Lazio Gourmand Magazine n° 9 Estate 2022

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Lazio Gourmand magazine

Storia, cultura, tradizioni e itinerari del gusto

BENTORNATA

ESTATE

R

😉MA

minitour CIVITAVECCHIA

Il porto voluto da Traiano

A CACCIA DEI VECCHI NASONI

IL

PANZANELLA LA REGINA DEL RICICLO!

FACCIAMO

GELATO? N°9 ESTATE 2022


Siamo alla nostra terza estate con voi! Sicure sempre delle nostre ricette, notizie, tour e tanto altro. Sicure perché in questo Magazine ci crediamo e stiamo studiando per cercare di darvi un prodotto sempre migliore e nuovo. Certo per noi “certainage” o “boomer” è un po’ difficile stare dietro agli innumerevoli cambiamenti di tutti quei meccanismi che roteano intorno ai SEO e ai social, ma piano piano arriveremo anche noi, per donarvi un prodotto sempre innovativo! 2


EDITORIALE

LA NOSTRA TERZA ESTATE INSIEME! di Sabrina Tocchio

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remesso questo, volevo raccontarvi che questi quattro mesi che ci separano dalla precedente stagione sono stati piuttosto pregni di eventi e iniziative, che non potevamo non raccontarvi. Per cui troverete più eventi: i 100 anni del Ristorante Cacciani di Frascati, per esempio. Come non celebrare un pezzo di storia così importante per i nostri Castelli romani! Vogliamo poi, con gioia, farvi conoscere una nostra cara amica Angela Fiorini che con le sue tre figlie porta avanti da anni un negozio di pasta all’uovo a Zagarolo, Meraviglie in pasta. Cosa c’è di così interessante, di negozi di pasta all’uovo ce ne sono tanti. Vero e sono tutti validi, ma la nostra amica oltre ad essere una donna dolcissima e umile è una grande professionista che negli anni ha fidelizzato talmente tanti clienti, da essere riuscita a vincere premi, essere invitata a diverse importanti manifestazioni enogastronomiche e, grazie alle pressioni dei suoi clienti, ad accettare un corner all’interno del già avviato negozio Buh, prodotti di bufala da paura dell’imprenditore Marco Pucciotti a Roma! E già, proprio a Roma così da poter acquistare i suoi ravioli con i ripieni più intriganti come i piatti della tradizione romana o quella di Zagarolo. Poi vi parleremo di Formaticum, una manifestazione che si è tenuta da poco a Roma al palazzo Wegil di Trastevere dove i migliori formaggi dei piccoli allevatori sono stati esposti e gustati da tantissimi appassionati di formaggi, come noi. Naturalmente non potevamo non visitare gli stand del Lazio che grazie all’ideatore di Formaticum, Vincenzo Mancino, erano presenti con le loro specialità, Vincenzo è uno scovatore di talenti e antiche tradizioni nell’arte casearia e proprio lui in zona Centocelle a Roma ha il suo DOL di origine laziale, un negozio da non perdere se ami i formaggi. Gaeta, Gaeta! Non potevamo in questa stagione ricca di sole non portarvi al mare e cosi vogliamo farvi conoscere un ristorante voluto fortemente da un gaetano doc Alessandro Camelio, un mastro frollatore che in una località di mare, ha voluto aprire un ristorante di carne e che carne, lo Stato Brado! Abbiamo voluto anche mettere un accento alla nostra storica Rinascente di Piazza Fiume a Roma, che con i suoi 60 anni di attività è più giovane che mai. Questo grazie ad un grande lavoro di ristrutturazione che ha portato i proprietari di Enoteca La Torre ad investire sul sesto piano, l’ultimo, il più panoramico della Rinascente. Qui potete trovate prodotti di eccellenza da acquistare oltre a vini, bollicine e champagne e anche mangiare e ristorarvi dalla colazione, al brunch, pranzo, merenda, aperitivo e cena. Recentemente c’è stato poi un evento per gli amanti del vino, Cantine Aperte dove noi siamo andate a visitare CantinAmena di Lanuvio, dove distese immense di vigneti circondati da ulivi, hanno fatto da cornice alla degustazione che abbiamo provato per consigliarvi. Per ultimo, ma solo per dare maggiore risalto, abbiamo chiesto un’intervista ad un nostro fan, un attore di cinema, tv e teatro Maurizio Bianucci. Onorate di questo interesse, Maurizio non si perde una nostra mossa e questo non può che farci un immenso piacere. Troverete un insolito Bianucci nella nostra intervista su questo numero. Per il tour vi portiamo a Civitavecchia, tanta storia in quello che per tutti noi è il porto di Roma che ci accompagna nei nostri viaggi quando lo lasciamo a bordo delle navi salutando la famosa Statua del Bacio. Tranquilli, le ricette non mancano mai, abbiamo, come argomento sul riciclo la Panzanella, in diverse vesti, poi pesce, carne, prodotti di stagione e tanto altro.

Seguiteci, siete la nostra forza! Buone vacanze a tutti!

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SOMMARIO

Magazine

EDITORIALE 3

La nostra terza estate insieme!, di Sabrina Tocchio

PRODOTTI DEL TERRITORIO

LAZIO GOURMAND MAGAZINE n°9 | ESTATE 2022

6 Il cornetto di Pontecorvo DOP, di Elena Castiglione 7 Peperoni cornetto ripieni, di Elena Castiglione 66 I cocomeri del Triangolo d'oro, di Elena Castiglione

RICETTE DI STAGIONE 8

9 10 REDAZIONE Elena Castiglione Sabrina Tocchio Candida De Amicis Laura Becchis

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VIAGGIO NEL MONDO DELLE SPEZIE 11

Hanno collaborato: Francesco Duscio Grafica Elena Castiglione Foto Elena Castiglione, Sabrina Tocchio Candida De Amicis Laura Becchis Canva Pro Tutti gli articoli delle ricette e dei tour sono stati scritti dagli autori che sono anche proprietari delle immagini, se non specificato diversamente

In copertina: Nasone Piazza della Rotonda, Roma (foto: Elena Castiglione)

Fiori di zucca con ricotta, parmigiano reggiano e vellutata di peperoni, di Sabrina Tocchio Polpettine di melanzane, una tradizione sempre in auge! di Candida De Amicis Baba ganoush. Quando le verdure di stagione si sposano con le spezie di Elena Castiglione Insalata di farro zucchine e tonno, la ricetta estiva perfetta! di Laura Becchis Insalata di lenticchie, un piatto unico, fresco, leggero, veloce e saporito! di Laura Becchis

Un tesoro d'inestimabile valore!, di Sabrina Tocchio

LE RICETTE DEL RIUSO - I FOSTER - RICICLIAMO IL PANE 15 17

Pandorato e cuscinetti... una leccornia sempre gradita, di Elena Castiglione Voglia di panzanella... un riciclo genuino e fresco, di Laura Becchis

UNA RICETTA DELLA TRADIZIONE POPOLARE 20

"Le ricette dei nonni" - Zuppa de' brecce, di Sabrina Tocchio

IL MARE IN TAVOLA 23 25 26 27 28

Insalata di mare - Crostacei e molluschi... profumo di mare!, di Candida De Amicis Impepata di cozze, con bruschettine all'aglio, di Elena Castiglione Tonnarelli cacio, pepe e cozze, di Elena Castiglione Linguine con le cozze, di Candida De Amicis Schiaffoni polpo e crema di pecorino, di Elena Castiglione

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SOMMARIO 29 30 31

Linguine vongole e crema di zucchine, un sodalizio... delizioso!, di Elena Castiglione Frittura di pesci pettine, di Candida De Amicis Melone, gamberi e rughetta. Fresco e d'effetto!, di Laura Becchis

RISTORANTI STORICI 32

Frascati (RM) - I 100 anni del Ristorante Cacciani, di Sabrina Tocchio

LG IN TOUR 35 41 45

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I nasoni de Roma, dove puoi bere l'acqua più bona der monno!, di Elena Castiglione Civitavecchia... il porto di Roma voluto da Traiano, di Sabrina Tocchio A Civitavecchia... il polpo si mangia con il pecorino romano da tempo immemore, di Francesco Duscio

CICCIA IN TAVOLA!

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Riscopriamo la Pizzaiola. Un classico veloce, irresistibile e intramontabile, di Elena Castiglione Spezzatino con i peperoni, impreziosito dalle olive di Gaeta, di Elena Castiglione Tronchetto di Porchetta, di Sabrina Tocchio Fettine panate and Patatine chips, di Sabrina Tocchio A proposito di ciccia in tavola! Stato Brado, L'essenza del piacere è rivelata, di Elena Castiglione

LE ERBE IN CUCINA 47

A proposito di origano..., di Sabrina Tocchio

L'INTERVISTA 58

Maurizio Bianucci, un artista a 360°, di Elena Castiglione e Sabrina Tocchio

TEMPO DI GELATO SORBETTI E SPUMONI

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Cornetto gelato, di Candida De Amicis Cremini alla vaniglia barbon, di Candida De Amicis Sorbetto di anguria, di Candida De Amicis Spumone di fragole, di Elena Castiglione

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RECENSIONI 19 68 70 72

Formaticum, mostra mercato di rarità casearie italiane, di Sabrina Tocchio Buh e meraviglie in pasta, il laboratorio di Angela Fiorini e delle sue figlie, di Sabrina Tocchio Enoteca La Torre. Sul tetto della Rinascente di Piazza Fiume, di Sabrina Tocchio CantinAmena. Vini pregiati che arricchiscono il gusto e l'anima, di Candida De Amicis

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PRODOTTI DEL TERRITORIO

il cornetto di pontecorvo dop

Bontà estive

di Elena Castiglione

Ortaggi aglio

basilico

bieta

carote

ceci

cetrioli

cipolla

fagioli

fave

fagiolini

insalata

lattuga

melanzane

fagiolini corallo

fiori di zucca

menta

patate

peperoni

prezzemolo

sedano

zucchine

peperoncini

ravanelli

piselli

rucola

Color rosso acceso, con striature verdi fino al 40%; forma allungata cilindro-conica trilobata; buccia e polpa sottili e un sapore dolce! Queste sono le caratteristiche principali del cornetto di Pontecorvo, della specie Capsicum annum L., un peperone stupendo di cui, in epoca recente ne è stata rinvigorita l'importanza e la particolarità dell’ecotipo locale. La zona di produzione del Peperone di Pontecorvo DOP comprende tutto il territorio del comune di Pontecorvo e parte dei comuni di Esperia, S. Giorgio a Liri, Pignataro Interamna, Villa S. Lucia, Piedimonte S. Germano, Aquino, Castrocielo, Roccasecca e San Giovanni Incarico in provincia di Frosinone. Perfetto per essere trasformato in crema, composta, polvere e persino liquore.

IL PEPERONE CORNETTO DI PONTECORVO È UN'ECCELLENZA

DELLA CIOCIARIA, CON CARATTERISTICHE UNICHE NEL SUO GENERE: ELEVATA SAPIDITÀ E ELEVATA DIGERIBILITÀ DOVUTA ALLA SOTTIGLIEZZA DELLA POLPA E DELLA BUCCIA.

pomodori

Pontecorvo è uno dei paesi più antichi del Basso Lazio, un angolo della Ciociaria nella valle del Liri, in un territorio collinare circondato dai monti Aurunci. Qui è radicato il culto della buona agricoltura, grazie anche al suo mite clima mediterrano. Tra i tanti prodotti locali, spicca in pole position il Peperone di Pontecorvo, che ha ottenuto il riconoscimento DOP dalla Commissione Europea. Il peperone è una pianta originaria del Sudamerica, portata in Europa da Cristoforo Colombo e ambientatasi molto bene in Italia e particolarmente nel territorio del Basso Lazio.

salvia

Frutta albicocche

angurie

ciliege

lamponi

meloni

more

pesche

ribes

fichi

nespole

fragole

pere

uva spina

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PEPERONI CORNETTO DI PONTECORVO Il peperone è una pianta appartenente alla famiglia delle Solanacee, originaria del Sudamerica. Fu portata in Europa da Cristoforo Colombo e sì è adattata molto bene in Italia, particolmente nel Basso Lazio. A Pontecorvo è presente già dal 1830, quando apparteneva ancora allo Stato Pontificio, come testimoniano numerosi documenti dell'epoca. Con la nascita del Consorzio Agrario nel 1889, le superfici di coltivazione del peperone di Pontecorvo hanno subito un sostanziale aumento. La produzione – anche se con inevitabili stop durante la seconda Guerra Mondiale– è negli anni progressivamente e sensibilmente aumentata fino a diventare una delle delle risorse principali del territorio. Puoi trovare in commercio il peperone di Pontecorvo DOP da luglio a novembre. Se ben conservati in frigorifero si mantengono benissimo anche per una decina di giorni. In commercio si trovano anche i peperoni tagliati a fette e conditi, conservati sotto vetro. Puoi cucinarli secondo le ricette di base che più gradisci, sia cotti, accompagnati per esempio con il pollo, al forno o in padella, o con la carne di maiale. Oppure ripieni con ricotta e salsiccia o come preferisci tu. Ottimo anche l'abbinamento con i formaggi oppure crudi, in fresche insalate estive. Ma sono anche ricercati nella cucina d'autore, soprattutto nella versione "polvere di peperone di Pontecorvo dop"!

PEPERONI CORNETTO RIPIENI ... gran sapore e digeribilità garantiti Per 4 persone... • 8 Peperoni cornetto di Pontecorvo • 300 g Carne macinata • 1 Uovo • q.b. Mollica di pane • Sale e Pepe • 2 Cucchiai Parmigiano • q.b. Olio extravergine di oliva

Amalgamate la carne con l’uovo, il parmigiano, la mollica di pane bagnata nel latte, il sale, il pepe e il parmigiano. Aprite i peperoni facendo una incisione verticale, senza separarli. Riempiteli con il ripieno. Rivestite una teglia di carta forno unta d’olio e adagiatevi sopra i peperoni ripieni. Irrorate con olio extravergine di oliva e cuocete a 170° C per 40 minuti. Io ho provato a farli nella friggitrice ad aria e sono venuti benissimo. In questo caso ho appena spennellato la superficie con l’olio.

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RICETTE DI STAGIONE

FIORI DI ZUCCA CON RICOTTA ... parmigiano reggiano e vellutata di peperoni

di Sabrina Tocchio

Una ricetta che racchiude il concetto di semplicità sia nella ricetta che nell’impiattamento. Il pepe che le dona brio, la dolcezza della vellutata di peperone e le foglioline di menta ne fanno spiccare la bontà e la freschezza! Un piatto che vi consigliamo! La ricetta è della chef Necci Bertini

Ingredienti per 4 persone: • 12 Fiori di zucca puliti e senza pistillo • 80 g Parmigiano Reggiano • 120 g Ricotta di mucca • 2 Peperoni rossi • Sale e Pepe, • Foglioline e fiori di menta • Olio extravergine di oliva • Fiori di zucca puliti e senza pistillo

Setacciate la ricotta e insaporitela con Parmigiano Reggiano, sale e pepe. Mettete il composto in una sac a poche e farcite i fiori. Adagiate i fiori su una teglia unta e irrorateli con l’olio extravergine di oliva. Cuoceteli in forno a 200°C per 10 minuti.

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Per la vellutata: Spellate il peperone rosso dopo averlo bruciato sulla fiamma del gas. Frullatelo con olio e sale. Setacciate la crema ottenuta e utilizzatela come fondo del piatto. Impiattate con la salsa sul fondo, sopra adagiate i fiori cotti in forno e decorate con foglioline di menta e fiori di menta per dare freschezza!


RICETTE DI STAGIONE

POLPETTINE DI MELANZANE ... una tradizione sempre in auge!

di Candida De Amicis

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UN SECONDO O UN FINGER FOOD SFIZIOSO? e polpette di melanzane sono veramente ottime, possono essere mangiate come un gustoso secondo oppure essere servite come sfizioso antipasto o finger food, accompagnate da una salsina di pomodoro fresco. Sono croccanti esternamente e morbide e saporite all'interno.

Ingredienti per 4 persone: 2 Melanzane 1 Uovo intero 40 g Parmigiano 30 g Pecorino q.b. Basilico o Menta q.b. Pane grattato q.b. Sale e Pepe Olio di semi di arachide per friggere Salsa di pomodoro e basilico per accompagnare Togliete il gambo alle melanzane, lavatele e lessatele intere, mettendole in una pentola con acqua bollente salata per 15-20 minuti. Una volta pronte scolatele, sbucciatele e mettetele in uno scolapasta perchè devono perdere l'acqua di vegetazione. Strizzatele leggermente, mettetele in una terrina e schiacciatele bene con la forchetta, unite l'uovo, il formaggio, le erbe tritate, salate, pepate e aggiungete il pane grattato per ottenere un composto con cui si possano formare le polpette. È bene mettere il pangrattato poco per volta perchè impiegherà un pò di tempo ad assorbire l'umidità del composto, così si può controllare la consistenza dell'impasto e aggiugerne altro se serve. Il composto deve comunque rimanere un po' morbido. Formate le polpette, passatele nel pangrattato e friggetele nell'olio caldo (170°C). Servitele accompagnandole con la salsa di pomodoro. Possono essere cotte anche in forno, come ho fatto in questa versione, sono saporite e risultano più leggere anche se fritte rimangono più croccanti. In una teglia mettete la carta forno ben unta, poggiate le polpette e poi giratele in modo che si ungano anche nella parte superiore. Mettete nel forno caldo a 180°C e cuocetele girandole una volta solamente, finchè sono dorate.

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RICETTE DI STAGIONE

BABA GANOUSH

Quando le verdure di stagione si sposano con le spezie di Elena Castiglione Melanzane e non solo! Sesamo e Cumino sono le spezie che l'accompagnano, quelle spezie che per secoli hanno accompagnato le tavole degli Antichi Romani!

Ingredienti per 4 persone: • 1 kg di melanzane (circa 4) • 1 spicchio di aglio • 2 cucchiai di salsa tahini (salsa di sesamo) • succo di limone • sale e pepe macinato fresco • prezzemolo per guarnire • olio extraergine di oliva • 2 cucchiaini di cumino macinato Punzecchiate con i rebbi di una forchetta le melanzane e ponetele nel forno caldo fin quando la buccia è annerita e la polpa è tenera. Fate raffreddare. Aprite le melanzane e aiutandovi con un cucchiaio raccogliete tutta la polpa, tritatela grossolanamente e lasciatela scolare in un colino. Versate la polpa delle melanzane in un mixer insieme all'aglio, il succo di limone, il sale, il pepe e la salsa tahini. Azionate il mixer fin quando si forma una purèa. Aggiustate di limone secondo i vostri gusti. Trasferite la salsa in un contenitore e corpargete di olio extravergine di oliva, prezzemolo tritato e cumino.

FATE LA SALSA TAHINI IN CASA. È VERAMENTE FACILE! Occorrono: • 100 g di semi di sesamo integrale • 30 ml circa di olio di sesamo o di semi di girasole • 1 pizzico di sale Fate tostare i semi di sesamo facendo attenzione che non si scuriscano troppo, perché in questa maniera, oltre a dare un gusto amarognolo non piacevole, si sprigionano delle sostanze tossiche per l'organismo. Lasciateli raffreddare e poi frullateli insieme all'olio e a un pizzico di sale, a intermittenza, evitando di surriscaldare troppo le lame. Continuate fino a ottenere una salsa omogenea.

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IL SESAMO Forse la più antica tra le spezie .L'origine è molto discussa: in Africa per alcuni, in India per altri. I cinesi lo conoscono già da duemila anni. Tracce di sesamo già nel 2350 a.C. in Mesopotamia e in Egitto nel 1500 a.C. Nella Grecia antica faceva parte della razione dei soldati. I Romani ne fabbricavano una pasta con aggiunta di cumino. Vi sono due varietà, bianco e nero. I semi sprigionano un gradevole sapore di nocciola. Molto noti nella preparazione dell’hummus. Ricco di fibre, contiene anche lecitina, ferro, magnesio, silice, calcio, fosforo, cromo, selenio, vitamina B, E ed F e un antiossidante, il sesamolo, che stimola la digestione e fluidifica il sangue. I semi di sesamo sono emollienti, lassativi, tonici e diuretici. Si riconoscono loro virtù antispasmodiche e antinfettive. IL CUMINO Originario dell'India e della valle del Nilo Gli Ebrei lo utilizzavano per pagare la decima; i Romani ne facevano una pasta da cospargere sul pane. Nel Medioevo era moneta di scambio per consentire agli schiavi di affrancarsi. Il cumino è molto utilizzato nella cucina nordafricana. È una spezia ricca di vitamine e minerali; con riconosciute proprietà terapeutiche soprattutto contro la stanchezza e alcune allergie. L’olio di cumino viene utilizzato in profumeria.


VIAGGIO NEL MONDO DELLE SPEZIE

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... un tesoro d'inestimabile valore!

n tempo, le spezie, preziose e rare come l’oro, venivano custodite gelosamente ed erano considerate un tesoro di inestimabile valore. Non è un caso che numerose spezie fossero ritenute afrodisiache. Associate a terre lontane ed esotiche, esse colorano la letteratura della Bibbia e de Le mille e una notte, ammiccando a piaceri sensuali. È per questo che nel XVII secolo i Puritani, convinti che infiammassero le passioni, ne bandirono l’uso e che “speziato” ha assunto un significato emotivo, oltre a quello letterale, di qualcosa che aggiunge una nota interessante, mentre “piccante” è diventato sinonimo di “audace“.

L’uso delle spezie è precedente alla storia registrata per iscritto. Gli archeologi hanno scoperto che sesamo e carvi erano usati in civiltà antichissime, che i Cinesi conoscevano la soia e la cassia già nel 3000-2500 a.C., e che gli antichi Egizi utilizzavano le spezie per l’imbalsamazione. La cannella e la cassia erano presenti ancor prima del 1000 a.C. nell’olio santo con cui Mosè aveva unto l’Arca dell’Alleanza. Non si conosce la provenienza di queste due spezie, ma

sembra che lo storico greco Erodoto le citò in un racconto fiabesco proprio in Arabia, solo che in realtà nessuna delle due cresceva lì, tuttavia erano proprio gli Arabi a controllare l’antica via delle spezie. E proprio i mercati arabi si arricchirono grazie all’insaziabile appetito di sapori esotici e piccanti dei voluttuosi Romani. Plinio il Vecchio, nel 70 a.C. stimò che per le spezie si spendeva una tale quantità di oro pari a 100 sesterzi l’anno e recitava che a così caro prezzo venivano pagate la loro lussuria e le loro donne.

Coriandolo, chiodi di garofano, senape, anice e cassia erano spezie note e usate dai Romani nella loro cucina molto raffinata. Attraverso le campagne militari, introdussero in Europa più di 400 spezie ed erbe, molte delle quali andarono perse nell’Alto Medioevo, per essere poi riscoperte ai tempi delle Crociate. È opinione comune che fra gli usi tradizionali delle spezie, il principale fosse la funzione di camuffamento del cibo non più freschissimo. Questo del resto non si può negare nel Medioevo, ma non corrisponde a realtà per quanto riguarda l’epoca Romana, in cui l’uso degli aromi non era diverso da quello odierno. Il De re coquinaria (l’arte culinaria) di Apicius, famoso cuoco del primo secolo, lo dimostra ampiamente. L’osservazione di Plinio sull’inciden-

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di Sabrina Tocchio

za economica riguardo al consumo di spezie da parte dei Romani, venne confermata da uno storico che ipotizzò addirittura la decadenza economica dell’Impero Romano, proprio per la smodata passione dell’aristocrazia verso le costose spezie protrattasi per un periodo di circa quattro secoli! Il libro di Apicius ci fornisce una prova lampante dell’amore dei Romani per il buon vivere: il 90 per cento delle ricette in esso contenute richiedono infatti l’utilizzo di spezie importate, in modo particolare il pepe, usato molto spesso sia per pietanze dolci che salate. Apicius, per esempio, cuoceva i funghi in una salsa di vino e coriandolo, stufava il pollo con le mandorle e lo zenzero e cuoceva la trippa in salsa di cannella e noce moscata! All’epoca dei Romani e durante il Medioevo ad ogni spezia venivano attribuite delle proprietà salutari oltre che per il loro sapore. Le spezie piccanti erano considerate degli stimolatori per l’appetito e dei digestivi; con zenzero, pepe, cumino, timo e semi di sedano si preparavano dei sali alle spezie che secondo Apicius regolavano l’intestino e prevenivano ogni tipo di malattia.


RICETTE DI STAGIONE

INSALATA DI FARRO ZUCCHINE E TONNO la ricetta estiva perfetta!

di Laura Becchis Fresca, delicata e profumata. Si prepara giusto il tempo di cottura del farro. Perfetta per cena, pranzo freddo a casa o in ufficio, al mare ed in campagna. Completate con i profumi delle erbe aromatiche; in questo caso menta ed origano secco; perfetti però anche basilico o timo. E… per un tocco di profumo unite dei pinoli tostati in padella. Hanno aggiunto quel profumo ed aroma che ci sta benissimo! Ingredienti per 3 persone • 150 g Farro • 3 Zucchine • 260 g Tonno sott'olio • Pinoli • Menta fresca a piacere • Origano • Olio extravergine di oliva • sale

Sciacquate abbondantemente il farro sotto l'acqua corrente. Portate a bollore una quantità di acqua pari ad almeno 3 volte il volume del farro e salatela al bollore. Tuffate il farro e portatelo a cottura nei tempi indicati sulla confezione. Scolatelo e passatelo sotto l'acqua fredda per bloccare la cottura. Mentre cuoce il farro, cuocete a vapore le zucchine o lessatele in acqua sa-

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lata e scolatele belle croccanti. Tenete da parte per farle raffreddare. Tostate velocemente i pinoli in un padellino antiaderente facendo attenzione che non brucino e diventino amari. Quando sentite il loro aroma e vedete che il padellino si "unge" leggermente allontanate dal fuoco e trasferiteli in una ciotola. Se li lasciate nel padellino caldo continuano a cuocere! Raccogliete il farro e le zucchine in una ciotola, unite anche il tonno ben sgocciolato dall'olio di conservazione. Mescolate e condite con olio extravergine di oliva. Regolate di sale se serve. Unite i pinoli tostati, le foglioline di menta e l'origano secco.


RICETTE DI STAGIONE

INSALATA DI LENTICCHIE

un piatto unico, fresco, leggero, veloce e saporito! di Laura Becchis Ingredienti per 4 persone • 200 g Lenticchie • 10/12 Pomodori pachino • 1 Cipollotto fresco • Basilico Per il condimento • Olio extravergine di oliva • Aceto balsamico q.b. • Sale • 1 Spicchio d'aglio (facoltativo) Per la cottura delle lenticchie • 1 Cipolla • 1 Costa di sedano • 1 Carota

Lessate le lenticchie: raccoglietele insieme a tutti gli aromi mondati e sciacquati, ricoprite con acqua fredda e portate a bollore. Cuocete per circa 20 di minuti. Assaggiate di tanto in tanto, potrebbe servire qualche minuto in più o qualche minuto in meno. Lasciatele belle croccanti. Salate verso fine cottura. Scolate le lenticchie e trasferitele in una ciotola per farle raffreddare. Lavate i pomodori, tagliateli a metà e poi ancora a metà. Ricavatene una dadolata ed uniteli alle lenticchie.

Affettate sottile il cipollotto e trasferitelo nella ciotola con le lenticchie. Preparate una vinagrette con olio extravergine di oliva e l'aceto balsamico. Aggiungete un pizzico di sale ma senza esagerare. Condite le lenticchie con la salsa preparata e completate con del prezzemolo tritato a coltello.

L’insalata di lenticchie ha tutto il sapore e i colori dell’estate! In questo periodo i pomodori sono saporitissimi e, se gradita, la cipolla fresca è dolce e profumata!. Fra tutti i legumi, le lenticchie sono le più rapide e semplici da cuocere: non necessitano di ammollo e i tempi di cottura sono relativamente brevi.

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Le ricette del riuso - I Foster LIFE FOSTER: Training, educaaon and communicaaon to reduce food waste in the food service industry. This project is co-funded by the LIFE Programme of the European Union. Any communicaaon or publicaaon related to the project, reflects only the author’s view and the European commission is not responsible for any use that may be made of the informaaon it contains.

RICICLIAMO IL PANE di Elena Castiglione

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Le ricette del riciclo

PANDORATO E CUSCINETTI ... una leccornia sempre gradita! di Elena Castiglione

Le fette de pagnotte un po' rifatte vanno tajate inerte, no' a sfojetta com'er pane che chiameno a cassetta, quelle nun pònno mai rimane intatte. E mò ve spiego come vanno fatte: s'hanno da mette in una terinetta a mollo a 'no sbattuto d'òva e latte e ce se fanno sta 'na mezzoretta. Quanno ch'er Pane è bene imbeverato s'indora fritto all'ojo o a tutto buro p'ave' diritto ar nome "Pandorato". Certo chi soffre de colesterina e nun se vo' aggravà, rinunci puro, e vada a letto co' la minestrina.

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osì recitava Aldo Fabrizi nella sua lode al Pandorato! Non c'è una ricetta scritta vera e propria! Questa si rifà come faceva mamma, che la faceva come nonna e poi ancora più indietro! Basta osservare poche semplici regole: bisogna usare fette di pane casereccio rifatte e non di pane in cassetta. Devono poi essere poste in una terrina e imbevute di uova sbattute con un po' di latte e un pizzico di sale. E così si devono lasciare, fino a che non hanno assorbito tutto l'uovo. Ci vorrà circa una mezz'ora e poi le fette si trasferiscono in una padella con una noce generosa di burro o con qualche cucchiaio di olio. Io ho usato il burro ... tanto poi ho preso la pasticca per "la colesterina" (il colesterolo)... Dai una volta ... si può fare!

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Le ricette del riciclo

I CUSCINETTI DI PANDORATO... PARENTI STRETTI DELLA MOZZARELLA IN CARROZZA!

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rovate a immaginare fette di pane farcite con mozzarella e alici (o prosciutto se preferite) lasciate ad assorbire l'uovo come si fa per il pandorato e poi fritto dorato, croccante fuori, morbido, filante e saporito dentro! Io mentre sto scrivendo correrei di nuovo in cucina a friggerne ancora! Ma il mio peccato di gola l'ho già fatto... e non devo cedere a tentazioni! Vi lascio la ricetta tratta dal libro di Ada Boni "La cucina romana". Andrebbe – secondo la Boni – tolta la crosta, ma voi seguite pure i vostri gusti! Ricordate sempre che sono ricette di riciclo, per non buttare via niente! La provatura è un prodotto tipico del Lazio, che si può sostituire con la mozzarella.

Ingredienti • Pane raffermo • Uova • Farina • Latte • Mozzarella • Filetti di alici • Burro o olio al posto dello strutto • Sale

"Il pandorato tradizionale è quello descritto (vedi pag. precedente). Però ve n'è un'altra specie, che s'imbottisce con prosciutto e provatura o con provatura e alici. In questo caso la preparazione prende a Roma il nome di «cuscinetti». Si tagliano delle fette di pane non troppo bucherellate in larghi pezzi quadrati o rettangolari, si porta via tutta la crosta e poi con un coltello tagliente si apre la fetta in due senza però separare le due parti. Si mette nell'interno qualche fettina di provatura e qualche filettino di alici, oppure qualche fettina di provatura e qualche fettina di prosciutto. S'infarinano leggermente i cuscinetti infarinando anche l'apertura, si tuffano per un attimo in un po' di brodo tiepido o latte, e si allineano in un piatto largo ricoprendoli di uova sbattute. Si lasciano così almeno un'ora affinché possano ben impregnarsi di uovo e poi si friggono, pochi alla volta, nello strutto bollente. Si lasciano sgocciolare, si spruzzano leggermente di sale e si accomodano in un piatto con salvietta. Ada Boni

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Le ricette del riciclo

VOGLIA DI PANZANELLA ... un riciclo genuino e fresco!

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di Laura Becchis

LA PANZANELLA FA ESTATE!

a panzanella è semplice, genuina e fresca. Non può mancare sulle nostre tavole estive, nei nostri aperitivi, nelle nostre merende. Poche pietanze, nella loro semplicità appagano palato e gusto come la panzanella. Piatto del recupero, umile, leggero e gustoso. La preparazione è di una semplicità disarmante e la sua genuinità deriva da quei pochissimi ingredienti che la costituiscono: pane raffermo, pomodoro maturo, basilico, olio extravergine di oliva, aceto bianco e sale. A questi ingredienti di base – a seconda delle versioni che variano nelle diverse regioni e di famiglia in famiglia, – possono essere aggiunti diversi ingredienti, primi fra tutti cetrioli e cipolla fresca. Ho riscoperto la panzanella in questi giorni ed, inutile dirlo, crea dipendenza pazzesca per la sua freschezza, il suo profumo ed il suo sapore impareggiabili. Il suo aroma, quando i pomodori sono nel pieno del loro sapore e l’olio extravergine di oliva è di qualità, vale mille ricette con le verdure estive sicuramente più laboriose.

E che ce vo’ pe’ fa’ la Panzanella? Nun è ch’er condimento sia un segreto, oppure è stabbilito da un decreto, però ‘a qualità dev’esse quella. In primise: acqua fresca de cannella, in secundise, ojo d’uliveto, e come terzo quer di vino aceto, che fa venì la febbre magnerella. Pagnotta de paese un po’ intostata, cotta a l’antica, co la crosta scura, bagnata fin’a che nun s’è ammollata. In più, pe un ber boccone da signori, abbasta rifinì la svojatura, co basilico, pepe e pommidori. (Aldo Fabrizi)

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Le ricette del riciclo QUASI UNA RICETTA ... NON RICETTA! Eppure ci sono diversi accorgimenti da rispettare per la panzanella perfetta • Il pane deve essere raffermo e secco; • non può mancare l’aceto che regala il gusto caratteristico; • la panzanella romana vuole solo gli ingredienti di base anche se alcuni (io in primis) aggiungono fettine di cipolla fresca; • Le fette di pane – la classica pagnotta casereccia – sono lasciate intere.

Ingredienti •5 fette di pane raffermo e secco •4 o 5 pomodori rossi e maturi •6 o 7 foglie di basilico •q. b. cipolla fresca •aceto di vino bianco •olio extravergine di oliva •sale •pepe Raccogliete in una ciotola un po' di acqua e un dito di aceto di vino bianco. Affettate sottile la cipolla. Lavate ed asciugate i pomodori, riduceteli in dadolata non troppo piccola, mettendone da parte uno semplicemente tagliato a metà. Condite i pomodori a pezzi con olio extravergine di oliva e pepe. Tenete al fresco in frigorifero fino al momento di servire. Aggiungete il sale solo all'ultimo per evitare che perdano la loro acqua di vegetazione. Bagnate la crosta delle fette di pane nell'acqua e aceto fino a quando non si ammorbidisce. Prendete le due metà di pomodoro e strofinatele abbondantemente sulle fette di pane: la mollica si deve intridere del succo di pomodoro. Disponete le fette sul piatto da portata e condite con i pomodori a cui avrete aggiunto il sale; completate con le fettine di cipolla e abbondante basilico spezzettato a mano. È la goduria assoluta, quella sana, quella vera, quella fresca!

LE ORIGINI DELLA PANZANELLA Tipica delle regioni centrali, Toscana, Lazio e Marche, ancora oggi Toscana e Lazio se ne competono la paternità nonostante Roma ne ha abbia fatto una specialità “diversa”, ma apprezzata e stimata in tutto il Paese. Sembra che la storia di questo piatto del recupero risalga a diversi secoli fa; pare infatti che una pietanza molto simile – così detto “pan lavato” – sia citato dal Boccaccio nel XIV secolo. Alcuni attribuiscono la sua nascita alla tradizione contadina: era il pasto principale di chi lavorava nei campi e usava prima bagnare il pane secco e poi condirlo con le verdure raccolte nell’orto. Altri sostengono invece sia nata dalla consuetudine dei marinai delle barche da pesca di bagnare il pane raffermo nell’acqua del mare e poi condirlo con le verdure. Ho un ricordo nitidissimo di tantissimi anni fa, quando, ospite da amici a Vieste, facemmo un giro in gommone lungo la costa. Ad un certo punto, affiancati ad una barca, ci furono offerte le friselle, bagnate al momento nell’acqua del mare e poi condite con il pomodoro rosso fresco e tagliato a pezzetti. Che ve lo dico a fare? Una goduria assoluta! Poteva l’origine del nome non avere ipotesi discordanti? Sembra che il nome possa derivare da “pane” e “zanella” o zuppiera; ma convincente è anche l’ipotesi che il nome sia da associare a “panzana” e quindi “pappa”.

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RECENSIONI

di Sabrina Tocchio

Sabato 14 e domenica 15 maggio 2022 si è svolto a Roma, nella cornice di Palazzo Wegil, il primo Salone del formaggio italiano e delle rarità casearie made in Italy. Da tre anni Formaticum è un appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati di formaggio, per gli operatori del settore e per i ristoratori che possono degustare e acquistare i prodotti esposti negli spazi del Wegil. Ideato da La Pecora Nera Editore – Casa Editrice attiva da diciannove anni nel mondo dell’enogastronomia, specializzata nella realizzazione di guide ed eventi – e Vincenzo Mancino, esperto conoscitore della produzione e lavorazione dei latticini. Formaticum è un evento di riferimento per conoscere i piccoli produttori italiani e assaporare le loro specialità. I produttori della nuova edizione di Formaticum sono giunti da tutta Italia. Tra tutti il Lazio ha giocato in casa con la Piccola Formaggeria Artigiana di Marco Borgognoni che nel suo laboratorio di Viterbo produce formaggi fatti solo con latte locale e ingredienti naturali. Dalla valle viterbese è arrivata l’Azienda Agricola Monte Jugo che realizza formaggi freschi e stagionati, espressione di antiche tradizioni casearie e la cui genuinità è garantita dalla filiera corta. Nata pochi anni fa è l’Azienda Agricola Sensi che, nella Tuscia, alleva capre allo stato brado e produce con il loro latte il formaggio secondo criteri di qualità. A sud di Frosinone, nella valle del Comino, si trova l’Agricola San Maurizio che, grazie alla filiera interna di produzione e trasformazione del latte, produce formaggi della tradizione locale e strizza l’occhio a nuove esperienze di gusto. «Tra questi produttori – dice Mancino – ci sono molte donne che in un contesto prettamente maschile non solo devono urlare, ma spesso devono morire per farsi rispettare come imprenditrici! Formaticum continuerà ad essere non solo il primo contenitore di vere eccellenze italiane a Roma, ma anche di storie reali di resistenza casearia». Per conoscere le altre aziende cliccate qui.

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Una ricetta della tradizione popolare "LE RICETTE DEI NONNI" Chi ci segue sa che noi ogni tanto pubblichiamo una ricetta tratta da un bellissimo libro dell’Associazione Culturale 00042 di Anzio “Le ricette dei nonni, Piatti tradizionali della cucina portodanzese” a cura di Andrea Mingiacchi. In questo libro, tra l’altro scritto molto bene, troviamo delle bellissime foto di Anzio, alcune storie legate alle ricette e le ricette dei ricordi: le ricette dei nonni, semplici, piene di odori, sapori, colori e con ingredienti poveri. La zuppa insolita che vi proponiamo fa proprio parte di quella povertà e inventiva che doveva portare in tavola qualcosa di nutriente senza spendere troppo e riciclando il pane. Il pane era un alimento prezioso e genuino, consumato nei diversi momenti della giornata colazione, merenda, spuntini vari, oltre che per il pranzo e la cena. Quando si raffermava, veniva utilizzato per realizzare zuppe.

Per 4 persone occorrono.... • • • • • • • •

8 brecce di mare di circa 5 cm* 500 g di pane casareccio 700 ml di acqua 6 pomodorini piccadilly (o Torpedino io) 8 cucchiai di olio extravergine di oliva 2 spicchi di aglio Peperoncino q.b. Prezzemolo q.b.

In una pentola fate soffriggere nell’olio uno spicchio di aglio e il peperoncino. Aggiungete le brecce e lasciatele sul fuoco finché l’aglio non imbiondisce. Versate l’acqua nella pentola (io ho usato metà acqua di mare e acqua di rubinetto), i pomodori a pezzi e fate bollire per 20 minuti (io suggerisco di più, perché la zuppa, evaporando l’acqua si rapprende un poco e diventa più saporita). Salate solo se necessario. Tagliate il pane in 8 fette e tostatele da entrambe i lati. Strofinate con l’aglio e mettetele sui piatti, due per ciascuno. Quando il brodo sarà cotto, lasciatelo raffreddare, posizionate sul fondo del piatto il pane (intero o a pezzi) e versateci sopra con un mestolo la zuppa e i pezzi di pomodoro, lasciando le brecce sul fondo della pentola. Spolverate le porzioni con il prezzemolo tritato. Vi garantisco che è di una bontà incredibile, sapida di mare e non di sale. Ottima d’estate, ma anche in inverno basta tenerla bollente. Versatile proprio per saziare tutto l’anno con molto poco. *Le brecce devono essere di circa 5 cm di diametro. Se sono più piccole (come le nostre), aumentate la quantità.

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ZUPPA DE' BRECCE

ZUPPA

BRECCE

DE'

di Sabrina Tocchio

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Il mare in tavola

PESCE, CROSTACEI E MOLLUSCHI all'insegna dell'estate

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INSALATA DI MARE

Crostacei e molluschi ... profumo di mare! di Candida De Amicis L'insalata di mare è un piatto a base di molluschi, crostacei e frutti di mare da servire come antipasto o come secondo. Molto semplice da preparare ma occorre un po’ di tempo e di pazienza per la pulizia dei vari ingredienti e per i diversi tempi di cottura.

Per 4 persone... • 2 Carote medie • 2 Coste Sedano • 1 Mazzo Prezzemolo • 300 g Cozze • 300 g Vongole • 300 g Calamari • 300 g Seppie • 300 g Gamberi • 60 g Olio extravergine d'oliva delicato • 2 Spicchi Aglio • Sale e Pepe • Origano fresco • Erba aglina • 2 Spicchi Aglio

Tagliate il sedano e la carota a bastoncini piccoli e conservateli in acqua e ghiaccio. Spurgate le vongole in acqua e sale; pulite le cozze privandole del bisso (la barbetta). In una padella mettete olio extravergine d'oliva e 1 spicchio di aglio, fatelo dorare e poi eliminatelo; aggiungete le vongole, un mestolino di acqua e un ciuffetto di prezzemolo; appena le vongole si aprono togliete la padella dal fuoco. Ripetete la stessa operazione per le cozze. Sgusciate le cozze e le vongole e conservatele nell'acqua di cottura dopo averla filtrata. Pulite i calamari e le seppie e cuoceteli separatamente in acqua bollente (i calamari per 5-10 minuti, dipende dalla grandezza e le seppie per 15 minuti). Tagliateli a pezzetti. Sbucciate i gamberi e togliete il filetto rosso che potrebbe contenere della sabbia: potete utilizzare uno stuzzicadenti oppure fare una incisione lungo il dorso. Cuoceteli in acqua

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bollente per un minuto. Riunite tutti gli ingredienti in una ciotola e conditeli con olio extravergine di oliva, sale e pepe; disponeteli nel piatto e guarnite con le erbe aromatiche.


Il mare in tavola

COZZE A GO GO!

Antipasto, primo o secondo... a voi la scelta!

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Il mare in tavola

IMPEPATA DI COZZE con bruschettine all'aglio di Elena Castiglione

Cozze, mitili, chiamatele come volete... Tutta la costa italiana abbonda di questo spettacolare mollusco ricco di selenio. Una volta pulite vanno cucinate subito. Eliminate quelle che non si aprono. E seguite il vostro olfatto... Se profumano di mare va bene... se l'odore non vi convince... via al secchio! Non ci sono vie di mezzo! Ma certamente tutti noi abbiamo un pescivendolo di fiducia che non ci deluderà...

Per 4 persone... • 1 kg e ½ Cozze • Olio extravergine di oliva • 3 Spicchi di aglio • Sale e Pepe • Prezzemolo • 1 Limone, se gradito

Lavate le cozze raschiandole in superficie; con un coltellino togliete eventuali denti di cane (le incrostazioni bianche) e infine eliminate il bisso, "la barbetta", tirandolo verso la punta del guscio. In una capiente padella versate qualche cucchiaio di olio e fatevi dorare uno spicchio di aglio schiacciato. Togliete l’aglio e mettete le cozze, incoperchiate e fatele aprire. Scolatele e a parte filtrate in un colino il liquido di cottura. Scaldate in un tegame l'olio e fatevi imbiondire uno spicchio di aglio. Aggiungete le cozze e il liquido di cottura filtrato. Cuocete pochi minuti a fiamma vivace. Spegnete e aggiungete una generosa manciata di pepe nero e il prezzemolo tritato. Mescolate bene e servite con crostini di pane bruscato sulla cui superficie avrete strofinato il terzo spicchio d’aglio (chi non lo tollera… non lo faccia!).

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TONNARELLI

CACIO, PEPE E COZZE di Elena Castiglione Un piatto estremamente veloce, soprattutto se lo preparate lo stesso giorno in cui avete preparato l'impepata di cozze, come ho fatto io. Le cozze sono già state pulite e fatte aprire in padella... i tonnarelli freschi si cuociono in pochissimi minuti! Non aggiungete sale alla pasta perché vanno fatti saltare quasi alla fine della cottura con parte di acqua filtrata delle cozze. E poi il pecorino completa la sapidità!

Per 4 persone... • 400 g Tonnarelli freschi • 800 g Cozze • 80 g Pecorino romano • Pepe • Olio extravergine di oliva Mettete una pentola sul fuoco a far prendere il bollore. Sgusciate le cozze dopo averle fatte aprire in un'ampia padella. Mantenete una parte di acqua filtrata delle cozze. In un saltapasta mettete qualche cucchiaio di olio e fate saltare le cozze, pochissimi minuti. Toglietele e mettetele da parte. Aggiungete nel saltapasta un po' di liquido filtrato delle cozze e un piccolo mestolo di acqua. Alzate la fiamma e fate riprendere il bollore. Aggiungete i tonnarelli al dente e cominciate a saltarli nella padella. Toglieteli dal fuoco e continuate a farli saltare. Versate un pochino alla volta il pecorino e il pepe e continuate sempre a mescolare e a saltare velocemente i tonnarelli fino a quando si forma una cremina. Impiattate guarnendo con una o due cozze con il guscio e una spolverata di pecorino e pepe.

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LINGUINE CON LE COZZE di Candida De Amicis Le cozze sono molluschi bivalvi molto apprezzati perché facili da preparare e decisamente gustosi. È bene scegliere solo quelle conservate nelle apposite confezioni con etichetta e data di confezionamento che ci permette di valutare se il prodotto è acquistabile. I bivalvi devono essere acquistati vivi e possono essere conservati per non più di mezza giornata in frigorifero. Quelle socchiuse o aperte è meglio non utilizzarle e cucinare solo quelle con le valve ben serrate, simbolo di freschezza.

Per 4 persone... • 350 g Linguine (o spaghetti) • 1 kg Cozze • 7-8 Pomodorini di pachino • 2 Spicchi di aglio • 1 Peperoncino • Olio extravergine di oliva • Vino bianco secco • Sale Pulite le cozze: raschiate il guscio con una paglietta dopo aver tolto con un coltellino le concrezioni più grandi; togliete il bisso, il filamento scuro che si trova sul lato, tenendo la cozza con una mano e tirandolo verso il basso, infine sciacquatele bene. Mettete a scaldare l'acqua per cuocere la pasta. In una una padella ampia versate qualche cucchiaio di olio extravergine di oliva, e fate colorire a fiamma media l'aglio leggermente schiacciato e il peperoncino. Togliete l'aglio, alzate la fiamma, unite le cozze, il vino

e coprite. In pochi minuti, con il vapore che si formerà, le cozze si apriranno. Una volta aperte sgusciatele, tenendone da parte qualcuna intera per la decorazione; filtrate il sughetto che si sarà formato e tenete il tutto in caldo.

il bollore, salatela e buttatevi la pasta che dovrà essere tolta molto al dente. Scolatela, dopo aver conservato un po’ di acqua di cottura, e versatela nella padella con i pomodorini e le cozze per mantecarla sul fuoco a fiamma alta.

Nella padella versate ancora qualche cucchiaio di olio, unite l'aglio leggermente schiacciato e il peperoncino e mettete sul fuoco con la fiamma media, unite i pachino tagliati a metà e fateli appassire, unite le cozze, mescolate e spegnete la fiamma.

Fate saltare la pasta e mescolate in modo che rilasci l'amido e assorba il liquido di cottura delle cozze, se serve aggiungete un po’ dell'acqua di cottura messa da parte.

Quando l'acqua avrà raggiunto

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Completate con del prezzemolo tritato, impiattate, guarnite con le cozze intere, aggiungete ancora una spolveratina di prezzemolo e servite subito.


Il mare in tavola

SCHIAFFONI

POLPO E CREMA DI PECORINO di Elena Castiglione

Per 2 persone... • 200 g Schiaffoni (Paccheri o altra pasta, possibilmente trafilata in bronzo) • 6 Tentacoli di Polpo di scoglio) • Olio extravergine di oliva • 40 g Pecorino romano • Sale e Pepe Pulite o fatevi pulire il polpo dal pescivendolo. Lavatelo bene. Portate a ebollizione l'acqua in una pentola capiente. Io ho aggiunto una foglia di alloro e qualche grano di pepe. Appena bolle prendete il polpo per la testa e immergete i tentacoli nell'acqua 2 o 3 volte per arricciarli. Poi lasciatelo scivolare sul fondo della pentola e fatelo cuocere 40 minuti per ogni kg di peso. Fatelo raffredare nella sua acqua, sarà tenerissimo. Questa operazione potete farla anche il giorno prima. Prendete qualche tentacolo e fatelo rosolare in una padella caldissima con un filo di olio. Girateli ogni tanto fino a quando si sono caramellizzati. Nel frattempo portate a bollore l'acqua con un'inezia di sale (pecorino e polpo già sono saporiti!) e fate cuocere la pasta. A tre quarti di cottura, trasferiteli con un pochino della loro acqua in una padella capiente e terminate qui la cottura, aggiungendo man mano acqua quando, e se lo richiede. A cottura pressoché ultimata deve restarne un po' sul fondo. Togliete la padella dal fuoco e fate abbassare un po' la temperatura. Aggiungete il pecorino e cominciate a saltare la pasta per agevolare la formazione della cremina. Aggiungete i tentacoli a pezzi e continuate a saltare. Impiattate terminando con una spolverata di pepe e pecorino.

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LINGUINE

VONGOLE E CREMA DI ZUCCHINE un sodalizio... delizioso!

di Elena Castiglione

Fate spurgare le vongole, se non è già stato fatto in pescheria. Sciacquatele bene sotto l'acqua corrente. Lavate zucchine e fiori. Tagliate le zucchine in 4 parti per il lungo e asportate la parte bianca con i semi. Più volete la crema verde, più parte bianca dovrete togliere. Tagliatele a tocchetti, e mettetele in una padella con un giro di olio e sale. Mescolate bene, e aggiungete un po' di acqua. Coprite con il coperchio e fate cuocere fin quando riuscite a infilzarle facilmente con i rebbi di una forchetta. Mettete le zucchine senza acqua (non buttatela), il basilico, l'olio, il sale e il pepe in un mixer. Dovrete ottenere una cremina fluida, ma consistente. Se occorre aggiungete un po' di acqua. Mettete una pentola con acqua sul fuoco e portatela a bollore. Nel frattempo versate un giro d'olio abbondante in una padella e fateci imbiondire 1 spicchio di aglio schiacciato. Toglietelo e mettete le vongole. Aggiungete mezzo bicchiere di vino, appena un po' di acqua, incoperchiate e fatele aprire a fiamma vivace. Sgusciate le vongole, tenendone qualcuna con il guscio. Filtrate il liquido di cottura e rimettetelo nella padella.

Per 4 persone...

Lessate le linguine. Scolatele molto al dente, trasferitele nella padella con il liquido delle vongole filtrate, aggiungete i fiori di zucchina e iniziate a mantecare, aggiungendo poca acqua alla volta per cominciare a fare una cremina con l'amido della pasta e fino a cottura della pasta.

• 400 g Linguine • 500 g Vongole veraci • q.b Crema di zucchine • Qualche fiore di zucchina • q.b. Sale • 1 Spicchio d'aglio • 4 Cucchiai olio xtravergine di oliva • 1/2 Bicchiere Vino bianco secco Per la crema di zucchine • 400 g Zucchine romanesche con fiore • q.b Basilico, Olio evo, Aglio, Sale e Pepe

Aggiungete le vongole sgusciate e la crema di zucchine. Amalgamate bene il tutto. Servite decorando con le vongole con il guscio e qualche pezzetto di fiore di zucchina.

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Il mare in tavola

FRITTURA

DI PESCI PETTINE di Candida De Amicis Il pesce pettine, o surice come viene chiamato in Calabria per i suoi dentini anteriori aguzzi, è un pesce che vive nei fondali sabbiosi o fangosi e raggiunge al massimo i 20 cm di lunghezza. Ha un corpo alto e compresso lateralmente, rivestito di piccole squame; la testa è appiattita, con profilo ripidissimo. Ha una bella livrea colorata, rosa o rossastra da giovane femmina che, diventando adulto si trasforma in maschio con livrea dal colore verde-azzurro. Ha carni bianchissime e saporite e poche lische. Li ho pescati a Ponza e all’Argentario, e in Calabria, ma sono diffusi in tutto il Mediterraneo, anche se in prevalenza a sud. Non sono facili da trovare nelle nostre pescherie, ma se vi capita di vederli non ve li lasciate scappare; è quello che ho fatto quando li ho trovati nel “Diario di Bordo” del 4112, il bistrot dello chef Lele Usai.

Per 4 persone... • 16 Pesci pettine • 200 g Semola di grano duro • Olio di semi di arachide • Sale Squamate ed eviscerate i pesci pettine; lavateli ed asciugateli tamponandoli delicatamente. Infarinate un pesce alla volta rigirandolo bene nella semola e pressandolo leggermente; eliminate l’eccesso di semola scuotendolo. Questa operazione va fatta subito prima di friggere per evitare che la farina inumidisca e si stacchi in cottura.

Versate abbondante olio in una padella a bordi alti, deve essere profondo almeno 3 dita, portatelo alla temperatura di 175°C. Se non avete il termometro immergete uno stecchino nell’olio, se intorno si formano le bollicine è pronto per la frittura. Friggete 2-3 pesci pettine alla volta così non si abbasserà la temperatura dell’olio; non fategli

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però superare i 180° per non rischiare di bruciare il pesce. Fate cuocere per 3-4 minuti girando il pesce una sola volta. A cottura ultimata, prelevare i pettini con il ragno (l’apposita schiumarola per il fritto) e poggiateli su carta paglia per eliminare l’unto. Trasferite la frittura sul piatto da portata, salate e servite subito.


Il mare in tavola

MELONE

GAMBERI E RUGHETTA Fresco e d'effetto!

di Laura Becchis

Facilissima e velocissima è una ricetta che regala freschezza, sapore di mare e contrasto di aromi e consistenze in pochissimi passaggi e brevissima cottura. Vi basterà pulire e dare una sbollentata ai gamberi per avere il piatto quasi pronto. D’effetto se presentata direttamente nei mezzi meloni privati della polpa. Come sempre, quando si tratta di pochi ingredienti la freschezza e la qualità la fanno da padrone. Meglio scegliere una buona manciata di gamberi freschi in pescheria. Fresca e con le foglie croccanti dovrebbe essere la rughetta. Non dimenticate un buon olio extravergine di oliva, anche lui ha la sua parte.

Per 4 persone... • 1/2 kg Gamberi freschi • 2 Meloni francesini • Rughetta • Pepe nero in grani • Vino bianco • Prezzemolo • Olio extravergine di oliva • Limone Lessate per 2 minuti i gamberi, a cui avrete eliminato solo la testa, in acqua bollente con aggiunta di mezzo bicchiere di vino bianco, qualche grano intero di pepe nero e 3 o 4 gambi di prezzemolo. Scolateli, lasciateli raffreddare un po’, quindi sbucciateli ed eliminate il filetto nero. Tagliateli in 2 o 3 pezzi se troppo grandi.

Dividere in due i meloni, privateli dei semi e dei filamenti interni quindi riducete la polpa o a palline, utile in questo caso il cucchiaio piccolo da gelato, o a tocchetti e raccoglietela in una ciotola.

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Unite i gamberetti e condite con un'emulsione ottenuta sbattendo l'olio, il succo di mezzo limone, sale e pepe. Tenete in frigorifero sino al momento di portare in tavola; conservate in frigo anche i mezzi meloni che avete svuotato. Solo al momento di servire aggiungete la rughetta lavata, ridotta a pezzetti e riempite così le 4 parti di melone precedentemente svuotate.


RISTORANTI STORICI FRASCATI (RM)

I 100 ANNI DEL RISTORANTE CACCIANI di Sabrina Tocchio

Un traguardo familiare di tre generazioni

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uella del Ristorante Cacciani di Frascati è una bellissima storia che attraversa ben tre generazioni. Le vite dei loro protagonisti hanno contribuito al successo lasciando, ognuna di loro, un segno indelebile. Bravi sono stati tutti, soprattutto gli attuali proprietari Caterina, Leopoldo e Paolo Cacciani: presidiano quello che è diventato con il tempo, un simbolo della ristorazione di qualità dei Castelli, e non solo! La loro lungimiranza li ha portati ad accogliere la collaborazione con piccoli produttori del territorio. Nel 2014, infatti, inizia la partecipazione attiva con Luigi De Sanctis per produrre i Vini Cacciani da viticultura biologica, fino ad arrivare al 2020, quando nasce Fatto da Cacciani, una linea di prodotti di qualità preparati e garantiti da Cacciani come l’Olio Cacciani, i Vini “Cacciani-De Sanctis”, la salsa “Cacio e Pepe” ed altri condimenti della tradizione da poter consumare a casa. La loro forza è sempre stata il rinnovamento continuo, il comprendere i nuovi trend e affidare la cucina ad una brigata giovane composta da 4 professionisti dai 25 ai 35 anni, nuova linfa che con la ricerca gastronomica portano nuova energia al ristorante. Era il 1922 quando Nonno Leopoldo stappava la prima bottiglia per inaugurare il suo ristorante. Quel vino proveniva dalle vigne impiantate da suo padre Tommaso e, in qualche modo, quel brindisi beneaugurale sanciva l’inizio di una profonda storia d’amore tra la famiglia Cacciani e il mondo della ristorazione.

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RISTORANTI STORICI

La sorella Caterina racconta: È un traguardo importante, soprattutto perché giunge in un periodo in cui molti locali durano lo spazio di un mattino. Cacciani ha veramente visto passare la Storia: gli Anni ’20 e ‘30, la Seconda Guerra Mondiale e il dopoguerra, il boom economico e gli anni di piombo, le grandi crisi internazionali e i momenti di straordinario vigore. Il tutto rimanendo noi stessi, costruendo uno stile che molti ci riconoscono, allargando il concetto di famiglia anche a tutti coloro che hanno lavorato e lavorano per noi». La magnifica terrazza da dove vi potrete godere un panorama unico è stata la location di tanti avvenimenti familiari dei loro ospiti, dai battesimi alle feste di laurea. Pensate, qui hanno transitato oltre un milione e mezzo di clienti. La loro clientela – ci racconta Leopoldo – proviene da tutto il mondo. Molti sono stati i personaggi famosi ospiti del ristorante: Clark Gable, Ben Gazzara, Gina Lollobrigida, Rock Hudson, Liza Minelli, Alberto Sordi, Vittorio de Sica, Walt Disney e il nostro Presidente Sandro Pertini con sua moglie e tanti altri. Il merito era, ed è, della loro cucina in grado di presentare i loro cavalli di battaglia, i piatti storici, ma anche l'apertura mentale a nuove tendenze. Questo anche grazie ad una squadra di giovani cuochi che portano stimoli e nuove idee, mantenendo inalterato lo stile che ha permesso al ristorante questo traguardo importante dei 100 anni grazie a nonno Leopoldo. A proposito di cavalli di battaglia, ho avuto l'onore di cucinare la loro straordinaria e storica Cacio e Pepe davanti alla clientela!

Ristorante Cacciani

via A. Diaz, 13 00044 Frascati, Roma Tel: 06.9420378 - Fax: 06.9420440 E-mail: info@cacciani.it chiuso di lunedi

Un consiglio: provate l'emozione di un aperitivo in grotta, ma prenotatelo per tempo! Come dice Leopoldo...

"A Frascati se non hai una grotta non sei nessuno!" Ufficio Stampa MG Logos SAS di Stefano Carboni & C.

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Nasone con vasca abbeveratoio, Piazza Sant'Anastasia - foto di Aristofane - Triparvisor - rielaborata graficamente da me

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I NASONI DE R

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DOVE PUOI BERE L'ACQUA PIÙ BONA DER MONNO! di Elena Castiglione

Roma è sempre stata legata all’acqua. La città deve la sua fondazione proprio ad essa, con i primi insediamenti nei pressi del fiume Tevere, fonte di approvvigionamento di acqua potabile. All’inizio furono gli acquedotti a far crescere in gran parte il prestigio di Roma convogliando l’acqua in tutta la città. Pensate che Roma ne aveva talmente tanta da potersi permettere di rifornire terme, ninfei, balnee, orologi ad acqua. I Romani si erano praticamente specializzati nell’arte di imbrigliare l’acqua secondo le proprie esigenze. Acquedotti, condutture e terme erano ormai il simbolo del progresso di Roma. In seguito cominciarono anche a decorare la città con le fontane monumentali, monumenti diventati preziosi grazie anche a progettisti della portata di Giacomo della Porta e Gianlorenzo Bernini. Oggi Roma si fregia di oltre 5000 fontane ornamentali e monumentali che potete ammirare in tantissime piazze e strade della città, nelle ville e nei parchi pubblici, nei cortili e negli androni di Palazzi storici. Ma non solo! La città eterna ci regala oltre 2500 fontanelle pubbliche in ghisa, di cui 280 si trovano all’interno delle mura! I nasoni! Sono anche loro considerati simboli di Roma, come la Lupa, come er Colosseo! Ed è alla loro scoperta che vi accompagnamo oggi!

NASCITA DEI NASONI

ficacissimo sistema! Basta solo un piccolo gesto di rispetto – e se lo merita tutto! – un semplice inchino verso lo zampillìo, per potersi dissetare! Oppure portatevi dietro una borraccia... Farete rifornimento di acqua pura, fresca, buonissima, per tutto il vostro tragitto.

E

ra il 1874 quando il primo sindaco del neonato comune di Roma, Luigi Pianciani, fece installare una serie di fontanelle per uso pubblico e gratuito, dando seguito a quella tradizione millenaria che ha sempre contraddistinto Roma. La popolazione era aumentata e bisognava aumentare anche il numero delle fontanelle pubbliche ad uso gratuito. Le nuove fontanelle erano realizzate in ghisa con una forma semplice, ma elegante, dalle quali in continuazione usciva – e esce ancora oggi – acqua pura e fresca finendo nel sottostante tombino di raccolta. La forma ricurva all'ingiù del rubinetto ricorda quella di un naso aquilino e per questo furono affettuosamente battezzate dai romani “Nasoni”. Otturando con un dito il buco principale del naso, l’acqua zampilla da un forellino sulla parte alta del nasone, proprio dove inizia la curva all'ingiù. Questo ci permette di bere facilmente a distanza con la bocca, senza dover poggiare le labbra: un semplice ma ef-

SIETE IN GIRO PER ROMA E VOLETE SAPERE SE C’È UN NASONE NEI PARAGGI? Niente di più semplice! Consultate l’app WAYDY WAW per individuare la fontanella di acqua potabile più vicina a voi e contribuire a ridurre l’utilizzo di plastica delle bottigliette. Inoltre vi garantirete un congruo risparmio in termini economici! E poi ricordate che per noi romani l’acqua delle fontanelle di Roma è “la più bona der monno!

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I NASONI DE ROMA A CACCIA DI NASONI STORICI I primi nasoni che furono disseminati nella città, sia nelle zone periferiche che in quelle centrali, non erano più fontanelle forgiate da artisti, quelle in pietra o marmo per intenderci, bensì in ghisa, del peso di circa un centinaio di kg. Un materiale meno nobile, ma di indubbia resistenza. Di forma cilindrica, alte circa 120 cm, munite di bocchette d'uscita, queste fontanelle non erano più provviste di vaschetta, ma al loro posto fu installata una grata in marmo o in ghisa direttamente sulla base stradale, quello che serviva per coprire le necessità della popolazione: poter attingere l'acqua potabile per bere, per cucinare, lavare ecc. Inoltre tale soluzione aveva il vantaggio di offrire delle valvole di sfogo alle innumerevoli strutture idrauliche sotterranee. Da non sottovalutare, poi, il fatto che non essendo provviste di rubinetto di chiusura, il continuo defluire evitava dannosi ristagni di acqua, causa di prolificazione di batteri. Quindi acqua pura, fresca e accessibile a tutti gratuitamente! Un vero servizio sociale! A differenza degli attuali nasoni che presentano un unico cannello ricurvo liscio, i primi erano dotati di tre bocchet-

te a forma di testa di drago. Adesso a Roma ne rimangono solo tre esemplari di questo tipo: uno in Piazza della Rotonda al Pantheon, uno in via delle Tre Cannelle, non lontano dal Quirinale e il terzo in via di San Teodoro, tra il Foro romano e Circo Massimo.

Nei primi anni ’80 per limitare lo spreco di acqua il Comune di Roma applicò sui nasoni un rubinetto di ottone con pulsante, oppure una manopola rotonda per regolarne l’erogazione. Ma questo espediente non permetteva più la fruizione di acqua corrente e fresca a causa del surriscaldamento della ghisa. Senza contare che questi dispositivi dovevano essere manipolati per poter bere e il cannello non aveva più il pratico foro per far zampillare l'acqua! Per fortuna dopo appena due anni le fontanelle furono liberate da questo odioso marchingegno e tornarono al loro classico aspetto. A ricordo, in molte, al posto del rubinetto smontato è rimasto un buco... vuoto!

Il nostro "reperto storico" appare come un minuscolo gendarme messo a guardia della maestosità che gli sta alle spalle!

PIAZZA DELLA ROTONDA AL PANTHEON La nostra prima tappa. Partiamo presto io e Sabrina, per evitare il troppo afflusso dei turisti e poter visitare la nostra città con più tranquillità. Prendiamo un autobus che ci porta in Piazza Argentina, e da lì ci intrufoliamo nei vicoli e raggiungiamo Piazza della Rotonda. Il Pantheon ci appare ben presto mostrandoci tutta la sua imponente bellezza.

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È situato a un paio di metri dalla bella e assai più grande fontana rinascimentale rivolta verso il Pantheon. Ci avviciniamo. Eccolo qui uno dei nasoni originali con le tre bocchette a forma di drago. Io lo trovo bellissimo. A lato verso il basso, è stata aggiunta una vaschetta per dissetare i piccoli animali.


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I NASONI DE ROMA VIA DELLE TRE CANNELLE Seconda tappa. Riprendiamo il nostro girovagare e decidiamo di goderci a piedi la passeggiata che ci porterà a raggiungere il secondo superstite dalle tre cannelle forgiate con la testa di drago. Camminiamo nelle vie ancora non stracolme di persone, e penso tra me e me che non smetterò mai di meravigliarmi della bellezza della mia Roma. Ovunque ti giri c'è un angolo che ti incanta, che ti fa riaffiorare ricordi... Arriviamo in via Quattro Novembre, all'angolo il Museo delle Cere, poco più su fino a quando incrocia Via delle Tre Cannelle. Alla base della scalinata di Via della Cordonata troviamo la fontanella. Il nome della via fa riferimento a una fontana ben più grande, probabilmente un'opera di Giacomo Della Porta, appunto con tre cannelle, che sorgeva in cima alla strada, ma di cui si sono perse completamente le tracce. È la copia esatta della precedente: stessi cannelli, stessa fonderia, stesso

stemma SPQR. A questa non è stato applicato il piccolo abbeveratoio per dissetare gli animali, ma a differenza dell'altra questa è collocata su un basamento in pietra. Ci sono passata altre volte qui e non l'avevo notata. Ma nella testa continuava a ronzarmi l'idea che quella scalinata mi ricordava qualcosa. Infatti non mi sbagliavo. Un film che avrò visto non so quante volte... I soliti ignoti di Mario Monicelli del 1958: è il luogo in cui viene ambientato il furto al centro del quale ruota tutto il film.

FUNTANELLE DE ROMA Vado pe’ Roma a fà la pellegrina e ’gni tanto me sento salutà da ’na voce mo greve e mo argentina: “Ciao, bellezza, ’ndovai, come te va?”. So’ le cento e centuna funtanelle che nell’angoli stanno a chiacchierà come tante sapute commarelle c’hanno voja de ride e de scherzà. Quarche vorta, però, piagneno pure o da la pena se ne stanno zitte pe’ le schifezze o pe’ le fregature che pioveno, se sa, sempre più fitte. E allora piove propio sur bagnato perché, poracce, vanno a ricordà li tempi belli e cari der passato quann’ereno a majara qua in città: ogni piazza, ogni angolo romano ciaveva la sua bella funtanella ch’attoppavi cor parmo de la mano pe’ fà lo schizzo e beve a garganella. E che bellezza co’ la gran callara vedé ’na cascatella ridarola che zompa drento l’acqua e poi viè fora lungo li bordi de ’na bagnarola indove chi abbitava ar pianotera poteva fà… li commodacci sua: ce ammollava er cocommero e la sera si n’era sverto… ne trovava “dua”. E mo ce rido, perché ’sta parola ne la mia vita nun l’ho detta mai e m’aricordo, quann’annavo a scola, si parlavi dialetto, ereno guai…

SCATTI QUA E LÀ... IN CITTÀ!

Adesso, co’ ’sta Roma generosa c’ha allargato l’inviti p’er rinfresco, chi è nato drento Roma se li sposa lo spirito e ’r dialetto romanesco! Funtanelle de Roma che cantate co’ fresca gioja ar sole der matino, coll’acqua pura voi m’aricordate la sete mia der bello e der divino. Voi nun scrivete paggine de storia, svorgete sempre un compito ciovile, scorete lisce senza chiasso e boria, ma nun ciavete spirito servile! “Lassateme cantà, che so’ romana!” ognuna lo pò dì perché è ’na fonte parente a Trevi forze a la lontana, ma l’eSsePiQueRre ce l’ha in fronte! E si vò fà ’na cosa propio bella, inzieme ha da cantà ar Poeta santo: “Te laudo, o mi’ Signor” io, funtanella, quanno che piagno, rido, soffro o canto. TERESA GERVASI RABITTI* *Poetessa romana, la trovate qui

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VIA DI SAN TEODORO Terza e ultima tappa. Questa fontanella è quella meno in vista. È quasi nascosta da cespugli di edera in Via di San Teodoro, un angolo speciale tra il Foro Romano ed il Circo Massimo, vicino Via dei Fienili. Anche questa, come quella di Via delle Tre Cannelle è adagiata su un basamento in pietra. Le bocchette forgiate a forma di drago sono un po' diverse. Chissà... forse è la più antica delle tre. Per molto tempo è rimasta a secco, ma sembra che adesso un po' di acqua abbia ricominciato a zampillare... Cari romani, teniamoceli stretti sti nasoni, rispettiamoli, abbiamone cura. Ce li invidiano in tutto il mondo... Non ricopriamoli di immondizia, per non fare un passo in più... Buona vita a tutti! Alla prossima!

IN GIRO PER LA RETE...

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LG in To ur

Civita vecchia

... il porto diRoma voluto da Traiano!

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di Sabrina Tocchio

entum Cellae, questo era il nome latino di Civitavecchia fondata da Traiano verso il 106 d.C. come porto dell’Etruria meridionale. Il nome sembra derivare proprio dalla conformazione geografica della costa, dove sono presenti numerose insenature naturali. In realtà numerose sono le tracce di insediamenti primitivi risalenti addirittura in età preistorica, ma anche Etrusche, Romane e Medievali che sempre ne hanno sottolineato l’importanza eleggendola a Porto di Roma.

Come tutte le località sul mare la popolazione di Civitavecchia, nei secoli è sempre stata soggetta ad attacchi di invasioni distruttive e quindi costretta a rifugiarsi sui monti. Considerata un punto strategico per il rifornimento delle navi e per il carico e scarico di merci, è stata più volte distrutta durante le guerre e poi sempre ricostruita. Nel 1999 venne consegnata al Comune la medaglia d’oro al valor civile, perché dopo la quasi totale distruzione dell’ultimo conflitto mondiale in cui venne pesantemente bombardata, la popolazione affrontò una difficile opera di ricostruzione.

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LG IN TOUR 1. LA STATUA DEL BACIO La famosa Statua del Bacio, posizionata sui giardini antistanti il bellissimo Porto storico di Civitavecchia, è stata realizzata proprio per ricordare tutti coloro che partirono dal porto per le guerre e spesso non ne fecero più ritorno. La Statua, infatti, raffigura una coppia formata da un marinaio e da una ragazza che si baciano appassionatamente nella speranza di rivedersi di nuovo. Una sorta di promessa d’amore e di speranza. Oggi Civitavecchia è più che mai il Porto di Roma, da qui partono i numerosi traghetti per le isole ma anche stupende navi da crociera e navi per il trasporto merci. Civitavecchia è una destinazione ambita per le passeggiate primaverili, è una deliziosa cittadina di mare con tanta storia, ma anche meta dello shopping, con numerosi negozi di firme prestigiose della moda italiana e negozi di prodotti alimentari locali, infatti sono molti gli stranieri che, scesi dalle navi da crociera, amano portarsi a casa un ricordo italiano.

2. IL CENTRO STORICO Il Centro storico di Civitavecchia è tutto da visitare: ci sono strette vie pavimentate con i sampietrini romani e mentre si passeggia ci si imbatte in capolavori artistici come la Cattedrale di Civitavecchia, la Chiesa della Stella e la Chiesa dell’Orazione e della Morte definita la più antica della città. Non perdetevi il Mercato di Civitavecchia: il mercato di San Lorenzo. Qui ogni mattina i cittadini ma anche i turisti si recano sia per fare acquisti che per immergersi nei prodotti alimentari freschi come la verdura, la frutta e il famoso mercato del pesce, da sempre un’attrazione di spicco per la città.

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CIVITAVECCHIA

3. IL FORTE MICHELANGELO

Il Forte Michelangelo, l’imponente edificio cinquecentesco, situato all’interno del porto storico, è una delle più importanti fortezze militari del litorale laziale, oltre ad essere uno dei simboli di Civitavecchia. È composto da quattro torri chiamate San Colombano, Santa Ferma, San Sebastiano e San Giovanni. Nel torrione di Santa Ferma, si può visitare la piccola cappella in onore di Santa Fermina la Patrona della città, che si festeggia il 28 aprile. Oggi è sede della Capitaneria di Porto.

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LG IN TOUR CIVITAVECCHIA È UNA DELLE LOCALITÀ BALNEARI PIÙ FREQUENTATE DEL LAZIO Civitavecchia è una delle località balneari più frequentate del Lazio. Troverete diversi servizi commerciali come bar, pizzerie, hotel, bed & breakfast, insomma per tutte le esigenze e le tasche. Non potevano, certamente, mancare le attività sportive acquatiche che qui, per il turista, diventano divertenti e fondamentali anche per visitare le località dei dintorni in barca. I siti archeologici poi, i borghi e aree naturali completano i molteplici servizi a disposizione dei visitatori. Oltre ai servizi elencati, ovviamente a pagamento, Civitavecchia ha due perle, due spiagge libere da visitare e soprattutto da rispettare: il Pirgo e la Frasca. Il Pirgo si trova all’interno della città e come potete immaginare è estremamente frequentata, proprio per la vicinanza al centro. La Frasca invece è un’oasi di pace, un luogo caro ai residenti che, fortuna loro, hanno la possibilità di visitare tutto l’anno e di potere goderne sia la solitudine che i meravigliosi scenari delle quattro stagioni. La spiaggia libera sono circa 6 km e finisce al porto di Civitavecchia, è rocciosa e ha una caratteristica invidiabile: al suo interno ha una splendida pineta. Qui è possibile anche campeggiare, o in aree attrezzate per fare dei piccoli barbecue, o solo rilassarsi al sole e rifocillarsi all’ombra dei pini. C’è anche la possibilità di poter accedere a piccoli esercizi commerciali. I residenti, però, si lamentano della poca educazione di chi decide di campeggiare o solo trascorrere una giornata in pineta. Come al solito i controlli non ci sono e i maleducati sono sempre presenti. La raccomandazione è sempre la stessa: recatevi nei posti non come visitatori, ma come ospiti quindi rispettate il luogo. Se siete poi alla ricerca del benessere, qui trovate le Terme della Ficoncella a 4 km da Civitavecchia. Pensate che l’acqua che scorre nella sorgente è la stessa con cui si bagnava l’imperatore Traiano! Le terme sono composte da cinque vasche naturali con diversi gradi di temperatura fino ad arrivare a 60°. Le proprietà delle acque sono molteplici e sono consigliate per curare dermatiti, artriti, malattie dell'apparato respiratorio e urinario. Informatevi bene sulle controindicazioni, alcune patologie possono interferire con i benefici delle acque. Il complesso delle Terme offre anche un servizio di bar, spogliatoi, lettini e sedie. Si consiglia di portare con se degli asciugamani e un paio di ciabatte.

Terme della Ficoncella telefono: 0766 590241-42-12 e-mail: urp@comune.civitavecchia.rm.it facebook e instagram

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CIVITAVECCHIA

A CIVITAVECCHIA ... ... IL POLPO SI MANGIA CON IL PECORINO ROMANO DA TEMPO IMMEMORE di Francesco Duscio Qui descrivo due ricette tipiche civitavecchiesi molto semplici, una senza pasta, l'atra con gli spaghetti. Le ricette richiedono il polpo verace (di scoglio) cioè quello che ha due file di ventose parallele, anziché una. POLPO CON IL PECORINO Polpetti Veraci 1 kg - Olio evo - Vino Bianco secco ½ bicchiere - Aglio 1 spicchio - Pomodori pelati ½ kg - Sale - Prezzemolo tritato - Peperoncino - Pecorino Romano - fette di Pane Casereccio tostate Procuratevi dei polpetti di scoglio piccoli o medi. Fateli pulire dal pescivendolo, risparmierete fatica e tempo. Se non li trovate piccoli potete lessarli preventivamente per ammorbidirli. Mettete a imbiondire nell’olio, a fuoco vivace e in una padella capiente, uno spicchio di aglio e un trito di prezzemolo e peperoncino. Togliete l’aglio, aggiungete i polpi e il vino, fatelo evaporare, quindi aggiungete i pomodori pelati e un pizzico di sale. Coprite il tegame con un coperchio e continuate la cottura a fuoco molto basso finché i polpetti non saranno morbidi, senza aggiungere acqua: il polpo, si sa, cuoce nell’acqua sua. Dovrebbe bastare ½ ora circa di cottura. Servite i polpetti caldi in ciotole capienti, sopra le fette di pane casereccio in precedenza tostate, preferibilmente spalmate di aglio. Alla fine completate con una generosa spolverata di pecorino romano. SPAGHETTI COL POLPO ALLA CIVITAVECCHIESE Spaghetti 400 g - Polpetti Veraci ½ kg - Olio evo - Vino Bianco secco ½ bicchiere - Aglio 1 spicchio - Pomodori pelati ½ kg - Sale - Prezzemolo tritato - Peperoncino - Pecorino Romano Il procedimento è lo stesso della ricetta precedente. Cuocete gli spaghetti, scolateli al dente e mantecateli nella padella con il sugo di polpi, aggiungendo una generosa spolverata di pecorino romano.

Conosciamo... Francesco Duscio! Architetto romano, Franco per gli amici… Un uomo che è innamorato della sua Roma, in tutte le sue espressioni: storia, cultura, tradizioni, calcio, e tutto ciò che riguarda l’espressione popolare, compresa la cucina. Nasce così il primo libro di Franco, “La romanesca”. E io me ne sono innamorata, subito! Un colpo di fulmine! E sì, perché nei suoi libri non ho trovato fotografie di piatti, non ho trovato uno chef di fama che mi illustra una sua reinterpretazione di un piatto tradizionale… ma tanto gusto nel leggere tutta la tradizione che sta dietro un piatto popolare, le materie prime stagionali e il territorio legato a esso. Una ricerca infinita quella di Duscio. La cucina popolare, quella che identifica Roma e il Lazio, quella tramandata di madre in figlio per generazioni, quella trasmessa dalla cucina ebraico romanesca, quella del ghetto … Tanta passione, amore, ricerca, aneddoti. Non hai bisogno di vedere la fotografia, la vedi nella tua mente, ti immagini nella tua cucina a ripetere gesti che ci portiamo dietro … da sempre! E non si ferma a Roma: lui oramai ha intrapreso un viaggio che lo porta a ricercare la cucina popolare tradizionale in tutto il Lazio. Io penso che siano opere uniche nel suo genere. Nel Lazio fu Ada Boni la prima a trascrivere minuziosamente ricette romane… Non abbiamo prima altre opere del genere nella nostra regione. E Francesco Duscio colma minuziosamente questa mancanza. E così a La Romanesca segue “La Castellana – La Cucina Tradizionale dei Castelli Romani”, in cui sviscera ogni Castello, ognuno con identità e tradizioni ben distinte, alla scoperta di un mondo popolare e contadino genuino. Tantissime ricette correlate di aneddoti, riferimenti storici e dialettali. Un libro inedito nel suo genere. E sono felice di aver ricevuto proprio in questi giorni il libro cartaceo… Una pagina tira l’altra… come le ciliegie!! Con "La cucina tradizionale del Lazio" completa il … trittico! Per Franco “La cucina popolare è lo specchio di un retaggio culturale che bisogna conservare con cura; quella del Lazio ha tanto da raccontare. La cucina della memoria ha necessità di essere riscoperta e tramandata. È l'identità di un popolo, di una società, di una comunità territoriale”. Ecco, è per questo che Lazio Gourmand si è spesso ispirato ai libri di Francesco Duscio. Il sottotitolo del nostro magazine è infatti Storia, cultura, tradizioni e itinerari del gusto. E chi meglio di Duscio poteva affiancarci nel nostro tragitto? Grazie Franco, sei prezioso per noi!! E. C.

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Ciccia in tavola!

RISCOPRIAMO LA PIZZAIOLA Un classico veloce, irresistibile e intramontabile! di Elena Castiglione A volte rispolverare classici veloci delle nostre mamme conviene, soprattutto d'estate quando la voglia di stare davanti ai fornelli, dopo una giornata di lavoro, proprio non c'è! E allora riportiamo in tavola questo piatto intramontabile, buonissimo. Un piatto con il quale è quasi impossibile non fare la mitica scarpetta! Un piatto pronto al massimo in 15 minuti. Accompagnamolo con una fresca insalata... e il gioco è fatto! La carne alla pizzaiola è un secondo piatto che si prepara in tutta Italia, con piccole varianti qua e là. Da noi si predilige la versione con l'origano. Potete scegliere fettine di vitello o manzo, secondo i vostri gusti. Il “sugo alla pizzaiola” nel quale cuocere la carne è semplice: polpa di pomodoro, olio, aglio, origano e sale. E se vi avanza (è raro, ma può succedere!) un po' di questo sughetto, conditeci la pasta. È deliziosa!

Per 4 persone... • 4 Fettine di manzo o di vitello • 400 g Polpa di pomodoro • 1 o 2 Spicchi di aglio • Origano secco • 4 cucchiai Olio extravergine di oliva • q.b. Sale e Pepe Preparate il sugo alla pizzaiola. Mettete a imbiondire l'aglio in un'ampia padella con l'olio extravergine di oliva. Appena comincia a colorirsi un po' aggiungete la polpa di pomodoro e l'origano. Fate cuocere pochi minuti con il coperchio. Aggiungete le fettine e fatele cuocere circa un minuto per parte (dipende dall'altezza e dal grado di cottura desiderato) e se gradite aggiungete ancora un pizzico di origano e eventuale altro sale se occorre. Solo un accorgimento: non esagerate con i tempi di cottura altrimenti la carne tende a perdere tenerezza. Portate in tavola con sugo abbondante... e naturalmente... del buon pane per la scarpetta!

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Le erbe in cucina Erba cipollina

Rosmarino

Basilico

Timo

Origano

LE ERBE AROMATICHE di Sabrina Tocchio

A proposito di origano... Divisione: Angiosperme Classe: Dicotiledoni Ordine: Tubiflorali Famiglia: Labiate Nome Scientifico: Origanum vulgare L. Parti utilizzate: parte erbacea fiorita. Proprietà salutari: facilita la digestione, attenua i crampi allo stomaco ed elimina il catarro bronchiale. Il decotto è un ottimo purificante per bocca e gola. Gusto: aromatico-bruciante. In cucina: l'origano è ben conosciuto sia per aromatizzare le insalate di pomodoro e mozzarella che per la carne cotta in padella.

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ono pochi gli aromi che, come l’origano, sono in grado di evocare la cucina solare del Sud, anche se il sapore e l’intensità di questa pianta di maggiorana selvatica variano notevolmente a seconda del clima e dell’ambiente. Nelle regioni calde e asciutte del Mediterraneo è una pianta robusta, molto saporita, con un forte retrogusto pepato e leggermente amaro. Il suo caratteristico aroma pervade le pizzerie di tutto il mondo, dato che l’origano è un ingrediente essenziale della famosa pizza napoletana. Quando cresce nelle regioni più fredde di Europa e America del Nord, perde il suo gusto un po' stridente e assomiglia alla dolce maggiorana (Origanum majorana), un’erba da vaso con un aroma particolare e più delicato, con la quale è strettamente imparentato. L’origano non ha un sapore molto tenue e va usato con attenzione. Il suo gusto amaro e piccante si sposa con la carne (fettine alla pizzaiola), con le zucchine (Concia di zucchine), pomodori (panzanella), melanzane, peperoni dolci. Si può trovare fresco solo nei paesi di origine o nei vivai e se si acquista secco preferite sempre quello in mazzi con il gambo lungo, mai in vasetto già preparato.

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Ciccia in tavola

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Ciccia in tavola

SPEZZATINO CON I PEPERONI impreziosito dalle olive di Gaeta di Elena Castiglione

È vero che oramai i peperoni si trovano in tutte le stagioni... Ma acquistarli e cucinarli in estate, quando naturalmente il sole e il caldo ce ne regala di polposi, sodi, saporiti, è tutta un'altra cosa! Rispettare le stagionalità dei prodotti, oltre che risparmiare, significa anche questo! E allora vi propongo un'altra ricetta con questo ortaggio così versatile e saporito (l'altra la trovate a pag. 9 in coda all'articolo sui Peperoni cornetto dop di Pontecorvo, una delle eccellenze del nostro territorio). Per questa potete scegliere quelli che volete: rossi, gialli, verdi, in un connubio di sapori e colori che oltre il gusto rallegreranno anche la vostra vista! Ho voluto aggiungere a questo piatto un'altra eccellenza: le Olive di Gaeta, quelle scure dentro e fuori, dal piacevole gusto amarognolo e la polpa carnosa che si stacca facilmente dall'osso. Un tocco magico!

Affettate la cipolla e fatela stufare delicatamente in un tegame (preferibilmente di coccio, altrimenti quello che avete) con qualche cucchiaio di olio extravergine di oliva. Aggiungete lo spezzatino e fatelo rosolare per bene da tutte le parti. Poi i peperoni e quando si sono un po' appassiti versate la salsa di pomodoro, aggiungete le olive di Gaeta, il basilico, salate, pepate e coprite con un coperchio a spiffero.

Per 4 persone... • 800 g Spezzatino di vitello o di manzo • 3 peperoni • 1 cipolla piccola • 100 g di olive di Gaeta • 400 g di polpa di pomodoro • Olio extravergine di oliva • q.b. Sale e pepe • 2 foglie di basilico

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Fate cuocere per circa 60 minuti a fiamma moderata, avendo cura di mescolare ogni tanto e, nel caso si asciugasse troppo, allugate con un pochino di acqua.



Ciccia in tavola

TRONCHETTO

DI

PORCHETTA di Sabrina Tocchio

Cosa ci occorre... In Italia esistono vari tipi di porchetta: varia la cotenna (alcuni la mettono altri la eliminano) variano gli ingredienti e il modo di cottura. Nel Lazio ci sono due scuole di pensiero: con finocchietto e senza finocchietto. La porchetta di Ariccia è senza finocchietto a Viterbo troviamo il finocchietto. La porchetta vera è il maiale disossato con tutta la testa farcita di spezie e erbe mentre quella che troviamo in commercio si chiama tronchetto di porchetta composto dalla pancetta con all’interno un pezzo magro come l’arista o il filetto. Per prepararla a casa facciamo il tronchetto di porchetta.

• 4 kg Pancia di maiale • 1200 g Arista • 100 g Sale • 15 g Pepe • 40 g Rosmarino • 40 g Finocchietto selvatico • 10 g Semi di finocchio • 2 Spicchi di aglio tritato a crema • 50 ml Olio aromatizzato (rosmarino, alloro, aglio) • 50 ml Vino

Per il procedimento in video trovate un esplicito tutorial qui. Rispetto al tutorial ho apportato alcuni cambiamenti: il forno l'ho impostato a 160°C per tutta la cottura fino alla fine, però nella prima ora l'ho cotto in una teglia immersa con birra di qualità (33 cl doppio malto alta gradazione, scegliete voi la marca) e l'ho girata in continuazione, il restante tempo l'ho spostato su una griglia con una leccarda sotto dove all’interno c’è la birra residua e l’aggiunta di acqua. Durante la cottura avere un termometro a sonda è fondamentale perché la temperatura interna deve raggiugere gli 80°C. In mancanza del termometro vale sempre la regola di cottura 1 ora per ogni kg di carne (quindi se il tronchetto di porchetta pesa 5 Kg deve stare in forno 5 ore (compresa ovviamente l’ora della birra). A fine cottura ho acceso il grill ventilato e l'ho lasciato dentro, ruotandolo fino a quando la cotenna ha iniziato a fare le bolle e al contatto con uno strumento da cucina, suonava! IMPORTANTE: Far raffreddare il tronchetto su una griglia prima di affettarlo, per almeno 3 ore, in modo che i succhi si disperdano bene all'interno e anche per poterlo affettare meglio.

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Attrezzatura • Spago di medio spessore • Ago da macellaio • Fogli di alluminio • Termometro per carni (con sonda) • Coltello da disosso


FETTINE PANATE AND PATATINE CHIPS di Sabrina Tocchio

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Ciccia in tavola Le fettine panate sono un must dell’estate, mi rendo conto della poca leggerezza, ma nello stesso tempo la loro versatilità nel trasporto e la comodità di lasciarle pronte, solo da riscaldare, ai figli che stanno a casa in vacanza, non ha paragoni.

Mi ricordo le fettine panate tra due fette di pane, quando da ragazzina andavamo al mare,a Ostia con il trenino, con mamma, le zie e le mie cugine. All’ora di pranzo da quella borsa delle meraviglie usciva di tutto: frittata, fettine panate, frutta, insomma non si andava in spiaggia, ma sembrava si partisse per un viaggio! Dopo, questo lauto pasto, però bisognava aspettare almeno due ore prima di entrare in acqua e lo credo bene! Come sono cambiate le cose da allora, la consapevolezza delle giuste norme di alimentazione ci ha fatto abbandonare tanta abbondanza in spiaggia, e per fortuna, aggiungo. Ritornando alla fettina panata, ricordo mamma che, quando avevamo qualcuno a pranzo o a cena, spesso le metteva in menu proprio per risparmiare. Potevano essere di pollo o di vitello, una volta passate nell’uovo e nel doppio pangrattato diventavano grandi e sostanziose. Accompagnate poi da patate o insalata erano sempre gradite da tutti. Anche oggi il vantaggio del risparmio non è da sottovalutare, considerate che mezzo chilogrammo di fettine di vitella sono circa 8 fettine non grandi, almeno il mio taglio di carne erano piccoline (fesa di vitello), ma vi assicuro che una volta passate nell’uovo e nel doppio pangrattato assumono un volume tale che una fettina è più che sufficiente per una persona. Il taglio di carne più adatto per le fettine di vitello è il girello, una carne molto magra senza nervetti o grasso. Questo sicuramente è ottimale per non far deformare la fettina durante la cottura. In realtà ci sono altri tagli che forse possono compromettere l’estetica delle fettine, ma che sono altrettanto buone come la fesa (più economica) e la noce (forse la più pregiata).

Per 4 persone... • 4 Fettine Fesa di Vitello • 2 Uova intere • 200 g Pangrattato • Olio di arachide • Sale di Maldon (ormai si trova nei supermercati, altrimenti sale fino normale). Preparate due piatti, uno con il pangrattato e uno con le 2 uova sbattute con la forchetta e con l’aggiunta di un pizzico di sale. Intanto mettete l’olio nella padella e fate raggiungere una temperatura di 170°C, se non avete un termometro basta immergere uno stecco di legno (tipo spiedini) e se l’olio fa le bollicine intorno allo stecco, è pronto. Passate le fettine prima nel pangrat-

tato, poi nell’uovo sbattuto e di nuovo nel pangrattato. Preparate così tutte le fettine e disponetele, pronte per la cottura, in un piatto. Quando l’olio avrà raggiunto la temperatura immergetele due alla volta, così non rischiate di abbassare troppo la temperatura. Vedrete che verranno croccanti e poco unte. Fatele cuocere 3 minuti circa da un lato e poi dall’altro, poi scolatele su carta paglia e cospargetele con del sale.

Per le Patatine chips... • 4 Patate medie • Olio di semi di arachide • Sale Prendete le patate e lavatele bene sotto l’acqua corrente senza togliere la buccia. Affettatele sottilmente con la mandolina e lasciatele immerse nell’acqua per almeno mezzora. In questo modo perderanno l’amido e saranno più croccanti. Passata la mezzora scolatele dall’acqua e distribuitele distanziate su un canovaccio aperto e con un altro canovaccio copritele schiacciando con le mani per asciugarle ed eliminare l’acqua. Nel frattempo scaldate l’olio in una pentola piccola e profonda cosi da contenere abbastanza olio da fare una frittura profonda e nello stesso tempo non vi indurrà in tentazione nell’immergere troppe fette in contemporanea. Più fette mettete e meno croccanti verranno. Dovrete armarvi di pazienza e gettare nell’olio poche fette di patate alla volta, solo così saranno croccanti e si gonfieranno formando bolle scrocchiarelle. Scolatele sempre su carta paglia e cospargetele con sale di Maldon o sale fino. Io le ho accompagnate con salsa maionese e salsa ketchup.

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A proposito di... ciccia in tavola!

di Elena Castiglione

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UN RISTORANTE INCASTONATO IN UN EDIFICIO CHE TRASUDA STORIA E CULTURA

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aeta Medievale, via Faustina, il Bastione della Favorita e il Palazzo Reale! Questa la splendida location! Fra tutti gli edifici che sorgono in prossimità del bastione, quello che oggi ospita Stato Brado si inserisce nel complesso delle fortificazioni e della cinta muraria, intesi probabilmente come depositi o magazzini per munizioni e attrezzatura direttamente dipendenti dal Bastione. Nel visitare uno dei Borghi più belli d'Italia, fate una sosta in questo singolare Ristorante. Immergetevi nel loro motto: "L'essenza del piacere è rivelata"! Il tempo, la stagionatura e la ma-

turazione sono gli ingredienti segreti che “Stato Brado” usa per creare piatti gustosi nel rispetto di cicli naturali e della tradizione. La ricerca dell’essenziale, ossia di una cucina a base di ingredienti incontaminati è la missione che Stato Brado persegue: «Ci immaginiamo custodi della qualità e della memoria, responsabili nel preservare il patrimonio culinario così come ereditato dai nostri nonni... La nostra priorità? Mangiar sano partendo da alimenti sani» Così racconta Alessandro Camelio, Mastro Frollatore e titolare del Ristorante-Macelleria. Lo staff di Stato Brado è alla continua ricerca dei prodotti migliori, li lavora con le tecniche di una volta che evocano gesti senza tempo, raccontandone l’essenza, le storie del tempo e degli uomini che con onore, sacrificio e passione li hanno tramandati. Sono questi artigiani del tempo – le cui vite e averi sono dedicati esclusivamente all’allevamento e alla coltivazione di ingredienti senza compromessi – a essere la loro fonte di ispirazione.

“IL TEMPO E IL RIPOSO” LA CHIAVE PER OTTENERE PRODOTTI UNICI E INEGUAGLIABILI Perché così ogni elemento può riprodurre la propria essenza, come la Natura lo ha fatto.

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La ricerca scrupolosa e la scelta responsabile degli allevamenti allo “Stato Brado”, i metodi di cottura e la scrupolosa preparazione, col tempo e col riposo, sono tutti elementi che agiscono in sinergia per ottenere l'eccellenza in tavola: «Come Mastro Frollatore, ho imparato che asciugando carni di qualità, per periodi sempre più lunghi, compaiono gusti, morbidezza e distinzione che nessun altro metodo di conservazione riesce a far emergere. La frollatura, come insegnano i maestri, è un periodo di tempo variabile durante il quale la carne deve riposare in condizioni opportune di temperatura ed umidità per acquisire morbidezza e sviluppare sapori e profumi. Con l’aiuto dello Chef e con la certezza che il tempo e il riposo esprimano la naturale qualità dei prodotti, abbiamo riportato le stesse tecniche ad altri alimenti dei nostri menu».


GLI ALLEVAMENTI, LA FROLLATURA, LA CARNE E LA COTTURA

Allevamenti controllati e certificati, dove i capi vengono nutriti con alimenti di prima qualità senza l’utilizzo di sofisticazioni e dove possano crescere adeguatamente nel rispetto delle loro abitudini, con metodi etici, garantendone il benessere, fondamentale per la nostra salute e per la qualità e salubrità di quello che mangiamo. Frollatura attenta e impeccabile per acquisire morbidezza e sviluppare sapori e profumi. Le carni che gustate nel Ristorante provegono da allevamenti estensivi, e vengono frollate nelle loro celle frigorifere da almeno 90 giorni. Quali carni? Tutte allevate allo stato brado, naturalmente! Fassona Piemontese con poche venature di grasso, ma carne tenerissima, molto dolce e che si presta a lunghissime frollature. Manzetta Prussiana, dalla carne

molto marezzata, dal gusto inconfondibile e da una morbidezza senza rivali. Bufalo, dal sapore deciso e unico, magrissima ottimo per le diete alimentari anche legate a patologie come la colesterolemia. Grigio Alpina Presidio Slow Food, autoctona delle Dolomiti, dalla carne tenera, leggermente marezzata, dal gusto aromatico e succulento. Wagyu Italiana, Japanese Black in purezza allevata in pascoli incontaminati ad alta quota, dal gusto vellutato, dolce, sentori di frutta secca, marezzatura importante e decisamente succulenta. Maiale di razza mangalica: originario dell’Ungheria, una razza con un vello di lana soffice come le pecore che lo protegge dagli inverni rigidi. Unico esemplare al mondo che nel grasso sviluppa l’omega3. Produzione limitatissima, carne tenera, grasso unico, sapido, che si scioglie al semplice tocco. Un’esperienza da provare almeno una volta nella vita. Nero dei Nebrodi, chiamato anche Nero Siciliano o Suino nero dell’Etna, regala una carne favolosa, saporita, tenerissima e senza dubbio una delle migliori per produrre salumi. Nero casertano, una delle razze più antiche, originario della Campania caratterizzato da una carne succosa, con un grasso magnifico e saporito. La carne viene servita su piatti di ghisa preriscaldati a temperatura ideale per la cottura scelta. Questo aiuta a mantenere la carne ad una temperatura giusta senza cuocerla ulteriormente, rendendo cosi possibile

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gustarla per tutta la durata del servizio mantenendo inalterate morbidezza e succosità. Le carni vengono cotte mediante la tradizionale brace a carbone vegetale, la cottura sottovuoto o l’innovativa cottura inversa (reverse cooking), dove la carne viene pazientemente cotta a bassa temperatura per diverse ore e subito dopo scottata sulla brace, ottenendo cosi una cottura uniforme, succosa ed estremamente morbida. Uttilizzata anche la Vasocottura, un antichissimo metodo di cottura, quasi preistorico, che prevedeva la realizzazione di grandi buche nel terreno dove veniva prima inserita la brace rovente e poi una giara di terracotta con all’interno gli alimenti che si volevano cuocere. Si sigillava il tutto e si ricopriva con della terra. Il giorno dopo si riapriva per scoprire i magici effetti della lenta cottura. Questa tradizione viene ricreata con dei vasi “moderni”.

Oltre al servizio di ristorazione, Stato Brado propone una selezione dei loro tagli e dei loro prodotti da gustare comodamente a casa, da libero acquisto in sede o tramite prenotazione. Il macellaio aiuta i Clienti scegliere il miglior taglio adatto a ogni necessità.


LO STAFF MAURIZIO LICCARDI

ALESSANDRO CAMELIO

È lo Chef di Stato Brado. Dopo oltre 30 anni di esperienza nel mondo della ristorazione, esperienza iniziata con la passione trasmessa da suo fratello Vincenzo, con il diploma alla scuola alberghiera e proseguita poi nelle cucine di prestigiosi ristoranti in giro per il mondo, oggi si definisce uno “Chef anomalo”: non ama mettersi in mostra, valorizza e fa crescere i suoi collaboratori incentivandoli costantemente. Si colloca fieramente in quella che definisce “vecchia scuola”, ma studia costantemente ed è sempre attento alle “innovazioni” del settore. Di Stato Brado, un giorno ha detto: “Oggi lavoro in un ristorante che amo! Mi riconosco pienamente nella visione del titolare Alessandro Camelio, sempre controcorrente rispetto ad altre tipologie di ristorazione “statica” presenti a Gaeta e dintorni. Sono orgoglioso di far parte di questo gruppo e cerco ogni giorno di contribuire all’eccellenza di questo ristorante”.

Alessandro è un Mastro Frollatore italiano, è il titolare di Stato Brado e rappresenta il cuore e la mente del Ristorante. Ha sempre avuto la passione per la carne, che pratica per molti anni fin da ragazzo imparando a selezionare i migliori tagli e a preparare grigliate perfette. A trent’anni decide che deve fare di questa passione il proprio lavoro: lascia la professione di agente immobiliare e si diploma all'Accademia della Macelleria Italiana come Macellaio Gastronomico. Successivamente si trasferisce a Roma e lavora presso l’antica Macelleria Sciacquatori, attiva sin dal 1800 a Monterotondo per iniziare a praticare quanto appreso. Ma le sue ambizioni lo portano presto a Milano alla corte del “Re della carne” Sergio Motta, considerato tra i Top macellai gourmet d’Italia, dove impara le tecniche di taglio ma soprattutto la frollatura delle carni. Nel frattempo inizia a fare i suoi esperimenti, testando le proprie competenze e capacità che negli anni affina sempre di più imparando a gestire frollature sempre più lunghe attraverso la misura del PH della carne. Inizia a coltivare il sogno di aprire un ristorante tutto suo. Sceglie di farlo a Gaeta, perché è la sua terra e perché l'idea di aprire un ristorante specializzato nella carne in un posto di mare è un contrasto che lo ha sempre affascinato.

DANILO DI NITTO Sommelier professionista diplomato presso l’Associazione Italiana Sommelier dal 2013, vanta 10 anni di esperienza nel settore della ristorazione ed è co-autore del libro "99% - Il sottovuoto nel food e nel beverage". La passione e la curiosità per questo settore lo hanno spinto a interessarsi alle nuove tecniche di cucina e miscelazione alla ricerca del pairing perfetto tra cibo e cocktail. Collabora con diverse scuole di bartending presso le quali si occupa di materie prime, merceologia e servizio. Tra le attività più recenti di Danilo anche l’apertura di un blog, che cura personalmente raccontando il mondo della ristorazione in chiave satirica.

“Ho trovato il locale storico che meglio rappresentava l’idea di Stato Brado, perché alla fine la sua essenza è indissolubilmente legata alle nostre radici, alla nostra storia e alla nostra cultura. Il tutto si deve riassumere in pochi elementi, ma di qualità eccezionali: le cose semplici poi vengono elaborate dal nostro Chef in maniera eccelsa, ma il segreto che ci rende diversi è la materia prima così com'è, nella maniera più naturale possibile.”

La cantina presenta solo eccellenze e produzioni biologiche di alto livello. La selezione valorizza la qualità ottenuta nel rispetto della natura e dei suoi cicli, privilegiando le piccole realtà: gli artigiani della vigna.

PRESS OFFICE & P.R. Paola Dongu | PD&Associati paola.dongu@pdassociati.com

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L'intervista

MAURIZIO

BIANUCCI

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ttore di cinema, teatro, fiction televisive, spot pubblicitari, cantante, doppiatore, insegnante di recitazione. Vincitore nel 2019 del Premio Attore in carriera al Vincenzo Crocitti International Awards, dedicato agli attori emergenti talentuosi. Tanta gavetta, tanta umiltà ... e tanto talento! Bianucci nasce nel cuore di Roma nel 1969 a Testaccio, dove cresce e ancora oggi orgogliosamente vive. Il suo primo lavoro nel cinema è del 1990 per un piccolo ruolo nel Serial TV di Italia Uno, “Quelli del College” regia di Castellano e Moccia. In seguito alcuni anni dedicati esclusivamente alla musica, studiando canto con Caio Bascerano e Patrizia Troiani e esibendosi nei teatri e nei live club come cantautore e chitarrista. Frequenta poi la Scuola Internazionale di Teatro “Circo a Vapore” di Roma diretta da E. G. Lavallée e la Scuola di recitazione “La Ribalte” di Enzo Garinei, poi un Seminario sul Metodo Strasberg con Dominic De Fazio dell'Actor Studio e gli Studi di Commedia dell’arte. Infine approda agli Studi di teatro al DAMS di ROMA TRE. Dal 2000 al 2008 ha condotto molti laboratori teatrali riservati agli adolescenti e ai ragazzi con disabilità. Maurizio Bianucci lo trovate in molti spot pubblicitari e in film e serie TV di successo. Gli abbiamo chiesto una piccola intervista e lui con molta simpatia ha accettato.

Un artista a 360° di Elena Castiglione e Sabrina Tocchio

CINEMA E FICTION TELEVISIVE Il ritorno di Grosjean (2014), corto, regia di F. Longo: Fuorigioco (2015): con Toni Garrani, regia di C. Benso, selezionato per il David di Donatello; Suburra - La Serie (2017): dove interpreta il Consigliere Gramini; Aldo Moro - Il Professore (2018), regia F. Miccichè; L'Aquila - Grandi Speranze (2019), regia di M. Risi; L'Amore a Domicilio (2019), con Miriam Leone, regia di E. Corapi; La Compagnia del Cigno, RAI 1 (2019); I dolori del giovane narcos, corto, (del 2018, uscito nel 2021), di A. D'Emilio.

TEATRO La Scoperta de l’America, musiche di M. Bianucci – regia P. Bonini, 2001; Attore… per quel po’ che si guadagna, Varietà di e con M. Bianucci, 2003; Storia di Beatrice regia R. Petrone, 2003; Memorie regia F. Giuffrè con J. Steffan, tratto da Lo Zoo di Vetro, 2006; Emigranti regia C. Benso, 20082009; Ti hanno portato via all’alba, regia F. Giuffrè, 2010.

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Alcune locandine dei film nei quali ha partecipato Maurizio Bianucci


Ciao Maurizio e grazie per la tua cortese disponibilità. Come è nata la tua passione per il teatro? Da adolescente nel mio Rione c’erano solo due poli per la nostra socializzazione. Da un lato la strada con le piazze di S.M. Liberatrice e P.zza Testaccio, dove in quel periodo c’era il mercato rionale che di pomeriggio, a banchi chiusi, diventava zona rossa, oppure il Teatro Clemson dove si facevano corsi di teatro e musica. Avevo già mostrato passione per la recitazione da piccolissimo, quindi per me fu facile scegliere la seconda strada. Da li è nato tutto. In una tua intervista dici di ricordare come maggiore soddisfazione nella tua vita, l’insegnamento di teatro a ragazzi e in particolare a ragazzi con disabilità, perché? Di certo, mentre insegnavo recitazione agli adolescenti e poi anche ai ragazzi con disabilità, ho rivissuto quello che gli insegnanti fecero con me proprio al teatro Clemson. Le parti si erano invertite ed era il momento di dare, dopo aver tanto ricevuto. Ma in più, mi sono accorto durante quei dieci anni di insegnamento che con i ragazzi si vive una seconda vita, ed in particolare con i giovani con disabilità. Ho trovato il mio lavoro su loro ancora più utile e ne sentivo la grande responsabilità. Loro ti danno mille!!! Gli occhi dei loro genitori, dopo i saggi, erano pieni di emozione mentre mi ringraziavano per ciò che avevo fatto per i loro figli. E poi te la dico tutta: io dopo aver dato le indicazioni e le tracce o input all’attore, per la ricerca del personaggio da interpretare, lascio sempre spazio all’ iniziativa artistica personale. Le loro soluzioni recitative spesso mi spiazzavano. Io non le avrei sapute trovare! Questi ragazzi conservano un istinto geniale. Loro sono sempre grandi attori! Sappiamo tutti che la pandemia ha tolto tanto nella nostra vita anche a livello psicologico, ma un danno enorme lo ha fatto a spettacoli e teatro. Adesso secondo te è cambiato il pubblico? O meglio voi attori pensate di dover dare altro, qualcosa in più? Il pubblico, nel bene e nel male, non credo sia cambiato e noi attori neanche. La cosa che sta succedendo ora è che, avendo

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L'INTERVISTA

vissuto un paio d’anni di restrizioni sociali, nel cinema e nel teatro addirittura di fermo totale dell’attività, c’è una gran voglia di ripartire e di fare tanto. Magari sull’onda di questo entusiasmo usciranno cose nuove e molto interessanti nel prossimo futuro. Parliamo della tua origine e di tradizioni. Tu sei nato a Roma, dove in particolare? Sono nato a Testaccio dove ancora vivo e dove ho vissuto sempre con tutta la famiglia. Mia madre era di Trastevere e mio padre di Testaccio, umilissime condizioni e famiglie molto numerose. Insomma tipiche famiglie romane. Ora Testaccio è da circa dieci anni un Rione abitato non solo dai vecchi residenti che son riusciti a restare lì, ma anche da molti attori che si fregiano di questa appartenenza. A me però diverte dire “Io ce so’ nato, voi ce sete venuti!”. Amo molto le tradizioni della mia città e cerco in qualche maniera di tenerle vive. Amo i poeti romaneschi, le canzoni romanesche e qualche volta mi sono dilettato nello scriverle. Ho portato in scena quel poema meraviglioso che è La Scoperta De L’America del poeta romanesco Pascarella. L’ho fatto diventare un one man show, un monologo intervallato di canzoni scritte da me. Sul mio canale YouTube potrete trovare il teaser.

Aveva o ha qualcuno nella sua famiglia che cucina o cucinava? Anche nel cibo mi piace la cucina romanesca di cui sono goloso e mi diverte cucinare quei piatti che tanti anni fa mi venivano preparati in famiglia e che ovviamente da ragazzino, guarda la sorte, non amavo affatto!! Mia madre, come tutte le madri di quella generazione, era la cuoca ufficiale, ma anche mio padre si difendeva bene. Infatti quando mia madre è venuta a mancare, lui ha preso le redini culinarie. La sua maniera di cucinare era fantasiosa. O sapeva perfettamente cosa cucinare, magari dopo aver letto decine di ricette su libri che ancora conservo, oppure apriva il frigorifero e inventava. Gli riusciva sempre tutto bene. Ho imparato tanto, ma i suoi piatti ancora non riesco a farli come li preparava lui. Abbiamo visto sulla tua pagina Instragram che stavi cucinando un classico della cucina romana, la trippa! La ricetta è di famiglia? La ricetta è romana come sapete bene, quindi in famiglia la si faceva spesso e in maniera tradizionale. Cosa ne pensi della cucina tradizionale vs la cucina gourmet? Mi piacciono entrambe, ma se proprio devo esprimere una preferenza, sinceramente, la cucina tradizionale, anche con modifiche sulle ricette originali e contaminazioni, è la mia preferita. È interessante che si pensi a delle ricette fantasiose, con accostamenti imprevedibili ed elaborazioni complesse, lo trovo importante affinché la cucina non sia solo il luogo del dovere e della necessità, ma per me la tradizionale resta al primo posto e vi dico il mio personale perché. Con il gourmet soddisfi, attraverso il gusto, principalmente la mente e gli occhi, c’è fantasia, è un colpo d’estro d’artista, è un’opera d’arte alle volte, è precisione ed equilibrio. Bellissimo guardare un loro piatto e saper come

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è composto e quanto lungo e duro lavoro c’è dietro. Stimolante assaggiare le loro invenzioni. Invece la cucina tradizionale ha in sé tutto quello che ho descritto sopra per quella gourmet (anche per fare un’ottima coda alla vaccinara ci vogliono quattro ore di lenta cottura e ingredienti misurati), ma in più soddisfa anche gli stomaci più difficili e soprattutto si porta dietro millenni di storia. Più trattorie o cucina fusion? Credo che questa definizione, racchiuda un concetto molto relativo e che nel tempo ha modificato il significato. La contaminazione interculturale che è espressa dal temine fusion non mi dispiace affatto ed ho assaggiato qualche volta dei buoni piatti fusion. Ma al di là di ogni definizione, da cucina tradizionale a fusion, gourmet e chissà quale altra in futuro, la cosa determinate è che sia una materia prima di qualità e che il cibo sia cucinato bene. Un piatto di famiglia che ti ricorda casa? Sono costretto a ripetermi, la trippa! Ma poi la coda alla vaccinara, le zuppe di legumi e i carciofi alla romana. Intendiamoci io mangio bene pure in altre regioni d’Italia e i loro piatti tipici sono davvero buonissimi. In Italia la tradizione culinaria è fra le migliori al mondo, per la sua grande varietà di ingredienti e di varianti di uno stesso piatto, ma se la vostra rivista si chiama Lazio Gourmand mi limito a raccontarvi il mio rapporto col cibo laziale, anzi romano. Tu sei un fan di Lazio Gourmand, cosa che e a noi fa un gran piacere. Ma come sei approdato da noi? Molto semplice, vi ho scovati tra i contatti di chi come me si diverte a partecipare a manifestazioni culinarie e sul vino. Poi leggendo i vostri post, la rivista online, e le ricette che ci sono dentro, mi sono accorto che siete brave davvero.


MAURIZIO BIANUCCI Quindi seguo! Ce la lasci una ricetta? Farò di più. Ben due, ma descritte velocemente. PUNTARELLE CON IL POLPO E LA SUA MAIONESE Trattate le puntarelle alla romana e tagliatele di una lunghezza di circa 5 cm, lasciatele macerare per qualche ora in un contenitore con olio poco limone e aglio. Nel frattempo cuocete il polpo pulito, lessandolo fino a renderlo morbidissimo. Una volta cotto al punto che piace a voi, tagliatelo a pezzi di circa 2 cm, ma non gettate l’acqua di cottura. Prendete un Minipimer e versate nel suo contenitore l’acqua di cottura del polpo. Frullatela lentamente, aggiungendo olio di semi, versato piano e finissimo!!! Tutto questo fino a far montare l’acqua del polpo, ottenendo così una simil maionese. Prendete le vostre puntarelle, togliendole dal contenitore dove le avete macerate, mettetele insieme al polpo tagliato a pezzetti e alla sua maionese, in un altro contenitore. Girate il tutto per far insaporire. Ora il tocco estetico gourmet. Prendete un coppapasta non piccolo, tondo o quadrato, e versateci il polpo e puntarelle così conditi. Aggiungete ancora un po’ della sua maionese, se necessario. Togliete i coppapasta. Il gioco è fatto.

chia e fate insaporire il tutto, per un paio di minuti. Non aggiungete sale. A questo punto non farete altro che riempire i calamari, ben puliti dalla pelle, con il composto di lenticchia e tentacoli. Il calamaro deve risultare davvero pieno e la lenticchia ben pressata all’interno. Chiudete i calamari con uno stecchino e metteteli in forno con poco olio a 180 per 15 minuti circa, aggiungendo magari una spruzzata di vino. Serviteli così. Oppure tagliate a fette i vostri calamari e serviteli su un piatto ben disposti su una insalatina mista bella colorata. Successo assicurato. E per quanto riguarda i vini? Due paroline… per conoscerci meglio! Ci si conosce meglio solo dopo aver bevuto insieme. Potrei chiudere l’intervista così. Ma come faccio a nascondervi, visto che seguite i miei profili social, che sono soprattutto un appassionato di vini e a non parlarvene? Ho una predilezione per quelli francesi, bolle e fermi bianchi, lo confesso. Ma ovviamente il vino italiano è davvero molto competitivo. Lo sforzo che, credo da vent’anni, le aziende italiane produttrici di vino stanno facendo per alzare la qualità dei loro prodotti è notevole. E i risultati ci sono. È interessante, per esempio, la riscoperta dei

CALAMARI RIPIENI DI LENTICCHIE Avete cucinato troppa lenticchia al pomodoro con pancetta? Insomma vi è avanzata da capodanno? Senza che rubo tempo per dirvi come la si deve cucinare, sappiate che è lo stesso procedimento della lenticchia con lo zampone, stessi ingredienti, ma senza di questo ovviamente. Insomma preparatela come se la doveste mangiare durante le feste natalizie. Pulite i calamari o totani, se vi piacciono di più, e tagliuzzate i loro tentacoli. Fate cuocere solo i tentacoli in padella alla cacciatora. Uniteci poi la lentic-

vitigni autoctoni, alcuni di loro lasciati a dormire nei supermercati per molto tempo. Mi piace il verdicchio di Jesi e Matelica, a proposito di uve autoctone delle Marche, o il grechetto e la malvasia, che nel Lazio stanno ritornando in auge grazie alla alta qualità di produzione, che finalmente anche nella mia Regione comincia ad alzarsi. Il discorso è lungo, sul vino non si scherza. Pur non essendo un fanatico di vini naturali, ma lo sono dei vini fatti bene, bisogna ammettere che i così detti vini naturali italiani hanno aiutato molte piccole aziende a farsi conoscere e hanno rinnovato il mercato e il gusto dei bevitori, recuperando anche vecchi procedimenti di vinificazione e facendo esperimenti nuovi. Ho le mie aziende preferite, e ogni tanto vado nelle loro cantine e porto via qualche cassa di vino. A Roma ora, le enoteche di qualità sono davvero molte, grazie anche a quello che dicevo prima sulla produzione dei vini naturali. Grazie Maurizio. Noi speriamo che presto ci "conosceremo meglio" davanti a un buon bicchiere di vino! Promessa per quanto riguarda le tue ricette. Ci sembrano adatte per un menu... diciamo natalizio o giù di lì... Mi sa che sul prossimo numero invernale troverai "Puntarelle e calamari alla Bianucci"! Ai nostri lettori invece consigliamo di seguire Maurizio Bianucci sui suoi canali social, su YouTube e Spotify. Troverete un attore poliedrico, ironico, simpatico e soprattutto bravo! Cliccate qui sotto e sarete indirizzati sui suoi canali!

facebook instagram YouTube Con il mitico... Morgan!

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spotify


TEMPO DI

GELATO di Candida De Amicis

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CORNETTO GELATO

Anche se somiglia molto al famoso cornetto, questo non è un gelato ma un semifreddo alla vaniglia (la cui ricetta è di Leonardo Di Carlo) servito nel cono. Rimane cremoso grazie alla meringa italiana ed ha un piacevole aroma di vaniglia per la presenza nella panna dei profumatissimi semini! Il semifreddo è inserito all'interno dei coni preventivamente impermeabilizzati con cioccolata fondente, così che non assorbano l'umidità perdendo la loro croccantezza. Come non completarli con la granella di nocciole distribuita su una piccola colata di cioccolata fondente? Si conservano nel congelatore, all'interno di una scatola chiusa; si possono consumare appena tolti dal congelatore perché la temperatura di servizio del semifreddo è di -18°C.

P E R 8 CO N

Per la Meringa italiana: 40 g Acqua 130 g Zucchero 70 g Albume 35 g Zucchero Per impermeabilizzare: 200 g Cioccolata fondente

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I

Per il semifreddo alla vaniglia: 300 g Panna semimontata Semi di vaniglia 175 g Meringa italiana

Per completare: Cioccolata fondente Granella di nocciole tostate Strisce di acetato


1. PER IMPERMEABILIZZARE: fondete la cioccolata tagliata a pezzetti nel microonde e riempite i coni, svuotarli e metterli capovolti su una griglia per eliminare il cioccolato in eccesso. Quando sono pronti rivestite la parte terminale con una striscia di acetato, servirà a contenere il semifreddo nella parte superiore del cono. 2. PER IL SEMIFREDDO: iniziate preparando la meringa italiana. Cuocete sul fuoco a 121°C l'acqua con la prima parte di zucchero, quando arriva a 115°C iniziate a montare gli albumi con il restante zucchero. Unite a filo lo zucchero cotto a 121°C e montate fino a raffreddamento. È opportuno utilizzarla subito per evitare che perda volume e struttura. Versate la panna in una ciotola, unire i semini della bacca di vaniglia e semimontate, allegerite con la meringa mescolando sempre delicatamente e dal basso verso l'alto. 3. COMPOSIZIONE: farcite i coni con il semifreddo, servendovi di una sac a poche (con bocchetta a stella 10), fino a riempire anche la parte delimitata dall'acetato. Man mano che sono pronti poggiateli su un supporto, io li ho messi all'interno di bicchierini. Completate con cioccolato fondente fuso e granella di nocciole e congelare immediatamente.

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CREMINI ALLA

VANIGLIA BARBON

CREMINI ALLA VANIGLIA Questo è un altro semifreddo su stecco, alla vaniglia ricoperto con glassa croccante di cioccolato fondente. Semplice e veloce da fare, richiede un po’di tempo la preparazione della copertura, bisogna fondere la cioccolata e preparare il burro chiarificato. Ovviamente si può usare il burro di cacao che, però, non sempre è di facile reperibilità. Ingredienti Per il semifreddo alla vaniglia 300 g Panna 175 g Meringa italiana (vedi ricetta precedente) 2 g Bacche di vaniglia bourbon Per la copertura croccante 250 g di copertura fondente al 55% 88 g di burro chiarificato SEMIFREDDO Tagliate per il lungo la bacca di vaniglia, raschiate i semini con la lama di un coltellino e versateli nella panna liquida. Semimontate la panna ben fredda ed alleggerite con la meringa italiana mescolando delicatamente dal basso verso l'alto. Versate negli stampi in silicone, inserite lo stecco e pareggiate bene la superficie con la spatola. Mettete subito nel congelatore. GLASSA CROCCANTE Tritate il cioccolato, mettetelo in una ciotola e fatelo fondere. Unite il burro chiarificato fuso e mescolate bene. GLASSATURA Quando i cremini sono ben freddi, sformateli e immergeteli nella glassa a 35/38°; fate cadere quella in eccesso, posizionateli sulla carta da forno e rimetteteli in congelatore. Una volta pronti, metteteli in una scatola e conservarli nel congelatore. COME FARE IL BURRO CHIARIFICATO IN CASA Il burro chiarificato è privo di acqua e caseina, quindi contiene il 100% di materia grassa, si trova in commercio ma è semplicissimo da fare. Per la sua preparazione si usa il bagnomaria. Il burro a pezzetti va messo quindi in un pentolino che andrà all'interno di una pentola più grande contenente acqua calda e ponendola sulla fiamma bassa. Pian piano il burro si scioglierà e sul fondo si depositerà l'acqua e la caseina. Se in superficie ci saranno delle particelle bianche andranno tolte con la schiumarola. Versare lentamente il burro in una ciotola facendo attenzione a non far cadere anche la caseina, meglio se si filtra attraverso una garza, ma ritengo che non sia indispensabile. Nella preparazione bisogna considerare un quantitativo di burro maggiore di quello che serve perché la materia grassa è l'82%, (88 g sono contenuti in 107,32 g di burro) quindi ne servirà almeno 120 g dato che un pochino rimarrà insieme alla caseina (si può comunque recuperare una volta freddo). Il burro chiarificato dura molto di più perché è privo di acqua ed è ottimo per friggere.

COME FONDERE LA CIOCCOLATA Anche la cioccolata si può fondere a bagnomaria, mettendo la ciotola all'interno di una pentola contenente acqua calda e ponendola sul fuoco, facendo attenzione a non far andare l'acqua nel cioccolato. Oppure si può usare il microonde, fermandolo ogni 30 secondi per mescolare il cioccolato tritato fino a quando si scioglie. La copertura si può arricchire con frutta secca tostata o cereali soffiati.

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PRODOTTI DEL TERRITORIO

i cocomeri del triangolo d'oro di Elena Castiglione

SABAUDIA, SAN FELICE CIRCEO E TERRACINA. È QUESTO IL TRIANGOLO D'ORO CHE CI REGALA LA MAGGIOR PARTE DEI COCOMERI DELL’AGRO PONTINO. LA ZONA DI COLTIVAZIONE SI È ESTESA A FONDI, LATINA, PONTINIA, SEZZE, PRIVERNO, APRILIA E CISTERNA DI LATINA. MOLTI ALTRI PRODOTTI ORTOFRUTTICOLI SONO DELLE ECCELLENZE IN QUESTA TERRA BACIATA DA FERTILI TERRENI, CLIMA MITE E CORRENTI COSTIERE PER OLTRE LA METÀ DELL'ANNO! Forma allungata, buccia striata ... dagli 8 ai 12 kg, non di più, come vuole il mercato (fino a pochissimi anni fa arrivavano a 20 kg!) e soprattutto croccanti e dolcissimi, grazie ai terreni ricchi di potassio che favoriscono la formazione degli zuccheri. E un'altra novità è che il cocomero dell'agro pontino possiamo trovarlo in commercio dalla primavera fino all'inizio dell'autunno. Un cambiamento delle tecniche di coltivazione ha fatto sì che possiamo goderci in tutta la sua bontà questo spettacolare frutto succoso, dolce e rinfrescante non solo a luglio-agosto, ma anche in quei mesi che ancora caldi o tiepidi fanno apprezzare la sua caratteristica di mangia e bevi. Una destagionalizzazione che permetterà di raggiungere mercati più vasti e aumentarne la commercializzazione. Soluzioni alternative tramite sperimentazioni fatte da chef rinomati, come gli abbinamenti con il pesce o con gli ortaggi, hanno dimostrato che il cocomero può essere gustato in tutte le stagioni dell'anno e utilizzato in tutte le portate del pasto. Il cocomero pontino è già stato riconosciuto PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) e non solo! Con decreto del Ministero delle politiche agricole, è riconosciuto ECCELLENZA NAZIONALE! Adesso siamo verso il RICONOSCIMENTO IGP, e speriamo arrivi presto, come merita!

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SORBETTI E SPUMONI

SORBETTO DI ANGURIA di Candida De Amicis Ingredienti: 500 g di succo di anguria 95 g di zucchero 25 g di glucosio (destrosio)* Tagliate l'anguria a fette, togliete la buccia e i semi e ricavate la polpa. Frullate la polpa, passatela in un colino e raccogliete il succo; unitelo agli altri ingredienti e mescolate fino a far sciogliere bene lo zucchero. Versate il composto così ottenuto negli stampi per il ghiaccio oppure in un contenitore avendo cura di mescolare ogni tanto. Quando tutto sarà ben congelato frullate con l'aiuto di un mixer al massimo della velocità e servite. Ovviamente se si possiede una gelatiera basterà mantecare il composto anzichè congelarlo *Viene largamente usato in gelateria per il suo potere anticongelante e per il basso potere dolcificante. Si acquista nei negozi specializzati in pasticceria oppure on line.

SPUMONE DI FRAGOLE di Elena Castiglione

Ingredienti: 300 g Fragole 300 g Zucchero 600 ml Panna Frullate le fragole insieme allo zucchero. Montate la panna. Aggiungete delicatamente la panna montata alle fragole frullate con lo zucchero. Suddividete in pirottini monoporzione (come quelli in alluminio i della Cuki). Surgelate su un vassoio e poi riuniteli in un sacchetto. Potete aumentare o diminuire le dosi come necessità, mantenendo sempre le proporzioni. In alternativa potete congelarlo in vaschette. Prima di servire toglietelo dal congelatore, aspettate pochi minuti e tagliatelo a fette.

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RECENSIONI

BUH E MERAVIGLIE IN PASTA

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Il laboratorio di Angela Fiorini e delle sue figlie di Sabrina Tocchio

eraviglie in Pasta, il laboratorio di Angela Fiorini e delle sue figlie si trova a Zagarolo, piccolo comune arroccato su una collina tufacea in piena campagna romana, a Sud Ovest della Capitale. Un borgo immerso in un'atmosfera senza tempo, dove poter ritrovare un ritmo di vita lento e rilassato, curiosando fra i tesori del paesino. In Piazza Santa Maria, per esempio, a pochi passi dal laboratorio, si trova una suggestiva vasca in granito di epoca romana, proveniente da una villa imperiale. Da non perdere, poi, il Museo del Giocattolo, Palazzo Rospigliosi e i tanti comuni limitrofi, a cominciare dalla bella Palestrina. Il paese del Tordo Matto, un involtino, piatto tipico composto da una fettina di carne di cavallo con all'interno grasso di prosciutto, coriandolo, aglio, prezzemolo, sale e spezie locali cotto alla brace. Proprio a giugno tornerà la sagra, poi a luglio la Festa del Pane e a ottobre la Sagra dell'Uva. A Zagarolo meta di sapori sinceri e genuini c'è il laboratorio di pasta di Angela. La nostra cara amica non si è limitata a fare pasta fresca, che già avrebbe il suo da fare, Angela ha avuto l'intuizione di mettere la cucina tradizionale laziale nella sua pasta ripiena. Così troviamo il raviolo farcito di Tordo Matto, salsiccia e uva, per non parlare del ripieno alla carbonara, fave e pecorino, cacio e pepe, amatriciana, gricia, baccalà e zibibbo, burrata e basilico, ricotta pistacchio e menta, radicchio e gorgonzola e poi

Angela Fiorini

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RECENSIONI pasta fresca classica e speciale come la pasta proteica, di canapa, di semi di lino, di farro...non c'è limite alla fantasia e ogni idea è un successo! Meraviglie in Pasta è un regno dove quattro principesse regnano con umiltà e tanta passione: Angela, la mamma e le sue tre figlie Valentina, Eleonora e Beatrice Eugani, quattro caterpillar che hanno creato da sole un nome che è una garanzia. Alle innumerevoli richieste di aprire un negozio anche a Roma da parte della clientela affezionata, Angela ha risposto con Buh Prodotti di bufala da paura, un sodalizio con il re Mida della ristorazione, l'imprenditore Marco Pucciotti, ed ecco un matrimonio perfetto: formaggi e pasta fresca Meraviglie in Pasta di Angela Fiorini. I formaggi di bufala provengono dal Caseificio Barlotti, Paestum in Campania. Buh Prodotti di bufala da paura, ha aperto a settembre del 2021 puntando da subito ai prodotti campani. Nata come bottega di quartiere si è subito distinta per la qualità e la selezione dei prodotti che offre, da aprile lo ha affiancato Angela Fiorini con le sue proposte sfiziose in pasta di Meraviglie in Pasta. Potete trovare Angela, con le sue bontà in pasta fresca, a Roma qui da Buh, prodotti di bufala da paura (qui sotto tutte le indicazioni).

Angela Fiorini con le figlie

INFO E ORARI Dal lunedì al sabato 9.30-13.00/16.00-20.00 Domenica chiusi

MERAVIGLIE IN PASTA

Viale dei Consoli 101, 103 – ROMA Tel. 3807511990 Corso Vittorio Emanuele, 118 00039 Zagarolo RM Tel. 06 958 7448

BUH! PRODOTTI DI BUFALA DA PAURA:

340 342 6501

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RECENSIONI ROMA

ENOTECA

LA TORRE

Sul tetto della Rinascente di Piazza Fiume

di Sabrina Tocchio

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ra il 1961 e la Rinascente di Piazza Fiume in Roma apriva i battenti in questo suggestivo angolo capitolino, incastonato tra i quartieri Pinciano e Salario, nel quadrante di Porta Pia. Sessant'anni più tardi, dopo un lavoro di ristrutturazione che ha restituito l’edificio all’antica bellezza, uno dei luoghi più conosciuti di Roma è pronto ad accogliere la sua clientela con un look nuovo ma che nulla tradisce del progetto iniziale, opera degli architetti e designer Franco Albini e Franca Helg. I lavori non sono conclusi del tutto, ci vorranno ancora alcuni mesi e a breve i clienti potranno aggirarsi negli ampi spazi ammirando le grandi firme e fermarsi, per una pausa dallo shopping, al sesto piano presso L'Enoteca La Torre, dove poter ammirare la frenetica Piazza Fiume, sorseggiando un aperitivo. Un nuovo format gastronomico in grado di variare nel corso della giornata. Dalla prima colazione ai cocktail serali, un percorso all’insegna del gusto e della cura dei particolari. Bar, bistrot, ristorante e mixology tutto proiettato alla ricerca della qualità e di uno stile unico e riconoscibile. Sarà infatti Enoteca La Torre Group a curare la parte ristorativa con un progetto in grado di cambiare “abito” nel corso delle ore. Al team, che conta tra le sue “creature” Enoteca La Torre Villa Laetitia, Enoteca La Torre Prati, Enoteca La Torre La Dogana, il compito di coprire l’intera giornata e le necessità di una clientela quanto mai variegata.

Dalle 09.30 alle 19.00 spazio alla carta bistrot con prima colazione dolce e salata, proseguendo con la possibilità di spuntini veloci ma curati nei minimi dettagli e con una mixology list dove troveranno spazio proposte nazionali e internazionali, in aggiunta a una serie di signature ideati dai bartender del gruppo. Dovete assolutamente cenare in questa atmosfera soft e tranquilla, dove poter gustare il menu dello chef Antonio Autiero,

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da tempo al fianco dello chef stellato Domenico Stile, da anni al timone di Enoteca La Torre Villa Laetitia. Con una proposta studiata per accontentare una clientela trasversale, con il plus costituito da piatti fuori menu che seguiranno l’andamento delle stagioni e con la sorpresa dei “carrelli gastronomici” che gireranno tra i tavoli, uno dedicato alle tartare, di salmone e di manzo, con salse, spezie e abbinamenti speciali.


RECENSIONI L’altro, il “Circus”, vagamente felliniano nel look e con la possibilità per i clienti di scegliere tra una selezione di dolci assolutamente imperdibili, i dolci del carrello sono superlativi! Ruolo importante, come in tutti i locali e gli eventi firmati Enoteca La Torre, sarà quello rivestito dalla carta dei vini, curata come sempre dal maitre sommelier Rudy Travagli che nel giro di poco più di un anno è riuscito ad arricchire la bacheca del gruppo con riconoscimenti prestigiosi come Miglior Servizio per la Guida del Gambero Rosso 2021 e Migliore Cantina per la Guida dell’Espresso 2022, entrambi andati a Villa Laetitia. A completare il quadro, una deliziosa terrazza che si affaccia su uno dei più suggestivi scorci di questo bellissimo angolo di Roma. Il luogo ideale, soprattutto nella bella stagione, per sorseggiare un cocktail o un calice di bollicine, accompagnati dagli sfiziosi finger proposti dalla cucina. “Collaborare con un brand come La Rinascente costituisce per noi un grande stimolo – spiegano Silvia Sperduti e Michele Pepponi, coppia che guida con mano salda Enoteca La Torre Group – Porteremo il nostro stile che caratterizza tutti i nostri progetti e i nostri locali. Ma, come sempre, abbiamo cercato di creare un mood nuovo, di collocarci in un contesto sicuramente sui generis. La nostra sfida, con Enoteca La Torre Rinascente, è quella di abbinare nel modo migliore a uno shopping top level una proposta gastronomica ricca di qualità e di gustose proposte adatte a ogni tipo di pubblico”. All'Enoteca La Torre si possono acquistare anche i migliori prodotti alimentari italiani, marchi di nicchia che impreziosiscono già la fornitissima zona riservata ai vini, le bollicine e gli champagne.

TEL. 06 8400 9725

rinascente@enotecalatorre.group | enotecalatorre.group SOCIAL @enotecalatorre_rinascente Ufficio Stampa MG Logos SAS di Stefano Carboni & C.

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RECENSIONI

LANUVIO (RM)

CANTINAMENA

Vini pregiati che arricchiscono il gusto e l'anima

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ra il 2004 quando Valeriano e Maria Rosa Mingotti, fondatori di CantinAmena, acquistano a Lanuvio, nella campagna romana, “Vigna Amena”, un vigneto proprietà di un caro amico e meta delle loro le vacanze; diciotto ettari su terreno di origine vulcanica, alle pendici dei Castelli Romani. Una posizione strategica per sfruttare le miti correnti marine del vicino Mar Tirreno, e le più fredde dei Castelli Romani e dei vicini monti Simbruini. L’idea era di continuare a produrre uva biologica e venderla. La presenza nell’area dei crateri vulcanici speånti ha reso la zona particolarmente ricca e fertile. Il terreno è ricco di minerali, decisamente adatto all’agricoltura, e fornisce alla vite il nutrimento ideale per la produzione di vino. Inizia così, la ristrutturazione dei vigneti passando da struttura a tendone a quella a filare. Qualche anno dopo i figli, Silvia, Enrico e Osvaldo decidono di trasformare l’intuizione imprenditoriale dei genitori in Società Agricola Mingotti. Nel 2011 viene prodotto e commercializzato il primo vino, il Patientia, un vino dalla personalità robusta al quale, con la vendemmia del 2013, si aggiungono l’Arcana (Cesanese in purezza) ed il bianco Divitia (Malvasia del Lazio), nel 2017 una doc Roma, nel 2016 il Bibe bianco e nel 2019 il Bibe rosso. Patientia, Arcana, una doc Roma e il Bibe rosso sono i rossi. Per i rosati la proposta è il fresco e piacevole Rosam, in onore della mamma Maria Rosa. Il Divitia ed il Bibe bianco completano la gamma dei vini proposti. I vitigni coltivati, senza uso di pesticidi di sintesi e diserbanti chimici, sono di origini diverse. Si va da quelli che sono espressioni tipiche del territorio e delle tradizioni locali, come Cesanese e Malvasia del La-

di Candida De Amicis

zio, a quelli di respiro internazionale come Cabernet Sauvignon e Merlot. Dopo più di dieci anni di prove e approfondimenti in campo CantinAmena è ormai proiettata verso vini sempre più territoriali. Vini che sono il frutto di un'attenta zonazione delle Vigne, nelle quali vengono scelte le parcelle più adatte alle singole uve, sia da varietà autoctone, come Malvasia Puntinata e Cesanese, sia internazionali come il Syrah. Qui il biologico viene promosso da sempre ed è certificato fin dal 2004. Le lavorazioni in vigna e in cantina vengono fatte nel rispetto dei tempi della natura, e con la massima attenzione e cura nel salvaguardare quanto fatto in vigna fin dentro la bottiglia.

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Le uve, coltivate con metodo biologico certificato, sono raccolte manualmente alle prime ore dell’alba, secondo le varie epoche di maturazione dei diversi vitigni, con una attenta selezione in vigna dei grappoli. Sono trasportate immediatamente nella cantina dove vengono diraspate e avviate alla produzione dei vari vini. Il processo di lavorazione in cantina avviene seguendo le moderne tecniche enologiche, ma nello scrupoloso rispetto della tradizione. Le uve sono vinificate in vasche di acciaio, separando ogni singola varietà in base alle epoche di maturazione e alla specifiche esigenze delle uve. Successivamente il vino inizia il percorso di affinamento, alcuni dei vini rossi in bar-


RECENSIONI rique di rovere francese e gli altri ancora in acciaio o in bottiglia. Conduzione in biologico quindi, ma soprattutto agricoltura di precisione basata su tre livelli di zonazione. Zonazione agronomica: per utilizzare la pratica agronomica più adatta per ogni singola area Zonazione fitoiatrica: trattamenti ammessi nel biologico ma mirati nei singoli punti del vigneto. Zonazione delle uve e quindi dei vini: selezione delle uve e vinificazioni separate per ottenere il meglio dal rapporto di ogni parcella e il vitigno ad essa ha più adatto. Da circa 2 anni ha preso invece vita il nuovo progetto che mira all'inerbimento permanente, gestito tramite mulching (pacciamatura) creando, grazie allo sfalcio, una cospicua quantità di sostanza organica che va ad arricchire il terreno. Un lento e appassionante lavoro quello di CantinAmena, nel rispetto dei tempi della natura, teso a raggiungere l'autosufficienza produttiva in vigna e la valorizzazione di un territorio vinicolo, per una produzione di qualità e totalmente biologica. Filosofia e valori che si ritrovano nel logo di un quadrifoglio con foglie a cuore che rappresenta fortuna e passione, e una clessidra che lega il vino alla pazienza necessaria al suo migliore affinamento: Publilio Siro scriveva: “patientia animi occultas divitias habet” parole di cui CantinAmena ha fatto il proprio motto.

INDIRIZZI E RECAPITI SOCIETÁ AGRICOLA MINGOTTI SRL Via Cisternense, 17 - Fraz. Campoleone 00075 Lanuvio - RM Tel. 06.45557063 INFO@CANTINAMENA.COM PUNTO VENDITA Lunedi-Venerdi: 9:00-13:00 Sabato: 9:00 – 13:00

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Riscopriamo la pizzaiola

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Il polpo... con il pecorino!

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I nasoni de Roma

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Ricicliamo il pane: Pandorato e cuscinetti!

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CantinAmena

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Enoteca La Torre. Sul tetto della Rinascente di Piazza Fiume

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Buh e meraviglie in pasta

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Cremini alla vaniglia barbon

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I cocomeri del Triangolo d'oro

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Cornetto gelato

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Civitavecchia... il porto di Roma voluto da Traiano

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