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La predestinata Foto: Maurilio Boldrini
pensare che questo sia il mio lavoro, ma mi reputo molto fortunata a fare ciò che amo». Quando hai capito che la pallamano sarebbe potuta diventare la tua vita? «Non c’è un episodio particolare, ma la svolta è stata sicuramente a 17 anni: giocavo nel Casarosa Fornacette, a pochi passi da casa mia, e giunse una chiamata. Mi venne proposto di trasferirmi ad Enna in Sicilia: presi la cartina geografica per capire in quale punto della Sicilia fosse Enna, ero un mix di felicità ma anche di preoccupazione. Non ebbi però freni da parte di nessuno e andai: fu la decisione che svoltò la mia vita».
S
ALBERTO BRAIONI
eguire il proprio istinto, per trasformare una passione in una ragione di vita. Elena Barani è stata una delle migliori giocatrici di pallamano della storia italiana, anche se contraddire chi la definisce la migliore risulta un’ardua impresa. Meglio non sbilanciarsi però con i giudizi, meglio rimanere umili ed equilibrati, come piace a lei, nativa di Pontedera in provincia di Pisa. Elena Barani è passione sproporzionata per la pallamano, da qualche mese approdata a
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Dossobuono per contribuire alla crescita della società giallo-rossa e membro dello staff tecnico che guida la Nazionale Italiana. Elena, si può dire che la pallamano per te sia stata una ‘vocazione’? «Più che vocazione per me la pallamano la definirei una priorità. É stata una priorità che ha prevalso su tutto: sulla casa, sugli amici, sugli studi. Starne senza mi fa sentire male. Ho fatto, e tutt’ora porto avanti, ciò che più mi piace, e questo non può che farmi stare bene. A volte mi dà una strana sensazione
Oggi per la crescita di un giocatore di pallamano migrare all’estero sembra una scelta obbligata. Tu però non l’hai fatto, come mai? «Posso dire che ci andai abbastanza vicino. C’è stata la possibilità di andare a giocare in Austria: ero a Sassari, mi chiamarono e accettai di fare un provino. Dopo qualche ora però ci ripensai e gli comunicai di aver cambiato idea. In Francia invece, in un incontro di Coppa, ci fu un episodio abbastanza particolare: mi lasciarono un biglietto da visita con i recapiti per ricontattarli. Ma non andai oltre: al tempo era impensabile per una giocatrice andare all’estero, sarebbe stato un salto nel buio e non me la sentii». Come giocatrice sei stata considerata tra le più forti, se non la migliore: che effetto ti fa questo giudizio? «Quando ricevo complimenti sicuramente mi fa piacere, ma cerco sempre di sdrammatizzare per non soffermarmi troppo. I giudizi, le classifiche, il palmares, per me lasciano un po’ il tempo che trovano. A me piace ricordare le emozioni, le sensazioni, l’esultare dopo un gol: tutto ciò che nella pallamano mi veniva più spontaneo».