio mira a definire lo statuto del laico e le sue caratteristiche. Il termine laico appartiene al popolo di Dio. Non si trova nel NT, dove non c’è la bipolarizzazione tra laico e chierico. Appare per la prima volta in una lettera di Clemente di Roma alla comunità di Corinto. Fino al Concilio Vaticano II non abbiamo una definizione di laico. Il Codice Pio Benedettino del 1917 definisce il laico un non chierico. La Lumen Gentium scrive che il laico è un fedele, battezzato, che manca dell’ordine sacro. La nota caratteristica del laico: è l’indole secolare, l’essere nel mondo, che Pio XII aveva chiamato la consacratio mundi. Il carattere secolare è proprio e peculiare dei laici (LG 31).

Il laico è un uomo consapevole del mondo che lo circonda. Sa che la realtà è fatta da lui, dagli altri uomini e da tutte le cose. Il laico conosce il valore e le leggi proprie della realtà. Egli tratta le cose secolari ordinandole a Dio. Ha il compito di trasformare il mondo dal di dentro e con la sua professione di fede, orienta il proprio servizio verso il regno dei cieli. Quella dei laici è una missione all’interno delle strutture mondane, che vede vita e fede intimamente connesse. Il decreto conciliare Apostolicam auctuositate definisce il laico simultaneamente fedele e cittadino. In entrambi i ruoli deve farsi guidare dalla coscienza cristiana. Nello stesso decreto e nella costituzione pastorale Gaudium et Spes le realtà che concorrono a costituire l’ordine temporale: i beni della vita, la famiglia, la cultura, l’economia, le arti e le professioni, le istituzioni della comunità politica e perfino le relazioni internazionali, vengono assunte non solo come mezzi con cui l’uomo può raggiungere il suo fine ultimo, ma anche per il valore proprio, intrinseco, riposto in esse da Dio. Come recita il documento di Puebla, stilato in occasione della Conferenza Episcopale latino americana del 1979, il laico è un uomo della Chiesa nel cuore del mondo ed è un uomo del mondo nel cuore della Chiesa.

La Chiesa entra nel Concilio da maestra e ne esce compagna. Condivide il mondo contemporaneo e lo ha fatto proprio. Dialoga e si confronta col mondo, con i modelli culturali, con i diversi modi di intendere e di praticare la politica e l’economia. Infondo, l’attualità del Vangelo passa attraverso i problemi dell’uomo.

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Formazione

Chiesa, indigeni e dottrina della scoperta

La Chiesa difende gli indigeni e la «Dottrina della scoperta» non è mai stata una dottrina cattolica, anche se nei secoli l’atteggiamento della Chiesa non è stato troppo cristallino nella condanna della schiavitù e «molti cristiani hanno commesso atti malvagi contro gli indigeni». Le bolle papali del 1400 spartivano l’America tra i colonizzatori spagnoli e quelli portoghesi e concedevano ai loro sovrani i beni dei popoli indigeni. Ebbene queste sono «documenti politici che sono stati strumentalizzati per atti immorali». Papa Paolo III nel 1537 proibisce di «rendere schiavi gli indiani delle Americhe» e non vanno «schiavizzati né derubati delle loro proprietà». Grazie all’aiuto degli indigeni, «la Chiesa ha acquisito una maggiore consapevolezza delle loro sofferenze, passate e presenti, dovute all’espropriazione delle terre e alle politiche di assimilazione forzata, promosse dalle autorità, volte a eliminare le loro culture».

Tutto questo si legge nella «Nota congiunta sulla Dottrina della scoperta»: «La “Doctrine of Discovery” è servita per giustificare l’espropriazione degli indigeni da parte dei sovrani colonizzatori; essa non fa parte dell’insegnamento della Chiesa». Le bolle papali, che facevano concessioni ai sovrani colonizzatori «non sono mai diventate magistero» ma erano e sono documenti politici.

È un testo molto importante quello pubblicato dal Vaticano il 30 marzo scorso. Ribadisce il netto rifiuto della Chiesa della mentalità colonizzatrice: «I Papi hanno condannato gli atti di violenza, oppressione, ingiustizia sociale e schiavitù, compresi quelli commessi contro le popolazioni indigene. E ci sono stati numerosi esempi di vescovi, preti, religiose e laici che hanno dato la vita in difesa della dignità di quei popoli». Ammette «molti cristiani hanno commesso atti malvagi contro le popolazioni indigene per i quali i Papi recenti hanno chiesto perdono in numerose occasioni».

E la «Dottrina della scoperta»? «Il concetto giuridico di “scoperta” è stato dibattuto dalle potenze coloniali dal XVI secolo e ha trovato particolare espressione nella giurisprudenza ottocentesca dei tribunali di diversi Paesi, secondo cui la scoperta di terre da parte dei coloni concedeva il diritto esclusivo di estinguere, mediante acquisto o conquista, il titolo o il possesso di quelle terre da parte delle popolazioni indigene». Secondo alcuni studiosi questa «dottrina» trova le basi in diversi documenti, in particolare le bolle di Nicolò V «Dum Diversas» (1452) e «Romanus Pontifex» (1455), e di Alessandro VI «Inter caetera» (1493). Con esse i due Pontefici autorizzavano i sovrani

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portoghese e spagnolo a impadronirsi delle proprietà nelle terre colonizzate soggiogando le popolazioni.

«La ricerca storica dimostra chiaramente - afferma la nota - che i documenti, scritti in un periodo specifico, e legati a questioni politiche, non sono mai stati considerati espressioni della fede cattolica». Al contempo la Chiesa «riconosce che le bolle non riflettevano adeguatamente la pari dignità e i diritti dei popoli indigeni. Il contenuto di questi documenti è stato manipolato a fini politici dalle potenze coloniali in competizione tra loro, per giustificare atti immorali contro le popolazioni indigene, compiuti talvolta senza l’opposizione delle autorità ecclesiastiche». È giusto - affermano i due dicasteri - «riconoscere questi errori, riconoscere i terribili effetti delle politiche di assimilazione e il dolore provato dalle popolazioni indigene, e chiedere perdono».

Papa Francesco è perentorio: «Mai più la comunità cristiana potrà lasciarsi contagiare dall’idea che una cultura sia superiore alle altre, o che sia legittimo ricorrere a modi di coercizione degli altri». Oggi - «senza mezzi termini» - il magistero sostiene il rispetto dovuto a ogni essere umano e la Chiesa «ripudia i concetti che non riconoscono i diritti umani intrinseci dei popoli indigeni», compresa la «Dottrina della scoperta».

L’atteggiamento della Chiesa è radicalmente cambiato dalla bolla «Sublimis Deus» di Paolo III (1537): dichiarò che gli indigeni non devono «in alcun modo essere privati della libertà e del possesso dei loro beni, anche se non sono di fede cristiana; possono e devono, liberamente e legittimamente, godere della loro libertà e del possesso dei loro beni; né devono essere in alcun modo ridotti in schiavitù. Se dovesse accadere il contrario, sarà nullo e non avrà alcun effetto». Più recentemente, la solidarietà della Chiesa si è manifestata nel «forte sostegno della Santa Sede ai principi contenuti nella “Dichiarazione delle Nazioni unite sui Diritti dei popoli indigeni” (13 settembre 2007). La loro attuazione migliorerebbe le condizioni di vita e aiuterebbe a proteggere i diritti di questi popoli».

La Chiesa latino-americana ribadisce il solenne impegno nella difesa della vita, della dignità e della cultura dei popoli indigeni; appoggia incondizionatamente la «nota» vaticana sulla «Dottrina della scoperta»; fa proprie le lotte per la giustizia e l’equità, ispirandosi ai quattro «sogni» di Papa Francesco nell’esortazione apostolica post-sinodale «Querida Amazonia» (2 febbraio 2020). Aggiunge: «La “Dottrina della scoperta” non fa parte dell’insegnamento della Chiesa che sostiene, in termini inequivocabili, il rispetto dovuto a ogni essere umano».

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Perché benediciamo le coppie omosessuali

Da Settimana 5 aprile 2023 di Luc Van Looy *

Vorrei proporre una riflessione serena sulla proposta dei vescovi del Belgio riguardante la benedizione di persone di tendenza omofila che decidano vivere un contratto condiviso per tutta la vita.

Da anni i vescovi del Belgio hanno riflettuto e pregato sulla situazione dei gay che, in tutta serenità e discernimento, vogliono vivere una vita cristiana impegnata nella Chiesa e nella società, coscienti della loro situazione di omofili.

La Chiesa vuole bene a tutti e vuole integrare tutte le persone nella comunità dei battezzati con la loro tendenza specifica ricevuta dal Creatore.

Offrire una benedizione alle coppie che decidono di condividere la loro vita non significa considerare matrimonio la loro unione – questo mai, in nessun caso –, perché il matrimonio include la possibilità di creare una famiglia. Allo stesso tempo, però, due persone che si scoprono omofile hanno, come creature dello stesso Creatore, il diritto/dovere di essere “fertili” in altro modo e, dunque, di collaborare alla costruzione della società e della Chiesa.

Sappiamo che la Chiesa benedice macchine, rosari, oggetti di ogni sorta (perfino le armi!), benedice le persone sofferenti, i malati e tante altre situazioni. È in quella logica che essa benedice anche persone che dal Creatore hanno ricevuto la vita con una particolare inclinazione. Si tratta, quindi, di benedire persone che vivono in una situazione specifica e che intendono, come cristiani, vivere una vita di reciproca fedeltà, perché la Chiesa desidera che queste persone siano felici e creative nella vita sociale ed ecclesiale.

In una parola, la Chiesa vuol bene a queste persone nella situazione che loro è propria. Le persone che continuano a considerare l’omofilia come una malattia dovrebbero almeno ricordare che Gesù è venuto, in primo luogo, «per gli infermi e non per i sani».

In dialogo con la Santa Sede, i vescovi non hanno incontrato difficoltà pregiudiziali, anzi, sono stati capiti nel loro proposito di iniziare questo esperimento con una formula di preghiera approvata dalla conferenza episcopale al suo completo. Inoltre, è stata nominata dalla conferenza una persona allo scopo di accompagnare questa esperienza.

Speriamo di testimoniare che queste persone, le quali vivono una “certa povertà”, si sentano amate da una Chiesa che vuole la felicità di tutti nella situazione che il Creatore ha loro offerto.

* L’autore è vescovo emerito di Gent.

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Chiesa nel mondo notizie ed eventi

Tutti noi partecipiamo alle nostre comunità locali, parrocchia, diocesi, chiesa italiana, ma il nostro sguardo è sempre aperto alla chiesa universale: la comunità dei discepoli di Cristo “fino alla fine del mondo”. Per arricchire il nostro sguardo ci aiutano alcuni rapidi flash

GMG- LISBONA 2023

Dal 1 al 6 agosto 2023 si svolgerà a Lisbona la 38° giornata mondiale della gioventù. Si doveva tenere nel 2022, ma a causa del covid è slittata di un anno. La GMG non è solo un evento, è pensata e preparata come un progetto di pastorale giovanile. Tanti giovani, provenienti da ogni parte della terra, si ritroveranno in un unico luogo, tappa finale di un cammino di pellegrinaggio segnato da una esperienza ecclesiale (giovani, vescovi, papa) e da un cammino personale di fede.

“Maria si alzò e andò in fretta” (Lc1,39) è l’icona biblica che guida percorsi di approfondimento e sguardi plurali intorno alla Parola.

Nel messaggio ai giovani per la GMG di Lisbona 2023, Papa Francesco ha ricordato come di fronte a un bisogno urgente bisogna agire in fretta. Dice il Papa “Cari giovani, è tempo di ripartire in fretta verso incontri concreti, verso una reale accoglienza di chi è diverso da noi, come accade tra la giovane Maria e l’anziana Elisabetta. Solo così supereremo le distanze...e anche le guerre. I giovani sono sempre speranza di una nuova unità per l’umanità frammentata e divisa, Ma solo se hanno memoria, se ascoltano i drammi e i sogni degli anziani”.

GLI INCONTRI DEL MEDITERRANEO

“Mediterraneo” è ancora questo nome evocativo e simbolico al centro di iniziative di incontro e di dialogo, luogo di storia e di memoria, di vita passata presente e futura.

Dopo gli incontri di Bari (2020) e Firenze (2022), svoltisi su iniziativa della Conferenza Episcopale Italiana col titolo “Mediterraneo frontiera di pace”, l’arcidiocesi di Marsiglia ha lanciato una iniziativa ulteriore “Gli incontri del Mediterraneo”. L’evento si svolgerà dal 18 al 24 settembre 2023 e vedrà la partecipazione di Papa Francesco.

Come nei precedenti eventi, saranno presenti, oltre ai vescovi, giovani provenienti da 29 paesi.

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Ricordiamo che dopo l’incontro di Firenze (23-27 febbraio 2022) vescovi e sindaci delle città del Mediterraneo hanno stilato la “Carta di Firenze” in cui si impegnano a promuovere progetti di concreta inclusione culturale, religiosa, sociale ed economica tra i popoli del mediterraneo; hanno anche avviato un master universitario per un gruppo di giovani di tutta l’area mediterranea per favorire l’elaborazione di progetti sociali da poter realizzare nelle nazioni di provenienza.

L’incontro di Marsiglia, sulla scia dei precedenti, ha lo scopo di far dialogare le rive del Mediterraneo per riflettere insieme sulle sfide da affrontare, per valorizzare le risorse e aprire “nuovi cammini di pace e di riconciliazione nei quali le chiese hanno un ruolo essenziale da giocare, al servizio del bene comune”.

Il comunicato informa che “Gli incontri del Mediterraneo” sarà un evento “unico ed inedito” articolato in quatto momenti.

Ci sarà l’assemblea dei vescovi per continuare il lavoro di Bari e Firenze.

Ci sarà l’incontro di sessanta giovani per condividere esperienze e testimonianze. Durante tutta la settimana ci sarà un festival che interesserà diversi luoghi della città con esposizioni concerti veglie di preghiera ed altro per poter fare di Marsiglia una città-laboratorio della fraternità. Sabato 23 settembre, infine, Papa Francesco parteciperà alla riunione plenaria dell’assemblea dei vescovi con i giovani e parteciperà alla preghiera per i dispersi in mare prima di presiedere la Messa conclusiva. (Sito web: www.rencontres-med23.org)

IN UN MONDO DI GUERRA”

È il messaggio accorato della “Via Crucis” che si è svolta al Colosseo e che ha presentato un elemento di coralità straordinario.” I testi proposti quest’anno per le stazioni della Via Crucis sono testimonianze ascoltate dal Santo Padre nel corso di alcuni suoi viaggi apostolici e in altre occasioni “fa sapere infatti la Sala Stampa della Santa Sede.

Può sembrare fuori tempo massimo ricordare questa commemorazione, ma gli elementi di riflessione che ci ha offerto non si sono certo esauriti in quella circostanza.

A partire dalla Terra Santa, di stazione in stazione, uomini di tutta la terra hanno ricordato al mondo intero che ai giorni nostri, nel nostro mondo ricco di cultura, di conoscenze, di beni, è ancora tanto difficile praticare la “pace”. Sofferenze indicibili, privazioni, violenze, sentimenti contrastanti di amore/ odio, giovani vite precarie e apparentemente prive di un futuro hanno confermato quel che Papa Francesco va dicendo da anni e che ha toccato con mano nei suoi viaggi apostolici: il mondo è in guerra e anche noi, che non viviamo direttamente sulla nostra pelle le macerie di una guerra, siamo immersi in questo clima.

“La Pace in terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può

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“VOCI DI PACE

venire instaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio” (PT,1). Al mirabile ordine dell’universo, dice Papa Giovanni XXIII nella sua enciclica, si oppone il disordine che regna tra gli esseri umani e tra i popoli, quasi che i loro rapporti non possano essere regolati se non dalla forza.

Ma il Creatore ha scolpito l’ordine anche nell’essere degli uomini e l’armonia tra gli uomini ha un nome e un percorso: dignità e rispetto della dignità della persona. È quello che manca nel racconto delle tribolazioni umane vissute da tanti uomini e donne che continuano a percorrere strade dolorose in cerca di pace.

VIAGGIO DEL PAPA IN UNGHERIA

Si è svolto dal 28 al 30 aprile il viaggio apostolico di Papa Francesco in Ungheria. Un viaggio sofferto, anche questo, perché le condizioni di salute del Papa vi avevano inizialmente gettato un interrogativo. Il viaggio è stato considerato un “completamento” di quello compiuto il 12 settembre 2021 per il Congresso Eucaristico Internazionale.

Papa Francesco aveva sottolineato come questo sarebbe stato “un viaggio al centro dell’Europa, sulla quale continuano ad abbattersi gelidi venti di guerra, mentre gli spostamenti di tante persone pongono all’ordine del giorno questioni umanitarie urgenti”.

Al confine con la martoriata Ucraina il Papa non poteva ignorare i tanti rifugiati da questa terra, ma anche tanti rifugiati da diversi luoghi che, attraverso la rotta balcanica, vogliono raggiungere l’Europa. Pace e accoglienza, temi chiave che il Papa ha affrontato subito con un discorso denso di contenuti e di richiami al ruolo dell’Europa.

“Nel dopoguerra - ha detto il Papa - l’Europa ha rappresentato insieme alle Nazioni Unite la grande speranza, nel comune obiettivo che un più stretto legame tra le nazioni prevenisse ulteriori conflitti”.

Bisogna risvegliare il senso di una politica comunitaria, lontana dai nazionalismi che tornano a ruggire. La pace, sottolinea il Papa, “non verrà mai dal perseguimento di propri interessi strategici, bensì da politiche capaci di guardare allo sviluppo di tutti”. Qui il Papa ha sottolineato come sia essenziale ritrovare l’anima europea, l’entusiasmo e il sogno dei padri fondatori che hanno saputo guardare oltre il proprio tempo. Riferendosi a Budapest come “città di santi” Francesco ha citato Santo Stefano, primo re d’Ungheria, che raccomandava al figlio di essere gentile anche con gli stranieri e di “accogliere benevolmente i forestieri”.

Il problema dell’accoglienza è sicuramente complesso e il Papa rivolge di nuovo il suo sguardo all’Europa dicendo come il tema sia da affrontare a livello comunitario perché “le conseguenze prima o poi si ripercuoteranno su tutti”

Chiesa universale 40

Il contributo del MIAMSI al Sinodo universale a

cura del Relais Europeo

Il testo dal titolo “Rivelare Gesù Cristo in un continente colpito dalla secolarizzazione e scosso dalle sfide globali” è strutturato in tre parti che corrispondono alle tre domande del documento di lavoro per la fase continentale del Sinodo (DTC: documento di lavoro per la tappa continentale). Il documento nella sua parte centrale afferma la necessità di tornare al progetto europeo iniziale “basato sul personalismo cristiano, un progetto nato dopo le due guerre mondiali e animato da un desiderio di pace duratura”. (www.synod.va)

Il 6 febbraio a Strasburgo i Presidenti di quattro Movimenti nazionali del Relais Europeo hanno pubblicato un contributo per la fase continentale del Sinodo. Lo hanno fatto in connessione con i movimenti MIAMSI presenti in Siria e Libano, dimostrando così la solidarietà che li unisce all’interno dello spazio mediterraneo.

Il contributo è strutturato in tre parti che corrispondono alle tre domande a cui il DTC invita a rispondere nella sua conclusione (§106). In un’Europa secolarizzata, essa sottolinea la necessità di saper rivelare il messaggio evangelico al centro di ciò che costituisce la vita dei nostri contemporanei. L’intero documento è a disposizione sul sito www.rinascitacristiana.org.

Riportiamo qui di seguito solo le tre priorità valide per l’oggi:

• Rimettere la persona al centro delle politiche europee nelle sue relazioni con gli altri e al centro del creato, senza essere soggetta a logiche economiche e finanziarie.

• Costruire un’Europa che non rimanga congelata dalla paura e dalle crisi varie, ma che sia in grado, secondo la sua tradizione, di essere unita, solidale, accogliente, inclusiva nel rispetto delle differenze culturali, storiche e religiose.

• Dare più peso all’educazione ai valori europei, essere attenti alla gerarchia dei diritti, garantire il rispetto dei diritti sociali come il diritto alla salute, alla famiglia, all’alloggio, al lavoro...

Siamo convinti che l’attuale sfida migratoria sia una grande preoccupazione che continuerà ad essere ancora più intensa negli anni a venire, non solo per l’Europa ma per il mondo intero. Mentre questa sfida genera paure che dobbiamo combattere, le nostre organizzazioni ritengono che i migranti rappresentino prima di tutto una ricchezza, e che promuovere l’accoglienza dello straniero sia un segno della costruzione del “regno di Dio”.

Questo è il significato della nostra partecipazione attiva alle associazioni in-

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ternazionali di solidarietà, del coinvolgimento della nostra rete nei collettivi internazionali delle ONG del Consiglio d’Europa e dell’impegno solidale di gran parte dei nostri membri nell’accoglienza dei migranti. In questo modo abbiamo vissuto a lungo la necessaria dimensione internazionale della Chiesa, che l’approccio sinodale rafforza ulteriormente.

Nel campo della transizione ecologica così come in quello dei diritti umani e della dignità delle persone, ci sono sfide per organizzare meglio la partecipazione dei cristiani nello spazio pubblico europeo.

Vogliamo inserire questi elementi nel quadro del processo sinodale che sta continuando, per farli dialogare con le priorità espresse dalle Chiese di altri continenti e far emergere insieme il bene comune di tutta l’umanità.

Siria e Libano due Paesi del Relais Europeo

Da qualche anno i gruppi della Siria e del Libano fanno parte del Relais Europeo, pur con grandi difficoltà economiche, di collegamento e politiche. I gruppi della Siria ormai concentrati solo a Damasco (poiché ad Aleppo non c’è più nulla) ultimamente si sono collegati con noi via internet. I gruppi del Libano concentrati soprattutto a Beirut hanno partecipato attivamente all’Assemblea Generale del Miamsi dell’anno passato. I gruppi del Libano sono ben coscienti e nei limiti del possibile sono solidali con la quantità dei migranti siriani stabilitisi nel loro Paese.

Ci fa piacere riportare qui un messaggio di Myriam Liane Presidente di Renouveau Chrétien a proposito della chiesa in Medio Oriente. La Santa Sede ha organizzato nello scorso aprile a Cipro un simposio dal titolo “Enracinés dans l’espérance” in occasione del decimo anniversario dell’Esortazione apostolica “Ecclesia In Medio Oriente”, in presenza di tutti i rappresentati delle chiese cattoliche del Medio Oriente. Il Prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, mons.

Claudio Gugerotti, presente all’apertura ha insistito su gli “sforzi eroici dei cristiani del Midio Oriente nella testimonianza della fede”.

Mons. Gugerotti ha affermato: “Noi occidentali abbiamo una pesante responsabilità nella destabilizzazione del Medio Oriente a causa della nostra tendenza a esportare la nostra cultura e a domandare a questi popoli di conformarsi ad essa”. “Come cattolici occidentali ci scusiamo di sostenere questa visione miope. Noi rendiamo omaggio ai vostri sforzi eroici per essere i testimoni della nostra fede comune in ogni tipo di difficoltà”. Il ruolo della Santa Sede è dunque prioritario nel sostegno ai cristiani del Medio Oriente e la chiesa universale non può permettersi di perdere “la presenza, l’eredità, la testimonianza e soprattutto la fede dei cristiani del Medio Oriente”.

Ringraziamo Myriam di averci segnalato l’importanza di questo incontro a Cipro e preghiamo il Signore che protegga sempre i vostri gruppi e vi dia forza e speranza nelle vostre difficoltà.

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“La forza della parola: come dire per unire”

Riceviamo da Giovanna Lazzeri un interessante articolo a firma di Maria Rosa Bigi comparso sul giornale diocesano di Genova Il cittadino sul tema “Donne: parole di pace”. L’iniziativa promossa dal CIF e da altre Associazioni femminili ha avuto la fattiva collaborazione del Movimento Rinascita Cristiana di Genova, ne riportiamo la sintesi.

Come dire parole di pace oggi in tempi di violenza e di guerre atroci? Quali sono le parole di pace? “Beati i miti”, “Beati i costruttori di pace” Ma come costruire la pace? “Pace a voi” sono le prime parole del Risorto ai discepoli. E noi donne, che non abbiamo mai fatto la guerra, che siamo vittime come madri e come mogli, preda di una parte o dell’altra, che da sempre siamo portatrici di vita come gettare semi di conciliazione, come bisbigliare sillabe di perdono?

Insieme con un gruppo di donne di varia provenienza associativa e sindacale, credenti e non credenti o diversamente credenti abbiamo cercato di trovare risposte accogliendo la sfida offerta dal Sinodo: l’ascolto, il confronto, il dialogo. Ci siamo incamminate lungo le strade e i villaggi perchè lungo le strade ci incontriamo tutti, vecchi e giovani, uomini e donne con passi diversi, con carichi e pesi diversi, con volti e linguaggi diversi. Quello della strada è un cantiere che si estende all’infinito come aprire migliaia di matriosche Nei nostri incontri, nella sede del Cif, ci siamo prima confrontate su “Parole di guerra”. Sono parole che dividono, parole di odio, che costruiscono giorno dopo giorno l’immagine del nemico, colui che ucciderà o sarà ucciso. Se dico “clandestino” invece di “migrante” creo il fantasma di chi si nasconde perchè vuole fare del male. Il verbo “vincere” è diverso da “non perdere” perchè comporta anche sconfiggere, uccidere, se dico “sicurezza” vedo alle spalle, nel buio qualcuno che mi farà del male, e così “alzare muri” implica l’urgenza di difendermi, “minoranza” non è il sinonimo di quella “cittadinanza” fondata su diritti e doveri, Ci sono anche parole soffocate, parole taciute, parole non dette. Le parole di odio non si dimenticano perchè diffondono una cultura, la legge del branco, si sedimentano nell’anima ed emergono come un fiume carsico con la violenza di uno stupro

Le parole di pace dicono: “non abbiate paura”, siamo una comunità, restiamo insieme, diamoci aiuto. Sono tante le parole di pace, diffondiamole come se-

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mi, pronunciamole come messaggi: responsabilità, dignità, giustizia, rispetto, accoglienza, perdono, uguaglianza, libertà, vita. Alcune hanno cambiato il mondo: “siamo tutti fratelli, siamo tutte “sorelle”, una fraternità che ha abbattuto schiavitù e imperi. Le parole sono corpi viventi, vanno alimentate: si dilatano al di là dei confini, diventano universali o si rimpiccioliscono, cambiano significato, muoiono. Che cosa diventa la fraternità limitata ad un popolo? Quella delle piccole patrie? Tra cittadini di un solo paese? La fraternità non può che essere universale.

Ci siamo rivolti alla nostra Costituzione “Le parole di pace nella Costituzione”… Non c’è solo l’art 11 che va letto integralmente “L’Italia ripudia la guerra...come strumento di offesa alla libertà dei popoli...e consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni”. Ma c’è anche una pace nel popolo, per una pacifica convivenza sociale (art.2 e 3). Oltre la tutela dei diritti inviolabili delle persone, fondamentali sono anche i doveri inderogabili di solidarietà. Questo presuppone un bilanciamento tra libertà e giustizia sostanziale. La Repubblica si impegna infatti a rimuovere (art.2 e 3) le diseguaglianze dei punti di partenza. Anche l ‘art. 29 si basa sull’eguaglianza dei coniugi scardinando una atavica cultura patriarcale e un modello di gestione del potere maschile in nome della pari dignità tra uomo e donna. E così avanti sui temi del lavoro, della proprietà. Vogliamo ripeterlo: Il nostro paese poggia i suoi fondamenti su una cultura di pace e su una convivenza solidaristica.

Novara una collaborazione tra parrocchia e associazioni Grazie all’impegno di don Piercarlo Maggiolini e di Ginetta Chionchio la città di Novara ha organizzato nell’anno alcune interessanti iniziative e le ha offerte alla riflessione di tutto il Movimento. L’ultima, che concluderà l’Inchiesta sul tema della pace, avverrà il 27 maggio in collaborazione con Pax Christi.

Centrale sarà l’incontro con don Renato Sacco, parroco nella diocesi di Novara e Consigliere nazionale di Pax Christi. Don Sacco è stato coordinatore, amico e collaboratore di monsignor Tonino Bello. L’iniziativa è stata accolta con favore e sostenuta dal parroco della parrocchia, dove il gruppo di Rinascita si incontra da quando il covid ha sospeso il ritrovarsi nelle case.

Sinodo 44

13,30

In un mondo interconnesso, percorso da una «guerra mondiale a pezzi» e dominato da prospettive apocalittiche, qual è il compito della Chiesa? Che cosa caratterizza, in particolare, i gesti e le parole di Francesco? Quali sono le radici della «diplomazia della misericordia»?

E come si concilia la volontà di mediazione con l’energica denuncia dei mali di oggi? A dieci anni dall’elezione di Jorge Mario Bergoglio, Antonio Spadaro ne rilegge l’approccio geopolitico da più prospettive. Innanzitutto la visione, di cui mette in luce i punti fondamentali, attingendo ai numerosi riferimenti culturali e intellettuali del pontefice. Ricostruisce quindi la «mappa» dell’azione di Francesco, attraverso i viaggi apostolici, gli eventi sinodali e la politica internazionale della Santa Sede. Ne emerge un’analisi dei traguardi raggiunti e delle sfide aperte: l’impegno per un nuovo umanesimo in Europa e per porre fine ai conflitti e alla tragedia dei migranti, proponendo un’alternativa credibile al capitalismo finanziario speculativo; l’avvicinamento alla Cina e il dialogo con l’Islam; l’esperienza della prima pandemia globale nell’era digitale; l’attenzione a

territori dalle forti contraddizioni politiche ed ecologiche, come l’Amazzonia; i passi avanti nei rapporti con il Medio Oriente e le visite in paesi quali il Kazakistan e il Bahrein, luoghi di incontro e crocevia multietnici, «laboratori» di una Chiesa piccola ma viva.

Nello Scavo, L’orizzonte di notte non esiste, Manni – Euro

8,00

Con una prosa coinvolgente che ha il ritmo del reportage, Nello Scavo mette in scena una riflessione sui migranti. Racconta del viaggio in cui cerca di arrivare dalla Somalia all’Etiopia - ma la guida non lo accompagna, perché troppo pericoloso per un walking dollar; racconta di Simba, il bimbo ivoriano soccorso dalla nave Mare Jonio forzando il blocco del governo italiano, insieme agli altri venti “invasori col pannolino” e ad altre ottanta persone; racconta dei bambini siriani che ad Antiochia lavorano per poche lire al giorno come calzolai, panettieri, raccoglitori di patate; racconta del campo profughi di Moira, in Grecia, e dei sudamericani che tentano di oltrepassare il confine dal Messico verso gli Usa, dove i contrabbandieri sono pagati per scagliare al di là del muro, chiusi in sacchi, dei ragazzini come fagotti. Un testo che ricorda l’assurdità del concetto di “confine”, so-

Recensioni

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prattutto quando dall’altra parte c’è un essere umano che ha bisogno di valicarlo.

Luigi Berzano, Senza più la domenicaViaggio nella spiritualità secolarizzata, Effatà – Euro 13,00

Il libro tratta dell’attuale svolta rituale nella Chiesa cattolica: crollo al 5% della partecipazione alla messa domenicale e crescita dei riti di passaggio. Attorno a questi riti del battesimo, prima comunione, cresima, matrimonio, celebrazioni per i defunti, si riempiono ancora le chiese di partecipanti, «quando la campana suona per loro». Sono i nuovi «credenti non praticanti» delle spiritualità secolari, compresi quelli dei recenti riti digitali e delle celebrazioni online. Quali sono le risposte delle Chiese? È possibile una religione basata solo sui riti di passaggio? Su queste domande l’autore, noto accademico italiano e prete cattolico, si confronta con la tradizione sociologica dei classici.

«La Chiesa è dialogo, è relazione. In questa luce il cambiamento sociologico in atto stimola la Chiesa a modellare la sua “forma” per incontrare gli uomini e le donne di oggi, per essere all’altezza del giorno che vive. Il libro di Luigi Berzano è una bella sfida, apre alla creatività».

Dalla Postfazione di Derio Olivero

Castelvecchi, euro 6,00

Lettura interessante ricca di spunti che ci interrogano su come abitare il futuro, in poche pagine ci illustra come l’uomo cerca di superare i propri limiti alla ricerca di un ideale di vita che la natura non può più garantire. L’intelligenza artificiale con ChatGpt ha fatto un salto in avanti nella storia che può stupire e terrorizzare nello stesso momento. Chat Gpt sembra essere la percezione dietro la visione e questo la fa somigliare drammaticamente all’uomo comune. Secondo Benanti questa è la parte sorprendente di questa scoperta. Non possiamo restare eticamente indifferenti davanti alle molteplici applicazioni di una scoperta del genere. In “POSTUMANO, TROPPO POST UMANO” si affronta il tema del “potenziamento umano” e le neurotecnologie e si prosegue interrogandosi sulle domande etiche che questo superamento comporta. P. Paolo Benanti francescano è Docente di Bioetica ed Etica della Pontificia Università Gregoriana, Teologo, Filosofo, appassionato di tecnologie.

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Padre Damiano Pavone, Jhs, uno di noi

Non è facile parlare delle persone a cui abbiamo voluto bene e con cui abbiamo condiviso percorsi di vita privata e in Mrc e che sono tornate alla Casa del Padre.

Padre Damiano Pavone (Dino per gli amici) è stato, per i gruppi di Rinascita Cristiana, un assistente attento, discreto, aperto ad ogni interrogativo cui rispondeva sempre con garbo e sapienza.

Dal 1967 al 1992 è stato a Catania, sia a Villa Saverio, dove si occupava dei laboratori di biologia e scienze naturali per gli studenti universitari sia al Crocifisso dei Miracoli dove, nel 1969 fu nominato Superiore della Comunità. In questi 25 anni è stato sempre assistente di MRC e della CVX.

in ricordo

p. Damiano Pavone S.J.

27.09.1928 Palermo

9.02.2023 Palermo

al 1999 lo avemmo come assistente. Il nostro gruppo era quello con la maggiore concentrazione di presenze maschili a Catania: Turi Torrisi, Turi Pluchino, Beppe Stimoli, ognuno di loro con caratteristiche diverse che arricchivano le discussioni.

Ad Maiorem Dei Gloriam

Prega come se tutto dipendesse da Dio. Lavora come se tutto dipendesse da te.

S. Ignazio da Loyola

Il suo tratto distintivo è stato la grande signorilità nei rapporti, la lucidità delle opinioni e la curiosità tipica del ricercatore di scienze naturali. In lui si apprezzava la mirabile sintesi di scienza e fede, che non erano mai in conflitto, ma coesistevano serenamente. Era dotato anche di sense of humor, che trapelava in alcune occasioni.

Nel 1991 fu nominato consultore del superiore regionale e dal 1992 al 1995 fu rettore del Collegio Gonzaga a Palermo.

A Palermo, dove ho vissuto dal 1984 al 1993, non avevo aderito ad un gruppo di Rinascita Cristiana, ma quando mi trasferii a Catania aderii al gruppo di Rinascita che si riuniva ai Martiri Inglesi e dal 1996

Padre Pavone celebrò le mie nozze il 20 novembre 1993 ed anche il rinnovo delle promesse dei 25 anni, il 20 novembre 2018: in questa occasione venne appositamente da Palermo nonostante avesse già 90 anni e si stancasse molto, dicendo che non si sarebbe mai aspettato di poter arrivare alla sua età ed avere questa gioia.

Ogni volta che tornava a Catania o che noi andavamo a trovarlo a Palermo, era un’occasione di festa per la mia famiglia, lo invitavamo a pranzo o andavamo al mare e conversavamo tanto su ogni argomento. Mio figlio lo chiamava Zio Pavone e la prima volta che lo fece, lui rise di cuore ma lo gradì molto. Non so se sia stato più importante per me averlo come assistente nel gruppo di Rinascita o nella mia vita privata. Abbiamo condiviso percorsi di vita e di fede e mi ha sempre colpito molto la sua sobrietà ed anche la sua umiltà e riservatezza sui prestigiosi incarichi che ricopriva nella Compagnia di Gesù.

Ci ha insegnato molto e spero che continui a volerci bene cosi come noi gli vogliamo bene.

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Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce.

Vieni, padre dei poveri, vieni, datore dei doni, vieni, luce dei cuori.

Consolatore perfetto, ospite dolce dell’anima, dolcissimo sollievo.

Nella fatica, riposo, nella calura, riparo, nel pianto, conforto.

O luce beatissima, invadi nell’intimo il cuore dei tuoi fedeli.

Senza la tua forza, nulla è nell’uomo, nulla senza colpa.

Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina.

Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò ch’è sviato.

Dona ai tuoi fedeli che solo in te confidano i tuoi santi doni.

Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna.

Rinascere

Periodico bimestrale di informazione e di collegamento del Movimento Rinascita Cristiana

Via della Traspontina, 15 – 00193 Roma – Tel. 06.95948665 - segreteria@rinascitacristiana.org

Direttore Responsabile: Francesca Tittoni

Comitato di Redazione: Maria Serena Asso, Egidio Barbiero, Saverio Castaldo, Marta Cervo, Maria Esposito, Marina Marino, Roberta Masella, Tiziana Pinna

Stampa: La Moderna s.r.l. – Via Enrico Fermi 13/17 – 00012 Guidonia (Roma) – Tel 0774.354314

Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 00573/98 del 14/12/1998

Finito di stampare nel mese di maggio 2023

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