Ambiente
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tiamo soffocando i rumori del mare. Se gli oceani con i loro suoni ci hanno da sempre cullato e affascinato, gli uomini con i loro rumori stanno mutando gli equilibri degli ecosistemi marini. Navi, piattaforme offshore, imbarcazioni cargo, operazioni di pesca, motori di vario tipo, mezzi dedicati agli sport, sonar delle grandi navi militari, sonde, segnali acustici: le attività antropiche, soprattutto nell’ultimo secolo, sono aumentate a tal punto da interferire sempre di più con l’armonia dei suoni del mare, mettendo a rischio sia le comunicazioni sia il comportamento degli organismi marini. Prendiamo ad esempio il pesce pagliaccio, il piccolo pesciolino arancione protagonista anche del cartone animato “Alla ricerca di Nemo”: a causa dei nostri rumori, rischia di non ritrovare davvero più la via di casa. Dopo lo stato larvale e l’inizio della crescita questo animale si orienta, nel ritrovare la via maestra, proprio grazie ai suoni, il fruscio e i rumori della barriera corallina. Oggi però, a causa dell’inquinamento acustico generato dall’uomo, quei suoni sono sempre più soffocati, tanto che il pesce pagliaccio rischia di perdersi. È un piccolo esempio concreto di cosa potrebbe accadere a diverse specie, sempre tenendo conto che diversi studi raccontano già come motori, sonar delle navi e rumori per esempio delle piattaforme petrolifere offshore, mutano i comportamenti e le migrazioni dei grandi cetacei.
68 Il Giornale dei Biologi | Febbraio 2021
Di come l’azione e i rumori dell’uomo stanno mutando sempre di più l’equilibrio degli ecosistemi oceanici si è occupato un recente studio pubblicato su Science, “The soundscape of the Anthropocene ocean”, che ha come primo autore Carlos Duarte, ecologo marino della King Abdullah University of Science and Technology in Arabia e che è stato realizzato grazie al supporto di diversi altri colleghi. In totale oltre 25 scienziati internazionali, da biologi marini a esperti di acustica dell’oceano, che hanno analizzato circa 10mila articoli scientifici dove si trova traccia, con ricerche su varie specie e in diverse zone del mondo, di come l’inquinamento acustico sia sempre più pressante e negativo per gli organismi marini. «Come un ciclo interrotto: la colonna sonora è sempre più complessa da ascoltare e in molti casi sta scomparendo» ha spiegato Duarte. Nella analisi pubblicata su Science gli esperti sottolineano come a differenza di segnali chimici e visivi, che all’interno degli oceani si dissolvono dopo brevi distanze, il suono può invece viaggiare per diverse miglia e aiutare gli animali a muoversi nelle differenti condizioni e profondità dell’oceano. Diverse specie si sono adattate nel tempo sia a rilevare le onde sonore e muoversi attraverso i suoni, come per esempio vari cetacei, tra le quali le balene i cui canti sono fondamentali, ma si sono anche adattate in parte a convivere con alcuni rumori creati dall’uomo. Il problema, sottolineano gli scienziati, è questi rumori negli