Film 16 ottobre/dicembre 2020

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Il giorno seguente Fabienne chiede a Luc, che intanto l’ha perdonata ed è tornato in servizio presso di lei, se può richiamare il giornalista al quale non aveva dato la risposta della domanda dell’Actor Studio, ossia cosa vorrebbe sentirsi dire alle porte del paradiso. “Cosa rende una famiglia una famiglia? La verità o le bugie? E cosa scegliere tra una crudele verità e una dolce bugia? Sono le domande che non ho mai smesso di pormi facendo questo film. Spero che chiunque lo veda colga l’opportunità per trovare la propria risposta”. Kore’eda Hirokazu conclude così le sue note di regia a Le verità, film che lo vede per la prima volta calcare un set cinematografico europeo, con troupe francese e cast internazionale. Le verità nasce da una pièce teatrale scritta nel 2003 e ambientata nel camerino di un’attrice che si avvia verso la conclusione della sua carriera. L’impianto è decisamente mutato e in maniera vorticosa se pensiamo che, a un certo punto, ci ritroviamo nel bel mezzo di un film di fantascienza. Eppure del teatro rimane traccia sottile la casa, palcoscenico immutato dei conflitti per antonomasia e, nello specifico, quella di Fabienne, una luccicante Catherine Deneuve, è il luogo in cui gli sguardi trovano alte espressioni verbali. A differenza

C

delle strade, dei cafè, del set, dove i discorsi sanno meglio sottrarsi alle verità, chiusi, come sono, nel rigore del contegno che mistifica, cela, devia, in casa il loro fragore non incontra barriera. La figlia di Fabienne, Lumir, una Juliette Binoche di perfetta e raffinata sciatteria, tenta d’intrappolare la madre nei suoi ricordi, nella verità unica e incontrovertibile del dolore di bambina che l’ha trascinata oltreoceano. La madre si ribella al recinto mnemonico di Lumir senza ammissioni o deviazioni, bensì integrando a esse le sue ragioni. Da sanguinosa tenzone, il conflitto diventa una corposa partita a scacchi le cui mosse dialettiche dell’attrice rivendicano la libertà e il potere di decidere lo stato dei ricordi e quindi delle verità. Non ciò che è stato, ma ciò che di quanto è stato si dice. In questo senso il problema dell’attrice che si scontra con chi attrice non è riuscita a diventare, e che ha optato per un più engagé lavoro di sceneggiatura, passa in secondo in piano, come una fenomenologia, una guaina di cui c’interessa soltanto la struttura. Allo stesso tempo però è vero (anche nella visione del film, il plurale affatto unisono dell’inutile maestà di un’unica verità nutre la coesistenza di un piano di molteplici verità accumulantesi di continuo) che vi sono dei momenti topici, indimenticabili, di questa lotta madre/

figlia. La dimensione azione/scrittura in cui essa è inserita, la fa transitare lontano da ancestralità coatte che fanno capolino qui e là anche a causa del set fantascientifico in cui, la madre è di età più giovane della figlia. C’è un momento nel film, infatti, in cui Lumir, stanca delle ciniche rimostranze della madre, abbandona la scena e l’attrice confessa ad Hank, marito della figlia e attore a sua volta: “Sai cosa penso? Penso che quando le attrici si dedicano alla beneficenza o alla politica è perché hanno perso nel loro mestiere. È chi ha perso la battaglia sullo schermo che si lancia così nella realtà e che fa finta di battersi contro la realtà. Capisci? Non è il contrario. Io l’ho sempre vinta quella battaglia, per questo sopporto la solitudine”. La stessa Fabienne, dunque, rivendica la sua libertà e il suo coraggio proprio intrappolando a sua volta l’altra nell’unica verità che riesce ad applicare: la propria. Alle domande di regia iniziali non sembra darsi, dunque, né una riposta univoca, né un aut aut. Le verità oltre che plurime sono prismatiche. In esse trapassa la luce della storia per dividersi potenzialmente all’infinito. Se di quell’infinito cogliamo soltanto uno o due bagliori è per via dell’assorbire e rimandare scontroso delle cose che la luce incontra. Carmen Zinno

di Nicolas Vanier

SULLE ALI DELL’AVVENTURA

Origine: Francia, 2020

L’ornitologo Christian Moullec ha in mente un grande ed ambizioso progetto per salvare una specie di oche selvatiche (oche lombardelle minori) in via di estinzione. Si reca dal direttore del museo di storia naturale di Parigi, Ménard, per ottenere dei fondi ma il responsabile non

L’

glielo accorda. Christian riesce a distrarre la segretaria di Ménard per qualche minuto, riuscendo così a falsificare la firma mancante. Nella sala d’attesa dell’ufficio c’è Diane, una giornalista, che è riuscita ad ascoltare il dialogo tra Moullec e Ménard; appena Christian esce dalla stanza, la donna gli manifesta il suo entusiasmo e i due si presentano. Christian torna 9

Produzione: David Giordano, Radar Films, SND Groupe M6 Regia: Nicolas Vanier Soggetto e Sceneggiatura: Lilou Fogli, Christian Moullec, Matthieu Petit, Nicolas Vanier Interpreti: Jean-Paul Rouve (Christian), Mélanie Doutey (Paola), Louis Vazquez (Thomas), Lilou Fogli (Diane), Grégori Baquet (Julien) Durata: 113’ Distribuzione: Lucky Red Uscita: 9 gennaio 2020


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