Questa astrazione della battaglia sembra insomma essere un addomesticamento di quella realtà della grande guerra, così lontana dagli stereotipi eroici e cavallereschi di cui era intrisa la borghesia interventista con la sua cultura scolastica. Lo scultore Zuech, ben lontano dall’evitare «ogni possibile contestualizzazione storica» e dal modellare «un corteo slegato da riferimenti temporali»59, rimanda a un immaginario arcaicizzante, intriso di classicità romana e suggestioni medievali, anche quando tratteggia elementi eminentemente contemporanei. A ben guardare i dolori della guerra non ci sono nemmeno laddove l’umano è rappresentato. Nella Campana i volti non tradiscono alcuna emozione, sono neutri e ripetitivi. Le uniche pose che manifestano una certa mestizia sono quelle delle partecipanti al corteo funebre, con i volti parimenti inespressivi ma rivolti verso il basso. Ad essere enfatizzato è invece il pathos del trionfo della nazione in armi, degna conclusione della guerra e precondizione della pace. A confermare questo quadro non si può evitare la citazione di un episodio60 della genesi del fregio: Zuech inizialmente aveva pensato a una rappresentazione della Pace da far seguire al corteo funebre: si trattava di un gruppo di buoi che trascinano un aratro, a simboleggiare un rassicurante ritorno alle tradizionali occupazioni contadine. Ebbene, Rossaro si oppose a questa soluzione suggerendo il trionfo di cavalli e trombe poi effettivamente realizzato. L’esercito vittorioso venne preferito alla rappresentazione di una quotidianità arcaica e contadina.
2.6.1. Una prima metamorfosi. Dall’astrazione al realismo La Campana venne fusa tre volte nel corso degli anni, nel 1924, nel 1939 e nel 1964. Furono momenti di possibile ricollocazione simbolica, momenti di discussione, momenti di messa in scena dei rituali. Alcune delle modiiche apportate per far fronte agli ingrandimenti del bronzo, con relativa estensione delle superici, sono particolarmente interessanti. Per la seconda Campana, Zuech realizzò nuove scene da inserire nel fregio. Delle quattordici igure aggiuntive, dieci furono poste in coda al corteo funebre, dopo il cannone. Ad aprire il corteo aggiuntivo si trovano tre invalidi di guerra, poi tre soldati prigionieri e inine il gruppo degli esuli civili: due anziani piangenti con le mani a coprirsi i volti, la madre e il iglioletto accompagnati da un asinello. Sullo sfondo il proilo di un borgo in iamme a rappresentare le distruzioni belliche. 59 60
BeltraMi, Stefano Zuech cit., p. 100. Stefano Zuech (1877-1968). Il volto il mito il sacro, (catalogo mostra), a cura di E. Mich, C. Moser, R. Pancheri, Rovereto. Palazzo Alberti Poja. 2 luglio-18 settembre 2016, ed. Wasabi, Crocetta del Montello (Tv) 2016, p. 82.
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