1.10. La ine della guerra Le pagine dell’Albo arrivano rapidamente all’epilogo. «C’è nell’aria come un rantolo d’agonia! Tutto precipita, oppure siamo inconsci della gravità dell’ora» leggiamo il 22 aprile 1945. «Voci discordi parlano di armistizio. Tutto fa pensare che il crollo è vicino. Questione di ore. Penso di far suonare la Campana al momento del crollo», riporta Rossaro il primo maggio. Ma poi subentrano «dificoltà tecniche»: ci sono in giro ancora tedeschi, una sera viene ordinato il coprifuoco, si vorrebbe che la Campana suonasse escludendo i caduti fascisti. «No» afferma perentorio il sacerdote, dovrebbe suonare per tutti. E intanto passano i giorni e il suono della pace ritarda. Arrivano gli americani. Rossaro corre al bastione del castello per appendere il tricolore, ma quando al mattino del 4 maggio gli viene chiesto di salutare l’evento con il suono della Campana risponde ancora in modo negativo218. In breve suona soltanto il giorno 20 maggio, a forza di braccia volonterose, per ricordare tutti i caduti, precisa Rossaro. Poi è l’ora della ricostruzione, anche gattopardesca secondo quanto scrive Rossaro, il quale denuncia i trasformismi e le viltà, mentre per lui si apre un capitolo amaro. Con l’autunno del 1945 il padre della campana viene accusato di aver collaborato con il fascismo e quindi la Commissione d’epurazione istruisce il processo che si concluderà comunque con l’assoluzione. È ancora l’Albo storico a riassumere la vicenda, permettendoci di conoscere altri aspetti della biograia del sacerdote. «Ho assunto la carica di cappellano della Milizia volontaria di sicurezza nazionale per la Legione Cesare Battisti nel 1927 su invito del console Larcher, del centurione Scanagatta e dello stesso vescovo Endricci», egli scrive in una memoria difensiva. Ed accettai «solo in vista della Campana dei Caduti che tanto mi stava a cuore, sia per le sue alte inalità, sia per mantenere le sue relazioni internazionali, e che, altrimenti, sarebbe stata probabilmente osteggiata, o peggio, assorbita dalle istituzioni fasciste. La mia attività però di Cappellano di Legione fu limitata esclusivamente agli ordini che per volta mi giungevano dal Comando, e solo nell’ambito spirituale, come la celebrazione della Messa da campo o la preparazione dei militi alla Pasqua, mentre nei fervorini che tenevo in tali circostanze, mi attenevo esclusivamente al Vangelo o a qualche passo scritturale, coronandoli sempre col voto d’una “Italia una, grande, indipendente”, e ciò fu sempre in cima alle mie aspirazioni». La rimozione dal suo incarico, nel 1940, era poi avvenuta non per reali necessità organizzative, ma per «scarso rendimento». La stessa Campana «casualmente nacque e si sviluppò in epoca fascista», dichiara ancora il sacerdote, ribadendo che aveva accettato 218 «In bella maniera, con ragioni plausibili, rispondo negativamente. Difatti era una cosa troppo precipitata e forse sarebbe stata compromessa la serietà della Campana dei Caduti». Albo storico, 4 aprile 1945.
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