Il discorso alla folla di pellegrini in piazza San Pietro, diecimila e di varie nazioni secondo il cronista, fu più breve e conciso e si svolse attraverso coordinate leggermente diverse. I dispositivi del martirio e della virtù eroica, passavano qui in secondo piano, quasi omessi, per deinire un messaggio più universale che, questa è la mia tesi, rappresenta il primo tassello del passaggio dalla Campana dei Caduti alla Campana della Pace: «La campana dei morti – ha aggiunto Paolo VI – è la campana per i vivi. Essa, infatti, ci invita a non dimenticare chi è morto a causa della guerra, e a pregare afinché la guerra abbia a cessare nel mondo, e la pace possa regnare fra tutti i popoli. La campana è dedicata alla Madonna addolorata: Maria Dolens. Noi, ora, la invocheremo afinché sia dato riposo eterno alle anime dei caduti e a quelle dei nostri defunti, e afinché siano santiicati i nostri dolori dal suo, ed ella ci ottenga da Cristo la vittoria della sua regalità: quella del perdono reciproco, della fraterna concordia, della vera pace, nell’amore e nella giustizia»35.
I temi della vittoria e della gloria, tanto centrali nelle prime Campane, sembrano qui ritornare nell’alveo del discorso strettamente religioso, in una specie di contro movimento rispetto alla tarda parabola risorgimentale, a cavallo della guerra di Libia e la grande guerra. Si potrebbe dire che, dopo una sorta di secolarizzazione di concetti religiosi, assistiamo qui a una riteologizzazione dei concetti secolari della vittoria e della gloria e alla decadenza del Cristo Re degli eserciti.
3.6. La banalizzazione della Pace In pace hominum ordinata concordia et tranquilla libertas (Giovanni XXIII)
Queste cerimonie e questi discorsi si svolsero in un momento particolare del secondo dopoguerra. All’inizio degli anni sessanta, le tensioni tra U.S.A. e U.R.S.S., le due super potenze uscite vincitrici ed egemoni dalla seconda guerra mondiale, avevano fatto temere lo scoppio di ostilità belliche che, a causa dello sviluppo tecnologico dei nuovi armamenti nucleari, avrebbero rischiato di essere talmente distruttive da non permettere né la ricostruzione dei territori, né la ripresa della vita delle popolazioni coinvolte. Le stesse possibilità di rilancio economico sarebbero state frustrate. Il 6 aprile 1964 la Santa Sede era entrata con lo status di osservatore permanente come Stato non membro nella Organizzazione delle Nazioni Unite, l’associazione intergover35
“Paolo VI benedice la campana di Rovereto”, in “Gazzettino di Trento”, 1 novembre 1965.
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