Scienze
Nuove speranze per la diagnosi precoce della PAH Individuato un nuovo potenziale marcatore diagnostico e prognostico dell’ipertensione arteriosa polmonare
di Giada Fedri
L’
ipertensione arteriosa polmonare (PAH) è una malattia rara e progressiva che annovera tra 15 e 50 casi per milione di individui adulti [1]. Sebbene la fisiopatologia non sia ben compresa, la predisposizione genetica e i fattori ambientali sono i principali responsabili dell’aumento della resistenza vascolare polmonare, aspetto chiave dell’eziogenesi della PAH. Oltre all’ereditabilità e l’esposizione a specifici agenti esterni, le cause di PAH sono numerose e disparate. Può avere origine idiopatica, iatrogena o essere correlata ad altre patologie come malattie del tessuto connettivo e polmonare, infezione da HIV, ipertensione, cardiopatie congenite, anemia, esposizione cronica ad alta quota, anomalie dello sviluppo, patologie ematologiche e sistemiche [2]. Recenti ricerche hanno collegato anche il metabolismo cellulare e sistemico alterato alla promozione della malattia vascolare polmonare e l’insufficienza cardiaca destra, tipiche della PAH [3]–[5]. Alla lista si aggiungono il diabete mellito e la resistenza all’insulina, in quanto presenti in soggetti non obesi ma affetti da PAH, suggerendo che possano contribuire all’insorgenza della patologia [6]–[9]. L’ipertensione arteriosa polmonare è una malattia fatale, caratterizzata dapprima da un aumento del rimodellamento vascolare nei polmoni e da una pressione arteriosa polmonare elevata [10], [11]. L’aumento della pressione causa lo sviluppo progressivo della resistenza vascolare polmonare che, se non attenuata in tempo, provoca un sovraccarico del ventricolo destro che progredisce in disfunzione e poi insufficienza cardiaca destra [12], [13], causa di morte prematura [14]. Per questi motivi, prima della disponibilità di terapie più specifiche intorno alla metà degli anni ‘80, l’aspettativa di vita dal momento della diagnosi di PAH era inferiore a tre anni [2], [15]. Nonostante nell’ultimo secolo le
96 Il Giornale dei Biologi | Febbraio 2021
proposte terapeutiche siano notevolmente aumentate, il tasso di mortalità a 5 anni rimane superiore al 40% [1], [16]. La PAH è una malattia fortemente eterogenea e caratterizzata da molteplici meccanismi patologici; gli attuali trattamenti si concentrano principalmente sulla vasocostrizione polmonare dinamica che, per quanto possano migliorare la capacità funzionale polmonare e l’emodinamica dei pazienti, non coprono gli altri effetti correlati, mantenendo quindi ancora alta la probabilità di decesso. La PAH è una malattia insidiosa che richiede una diagnosi precoce e tempestiva, resa difficile dalla presenza di molteplici sintomi aspecifici come mancanza di respiro, affaticamento, debolezza, dolore toracico, sincope, gonfiore delle gambe e distensione addominale, comuni a molteplici patologie. Quando tali sintomi sono presenti a riposo, significa che la malattia è ormai in uno stadio molto avanzato [1]. Una volta che dall’anamnesi emerge il sospetto di PAH, è fondamentale procedere con i test diagnostici specifici per confermare la presenza di pressione cardiaca elevata nel lato destro ed escludere malattie polmonari valvolari, miocardiche primarie e croniche, tromboemboliche e le altre cause di ipertensione polmonare secondaria. In generale la malattia del cuore sinistro (LHD) è una delle cause più comuni di PH. Può essere causato da insufficienza cardiaca cronica attribuibile a disfunzione del ventricolo sinistro di origine sistolica, diastolica o da altre malattie valvolari prevalentemente a carico della valvola mitrale [17]. Fino al 60% dei pazienti con grave disfunzione sistolica e fino al 70% di quelli con disfunzione diastolica del ventricolo sinistro rischiano di sviluppare PH, con prognosi particolarmente sfavorevole [18], [19]. Attualmente lo standard di riferimento per la diagnosi della PAH è il cateterismo cardiaco destro (RHC), che non solo conferma la presenza della patologia, ma