diario privato sulle sue esperienze tahitiane, in cui combina racconti, impressioni, pensieri, questioni politiche e artistiche, schizzi e acquerelli. La pellicola dunque appare come una sorta di dichiarazione d’amore per Tahiti e per la sua Eva. Da tutto quel materiale il regista ha cercato di tracciare il profilo di un personaggio anarchico, ma anche visionario e stimolante, alla ricerca di un sogno edonistico: liberarsi da tutte le convenzioni per tornare a una vita primigenia. Peccato però che la sceneggiatura resti abbastanza in superficie senza mai indagare a fondo nell’animo dell’artista. È così che il film vira prettamente sull’aspetto romantico, privando lo spettatore di una qualsiasi profondità. Non si fa cenno alla parte più oscura
della vita di Gauguin, come ad esempio il controverso legame con Vincent Van Gogh, alle contraddizioni che hanno contribuito a rendere così speciale l’arte di Gauguin, né all’epoca e al contesto in cui l’artista si muoveva. Anche lo sguardo del film sulle donne appare frettoloso: ragazze mute, cristallizzate nell’iconica immagine della buona selvaggia, come la bellissima Tehura, privata del diritto di parola, se non in qualche fuggevole scambio di battute con il protagonista. Misteriosa e affascinante, ma anche vittima di una dimensione egocentrica e possessiva, la donna diventa Musa ispiratrice, lì dove l’arte si trasforma in ancora di salvezza di un uomo che rifugge gli ideali di vita borghesi di una civiltà che egli vede come nemica. Menzione a parte per il lavoro sulla fotografia, che restituisce al film una dignità artistica: la luce del crepuscolo e le scene in notturna sono i momenti in cui le suggestioni e la poesia di quei luoghi riempiono gli occhi dello spettatore. La natura, i suoi colori, il fascino che essa esercita
di Nicolas Pariser
su Gauguin, è la protagonista assoluta. La giungla, il mare, le cascate sono contrapposti a una civiltà cromaticamente oscura e soffocante. Magistrale l’interpretazione di Vincent Cassel che, animato da una disperazione fisica assai calzante, è molto credibile nei panni del protagonista, soprattutto nei momenti più dolorosi di un uomo disperatamente solo. Barba lunga e capelli arruffati, l’attore per una volta abbandona il suo fascino e i panni del latin lover, per mettersi al servizio di un personaggio più complesso. Da apprezzare anche Tuheï Adams nei panni di una creatura affascinante, che sembra davvero uscita dai quadri di Gauguin. Nel volto e nel portamento c’è tutta la grazia e la malinconia delle donne tahitiane, consumate dal lento scorrere del tempo. Alla fine del film rimane però solo il pallido ricordo di quello che furono il genio e la follia di Gauguin e delle opere di quegli anni, rappresentazioni di una cultura in declino. Veronica Barteri
FAVOLACCE
Origine: Italia, Svizzera, 2020 Produzione: Agostino e Giuseppe Saccà per Pepito Produzioni con Rai Cinema, Amka Film, QMI, Vision Distribution Regia: Nicolas Pariser Soggetto e Sceneggiatura: Nicolas Pariser Interpreti: Elio Germano (Bruno Placido), Barbara Chichiarelli (Dalila Placido), Gabril Montesi (Amelio Guerrini), Max Malatesta (Pietro Rosa), Lino Musella (Professor Bernardini), Laura Borgioli (Ada Tartaglia), Giulia Melillo (Viola Rosa), Justin Korovkin (Geremia Guerrini), Giulietta Rebeggiani (Alessia Placido), Tommaso Di Cola (Dennis Placido), Max Tortora (voce narrante) Durata: 98’ Distribuzione: Vision Distribution Uscita: 11 maggio 2020
Il narratore trova il diario di una bambina (Alessia) che narra storie dell’uomo banale in cui egli si identifica. La storia che racconta è vera, ispirata a una storia falsa, non molto ispirata. A Spinaceto, una neonata è stata uccisa dai genitori, poi suicidatisi. La famiglia Placido vive in un quartiere periferico romano; Bruno, disoccupato in cerca di lavoro, fa leggere ai suoi figli Dennis e Alessia le loro pagelle colme di dieci (a parte il nove in condotta della bambina) davan-
I
26
ti ai suoi vicini e amici Pietro e Susanna, la cui figlia, Viola, è costretta a recuperare delle insufficienze. Nonostante l’estate, la periferia è abitata da personaggi tristi e monotoni: i timidi bambini del quartiere, ignorati e incompresi dalle famiglie, e impegnati in un misterioso progetto scolastico; Vilma, giovane neomamma che passerà a riprendere la figlia, ancora in incubatrice, dopo l’estate; Bernardini, l’ambiguo insegnante dei ragazzi; Geremia, bambino chiuso