Il Pesce 4-2022

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IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO N. 4/2022 PERIODICO BIMESTRALE DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67

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Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl N. 4 Direzione –AmministrazioneRedazione–Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.ilpesce-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 741 del 30-12-1983 Tariffe abbonamenti Annuale (6 numeri): Italia € 40,00 – Estero € 50,00 Sconto librerie: 10% Modalità: versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2929 – Iscritta nel ROC –Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 11256 del 14/6/2005 Stampa

IL PESCE EUROCARNI

IL PESCE, 4/22 5 AnnoAgostoXXXIX2022

Amministrazione Andrea

Annuario del Pesce

edelANNUARIOPESCEdellaPESCA

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Chiara Zaccaroni – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi Abbonamenti Fioretta Fiorentin Tomassone Comitato di redazione Franco Ferrari – Manrico Murzi Consulenti scientifici Dr. Gaetano Arcarese – Prof. Giorgio Giorgetti –Dr. Lucia Liddo – Dr. Francesco Paesanti –Prof. Remigio Rossi – Dr. Marco Saroglia –Dr. Aldo Tasselli Collaboratori scientifici Dr. Alessandro De Maddalena – Dr. Maurizio Dell’Agnello – Prof. Fabrizio Ferrari – Dr. Claudio Ghittino – Dr. Gianluigi Negroni – Dr. Paola Pierelli – Prof. Guido Razzoli – Dr. Antonio Trincanato Collaboratori scientifici esteri Prof. R. Billard (Francia) – Dr. S. Sarig (Israele) 2022/2023N.33 e della Pesca La banca dati internazionale del mercato ittico sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore acquacoltura, lavorazione, commercio e distribuzione. Edizione 2022/2023 Copia cartacea: € 60,00 1984 Edizioni Pubblicità compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019. – SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE CARNE – DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD «Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita» IL PESCEDAL1984

Dal

Italia

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Blueat: Alien is good, Alien is food 32 Il pesce in rete Social fish Elena Benedetti 34 Il pesce ha la sua verità. 10 + 1 storie sull’acquacoltura greca 36 Storie di acquacoltura La trota, un alimento che merita un maggiore apprezzamento Anna Mossini 38 sostenibile A pagina 54.

In questo numero: Agenda Marina di Carrara (MS) - Capraia (LI) – Fano (PU) – Singapore – 14 Sandrigo (VI) Immagini Lanzarote, terra di arte, vento, vino e pesca 18

Attualità Stati generali della pesca nel Veneto Gian Omar Bison 22 Guerra all’ultimo sgombro nel Mare del Nord Roberto Villa 28

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Lettere alla Redazione Odori molesti provenienti da una pescheria Marco Cappelli 20

AnnoAgostoXXXIX2022 N. 4 IL PESCE

8 IL PESCE, 4/22 Acquacoltura Una svolta decisiva nello sviluppo dell’acquacoltura mondiale Marco Saroglia 44 Mitilicoltura La rivincita di Taranto: la sua cozza è ora presidio Slow Food Chiara Papotti 50 Aziende Approvvigionamento sostenibile 54 Fidagel lancia la nuova campagna advertising 56 Di ecosistemi sorprendenti ed economia circolare Chiara R. Zaccaroni 58 Artigianale, innovativa, italiana: AERRE è pronta ad affrontare Gaia Borghi 62 coesa la sfida “futuro” La Stagionello® Academy Factory Network vince il PMI Awards 2022 66 col progetto “Produco, Ottimizzo, Risparmio” IPV PACK Srl: un futuro in crescita e un nuovo impianto 70 produttivo europeo Info alle imprese Contributi a fondo perduto 72 Formazione Percorsi di dottorato di ricerca: opportunità di innovazione Federico Conti 74 e crescita professionale per studenti ed aziende et al. Consumi Italiani: appassionati di salmone, soprattutto se norvegese! 78 Pesca Lanzarote, storie di pesca e pescatori canari Massimiliano Rella 82 IL PESCE DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO N. 4/2022 PERIODICO BIMESTRALE DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67 In copertina: aragosta fresca in un mercato italiano. A pagina 34.

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10 IL PESCE, 4/22 Indagini Alimenti surgelati, nuovo “record” consumi 86 L’avanzata del pet food Guido Guidi 92 Etichettatura Etichettatura ambientale dei molluschi bivalvi Luciano Boffo et al. 98 Retail news I LOVE POKE, prima catena dedicata al poke in Italia 108 certificata MSC e ASC Speciale Salento Lungo le coste del Salento, il viaggio continua Massimiliano Rella 112 Offishina, norcineria ittica salentina con un’identità unica Massimiliano Rella 114 La cucina del pesce dimenticato riparte dalle trattorie più autentiche Massimiliano Rella 116 La nuova vita di Tricase Porto Massimiliano Rella 120 Il mare in museo Massimiliano Rella 122 Il pesce in tavola I racconti della mormora Giorgia Fieni 124 Il Baccalà che non ti aspetti 126 A pagina 38. A pagina 32. www.ilpesce-online.com A pagina 50.

12 IL PESCE, 4/22 Prodotti tipici Lumache isolane Riccardo Lagorio 128 Conserve La saraghina saléda di Romagna Roberto Villa 130 Missoltino del lago di Como, una rarità per tutte le stagioni Chiara Papotti 132 Sapore di mare Trattoria da Emilia, tutto il fascino e la magia di Sorrento Riccardo Lagorio 136 La pagina scientifica L’acquaponica: tra opportunità e criticità M. V. Tignani et al. 138 Convegni Le analisi chimiche degli alimenti: metodi rapidi per individuare… 150 Packaging HAPPY: Ecodesign, concretezza e innovazione 152 Tecnologie Camere termiche HIKVISION: dall’itticoltura all’antipirateria… 154 Fiere SIAL 2022, un’edizione all’insegna delle novità 156 A pagina 116. www.ilpesce-online.com A pagina 56. A pagina 58.

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14 IL PESCE, 4/22 AGENDA

Marina di Carrara (MS) – Capraia (LI) Festeggia dieci anni l’Accademia dell’Acciuga, associazione che promuove l’utilizzo del pesce azzurro. I festeggiamenti sono tutti lasciati ad una veleggiata enogastronomica non competitiva, “AggrapparMivorrei sulla rotta dell’Amicizia”, organizzata dall’Accademia in collaborazione con il Club Nautico di Marina di Carrara, sezione di Viareggio, e con le delegazioni della Lega Navale Italiana di Viareggio e di Capraia. La veleggiata partirà il 1o settembre da Marina di Carrara per concludersi il 3 settembre con l’arrivo a Capraia. Scopo della veleggiata, definita “culturalgaudente” da TOMMASO PONZANELLI, presidente dell’Accademia dell’Acciuga, sarà quello di condividere la passione per il mare e la vela con la cultura enogastronomica e il buon vivere in completa armonia e nel più assoluto rispetto della natura. Il comune di Capraia ha accolto con piacere l’iniziativa che valorizza “la sostenibilità” nel suo più ampio significato. D’altra parte la tradizione enogastronomica italiana è immersa nell’acqua e racconta la nostra identità, il pesce protagonista è spesso quello chiamato “povero”, pur essendo ricco di sapori e di principi nutritivi quali Omega-3 e Omega-6. Alle imbarcazioni partecipanti verrà fornita una cambusa con prodotti alimentari, vini, spumanti, distillati: durante la navigazione via radio, a tempi stabiliti, si faranno degustazioni guidate delle eccellenze imbarcate e all’arrivo a Capraia sarà possibile approfondire la conoscenza dei prodotti agroalimentari dell’isola dell’Arcipelago toscano. La filosofia dell’evento è condivisa da Vetrina Toscana (vetrina.toscana.it), il progetto sul turismo enogastronomico di Regione e Unioncamere Toscana che fa della sostenibilità uno dei suoi pilastri e che porta avanti da oltre 20 anni campagne significative sulla promozione del cosiddetto pesce dimenticato. Partecipa all’iniziativa anche SARA PANSERI, ricercatrice e docente dell’Università di Milano, Dipartimento DIVAS, laboratorio di ispezione degli alimenti di origine animale: insieme all’azienda Delicius, il DIVAS porta avanti un progetto, chiamato “Be blue”, inerente alla salute del mare proprio legato al tema del pesce azzurro in ottica di sicurezza alimentare per promuovere il consumo del pescato locale e stagionale (fonte: EFA News – European Food Agency; in foto, acciughe Delicius; photo © Stefania www.facebook.com/groups/250437481745598/Giorgi).

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Singapore La 10a edizione del Seafood Expo Asia questo settembre cambierà sede e si svolgerà a Singapore. Nel corso della fiera, che chiamerà a raccolta gli operatori mondiali del seafood dal 14 al 16 settembre presso il Suntec Singapore Convention & Exhibition Centre Speaking, avrà luogo anche un programma convegnistico che toccherà temi attuali sul settore pesca, acquacoltura e seafood (in foto, scatto in un mercato del pesce a seafoodexpo.comSingapore).

Fano (PU) Vent’anni di un grande festival della cucina italiana, dei sapori genuini e delle eccellenze enogastronomiche esaltati dalla passione e dall’abile esperienza ai fornelli di chef stellati sotto l’insegna di BrodettoFest, che nel 2022 celebra un compleanno storico. A decretarne il successo la sapienza dei pescatori e i grandi ospiti del mondo del food, che hanno creato un mix vincente tra tradizione e innovazione del piatto simbolo dell’Adriatico, rendendo Brodetto Fest, evento di CONFESERCENTI in collaborazione con il Comune di Fano, Regione Marche e MIPAAF, uno degli appuntamenti gastronomici più noti del panorama italiano e internazionale. Per la XX edizione, in programma il 9, 10 e 11 settembre, tre giornate per rendere omaggio ad alcuni protagonisti che hanno contribuito a fare del format un punto di riferimento del nostro Paese. Vent’anni da festeggiare con spettacoli, degustazioni, cooking show, ospiti internazionali, grandi nomi dello spettacolo, chef che hanno fatto la storia della cucina italiana, laboratori per i bambini dedicati alla conoscenza del cibo di qualità e alla scoperta del mare e tante bellissime novità. www.brodettofest.com

Sandrigo (VI)

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Le ultime due settimane di settembre, dal 15 al 26, le strade di Sandrigo si vestiranno dei colori della bandiera norvegese per ospitare la 35a edizione della Festa del Bacalà alla Vicentina, che rappresenta un momento di incontro tra la cittadina di Sandrigo e la comunità di Røst, piccola isola dell’arcipelago norvegese delle Lofoten dove si pesca e viene essiccato il merluzzo utilizzato per preparare il piatto. Negli anni questa festa è diventata un punto di riferimento della tradizione gastronomica vicentina e ha contribuito a far conoscere e apprezzare a moltissime persone la pietanza che ormai in tutto il mondo rappresenta questo territorio. La volontà di proporre solo il meglio ai visitatori ha portato la Pro Sandrigo a stringere un accordo con Torrfisk Fra Lofoten, associazione di 23 produttori con cui condivide la passione per la ricerca della qualità: dal 2022 lo stoccafisso utilizzato sarà unicamente l’IGP del Consorzio, partner della festa. Anche quest’anno è previsto un ricco programma: martedì 13 settembre il Gran Galà del Bacalà, esclusiva cena solo su prenotazione, anticiperà l’apertura degli stand che saranno attivi dal 15 al 18 e dal 22 al 26 nelle piazze del paese dove, oltre al tradizionale piatto, si potranno gustare molte altre ricette tipiche e innovative a base di bacalà: i bigoli, gli gnocchi di zucca, i ravioli, la pizza gourmet, il bacalà in tempura, il risotto, il sushi con il bacalà e tante altre proposte. Domenica 18 settembre tornerà Bacco & Bacalà, l’appuntamento organizzato in collaborazione con AIS Veneto a Villa Mascotto di Sandrigo dove si potranno degustare oltre 120 etichette di vino e birre. Domenica 25 alle 10.30, invece, la Confraternita del Bacalà celebrerà in Piazza Garibaldi l’investitura dei nuovi confratelli, che sarà anticipata dal Corteo del Doge con sbandieratori e figuranti. Nella stessa piazza alle 19.30 verrà portato in scena da una compagnia norvegese un abstract dell’opera Querini, la più grandiosa opera lirica dedicata alla storia di Pietro Querini e alla scoperta dello stoccafisso. Durante la manifestazione mercatini solidali, dei sapori e delle tradizioni, workshop, mostre e concerti completeranno la proposta per il pubblico. www.festadelbaccala.com

Non bisogna far violenza alla Natura ma persuaderla. Epicuro Filosofo greco | Samo, 341 a.C. - Atene, 271 a.C. www.trote.it

Isola vulcanica e terra di arte, vento e vino, Lanzarote, tra le più incantevoli dell’arcipelago delle Canarie, è anche e soprattutto un luogo di pesca. A pagina 82 il racconto e le immagini meravigliose di Massimiliano Rella.

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Odori molesti provenienti da una pescheria Una pescheria lavora, a mio avviso, senza rispettare le basi dell’igiene e della sicurezza. Vengono esposti pesci e, soprattutto, molluschi in bacinelle piene d’acqua, all’esterno dell’esercizio, e l’acqua torbida e stagnante viene poi gettata in strada o sulGlimarciapiede.odorichederivano dall’acqua sporca e dai rifiuti provocano fastidio e malessere alle persone residenti nelle immediate vicinanze. Che cosa è possibile fare? E-mail firmata La risposta al quesito Le acque reflue della pescheria devono, innanzitutto, non ristagnare nei locali e sulle attrezzature. Occorre utilizzare banchi espositori con fondo inclinato, con una pendenza adeguata e appositi scarichi per consentire l’allontanamento dei liquidi. Lo stesso principio vale per i pavimenti, sui quali le acque percolanti dai prodotti della pesca, quelle derivanti dallo scioglimento dal ghiaccio a contatto con gli stessi e quelle di lavaggio devono essere allontanate rapidamente senza ristagni. Nella situazione ottimale sono presenti adeguate griglie, di materiale anticorrosione (acciaio inox), con scarico dotato di sifoni atti ad impedire il ritorno di odori sgradevoli. Le griglie e le canalizzazioni sottostanti devono essere lavate e disinfettate. In diversi capitoli dell’Allegato 2 al Regolamento (CE) n. 852/2004 sono riportate indicazioni igieniche che supportano quanto sopra L’esposizioneaffermato.diprodotti della pesca e della molluschicoltura all’esterno della pescheria (marciapiede) non dovrebbe prescindere dal rilascio di specifico permesso da parte dell’autorità comunale, anche per occupazione di suolo pubblico.Leacque reflue percolanti dai prodotti e derivanti dalle operazioni di lavaggio dovrebbero essere smaltite in maniera igienica secondo i regolamenti comunali e le specifiche normative. Pesce, frutti di mare e molluschi non possono essere esposti senza adeguata protezione dalle contaminazioni esterne (che potrebbe essere causata da animali o dagli stessi acquirenti, o da cause ambientali) e da temperature elevate. Per quanto riguarda i molluschi, non è ammessa l’eliminazione dell’imballaggio destinato alla vendita. È inoltre vietata la loro reimmersione in acqua o l’aspersione con acqua nelle fasi successive all’eventuale depurazione e al confezionamento in un centro di spedizione (photo © Daviles Fotolia).

20 IL PESCE, 4/22 LETTERE ALLA REDAZIONE

• la Polizia Locale del Comune per gli aspetti di carattere amministrativo, suolo pubblico, ecc… Dott. Marco Cappelli Tecnico dellanell’AmbientePrevenzione e nei Luoghi di Lavoro ASL 5 La Spezia

Comunque, i prodotti non possono essere esposti senza adeguata protezione dalle contaminazioni esterne (che potrebbe essere causata da animali o dagli stessi acquirenti, o da cause ambientali) e da temperaturePerelevate.quanto riguarda i molluschi, non è ammessa l’eliminazione dell’imballaggio destinato alla vendita (“I colli per la vendita al minuto di molluschi bivalvi vivi devono essere e restare chiusi da quando lasciano il centro di spedizione fino alla presentazione per la vendita al consumatore finale”); è vietata la loro reimmersione in acqua o l’aspersione con acqua nelle fasi successive all’eventuale depurazione e al confezionamento in un centro di spedizione.Deve,inoltre, esserne garantita la protezione da temperature in grado di pregiudicarne la vitalità e la sicurezza alimentare. Quanto sopra può essere verificato nell’Allegato II, sezione VII, capitolo VI e capitolo VIII del Regolamento 853/2004, espressamente applicabile anche alla vendita al dettaglio ai sensi del paragrafo 3 della Sezione VII dello stesso Regolamento.Perquanto riguarda i rifiuti, questi devono essere rimossi al più presto dai locali evitando accumuli e depositati, in attesa dello smaltimento, in contenitori chiudibili, pulibili e disinfettabili.Devonoessere infine eliminati in maniera igienica secondo un’adeguata procedura della quale l’operatore si deve dotare, in modo da evitare contaminazioni dirette o indirette anche all’ambiente (cap. VI dell’Allegato II al Reg. 852/2004). I cosiddetti “scarti di pescheria” assumono lo status di “sottoprodotti di origine animale” e devono essere raccolti e smaltiti come tali, ai sensi del Regolamento (CE) n. 1069/2009. La loro classificazione rientra nella “categoria 3”, fatti salvi eventuali rischi infettivi, e lo smaltimento deve avvenire mediante impresa specializzata che provvede al ritiro con mezzi di trasporto autorizzati.Amio parere le autorità che possono essere contattate per affrontare il problema sono:

• la struttura di Igiene degli alimenti di origine animale dell’Azienda Sanitaria Locale per quanto riguarda i requisiti e la gestione della pescheria (sicurezza alimentare);

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• la struttura di Igiene e sanità pubblica, sempre della ASL, per gli aspetti di igiene ambientale e urbana;

22 IL PESCE, 4/22 ATTUALITÀ

Dopo sette anni dagli ultimi Stati generali della pesca nel Veneto, la seconda edizione, svoltasi a inizio luglio, ha portato alla luce le nuove e diverse esigenze del settore in previsione della futura programmazione del FEAMPA (2021-2027). Un appuntamento che la Regione del Veneto ha realizzato in collaborazione con Veneto Agricoltura e con il supporto tecnico di The European House Ambrosetti e con la Società Agriteco. Un lavoro di analisi e di valutazione strategica sul valore della filiera della pesca e dell’itticoltura nel Veneto e nell’Alto Adriatico, iniziato mesi fa con un confronto tra Stati generali della pesca nel Veneto di Gian Omar Bison mare e nelle acque interne e marittime interne perché è un settore di grande rilevanza per l’economia della fascia costiera del Veneto che, solo per quanto riguarda la produzione primaria, vede coinvolte oltre 3.100 imprese di pesca professionale e acquacoltura e l’impiego di oltre 4.500 addetti. Un settore che in questi ultimi anni è stato travolto da molteplici eventi tra cui le conseguenze della pandemia Covid-19, gli effetti della guerra in Ucraina, il dramma del caro carburanti e della siccità. La pesca ha inoltre un ruolo rilevante nella tutela dell’ambiente nell’ottica di uno sviluppo sostenibile». le categorie, le rappresentanze della pesca professionale e dell’acquacoltura e i soggetti pubblici competenti per pianificare le politiche regionali per i prossimi anni e proseguito con quattro incontri tematici a Chioggia (VE), a Pila di Porto Tolle (RO), a Caorle (VE) e a Venezia, per affrontare in momenti diversi le tematiche principali che interessano il settore e che sono state sintetizzate nel cosiddetto “Libro Bianco”. «Abbiamo voluto riproporre un confronto con tutti i soggetti pubblici e privati competenti — ha sottolineato CRISTIANO CORRAZZARI , Assessore alla Pesca della Regione Veneto — operanti in In Veneto sono attive 3.137 aziende del settore primario di pesca e acquacoltura che per il 69% operano nelle acque marine interne delle lagune del Veneziano e del Delta del Po. Rappresentano il 25% delle aziende attive nel settore in Italia.

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3. la promozione e la sensibilizzazione sul ruolo sociale del pescatore; 4. la valorizzazione del ruolo dei prodotti ittici per un’alimentazione sana, sicura e sostenibile; 5. la promozione della crescita dimensionale delle aziende del settore; 6. la semplificazione normativa; 7. la promozione di modelli di economia circolare. Sostenibilità ambientale Proprio il secondo appuntamento al Mercato Ittico di Pila, moderato dalla nostra RIVISTA, è stato dedicato ad una delle tematiche più cruciali, attuali e nominate di questo secolo: la sostenibilità come processo da imboccare verso un modello di sviluppo in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 e della strategia europea from farm to fork. La sostenibilità come principio, come tensione morale, come flusso continuo e in divenire è non solo al centro delle politiche e della programmazione delle istituzioni europee, italiane e territoriali ma è sempre di più una richiesta di cittadini e consumatori; di investitori e creditori che chiedono alle aziende di disporre di obiettivi chiari e performance misurabili in questo senso se non addirittura di veri e propri bilanci certificati e redatti secondo standard riconosciuti e codificati a livelloUnainternazionale.responsabilità sociale individuale e collettiva da perseguire nell’interesse generale.

1. un piano di investimenti in tecnologia e digitalizzazione per la riduzione dell’impatto ambientale a sostegno della transazione energetica; 2. il potenziamento del sistema della formazione e aggiornamento delle competenze;

La Regione del Veneto con i partner coinvolti negli Stato Generali ha redatto il cosiddetto “Libro Bianco” dove ha fotografato il comparto della pesca considerati i punti di forza e di debolezza, coinvolgendo tutti gli stake holder. Un lavoro che ha permesso di identificare gli obiettivi da perseguire per un “Sistema Pesca” resiliente, in armonia con le altre attività antropiche ed economiche, e appunto sostenibile sotto tutti i profili e per questo proiettato al futuro. Sette gli ambiti di intervento risultati prioritari:

Il Libro Bianco

Chioggia, Porto Tolle, Caorle e Venezia: dal 5 all’8 luglio sono stati quattro gli incontri dedicati al mondo della pesca e dell’acquacoltura con l’obiettivo di indicare le prospettive di ristrutturazione e di sviluppo delle imprese venete nel contesto di un nuovo modello basato su sostenibilità ambientale, economica e sociale. A destra, Gian Omar Bison.

La sostenibilità come processo, oltre alla carta ittica regionale, può accompagnare, secondo l’opinione diffusa tra i relatori intervenuti al seminario, questo percorso di rilancio della pesca e guidare gli interventi strutturali. Ma la sostenibilità che non contempli tutte le componenti fondamentali (ambientale, sociale ed economica) e che non faccia di queste sintesi efficace e realmente perseguibile rischia di risultare impraticabile se non inefficace.

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Nel Libro Bianco, a proposito di sostenibilità ambientale mirata in particolare al contenimento delle emissioni di CO2 associate alla produzione e al consumo di prodotti ittici, si elencano le conseguenze dei cambiamenti climatici che sommati alle attività antropiche influiscono a 360 gradi sugli ambienti acquatici e quindi sulla pesca e l’acquacoltura: dall’acidificazione degli oceani, all’aumento della temperatura dell’acqua e all’innalzamento del livello del mare, al cuneo salino al mancato apporto di nutrienti. Cambiamenti così pesanti che è previsto un aumento della migrazione delle specie al punto che il 23% delle risorse ittiche non vivrà più nel proprio habitat«Sostenibilitàstorico. ambientale — ha ricordato SIMONE LIBRALATO dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS — è la capacità dell’ecosistema marino di sostenere l’attività di pesca in modo che lo sfruttamento che svolgiamo oggi possa essere fatto anche in futuro. Il massimo rendimento sostenibile ci informa sullo stato di sostenibilità dello sfruttamento. Poiché il massimo rendimento sostenibile dipende dalle capacità di rigenerazione delle popolazioni e da fattori ambientali indipendenti dalla pesca, questa, per essere sostenibile, deve adattarsi ai cambiamenti. Tuttavia, la sostenibilità ambientale non dipende solo dalla quantità del pescato. È necessario ridurre al massimo le catture degli individui sotto la taglia di prima riproduzione. Le taglie che diminuiscono sono un campanello d’allarme. È importante evitare la pesca accidentale di specie sensibili e ridurre lo scarto di pesca, ovvero la cattura di specie di nessun interesse.Unconsumo sostenibile avviene in funzione della capacità produttiva della rete alimentare marina e privilegiare le specie più abbondanti. Per avere sostenibilità ambientale bisogna avere cura delle popolazioni di mare garantendo i loro cicli naturali e mantenendo la biodiversità marina». Sostenibilità economica Negli ultimi 10 anni il settore della pesca e dell’acquacoltura nazionale ha vissuto un periodo di progressiva contrazione, sia per effetto l’evoluzione del contesto normativo al fine di ridurre lo sforzo di pesca sia a causa della pandemia. La contrazione in Veneto in termini di fatturato regionale ha registrato una perdita dell’11,7% dal 2019 al 2020 che si attesta come la peggior perdita annua dell’ultimo decennio, per quanto il Veneto, magra consolazione, si è dimostrato nettamente più resiliente dell’aggregato nazionale.

Nel Veneto sono attive 3.137 aziende del settore primario della pesca e dell’acquacoltura che per il 69% operano nelle acque marine interne delle lagune del Veneziano e del Delta del Po. Complessivamente rappresentano il 25% delle aziende attive nel settore in Italia e sono composte per l’81% da imprese individuali (67% la media italiana); 1,2 gli impiegati medi per azienda (2,2, la mediaTantenazionale).impreseattive sul territorio regionale con pochi addetti che sembrerebbero raccontarci un comparto fin troppo frammentato e parcellizzato, non fosse che la filiera in Veneto può contare su un articolato sistema composto da diverse entità aggregative: 9 OP, 14 Associazioni nazionali e regionali, 17 Consorzi e 108 Cooperative con un fatturato medio per aggregato associativo che nel 2020 è risultato 1,8 volte superiore alla media nazionale. In un contesto generale in cui i fattori di crisi congiunturale ci parlano di pandemia, scoppio della guerra, esplosione dei costi energetici e logistici, impennata dell’inflazione e interruzione di alcune filiere di approvvigionamento, come si può accompagnare un azienda ed un comparto come questo ad essere sostenibile da un punto di vista economico? Giustamente redditizio? Si può parlare di sostenibilità economica aziendale senza parlare di sostenibilità di filiera? Per V LADI F INOTTO , dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, «Le abitudini dei consumatori stanno cambiando e si stanno aprendo molte fratture. I dati raccolti dalla rivista NATURE rivelano l’importanza della piccola impresa e dati impressionanti sul mondo della pesca, che ci consentono di dire che esiste un’opportunità.Lapesca ha in mano numeri che la possono porre come elemento centrale per le soluzioni alle problematiche ambientali. Bisogna impostare processi di crescita economica, ma senza definirla solo in modo collettivo. Dobbiamo coniugare la necessaria sostenibilità economica

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Cristiano Corrazzari, Assessore alla Pesca del Veneto, e Charlina Vitcheva della Direzione generale Affari Marittimi e Pesca della Commissione europea.

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La priorità è la salute del Mar Adriatico che storicamente è il mare più sovra sfruttato anche se ci sono buoni segni di ripresa. Vorrei sottolineare che in sede europea non prendiamo mai decisioni senza fare analisi socio-economiche prevedendo misure di accompagnamento per permettere alle imprese di adattarsi.NelMediterraneo dobbiamo affrontare la tematica del cambiamento climatico, che ci interessa qui e ora, perché è anche causa di mortalità di molte specie marine.

delle filiere con quella fondamentale delle aziende. Ci sono delle direttrici da seguire: mettere la pesca al centro del dibattito sull’alimentazione; l’innovazione tecnologica; creazione di valore; tema delle competenze per riformare chi nel settore ci lavora da tempo e per formare nuove leve. Per raggiungere questi obiettivi dobbiamo raccontare il valore del lavoro nella vita quotidiana».

Abbiamo rilevato dati allarmanti sull’aumento della temperatura dell’acqua e per questo bisogna continuare a informare su questi temi. La nuova strategia prevede un Action Plan per difendere l’ecosistema e dei piani per diminuire il livello di inquinamento nel Mar Mediterraneo e anche per la decarbonizzazione. La Blue Economy può essere utile per la pesca perché può aiutare a diversificare le fonti di reddito». Gian Omar Bison PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE DI ATTREZZATURE MACCHINARI SISTEMI E TECNOLOGIE PER L’INDUSTRIA

Sostenibilità sociale Il valore assoluto dell’occupazione, posiziona il Veneto al secondo posto in Italia con un andamento migliore in proporzione considerati gli ultimi 5 anni rispetto alla crescita nazionale. Ma il pescatore al giorno d’oggi oltre ad avere competenze specifiche risulta al servizio della collettività per quanto riguarda il potenziamento dei servizi ecosistemici. È una figura da aggiornare, valorizzare e formare in maniera continua e permanente. «La questione di fondo — ha evidenziato TIZIANO BARONE, direttore di Veneto Lavoro — è che il modello di crescita economica deve essere socialmente inclusivo ed economicamente sostenibile. I temi sono due: importanza del lavoro e della vita delle persone e importanza di valorizzare il capitale umano considerato che c’è un’identità del territorio costiero veneto che ha caratteristiche proprie nel distretto Alto Adriatico. Per quanto riguarda le dimensioni dell’occupazione, Rovigo e Venezia sono i due punti dove i numeri sono Nell’appuntamentomaggiori». conclusivo a Venezia si è parlato anche di Distretto della Pesca dell’Alto Adriatico e CHARLINA VITCHEVA della Direzione generale Affari Marittimi e Pesca della Commissione Europea ha sottolineato che: «Non bisogna limitarsi solo a guardare le opportunità del FEAMPA, perché ci sono anche altri fondi, come quello per lo sviluppo regionale e altre opportunità di ricerca, anche in Italia. È un sistema sostenibile e dipendente dalla ricchezza del benessere del Mar Adriatico.

Norvegia e Isole Fær Øer non rispettano per il secondo anno le quote suggerite dal parere del Comitato Scientifico ICES.

Guerra all’ultimo sgombro nel Mare del Nord

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I pescatori dell’UE chiedono l’intervento della Commissione di Roberto Villa

Chi ha un’idea dei nordici come precisi, ligi, rispettosi dell’ambiente, ebbene al termine di questo articolo potrebbe cambiare idea. Cosa è successo per scalfire una reputazione tanto consolidata nell’opinione pubblica?Ilfatto è che per il secondo anno il Regno di Norvegia e le Isole Fær Øer — facenti parte del Regno di Danimarca ma autonome per quanto riguarda la maggioranza delle politiche — hanno deciso unilateralmente di incrementare la pesca dello sgombro dell’atlantico nord-orientale. Cosa è accaduto nel 2021 A maggio del 2021 prima la Norvegia e poi le Isole Fær Øer hanno aumentato del 55% la quota pescata di sgombro rispetto a quanto assegnato, che avviene anche in acque internazionali e non solo nelle rispettive acque nazionali.Aquesta scelta unilaterale si sono accodate Islanda, Russia e Groenlandia. Nel complesso la cattura globale è arrivata al 42% in più rispetto a quanto espresso nel 2020 dal parere del Comitato scientifico ICES (International Council for Exploration of the Sea ) per il mantenimento dello stock della specie. Il 2022 prosegue nella stessa direzione Sebbene a Londra nell’ottobre 2021 gli Stati costieri dell’Atlantico nord-

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Policy, basic

orientale abbiano confermato le quote di pesca dello sgombro per l’anno in corso in 794.920 tonnellate, calato del 7% rispetto al valore fissato per il 2021, il valore effettivo sarà certamente superato poiché è ragionevole pensare che solo l’Unione Europea (a cui pure le Fær Øer appartengono attraverso la Danimarca) e il Regno Unito si atterranno alle quote assegnate. Giusto per avere dei riferimenti la quota massima delle catture totali nell’area di pesca era stata di circa 784.000 tonnellate nel 2018, drasticamente ridotta del 20% nel 2019 a poco più di 653.000 tonnellate.Levariazioni sono state concordate nel 2017 con un accordo di lungo termine da parte di tutti gli Stati costieri (Unione Europea, che allora comprendeva anche il Regno Unito, Fær Øer, Groenlandia, Norvegia, Islanda, Russia). Invece, nel giugno scorso, Fær Øer e Norvegia hanno deciso di portare le rispettive quote al 35% e al 19,6% della quota totale annua consigliata nel parere del Comitato scientifico. Le organizzazioni dei pescatori UE chiedono l’intervento dell’Unione TIM HEDDEMA, presidente dell’industria della pesca pelagica dell’Unione Europea organizzata in EAPO ( European Association of Fish Producers Organisations) ed Europêche, commenta così la situazione in un comunicato stampa del 23 giugno. «Questo sovrasfruttamento è completamente ingiustificato e contrasta con la gestione sensibile e sostenibile che il mondo supporta e chiede.Pone un’inaccettabile pressione su un patrimonio di grande importanza per molti Paesi europei. Mentre ci appelliamo alla Norvegia e alle Fær Øer per lavorare insieme orientati al beneficio di tutti, invochiamo una voce forte e un’azione decisa da parte dell’Unione Europea.Lasoluzione non consiste nel diminuire le nostre quote per compensare le maggiori catture da parte di Stati Terzi, cosa che andrebbe a svantaggio dell’industria della pesca comunitaria.L’Unione Europea ha piuttosto molti strumenti per contrapporsi a questa scelta e porre dei deterrenti a tale inaccettabile comportamento come ad esempio la possibilità di agire sulle esportazioni di prodotti ittici verso l’Unione, il maggiore mercato di dellacontaretualemoltocondivisione,ulterioriInoltre,Chiediamodestinazione.azioniimmediate.perquantoriguardaglinegoziatisull’accordodil’UEdevechiarirebenechenonaccetteràl’at-sovrasfruttamentoperpotersuunaumentodeirisultatipescaperlepartiinteressate».

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Dall’Atlantico nord-orientale i 3/4 del pescato UE, sgombro seconda specie Secondo i dati del 2017(1), quando ancora l’Unione Europea comprendeva il Regno Unito, l’Atlantico nord-orientale costituiva la più importante area di pesca contando oltre 4 milioni di tonnellate di peso vivo pescato corrispondenti al 74% del volume totale annuo, seguita a grandissima distanza dal Mediterraneo con 438.000 tonnellate pari all’8,1% del totale. In questo quadro lo sgombro è stata la seconda specie pescata con 497.000 tonnellate, pari al 9,3% del quantitativo annuo, superiore all’intero ammontare di prodotti ittici pescati nel Mediterraneo, dopo l’aringa che è risultata prima con oltre 776.000 tonnellate.Sicapisce quindi come la modifica unilaterale dei delicati equilibri raggiunti non possa non scatenare pesanti reazioni da parte dei soggetti coinvolti. Roberto Villa Nota 1. Facts and Figures the Common Fishery statistical , 2020 edition reperibile in inglese alla pagina: senza sul casa da campeggio spiedini - salsicce - würstel la produzione spiedini a

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Presentata la monografia “Pesca Sicura – Il fenomeno tecnopatico nelle attività di pesca delle marinerie pugliesi” È stata recentemente presentata a Bari la monografia “Pesca Sicura – Il fenomeno tecnopatico nelle attività di pesca delle marinerie pugliesi”, risultato dell’omonimo progetto realizzato dalla Direzione regionale INAIL Puglia e dall’Osservatorio Nazionale della Pesca (ONP). La realizzazione del progetto ha rappresento un punto di svolta importante per tutto il settore, su scala nazionale, perché ha avuto il merito di aver fatto uno screening puntuale degli impatti sulla salute dei principali rischi dell’attività di pesca coinvolgendo le più importanti marinerie pugliesi. Infatti, nel corso delle attività realizzate, e attraverso lo studio e l’analisi delle principali metodologie di pesca, sono stati approfonditi, con rilevazioni a bordo, i rischi determinati da agenti chimici e fisici e da sovraccarico biomeccanico, quelli cioè che provocano le più diffuse malattie professionali e, inoltre, sono stati effettuati accertamenti sanitari per meglio caratterizzare l’impatto sulla salute dei lavoratori esposti ai rischi. I risultati ottenuti sono stati raccolti nella monografia che ospita, tra l’altro, un contributo del dott. ETTORE CARDINALI, Sostituto procuratore della Procura di Bari, sulla normativa in materia di salute e sicurezza nel settore ittico. Il comparto pesca, infatti, attende ancora i decreti previsti dall’Art. 3 del DLgs 81/08 e, ad oggi, non rientra negli ambiti di applicazione del Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro. Anche per questo la pubblicazione realizzata, e l’attenta analisi del rischio lavorativo a bordo delle imbarcazioni da pesca, intende offrire un contributo significativo per il miglioramento delle condizioni di sicurezza dei lavoratori del comparto. «La pesca è senza dubbio un’attività produttiva caratterizzata da specificità tali da essere difficilmente confrontabile con altri settori — dichiara FRANCESCA BIONDO, presidente dell’ONP —, una specificità che è dovuta all’ambiente di lavoro e ai rischi legati alla navigazione in mare aperto e che, insieme ad un quadro normativo particolarmente complesso, rende difficoltoso un corretto approccio alla sicurezza. Per questo è fondamentale prevedere un contesto normativo specifico, puntuale e capace di fornire risposte in materia di sicurezza praticabili e quindi coerenti con le peculiarità di settore. In questo senso, il lavoro che presentiamo oggi rappresenta un punto di riferimento fondamentale per garantire un corretto approccio alla sicurezza non solo come obbligo ma innanzitutto come valore. Un approfondimento che va nella direzione di attestare le specificità dei rischi di questo mestiere che ancora oggi, nel nostro Paese, non è stato riconosciuto come “lavoro usurante” che ha invece tutte le caratteristiche per essere considerato tale». «In Puglia la pesca rappresenta una delle principali attività economiche — afferma GIUSEPPE GIGANTE, direttore regionale INAIL Puglia — un settore particolarmente importante che però presenta problematiche specifiche piuttosto rilevanti in termini di salute e sicurezza. Ai rischi specifici delle lavorazioni in mare si aggiungono, infatti, quelli derivanti dal progressivo invecchiamento della popolazione lavorativa, dagli elevati costi di gestione delle imbarcazioni e da livelli formativi ed informativi non adeguati. Il nostro obiettivo è quello di fornire, attraverso questa monografia, uno strumento informativo e formativo in grado di incidere in maniera significativa, in termini di prevenzione e sicurezza, sul fenomeno infortunistico e tecnopatico innalzando i livelli di conoscenze e di competenze degli operatori della pesca in materia di igiene e sicurezza sul lavoro. L’auspicio è che si giunga presto ad un coordinamento tra la disciplina dettata dal DLgs 81/08 e i Decreti Legislativi 281 e 298 del 1999 per assicurare una più idonea valutazione dei rischi a bordo delle imbarcazioni che consenta l’adozione di adeguate misure di prevenzione e protezione, nonché di idonei protocolli di sorveglianza sanitaria» (fonte: Osservatorio nazionale della pesca).

TONNO A PINNE GIALLE

Blueat: Alien is good, Alien is food invasiva; da alcuni anni è presente nel Mar Adriatico dove, conseguentemente al surriscaldamento globale, ha trovato un habitat ideale. Trasportato dalle grandi navi che solcano mari e oceani, il granchio blu si riproduce in fretta; una femmina depone milioni di uova e non ha predatori che lo contrastano. Divora gamberi, latterini, seppie, sogliole. I danni sono rilevanti anche per l’attività degli operatori del settore della pesca e dell’acquacoltura: le chele come tenaglie strappano le reti, danneggia i letti di alghe che servono da vivai per i pesci locali, divora le cozze e le lumache che costituiscono il loro cibo e ingoia i giovani più facili da catturare. E proprio da questa invasione aliena che nasce l’idea di 5 giovani romagnole di costituire una start-up innovativa finalizzata a promuovere, commercializzare e trasformare le specie aliene (alloctone) per il consumo alimentare umano. «Abbiamo scelto il nome “Mariscadoras” perché è sinonimo di quelle donne di mare galiziane che hanno lottato per i loro diritti e per essere riconosciute nel settore della pesca e dell’acquacoltura, per ricevere protezione legale, sicurezza sociale, e la stessa parità e gli stessi privilegi garantiti agli uomini» dichiara ALICE PARI di Mariscadoras. «Abbiamo impostato la nostra strategia di Alice Pari, Ilaria Cappuccini, Matilda Banchetti e Carlotta Santolini di Mariscadoras con Massimo Bellavista, Legacoop Agroalimentare Pesca.

32 IL PESCE, 4/22 Con l’intento di una proficua collaborazione tra il mondo della pesca professionale e lo sviluppo commerciale delle specie aliene è stato siglato un “Memorandum of Understanding” tra LEGACOOP AGROALIMENTARE NORD ITALIA e la neonata società benefit M ARISCADORAS , per costruire un percorso teso a stimolare la domanda di consumo delle specie aliene, a cominciare dal Granchio blu, ma anche per promuovere le caratteristiche della specie per sostenerne la commercializzazione, sia nel settore dell’HO.RE.CA., sia attraverso la GDO o strutture collegate. Il Granchio blu (nome scientifico Callinectes sapidus) è una specie Legacoop Agroalimentare a sostegno della start-up Mariscadoras

marketing sul concetto che anche le specie aliene, lontane dalle nostre abitudini alimentari, possono essere inserite nella Dieta Mediterranea ma necessitano di una forte azione di informazione e sensibilizzazione verso i «Conconsumatori».“Mariscadoras Srl Società Benefit” — incalza CARLOTTA SANTOLINI — vogliamo fare impresa ma contemporaneamente contribuire a salvaguardare l’ambiente, la società di chi lavora in mare e per il mare, con una particolare attenzione a quelle donne che purtroppo ancora oggi sono “invisibili” e sottopagate nella Blue «L’accordoEconomy».Legacoop Agroalimentare e Mariscadoras prevede una stretta collaborazione tra i pescatori di Goro, Cesenatico, Rimini e Cattolica e la neonata società per monitorare la numerosità degli esemplari alieni e identificare azioni Il Granchio blu, nome scientifico Callinectes Sapidus. tese a inserire sul mercato alimentare questo prodotto (vivo, lavorato o trasformato in polpa)» dichiara M ASSIMO B ELLAVISTA di Legacoop Agroalimentare Pesca. «Nel 2021, nel solo mercato ittico di Goro, ne sono stati commercializzati oltre 350 quintali, con un prezzo medio che si attesta sui 5,50 euro. La specie aliena transita anche sui nastri del mercato ittico di Rimini ed è presente sui banchi del mercato coperto. Con questo accordo intendiamo sostenere questa giovanissima start-up coinvolgendo l’intero comparto e la filiera della pesca e dell’acquacoltura al fine migliorare le condizioni socioeconomiche degli operatori del settore ma anche sostenere la parità di genere e contestualmente salvaguardare l’ambiente e la risorsa sia marina cheDalacustre».alcuni anni Legacoop Agroalimentare è al fianco delle imprese costituite da giovani che portano avanti progetti e iniziative innovative fortemente connotate sul versante della sostenibilità. Da due anni ad esempio è in corso il progetto con l’impresa sociale greca ENALEIA che raccoglie nelle marinerie dell’EmiliaRomagna reti da pesca dismesse e abbandonate per il recupero dei filati per poi produrre calzini (oltre 40 tonnellate di reti sono state raccolte e inviate alle industrie di recupero e riciclo dei materiali plastici).

>> Link: www.blueat.eu

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34 IL PESCE, 4/22 IL PESCE IN RETE Social di Elena 2

2. Geranium al top The World’s 50 Best Restaurants, sponsorizzato da S. Pellegrino & Acqua Panna, ha decretato il ristorante Geranium di Copenaghen, guidato dallo chef RASMUS KOFOED, The World’s Best Restaurant 2022. Grande spazio anche al pesce in menu con piatti che sono piccoli capolavori, come questo Geranium Summer Universe con le ostriche protagoniste. Da seguire e sognare su instagram.com/restaurant_geranium (photo © instagram. com/restaurant_geranium).

1. Conxemar 2022 Dopo la meritata pausa estiva, ad inizio autunno ripartono le fiere e la prima destinazione sarà Vigo in Spagna con l’appuntamento di Conxemar, l’International Frozen Seafood Exhibition, in programma dal 4 al 6 ottobre prossimi. Ecco il link alla pagina web per scoprire gli espositori e il calendario di attività in fiera: conxemar.com/en/conxemar-exhibition-2022 (photo © instagram.com/conxemar).

4. Cromaris by chef Locatelli Belli i video dello chef GIORGIO LOCATELLI (www.instagram.com/giorgiolocatelli1, in foto) caricati sulla pagina Instagram di Cromaris Italia al link instagram.com/ cromaris.italia, che ci mostra come preparare velocemente piatti gustosi con il branzino Cromaris, come la sua Gondola, semplice nella preparazione e di sicuro successo a tavola (photo © instagram.com/cromaris.italia).

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3. La Cozza romagnola Sono da poco approdati su Instagram con la pagina instagram.com/cozzaromagnola e meritano attenzione: si tratta dei produttori del Consorzio Mitilicoltori dell’Emilia-Romagna che hanno creato la pagina ufficiale del loro marchio collettivo “Cozza romagnola” per dare voce ad un prodotto del territorio e alla professionalità di chi lo produce e utilizza (photo © instagram.com/ cozzaromagnola).

IL PESCE, 4/22 35 fish Benedetti 3

HAPO, che racchiude oggi l’80% delle aziende greche del settore dell’acquacoltura, opera sulla base del rispetto tra i propri membri e i consumatori, perseguendo uno scopo comune fondato sulla fiducia e sul valore del settore e dei suoi prodotti, in conformità ai principi della Blue Economy

Attraverso un documentario HAPO racconta il proprio sistema valoriale Il pesce ha la sua verità. 10 + 1 storie sull’acquacoltura greca

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In un periodo storico in cui il sistema alimentare globale sta affrontando numerose e complesse sfide, alle quali negli ultimi due anni si è aggiunta una pandemia, l’acquacoltura si sta progressivamente configurando non solo come un affidabile fornitore di proteine sostenibili, capace di garantire produzione e consegna costanti, ma anche come un’alternativa produttiva in grado di perseguire obiettivi di crescita economica, di equità sociale e di uso responsabile delle risorse ambientali.

Nei Paesi europei si attribuisce particolare rilevanza alla presenza di prodotti ittici nella dieta individuale, raccomandando il consumo di almeno due porzioni di pesce a settimana: un’esigenza nutrizionale che può essere soddisfatta attraverso l’incremento di un’acquacoltura sostenibile, innovativa e competitiva, come quella che viene praticata con impegno dai membri di HAPO, il principale ente promotore dell’acquacoltura greca e creatore del marchio collettivo Fish from Greece, supportato da un protocollo di certificazione privata, sviluppato in collaborazione con l’organizzazione di ispezione e certificazione TÜV Austria Hellas, per l’utilizzo di metodi e pratiche di allevamento etici e responsabili per la promozione di una produzione ittica greca di alta qualità e garante di elevati standard qualitativi organolettici.

Alexandros Koullias, titolare dell’azienda Blue Farm a Marmari, è uno del protagonisti del documentario “Il pesce ha la sua verità. 10 + 1 storie sull’acquacoltura greca”. Il documentario visibile al seguente link: bit.ly/3t5nDvg

dai membri di HAPO hanno trovato conferma nel recente conferimento a NANCY PANTELEIMONITOU, pioniera del settore dell’acquacoltura in Grecia e fondatrice di Galaxidi Marine Farm, dell’Excellence Award 2022 da parte della Confederazione dei Produttori Europei di Acquacoltura (FEAP), in occasione della 54a assemblea generale annuale, che ha avuto luogo lo scorso 10 giugno a Budapest. Nancy Panteleimonitou è l’unica donna fondatrice di un’azienda di acquacoltura nell’intero settore e la prima donna ad essere AD di un’azienda di acquacoltura a livello globale, oltre che membro fondatore della Federation of Greek Maricultures (FGM), prima rappresentante della Grecia nella Commissione MEDAQUA della FEAP e membro di HAPO da molti anni. L’universo HAPO in video Quando si parla del pesce fresco greco “targato” Fish from Greece, si fa riferimento a orata, branzino, ombrina boccadoro, pagro maggiore e ricciola, 5 prodotti che portano con sé tutto il sapore, il gusto, la freschezza, le proprietà nutritive e la qualità eccellente del pesce d’acquacoltura greca, allevato con la cura di professionisti esperti nelle acque limpide e profonde dei mari greci. Una realtà e una gamma di prodotti che sono stati raccontati nel documentario “Il pesce ha la sua verità. 10 + 1 storie sull’acquacoltura greca”, in cui alcune delle voci dell’universo HAPO e di chi vi è in contatto si alternano in mini interviste, mettendo in risalto i vari aspetti dell’acquacoltura greca. Le riprese sono state realizzate in cinque diverse località in cui HAPO è presente (Atene, Galaxidi, Evia, Igoumenitsa e Nafpaktos). Tra le testimonianze spiccano quelle dei due ambasciatori dell’organizzazione: la prima è quella dello chef e food blogger DIMITRIS PAPAZIMOURIS di Cucina Caruso, che afferma di scegliere sempre pesce fresco d’acquacoltura per i suoi clienti poiché rappresenta una soluzione sostenibile e di qualità, che soddisfa il consumo alimentare odierno sia per la naturale evoluzione del pesce sia per la tecnica d’allevamento, aggiungendo come diversi studi abbiano anche attestato una presenza più alta di acidi grassi Omega-3 rispetto al pesce allo stato selvaggio. La seconda è di PETROS PARTHENIS, fondatore della squadra di nuoto “We Swim”, che ribadisce l’importanza di un consumo regolare (3 volte alla settimana) di pesce fresco di qualità, soprattutto per chi pratica un’attività fisica quotidiana.

>> Link: www.fishfromgreece.it

IL PESCE, 4/22 Le aziende che fanno parte di HAPO rispettano tutte le più severe normative dell’UE e dei suoi Stati Membri relative alla tutela dell’ambiente e al benessere degli animali, osservando i più alti standard qualitativi e operando per una produzione etica, sostenibile e rispettosa dell’ambiente.Ivaloricondivisi

Interessanti le parole di GEOR GIA KAPARELI, preside della scuola elementare di Galaxidi, che afferma che molti dei suoi studenti sono figli dei dipendenti dell’azienda di acquacoltura locale e che il supporto di questa attività non si misura solo nei prodotti donati alla mensa, ma anche in un aumento del numero dei bambini grazie al quale le aule sono tornate a essere piene e la città stessa a vivere. Il documentario prosegue con l’intervento di ALEXANDROS KOULLIAS, titolare della Blue Farm a Marmari, in cui si parla di come l’acquacoltura greca possa dare un contributo alla società e all’economia del proprio luogo d’origine, creando posti di lavoro, migliorando la qualità della vita, supportando le province greche con forniture di pesce per ospedali, case di riposo, cooperative sociali e cosìL’importanzavia. di creare ricchezza per il proprio territorio e di offrire pesce sano e di alta qualità a prezzi accessibili è ciò che si evince anche dalle parole di APOSTOLOS TOURALIAS, Presidente del Consiglio di Amministrazione di HAPO, orgoglioso di poter affermare che oggi decine di aziende greche esportano l’80% dei propri prodotti in 35 Paesi nel mondo, tra cui l’Unione Europea.

38 IL PESCE, 4/22 STORIE DI ACQUACOLTURA SOSTENIBILE

>> Link: www.acquacoltura.org

Viaggio nel mondo dell’allevamento e della trasformazione per capirne le potenzialità, le qualità e le difficoltà oggi dettate da un contesto in cui clima e crisi economica giocano il ruolo principale. Per i produttori occorre fare sistema e cercare insieme strategie tempestive ed efficaci di Anna Mossini scelta imprenditoriale è sempre stata quella di allevare nel rispetto della natura per valorizzare un pesce come la trota che vanta valori nutrizionali nobili, garantendo una filiera produttiva totalmente tracciata I nostri allevamenti dispongono di acqua di fiume e risorgiva. Oggi ci troviamo a gestire una situazione in cui il clima sta condizionando molto la produzione obbligandoci a convivere e a gestire un rapporto tra uomo e natura che non conoscevamo». Mediamente l’azienda produce 2.000 tonnellate di trote ogni anno e ne trasforma circa 3.500, con un trend in crescita, «ma la complessità della situazione nazionale e internazionale che stiamo vivendo — sottolinea Paola Salvador — si sta ripercuotendo pesantemente sulla nostra produzione e per l’anno in corso abbiamo calcolato che avremo un calo produttivo di circa il 20%, con un andamento che porterà ad una riduzione anche nel 2023».

PIT – PRODUTTORI ITTICI TREVIGIANI «Stiamo attraversando un periodo molto complicato dettato da un insieme di fattori internazionali, climatici, economici che non dipendono da noi. Il mio timore è quello di perdere un patrimonio di conoscenza ed esperienza iniziato negli anni Cinquanta, quando mio nonno avviò il suo allevamento di trote che oggi mandiamo avanti io e mio cugino MARCO FUSELLI». PAOLA SALVADOR è un’imprenditrice innamorata della sua attività e insieme al cugino prosegue sulla strada tracciata da quel nonno di cui conserva il ricordo affettuoso, ma anche gli insegnamenti che oggi la collocano ai vertici della PIT –PRODUTTORI ITTICI TREVIGIANI, realtà imprenditoriale con 7 siti produttivi collocati nelle province di Treviso, Belluno, Pordenone e Venezia su una superficie complessiva di 70 ettari a cui si aggiungono 2 moderni stabilimenti nel Trevigiano destinati alla lavorazione delle trote. Non solo. Grazie alle caratteristiche ambientali di uno di questi allevamenti, PIT ha ottenuto la certificazione per l’allevamento della trota biologica, che viene commercializzata attraverso uno dei più importanti marchi nazionali della GDO. Patrimonio di valore «L’acquacoltura è un patrimonio di conoscenza che garantisce al consumatore la qualità» spiega. «La nostra La trota, un alimento che merita un maggiore apprezzamento

L’85% della produzione della PIT si concentra sul filetto di trota spinato e spellato e la trota eviscerata, la restante quota è destinata alla trasformazione in prodotti lavorati: hamburger, spiedini, polpettine con verdure, involtini e filetto di trota macinato. «Ma anche il filetto di trota macinato — spiega Paola Salvador — che grazie all’assenza di spine è molto pratica da cucinare e si presta a diverse preparazioni con il vantaggio di non aver alcun tipo di scarto. Per noi l’educazione alimentare nelle scuole rappresenta una vera e propria missione e negli anni abbiamo via via aumentato il numero di istituti da servire. Il filetto di trota rimane sempre la tipologia di prodotto più venduta, ma devo dire che i trasformati, soprattutto dalla fine degli anni Duemila, hanno vissuto una positiva evoluzione che ci ha permesso di stringere accordi di vendita con numerosi e importanti marchi della GDO. Credo che questo sia anche merito della certificazione che contraddistingue la nostra produzione, regolata da un rigoroso Disciplinare di produzione che dà sicurezza al consumatore». Lo scoglio dei rincari Circa il 30% dei filetti spinati e spellati e la trota eviscerata prodotti dalla PIT vengono esportati, quasi il 20% prende la via della Svizzera, mentre il rimanente è destinato alla Germania. «Durante il periodo del La rubrica “Storie di acquacoltura sostenibile” è realizzata con la collaborazione di API-Associazione Piscicoltori Italiani . L’obiettivo? Raccontare storie di eccellenze italiane con l’intento di toccare tutte le sfumature su che cosa oggi significhi fare acquacoltura sostenibile in Italia.

IL PESCE, 4/22 39 I cugini Paola Salvador (in foto) e Marco Fuselli sono alla guida di PIT – Produttori Ittici Trevigiani, una realtà imprenditoriale con 7 siti produttivi collocati nelle province di Treviso, Belluno, Pordenone e Venezia su una superficie di 70 ettari, ai quali si aggiungono 2 moderni stabilimenti nel Trevigiano destinati alla lavorazione delle trote.

lockdown , soprattutto ad inizio pandemia — continua ancora Paola Salvador — complice ovviamente l’obbligo delle famiglie di non uscire di casa, le vendite dei prodotti trasformati ha registrato un’impennata, con un aumento di circa il 18%. Poi, piano piano, il trend diciamo che si è normalizzato, ma gli indicatori erano tutti orientati ad un costante incremento.Contestualmente, però, i prezzi legati ai materiali per il confezionamento e alla logistica hanno iniziato a lievitare per poi esplodere in maniera incontrollata con la guerra in Ucraina. Oggi siamo costretti a fronteggiare una situazione molto preoccupante con il prezzo del mangime, che nel computo dei costi di produzione della trota copre una quota del 65% è aumentato del 40%, per non parlare dell’energia, praticamente triplicata. A questo aggiungiamo il clima, che viviamo come un grande nemico. Dobbiamo capire a cosa stiamo andando in contro, ma è molto difficile. I prezzi dei nostri prodotti hanno subito qualche inevitabile aumento, ma fino a quando potremo aumentarli per non lavorare in perdita e al contempo evitare di uscire dal mercato impedendo che il pesce inizi a essere considerato dal consumatore un lusso alimentare che non tutti possono permettersi? Un altro elemento non è meno importante: la ricerca di personale qualificato, un’impresa ardua se non, spesso, impossibile, perché per allevare le trote servono persone formate, capaci di muoversi in un terreno molto delicato dove tutti i componenti che caratterizzano la produzione devono seguire regole scrupolose che non prevedono improvvisazioni».

L’85% della produzione della PIT si concentra sul filetto di trota spinato e spellato e la trota eviscerata, la restante quota è destinata alla trasformazione in prodotti lavorati: hamburger, spiedini, polpettine con verdure, involtini e filetto di trota macinato. Grazie alle caratteristiche ambientali di uno dei suoi allevamenti, PIT ha ottenuto la certificazione per l’allevamento della trota biologica.

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Fattoria del Pesce vanta un’esperienza ultradecennale nel settore dell’acquacoltura e la sua collocazione nel cuore del Parco naturale della Valle del Ticino costituisce un valore aggiunto di una produzione che a ragione rappresenta un fiore all’occhiello per il nostro Paese. «L’Italia è uno dei maggiori produttori europei di trote» continua Grispan. «Quello che purtroppo manca sul mercato, e quindi al consumatore, è una corretta informazione su un prodotto dalle qualità organolettiche e salutistiche eccezionali che soprattutto oggi, con la crisi economica incalzante, dovrebbe diventare la prima scelta di acquisto delle famiglie anche per privilegiare il comparto dell’acquacoltura italiana». I temi della condivisione degli intenti, della collaborazione e della valorizzazione del made in Italy attraverso un’informazione accurata e costante sono i capisaldi di Associazione Piscicoltori Italiana, nel cui Consiglio direttivo figurano sia Maurizio Grispan che Marco Fuselli, co-titolare di PIT-Produttori Ittici Trevigiani. Qualità al top Alla Fattoria del Pesce vengono effettuate tutte le fasi di lavorazione della trota: dall’allevamento fino alla trasformazione. «Il 70% viene venduto come filetto e il restante 30% viene invece macinato e utilizzato per la preparazione di hamburger, tartare, polpettine, medaglioni affumicati a caldo e a freddo. Come si può vedere dai numeri, il filetto viaggia su volumi importanti che si sono nel tempo sempre più consolidati. Parallelamente crediamo molto nel settore dei preparati, un mondo in evoluzione il cui scopo è quello di offrire un prodotto di altissima qualità, che deve godere della stesFattoria del Pesce vanta un’esperienza ultradecennale nel settore dell’acquacoltura e la sua collocazione nel cuore del Parco naturale della Valle del Ticino costituisce un valore aggiunto di una produzione che a ragione rappresenta un fiore all’occhiello per il nostro Paese.

FATTORIA DEL PESCE Fare sistema «Tutto il nostro settore deve fare sistema, tutti gli attori della filiera ittica italiana devono affrontare insieme questo difficile periodo, forse il peggiore di sempre, per garantire valore alle nostre produzioni e cercare di intercettare le strategie più idonee a superare la grave crisi che ci sta colpendo sia in termini economici che di gestione degli allevamenti a causa della prolungata siccità». Così si esprime MAURIZIO GRISPAN, titolare della FATTORIA DEL PESCE SRL di Cassolnovo, provincia di Pavia, dove su 12 ettari di superficie destinato all’allevamento della trota in anni normali vengono prodotte 1.000 tonnellate di pesce. La sottolineatura “anni normali” è doverosa, posto che la grave crisi idrica che sta colpendo da nord a sud il nostro Paese sta mettendo in seria difficoltà anche gli allevamenti ittici, e quelli della trota in particolare. «Le condizioni che si sono determinate in questi ultimi 4 mesi — spiega Grispan — ci hanno obbligato a fare delle scelte che vanno dalla riduzione degli spazi destinati all’allevamento della trota alla diversificazione produttiva per fronteggiare le condizioni climatiche che si sono determinate. Per questo, attualmente, abbiamo ridotto a 4 ettari gli spazi destinati alla produzione della trota, mentre per mantenere la produttività estiva abbiamo avviato la produzione dello storione, che comunque prevede un ciclo produttivo molto lungo».

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42 IL PESCE, 4/22 sa considerazione riservata a pesci ritenuti più Lombardia,blasonati».Piemonte e Svizzera sono le destinazioni principali della produzione di Fattoria del Pesce; oltre ad importanti marchi della GDO, il fi letto spinato ed eventualmente spellato così come i preparati a base di trota, vengono distribuiti in numerose mense scolastiche che in questo modo intendono favorire tra gli studenti una migliore e maggiore conoscenza delle qualità di questo pesce, che viene allevato in un territorio così vicino a loro. «La Svizzera merita una menzione a parte — afferma Maurizio Grispan — perché negli ultimi 10 anni abbiamo assistito ad una positiva evoluzione dei suoi acquisti. Il consumatore svizzero apprezza molto i nostri prodotti e negli anni ha dimostrato di essere disposto a spendere di più pur di aver garantita la qualità, la sicurezza alimentare e il gusto: e siamo così passati da un’iniziale 20% all’attuale 30%». Se l’Italia ricopre un ruolo di primo piano nella produzione e nella lavorazione della trota a livello europeo, quali sono i Paesi nostri diretti competitor? «Innanzitutto la Francia — risponde Grispan — anche se la loro produzione è volta sempre alla produzione di pesci di taglia grande destinati all’affumicazione. Da un po’ di tempo a questa parte stiamo registrando una crescita della Turchia che comunque non arriva con trota fresca in Italia, ma congelata: la trota fresca distribuita in pescheria proviene solo da acquacoltura italiana poiché la trota e i suoi derivati, per la loro delicatezza, hanno una shelf-life di pochi giorni».

Acquisti consapevoli Un marchio conosciuto, un’esperienza ultradecennale, una grande passione per questa attività. Eppure le difficoltà, oggi, non mancano. «No, purtroppo è così — riflette Grispan — come ho detto la crisi idrica dettata dalla perdurante siccità ci sta mettendo a dura prova e ci ha obbligato a prendere provvedimenti che non erano nei nostri programmi. A questo dobbiamo aggiungere l’aumento dei costi di produzione, ad iniziare dall’energia, che per noi è fondamentale in quanto l’acqua dei nostri allevamenti richiede un costante ricambio e una continua ossigenazione. Per non parlare dei costi per l’alimentazione dei pesci, della logistica e del confezionamento, un mix di aumenti non inferiore al 40% rispetto a qualche mese fa. Tutti i produttori come noi sono in difficoltà ed è per questo che per far sentire la nostra voce ed evidenziare la crisi che ci sta penalizzando non possiamo pensare di andare in ordine sparso anche attraverso il ruolo di Api dobbiamo parlare all’unisono, intercettando strategie capaci di promuovere il brand di un prodotto come la trota, rispetto al quale l’obiettivo deve essere quello di guidare il consumatore verso un acquisto convinto e consapevole». Anna Mossini

PIT – Produttori Ittici Trevigiani Strada dell’Isola 22 31100 Telefono:Treviso0422 400306 E-mail: info@trotapit.it Fattoria Del Pesce Società Agricola Srl Via del Porto 56 27023 Cassolnovo (PV) Telefono: 0381 928691 E-mail: info@fattoriadelpesce.com Filetto di trota salmonata e le polpette di Fattoria Del Pesce.

acquacoltura.org

ASSOCIAZIONE PISCICOLTORI ITALIANI L’Associazione Piscicoltori Italiani (API) - riconosciuta con D.D. n. 225 del 4 luglio 2013, come Associazione nazionale delle imprese di acquacoltura con personalità giuridica, organismo professionale di categoria, ha come scopo la tutela, lo sviluppo ed il consolidamento di tutte le attività di allevamento ittico sia in acque interne che in acque marine e salmastre. Le aziende aderenti all’API rappresentano sia la piscicoltura d'acqua dolce che di acqua salmastra e marina, in impianti a terra o in mare aperto, impianti estensivi (vallicoltura) e coprono circa il 90% delle aziende di acquacoltura presenti in Italia.

Una svolta decisiva nello sviluppo dell’acquacoltura mondiale di Marco Saroglia pesci in allevamento intensivo, in un momento di crisi della disponibilità delle materie prime oltre all’elevato aumento degli stessi costi. Il simposio di Sorrento ha visto oltre 450 presenze di ricercatori e operatori del settore provenienti da 43 Paesi di tutto il mondo, i quali, nell’arco temporale di 4 giorni, hanno presentato e discusso i risultati delle loro più recenti ricerche nel settore della moderna nutrizione dei pesci. Un risultato di grande successo di presenze in parte inatteso, viste anche le problematiche ancora aperte legate ad una pandemia non ancora del tutto superata. Tuttavia, l’importanza delle tematiche dibattute, assieme all’urgenza del mondo produttivo di ricevere risposte dalla ricerca, ha fatto si che il convegno si rivelasse un grande successo internazionale.Unringraziamento particolare va al prof. ALESSIO BONALDO dell’Università degli Studi di Bologna per il grande lavoro svolto nella realizzazione dell’evento per la prima volta Il prof. Alessio Bonaldo e il dott. Brett Glencross all’apertura dei lavori.

Nella splendida cornice mediterranea di Sorrento (SA) si è svolto, dal 5 al 9 giugno scorsi, il XX Simposio Internazionale ISFNF ( International Symposium for Fish Nutrition & Feeding), l’evento più importante a livello mondiale sulla nutrizione e alimentazione dei pesci. L’edizione ISFNF di Sorrento (la prima volta in Italia) era intitolata: Toward Precise Fish Nutrition and Feeding, e l’intento era quello di fare il punto sulle nuove conoscenze circa i fabbisogni nutrizionali ed alimentari dei XX Simposio Internazionale (ISFNF) sulla nutrizione e alimentazione del pesce

44 IL PESCE, 4/22 ACQUACOLTURA

46 IL PESCE, 4/22 nella sede italiana. Il prof. Bonaldo infatti, dopo aver pazientemente negoziato per alcuni anni con i vertici dell’ISFNF, ha finalmente ottenuto l’approvazione per avere il simposio organizzato a casa nostra. A questo scopo è stato creato uno specifico Comitato Scientifico Internazionale, che ha visto la partecipazione di 10 tra i maggiori studiosi al mondo specializzati nella nutrizione del pesce, mentre localmente ha operato il comitato organizzatore col quale, sotto il coordinamento dello stesso prof. Bonaldo, hanno strettamente collaborato, oltre ai colleghi del suo stesso Ateneo, studiosi delle Università dell’Insubria in Varese, Udine, Torino, Firenze, Camerino, Napoli Federico II e Palermo. Dopo la cerimonia di apertura nell’elegante sala dell’Hotel Hilton, presieduta dallo stesso Alessio Bonaldo assieme al prof. BRETT GLENCROSS dell’Istituto di Acquacoltura dell’Università di Stirling (Scozia), ha preso la parola il primo Keynote Speaker, nella persona del dott. AUDUM LEM, Deputy Director della Fishery and Aquaculture Division della FAO, il quale ha brillantemente introdotto alle tematiche poi trattate dalle successive 80 comunicazioni orali, quasi tutte presentate da giovani ricercatori, ed 83 comunicazioni presentate mediante poster. In particolar modo, il dott. In alto: il dott. Audun Lem, direttore della Fishery and Aquaculture Division della FAO. In basso: la sala del convegno all’apertura dei lavori.

48 IL PESCE, 4/22 Lem ha sottolineato l’importanza dell’acquacoltura nel mondo, dove in questi ultimi anni la produzione di pesce allevato ha raggiunto e superato la quota di quello pescato, tanto che nel 2020 l’acquacoltura rappresentava il 56% della produzione disponibile di prodotti ittici per il consumo umano, contro il 44% della pesca. Il consumo pro capite di prodotti ittici è cresciuto da 9,0 kg nel 1961 a 20,5 kg nel 2019, anche se poi ha registrato un leggero calo. Negli ultimi decenni, il consumo pro capite di alimenti acquatici è stato fortemente influenzato dall’aumento delle forniture, dal cambiamento delle preferenze dei consumatori, dai progressi tecnologici e dalla crescita del Alreddito.finedi mantenere l’attuale consumo pro capite per la popolazione del 2050, occorreranno 181,8 milioni di tonnellate di prodotti ittici e la differenza non potrà che essere a carico dell’acquacoltura, la quale dovrà raggiungere una produzione di almeno 112 milioni di tonnellate. La consapevolezza della popolazione sui benefici di una dieta ricca in prodotti ittici consente comunque di ipotizzare che la domanda potrebbe crescere molto di più. Già la straordinaria crescita dell’acquacoltura degli ultimi decenni, assieme all’aumento dei prezzi delle materie prime a base di prodotti della pesca ed alla consapevolezza della necessità di un’acquacoltura sostenibile, ha indotto alla ricerca di sorgenti proteiche e lipidiche alternative, in particolare proteine ed oli vegetali, consentendo così di raggiungere le produzioni attuali, corrispondenti alle 87,5 milioni di tonnellate del 2020 (dati FAO, Sofia 2022), senza incidere ulteriormente sulle risorse oceaniche e riducendo il rapporto Fish-In/Fish-Out per alcune delle principali specie allevate a valori inferiori all’unità. La necessità di far fronte alla corrispettiva domanda di alimenti per pesci ha spinto l’industria e gli studiosi del settore alla ricerca di altre sorgenti di materie prime, che consentissero comunque una sempre maggiore indipendenza dell’acquacoltura dai prodotti della pesca. In Italia hanno contribuito a queste ricerche alcuni progetti dell’UE, assieme a finanziamenti del Consorzio AGER, coi progetti 4F eIlSushin.simposio di Sorrento ha posto in un certo senso una pietra miliare nella storia della nutrizione in ac quacoltura. Gran parte delle comunicazioni hanno infatti illustrato i nuovi risultati raggiunti in termini di sostenibilità dell’acquacoltura rispetto alle risorse, quindi sulla riduzione dell’impronta carbonica e dell’impronta idrica ( Carbon-footprint e Water-footprint ), in gran parte attraverso l’impiego di prodotti derivati da economie circolari. Anche tra gli operatori e ricercatori dell’acquacoltura è progressivamente aumentata la presa di coscienza circa l’emissione di gas serra. La ricerca del Life Cycle La XXI edizione del congresso si terrà a Puerto Vallata, in Messico, nel giugno del 2024.

In sintesi, dal XX simposio ISFN di Sorrento gli studiosi e ricercatori si sono resi conto delle problematiche che richiedono più urgentemente sforzi di ricerca, mentre l’industria mangimistica ha potuto prendere atto di risultati ormai consolidati provenienti dalla ricerca scientifica degli ultimi anni, oltre che delle prospettive aperte su nuove sorgenti proteiche e lipidiche, sullo studio delle quali i ricercatori stanno profondendo il loro impegno.

TM Assessment (LCA) è diventata uno strumento per lo studio degli impatti derivanti dalle componenti degli alimenti, oltre che dall’allevamento nel suo complesso. È con tale spirito che numerose presentazioni trattavano dell’impiego di PAP (Processed Animal Proteins) quali farine di pollo e di piume idrolizzate, emoglobina di pollo e di suino, oltre a farine di larve di insetti cresciute su substrati provenienti da sottoprodotti agroalimentari/ortofrutticoli, incluse le Single Cell Proteins (SCP) ed alcuni lieviti.Benché siano ormai disponibili buone alternative proteiche per la sostituzione delle farine di pesce, un grande problema è ancora rappresentato dall’approvvigionamento di oli contenenti acidi grassi altamente polinsaturi della serie Omega-3, quali EPA (C20:5 ω-3) e DHA (C22:6 ω-3), in sostituzione dell’olio di pesce. Sforzi di ricerca sono stati condotti per molti anni nel tentativo di produrre olio dalle alghe per sostituire l’olio di pesce a prezzi compatibili. Risultati incoraggianti, grazie anche a finanziamenti di Fondazione Cariplo, sono stati ottenuti dagli studi sulla produzione di una “pseudoalga” come Schizochytrium limacinum in regime di eterotrofia ed al buio, fermentata su substrati da economieNumerosicircolari.studi presentati al simposio di Sorrento riportano i risultati di ricerche condotte sia in laboratorio che in scala aziendale, utilizzando tali oli associati ad oli vegetali, in sostituzione parziale o totale dell’olio di pesce. Anche le metodiche di studio presentate hanno mostrato una svolta nel modo di affrontare lo studio della risposta del pesce alle nuove diete. Infatti, oltre agli studi zootecnici ormai tradizionali, basati sulle indagini fisiologiche, istologiche e molecolari, a Sorrento è diventato evidente come il mantenimento di un equilibrio microbico a livello intestinale rappresenti la chiave per un benessere nutrizionale negli allevamenti.

Un grazie a tutti gli operatori per la perfetta organizzazione del simposio di Sorrento ed un arrivederci al XXI congresso mondiale della nutrizione dei pesci che si terrà a Puerto Vallata, Messico, nel giugno del 2024. Marco Saroglia Già Ordinario presso Università degli Studi dell’Insubria Direttore World Aquaculture Society Nota Fotografie di Giorgio Bauce.

>> Link: www.isfnf2022.org

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50 IL PESCE, 4/22 La rivincita di Taranto: la sua cozza è ora presidio Slow Food di Chiara Papotti MITILICOLTURA

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Tra un muro di seconde case e capannoni, interrotti a fatica da macchie verdi di agrumeti, si giunge a Taranto, annunciata dalla sue immense acciaierie. Nel dilemma tra riconversione industriale e sviluppo del turismo, il capoluogo pugliese vive da anni una malinconica decadenza. Fortunatamente, Taranto non conosce declino per quanto riguarda i sapori della tradizione, legati all’incanto del mare, che sono rimasti quelli di un tempo. Oltre alle ostriche e alle alici, piccole e tenere, chiamate con poetica ghiottoneria “schiuma di mare”, sono le cozze a dominare le tavole cittadine.

Coltivate su fasciotti di lentisco immersi a pergolato nei cosiddetti “giardini” del Mar Piccolo, i cui fondali pullulanti di citri (sorgenti d’acqua dolce che sgorgano al mare) assicurano ai mitili succosità e sapore, le cozze tarantine sono da poco diventate presidio Slow Food. La mitilicoltura a Taranto ha origini La Cozza nera di Taranto oggi è un presidio Slow Food. Nel Tarantino l’ostricoltura era già fiorente in tarda epoca romana e nel Medioevo grazie alla bassa salinità in particolare del Mar Piccolo che favoriva il rapido accrescimento dei mitili. Nel XVI secolo i reggenti tarantini stabilirono nel Libro Rosso regole precise per evitare il sovrasfruttamento delle lagune costiere e i danni prodotti da alcuni attrezzi di pesca: un testo che sarà uno dei capisaldi della normativa sulla pesca del Regno d’Italia (photo © Marco Amatimaggio).

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antiche, i primi documenti risalgono al 1525, e il merito è senza dubbio delle condizioni ambientali uniche che caratterizzano il Mar Piccolo: «uno specchio d’acqua interno che è un ecosistema particolarissimo, caratterizzato dalla presenza di 34 sorgenti sotterranee di acqua dolce provenienti dalle Murge che vi confluiscono» spiega LUCIANO CARRIERO, referente dei produttori del presidio. Le cozze locali hanno trovato l’habitat ideale per svilupparsi e loro stesse fungono da “filtro” dell’acqua: «Se oggi scomparissero dal Mar Piccolo l’ecosistema cambierebbe radicalmente», racconta MARCO DADAMO, direttore della riserva naturale regionale Palude Vela di Taranto e membro dell’Advisory Board di Slow Fish, che ha collaborato allo sviluppo di tutela dei preziosi molluschi. Mitili e olive La vita dei mitili tarantini inizia nientemeno che dalle olive, altro prodotto tipicamente pugliese. Sono, infatti, i fiscoli, i dischi usati nella spremitura delle olive, il nutrimento principale delle larve. Si tratta, pertanto, di un fruttuoso riutilizzo che, altrimenti, sarebbe considerato rifiuto speciale. Fatti di canapa, vengono srotolati e trasformati in cime messe a pelo dell’acqua.Lapasta di olive del quale sono impregnati diventa cibo delle larve. Dopo un paio di mesi, avviene la fecondazione e le cozze vengono messe in pergolati di qualche metro di lunghezza, immersi nell’acqua.Lapratica di allevamento della cozza tarantina si basa, infatti, sull’uso di strutture portanti in legno o metallo, che vengono infisse sul fondo del mare per sostenere funi di fibra vegetale, a cui sono appese le cosiddette reste , calze di rete all’interno delle quali viene deposto il “novellame” (cozze di 1-2 cm di lunghezza). La produzione dei mitili comincia nel mese di novembre con la preparazione dei letti, ovvero le griglie di corda. A marzo i letti vengono staccati e le cozze vengono ripulite dalla presenza di parassiti o altri microrganismi e lasciate fuori dall’acqua per non più di 24 ore. Vengono, dunque, rigettate in mare fino al mese di aprile, quando verranno “sciorinate” (ossia stese al sole) e sottoposte al primo dei quattro innesti che garantiscono le produzioni successive. A giugno la cozza diventa adulta ed è pronta per essere messa in commercio, dopo circa 15 mesi, durante i quali l’attacco dei parassiti, un surriscaldamento dell’acqua o una mareggiata improvvisa possono danneggiare i pergolati e far perdere molti molluschi. La tutela dell’ambiente La produzione coinvolge una ventina di mitilicoltori e si concentra nel seA 12-16 mesi dal fissaggio delle larve le cozze sono pronte per essere commercializzate (photo © Marco Amatimaggio).

Il Centro Ittico di Taranto, partner Slow Food, riassume nella pratica i valori di merito che fanno di Taranto una città da prendere come esempio. I mitilicoltori tarantini sono stati tra i primi a sperimentare una rete per la pesca in materiale biodegradabile del tutto compostabile Grazie alla collaborazione con partner scientifici, come il CNR, e tecnici, come Novamont , solo nell’ultimo anno, i produttori che aderiscono al presidio sono riusciti ad eliminare 5 tonnellate di plastica dagli allevamenti di cozze. Un risultato importante per l’ecosistema marino che fa dei pescatori un orgoglio per la L’obiettivo,città. oltre a scongiurare il rischio di marine littering, cioè il rilascio di rifiuti in acqua, è quello di avviare un percorso di economia circolare per far sì che le reti, una volta esaurita la propria funzione, diventino compost utile per le aree verdi e quelle agricole del Tarantino. Tra i produttori che aderiscono al presidio c’è anche F RANCESCO MARANGIONE. «Faccio il mitilicoltore per amore — racconta —: amore del mare, delle albe e dei tramonti, della libertà. Quando il mare ti entra nelle vene, è difficile che poi esca: a me è capitato da ragazzino, quando ho cominciato a dare una mano a mio padre. Slow Food? È uno spiraglio di luce e di speranza». Le richieste di adesione da parte dei produttori continuano ad aumentare: segno della volontà di lasciarsi alle spalle l’immagine che per troppi anni ha accompagnato Taranto, riprendendosi quella vocazione storica legata al mare e alle sue eccellenze. «Questo è un presidio speciale, che va molto oltre il prodotto» conclude SERENA MILANO, direttrice di Slow Food Italia. «È una scommessa sul futuro di questa città». Chiara Papotti

condo seno del Mar Piccolo, una vera e propria oasi che ha permesso alla città di Taranto di riscattarsi dopo i problemi ambientali che l’hanno vista al centro delle cronache nazionali. La cozza tarantina è l’unica in Italia a subire continui controlli qualità da parte delle AUSL, con circa trecento analisi all’anno. I bivalvi, infatti, assorbono tutto quello che si trova nell’acqua in cui crescono, dal plancton agli scarichi industriali. La purezza dell’acqua, quindi, è fondamentale per la salute dei molluschi e soltanto quelle pescate in acque di classe A possono essere mangiate senza bisogno di ulteriori depurazioni. È grazie alle acque appositamente trattate e igienicamente controllate che le cozze di Taranto sono riuscite a distinguersi per qualità e unicità Una scommessa sul futuro della città Ma la conquista del presidio non è solo un investimento sulla salvaguardia della salute e dell’ambiente, ma anche un impegno nel contrastare i fenomeni dell’illecito e dell’abusivismo che vedono spesso per strada venditori ambulanti non autorizzati.

La qualità attraverso il miglioramento continuo è sempre stata la nostra massima priorità. Crediamo che i consumatori abbiano diritto ad un pesce gustoso, di alto valore nutrizionale, sicuro e sottoposto a severi controlli che ne garantiscano anche la sostenibilità verso l’ambiente. Siamo quindi impegnati ad implementare i migliori sistemi di Certificazione per la Sicurezza Alimentare e la Protezione del Consumatore.

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54 IL PESCE, 4/22 AZIENDE

Come molti altri Paesi del mondo, l’Italia sta volgendo lo sguardo verso la sostenibilità. Un movimento iniziato lo scorso anno quando il Marine Stewardship Council di MSC ha organizzato la prima settimana della pesca sostenibile in Italia e continua a prendere piede Come l’Italia, anche la Scozia ha a cuore la sostenibilità. La raccolta dei frutti di mare non è infatti solo una tradizione facente parte della cultura del Paese, bensì un impegno a nutrire la comunità tenendo in considerazione il nostro futuro. NATALIE BELL di SEAFOOD SCOTLAND ha dichiarato: «Gli allevatori e i pescatori scozzesi si considerano i custodi dei nostri mari e per un’ottima ragione. Hanno il massimo rispetto per l’ambiente e cercano di investire costantemente in pratiche sostenibili che assicurino un futuro per se stessi ma anche per le generazioni future». L’industria deve garantire che vengano eseguite pratiche di pesca responsabili, ma molti fornitori di prodotti ittici vanno al di là dei requisiti minimi richiesti.

sostenibileApprovvigionamento

Organic Sea Harvest Uno di questi fornitori è ORGANIC SEA HARVEST, ad oggi l’unica azienda in Scozia a produrre esclusivamente salmone biologico. Sebbene sia un’azienda relativamente piccola e operante ancora da non troppo tempo, con la sua prima raccolta di salmoni avvenuta nel 2021, Organic Sea Harvest sta aprendo la strada all’allevamento biologico di salmoni. Operando secondo alcuni degli standard di allevamento del salmone più severi al mondo, ha attualmente due siti marittimi situati al largo della costa nord-orientale dell’isola di Skye. Entrambi i siti sono ufficialmente certificati come biologici dalla UK Soil Association e tutte le fasi del processo di produzione sono certificate in maniera indipendente. Hanno anche ottenuto le certificazioni Canadian Organic Regulations (COR) e Bio Suisse (Svizzera).

ALEX MACINNES, uno dei direttori fondatori dell’azienda, ha dichiarato: «L’obiettivo di Organic Sea Harvest è sempre stato quello di allevare salmone biologico secondo gli standard più elevati, ma anche di restituire qualcosa alle comunità nelle quali operiamo. Stiamo realizzando questo obiettivo offrendo opportunità di lavoro ed economiche nell’area locale, oltre a garantire importanti certificazioni biologiche. Contiamo sulla nostra forza lavoro che si impegna ad aiutarci in questo e siamo molto orgogliosi dei nostri dipendenti che ci supportano per continuare il nostro seguire ORGANIC SEA HARVEST sulle loro pagine Facebook e Instagram per essere aggiornati sulle novità e ammirare quelli che sono i luoghi che qui chiamano “casa” oppure leggere il blog e le notizie sul sito ufficiale dell’azienda: www.organicseaharvest.co.uk

IL PESCE, 4/22 55 Lo sapevate che…

Organic Sea Harvest dimostra un impegno in prima linea per l’ambiente, a partire dalla comunità remota nella quale ha sede: la società ha infatti recentemente lanciato un fondo comunitario chiamato Bho Mhuir gu Tir (Dal mare alla terra) che finora ha assegnato oltre 25.000 sterline a comunità e progetti locali.

• Il settore del salmone in Scozia si impegna per sostenere i giovani: quasi un terzo della forza lavoro negli allevamenti ha meno di 30 anni.

Scottish Development International è l’agenzia ufficiale del governo scozzese che promuove i rapporti commerciali tra la Scozia ed Italia, con sede presso il Consolato Generale del Regno Unito a Milano. Per maggiori informazioni visita il sito www.sdi.co.uk oppure invia una e-mail a claudio.sinibaldi@scotent.co.uk

Gabbie d’allevamento dei salmoni di Organic Sea Harvest. Seafood Scotland aiuta i produttori, i trasformatori e i venditori di prodotti ittici scozzesi a esportare i loro prodotti nei mercati di tutto il mondo. Per ulteriori oenquiries@seafoodscotland.org.ukinformazioni:www.seafoodfromscotland.org@SeafoodFromScot@SeafoodFromScotland

•viaggio».Èpossibile

• Il salmone viene allevato in Scozia da secoli: il primo tentativo registrato di incubare e schiudere le uova di salmone risale al 1838, anche se è possibile che siano stati fatti tentativi antecedenti.

• Il salmone è uno degli animali d’allevamento più efficienti dal punto di vista energetico: nonostante sia spesso trasportato su lunghe distanze, la sua impronta di carbonio è solo un decimo di quella della carne bovina.

La nuova campagna affissioni prevede due momenti strategici: una prima parte, attiva dal 23 al 29 maggio, con tre teaser di forte impatto cromatico per suscitare curiosità nel pubblico con tre frasi volutamente intriganti: “Talmente fresco che vivo vivo ié”; “Di ghiacciato ci piacciono solo lo spritz e il margarita”; “Se all’ultimo minuto suonano al citofono, apri la porta del freezer” La seconda uscita, attiva dal 30 maggio al 4 giugno, presenta un adv che svela ed esplicita i prodotti del brand, in cui vengono evidenziate le caratteristiche Fidagel: senza ghiaccio aggiunto e la freschezza del pesce come in pescheria. «La campagna multisoggetto ripropone l’asset creativo lanciato lo scorso anno, un copy ad particolarmente ironico e creativo con un visual essenziale per sottolineare i tre aspetti caratteristici del brand Freschezza, praticità e assenza di ghiaccio aggiunto Fidagel lancia la nuova campagna advertising ed il suo posizionamento distintivo» spiegano BICE GUASTELLA e SARAH BERSANI di Industria01. «Insieme al CEO Carmelo D’Aita e con un lavoro che ha coinvolto i creativi del nostro staff, ci siamo posti come obiettivo quello di continuare a comunicare i valori del marchio con un linguaggio immediato e leggero che punta sulla franchezza e l’onestà, esattamente come l’azienda produce e commercializza le proprie referenze». Referenze e mercato L’assortimento Fidagel comprende 4 categorie ittiche (frutti di mare e crostacei, filetti, trance, molluschi) per un totale di 24 referenze di solo pesce al naturale con un packaging trasparente che enfatizza i valori del brand. Nel 2021 Fidagel ha registrato un incremento di fatturato pari all’1%. «Seppur minimo, l’incremento dello scorso anno rimane un

56 IL PESCE, 4/22 Freschezza, praticità e assenza di ghiaccio aggiunto. Sono i tre asset del brand FIDAGEL, divisione dell’azienda siciliana RIPOSTO PESCA SRL, su cui si concentra la nuova campagna advertising, ideata e realizzata dall’agenzia di comunicazione Industria01. «Abbiamo voluto rimarcare il posizionamento del nostro marchio — spiega CARMELO D’AITA, ideatore e responsabile Fidagel — sottolineandone i valori. La nostra storia è strettamente legata al mondo della pescheria e su questo legame puntiamo fornendo pesce lavorato col nostro distintivo metodo del senza ghiaccio aggiunto che permette di presentare sul mercato un prodotto ittico come se fosse acquistato dal pescivendolo di fiducia. Questo è il nostro punto di forza evidenziato anche in questa nuova campagna che ancora una volta gioca sull’effetto sorpresa».

Quello scelto per Fidagel è un copy ad particolarmente ironico e creativo con un visual essenziale per sottolineare gli aspetti caratteristici del brand ed il suo posizionamento.

L’obiettivo? Comunicare i valori del marchio con un linguaggio immediato e leggero che punta su franchezza e l’onestà, esattamente come l’azienda produce e commercializza le sue referenze.

IL PESCE, 4/22 57 dato significativo perché evidenzia una crescita rispetto al 2020, anno straordinario caratterizzato dal Covid e dalle relative restrizioni, durante il quale abbiamo ottenuto una crescita a doppia cifra pari al +21% circa» dichiara Carmelo D’Aita. «Il 2022 è un anno incerto caratterizzato dagli strascichi della pandemia, dalla guerra in Ucraina e dall’aumento dei prezzi che sta destabilizzando l’intero mercato, sia food che non food. Abbiamo dovuto rispondere a queste variabili adattando il prezzo dei nostri prodotti e seguiamo con molto interesse l’andamento altalenante del mercato e dei fatti di cronaca che condizionano anche il nostro business. Siamo comunque pronti a nuove sfide e a progetti importanti con l’obiettivo di continuare a crescere».

A destra: Carmelo D’Aita, ideatore e responsabile Fidagel.

>> Link: www.fidagel.it

58 IL PESCE, 4/22 Di ecosistemi sorprendenti ed economia circolare Parola d’ordine: sinergia! Ecco tutto quello che può nascere dalla pesca delle cozze de La Selvaggia di Marina di Ravenna da parte dei sub delle due cooperative “La Romagnola - Piccola e Media Pesca” e la “Nuovo ConiSub” nelle parti sommerse delle piattaforme offshore Eni di Chiara R. Zaccaroni

IL PESCE, 4/22 59 Già all’inizio dell’anno abbiamo pubblicato un paio di articoli su una realtà stupefacente come quella svolta dalle Cooperative di sub “La Romagnola – Piccola e Media Pesca” e la “Nuovo ConiSub” specializzate nella pesca della cozza d’alto mare La Selvaggia di Marina di Ravenna. L’ultimo sabato di giugno, nell’ambito della manifestazione “La Cozza di Marina di Ravenna in Festa”, sono stata invitata a partecipare ad un’escursione organizzata da Eni con lo scopo di mostrare come avviene la pesca delle cozze selvagge nelle parti sommerse delle piattaforme fondate sul fondale e, di notte, a “farmi compagnia” con il fascino delle loro luci, come fanno gli alberi nelle case, durante le feste di Natale. Questo senza trascurare la demonizzazione delle piattaforme, viste come un pericolo per l’ambiente a fronte dei grandi flussi economici dovuti dall’estrazione di idrocarburi.

Per questo motivo, quando ho incontrato i sub delle cooperative incaricate di pescare “La Selvaggia” di Marina di Ravenna, mi sono approcciata a questa realtà con particolare interesse: per la prima volta ero di fronte a una sinergia di metanifere metanifere Offshore. E, contestualmente, partecipare alla liberazione di due tartarughe, ricoverate già da due anni al Centro di terapia e riabilitazione per tartarughe marine di riferimento per l’area nord della Regione Emilia-Romagna, il CESTHA.Sonoromagnola e, come tutte le persone che abitano nelle zone marittime che si affacciano sul Mar Adriatico, Ionio e sul Canale di Sicilia sono stata abituata a guardare il mare osservando le piattaforme metanifere di Eni. Di giorno come immensi granchi con le zampe afLa piattaforma Agostino presso cui si è svolta la pesca de La Selvaggia di Marina di Ravenna.

60 IL PESCE, 4/22 interlocutori, Eni con le sue piattaforme, i sub incaricati di ripulire i piloni di sostegno delle strutture da cozze dall’eccezionale sapore, consistenza e pezzatura, e ricercatori del CESTHA specializzati nello sviluppo innovativo dei sistemi di pesca — di cui i pescatori sono partner — e nella riabilitazione della fauna marittima. Ma il tema che via via mi ha più coinvolto, oltre ad ogni mia previsione, è quello ecologico. In Italia — da stima del Ministero dello Sviluppo Economico — ci sono 138 piattaforme, alcune dismesse, altre affondate e altre ancora in utilizzo. Tutte però rappresentano un approdo, un’oasi di ecosistema marino, per tutte le specie marittime. Fino a diventare, barriere coralline artificiali. Mi spiego meglio: la zona di interdizione relativa alle piattaforme metanifere in Adriatico per tutte le navi e i galleggianti di sostare, esercitare la pesca, compiere attività subacquea o di altra natura varia da un minimo di 250 a 500 m e questo ha portato anche le specie marine che si pensavano scomparse dai nostri mari a trovare, nell’ombra di queste grandi strutture, il luogo migliore per crescere e riprodursi. Non è forse questa l’informazione più interessante per il nostro comparto? Noi che stiamo vivendo la più grande crisi del mare di sempre, noi che abbiamo vissuto di pesca per generazioni e che ora torniamo a casa con le barche vuote, dobbiamo sapere che il mare si ripopola quando viene tutelato e rispettato. Dobbiamo sapere che con la conversione ecologica, pratiche di pesca più attente e la collaborazione con i ricercatori degli enti senza scopo di lucro e delle Università italiane, potremo tornare a godere dei frutti del nostro Parteciparelavoro.a un’esperienza come quella organizzata da Eni mi ha dato la possibilità di parlare con tutte le parti coinvolte in questo lavoro sinergico e misconosciuto, e di comprendere — grazie a SAURO ALLEATI, presidente della Cooperativa La Romagnola — che, intorno al mare, possono nascere sinergie utili non solo alla tutela della fauna, ma anche che la ricerca può incentivare lo sviluppo dell’economia del mare; che la pesca può portare valore alle attività turistiche, oltre che soddisfare la richiesta delle strutture ricettive di un’intera nazione. Chiara R. Zaccaroni A sinistra: Sauro Alleati, presidente della cooperativa La Romagnola, e Simone D’Acunto, direttore del CESTHA, Centro Sperimentale per la Tutela degli Habitat di Marina di Ravenna (RA).

Il Relitto Piattaforma Paguro, sito di interesse comunitario Meta speciale per i tanti sub che ogni anno si immergono nelle acque del Mare Adriatico e ammirano con i propri occhi una barriera corallina artificiale è il Relitto della Piattaforma Paguro. La storia del Paguro, oggi rinato a nuova vita, si basa su un evento tragico risalente agli anni ‘60 che in poco tempo provocò l’incendio e lo sprofondamento della piattaforma metanifera. Da quel momento, il relitto del Paguro si è poco a poco trasformato nell’habitat ideale per moltissimi esemplari di flora e fauna marina tanto da meritare il titolo di sito di interesse comunitario, attribuitogli dalla regione Emilia-Romagna nel 2010. Reef e immersioni al relitto La Piattaforma Paguro è così diventata un paradiso dello scuba diving che ben si adatta ai sub più esperti date le difficoltà tecniche di immersione quali la visibilità e l’estensione del sito. La ricchezza delle forme di vita che popolano il relitto ripaga però delle fatiche affrontate. La Piattaforma Paguro è un reef artificiale, con un ambiente simile dunque a quello delle scogliere sommerse, dotato di una straordinaria diversità biologica che la rende unica in regione. Gli esempi di specie animali che si possono osservare in questo meraviglioso mondo subacqueo sono tanti. La parte più alta del relitto, a una profondità massima di 12 metri, è il regno di mitili e ostriche; anche i pesci sono più presenti nelle aree meno profonde, in cui nuotano scorfani neri, spigole, corvine, mormore, occhiate e gronghi. Sui fondali si osservano invece, fra le altre specie, le stelle marine. E poi l’astice, l’aragosta e il riccio di mare fra i crostacei, e ancora molte varietà di alghe e spugne. Fra i visitatori del relitto Paguro, infine, ci sono anche la tartaruga di mare (Caretta caretta) e il delfino (Tursiops truncatus) (fonte: Emilia-Romagna Turismo).

A sinistra: la liberazione di Gelo, una delle tartarughe ricoverate presso il CESTHA.

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AUTOMAZIONI, è oggi un partner di riferimento per le aziende del settore ittico e della molluschicoltura in particolare. A metà degli anni ‘80, infatti, i Bozzato furono pionieri nella progettazione e costruzione di macchinari dedicati in maniera specifica al settore dell’allevamento dei molluschi, come la prima confezionatrice dedicata ideata da un appena diciottenne Roberto Bozzato. «Una delle caratteristiche che non è mai cambiata in questi cinquant’anni e più e uno dei pilastri della società è il suo carattere artigianale, traducibile con la cura del dettaglio delle lavorazioni e il

AERRE è pronta ad affrontare coesa la sfida “futuro” di Gaia Borghi Alfredo e Roberto Bozzato, titolari di AERRE Automazioni Srl.

Artigianale, innovativa, italiana:

62 IL PESCE, 4/22 «Superati abbondantemente i cinquant’anni di attività familiare nel settore della progettazione e costruzione di attrezzature e macchinari automatici per il settore alimentare, con un focus su tutte le fasi di produzione e lavorazione dei prodotti ittici, AERRE AUTOMAZIONI è pronta ad accettare con entusiasmo la sfida “futuro”»: parola di ALFREDO e ROBERTO BOZZATO, titolari di questa azienda veneta di Chioggia fondata nel 1970 come Officina Bozzato dal padre VINCENZO, e dedicata allora alla costruzione di macchinari per le imbarcazioni da pesca. Evolutasi nel corso del tempo in AERRE cosiddetto saper fare artigiano , nonostante l’azienda si sia dotata di tecnologie all’avanguardia relative alla produzione» ci dicono PATRIZIA CROSARA e EVELIN TIOZZO, che in AERRE AUTOMAZIONI si occupano di comunicazione.«Lenostre realizzazioni, dalle più semplici alle più complesse, sono curate nei minimi dettagli con attenzione e sapienza artigianali senza rinunciare all’innovazione e precisione tecnologica. Ogni particolare è studiato e realizzato internamente con l’ausilio di macchinari di ultima generazione come taglio ad acqua e taglio laser».

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La forza lavoro, colonna portante dell’azienda AERRE Automazioni dispone di una gamma di prodotti standard che può essere tutta customizzata, è tutta personalizzabile seguendo le esigenze del cliente. «Grazie al nostro ufficio progettazione siamo in grado di partire dal “foglio bianco” con l’idea iniziale del cliente alla consegna del prodotto finito “chiavi in mano”, indifferentemente in Italia o all’estero» continua Patrizia Crosara. «Quello in AERRE è un team molto coeso, e sto parlando sia dei dipendenti storici che delle nuove leve in azienda. Un team che lavora a stretto contatto con i titolari con una visione di équipe, di scambio reciproco, sempre nell’ottica e nell’interesse del cliente finale».

La pandemia e le nuove progettazioni, trovare sempre la luce nel buio, il lato positivo «I mesi difficili del periodo di emergenza sanitaria legata al contenimento della pandemia e alle conseguenti chiusure sono stati vissuti con difficoltà da tutti» prosegue Patrizia Crosara. «Con lo spirito che ci contraddistingue e caratterizza la nostra fi losofi a lavorativa non ci siamo comunque fermati, approfittando di questo momento anzi per analizzare il comparto dell’alimentare e dell’ittico in particolare, pensando a nuove progettazioni, innovazioni, nuove soluzioni da proporre alla nostra clientela che si era improvvisamente trovata, per fare un esempio, col personale a casa. Nessuno dei nostri clienti si è fermato per mancanza del nostro servizio: ci siamo sempre e ci siamo stati anche in questo particolare momento di emergenza, mettendoci al servizio della nostra clientela, supportandola nel migliore dei modi per farla ripartire attraverso la tecnologia che avevamo e abbiamo a disposizione, dai canali multimediali alle varie piattaforme telematiche alla presenza di tecnici in loco, per rispondere alle varie necessità, ai singoli bisogni, alle richieste che arrivavano comunque dall’Italia e dall’estero. È stato un modo per fidelizzare ulteriormente il cliente questo è certo, ma anche un modo per metterci alla prova, al di là del fatto che speriamo vivamente non si debba ripetere mai più una situazione come quella che abbiamo vissuto». Un prodotto più salubre, un operatore che lavora in condizioni migliori «Il settore dell’alimentare tutto oggi si sta muovendo nella direzione di produrre in maniera più sana, affidabile. E un prodotto più sicuro e più salubre è legato a condizioni di lavoro migliori, con un operatore più protetto e tranquillo» continua Patrizia Crosara. «A volte si pensa che automatizzare significhi per forza togliere personale alla linea produttiva, ma non è sempre vero. Per noi automatizzare invece significa rendere la linea di produzione e lavorazione più sicura, far lavorare meglio il personale, in condizioni migliori, ottenendo un prodotto più salubre. I progetti e le innovazioni che sono nati durante il lockdown riflettono questo principio e li presenteremo a breve».

Vetrina rinnovata sul web e i social: il contatto diretto col cliente resta però imprescindibile È stato recentemente rinnovato il sito aziendale — www.aerreautomazioni.it —, attualmente in lingua italiana e inglese e a breve anche in lingua spagnola. «Abbiamo reso il nostro sito più moderno e lo abbiamo arricchito di contenuti ed esempi della nostra produzione» puntualizza Evelin Tiozzo. «Il sito è suddiviso in varie sezioni, con il racconto della nostra storia, di ciò che siamo e di ciò offriamo, dalla consulenza alla progettazione all’assistenza finale, con la spiegazione dei vari prodotti suddivisi per categorie, dei materiali, la ricambistica, ecc… L’azienda è presente anche sui social, con una pagina Facebook (in crescita a livello di riscontro tra gli utenti) e il canale youtube, che sono collegati fra loro e che possono risultare molto utili a chi ha necessità di capire esattamente cosa facciamo, avendo pubblicato anche quelle che Per noi automatizzare significa rendere i macchinari e quindi la linea di produzione e lavorazione più sicura, far lavorare meglio il personale, in condizioni migliori, al contempo un prodotto più salubre Il sito di AERRE Automazioni recentemente rinnovato.

ottenendo

Linea confezionamento Aerre MW12+12 Teix bag prodotto delicato, attrezzatura specifica per il confezionamento automatico di prodotti sfusi in sacco di rete tubolare. Realizzata integralmente in acciaio inox e materiali atti all’ambiente alimentare-marino. Il sistema permette di realizzare in automatico piccole confezioni da prodotto sfuso direttamente utilizzando rete tubolare. La chiusura della confezione avviene mediante clips da filo continuo in alluminio. Di serie sono installati una stampante a trasferimento termico ed applicatore di etichette preformate. La gestione avviene mediante schermo touch screen programmabile il quale controlla il nastro di carico, la pesatrice multicella MW12+12, la confezionatrice Teix bag, il sistema applica e taglia etichetta, il nastro di uscita. Capacità di realizzare piccole confezioni da 200 a 2500 gr in automatico e di riempire sacchi in modo semiautomatico fino a 5 kg per singolo scarico. Caratteristica di questa linea è la confezionatrice speciale per il prodotto delicato che include un sistema dedicato per il tiro rete e parametrizzazione delle ricette specifiche. sono le domande più frequenti che ci vengono poste e le relative risposte. Una parte importante ed utile è quella relativa ai video di funzionamento dei nostri macchinari, con le macchine in movimento, durante la lavorazione di prodotto, ecc… o nella loro evoluzione, con immagini di repertorio e esempi di realizzazioni in Italia e all’estero». «Quella del sito e delle pagine social è una vetrina certamente molto importante per noi, con la quale intendiamo fornire alla clientela nuova ed effettiva spunti, occasioni di riflessione, idee, ma il contatto diretto per noi resta basilare» aggiunge Patrizia Crosara. «La nostra clientela è molto varia, dal piccolo pescatore alla media e grande azienda, con una percentuale maggioritaria di estero che oggi ci sta ripagando moltissimo. Speriamo comunque che l’Italia possa ripartire al più presto». La partecipazione a Conxemar Nel 2019 AERRE ha partecipato alla fiera Conxemar di Vigo, in Spagna —una delle tre fiere europee di riferimento per i prodotti ittici surgelati e congelati — presentando con successo la prima confezionatrice per il prodotto “delicato”, realizzata anche in versione 4.0 e attualmente prodotto di punta dell’azienda. La fiera quest’anno, tornata finalmente in presenza, si svolgerà dal 4 al 6 ottobre (conxemar.com). «Abbiamo deciso di partecipare nuovamente a Conxemar: sarà l’occasione per far vedere le nostre nuove proposte ai clienti che, conoscendoci, si aspettano sempre qualcosa di nuovo» conclude Patrizia Crosara. «Come si può leggere anche nel nostro sito, AERRE è un’azienda che “guarda sempre al futuro”, non si ferma mai, è in evoluzione costante. E se ci guardiamo indietro è soltanto per mantenere la consapevolezza del dove siamo partiti, quali sono i valori che ci contraddistinguono, ovvero l’essere artigiani, con tutto ciò che questo termine comporta, e fare tutto noi, in Italia, fornendo un prodotto sicuro al 100% e di qualità».

AERRE Automazioni Srl Via 1o Maggio 56 Fraz. Ca’ Lino – 30015 Chioggia (VE) Telefono: 041 5535028 E-mail: info@aerreautomazioni.it Web: www.aerreautomazioni.it

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Gaia Borghi

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Il prestigioso riconoscimento segue quanto accaduto dopo due anni di pandemia, dove tutte le aziende sono state costrette ad approcciarsi alla digitalizzazione, anche se adesso è necessario che il sistema passi da una digitalizzazione per necessità a una digitalizzazione per consapevolezza: un cambiamento Alessandro Cuomo riceve l’importante riconoscimento PMI Awards 2022 dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano.

La filosofia e l’etica aziendale insite nella vision Stagionello ® Store , tesa a sostenere e diffondere una vera cultura dell’innovazione nell’ambito della tutela del mare e della produzione e trasformazione delle carni di pesce, sono state apprezzate e premiate con il PMI Awards 2022 dall’ Osservatorio Una tradizione ben riuscita per una nuova cultura di Innovative Artisanal Food Devices Stagionello® Academy Factory Network vince il PMI Awards 2022 col progetto “Produco, Ottimizzo, Risparmio”

La

Innovazione Digitale nelle PMI della School of Management del Politecnico di Milano, che ha inteso evidenziare così l’importanza dei percorsi, delle sfide, dei benefici e degli ostacoli che un approccio di digitalizzazione ecosistemica nel settore delle carni ittiche comporta per le PMI italiane.

IL PESCE, 4/22 che va necessariamente condiviso con gli ecosistemi produttivi in cui operano le aziende e gli esercizi che si occupano di trasformare e vendere prodotti a base di pesce. La Stagionello® Store, azienda che ha dimostrato di saper anticipare di molti anni i cambiamenti oggi in atto, è risultata vincente tra tutti i candidati oggetto di selezione e valutazione da parte di esperti, docenti e ricercatori dell’Osservatorio, proprio per i singolari e originali contenuti insiti nella visione del suo principale ispiratore e guida, ALESSANDRO CUOMO, da sempre sensibile verso l’idea di assorbire e praticare nelle sue attività il paradigma dell’Open Innovation, con cui peraltro è riuscito a rendere distintiva la sua impresa, sia per unicità ed efficacia che per le soluzioni adottate.

La community del cibo tradizionale, fondamento della rivoluzione alimentare e innovativa di Alessandro Cuomo, si compone di migliaia di chef, addetti alla pescheria, veterinari, pescatori, nutrizionisti, trasformatori di prodotti alimentari, attivisti gastronomici e amanti del buon cibo e delle sane tradizioni alimentari.

Il concetto di innovazione e trasformazione digitale della prima «Tutto questo sviluppo futuro, compreso quello tecnologico e digitale — ha dichiarato Alessandro Cuomo nel ricevere il PMI Awards 2022 — avrà senso però solo se sapremo raccontare e vivere il vero significato della natura, delle tradizioni e dei saperi contadini, ritrovandoci in un continuo scambio con imprenditori, professionisti, ricercatori e una nuova generazione di giovani interessati alle produzioni alimentari tradizionali, sensibilmente in contatto con la terra, rispettosi dell’animale destinato al sacrificio, ma anche attenti alla nutraceutica e alla tutela, valorizzazione e degustazione degli antichi sapori».

L’azienda, rifacendosi al concetto ispiratore di Cuomo, per cui l’innovazione è una tradizione ben riuscita, si rivede in tutto e per tutto nella veste sociale di community con innovativi dispositivi 4.0 applicati al Cuomo Method®, un processo di fermentazione e maturazione controllata delle carni di pesce con la verifica e il governo del pH e la gestione di elementi fisici naturali, attraverso cui si è rivoluzionato il mondo della produzione locale, che porterà sempre più verso un’autonomia provinciale, regionale e nazionale delle lunghe maturazioni del pesce fresco locale e delle produzioni di salumi di mare.

all’azienda di raggiungere presto degli importanti obiettivi strategici, aumentando significativamente la propria capacità di produzione, attraverso l’ottimizzazione dei processi e l’implementazione di un software gestionale che aiuterà ad incontrare le esigenze di un mercato in forte incremento sino a conquistare nuove fette di mercato».

Traditional Food Community, relativo ai vari settori delle filiere alimentari del mondo della pesca, è legato soprattutto alla salvaguardia e al rinascimento del sistema alimentare tradizionale, oggi drammaticamente alla deriva: una comunità in cui si condivideranno tutte le conoscenze incluse nella visione del Cuomo Method®, anello di congiunzione tra il modo dei pescatori, gli operatori del settore ittico e le generazioni future. «Tutto questo sviluppo futuro, compreso quello tecnologico e digitale — ha dichiarato Alessandro Cuomo nel ricevere il premio — avrà senso però solo se sapremo raccontare e vivere il vero significato della natura del mare, delle tradizioni e dei saperi dei pescatori, ritrovandoci in un continuo scambio con imprenditori, professionisti, ricercatori e una nuova generazione di giovani interessati alle produzioni alimentari tradizionali, sensibilmente in contatto con gli ambienti acquatici, ma anche attenti alla nutraceutica e alla tutela, valorizzazione e degustazione di sapori autentici».

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L’innovazione tecnologica rappresenta certamente un’opportunità per tutti ed è il miglior veicolo su cui far viaggiare lo sviluppo e la creazione di un modello sociale di benessere diffuso, specie per quanti operano e vivono con le risorse del mare, sempre che non si perda di vista il vero fulcro di una innovazione etica e responsabile: ovvero, le conoscenze relative al grande patrimonio culturale di cui sono dotate le tradizioni alimentari e la capacità di produrre prodotti sani e nutrienti, genuini e con proprietà nutraceutiche fondamentali per la nostra vita. «Siamo convinti della necessità che ognuno deve fare la propria parte — ha proseguito Cuomo nel suo intervento alla cerimonia —, creando un ecosistema fertile e sostenibile entro cui le comunità aziendali possano procedere in modo uniforme nella trasformazione della propria attività, elaborando nuove visioni grazie a una crescente maturitàLadigitale.Stagionello® Store ha messo su un progetto che consentirà Ogni successo è frutto di impegno e lavoro di gruppo. Il mondo Stagionello è composto da una grande Family Company distribuita in ogni continente, con tanti collaboratori motivati e uniti da un grande spirito di appartenenza.

>> Link: www.stagionellostore.com

Per il raggiungimento dell’importante riconoscimento PMI Awards 2022, Alessandro Cuomo si è affiancato alle competenze tecniche dell’inseparabile Salvatore Liguori e, per la transizione digitale aziendale, all’esperta gestionale Giuliana Gerace e agli ingegneri Matteo Pasqualotto e Giuseppe Caristo, oltre a tutti i tecnici dei reparti di produzione della Stagionello® Store Arredo Inox.

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Lo scorso 1o maggio è stata, infatti, inaugurata una nuova sede in Serbia, la prima al di fuori dell’Italia, che si affianca alla sede storica di Carmignano del Brenta, in Veneto, nella quale resterà l’Headquarter e dove continuerà ad essere sviluppata tutta la politica commerciale. IPV PACK DOO, questo la denominazione della IPV PACK Srl: un futuro in crescita e un nuovo impianto produttivo europeo Inaugurata il 1o maggio la nuova sede in Serbia per la produzione di packaging con i più alti standard qualitativi IPV PACK DOO, la nuova sede in Serbia, testimonia la grande e rapida evoluzione dell’azienda, che ha saputo in brevissimo tempo internazionalizzare la propria offerta, dialogando con grandi player nazionali e europei grazie ad una proposta packaging di altissimo livello

Simone Palma, CEO e founder di IPV PACK Srl. nuova sede, testimonia la grande e rapida evoluzione dell’azienda che ha saputo in brevissimo tempo internazionalizzare la propria offerta, dialogando con grandi player nazionali e europei grazie ad una

IPV PACK Srl, uno dei principali player italiani nel settore del packaging, ufficializza un nuovo passo avanti nel proprio percorso di crescita e consolidamento a livello europeo.

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prodotti ittici È operativo fino al 14 agosto 2022 per richiedere un contributo a Fondo perduto del 50% per gli investimenti nel settore della trasformazione e commercializzazione prodotti ittici per: 1. costruzione, ampliamento e ristrutturazione di immobili destinati strettamente all’attività di trasformazione e commercializzazione; 2. acquisto di impianti e macchinari di lavorazione, refrigerazione;confezionamento, 3. acquisto di celle di stoccaggio e produttori di ghiaccio; 4. acquisto di automezzi coibentati con gruppo frigorifero non amovibile o di cassoni coibentati su camion per non interrompere la catena del freddo; 5. investimenti diretti al miglioramento dell’efficienza energetica ed ambientale, con l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile prodotta e reimpiegata in azienda; 6. spese per il miglioramento delle condizioni d’igiene, sanitarie, dei sistemi di produzione; 7. acquisto di hardware e software dedicati ai processi produttivi e commerciali; 8. spese generali, spese tecniche, spese di consulenza, ecc… Per approfondimenti, siamo a disposizione per visite. ConTelefono: 0545 84488 335 6060351 Giacomo 338 8918366 Marco Fax: 0545 84555 E-mail: info@fabosi.it Web: www.fabosi.it 72 IL PESCE, 4/22

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L’acquacoltura di specie destinate al consumo umano rappresenta oggi un motore economico in continua espansione, nell’ottica di una crescita esponenziale della domanda di mercato ed in vista di un aumento demografico che si stima possa raggiungere i 9 miliardi di persone nel 2050.

La ricerca riveste da sempre un ruolo chiave per la crescita di un Paese e rappresenta la base per lo sviluppo di nuove tecnologie a sostegno di un corretto sviluppo socio-economico. Il dottorato di ricerca rappresenta il livello di istruzione più alto e in Italia è rappresentato da un percorso triennale durante il quale lo studente, vincitore di una selezione pubblica, sviluppa una specifi ca tematica sotto la supervisione del proprio tutor universitario. Al fine di stare al passo con le richieste del mercato, oggi molti dei percorsi di dottorato sono proprio supportati da aziende che intendono investire ed investigare in campi di loro interesse. Questo genere di percorso rappresenta sicuramente una strategia vincente in quanto, se da una parte si fornisce ad uno studente meritevole la possibilità di “crescere” nel campo scientifico, dall’altra si soddisfano le richieste delle aziende andando ad investigare proprio in quelle aree che per l’azienda sono strategiche.IlDipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente, dell’Università Politecnica delle Marche, da anni adotta con successo questa strategia e brevemente il presente articolo vuole esporre ai lettori una di queste collaborazioni tra mondo accademico ed aziendale. Da un problema globale e da un interesse aziendale sta infatti nascendo un’interessante sperimentazione.

Percorsi di dottorato di ricerca: opportunità di innovazione e crescita professionale per studenti ed aziende di Federico Conti, Matteo Antonucci, Gaia De Russi, Matteo Zarantoniello, Basilio Randazzo, Tyrone Lucon-Xiccato, Cristiano Bertolucci, Ike Olivotto

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La problematica Ad oggi, l’acquacoltura di specie destinate al consumo umano rappresenta un motore economico in continua espansione, nell’ottica di una crescita esponenziale della domanda di mercato ed in vista di un aumento demografico che si stima possa raggiungere i 9 miliardi di persone nel 2050. Secondo la FAO (2018), nel periodo 2001-2016 la produzione nel settore dell’acquacoltura è cresciuta in media del 5,8% ogni anno; tale tendenza, tuttavia, implica un’adeguata gestione delle risorse al fine di evitare che l’aumento della produttività impatti negativamente sull’ambiente.Fragliaspetti che in acquacoltura necessitano di particolare attenzione va sicuramente menzionato il settore della mangimistica sia per i suoi aspetti economici che per quelli ambientali. Infatti, se da un lato l’allevatore è interessato ad alimenti che promuovano benessere, qualità e crescita degli animali allevati, dall’altra oggigiorno si presta molta attenzione al costo dei singoli mangimi. In merito a quest’ultimo aspetto va infatti ricordato che mangimi formulati con ingredienti differenti possono sia avere prezzi differenti, ma possono anche essere ingeriti, digeriti ed assimilati in maniera eterogenea dai pesci. Pertanto, un mangime poco appetibile rappresenta non solo uno spreco economico per l’allevatore, ma anche un potenziale rischio per l’ambiente, in quanto il carico organico (sia esso derivato da una scarsa accettazione del cibo-spreco alimentare, sia da una produzione eccessiva di feci-scarsa assimilazione) può causare un importante impatto ambientale.

Le nuove formulazioni mangimistiche devono perciò tener conto non solo delle caratteristiche atte a garantire il benessere e il fabbisogno nutrizionale dei pesci allevati, ma anche della digeribilità e dell’appetibilità dei mangimi, che inevitabilmente incidono su un’assunzione più o meno efficiente dell’alimento con possibili ripercussioni sull’economia aziendale e sull’ambiente. Mentre in passato le formulazioni mangimistiche erano basate su un massivo uso di ingredienti marini, come farine ed oli di pesce, oggi per ragioni di sostenibilità, una serie di ingredienti alternativi (di origine vegetale, derivanti da sottoprodotti di altri settori produttivi, insetti e altro), sono impiegati per le nuove e più sostenibili formulazioni mangimistiche. Ciononostante, l’utilizzo di ingredienti di nuova generazione spesso impatta negativamente sull’appetibilità dei mangimi, che per tale motivo devono necessariamente essere integrati con additivi di diversa natura. Ad oggi, una serie di additivi di origine naturale vengono utilizzati come stimolatori dell’appetito, ma molti di essi derivano da prodotti della pesca, non garantendone quindi la sostenibilità. Proprio da queste problematiche è nata la collaborazione con To Be Pharma Srl di Teramo, azienda specializzata nella produzione di aromi a scopo alimentare. La collaborazione ha previsto quindi un cofinanziamento da parte dell’azienda per provare, durante il percorso di dottorato cofinanziato, a risolvere le questioni sopra descritte.

Il progetto Nello specifico l’azienda ha richiesto di indagare in merito ad additivi alimentari finalizzati al miglioramento dell’appetibilità dei mangimi utilizzati in acquacoltura. L’attività di ricerca ha come obiettivo quello di testare gli effetti di un set di additivi alimentari prodotti da To Be Pharma Srl, individuando e focalizzando l’attenzione su quelli che avranno effetti attrattivi nei confronti dei pesci. I prodotti, di natura sintetica, permetteranno innanzitutto di preservare le materie prime che vengono utilizzate per produrre i corrispettivi additivi naturali, cavalcando l’onda di uno sviluppo più sostenibile nell’ambito dell’acquacoltura. Inoltre, la ricerca non si baserà solo su semplici osservazioni, ma si avvarrà anche di moderne tecniche di istologia, biologia molecolare, spettroscopia e gas cromatografia, anche grazie a collaborazioni con altri enti di ricerca, al fine di comprendere i meccanismi alla base di crescita, alimentazione, risposta allo stress, risposta immunitaria, stimolo dell’appetito e dei centri del piacere nei pesci allevati con tali additivi. I diversi step progettuali Il progetto è iniziato con una fase preliminare finalizzata a testare una serie di additivi messi a disposizione dall’azienda, su una specie che Gli zebrafish (Danio rerio).

Lo step successivo è stato infatti quello di addizionare gli additivi scelti ad un mangime per zebrafish, al fine di valutare gli indici biometrici e il tasso di consumo alimentare, lo stato di benessere degli animali e i meccanismi di regolazione dell’appetito. I risultati sono attualmente molto incoraggianti e sembra proprio che alcuni degli additivi impiegati favoriscano non solo la crescita e il benessere animale, ma anche un consumo migliore dell’alimento. Al fine di garantire un’applicabilità dei risultati su larga scala, la stessa sperimentazione sarà poi effettuata anche su spigola (Dicentrarchus labrax), la specie marina più allevata in Italia. Lo scopo finale del progetto è quindi non solo quello di migliorare le buone pratiche in acquacoltura, ma anche di sviluppare una tecnologia semplice ed economica che permetta di addizionare i singoli aromi in maniera rapida, economica ed efficace, in modo da promuovere la produttività del settore garantendo al contempo un risparmio economico. La ricerca rappresenta un mezzo a supporto delle aziende che credono nel futuro.

rappresenta ad oggi un consolidato modello sperimentale, lo zebrafish (Danio rerio). La scelta di questa specie ha dei notevoli vantaggi; presenta infatti un genoma completamente sequenziato, nonché un’elevata fecondità, che, unitamente ad un ciclo vitale breve, permettono di svolgere in tempi rapidi sperimentazioni sull’intero ciclo vitale dell’animale. In collaborazione con il gruppo di ricerca del prof. CRISTIANO BERTO LUCCI, dell’Università degli Studi di Ferrara, è stato innanzitutto eseguito un test comportamentale sullo stadio larvale di zebrafish, per individuare quali fossero le tipologie di additivi preferiti dai pesci. Questo test preliminare ha permesso di orientarsi tra la moltitudine di additivi forniti dall’azienda, al fine di scartare tutte le categorie di additivi che mostravano effetti repellenti. Gli additivi sono stati testati singolarmente aggiungendoli ad una spugnetta che veniva poi posta nella vaschetta di osservazione.

Attraverso una videocamera è stato valutato il comportamento dei pesci monitorando i movimenti di “fuga” o di “avvicinamento” nei confronti degli additivi testati. In questo modo è stato possibile selezionare gli additivi con l’effetto attrattivo migliore, con i quali effettuare una sperimentazione più approfondita.

Federico Conti MatteoBasilioZarantonielloRandazzoIkeOlivotto

Dipartimento di Scienze della Vita e Universitàdell’Ambiente,PolitecnicadelleMarche,Ancona Matteo Antonucci To Be Pharma Srl Sant’Egidio alla Vibrata (TE) Gaia De Russi TyroneCristianoLucon-XiccatoBertolucci Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie, Università di Ferrara, Ferrara

78 IL PESCE, 4/22 CONSUMI

Gli Italiani si rivelano consumatori sempre più orientati al salmone. La penetrazione del salmone nel mercato italiano è pari al 73,1% e il sushi si conferma una modalità di consumo tra le preferite per il 38%. On-line, benessere e attenzione alla sostenibilità: i trend del prossimo futuro lordo) in termini di volume nell’ultimo decennio, dal 2011 al 2021. Inoltre, il cliente italiano rimane un consumatore sempre più orientato al salmone. Questo andamento è confermato nell’anno 2021 e nella prima parte del 2022, e tutti i parametri di consumo sono in crescita (fonte: GFK Consumer Panel Italy): • frequenza di acquisto del salmone pari al +4,3%; con uno sguardo agli scenari futuri del settore e le nuove abitudini dei consumatori italiani We love Salmon Dai dati presentati durante il seminario, per quanto riguarda il mercato del salmone è emerso un aumento considerevole delle esportazioni dirette di salmone norvegese in Italia, registrando un +188% (fonte: Norwegian Export Statistics, peso Gunvar Lenhard Wie, direttore Italia del Norwegian Seafood Council.

In occasione dell’annuale seminario sul salmone norvegese organizzato dal Norwegian Seafood Council (15 giugno, Palazzo Stelline, Milano), con un saluto iniziale dell’ambasciatore della Reale Ambasciata di Norvegia, JOHAN VIBE, alla presenza dei rappresentanti dell’industria, del settore retail e HO.RE.CA. del mercato ittico, sono stati illustrati i trend di mercato del 2021, i consumi e le vendite del salmone in Italia,

Italiani: appassionati di salmone, soprattutto se norvegese!

Aumentata la percentuale di riciclo del 20% Aumentata la percentuale di riciclo del 45% 2019 2020 65% Obiettivo 2022 Percentuale del riciclo pari al che per il mareRicicliamo Amiamo +39 081 773 5794 Via Palazziello, 129 80040 Volla (NA) Latomare Via Lucullo, 57 80070 Bacoli (NA)

>> Link: pescenorvegese.it Johan Vibe, ambasciatore della Reale Ambasciata di Norvegia.

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• spesa di salmone per acquirente è pari a +5,9%; • penetrazione del salmone rispetto ai prodotti ittici pari a Questa73,1%.dinamica conferma quanto il salmone continui ad essere tra gli alimenti preferiti dagli Italiani in tutte le sue tipologie dal salmone affumicato (59,7% della penetrazione del mercato del salmone) al salmone fresco (30,1%) fino a quello congelato (15,2%). Dai dati presentati della ricerca GFK Changes in buying behavior and opportunities for Salmon in Italy (fonte: GFK Consumer Panel Italy) è emerso il trend positivo da parte degli Italiani relativo al consumo Out Of Home: in particolare la richiesta dei piatti di pesce è pari al 46 % e si conferma l’interesse da parte degli Italiani per la cucina giapponese, con un consumo di sushi pari al 38% (fonte: GFK OOH Shopper Tracker) Inoltre, da un’indagine svolta dal Norwegian Seafood Council in 27 mercati a livello globale, è emerso che 7 consumatori su 10 danno molta importanza all’origine di un prodotto, che diventa uno dei fattori determinanti nella scelta di acquisto dei prodotti ittici.

Grazie al marchio “ Seafood From Norway”, che rappresenta il simbolo di origine di tutti i prodotti ittici norvegesi, per ogni consumatore è facile acquistare prodotti sicuri e di qualità, come ovviamente il salmone norvegese, allevato in maniera sostenibile nelle limpide acque fredde della Norvegia. «Sappiamo quanto i consumatori siano sempre più attenti alle tematiche ambientali e quanto sia sempre più rilevante l’origine di un prodotto. Il nostro marchio ci consente di accrescere la fiducia dei consumatori riguardo l’affidabilità del salmone norvegese» ha dichiarato

GUNVAR LENHARD WIE, direttore Italia del Norwegian Seafood Council. «Grazie al connubio tra la nostra esperienza secolare e le tecnologie avanzate di cui disponiamo possiamo promuovere uno sviluppo sicuro e salutare della nostra acquacoltura norvegese». Gli scenari per il futuro Per proseguire il trend positivo di crescita nel mercato italiano è sicuramente necessario essere presenti nei canali emergenti della GDO (come l’on-line) che si sono distinti durante l’ultimo periodo per qualità, convenienza e praticità in fase di acquisto. Ma non solo! I consumatori italiani sono sempre più esigenti e seguono dinamiche di acquisto legate al benessere riconoscendo il salmone norvegese come pesce sano e ingrediente ideale per un’alimentazione corretta a tutte le età, in quanto fonte di Omega-3 e ricco di proteine nobili, sali minerali e vitamine.Infine,è fondamentale ampliare il target e rivolgersi anche a quei consumatori sempre più sensibili verso i prodotti sostenibili. In questo contesto, occorre sottolineare quanto l’acquacoltura norvegese sia all’avanguardia rispetto ad altri Paesi: ogni allevamento è rigorosamente tenuto sotto controllo tramite un programma di ispezioni regolari e di analisi di laboratorio che hanno lo scopo di verificare gli aspetti ambientali, lo stato di salute e la qualità dei pesci. Basti pensare che, secondo un ultimo studio, il 99% del salmone norvegese d’allevamento è stato prodotto senza alcun trattamento antibiotico, un traguardo importante che rappresenta una garanzia di qualità e sostenibilità per i consumatori «Per il Norwegian Seafood Council è importante promuovere la cultura del pesce norvegese in Italia, ed in particolare quella del salmone, un alimento sano, versatile e di qualità» commenta Gunvar Lenhard Wie. «I risultati positivi riscontrati in questo ultimo periodo ci stimolano a impegnarci sempre di più per confermare questo trend di crescita».

da oltre vent’anni rappresentiamo il meglio del mare ittigel.itP.le Caduti del Lavoro, 1 - 43052 Colorno-Parma - Italy Tel. +39.0521.313.375 - Tel. ittigel@ittigel.it+39.0521.310.527-www.ittigel.it Close to Excellence REGNO UNITO CAPPESANTEGRANCIPORROSCAMPICALAMARISEPPIE IRLANDA TOTANIRANAPESCATRICESCAMPICALAMARISGUSCIATISCAMPITOOTANI SPAGNA TOTANIPESCESEPPIEPOLPICALAMARISPADAVERDESCAPAVERDESCA PORTOGALLO POLPI ECUADOR MAZZANCOLLE PERÙ TOTANI CILE COZZE GHANA SEPPIEPOLPI OLAN SFIOGLIOL FRANCIA CAPPESANTEBRANZINOCALAMARISEPPIENERE INDIA SEPPIEMAZZANCOLLECALAMARIGAMBERIPOLIPETTI POLONIA SALMONE CINA CALAMARI TOTANI C NA FILETTI DI MERLUZZO FILIPPINE POLPI ZELANDANUOVA TOTANI INDONESIAZELANDA CALAMARISEPPIE POLIPETTIOLPI TUNISIA SEPPIE MAZZANCOLLE GRANCHIO MOSCARDINIANCOLL SUD AFRICA CALAMARICALAMARIARAGOSTESEPPIEPOLPI MAROCCO E MAURITANIA

di Massimiliano Rella Lanzarote è tra le più incantevoli delle Canarie, l’arcipelago spagnolo al largo delle coste del Marocco, nell’oceano Atlantico. Isola vulcanica, terra di vino, è anche e soprattutto un luogo di pesca grossa: tonni, cernie, blue marlin, solo per citare i big size della fruttuosa attività ittica locale che non disdegna taglie “minori” come polpi, jurel (sugarello mediterraneo), salpe (saleme), saraghi, meri (sottofamiglia delle Epinephelinae), ecc… Tra le bontà del mare anche il “gambero soldato” e i lapas, una specie autoctona di patella.Poco tempo fa, proprio sulle quote del tonno i pescatori canari hanno promosso una protesta ricordata per mesi nei porticcioli con teli e cartelli contro Bruxelles, sui quali campeggiava la parola d’ordine “Un Hombre Un Anzuelo” (Un Uomo Un Amo ), per portare all’attenzione della politica comunitaria la specificità della pesca al tonno alle Canarie. «A noi abbassano le quote, ad altri le alzano, ma qui il tonno si pesca a canna», puntualizza il cuoco-pescatore DAVID GARCÍA della Cofradía La Tiñosa Le Cofradías sono confraternite di pescatori dislocate nei villaggi dotati di un porticciolo, che a volte gestiscono un proprio ristorante per assicurarsi integrazione di reddito

Lanzarote, storie di pesca e pescatori canari

82 IL PESCE, 4/22 PESCA

IL PESCE, 4/22 83 e vendere tutto il pescato. Sono una tipica forma di cooperazione economica e solidale diffusa nelle isoleAdCanarie.esempio il ristorante della Cofradía La Tiñosa aggrega 40 pescherecci, è situato sul molo di Puerto del Carmen, ha un bar caffetteria e tavolini all’aperto con vista sulle imbarcazioni. Il cuoco-pescatore David García lo dirige da anni per conto della confraternita, proponenA sinistra: il porticciolo di Puerto del Carmen. A destra, in alto: Cristobal Olivero, pescatore del villaggio di La Santa. In basso: cartelli di protesta dei pescatori canari sulle quote di pesca del tonno.

84 IL PESCE, 4/22 do ogni giorno pescato freschissimo e piatti onesti — merluzzi, cernie, barracuda, pagro (bocinegro), grandi sugarelli, corvine, ecc… — da abbinare ad una carta dei vini ridotta, ma spagnola, e con focus sulle etichette della vulcanica Lanzarote, in particolare sui bianchi. Questi piatti unici di pesce — un pasto completo accompagnato da un contorno d’insalata e patate “rugose” locali —, oscillano dai 14 a 19 euro. Un aiuto importante per i pescatori«Lanzarotecanari.ècaratterizzata dalla presenza di una piattaforma di scogli che in poca distanza sprofonda dai 500 ai 1.000 metri di profondità — ci spiega David García — così a seconda delle zone si pescano pesci diversi. A nord, dove la piattaforma è più lunga prevale la pesca della cernia, che insieme alla corvina e alla vieja (pesce pappagallo) è usata per il sancocho, un piatto tipico canario nato all’epoca delle dominazioni spagnole sulle zone del Sahara e del NordAll’epocaAfrica. i pescatori usavano salare questi grandi pesci per necessità di conservazione durante i viaggi. Ancora oggi sono essiccati sotto strati di sale e messi al sole durante il giorno per accelerare il processo di asciugatura, ma fino a qualche In alto: il cuoco-pescatore David García. In basso: sugarelli dell’Atlantico al ristorante della Cofradía La Tiñosa a Puerto del Carmen. Il sancocho canario è uno dei piatti simbolo della gastronomia delle Canarie. A base di pesce essiccato, il più delle volte cernia o vieja, patate e patate dolci, si accompagna ai mojos rosso e verde e spesso alla pella de gofio

IL PESCE, 4/22 85 anno fa venivano essiccati all’aperto lungo i porticcioli — ricorda García — poi la pratica è stata vietata da norme comunitarie per questioni igieniche; eppure così è stato fatto perUnsecoli…».esempio di essiccatoio naturale è quello che il giovane SANTI RAMIREZ gestisce vicino al porticciolo di Órzola, da dove partono i traghetti per il vicino isolotto di La Graciosa (appena 600 abitanti, quasi tutti pescatori e/o impegnati nel turismo). Incontriamo Ramirez mentre sta lavorando sulle viejas. «Le mettiamo minimo 3 ore sotto uno strato di sale marino, poi le sciacquiamo e lasciamo essiccare al sole per 3/4 giorni, a seconda della pezzatura. I pesci più grandi sono pressati con una pietra. La sera li rovesciamo per non esporre all’umidità il lato interno carnoso, con la parte della pelle rivolta invece verso il cielo. Possono durare un paio d’anni — continua — si mangiano “crudi” con i mojos, alla griglia oppure con la nostra ricetta del sancocho canario». Prima di consumare il sancocho il pesce viene ammollato in acqua corrente per 2/3 giorni, come si fa col baccalà. In cucina normalmente è stufato con patate rugose e batata, una patata dolce tipo americana e gofio, una farina di cereali misti tostati, il tutto accompagnato dai mojos, le tipiche salse canarie: verde con olio evo, prezzemolo e coriandolo, rossa conUn’altrapaprica. storia interessante è quella di CRISTOBAL OLIVERO, pescatore da quando era bambino. Oggi tutti i pescherecci del porticciolo di La Santa appartengono alla famiglia, che vende pesce fresco all’ingrosso e alla ristorazione locale. «Questo è uno dei mari migliori per il merluzzo, per la vieja, il mero, la cabrilla, la sama, lo jurel, la salema, il sarago, ma anche per i piccoli gamberetti della Santa e quello che chiamiamo carabinero, un gambero rosso grande e molto prelibato. Fino al ‘95 ad Arrecife, la capitale dell’isola, c’erano varie aziende di trasformazione del pesce, poi hanno chiuso. Oggi per la pesca è sempre più dura, ma noi resistiamo». Massimiliano Rella In alto: Santi Ramirez. In basso: le Viejas, i pesci pappagallo. Essiccati la sera, vengono girati per non esporre all’umidità il lato interno carnoso.

86 IL PESCE, 4/22 INDAGINI Per gli Italiani il cibo rappresenta molto di più di una semplice necessità. Per tutti è divenuto sinonimo di soddisfazione e piacere, di condivisione e convivialità, di salute e cura di sé. Valori che hanno guidato le scelte alimentari dei nostri connazionali anche nell’ultimo anno, premiando il comparto dei prodotti surgelati che ha registrato numeri senza precedenti, con una crescita di oltre il 5% sul 2020, per un consumo complessivo che supera le 940.000 tonnellate, attestandosi Alimenti surgelati, nuovo “record” consumi Nel 2021 raggiunti i 16 kg pro capite. Si consolida la crescita del Retail (+1,7%) e riparte con forza il Fuoricasa (+19,6%) a quota 941.561. Un successo che è valso un nuovo “record” di consumo pro capite di questi prodotti, salito a 16 kg (contro i 15,2 kg del 2020). Determinante nella crescita non solo il risultato ottenuto dal Retail, che è aumentato dell’1,7% a volume, ma soprattutto dal Fuoricasa, ripartito con un incremento del 19,6% dopo il brusco crollo del 2020 (–37%), causato dal lockdown e dalle chiusure forzate della pandemia. Sono queste le evidenze più significative del “Rapporto Annuale sui Consumi dei prodotti surgelati” di IIAS – Istituto Italiano Alimenti Surgelati, che ha fotografato l’andamento del settore in Italia nel 2021. «Lo scorso anno è stato ancora una volta molto importante per i consumi dei prodotti sottozero», spiega GIORGIO DONEGANI, presidente IIAS. «Abbiamo avuto l’ennesima conferma di come i surgelati siano diventati parte integrante delle scelte alimentari di tutti gli Italiani, grazie ai loro numerosi e unanimemente riconosciuti punti di forza: Nel 2021 i surgelati hanno proseguito il cammino di crescita iniziato negli anni precedenti, attestandosi su un valore di mercato che oscilla tra i 4,6 e i 4,8 miliardi di euro, pari al +5,3% rispetto al 2020.

Eccellente la performance dei surgelati preparati, anche ittici, che si confermano un valido alleato per chi guarda al benessere e ad elevati contenuti nutrizionali.

88 IL PESCE, 4/22 l’alto livello qualitativo delle materie prime; l’elevato apporto nutrizionale; la sempre più vasta ampiezza della proposta; l’enorme praticità d’uso; la disponibilità costante in ogni periodo dell’anno; la grande valenza anti-spreco e, in generale, la rispondenza alle crescenti esigenze di consumo sostenibile. Tutto il settore — assicura Donegani — è oggi fortemente impegnato a garantire, alla crescente platea di consumatori sempre più propensi a portare abitualmente alimenti surgelati sulle proprie tavole (per oltre 9 Italiani su 10 è una consuetudine radicata), prodotti di alta qualità e con prezzi accessibili, anche nel manifestarsi di scenari internazionali sfavorevoli e non privi di allarme».Il2022si è aperto con non poche criticità: l’aumento dei costi delle materie prime e soprattutto dell’energia, insieme alle crescenti diffi coltà di approvvigionamento provocate da eventi climatici estremi (siccità) e ai notevoli problemi incontrati dalla logistica e dai trasporti a livello globale, mette in grande difficoltà l’intera industria alimentare (e non solo), compreso il settore dei surgelati.Dalpunto di vista dell’andamento dei consumi, i primi mesi del 2022 hanno segnato una leggera frenata del canale Retail, peraltro ampiamente attesa dopo due anni di aumenti straordinari (quasi +14% a volume nel periodo 2020-2021 rispetto ai valori pre-Covid), con ottima tenuta dell’indice di penetrazione dei surgelati negli acquisti delle famiglie italiane verificatosi nel periodo della pandemia. Prosegue, inoltre, la ripresa dei consumi fuori casa, a sua volta incoraggiata dagli ulteriori allentamenti delle misure restrittive.

Surgelati: un valore di mercato che oscilla tra 4,6 e 4,8 miliardi di euro, in crescita del 5,3% Nel 2021, i surgelati hanno proseguito il cammino di crescita già iniziato negli anni precedenti, attestandosi su un valore di mercato che oscilla tra i 4,6 e i 4,8 miliardi di euro, pari al +5,3% rispetto al 2020. A contribuire a questo importante risultato, da un lato, il mercato Retail, che ha superato le 605.000 tonnellate (+1,7% vs. 2020) arrivando a coprire il 66,4% del valore di mercato; dall’altro, il Fuoricasa, che con la sua ripartenza, ha toccato le 240.000 tonnellate (registrando un +19,6% dopo il drammatico –37% del 2020). Una ripresa però ancora ben lontana dai valori pre-pandemia e che necessita ora di essere consolidata.Siattesta su quota 96.000 tonnellate il dato complessivo delle vendite e-commerce e door-to-door, che oggi rappresentano circa il 10% di tutti i consumi di surgelati in Italia, con significativo incremento delle vendite on-line, che dopo gli aumenti record del 2020 hanno continuato a crescere, nel 2021, di un +20,6% a volume e un +17,4% a valore.

Consumi di prodotti surgelati Retail (2021): totale vendite in Italia per segmento merceologico

Fonte: IIAS – Istituto Italiano Alimenti Surgelati Il “Rapporto Annuale sui Consumi dei prodotti surgelati” di IIAS – Istituto Italiano Alimenti Surgelati ha fotografato l’andamento del settore in Italia nel 2021.

90 IL PESCE, 4/22 Trend consumi sottozero: sul podio si confermano vegetali, ittici e patate Territorio, salute, tradizione e ambiente sono i valori che hanno guidato le scelte alimentari degli Italiani nel 2021, con inevitabili ricadute anche sull’andamento di ogni singolo segmento merceologico del comparto surgelati. Eccellente la performance dei surgelati preparati (+12,6%), che si confermano un valido alleato per chi guarda al benessere e a elevati contenuti nutrizionali. Non estranea, infine, a questo risultato positivo la perdurante tendenza del consumatore italiano a scegliere sempre più spesso proteine a base vegetale; tendenza nella quale i surgelati si inseriscono con una gamma di offerta in continua crescita. Buoni risultati anche per i prodotti ittici, con 113.300 tonnellate nel Retail (+2%), che si sono fatti apprezzare come prodotti sicuri, salutari, nutrienti e sempre disponibili, grazie ai loro innumerevoli plus: dalle certificazioni sulla provenienza delle materie prime a garanzia anche dell’ecocompatibilità della pesca alla completezza informativa assicurata in etichetta, fino alla facilità di preparazione.Amatetanto per il gusto quanto per la praticità, le patate surgelate (sia fritte che elaborate) si sono classificate sul terzo gradino del podio, totalizzando consumi per 85.700 tonnellate (+7,2% sul 2020). Anche pizze e snack hanno fatto registrare un incremento (+1,8%) dei consumi, toccando il volume di 92.400 tonnellate. A trainare il segmento con un significativo +4,2% gli snack salati, a conferma della ritrovata dimensione domestica di un’abitudine importante come l’aperitivo. Con 37.400 tonnellate circa, i piatti ricettati hanno segnato l’incremento percentuale più elevato: 10,2%. Un riconoscimento ai costanti sforzi di innovazione delle aziende nella direzione del gusto e della varietà dell’offerta. Export: continua il successo del freddo made in Italy Grazie agli accordi raggiunti da UIF-Unione Italiana Food, il 2021 è stato il primo anno in cui le aziende italiane di pizze surgelate operanti su tutto il territorio della Penisola hanno potuto esportare sul mercato americano anche le pizze contenenti carne suina / prodotti di salumeria: una grande opportunità per chi voglia intercettare i gusti dei consumatori statunitensi, notoriamente amanti della Pepperoni Pizza il cui ingrediente principale è il salame piccante. Negli ultimi due anni (2021 vs 2019) l’export di pizze surgelate made in Italy ha così segnato una crescita notevole: +18,1% a valore e +17,7% a volume. «L’andamento 2021 dell’export conferma — conclude il presidente IIAS Donegani — la grande vitalità del settore italiano dei surgelati, verso gli USA soprattutto».

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Sono presenti in 4 famiglie su 10 e rivestono un’importanza sempre maggiore nella vita delle persone, ricavandosi spazi tra gli affetti, le abitudini e il carrello della spesa di Guido Guidi La preferenza va ai cani (48,8%), a seguire i gatti (29,6%), con un netto distacco gli uccelli (3,5%), le tartarughe (3,4%) e i pesci (2,9%). Il Rapporto ASSALCO-Zoomark 2020, che ogni anno fotografa la situazione di alimentazione e cura degli animali da compagnia, stima che in Italia ci siano 60 milioni di cani, gatti, pesci, uccelli, ecc…, con un rapporto di uno a uno con gli abitanti. Eppure, l’Italia non è il solo Paese dove gli animali domestici hanno un posto speciale. Secondo la European Pet Food Industry Federation, infatti, gli animali d’affezione nell’Unione Europea sarebbero più di 200 milioni. Ma che ci fosse un certo trasporto per i nostri amici a quattro zampe, era già evidente anche ai meno attenti, semplicemente osservando gli scaffali dei supermercati dove cibo e accessori per animali, hanno conquistato spazi un tempo inimmaginabili. Un mercato di tutto rispetto che coinvolge tutte le filiere senza tralasciarne nessuna, dalla carne al pesce, dai cereali alle verdure, con una varietà di offerta da soddisfare i palati più esigenti. Sempre il Rapporto ASSALCOZoomark 2020 riporta il dato sul

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L’avanzata del pet food

Non solo cani e gatti, ci sono anche uccelli, tartarughe, pesci, criceti, conigli, cavalli, rettili, animali esotici e asini, a popolare le case e i giardini degli Italiani. Il 39,5% ne ha almeno uno (erano il 33,6% nel 2019 e 32,4% nel 2018) e nel 2020 — complice il Covid — 3,5 milioni di connazionali hanno adottato uno o più animali domestici. La distribuzione territoriale dei proprietari vede in testa il Centro Italia e le Isole, col 48%. Per quanto riguarda la tipologia delle famiglie, la maggioranza è rappresentata da quelle monogenitoriali con figli, seguite dalle coppie con figli.

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giro d’affari di questo segmento di mercato che si attesta sui 2.078 milioni di euro, con una crescita su base annua del 2,8%. Si rileva infatti, nel complesso, un netto aumento della spesa media mensile per la cura o l’alimentazione ed è diminuito il numero di chi dichiara di spendere meno di 30 euro (dal 45,9% al 22,4%), mentre è aumentata la percentuale di proprietari che spende da 50 a 300 euro, passando globalmente dal 18,1% al 44,8%.Per i propri animali domestici si va alla ricerca dell’appagamento completo, ma anche del benessere fisico: non a caso i proprietari di animali sono sempre più interessati ad acquistare integratori alimentari, alimenti biologici e persino farmaci omeopatici.Iproprietari tendono inoltre a replicare le scelte che fanno per se stessi. Chi acquista il pet food tende a seguire le preferenze che mostra quando deve servire un piatto a tavola Non a caso il cibo per animali oggi più richiesto è sempre più locale e sostenibile. Così come per l’alimentazione umana, cresce nel carrello della spesa il made in Italy, il prodotto da filiera locale, il rich in e free from. La sostenibilità, ricalcando la tendenza generale, è la novità che conquista la comunicazione sulle confezioni. Lo conferma anche la decima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy che segnala che si tratta di un mercato di tutto rispetto, che tra supermercati e ipermercati, vale 767 milioni di euro di sell-out, generati da 3.461 prodotti, e che, nell’arco dei 12 mesi analizzati (da giugno 2020 a giugno 2021), ha registrato un aumento dell’1,2% delle vendite complessive.Traletendenze predominanti, l’Osservatorio Immagino ha individuato come principale per numero di referenze e per valore quello dei prodotti “ricchi di”, che complessivamente superano i 453 milioni di euro di vendite (59,1% del totale nutrizione cane e gatto) e una crescita annua dell’1% del sell-out

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Ricco di fibre, di vitamine, ma anche senza coloranti, con Omega-3, no OGM e molto altro ancora. Nove sono i claim individuati sulle etichette di 1.774 prodotti arricchiti. Tra questi, “vitamine” è il più importante in termini di quantità di prodotti e giro d’affari, seguito da “Omega 3-6” e “proteine” Si contraggono le vendite di alimenti con “carne/pesce fresco” (–12,6% nei 12 mesi rilevati), pur restando ancora molto diffusi (353 prodotti, pari al 10,2% di quota). Hanno invece superato i 435 milioni di euro (+2,8% annuo) le vendite dei 1.557 prodotti che rientrano nel paniere free from e qui sono cinque I proprietari di animali tendono a replicare le scelte che fanno per se stessi e quindi sono sempre più interessati ad acquistare cibi locali e sostenibili, preferibilmente made in Italy, integratori alimentari, alimenti biologici e persino farmaci omeopatici (photo © stock.adobe.com).

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Ultimo segmento dell’universo free from nel pet food è quello dei 108 prodotti accompagnati dall’indicazione “senza OGM”, che rappresentano il 3,1% dell’offerta totale di i claim rilevati dall’ Osservatorio Immagino e destinati a cani o gatti: il più diffuso e importante per giro d’affari è “senza coloranti”, mentre quello a maggior crescita annua è “grain free/low grain”. Come anticipato, però, la vera rivelazione del momento è l’italianità Le 486 referenze inserite nel paniere di studio hanno aumentato le vendite del 17,7% in un anno, sfiorando i 56 milioni di euro di sell-out in ipermercati e supermercati. Quattro i claim e i pittogrammi individuati: la bandiera italiana è il più usato, mentre l’indicazione “Prodotto in Italia/ Made in Italy” è la più dinamica, con vendite in crescita del 36,7% nell’arco dei 12 mesi. Il tema della sostenibilità viene richiamato in 13 tra claim e certificazioni green, a loro volta attribuiti a tre panieri tematici. Il primo è quello che riunisce i 762 prodotti che in etichetta dichiarano di essere stati Al netto dei canali emergenti (Petshop GDO e Generalisti on Line), la cui incidenza è più che raddoppiata nell’ultimo anno, raggiungendo il 3,8% del fatturato del mercato, i canali principali — Grocery, Petshop Tradizionali e Catene Petshop — hanno sviluppato un giro d’affari di 2.338,7 milioni di euro (photo © Angelo Cordeschi).

Il secondo paniere comprende le 661 referenze provenienti da allevamenti e agricoltura sostenibili: hanno realizzato oltre 134 milioni di euro di giro d’affari, in calo dello 0,9% nei 12 mesi rilevati. La certificazione Biologico/EU Organic rappresenta la maggior quota dell’offerta e delle vendite, ma il claim più performante è riferito ai termini “fi liera/tracciabilità” , che ha visto aumentare il sell-out del 445,2% nell’arco di soli 12 mesi. Il terzo paniere è quello del management sostenibile delle risorse, che conta 173 prodotti per 33,7 milioni di euro di giro d’affari (+21,4%). “Vegetale” è l’indicazione più diffusa sulle etichette e “sostenibilità” quella più dinamica. A seguire: biodegradabile, compostabile e riciclabile.

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L’altro fenomeno signifi cativo rilevato nel pet food dall’Osservatorio Immagino è il successo dei prodotti a basso apporto energetico. Lo dimostra la forte crescita del “low calories”, che ha ottenuto il 7,7% di vendite in più, rispetto all’anno finito a giugno 2020, incassando oltre 15 milioni di euro e accomunando 39 referenze. È soprattutto nella nutrizione gatto che questo claim funziona: nell’arco dei 12 mesi il sell-out è cresciuto del 9,6% e la domanda è salita del 6,8%. Ed è, in particolare, nel secco, che ha registrato consensi, con un aumento del 7% delle vendite.

ottenuti nel rispetto degli animali: copre il 16,7% di tutte le referenze monitorate e supera i 135 milioni di euro di sell-out. Nell’anno considerato le vendite sono aumentate del 37,4%, ma il “NO cruelty” ha fatto persino di meglio, con un +59,5%.

In Italia gli animali d’affezione sono circa 60,3 milioni, ovvero c’è un animale in ogni famiglia italiana. Il risultato? Il mercato del pet food continua a aumentare: il Rapporto ASSALCO-Zoomark riporta infatti il giro d’affari di questo segmento che si attesta sui 2.078 milioni di euro. Soddisfazioni per il mondo ittico, quello zootecnico, il cerealicolo e non solo prodotti alimentari per gatti e cani e generano l’1,8% del fatturato (oltre 13 milioni di euro). Tra giugno 2020 e lo stesso mese del 2021, il sell-out è salito dello 0,8%. Per completare lo scenario, l’Osservatorio Immagino ha voluto anche analizzare il profilo degli acquirenti. Sono emersi due elementi degni di nota. Il primo è che livello di acquisti più elevato risiede al Nord e al Centro Italia e l’altro è che la prevalenza negli acquisti è riconducibile a famiglie composte da uno o due individui che, a loro volta, corrispondono anche alla fascia di età più elevata. Si tratta, in particolare, di famiglie con un livello di reddito pro capite superiore alla media nazionale, sebbene la mappatura degli acquirenti dei diversi panieri abbia rivelato alcuni significativi distinguo. I claim relativi agli imballaggi, e quindi alla sostenibilità ambientale del pet care, riscuotono un forte interesse in tutta Italia. Non altrettanto accade per le caratteristiche dei prodotti comprati: infatti la scelta dei cibi per cani e gatti, come anticipato, rispecchia i valori che guidano gli acquisti degli alimenti destinati alla dieta familiare. Più in particolare, i residenti nel Nord-Ovest mostrano una preferenza per i prodotti grain free o con il claim “senza glutine”. Quelli del Nord-Est, invece, per l’italianità in etichetta. Tra gli abitanti delle regioni del Centro si registrano acquisti superiori alla media per i prodotti di filiera, per quelli presentati come fonte di iodio o magnesio e di quelli preparati con carne e pesce fresco o con ingredienti naturali. Al Sud, invece, in termini di allocazione degli acquisti prevalgono i prodotti privi di OGM e quelli che in etichetta richiamanoDall’analisil’italianità.dell’allocazione degli acquisti per fasce di reddito emerge che l’italianità dei prodotti e l’utilizzo di ingredienti naturali registrano valori più elevati nelle famiglie con minori disponibilità economiche. Vi emergono anche le preferenze per prodotti ricchi di iodio, proteine, prebiotici e per quelli senza zuccheri. Anche la certificazione di filiera svolge un ruolo importante.

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Invece le famiglie con reddito sopra la media e quelle con reddito alto mostrano un interesse maggiore per i prodotti dell’area del rich-in e del free from e, più in generale, per quelli con un posizionamento di prezzo più elevato Quello del pet food è n mercato di tutto rispetto che coinvolge tutte le filiere senza tralasciarne nessuna, dalla carne al pesce, dai cereali alle verdure, con una varietà di offerta da soddisfare i palati più esigenti (photo © stockcreations).

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Guido Guidi

E per stare invece sul fronte della produzione, si segnala che nella classifica mondiale dei produttori di alimenti per animali domestici, pubblicata dalla testata americana PET FOOD INDUSTRY, tre imprese italiane confermano la propria presenza nella top 50, con fatturati tra 385 e 119 milioni di dollari. Ma scorrendo la classifica e considerando le posizioni dalla 51 alla 100, se ne trovano di “minori” che dichiarano tra gli 82,50 e i 27,19 milioni di dollari. Imprese che contribuiscono a trainare le rispettive filiere, al pari di quanto accade per l’alimentazione umana.Un’industria, dunque, quella in esame, che non smette di dare soddisfazioni a tutti i livelli, tanto nel mondo ittico quanto in quello zootecnico, nel cerealicolo e non solo. Un mondo che ha dato tanto sui diversi fronti e dal quale ci possiamo presumibilmente aspettare ulteriori, importanti performance.

perché connotati da caratteristiche differenzianti.Sulfrontedei canali utilizzati, invece, i numeri di cui sopra delineano un mercato che continua a generare crescita ad un tasso superiore a quello del Largo Consumo Confezionato che, nel periodo in analisi, è stato pari a Ancora+5,8%.una volta si riscontra una crescita a valore superiore a quella a volume che conferma l’orientamento da parte del consumatore alla composizione di un carrello di maggior qualità, o semplicemente di maggior costo, attraverso la scelta di prodotti premium, di elevato standard, formati più piccoli con un €/kg più alto, alimenti dietetici a supporto di patologie specifiche e prodotti che cavalcano i trend emergenti (ad esempio, naturali, vegetariani/vegani, senza glutine, grain free, con un’unica fonte proteica, formulati con materie prime selezionate, ecc…). Al netto dei canali emergenti (Petshop GDO e Generalisti on Line), la cui incidenza è più che raddoppiata nell’ultimo anno, raggiungendo il 3,8% del fatturato del mercato, i canali principali – Grocery, Petshop Tradizionali e Catene Petshop –hanno sviluppato un giro d’affari di 2.338,7 milioni di euro per un totale di 644.455 tonnellate vendute. Anche le principali piattaforme distributive mostrano un trend positivo, con un’accelerazione della crescita rispetto al 2020. Il Grocery canalizza il 56,5% del fatturato complessivo del mercato pet food (1.373 milioni di euro) e il 75,9% dei volumi (503.835 tonnellate), con un incremento del fatturato del 6,2% e dei volumi del 4,5%. Un’attenzione particolare va rivolta al discount, che a partire dalla seconda metà del 2020 ha visto un’accelerazione della crescita con un’incidenza del 27,4% dei volumi e del 12,1% del fatturato. Anche le catene Petshop (7% dei volumi e 12,8% dei valori, per un totale di 46,7 tonnellate e 312 milioni di euro) hanno continuato a crescere con dinamiche del +19,7% a valore e +13,8% a volume rispetto all’anno precedente.Ilsegmento degli alimenti umidi si conferma il più importante, registrando 1.133 milioni di euro circa, che equivalgono al 48,4% di quota sul totale mercato, con un aumento di fatturato, nell’ultimo anno considerato, pari al +7,1%. Il segmento degli alimenti secchi vale invece 964 milioni di euro e detiene il 41,2% di Continuaquota.inoltre la crescita in fatturato delle Private Label, che hanno sviluppato una quota a valore del 19% a totale Largo Consumo Confezionato. Anche nell’ultimo anno, la componente di offerta della marca del distributore di prodotti di alta gamma (premium, funzionale, bio/eco, prodotti locali che puntano sulle denominazioni geografiche)

continua ad essere il principale driver di crescita. Pur continuando quindi, in generale, a rivolgersi a un target di acquirenti che valorizzano il rapporto qualità/prezzo, le insegne cercano di cogliere i trend di consumo emergenti e di aprirsi a nuovi acquirenti che, pur attenti al prezzo, preferiscono prodotti sempre più ricchi e differenziati come quelli biologici, premium, funzionali ed eccellenze locali.

Etichettatura

PARTE I

unsplashxNdjouwouGil©Photo

98 IL PESCE, 4/22 ETICHETTATURA

Dal 01/01/2023 scatterà l’obbligo, a seguito di quanto previsto dal Decreto Milleproroghe e successive modifi che, dell’etichettatura ambientale per gli imballi destinati al consumatore finale (Business to consumer B2C ); questo limitatamente al mercato nazionale. Anche i molluschi e i prodotti della pesca confezionati rientrano in questo contesto. La normativa di riferimento è il Decreto Legislativo n. 116/20, che ha modificato alcuni articoli del Decreto Legislativo n. 152/06, e ha imposto agli operatori del settore alimentare di riportare sugli imballi destinati al consumatore finale le seguenti informazioni di carattere obbligatorio: • tipologia dell’imballaggio: viene fatta con una descrizione o con una rappresentazione grafica.

Qualche –retinaesempio:perimolluschi bivalvi ambientale dei molluschi bivalvi di Luciano Boffo, Emanuele Rossetti e Valentina Biscalchin

LDPE 4 RACCOLTA PLASTICA HDPE 2 RACCOLTA PLASTICA ALU 41 –ALLUMINIORACCOLTA Verifica le disposizioni del tuo comune per la corretta gestione dei rifiuti. cui all’art. 3 punto 3 lettera c del DLgs 116/20; nello specifico hanno “l’obbligo di indicare ai fini della identificazione e classificazione dell’imballaggio la natura dei materiali di imballaggio utilizzati, sulla base della Decisione 97/129 CE della Commissione” e delle norme UNI applicabili.Nonèstata prevista per i produttori di imballi primari, secondari, terziari la deroga del 01/01/2023 (Decreto Milleproroghe), ma gli imballi devono essere già identificati a far data dal 29/06/20. L’art. 219 comma 2 del DLgs 152/06 stabilisce che gli operatori economici al fine di favorire la transazione verso una economia circolare, conformemente al principio che chi inquina paga, “promuovono misure atte a garantire la prevenzione, il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio”

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. Inoltre, l’art. 219 bis stabilisce che gli operatori economici adottino

Immagine 1 – Confezione molluschi in retina plastica. vivi confezionati in retina; –cassetta per le ostriche confezionate in cassette di legno; –vaschetta per i molluschi e i prodotti della pesca confezionati in ATM o sottovuoto; –cassa per i prodotti della pesca confezionati in casse di polistirolo; • identificazione alfa numerica, sulla base della Decisione 97/129 CE. Alcuni esempi: –HDPE 2 (polietilene ad alta –LDPEdensità);4 (polietilene a bassa –PAP–PAP–PS–PPdensità);5(polipropilene);6(polistirolo);22(carta);21(cartonenon ondu–ALUlato);41 (alluminio); –FOR 50 (legno). Qualora la Decisione 97/129 non preveda una specifica identificazione per determinati polimeri di imballi in plastica, è necessario fare riferimento alle norme UNI. Analogo comportamento deve essere adottato per gli imballi multistrato non contemplati dalla succitata Decisione comunitaria. Le norme UNI vanno infine applicate anche per le autodichiarazioni ambientali di carattere volontario tipo simboli, pittogrammi e altri messaggi analoghi; • indicazioni sulla tipologia di raccolta: differenziata/indifferenziata. In caso di raccolta differenziata deve essere specificata la famiglia di appartenenza del materiale, ad esempio plastica, carta, legno, ferro, alluminio, ecc… Inoltre, deve essere riportata la frase “Verifica le disposizioni del tuo comune”. La normativa consente agli operatori del settore alimentare di dare anche informazioni facoltative consigliate o altamente consigliate. Sono informazioni volontarie e aggiuntive alle obbligatorie che vengono date al consumatore per favorire una raccolta differenziata di qualità. L’obiettivo è quello di produrre meno rifiuti e aiutare il riciclaggio. Così, ad esempio, per gli imballi multistrato possono essere date tutta una serie di informazioni per aiutare il consumatore a separare correttamente le varie componenti e a conferirle nella maniera più appropriata. Va comunque sottolineato che l’etichettatura ambientale deve essere prevista per tutte le componenti separabili manualmente vale a dire “senza usare altri strumenti o utensili oltre le mani” Altra informazione facoltativa può riguardare la caratteristica dell’imballaggio: compostabile/ riciclabile L’etichettatura ambientale può essere apposta: • sulle singole componenti che compongono l’imballaggio; • sulla superficie dell’imballaggio principale; • sull’etichetta che riporta anche tutte le altre informazioni relative al prodotto; • sul codice QR. I produttori di imballi devono sottostare alle disposizioni di Etichetta ambientale n. RETEETICHETTACLIPS1

100 IL PESCE, 4/22 Etichetta ambientale n. RETINAETICHETTACLIPS2 7 –ORGANICORACCOLTA 7 –ORGANICORACCOLTA ALU 41 –ALLUMINIORACCOLTA Verifica le disposizioni del tuo comune per la corretta gestione dei rifiuti. misure volte ad assicurare l’aumento della percentuale di imballi riutilizzabili immessi sul mercato anche attraverso l’utilizzo di sistemi di restituzione con cauzione, nonché di sistemi per il riutilizzo degli imballi senza causare pregiudizio alla salute umana e nel rispetto della normativa europea, senza compromettere l’igiene degli alimenti né la sicurezza dei consumatori.Alfinedi perseguire le predette finalità, gli operatori economici possono stipulare appositi accordi e contratti.L’art.221 comma 1 del DLgs 152/06, come modificato dal DLgs 116/20, prevede che “i produttori e gli utilizzatori di imballi sono responsabili della corretta ed efficace gestione ambientale dei rifiuti riferibili ai propri prodotti definiti in proporzione alle quantità di imballi immessi sul mercato nazionale”. Merita infine ricordare che il CONAI (Comitato Nazionale Imballi) ha pubblicato delle Linee Guida di supporto alle aziende per soddisfare i requisiti imposti dal DLgs 116/20 di recepimento della Direttiva UE 2018/851 sui rifiuti e la Direttiva UE 2018/852 relativa agli imballi e ai rifiuti di imballaggio. Di seguito si riporta una serie di esempi di etichettatura ambientale riguardanti i molluschi bivalvi. Nella Parte II dell’articolo di prossima pubblicazione saranno riportati esempi relativi ai prodotti della pesca freschi, preparati e trasformati. Etichetta ambientale n. 1 Esempio di etichetta da applicare a una confezione di molluschi bivalvi vivi confezionati in retina plastica (vedi Immagine 1): le informazioni di norma vengono riportate nell’etichetta principale. Questo però non esclude possa essere applicata una etichetta integrativa. La confezione è costituita da: 1. una retina in materiale plastico, polietilene a bassa densità identificato con il codice LDPE 4 e quindi lo smaltimento va fatto nella raccolta plastica; 2. un’etichetta che riporta le informazioni per il consumatoreImmagine 2 – Vongole con retina biodegradabile.

Verifica le disposizioni del tuo comune per la corretta gestione dei rifiuti. Immagine 3 – Vongole confezionate in ATM. Immagine 4 – Ostriche confezionate in cassetta di legno. costituita da polietilene ad alta densità con codice HDPE 2 e che va smaltita nella raccolta plastica; 3. una clips in alluminio identificata con codice ALU 41 il cui smaltimento va effettuato nella raccolta Èalluminio.altresìobbligatorio riportare la frase “Verifica le disposizioni del tuo comune per la corretta gestione dei rifiuti”. Etichetta ambientale n. 2 Sempre rimanendo nel campo dei molluschi bivalvi vivi confezionati in retina ci possono essere delle variazioni relativamente al materiale che entra a far parte della confezione: la Grande Distribuzione, su pressione dei consumatori, richiede sempre più frequentemente l’uso di materiali biodegradabili (si veda Immagine 2). In questo caso la confezione è costituita da: 1. una retina in materiale plastico compostabile con il codice 7 e lo smaltimento in questo caso va fatto nella raccolta del materiale organico; 2. una etichetta anch’essa in materiale plastico compostabile con il codice 7, che viene smaltita come nel caso precedente come materiale organico; 3. una clips in alluminio identificata con codice ALU 41 e lo smaltimento va effettuato nella raccolta Èalluminio.altresìobbligatorio riportare la frase “Verifica le disposizioni del tuo comune per la corretta gestione dei rifiuti” Etichetta ambientale n. 3 I molluschi bivalvi vivi possono essere confezionati anche in ATM e o sottovuoto in vaschette termosigillate (vedi Immagine 3). In questo caso la confezione è costituita da: 1. una vaschetta in polipropilene con il codice PP 05 e lo smaltimento va fatto nella raccolta plastica; 2. una pellicola multistrato con codifica 7 e lo smaltimento va fatto nella raccolta plastica; 3. due etichette, una sulla parte frontale della confezione e una sul retro, composte rispettivamente

PP05 – RACCOLTA PLASTICA7 – RACCOLTA PLASTICA ETICHETTA FRONTEETICHETTA RETRO LDPE 4PP 05 RACCOLTA PLASTICARACCOLTA PLASTICA

102 IL PESCE, 4/22 Etichetta ambientale n. VASCHETTAPELLICOLA3

Verifica le disposizioni del tuo comune per la corretta gestione dei rifiuti. Etichetta ambientale n. VASCHETTAETICHETTAREGGETTA4 FOR RACCOLTA50LEGNO HDPE 2 RACCOLTA PLASTICA PP 5 RACCOLTA PLASTICA

Torre Canne (BR) di Sebastiano C/DA BAIONE SNC, 70043, MONOPOLI (BA) INFO@MAREGIOIOSO.IT - WWW.MAREGIOIOSO.IT TEL. +39 0804174806/ 807/ 810 FRUTTI DI MARE Stabilimento sito a Torre Canne (BR), specializzato nella lavorazione e nel confezionamento di FRUTTI DI MARE

da polietilene a bassa densità con il codice LDPE 4 e polipropilene con il codice PP 05. Entrambe vengono smaltite nel materiale Èplastico.altresì obbligatorio riportare la frase “Verifica le disposizioni del tuo comune per la corretta gestione dei rifiuti”.

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Immagine 5 – Ostriche in cassetta di legno con coperchio plastico.

FOR RACCOLTA50LEGNO HDPE 2 RACCOLTA PLASTICA PP 5 RACCOLTA PLASTICA PP RACCOLTA05PLASTICA Verifica le disposizioni del tuo comune per la corretta gestione dei rifiuti.

Etichetta ambientale n. 4 Le ostriche di norma vengono confezionate in vaschette in legno (vedi Immagine 4). In questo caso la confezione è costituita da: 1. una vaschetta, di legno con codice FOR 50 che viene smaltita nella raccolta legno;

Etichetta ambientale n. VASCHETTAETICHETTAREGGETTACOPERCHIO5

Etichetta ambientale n. 6 COPRI PALLET E FILM ESTENSIBILE CASSA POLISTIROLOIN INPEDANALEGNO ETICHETTA

RACCOLTA PLASTICARACCOLTA PLASTICARACCOLTA LEGNORACCOLTA CARTA Verifica le disposizioni del tuo comune per la corretta gestione dei rifiuti.

106 IL PESCE, 4/22

LDPE 4 RACCOLTA PLASTICA RACCOLTA SECCO HDPE 2 RACCOLTA PLASTICA ALU 41 RACCOLTA ALLUMINIO

Etichetta ambientale n. RETINAELASTICIETICHETTACLIPS7

Etichetta ambientale n. CASSARETINAREGGETTAETICHETTACLIPSELASTICO8

Verifica le disposizioni del tuo Comune per la corretta gestione dei rifiuti.

Etichetta ambientale n. 5 Una variante del caso precedente è il confezionamento in vaschetta di legno con un coperchio in plastica (vedi Immagine 5). Etichetta ambientale n. 6 Di norma i molluschi confezionati vengono distribuiti alle GDO e ai commercianti all’ingrosso in grandi imballi filmati. Il modello di etichettatura ambientale previsto dalla normativa corrisponde all’etichetta ambientale n. 6. In questo caso il grande imballo è costituito da: 1. un copri pallet e un film estensibile che avvolge il grande imballo. Entrambi sono in polietilene con codice identificativo LDPE 04 che dovranno essere smaltiti nella raccolta plastica;

2. casse in polistirolo con codice identificativo PS 06 e lo smaltimento va fatto nella raccolta plastica; 3. una pedana in legno con codice

Verifica le disposizioni del tuo comune per la corretta gestione dei rifiuti.

Immagine 7 – Confezione di cappe lunghe.

PS 6 –PLASTICARACCOLTA LDPE4 –PLASTICARACCOLTA PP5 –PLASTICARACCOLTA HDPE 2 –PLASTICARACCOLTA ALU 41 –ALLUMINIORACCOLTA RACCOLTAASECCO

2. un’etichetta che riporta le informazioni per il consumatore. È costituita da polietilene ad alta densità con codice HDPE 2 e va smaltita nella raccolta plastica; 3. una reggetta in polipropilene con il codice PP 05 e lo smaltimento va fatto nella raccolta plastica. È altresì obbligatorio riportare la frase “Verifica le disposizioni del tuo comune per la corretta gestione dei rifiuti”

Etichetta ambientale n. 7

2. un elastico che le tiene unite assieme e che va smaltito nel secco;

3. un’etichetta che riporta le informazioni per il consumatore, costituita da polietilene ad alta densità con codice HDPE 2 che va smaltita nella raccolta plastica.

IL PESCE, 4/22 identificativo FOR 50 che di norma viene restituita allo speditore (vedi art. 219 del DLgs 152/06) o, in caso di smaltimento, questo dovrà essere effettuato nella raccolta legno; 4. un’etichetta in carta con codice identificativo PAP 22, smaltita nella raccolta carta. È altresì obbligatorio riportare la frase “Verifica le disposizioni del tuo comune per la corretta gestione dei rifiuti”.

Qualora le cappe lunghe siano confezionate in casse sigillate di polistirolo contenenti più confezioni sull’etichetta ambientale apposta alle singole casse, dovranno essere riportate le informazioni presenti in etichetta ambientale n. 8. Dott. Luciano Boffo Medico veterinario Consulente Sicurezza alimentare Chioggia Dott. Emanuele Rossetti Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine O.P. Scarl Dott.ssa Valentina Biscalchin Tecnologa Alimentare Chioggia

4. una clips in alluminio identificata con codice ALU 41 e lo smaltimento va effettuato nella raccolta alluminio. Etichetta ambientale n. 8

1. una retina in materiale plastico, polietilene a bassa densità identificato con il codice LDPE 4, smaltita nella raccolta plastica;

Le cappe lunghe di solito hanno una particolare tipologia di confezionamento: sono tenute assieme da una elastico; confezionate in retine di polipropilene e chiuse con una clips in alluminio che ingloba anche l’etichetta. Possono essere vendute come singola confezione oppure più confezioni (in genere tre) e vengono poste in una cassa di polistirolo chiusa ed etichettata (vedi Immagine 7). Nello specifico distinguiamo:

108 IL PESCE, 4/22 RETAIL NEWS

La sostenibilità è più di un trend del momento per I LOVE POKE, il primo e originale food concept dedicato al poke nato a Milano nell’ottobre 2017 e oggi presente su tutto il territorio nazionale con oltre 100 punti vendita. Spinti dalla volontà di innovare, migliorare e tracciare una nuova strada da seguire, RANA EDWARDS e MICHAEL NAZIR LEWIS, i due

I LOVE POKE, prima catena dedicata al poke in Italia certificata MSC e ASC

Certificazione di Catena di Custodia a marchio MSC e ASC per tonno e salmone provenienti rispettivamente da attività di pesca sostenibile e da allevamenti di acquacoltura responsabile fondatori di I LOVE POKE, hanno reso possibile un nuovo e importante traguardo per il loro business: essere la prima catena dedicata al poke in Italia a poter vantare la Certificazione di Catena di Custodia a marchio ASC-Aquaculture Stewardship Council, per il salmone, e MSC-Marine Stewardship Council, per il tonno, che consente di fare un passo avanti verso una scelta sostenibile. I LOVE POKE, infatti, si impegna ad acquistare materie prime che provengono da fonti certificate secondo i più importanti standard internazionali per una pesca sostenibile e un allevamento responsabile. «I LOVE POKE vuole avere un ruolo da protagonista nel campo della sostenibilità e diventare I LOVE POKE si impegna ad acquistare materie prime che provengono da fonti certificate secondo i più importanti standard internazionali per una pesca sostenibile e per un allevamento responsabile.

FRANCESCA OPPIA, Program Director Italy Marine Stewardship Council. «Nella ristorazione sono necessari importanti passi in avanti per quanto riguarda la sostenibilità dei prodotti ittici e speriamo che la scelta di I LOVE POKE possa essere d’ispirazione per altri operatori. Ogni volta che un consumatore sceglie un prodotto ittico sostenibile sta dando un contributo concreto alla salvaguardia dei nostri oceani». Al momento i punti vendita I LOVE POKE in Italia certificati ASC e MSC sono 60, ma il numero è destinato a crescere: il marchio blu MSC o il marchio ASC all’interno degli store sarà l’elemento visibile che porterà facilmente a riconoscere l’utilizzo di salmone e tonno sostenibili.

110 IL PESCE, 4/22 I LOVE POKE, la storia Dopo una vacanza in California, Rana Edwards e Michael Lewis decisero di portare il poke in Italia aprendo a Milano il primo locale a marchio I LOVE POKE: era l’ottobre 2017 e si inaugurava così una tendenza che in soli 4 anni ha conquistato centinaia di migliaia di estimatori. Newyorchese, laureata con lode in Farmacologia, un Dottorato in Chimica farmaceutica e un Master in Nutrizione ad Harvard, la Edwards ha messo al servizio di I LOVE POKE la sua competenza scientifica e la passione per l’alimentazione sana, selezionando con attenzione le materie prime e creando ricette bilanciate e ricche di nutrienti. Questo mix di cereali, proteine, ortaggi e frutta è apprezzatissimo per le sue proprietà energetiche: sono infatti la semplicità e la combinazione di sapori, a fare del poke un piatto sano, saporito e ricco di vitamine e sali minerali, preziosi alleati del sistema immunitario.

>> Link: www.asc-aqua.org

MSC è un’organizzazione internazionale non-profit con base a Londra che lavora per promuovere la pesca sostenibile in Italia e nel mondo. Lo standard MSC per la pesca sostenibile garantisce che il pesce sia stato pescato rispettando il mare e il possibile mutamento delle sue condizioni. Lo standard MSC per la catena di custodia garantisce invece che i prodotti certificati MSC siano separati e ben identificabili dai prodotti non certificati. Il 19% del pescato globale proviene oggi da attività di pesca coinvolte nel programma MSC, per un volume di 16 milioni di tonnellate. Il volume di prodotti certificati MSC venduti in Italia è cresciuto quasi del 50% rispetto a due anni fa, superando le 33.000 tonnellate.

>> Link: ilovepoke.it ASC è un’organizzazione internazionale che lavora per trasformare il mercato dei prodotti ittici promuovendo un allevamento basato sulle migliori pratiche ambientali e sociali. Gli standard ASC sono creati per gestire al meglio gli impatti ambientali dell’allevamento ittico, includendo una serie di requisiti per tutelare i diritti dei lavoratori e proteggere le comunità locali coinvolte. I prodotti certificati ASC sono separati e riconoscibili rispetto a prodotti non certificati nella catena di distribuzione.

>> Link: www.msc.org/it un buon esempio da seguire — commentano la dott.ssa Rana Edwards e Michael Nazir Lewis — proprio come abbiamo fatto quattro anni fa con l’intuizione di portare in Italia il piatto hawaiano più famoso al mondo.Lavolontà di costruire un business “green” è da sempre nel nostro DNA: da tempo dimostriamo quotidianamente il nostro impegno verso l’ambiente riducendo al minimo l’uso della plastica a favore di materiali riciclabili, come le bowl in carta o l’acqua in brick. Inoltre, abbiamo ottimizzato i nostri processi per arrivare a una produzione zero waste. Non solo: anche la ricerca e la selezione dei nostri fornitori avviene con un occhio di riguardo alla sostenibilità, prediligendo chi utilizza imballi biodegradabili». I fondatori di I LOVE POKE sono convinti che la ristorazione debba essere in prima linea sul fronte della sostenibilità utilizzando prodotti amici dell’ambiente e del mare: una scelta che aiuta a sensibilizzare ed educare il consumatore finale. Non bisogna dimenticare, infatti, che secondo il rapporto della FAOOrganizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura State of World Fisheries and Aquaculture 2020 oltre un terzo degli stock ittici mondiali è pescato a livelli biologicamente non sostenibili.«Accogliamo con entusiasmo la scelta di I LOVE POKE di inserire nel proprio menù prodotti certificati MSC e ASC perché così si può fare la scelta giusta anche quando si consuma fuori casa» — afferma

ORGANIZZATO DA CONFERENZE E UFFICIO STAMPA MAIN SPONSOR PARTNER Mostra Convegno internazionale su acquacoltura e industria della pesca 15-16 FEBBRAIO 2023 FIERA DI PORDENONE 6a Edizione LA FIERA DEDICATA ALLA PRODUZIONE SOSTENIBILE DI ALIMENTI IN ACQUA -MOLLUSCHICOLTURA PESCA SOSTENIBILE ACQUACOLTURA www.aquafarmexpo.it

Lungo le coste del Salento, il viaggio continua

testi e foto di Massimiliano Rella Siamo andati lungo le due coste del Salento, la Ionica e l’Adriatica, spinti dalla curiosità d’indagare lo stato dell’arte sul mondo del pesce e della pesca in una terra tra le più turistiche d’Italia, dove però si avverte il vuoto di un grande mercato ittico che non c’è. Ma, nonostante le disfunzioni, abbiamo trovato idee, progetti e modelli di sviluppo che hanno bisogno soltanto d’essere guidati e accompagnati a compimento. Come sta facendo da tre anni il GAL (Gruppo d’Azione Locale) della Terra d’Arneo, in Salento occidentale, con varie iniziative di valorizzazione del pesce povero e dimenticato. O come è stato in parte già fatto, sulla sponda opposta, nella frazione di Tricase Porto, dove un’intera comunità costiera è diventata un museo a cielo aperto e un modello di sostenibilità acclamato addirittura dalla FAO. La chiamavano Tricase Morto, oggi si pesca, si studia, si fa ricerca e formazione sul mare. E a pranzo e a cena, anche in una fredda giornata d’inverno, negli otto ristoranti (aperti in questi anni) del porticciolo i clienti non mancano mai. Storie di pesca e pescatori che si sono reinventati, come una coppia di Porto Cesareo che propone con successo il pescaturismo. Storie di allevamenti virtuosi — e da premio

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— in mare aperto, storie di cibo e storie di cucina: dalla zuppa povera quataru alla scapece gallipolina, una specialità a base di pesciolini, mollica di pane, aceto e zafferano che un’azienda di Sannicola produce artigianalmente — unica azienda — dal 1954, anno della trasformazione in attività d’impresa di un’antichissima ricetta di Gallipoli. Storie di progetti, di musei e “valigie didattiche”, che un biologo del GAL porta in giro per le scuole del Salento per far conoscere ai bambini, i consumatori di domani — e perché no? i futuri pescatori— la ricchezza e la varietà dei nostri mari. Mari azzurri, puliti, mari ricchi di specie curiose, come il riccio matita o il paguro Bernardo, che la rete dei musei di Nardò, Gallipoli e Porto Cesareo racconta e testimonia con ampio e prezioso repertorio d’esemplari. “Pesci ricchi, pesci poveri” — recita il titolo di un volume fresco di stampa — e pesci dimenticati, ma che alcuni ristoranti e trattorie tornano a rendere protagonisti con squisite ricette tradizionali, una buona riscoperta della tavola che chiude il cerchio e sostiene il piccolo pescatore. L’ultimo anello di una pesca che guarda con favore alla sostenibilità. Massimiliano Rella Gli insaccati di pesce stagionati del brand salentino Offishina.

Da sinistra, la Pizzicata spalmabile di tonno, spada e ricciola, il Pescatorino al naturale e il Pescatorino alla macchia mediterranea. Sotto, lo Spadino alle alghe con “ali di gabbiano” e il Tunni; sopra la Pancetta di pesce spada affumicata.

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Il Salento non è mai stata una terra di salumeria. Sarà per il clima quasi sempre umido, per i pochissimi giorni di tramontana o per la breve durata “stagionale” di pascolo verde, che non aiuta certo il bestiame, ma a tutti gli effetti il capo più comune del tacco d’Italia è la capra. Fatto sta che non si è mai sviluppata un’alta norcineria tale da gareggiare con altre zone d’Italia; senza allontanarci troppo, con le due regioni norcine e confinanti di Calabria e Basilicata. Nonostante ciò, tre giovani fratelli del borgo imbiancato di Matino, Lecce — DANILO, VALERIO e PAMELA ROMANO — non si sono certo scoraggiati, anzi, facendo di necessità virtù hanno creato una linea di pregiati insaccati di mare, pesci trasformati e affinati come fossero salumi d’alta “norcineria”, tutti a marchio registrato con il brand di Offishina: insaccati di tonno, pesce spada e ricciola. «Non potendo fare salumi di carne mi sono detto: perché non provare con il pesce per trasformarlo in insaccati stagionati? Perché non fare qualcosa che ci possa caratterizzare come Salento? Così, nel 2004, è partita la nostra avventura — ricorda il pescanorcino Danilo Romano — e dopo 10 anni di sperimentazione, nel 2015, con mia sorella e mio fratello abbiamo aperto un laboratorio di trasformazione e cominciato l’attività». I fratelli Romano, Valerio, Danilo e Pamela.

Offishina, norcineria ittica salentina con un’identità unica di Massimiliano Rella

I laboratori di Offishina sono sulla collina di Matino, a 200 metri slm, nella zona più alta del Salento. Qui sono impiegate le tecniche del contadino per trasformare il pesce sotto forma di insaccato, con sale di miniera extra puro e una concia d’erbe di macchia mediterranea, mirto, rosmarino, ecc… I Romano impiegano pesce pregiato e un sale ad hoc per la salagione di 7-10 giorni, durata variabile a seconda dei pezzi tagliati a mano. «La carne di pesce non è sempre uguale, a volte è più grassa o più magra e ci vuole più o meno tempo per assorbire il sale e gli aromi», sottolinea Pamela Romano. I tagli vengono massaggiati con sale, insaccati in involucri di cotone naturale, legati manualmente e messi in celle di stagionatura a gestione tecnologica, per monitorare e correggere la temperatura a seconda delle pezzature, garantendo così condizioni ottimali di freschezza e bassa umidità. La stagionatura può durare dai 6 a 12 mesi. I migliori tagli fanno poi un ulteriore affinamento di 4-6 mesi in grotte tufacee negli scantinati di un palazzo storico di Matino, dove acquisiscono il corretto umami grazie all’equilibrio tra temperatura e umidità. «Proprio per questo si differenziano dai tradizionali carpacci affumicati o dai comuni salumi di pesce» aggiunge Valerio. Sui prodotti sono presenti solcature dovute a muffe nobili: infatti in fermentazione si formano batteri probiotici che favoriscono l’alta digeribilità del prodotto, che si conserva bene per un paio d’anni a temperatura ambiente. Sono insaccati privi di conservanti e stagionati e si abbinano a olio evo e salsine delicate, ideali anche in piatti gourmet. Ad esempio, il Pescatorino con burrata e salsa alla senape; la Pasta con pomodorini, zucchine e filetto di tonno stagionato; la Carbonara di mare con pancetta di pesce spada stagionato, uova di riccio fresco, olio evo, pepe nero, mollica di pane con alga spirulina e lattuga di mare Alcuni prodotti di Offishina sono stati studiati dall’Università Politecnica delle Marche e dall’Università di Torino, le quali hanno attestato «che sono ricchi di probiotici» assicura Danilo Romano. «Una ricerca in attesa di pubblicazione ha rilevato che più trascorre il tempo più questa caratteristica cresce. Sono stati analizzati i prodotti con campionamenti in tempi di stagionatura diversi». I fratelli Romano acquistano pesce dalla Spagna (sia Mediterranea che Atlantica), tonni pinna gialla, spada, ricciole, palamite, «perché abbiamo bisogno di materia prima ultra sicura e abbattuta direttamente in barca, in due ore portata a meno 60 gradi» sottolinea Danilo. «Le flotte di pesca spagnole lo garantiscono, da noi invece si usa mettere il pesce sotto ghiaccio; vengono abbattuti a bordo soltanto i crostacei. Per i nostri insaccati, poi, è necessario avere un’istamina bassa, che nel pesce azzurro aumenta velocemente e che solo l’abbattimento riesce a bloccare. Con la lavorazione a freddo a 8-10 gradi si riesce a tenerla bassa anche con due-tre ore di lavorazione. Inoltre nel 2018 — conclude Romano — il CNR dell’Università del Salento ha dimostrato che gli insaccati di pesce preservano principi nutritivi, istamina bassa e alta percentuale di Omega-3». 8 le specialità a marchio registrato. Tra questi il Pescatorino è fatto con più tipi di pesce, fa 12 mesi di stagionatura, pesa 450 grammi e può essere di naturale o alla macchia mediterranea. Lo Spadino fa 12-18 mesi di stagionatura/affinamento ed è un filetto insaccato e aromatizzato, alle alghe o alla macchia. Il Tunni è un fi letto di tonno stagionato/ affinato 12-18 mesi alle alghe o alla macchia. La Pizzicata è uno spalmabile di tonno, spada e ricciola, 20% di olio evo, pomodoro secco e peperoncino, insaccato in budello “vegetale” e confezionato in vetro. Infine, la Ricciola affumicata è una baffa di 500 g/1 kg, della durabilità di 4 mesi (gli altri 12-24 mesi), semi fermentata in celle di stagionatura; con salagione di 15 giorni e leggera affumicatura con arbusti di macchia mediterranea, olivo e melo cotogno. I Romano trasformano 35-40 quintali di pesce l’anno. Vendono direttamente, via e-commerce e in botteghe del gusto e gastronomie di tutta Italia. I prodotti sono utilizzati anche nella cucina del locale di famiglia Danilo Osteria Creativa. I prezzi: circa 95,00 €/kg; al dettaglio pezzature da 200-250 grammi. Premiata in diversi concorsi, nel 2021 Offishina ha ricevuto ben 12 premi all’International Taste Awards. Massimiliano Rella >> Link: www.offishina.it Il tagliere di insaccati di pesce della “casa” (spada, tonno, ricciola) con frutta e verdurine al Danilo Osteria Creativa di Matino (LE), il locale della famiglia Romano in cui è possibile gustare i prodotti del brand Offishina. Nel 2021 Offishina ha ricevuto ben 12 premi all’International Taste Awards.

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La cucina dello Smemory fish, simpatica allusione al cosiddetto pesce dimenticato, riparte dalle trattorie più autentiche e tradizionali del Salento anche per impulso degli enti locali, per promuovere gli ingredienti più “poveri” del mare tra pescherie, botteghe del gusto e chef locali. Ma è soprattutto con la collaborazione dei maestri di cucina, anello di congiunzione col consumatore, che il pesce di “scarto”, così bistrattato dalla GDO, può sperare di uscire dal dimenticatoio e ritrovare ruolo e personalità sulle tavole. Anche perché, oltre ad esser buono, gode di un ottimo rapporto qualità/prezzo e in tempi di rincari fuori controllo e d’inflazione a briglia sciolta avere un approdo sicuro è cosa giusta, oltre chePerbuona.riscoprire la “nuova” ricchezza dei mari salentini c’è ora, fresco di stampa, anche il volume “Pesci Ricchi Pesci Poveri”, nato da un progetto editoriale del GAL Terra d’Arneo, il gruppo d’azione locale che aggrega 12 comuni — e le relative realtà imprenditoriali — di una zona della costa occidentale ionica che comprende, tra i più noti, i paesi di Nardò, Gallipoli e Porto Cesareo, in provincia di Lecce. Anche su impulso di tali iniziative e dello Sportello Pesca, voluto sempre dal GAL, nei menu di alcuni ristoranti e trattorie le ricette di pesce dimenticato tornano in “grassetto”. Esempi? Al ristorante Conte Cavour, di Veglie, lo chef DOMENICO la “nuova” ricchezza dei mari salentini in tavola

La cucina del pesce dimenticato riparte dalle trattorie più autentiche di Massimiliano Rella

Riscoprire

Lo chef Domenico Simone del ristorante Conte Cavour di Veglie.

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In alto: risotto al nero di seppia con tartare di seppia e polpa di ricci. In basso: sgombro marinato al whiskey torbato e cipolla al Negroamaro in agrodolce.

IL PESCE, 4/22 SIMONE serve piatti di pesce povero dall’antipasto al dolce. Si comincia con una Scapece gallipolina a base di pesciolini popilli o popiddhri (zerri) fritti, mollica di pane in aceto, zafferano del Salento e menta. Si continua con un Risotto al nero di seppia con tartare di seppia e polpa di ricci — «due pesci un tempo poveri oggi riscoperti», sottolinea lo chef per evidenziare come cambiano valori e prospettive —, e si finisce con uno Sgombro marinato al whiskey torbato e cipolla al Negroamaro in agrodolce, felice combinazione che permette di ammorbidire il sapore forte di questo tipo di pesce. «È difficile far accettare la novità ai clienti» aggiunge Domenico Simone. «Tutti chiedono saraghi, aragoste, gamberoni di Gallipoli, ma appunto ci sono tanti ex pesci poveri che oggi non lo sono più, come le seppie, i ricci, lo scorfano, e questo fa ben sperare che altro piccolo pescato possa recuperare dignità in cucina» business.site).(conte-cavour-ristorante.

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Dalla Scapece di Gallipoli alla Zuppa Quataru di Porto Cesareo ci sono una trentina di km ma tante storie, tratti e ingredienti in comune.Sela Scapece è fatta essenzialmente con zerri, l’antica zuppa dei marinai, nata in barca, utilizza un po’ di tutto: alici, cefalo, sgombro, gallinelle, suri, ecc…

E alla Trattoria San Giuseppe Cenobio Specenobio.it),(www.trattoriasangiusep-iltitolare,MARCOCHIRINZI,faunarivisitazionedel quataru preparandola a pignatu, cioè con cottura lenta in ciocco di terracotta, in forno a legna. Si cambia mare, ma non sostanza, tra lo Ionio e l’Adriatico nel Porto Museo di Tricase, un porticciolo divenuto “museo a cielo aperto” e rinato con attività di pesca, turismo e commerciali.Traipriminel 2003 a credere alla parabola di Tricase Porto c’è un ex 4 volte campione mondiale di Tae Kwon Do in realtà cuoco pacifico e sornione, oggi 72enne. La cucina è sempre stata una passione per il maestro ANDREA D’AMICO e la sua trattoria di mare A Casa Mia è un po’ l’emblema del pesce povero, tanti sono i piatti che propone. «Padella, olio evo, aglio e una materia prima fresca per un piatto ricco di Omega-3, squisito, come il tris di pesce azzurro» dichiara il cuoco marziale. «I pesci poveri sono fastidiosi perché pieni di spine o scarti, ma ricchi di Omega-3. Ad esempio, tra sangue e scarti il tonnetto alletterato si riduce del 40%». Tra i piatti della sua cucina “povera” troviamo anche Pesce serra in agrodolce con fiori spontanei “pappaciddi”, dal sentore di limone, e finocchietto selvatico; oppure Pesce serra con pomodori, capperi e cipollotto. E ancora: Tonnetto “povero” alletterato con pomodori, olive nere, capperi e cipolla di Tropea, oppure Alici marinate e servite con grani di pepe rosso e prezzemolo Una curiosità: il maestro Andrea ha formato centinaia d’allievi nelle palestre del Salento e vanta, addirittura, una famiglia che è un piccolo esercito di 22 istruttori d’arti marziali. Quindi non fatevi venire la malsana idea di non pagare il conto. Massimiliano Rella A destra: cottura in forno a legna del “pescato a pignatu” alla Trattoria San CenobioGiuseppeaNardò. In basso: pesce serra in agrodolce con fiori spontanei “pappaciddi” e finocchietto selvatico e pesce serra con pomodori, capperi e cipollotto alla trattoria A Casa Mia, di Tricase Porto.

120 IL PESCE, 4/22 La rinascita di una comunità costiera oggi studiata in tutto il mondo La nuova vita di Tricase Porto di Massimiliano Rella

Tricase.diMuseoPortodeleGreciaMagnadell’AssociazionespazinegliTimone

Un tempo chiamato “Tricase Morto”, il piccolo borgo salentino è divenuta un luogo di incontro di culture ed esperienze, un Porto Museo oggi modello di sviluppo sostenibile, simbolo d’accoglienza e d’apertura.

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Inoltre, un’intera grotta è dedicata ad un originale progetto artistico: una raccolta in corso d’opera di quadri ispirati agli ex voto, quelle piccole “opere” che i pescatori commissionavano in segno di ringraziamento per esser sopravvissuti ad eventi pericolosi in mare. Da questa tradizione prende spunto la collezione moderna di artisti locali e amatoriali dedicata a fatti positivi o negativi accaduti a Tricase Porto, come l’approdo nel ‘92 di un caicco di rifugiati curdi iracheni, un brutto evento climatico, una festa di piazza o l’arrivo di una delegazione straniera. Tricase Porto ospita infatti il Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici del Mediterraneo, organizzazione scientifica con sede centrale a Parigi e per l’Italia a Bari. Il CIHEAM promuove la formazione ad alti funzionari, tecnici e decision makers in arrivo da Europa, Africa, Asia, America latina e da ogni luogo interessato dal movimento della “Crescita Blu” e dal rapporto col mare in tutti i suoi aspetti: naturalistici, economici, culturali, di sviluppo sostenibile delle comunità costiere, di gestione delle risorse marine, di sostenibilità delle attrezzature di pesca, di valorizzazione del pescato, di diversificazione turistica, di scambi di buone pratiche di pesca, acquacoltura, pescaturismo, ecc…

Una comunità citata come buona pratica dalla FAO Vuoi per scherzo, vuoi per nostalgia, fino ad una ventina d’anni fa il paese di Tricase Porto era chiamato dai locali “Tricase Morto”. La simpatica sostituzione della lettera P voleva annunciare il rischio di un “funerale”, per fortuna mai avvenuto, anzi! Oggi questa piccola frazione sull’Adriatico è infatti tornata alla vivacità dei tempi d’oro. Caduta quasi in abbandono, anche la pesca ora può contare su 12 imbarcazioni gestite dai figli degli anziani pescatori, tutti sotto i 40 anni d’età. E se il silenzio regnava sovrano, adesso, anche d’inverno, in una giornata infrasettimanale, cioè durante il peggior fuori-stagione di una terra turistica come il Salento, puoi trovare locali e trattorie aperte e ben frequentate tutto il giorno. Nulla di strano, se non fosse che stiamo parlando di un porticciolo circondato da un abitato abbastanza piccolo, che un tempo era in declino e a rischio di spopolamento e che oggi conta invece 8 ristoranti, un ittiturismo, eleganti bar, spazi sociali, B&B e il Centro Internazionale di Alti Studi “Agronomici” sul Mediterraneo (CIHEAM) stabilitosi qui nel 2018. A coronare questo nuovo corso già nel 2013 fu istituito il Porto Museo di Tricase. Ma che cos’è un porto-museo? Potremmo definirlo un museo vivente a cielo aperto, che abbraccia mare e terra, attività produttive e di tempo libero, pesca, barche, cultura, cibo, insomma è la comunità costiera che diventa “esposizione” permanente. Anche voi, mentre camminate a Tricase Porto, diventate un “pezzo” da museoNumeri. alla mano, oltre 200 attività commerciali del comune di Tricase (LE), paese di 17.000 abitanti a 4 km dalla costa, hanno sottoscritto la Carta dei principi e il Manifesto del Porto Museo. Inoltre, con lo sviluppo della comunità costiera, i pescatori sono diventati “docenti”, cioè esperti internazionali di pesca sostenibile, chiamati a dare testimonianza durante i corsi d’alta specializzazione del CIHEAM, sia in Italia che all’estero. «Il Porto Museo si estende e apre anche al territorio interno secondo lo spirito del Mediterraneo, questo grande nostro mare tra le terre, e valorizza la vecchia figura tradizionale del pescatore-contadino», ci spiega l’ex pubblicitario ANTONIO ERRICO, oggi personaggio di riferimento dell’Associazione Magna Grecia L’associazione, nata nel 2002, è stata il primo nucleo di valorizzazione della comunità costiera da cui è partita la rinascita di Tricase Porto, grazie all’iniziativa di sette amici, tutti professionisti — medici, avvocati, creativi — e con un’infanzia di ricordi legati al porticciolo; chi poi emigrato al Nord, chi in città. Così, grazie all’associazione, sono nati una residenza internazionale delle arti e dei mestieri nei locali di una vecchia scuola; un “cantiere del gusto” sulla contaminazione gastronomica della Puglia, del Salento e di Tricase; un ricettario con una forte attenzione al pesce povero e ai prodotti della campagna, soprattutto ortaggi e legumi, che ispira il lavoro dei L’Associazioneristoranti.

Magna Grecia ha anche i suoi spazi ricreativi in locali ipogei davanti alla spiaggetta di Tricase Porto, dotati di cucina e tavoli per ritrovarsi con gli ospiti internazionali e condividere idee, progetti, ma anche cibo e ricette. Ogni delegazione del CIHEAM, ad esempio, è invitata a cucinare un piatto del proprio Paese d’origine.

Massimiliano Rella >> Link: www.portomuseotricase.org

Insomma, Tricase è divenuta un luogo di incontro di culture ed esperienze, un Porto Museo oggi modello di sviluppo sostenibile, simbolo d’accoglienza e d’apertura Nel porticciolo che un tempo temeva il “funerale”, e che è tornato a nuova vita nel 2011, nasceva anche il primo ittiturismo pugliese — Anime Sante — gestito da un’intera famiglia di pescatori che cucina solo il pescato del giorno: quando il mare lo consente, altrimenti serrande chiuse. Oggi la comunità costiera di Tricase Porto è studiata in tutto il mondo ed è citata pubblicamente come buona pratica dalla FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura.

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Il mare in museo di Massimiliano Rella In particolare la rete dei musei marini conta sulla presenza di cinque strutture ricche di curiosità: * il Museo del Mare Antico a Nardò; * l’Acquario del Salento a Santa Maria al Bagno; * il Museo Civico Emanuele Barba e il Museo del Mare a Gallipoli; * il Museo di Biologia Marina Pietro Parenzan a Porto Cesareo. In alto: il Museo del Mare Antico a Nardò ospita importanti reperti di età romana provenienti da indagini archeologiche effettuate nel mare e lungo la costa neretina. A destra: teca con granchi al Museo del Mare di Gallipoli. Il percorso espositivo si snoda tra le meraviglie subacquee più piccole e la maggior collezione di cetacei della regione.

Il sostegno alla qualità dell’ambiente marino e alla sostenibilità della pesca passa anche dai musei. In Salento, nei tre comuni più balneari della Terra d’Arneo — Gallipoli, Nardò e Porto Cesareo — il mare è raccontato a turisti, appassionati e studenti attraverso esposizioni, mostre, reperti storici, acquari viventi, iniziative didattiche e culturali.

Una rete di 5 musei racconta il mare salentino a turisti, studenti e appassionati

Gestito dall’associazione di promozione sociale The Monument People, e partner del Museo Archeologico dei Ragazzi, della cooperativa Terra di Mezzo e dello studio ambientale Avanguardie , il Museo del Mare Antico (www. museodelmareantico.it) è situato in una struttura che comprende un laboratorio a vista per il restauro delle anfore e dei reperti marini. Il percorso di visita si snoda tra plastici, touch screen per i bambini, pannelli, reperti, oggetti di vita quotidiana, vetro, vasellame di pregio, bracciali, anelli, pesi da rete, antichi ami da pesca, conchiglie e video sulla storia costiera di Nardò dall’età romana in poi, fino al ritrovamento di un relitto mercantile a 23 metri di profondità a 300 metri dalla costa, scoperto nel 1982. L’Acquario del Salento (www.acquariodelsalento.it) è parte della rete dei musei di Nardò, aperto nel 2015 grazie ad un progetto di cooperazione tra Italia e Grecia che ha previsto la realizzazione di due strutture: una sull’isola di Cefalonia, in Grecia, nell’arcipelago delle Ionie, e l’altra in Salento, lungo la marina di Santa Maria al Bagno. I due musei, italiano e greco, sono dedicati ai pesci e ai fondali del Mediterraneo. Nell’Acquario del Salento troviamo, ad esempio, la rappresentazione di grotte sommerse e fondali dell’area di Porto Selvaggio e nelle quattro sale tanti esemplari in vasca: anemoni, oloturie, stelle marine, mormore, pesci pettine, murene, patate e pomodori di mare, scheletri di corallo, cernie brune, nurici, nudibranco (vacchette di mare), ricci matita, scorfani. Una cosa importante è che gli esemplari sono rimessi in mare dopo un certo periodo di tempo; i polpi invece più frequentemente, ogni 3-4 mesi. Sull’isola di Gallipoli troviamo due musei. Il Museo civico Emanuele Barba è ospitato in un palazzo storico e si ispira alle camere delle meraviglie tedesche. Vanta tra le sue chicche una sezione archeologica, due tombe messapiche (maschile e femminile), uno scheletro di balenottera comune pescata a fine ‘700 e vari ritrovamenti in mare, tra cui due mine della prima e seconda guerra mondiale. Il vicino Museo del Mare , invece, comprende scheletri di cetacei di proprietà comunale e la ricchissima collezione privata di crostacei, molluschi, conchiglie, invertebrati, echinodermi (ricci) ecc…, del professore e biologo marino GIORGIO CATALDINI, gallipolino, oggi direttore del Museo ma ex responsabile dell’ex centro studi cetacei della Puglia e testimone della trasformazione dei fondali marini a Gallipoli negli ultimi decenni (www. mareagallipoli.it).Ilgirosiconclude a Porto Cesareo, Museo di Biologia Marina Pietro

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Parenzan didifocarepertidelloniTroviamo,vitazionifondatorerina.unisalento.it),(museobiologiama-pensatodalsuopertrasmettereinforma-sull’habitateleabitudinididegliorganismiinesposizione.tralecuriosità,campio-deimaritropicali,pesciabissaliIonio,esemplarimostruosiediparticolareinteresse:lamonaca,levertebrecaudalicapodoglio,ungrandecarapacetartaruga Caretta caretta, un esemplare abortivo di squalo bicefalo e altro. Massimiliano Rella TECHNOCAGE srl Sales Office: Via A. Bocchi, 300 00125 Roma - Italy Tel. +39 06 87766294 - Fax +39 06 87766294 www.technocagesrl.cominfo@technocagesrl.com Azienda leader nella realizzazione di impianti per acquacoltura off-shore chiavi in mano

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I racconti della mormora di Giorgia Fieni

bianca farina, magari aromatizzata con qualche spezia), amava saltellare nell’olio, diventando croccante e golosa.

C’era una volta una mormora la cui migliore amica si chiamava pasta. Le faceva compagnia giocando assieme in un sugo con gamberoni e scampi o zucchine e pomodorini.

C’erano una volta una mormora e alcune patate che convivevano assieme al calduccio in un bel cartoccio. Qualche volta a loro si univano anche dei buoni funghi e si facevano compagnia aspettando di arrivare fumanti nel piatto. C’era una volta una mormora che, dopo aver indossato un bel costumino di uova e pangrattato (o di

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C’era una volta una mormora a cui piaceva stare al fresco, senza cottura, in mezzo a sedano, fragole e basilico, dove ciascuno poteva essere scambiato con l’altro, visto che erano tutti tagliati uguali e conditi insieme con una dolce citronette C’era una volta una mormora pazzerella a cui piaceva nascondersi: in un panino coi lampascioni, fra le mele al forno e la mozzarella di bufala, sotto una crosta di riso nero, sotto molto solitario. Al massimo, in estate, si avvicina alla costa per cercare cibo (vermi, anellidi, alghe, molluschi) ed è proprio in quel momento che viene catturato.Loammetto, magari la sua esistenza non è memorabile, ma una volta pescato e correttamente privato di lische e pelle (alcuni lo incidono, per favorire la cottura) forse qualche storia può narrarcela.

Mormorare è sinonimo di sussurrare. Una parola dal suono così melodioso che spesso appare nelle canzoni. Dalla celebre e patriottica Il Piave a Claudio Villa, Gianni Morandi, Jovanotti… nei loro brani c’è sempre qualcuno che sussurra, sottovoce, ma in modo deciso. Mi piace quindi pensare al pesce mormora come a una specie che, in cucina, ha qualcosa da raccontare, anzi, un segreto da rivelare. Anche se ha un aspetto innocuo —profilo ovale, 35-45 cm di lunghezza, 300-400 g di peso, colore giallo o grigio, sfumature argento — può somigliare ad un sarago o a un dentice. Di particolare ha solo che nei fondali sabbiosi, dove vive, rimane da giovane in branco, mentre da adulto (fino ai 12 anni) è un pesce

IL PESCE, 4/22 la pasta di un raviolo condito con salsa al prezzemolo, sotto una crosta di frolla all’aneto, mescolata a miele, curry e finocchi in una sorta di strudel di pesce, sotto una coltre di sale. C’era una volta una mormora che amava nuotare: nell’acqua pazza (GIANFRANCO VISSANI l’accompagna con burro di paprica e crostoni tostati e tritati), nel brodetto, nel guazzetto, nella zuppa…. C’era una volta una mormora che si avvicinò troppo al fuoco: era stata farcita di senape, cipollotti e pomodori e cosparsa di brandy e, quando vide la fiamma, si accese… ma non si fece male, anzi, la sua morbida carne assunse un sapore moltoSonogradito.tante le storie che potrei raccontarvi sulla mormora. Storie tramandate da pescatori, da ristoratori, da cuoche e da esperti. Le mie preferite però sono sempre state quelle inventate, in cui la realtà si mescola con la fantasia più sfrenata (non per niente adoro le fiabe alla GIANNI RODARI), quindi mettiamola così: combinate il sapore della mormora con gli ingredienti che più vi aggradano, anche se vi sembrano strani e inusuali, anche per caso, mettendoli in padella o al forno senza una ricetta e senza una dose precisa (ricordatevi che “a occhio” era una modalità di controllo degli ingredienti perfettamente valida presso le nostre nonne). Lasciate che la mormora vi racconti chi è e si adatti al vostro palato. Lasciatela sussurrare. Giorgia Fieni Mormora al forno alla ligure con patate, pomodorini, olive e pinoli.

blog.giallozaff©Photoerano.it

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La fortuna mediterranea del baccalà inizia nel 1432, quando il nobile veneziano Piero Querini, capitano della flotta della Serenissima, naufraga con tutti i suoi marinai proprio nelle acque norvegesi: da quell’incidente nacque un fi orente commercio e l’inizio di un nuovo capitolo della cucina. Storicamente viene definito “mangiare di magro” nonché cibo dei poveri, poiché di quelli che sono lontani dal mare e non possono permettersi di sostituire la carne con il pesce fresco non tralasciando che poteva essere prodotto ovunque e in qualsiasi momento dell’anno. Occorreranno secoli prima che il baccalà arrivi sulle tavole dei ricchi. Fino alla metà del ‘900 verrà ancora considerato cibo povero e sempre associato ad ingredienti altrettanto poveri come polenta, patate, acciughe, pane raffermo. Baccalà, ricotta di mandorle, fagiolini e salsa ponzu Il Baccalà che non ti aspetti Il sommelier SALVATORE MATARAZ ZO consiglia l’abbinamento con un vino ligure, il Rossese di Dolceacqua

Per LUIGI SALOMONE, chef del ristorante Re Santi e Leoni di Nola (NA), la corposità in bocca della polenta o del pane raffermo viene data dall’elemento della mandorla che, frullata, diventa una salsa grassa ed avvolgente. Da parte del baccalà invece al piatto dona un’appagante “carnosità”, un gusto elegante ma deciso regalando emozioni al palato che sanno di storia e tradizione. Una tradizione che per lo chef è prima di tutto un ricordo legato alle festività e al territorio: «da piccolo non volevo neanche vederlo o sentirne l’odore, a Natale la nonna lo portava in tavola mi voltavo dall’altra parte, poi negli anni ho imparato ad amarlo» racconta Luigi Salomone e continua «l’ispirazione per questo piatto arriva dalla mano di mia madre che lo faceva in insalata con rucola, fagiolini e patate».

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@farinella©Photo Baccalà ricotta di mandorle fagiolini e salsa ponzu

Ingredienti (per 4 persone) 4 pezzi di baccalà da 150 g • 100 g di lische del baccalà • 200 g di fagiolini lessati • 100 g di pelli di baccalà • 200 g di mandorle • 20 g salsa di soia • 20 g alga nori • 20 g zucchero semolato • aceto bianco 20 g Esecuzione Brodo: tostare le lische in forno, mettere a copertura acqua, aggiungere soia, zucchero e aceto. Bollire per 15 minuti. Mettere le alghe in infusione. Filtrare e aggiungere succo di limone. Emulsione di mandorla: mettere le mandorle e 100 g di acqua in un pacojet. Congelare e pacossare per 3 volte. Per il baccalà: mettere il baccalà sottovuoto e cuocere a 56 °C per 10 minuti. Per la pelle croccante: sbollentare le pelli in acqua, asciugarle e disidratare in forno a 60 °C per 12 ore. Friggere in olio di semi di girasole fino a che non saranno croccanti. Fagiolini: pulire e sbollentare in acqua.

MACCARIO DRINGENBERG. Ci troviamo in Val Nervia e Val Verbone, Ponente ligure. Giovanna Maccario e il marito Goez Dringenberg sono a capo dell’azienda che attualmente possiede 3,5 ettari a conduzione biologica con una produzione di 24.000 bottiglie l’anno. Il Rossese si apre al naso con un bouquet di frutti di bosco, spezie e fiori e ha una beva di grande dinamicità grazie alla sua freschezza. «Si accosta piacevolmente al baccalà cotto a bassa temperatura grazie al frutto che va a contrastare la sapidità della proteina» commenta il sommelier. «La sua dinamicità di beva e il suo equilibrio si sposano con la parte vegetale e la ricotta di mandorle».

Via Matteucci 17/19 – 47042 Cesenatico (FC) - tel. 0547/675446 - fax 0547/75 139 - info@giomare.net Giò Mare è un’azienda con sede a Rimini e Cesenatico specializzata nella vendita di pesce e in particolare nella vendita di pesce fresco. La rapidità nelle consegne, la grande professionalità degli addetti Giò Mare e ovviamente l’altissima qualità del prodotto, hanno reso la nostra attività di vendita pesce un vero punto di riferimento per tutti coloro che cercano proveniente dai migliori mercati ittici. VENDITA PESCE FRESCO

128 IL PESCE, 4/22

Nonostante le difficoltà di reperire informazioni circa l’allevamento, il commercio e le importazioni relative alle chiocciole, al loro trattamento e alla loro trasformazione, l’importanza di questo prodotto alimentare, cosiddetto minore, ricopre una notevole valenza imprenditoriale e commerciale. Tanto più che l’argomento degli alimenti alternativi rappresenta una questione particolarmente attuale, specie alla luce degli studi delle istituzioni come la FAO, che ha invitato i Paesi Membri a ricercare fonti proteiche alternative da quelle provenienti da animali cosiddetti zootecnicamente più produttivi.

Gli oltre 1.100 allevamenti elicicoli italiani generano infatti un volume d’affari di 290 milioni di euro, dando occupazione a quasi 10.000 persone che lavorano nel settore. Un intervento legislativo è necessario per garantire una maggiore tutela non solo degli elicicoltori, ma anche dei consumatori e della loro salute, specie alla luce del fatto che il valore delle chiocciole è stato protagonista di una crescita esponenziale tra il 2010 e il 2020, con un +83% (da 3,00 €/kg a 5,50 €/kg). Gli allevamenti si concentrano tra Piemonte, Toscana, Veneto e Sardegna ma è la regione dei Quattro Mori che batte tutti in quanto a consumo pro capite con La Sardegna vanta il primato nazionale nel consumo di chiocciole

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Lumache isolane di Riccardo Lagorio Carmen Maria Pusceddu, titolare con la sorella Federica de La Chiocciola. Il loro box (209) si trova all’interno del mercato civico coperto di San Benedetto a Cagliari, il più grande d’Europa (telefono: 389 2533909). TIPICI

PRODOTTI

Dal canto loro le rappresentanze sindacali, sentite nel corso di un’audizione presso la commissione agricoltura del senato nel maggio 2021, hanno ribadito l’urgenza a procedere e dare norme certe a un settore “considerato erroneamente marginale nel quadro della zootecnia nazionale” e che rappresenta “un importante volano economico, sociale e occupazionale”

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IL PESCE, 4/22

Le rigatelle, tra le chiocciole più richieste. Si consumano soprattutto al sugo con un aggiunta di peperoncino o con una salsa verde al prezzemolo. oltre 45.000 quintali, ben otto volte superiore alla media nazionale. È sicuramente vero che per gli isolani le lumache hanno rappresentato una riserva alimentare di facile mantenimento e di comodo trasporto, soprattutto per i primi naviganti che si avventuravano alla ricerca di nuoveGrandiconquiste.mangiatori di lumache ma anche grandi importatori: l’8590% del prodotto arriva da Tunisia e Algeria. Da Sassari al Sulcis è abbastanza normale, dopo una giornata di pioggia, imbattersi in appassionati raccoglitori di lumache, i circadori de sizzigorru come si direbbe a Cagliari.Nelpiù grande mercato coperto d’Europa, quello di San Benedetto a Cagliari, uno spazio è occupato per la vendita esclusiva di questi simpatici animali da parte delle sorelle CARMEN e FEDERICA PUSCEDDU, La Chiocciola. «Per sopperire alle richieste dei clienti, per buona parte dell’anno le chiocciole provengono dall’estero, specie dalla Tunisia. Le più richieste sono le rigatelle e quelle note con il nome di monachelle, che si trovano tutto l’anno. Le migliori si trovano però da aprile a settembre» racconta Carmen. Le rigatelle sono in verità Helix eobania, la cui conchiglia è bianco crema con bande talvolta marrone scuro o rossastro. «Si consumano al sugo con un aggiunta di peperoncino o anche con una salsa verde al prezzemolo» spiega. L’appellativo delle seconde, scientificamente Helix aperta, deriva dal sigillo bianco sull’apertura, prodotto dalla bava della lumaca stessa. «Il modo migliore per mangiarle è sbollentarle e consumarle con un battuto di aglio, prezzemolo, olio extravergine di oliva e pangrattato. Oppure si dispongono in una teglia così come sono, senza neppure togliere il tappo e s’infornano».Mailprimato della lumaca è detenuto da Gesico, borgo a nord di Cagliari. Nel mese di ottobre, in corrispondenza dei festeggiamenti dedicati a Sant’Amatore, il paese dedica un appuntamento in onore della lumaca. Nell’ambito delle iniziative pubbliche, numerosi stand attrezzati offrono piatti a base di lumache. Si stima che ogni anno sia presa d’assalto da 50.000 visitatori e vengano consumati 10 quintali di chiocciole cucinate e altrettante vendute vive durante il terzo fine settimana. Anche questo è un record. Riccardo Lagorio (+39) 0521 www.cavallimpm.itinfo@cavallimpm.it836670

PELATRICE PER PESCE

130 IL PESCE, 4/22 CONSERVE La saraghina saléda di Romagna Merce di scambio del Regno Pontificio, cibo povero nobilitato da Federico Fellini in “Otto e mezzo”, è un Prodotto Agroalimentare Tradizionale dell’Emilia-Romagna. Se ne produce anche un’ottima colatura di Roberto Villa

Nota anche come saracca o papalina (con quest’ultimo nome è chiamata anche in Croazia e a Cipro), ha un dorso azzurro-bluastro e un ventre argenteo, raggiunge una taglia media di 17 centimetri ed è apprezzata da secoli in tutta Europa per l’eccezionale sapore delle carni.

Famosi sono gli spratti affumicati di Riga, ottenuti dalla sottospecie che popola il Mar Baltico. Il nome papalina deriva dal fatto che un tempo era pescata nel mare antistante il Regno pontificio e da qui commercializzata nel resto della penisola ed oltre. In Romagna la pesca della saraghina si perde nella notte dei tempi, è un cibo molto popolare e talmente diffuso nella cultura romagnola che FEDE RICO FELLINI arrivò a chiamare con questo nome uno dei personaggi della sua celebre pellicola “Otto e mezzo”.

Anche nell’entroterra si ritrova un importante legame con questa preparazione ittica, ad esempio nel funerale della saracca, che si tiene nella frazione Oliveto di Monteveglio nel comune di Valsamoggia (BO), un evento carnevalesco tradizionale che segna l’inizio della Quaresima e si ricollega al passaggio degli Spagnoli nel 1527 ed è strettamente imparentato con la festa iberica nota come El Entierro de la Sardina (che nella regione di Murcia viene però festeggiato nella settimana successiva alla Pasqua; si veda l’articolo dedicato, Entierro de la Sardina, la festa di primavera da Murcia a Genova, in IL PESCE n. 3/2022).

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Infine la saraghina viene posta a raggiera in barili di legno, tipicamente in faggio, pressandola con dei pesi per eliminare l’eccesso di liquido; questo non viene gettato ed anzi rappresenta una saporita colatura che nulla ha da invidiare a quella di altre preparazioni simili: filtrato in due o tra passaggi su tele di lino, si lascia decantare in botti fino al confezionamento in bottigliette di vetro. Abbinamenti gastronomici ed enologici Si presta molto alla preparazione di crostini e antipasti, che non devono contenere ingredienti che vadano a coprirne l’intensità olfattiva e gustativa o si consuma in tutta semplicità, adagiata su una fetta di pane appena croccante e cosparso di olio extravergine di oliva. Con la piadina trova un perfetto accompagnamento da cibo di strada, insieme a crescione o rucola oppure con radicchio e cipolla (quest’ultima, molto comune in Romagna, viene di solito fatta con il pesce fresco, scottato sulla griglia). La colatura di saraghina è un eccellente condimento dei primi: un piatto di pasta con colatura, pomodorini freschi e basilico rappresenta un semplice e saporito piatto mediterraneo.L’abbinamento col vino può spaziare da un bianco “nordico” e asciutto come il Friuli Grave Friulano DOC ad un Orvieto Classico DOC, sino a vini più strutturati in funzione dell’abbinamento con altri ingredienti. Roberto Villa Storia e legame col territorio La specie da cui trae origine questa prelibatezza (Sprattus sprattus L.) appartiene alla famiglia dei Clupeidi, pesci pelagici che si nutrono di plancton e vivono in branchi molto numerosi. Pur assomigliando all’alice o acciuga, se ne distingue per la forma più panciuta.

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Descrizione del prodotto: sale di Cervia e sei mesi sotto salamoia Un proverbio diffuso in passato tra i pescatori recita che “la saracca è l’ultimo pesce creato da Dio perché gli ha messo dentro tutte le spine che al Creatore erano rimaste” In verità, quella presente nell’Alto Adriatico si distingue per avere meno spine e poche squame, caratteristiche che la rendono più idonea alla trasformazione come conserva ed è

proprio la lunga maturazione sotto sale che rende la lisca morbida, friabile e quasi impercettibile al palato. La pesca avviene lungo tutto l’arco dell’anno ma in particolare tra marzo e luglio e successivamente tra settembre e novembre. Conservata al fresco, tipicamente sotto ghiaccio, sino all’arrivo in porto e nelle ore seguenti, viene immediatamente salata a secco alternando strati di pesce con il sale; la lavorazione tradizionale prevede l’uso di sale di Cervia, più dolce. Poi si aggiunge la salamoia e si lascia il pesce a maturare per lungo tempo, sino a 6 mesi.

La produzione della saraghina maturata sotto sale aderisce al marchio collettivo di filiera denominato Prodotto Certificato Alto Adriatico (PCAA) ed è riconosciuta come Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Regione Emilia-Romagna.

una rarità per tutte le stagioni

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di Chiara Papotti Lo sciabordio dell’acqua tra giardini fioriti e verdi montagne, le barche che dondolano ormeggiate sulla riva, le luci che si riflettono nello specchio del lago. Gli ingredienti per una cena dall’atmosfera romantica al calare del sole ci sono tutti. Complici anche le terrazze panoramiche dei ristoranti affacciate sui laghi del Nord Italia. Con l’arrivo dell’estate, nel mezzo di una pandemia globale, mangiare all’aperto è un piacere a cui non vogliamo rinunciare, soprattutto dove la tradizione gastronomica vince e la vista incanta. Dopo mesi di restrizioni e chiusure, il desiderio di uscire a mangiare fuori è impagabile e la voglia di tornare alla normalità passa anche dalla tavola, andando alla ricerca di prodotti di nicchia che rappresentano autentiche esperienzeAndiamogastronomiche.dunquealla scoperta del missoltino del Lago di Como essiccato al sole, un presidio Slow food ottenuto dall’agone, anche noto come sarda di lago, e caratterizzato da una particolare sapidità e intensità di gusto, aromatizzata ed esaltata da verdure di stagione e vini gentili. Cucina del territorio, soprattutto di pesce locale, preparata seguendo ricette tipiche, senza rinunciare ad una raffinata sperimentazione. Le prime testimonianze che descrivono la pratica per ottenere il missoltino le ritroviamo negli scritti di PLINIO IL GIOVANE, scrittore latino nato a Como nel 61 d.C. Nella sua opera più famosa, le Epistole, racconta di alcuni pescatori che essiccavano piccoli pesci. Nel tempo la tecnica che permetteva di conservare sotto sale i pesci di lago si è affinata, fino a cambiare radicalmente nel corso degli ultimi secoli, influenzata dal turismo nord-europeo. La metodologia di essiccazione ancora in uso ha caratteristiche molto simili a quella praticata nei Paesi scandinavi.

Nella seconda metà di giugno, al termine dell’epoca riproduttiva, è consentita la pesca degli ultimi agoni che al tramonto si avvicinano alla riva e vi rimangono per 5-6 ore. Si ritiene che i pesci catturati in questo periodo siano i migliori per l’essiccazione perché più magri; mentre i più gustosi da cucinare siano quelli pescati in primavera o nel mese di settembre. Il pescatore, dopo aver assicurato vicino alla riva un estremo della rete, la cala perpendicolarmente alla costa facendo attenzione che, verso il lago aperto, essa formi un semicerchio (il cosiddetto capin de riva). Questo accorgimento è indispensabile perché gli agoni, toccando la rete, cercano di fuggire in mezzo al lago e rimangono impigliati per la maggior parte in questo tratto. Il procedimento per ottenere i missoltini essiccati naturalmente è molto lungo e laborioso. Una volta pescati, nelle acque più profonde del

lespecialitalariane.it©Photo

Missoltino del lago di Como,

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134 IL PESCE, 4/22 lago, gli agoni vengono squamati, eviscerati e messi a riposo sotto sale per 2-3 giorni. Lavati dal sale vengono accuratamente appesi uno ad uno sugli essiccatoi, cavalletti di legno da cui sporgono chiodi in materiale inossidabile. Questa tecnica consente di preparare insieme anche pesci di dimensioni differenti dato che è possibile togliere un agone per volta; in media l’esposizione delle carni al sole e all’aria dura una decina di giorni. A questo punto i pesci, le teste in particolare, vengono schiacciati e riposti in contenitori di metallo, le tolle (anticamente barili in legno chiamate missolte, da cui il nome missoltino). Nei recipienti gli agoni vengono stipati alternando le carni con foglie di alloro e, a riempimento completo, si procede ad una lenta pressatura con un torchio. Dopo una prima compressione, nei giorni successivi, si aggiunge qualche strato di agoni in modo da riempire quasi del tutto la latta, lasciando in superficie il sottile strato di grasso perso dal pesce. L’olio ottenuto ha funzione di isolante contro gli agenti esterni per consentire una perfetta conservazione del prodotto. Il missoltino sarà pronto quattro mesi dopo, quando sotto il manto bianco argenteo la carne sarà diventata rossastra. Oggi i pescatori che si dedicano all’arte di preparare i missoltini sono pochissimi; il mestiere non è più remunerativo come un tempo e il pescato che si può gustare sul lago arriva più facilmente da altre zone d’Italia o d’Europa a prezzi più vantaggiosi. Anche per questi motivi l’associazione Slow Food ha riconosciuto il valore di questa antica preparazione e nel 2013 l’ha fatta diventare presidio con un duplice fine: valorizzare e tramandare l’arte della lavorazione, garantendo una provenienza locale degli agoni utilizzati. Il tipico piatto lariano è diventato così certificato dal circuito di gastronomia a filiera corta, che sancisce la qualità dei prodotti genuini legati al territorio di origine. In riva al lago è possibile gustare il missoltino semplicemente cotto alla griglia, condito con olio e aceto, e accompagnato da polenta, soprattutto nei mesi più freddi. In alcuni ristoranti, invece, con l’arrivo della bella stagione, viene rinvenuto e cucinato per ottenere preparazioni ricercate da consumare sulle terrazze che si affacciano sulla riva del lago. Si può trovare come condimento per la pasta o come antipasto freddo accompagnato da vini del territorio. Comunque li si provi, al naturale o in piatti compiuti, i missoltini del lago di Como contano su una salda cultura gastronomica ancorata al territorio. Un’ottima occasione per tornare a viaggiare. Chiara Papotti L’asciugatura al sole dei missoltini dura una decina di giorni. Il missoltino è l’emblema della tradizione conserviera lariana. Un’eccellenza, oggi relegata alla produzione di pochi artigiani, che si ottiene salando e facendo essiccare gli agoni (Alosa fallax lacustris), pesci tipici del lago di Como. I “misultìn”, così chiamati in gergo dialettale, hanno un gusto sapido e intenso.

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136 IL PESCE, 4/22 SAPORE DI MARE

Trattoria da Emilia, tutto il fascino e la magia di Sorrento di Riccardo Lagorio Gli stranieri la adorano, d’estate come in inverno; per gli Italiani è tra le mete più ambite di casa. Città viva e pulsante, set a cielo aperto che conquista i viaggiatori 365 giorni l’anno, Sorrento si colloca tra le destinazioni più visitate dai turisti internazionali, specie inglesi e americani. Sulla scia dei taccuini del Grand Tour e l’eco delle melodie di LUCIO DALLA, il suo mito ammalia e prende forma con una vivacità tutta partenopea. Un po’ defilato il borgo dei pescatori, Marina Grande, indimenticato e colorato scenario (i pescatori individuavano da lontano la propria casa) di “Pane, amore e…” con protagonista la smargiassa SOPHIA LOREN, venerata come una santa dopo aver girato con VITTORIO DE SICA il film diretto da DINO RISI. La quiete del borgo è l’altra faccia del brulichio del centro. Il silenzio e gli abitanti del villaggio, osti e marinai, danno l’impressione che nulla sia cambiato dal tempo della pellicola del 1955 tra gozzi tirati a secco, le reti al sole e la lenta risacca. È rimasta come nel 1947, quando venne fondata, anche la Trattoria Da Emilia, dove la possanza di IRE NE CACACE e le semplici tavole sono il rassicurante biglietto da visita di piatti saporiti e genuini. Qui ci si ferma, les pieds dans l’eau, nello spartano dehors anche fuori orario per un assaggio di fritto di paranza, leggero e scricchiolante. Una piccola gemma che possiede ancora tanto dello stesso fascino di quando fu aperta, con la cucina poco più grande di un pugno ricavata nel luogo più discosto del monazzero, l’antico rimessaggio di barche e attrezzature da pesca utilizzato come ambiente delle trattorie. Le tovaglie a quadrettoni bianchi e azzurri e l’ingresso presidiato dalla matriarca di oggi, Irene, anticipano una cucina essenziale, primaria, ma per queste ragioni vitalissima e godibilissima, L’antipasto di alici marinate, con palamita marinata, insalata di calamari e polpo.

IL PESCE, 4/22 137 con tutti i sapori del golfo e dell’orto. Dalle barche arriva il pesce. L’incertezza della pesca implica piatti espressi, siano alla griglia, fritti o all’acquapazza.Cisonoiclassici sauté e le cozze in particolare vengono servite con un sugo fresco di pomodoro e profumo di aglio. Tra gli antipasti non ci si deve fare sfuggire le Alici marinate, che sono presenti anche nell’Antipasto di mare, con palamita marinata, insalata di calamari e polpo. «Cozze e vongole in bianco al limone, sono particolarmente gradite dagli stranieri» racconta Irene Cacace. Ci sono dei primi piatti irrinunciabili. Tra questi gli Scialatielli ai frutti di mare. «Si tratta di un formato di pasta inventato nel 1978 dal cuoco ENRICO COSENTINO, dalla forma di linguine ma più spesse, più larghe e più porose. È infatti pasta fresca che si condisce con i frutti di mare avendo accortezza di mantecare con acqua di cottura». Tradizionali gli Spaghetti a vongole, come si dice da queste parti, assai conditi con i molluschi, in bianco, e solo macchiati con pomodorini freschi, una punta di peperoncino, un ricordo d’aglio e prezzemolo per renderli ancora più gustosi. Si possono richiedere anche gli Spaghetti con le cozze. Le vongole, con aggiunta più generosa di pomodorini freschi, condiscono i piccoli gnocchi fatti a mano nelle retrovie della cucina. I secondi non sono da meno. Qualunque sia la scelta, bisogna trovare il modo di farsi preparare la superba Frittura di alici o di calamari. Con agili gesti Irene avvolge di farina i pescetti di paranza: «nella freschezza e nella rapidità — dice — sta la loro fragranza». È una portata davvero magica. I migliori gamberi rossi e calamari freschi sono proposti alla griglia e serviti con limoni a metà che non servono, a meno che non si voglia rovinare irrimediabilmente il sapore del mare. Spigole, filetti di pezzogna o pesce spada alla griglia sono accompagnati da verdure del tempo: una presentazione che mette gioia e appetito. Ma attenzione agli ordini: le porzioni sono così abbondanti che finirle diventa quasi una scommessa. Scelte di vino poche, ma davanti alla bontà del mare nel piatto questo diventa un dettaglio di poco conto. Ah, sì, il conto… Niente paura: il portafoglio non subirà tracolli. Riccardo Lagorio

E proprio lì che, dove il mare luccica e tira forte il vento, nell’incantevole scenario di Marina Grande, Sofia Loren e Vittorio De Sica, impegnati nel borgo sorrentino per le riprese del celebre film di Dino Risi “Pane amore e…”, nel lontano 1954 sedettero ai tavoli della Trattoria Emilia, accolti da una allora giovanissima Donna Emidia, che col suo garbo e la sua ospitalità riuscì a far sentire subito a casa i due grandi attori italiani.

Trattoria Da Emilia Via Marina Grande 62 80067 Sorrento (NA) Telefono: 081 8072720 Web: www.daemilia.it Il dehors del locale.

e criticità di Maria Vittoria Tignani, Leonardo Bruni, Giuliana Parisi di ossigeno disciolto (ABU-SHAHBA et al.,Concettualmente,2021). dunque, l’acquaponica consiste in un processo di crescita simbiotica di organismi acquatici e piante, in cui gli effluenti dell’acquacoltura subiscono trasformazioni da parte della flora microbica per essere utilizzati come fonte di nutrienti per la crescita delle piante, mentre, al contempo, l’assorbimento di nutrienti da parte delle piante bonifica l’acqua per l’allevamento degli organismi acquatici (YEP & ZHENG, 2019). Solitamente si parla di “acquaponica” quando almeno il 50% delle sostanze nutritive che “acqua-” e “idro-” hanno significato simile, spesso possono essere confuse e tradotte in maniera interscambiabile, senza rendere giustizia alla vera natura strutturale e funzionale dell’acquaponica.Ascansodiequivoci si precisa che il concetto di acquacoltura è individuabile nell’allevamento di organismi acquatici vegetali ed animali, in ambienti di acque dolci, salmastre, marine (CATAUDELLA e BRONZI, 2001) o saline interne (FAO, 2020), mentre idroponica significa produrre colture senza suolo coltivando piante su soluzioni ricche di nutrienti che contengono una quantità adeguata

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traL’acquaponica:opportunità

Come scrive R ACHEL L. C ARSON nella sua opera Primavera silenziosa (1962), In nature, nothing exists alone (JUNGE et al., 2017). Infatti, sapevate che è possibile far crescere delle colture direttamente sull’acqua, senza bisogno di suolo? Come? Attraverso l’acquaponica! Questo nome deriva dalla crasi di due parole, ossia “acquacoltura” e “idroponica”: infatti, combina l’allevamento di organismi acquatici (acquacoltura) con la coltivazione su acqua di colture terrestri (idroponica) (PALM et al., 2018). Il suffisso “ponica” deriva dall’antico greco πόνος (lavoro) e, poiché i prefissi

info@sealogy.itwww.sealogy.itFerrara16 | 17 | 182022novembre Organizzato da Società del gruppo

Entrambi questi sistemi sono stati inseriti dalla Food and Agriculture Organization nella lista dei “Globally Important Agricultural Heritage SystemsVenendo”. al mondo “occidentale”, si può dire che i primi cenni di acquaponica in Europa sono identificabili nella messa a punto del sistema RAS, acronimo che sta per Recirculated Aquaculture System, alla fine degli anni Settanta del secolo scorso (JUNGE et al., Negli2020).stessi anni, l’acquaponica è approdata anche negli Stati Uniti d’America grazie agli studi di TODD, GOLDMAN e RYTHER sul riutilizzo di nutrienti dalle acque reflue per la produzione vegetale e animale (JUNGE et al., 2020). Successivamente, grazie all’avanzamento tecnologico e all’acquisizione di nuove conoscenze sulla progettazione degli impianti, sulla biofiltrazione e sugli ottimali rapporti piante/animali avvenuti nell’ultimo decennio dello scorso millennio, si è arrivati alla realizzazione di sistemi chiusi che consentono il riciclo dell’acqua e l’accumulo di nutrienti per la crescita delle piante (JUNGE et al., 2020).

Cenni storici sull’acquaponica Secondo molti studiosi, l’acquaponica affonderebbe le sue radici in tempi molto antichi. Infatti, il concetto di utilizzare escrementi dei pesci per fertilizzare le piante esiste da millenni, e sarebbe già stato applicato da civiltà molto antiche sia in Asia che in Sud America. Gli esempi più noti sono rappresentati dalle cosiddette “chinampa” azteche stabilite nei laghi poco profondi dell’America centrale (databili tra 1350-1150 a.C.) e il sistema integrato tra le risaie e l’allevamento acquicolo introdotto in Asia circa 1500 anni fa e tutt’oggi ancora utilizzato (JUNGE et al., 2020).

140 IL PESCE, 4/22 contribuiscono al fabbisogno ottimale delle piante deriva da scarti che hanno origine dall’allevamento di organismi acquatici (PALM et al., 2018). In sostanza, le deiezioni originate dai pesci fertilizzano l’acqua usata per irrigare le piante, e le piante al contempo puliscono l’acqua per i pesci che vi vengono ospitati. Dunque, in acquaponica, l’acqua assolve una duplice funzione: 1. da una parte, ospita i pesci e sostiene le colture; 2. dall’altra, permette di ottenere due prodotti alimentari in una volta Questasola.situazione è “win-win”, ossia “favorevole per tutti”, perché ci guadagniamo tutti (dalla pagina Instagram della FAO, www.insta-

Figura 1– Numero di pubblicazioni scientifiche prodotte nel periodo 19782014 su idroponica, acquacoltura e acquaponica (JUNGE et al., 2020).

•••••seguentiarticolo,medium=copy_link).gram.com/p/CZI6hpmo0w3/?utm_Inquestoverrannoapprofonditiitemi:lastoriadell’acquaponicaeilsuocontestodisviluppo;ilsuofunzionamento,inbreve;lecomponentiprotagonistediunsistemaacquaponico;ipuntidiforzaedidebolezza,nonchéleopportunitàelemi-naccediquestosettore;ilfuturodell’acquaponica.

Secondo J UNGE et al . (2020), tra gli studiosi pionieri che hanno promosso l’ascesa di questo settore si devono annoverare MARK MCMURTRY, JAMES RAKOCY, WILSON LENNARD, NICK SAVIDOV. Tuttavia, la ricerca sull’acquaponica è davvero decollata solo dopo il 2010, come si può vedere in Figura 1, in cui si confronta il numero di pubblicazioni scientifiche su idroponica, acquacoltura e acquaponica nel periodo di tempo compreso tra il 1978 e il 2014. Permane, in ogni caso, una grande differenza tra ciò di cui il mondo sta “parlando” e ciò che è attualmente oggetto di ricerca (JUNGE et al., 2020).

Figura 2– Gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile da raggiungere entro il 2030 (unric.org/it/agenda-2030, consultato il 12 marzo 2022).

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Il contesto Lo sviluppo dell’acquaponica è contestualizzabile in uno scenario sociale, economico e ambientale estremamente delicato. In primis, la capacità portante del nostro pianeta sta venendo messa a dura prova. La crescita demografica ha un ritmo, ad oggi, pressoché iperbolico e si prevede che possa raggiungere, entro il 2050, la strabiliante cifra di 10 miliardi (GODDEK et al., 2019). In questo senso sembra che, nello stesso arco di tempo, il 66% della popolazione mondiale si stabilirà a vivere nelle città, con una crescita elevatissima del tasso di urbanizzazione a discapito delle aree rurali (GODDEK et al., 2019). Dati questi elementi, ne risulta che anche le produzioni a scopo alimentare dovranno intensificarsi per poter far fronte a un’insistente domanda da parte di una popolazione mondiale sempre più numerosa e sempre più affamata. Tuttavia, è ben noto che le produzioni alimentari si basano sulla disponibilità di risorse naturali (come la terra, l’acqua e l’energia fossile), ma il contemporaneo consumo (e la degradazione) di queste risorse sta eccedendo il loro tasso di rigenerazione globale (GODDEK et al., 2019). Dunque, molti stressors — tra cui il riscaldamento globale, l’inquinamento, l’urbanizzazione e la correlata perdita di biodiversità — stanno compromettendo la disponibilità di acqua e suolo fertile, rendendo la produzione alimentare sempre più difficile e imprevedibile in molte regioni del mondo (GODDEK et al., Queste2019).condizioni richiedono l’adozione di rapidi progressi tecnologici, di nuovi metodi di produzione e di filiere alimentari più efficienti e sostenibili, dato che circa un miliardo di persone è già cronicamente malnutrito, mentre gli attuali sistemi agricoli continuano a degradare terra, acqua e biodiversità su scala globale (GODDEK et al., 2019). Secondo gli economisti ambientali, devono essere riconosciuti dei “limiti” (i cosiddetti planetary boundaries ) entro cui l’umanità può agire in maniera sicura nei confronti della scarsità delle risorse. Pertanto, una grande sfida globale è spostare il modello economico basato sulla crescita verso un paradigma più ecologicamente equilibrato che sostituisca la crescita infinita con lo sviluppo sostenibile. In tal senso, per “sviluppo sostenibile” si intende — secondo l’ONU — quell’approccio che soddisfa i bisogni delle attuali generazioni senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le proprie necessità. La FAO, più specificatamente, lo definisce come «the management and conservation of the natural resource base, and the orientation of technological and institutional change in such a manner as to ensure the attainment and continued satisfaction of human needs for present and future generations. Such sustainable development (in the agriculture, forestry, and fisheries sectors) conserves land, water, plant and animal genetic resources, is environmentally nondegrading, technologically appropriate, economically viable and socially acceptable» (FAO Council, 1989, z5278en.pdf).www.fao.org/3/z5278en/ Figura 3 Diagramma di funzionamento di un sistema acquaponico con annesso il ciclo dell’azoto (Wei et al., 2019).

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3. una componente idroponica per la coltivazione di piante. Tra queste, si annoverano la coltura in acque profonde (DWC), la tecnica del film nutritivo (NFT), le tavole di flusso e riflusso, i sistemi di gocciolamento, i sistemi aeroponici e altro ancora (PALM et al., Introdotti2018).i componenti principali di un sistema acquaponico, possiamo passare più nel dettaglio al funzionamento del sistema stesso. Partendo dal presupposto che i sistemi convenzionali di acquacoltura sono basati su elevate densità, alti tassi di somministrazione alimentare e, conseguentemente, dal ricambio dell’acqua (dunque, allevamenti intensivi o iper-intensivi), ne deriva che l’azoto, il fosforo e tutte le sostanze contenute nei mangimi somministrati vengono convertite in particolato e in sostanze nocive per gli animali acquatici, quali azoto ammoniacale, nitriti, acido solfidrico e altre componenti (WEI et al., 2019). Tali La presenza degli animali è al centro del sistema produttivo di un sistema di acquaponica (photo © PentairAES via Twitter).

Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS), conosciuti anche con l’acronimo inglese SDGs, ossia Sustainable Development Goals, sono un insieme universale di obiettivi e traguardi concordati da tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite per guidare le loro politiche e iniziative di sviluppo nei prossimi dieci anni e si applicano sulla base del riconoscimento e della tutela fondamentale dei diritti umani, della dignità e dell’equità.L’Agenda 2030, un programma d’azione adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre 2015 che delinea a livello mondiale le direttrici delle attività da intraprendere fino ai 15 anni successivi, enfatizza le persone, il pianeta, la prosperità, la pace e la collaborazione (SUBASINGHE, 2015). Con i suoi 17 obiettivi principali (che fanno seguito agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, OSM, ossia Millennium Development Goals, MDGs), essa si concentra soprattutto sull’eliminazione della fame, sulla riduzione della povertà e delle disuguaglianze in tutte le loro forme. Riconosce la necessità non solo di innovazione e di sviluppo economico, ma anche di protezione sociale. Non da ultimo, l’Agenda 2030 si impegna a sostenere l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, promuovendo e facilitando l’efficienza energetica e l’energia pulita e cercando di ridurre la pressione dell’attività economica umana sull’ambiente naturale, attraverso la protezione degli habitat e degli ecosistemi e una maggiore efficienza nell’uso delle risorse, con metodi di produzione e consumo sostenibili. Essa mira ad aumentare la resilienza alla volatilità del mercato e all’instabilità politica (HAMBREY, 2017) e a costruire società pacifiche, giuste e inclusive.Secondo SUBASINGHE (2015), è nel settore primario e nella fornitura alimentare che si trova il collegamento fondamentale tra le persone e il pianeta e il percorso verso una crescita inclusiva e sostenibile, ed anche la FAO ha sottolineato il fatto che l’alimentazione e l’agricoltura sono fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi proposti dall’Agenda 2030 (SUBASINGHE, 2015). Al fine di mantenere un paradigma equilibrato, sono necessari sistemi di produzione innovativi ed ecologicamente più sani, in modo tale che i compromessi tra i bisogni umani immediati possano essere bilanciati, pur mantenendo la capacità della biosfera di fornire i beni e i servizi richiesti. L’acquaponica fornisce in maniera promettente parte della soluzione, alleviando e talvolta eliminando gli impatti ambientali negativi tipicamente associati all’acquacoltura e all’agricoltura intensive (MAUCIERI et al., 2018).

Il funzionamento di un sistema acquaponico… in breve Ribadiamo la definizione di acquaponica per poter capire in maniera approfondita gli aspetti principali che ne caratterizzano il corretto funzionamento. Nella definizione di BAGANZ et al. (2021) viene evidenziato come l’acquaponica sia un sistema emergente di produzione alimentare sostenibile, che combina l’allevamento ittico con la coltivazione fuori suolo in sistemi multitrofici integrati in cui animali, piante e microrganismi sono in simbiosi. In questo senso, è deducibile che un classico sistema acquaponico sia costituito da almeno tre unità principali: 1. l’unità di acquacoltura, comprendente le vasche contenenti pesci (PALM et al., 2018); 2. un sistema di filtrazione, comprendente ad esempio dispositivi di rimozione dei fanghi e di biofiltrazione (PALM et al., 2018);

IL PESCE, 4/22 molecole possono causare, a seconda della loro natura, effetti immediati ed effetti di accumulo, raggiungendo livelli tali da inibire la respirazione, l’alimentazione e la crescita dei pesci, fino persino a comprometterne la capacità di sopravvivenza (WEI et al.,Grazie2019). al funzionamento di un impianto acquaponico, gli escrementi degli organismi acquatici, assieme ai residui alimentari non ingeriti dagli stessi, possono essere utilizzati per decomporre in nitriti da parte dei microrganismi l’azoto ammoniacale presente nell’acqua (WEI et al., 2019). Successivamente, i batteri nitrificanti trasformano a loro volta il nitrito in nitrato, facilmente assimilabile come sostanza nutritiva dalle piante coltivate nel sistema (WEI et al., 2019). Per capire come l’acquaponica rappresenti un modello produttivo ecologico e un ciclo “virtuoso” approfondiamo l’aspetto dell’azoto (WEI et al., 2019), schematizzato in Figura 3. I vegetali che vengono coltivati nel sistema legano l’azoto alle componenti organiche (WEI et al., 2019). In conclusione, il ciclo dell’azoto ha luogo coinvolgendo sia pesci che piante senza danneggiare nessuno dei due; anzi: il risultato che si ottiene da questa simbiosi si concretizza nell’effetto ecologico del riciclo dei nutrienti, che permette a sua volta un notevole risparmio nei costi della purificazione dell’acqua e garantisce l’ottenimento di prodotti di origine sia animale che vegetale, “pollution-free” (WEI et al., 2019). Pertanto, si può dire che l’ambiente acquatico di allevamento e coltivazione viene di per sé migliorato in maniera estremamente efficiente. Ancora, dopo che l’acqua è stata purificata dall’azoto ammoniacale, questa può essere nuovamente riutilizzata attraverso il sistema idrico di ricircolazione, la cui presenza e il cui funzionamento permettono un approccio sostenibile che sia resource-saving, out-of-waste e antieutrofizzante.Approfondendo molto brevemente il criterio di gestione del ciclo dell’acqua, possiamo avere sistemi a circolo aperto (open-loop) e disac-

i sistemi acquaponici disaccoppiati sono costituiti da un RAS collegato all’unità idroponica (con serbatoio aggiuntivo) tramite una valvola unidirezionale. L’acqua viene fatta ricircolare separatamente all’interno di ciascun sistema e fornita dal RAS su richiesta dell’unità idroponica, ma non rifluisce. Invece, nel secondo caso, i sistemi acquaponici possono essere costruiti e gestiti come a circuito di ricircolo, con il flusso d’acqua che si muove dalla vasca dei pesci all’unità idroponica e fa ritorno alla vasca dei pesci (BAGANZ et al., 2021). In relazione al criterio di gestione, i sistemi possono essere distinti in estensivi (con l’utilizzo integrato degli escrementi dei pesci) ed intensivi (con la separazione degli effluenti). La produzione estensiva indirizza i cosiddetti “fanghi” direttamente all’interno del comparto idroponico, utilizzando substrati che forniscono il supporto appropriato per la crescita del biofilm microbico, come ghiaia, sabbia e argilla espansa. La produzione intensiva utilizza un sistema di separazione dei fanghi e un biofiltro separato (PALM et al., 2018).

I protagonisti di un impianto acquaponico Come già introdotto, esistono diverse definizioni ed interpretazioni di “acquaponica”, dato che questo termine è già stato usato da numerosi autori in contesti diversi; ciononostante, tutte le definizioni racchiudono il concetto di coltivazione di piante combinata con l’allevamento di pesci. La presenza degli animali è al centro del sistema produttivo. A questo proposito, secondo BAGANZ et al. (2021), la densità di allevamento del pesce è un fattore chiave per il bilanciamento degli ecosistemi acquaponici, poiché influisce direttamente sulla qualità dell’acqua in termini di nutrienti, gas e sottoprodotti di scarto, influenzando di conseguenza la crescita delle piante così come la salute e la crescita dei pesci. Secondo molti autori, le caratteristiche principali di una specie ittica per essere allevata in acquaponica riguardano il suo grado di tolleranza a un’elevata densità di capi in vasca e ad un’alta concentrazione di solidi totali sospesi, azoto, fosforo e potassio. In quest’ottica, per quanto riguarda le specie ittiche più allevate in un sistema acquaponico, è interessante citare uno studio internazionale condotto da LOVE et al (2015): su 257 impianti acquaponici analizzati, il 69% di questi allevava tilapia (Oreochromis niloticus), il 43% pesci ornamentali e il 25% siluriformi (Siluriformes), ad esempio il pesce gatto (Clarias gariepinus). Tuttavia, la ricerca è andata avanti ed altre specie ittiche il cui allevamento è stato oggetto di interesse per la combinazione con coltivazione di ortofrutticole fuori suolo sono state, a livello mondiale, la trota (Oncorhynchus mykiss), la carpa comune (Cyprinus carpio), il barramundi (Lates calcarifer), il persico trota ( Micropterus salmoides ), il pacu (Piaractus mesopotamicus), specie del genere Pomoxis e il merluzzo di Murray (Maccullochella peelii) (LOVE et al., 2015). Inoltre, nuove entrate in questo ambito possono essere raffigurate da alcuni organismi acquatici appartenenti alla Famiglia Acipenseridae (come gli storioni) e il salmerino alpino (Salvelinus alpinus), che sono stati suggeriti come animali efficienti nei sistemi acquaponici, ma non sono stati riportati in pubblicazioni scientifiche (LOVE et al., 2015). Infine, ad oggi, si sta cercando di allevare anche pesci eurialini, quali spigola (Dicentrarchus labrax) e orate (Sparus aurata), con la non indifferente difficoltà di dover gestire acqua salata in relazione alla coltura vegetale abbinata. Spostandoci dall’altro lato della simbiosi, è stato visto che, in generale, è preferibile la coltivazione di ortaggi “a foglia”, dato che crescono bene in acque con alte concentrazioni di azoto, hanno un periodo di accrescimento veloce e breve, non hanno fabbisogni nutritivi elevati e sono molto richiesti dal mercato (LOVE et al., 2015). Al contrario, le colture floricole, nonostante il valore economico più elevato rispetto a quello delle specie vegetali precedenti, mostrano delle performance di accrescimento peggiori se coltivate in acquaponica, a causa degli esigenti fabbisogni nutritivi di fosforo e potassio, la loro maggiore suscettibilità a parassiti e malattie e i loro cicli biologici-produttivi decisamente più lunghi (LOVE et al., 2015). Questo Impianti acquaponici, high-tech o rudimentali che siano possono avere un ruolo importante nella didattica, oltre che nella ricerca.

coppiati oppure a circolo chiuso e, dunque, accoppiati (closed-loop). Nel primo caso è permesso un controllo indipendente su ogni unità di sistema, principalmente imputabile alle ovviamente diverse esigenze ambientali di pesci e piante (BAGANZ et al., Fondamentalmente,2021).

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IL PESCE, 4/22 147 potrebbe spiegare perché la coltivazione in acquaponica delle erbacee e di orticole non frutticole viene preferita. Sempre LOVE et al. (2015) hanno individuato nel basilico (Ocimum basilicum) e in altre officinali aromatiche, nelle insalate verdi, nel pomodoro (Solanum lycopersicum), nella lattuga (Lactuca sativa), nel cavolo (cappuccio) (Brassica oleracea), nella bietola (Beta vulgaris ssp cicla) e negli spinaci (Spinacia oleracea), nel pak choi (Brassica rapa), nel peperone (Capsicum annuum) e nel cetriolo (Cucumis sativus) le colture più adattabili e, dunque, redditizie in un sistema acquaponico. Inoltre, incredibile ma vero, si possono coltivare certe tipologie di piante anche in un sistema acquaponico salato o salmastro (come nel caso di quelli che includono orata o spigola): una di queste specie vegetali è senz’altro rappresentata da Salicornia persica. Pluralità dell’acquaponica È stato segnalato che una debolezza dell’acquaponica, non sufficientemente affrontata dal mondo scientifico, risiede nella non ovvia sostenibilità economica dei sistemi acquaponici a confronto con gli analoghi sistemi produttivi solo idroponici o solo RAS. È probabile che questa lacuna sia anche dovuta al fatto che l’acquaponica ha un ampio range di applicazioni e finalità (PALM et al., 2018). Effettivamente, giacché la tecnologia risulta da una fusione di due tecnologie preesistenti, ovvero la coltivazione in idroponica e l’acquacoltura a ricircolo, molteplici sono le nomenclature esistenti che descrivono l’ampio ventaglio degli impianti acquaponici. Gli impianti possono essere catalogati secondo la loro ampiezza, il tipo di acqua (dolce, salmastra o salata), la tipologia del comparto idroponico, la modalità operativa del comparto ittico (intensivo o estensivo), l’utilizzo dello spazio (orizzontale o verticale), la gestione dell’acqua (sistema accoppiato o disaccoppiato), il management e la modalità operativa dell’impianto e, infine, secondo la finalità operativa e lo stakeholder principale (MAUCIERI et al., 2018). Spia di una tecnologia ancora giovane, questa catalogazione così varia può confondere, tuttavia lascia aperte enormi potenzialità. Le molteplici opzioni si riflettono in una altrettanto ampia adattabilità, permettendo di individuare il tipo di tecnologia, di gestione e di finalità che più si confà al territorio in cui si opera e alla finalità a cui si punta. Prendiamo come esempio tre diverse finalità operative: 1. produzione commerciale; 2. fabbisogno domestico e hobbistica; 3. Avvalendosididattica. di tecnologie hightech e degli insegnamenti dall’industria 4.0 (come gestione di big data, internet delle cose, robotica, cloud computing, intelligenza artificiale, ecc…; A BBASI et al ., 2021), con un’importante spesa iniziale e una gestione e manutenzione effettuate da personale altamente specializzato, è possibile costruire un impianto produttivo all’avanguardia. I luoghi geografici dove questo è possibile sono da ritrovarsi in alcune zone vocate alla produzione primaria high-tech . All’opposto, impianti acquaponici non professionali che hanno la finalità di supplire al fabbisogno domestico o all’hobbistica possono essere costruiti con materiali più rudimentali o recuperati da altre attività. Non è necessario affidare la loro gestione e manutenzione a personale specializzato in virtù della semplicità dell’impianto, che avrà costi capitali e operativi relativamente bassi pur rimanendo un’unità produttiva integrata virtuosa, con un basso impiego di acqua e di fonti nutritive e quindi con un basso impatto ambientale (JUNGE et al., 2017). Impianti acquaponici, high-tech o rudimentali che siano, possono avere un ruolo importante nella didattica, oltre che nella ricerca (MAUCIERI et al., 2018). A tal proposito, si sta discutendo se nel futuro dell’acquaponica prevarranno gli impianti disaccoppiati piuttosto che gli accoppiati. Negli impianti disaccoppiati l’acqua proveniente dalla zona di allevamento, ricca di sostanze di scarto dei pesci ovvero di nutrimento per le piante, una volta fluita attraverso la parte idroponica e quindi “pulita” non viene reimmessa nel Rendendocircolo. meno dipendenti le due componenti produttive è possibile gestire più oculatamente le due singole produzioni, aggirando il limite degli impianti accoppiati, limite che è imposto dal dover mantenere l’acqua con valori che sono un compromesso tra le condizioni ottimali per le piante e le condizioni ottimali per i pesci (GODDEK & KÖRNER, 2019).

Negli impianti disaccoppiati l’acqua proviene dalla zona di allevamento ed è ricca di sostanze di scarto dei pesci ovvero di nutrimento per le piante.

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Maria Vittoria LeonardoTignaniBruniGiulianaParisi Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali ediForestali-SezioneScienzeAnimali Università degli Studi di Firenze Bibliografia ABBASI R., MARTINEZ P., AHMAD R. (2021), An ontology model to represent aquaponics 4.0 system’s knowledge, Inf. Process. Agric, in press:1–19, doi: 10.1016/j. inpa.2021.12.001. ABU-SHAHBA M.S., MANSOUR M.M., M OHAMED H.I. et al . (2021), Comparative cultivation and biochemical analysis of iceberg lettuce grown in sand soil and hydroponics with or without microbubbles and macrobubbles, J. Soil Sci. Plant Nutr., 21:389–403., s42729-020-00368-x.doi.org/10.1007/

CARSON R.L. (1962), Silent Spring, New Yorker, 23. CATAUDELLA S. et al. (2001), Acquacoltura responsabile - Verso le produzioni acquatiche del terzo millennio, Roma, Unimar – Uniprom. FAO (2020), The State of World Fisheries and Aquaculture 2020. Sustainability in action, Roma. GODDEK S., KÖRNER O. (2019), A fully integrated simulation model of multi-loop aquaponics: A case study for system sizing in different environments, Agric Syst. 171:143–154, doi: 10.1016/j. agsy.2019.01.010.

Conclusioni: concisa analisi SWOT di settore A ogni buon conto, la produzione in acquaponica presenta sia punti di forza che punti di debolezza, sia benefici che svantaggi. Tra gli innumerevoli punti di forza vale sicuramente la pena menzionare l’efficiente utilizzo o il riciclo delle risorse d’acqua e di nutrienti (derivati dal mangime), primo per importanza il fosforo; l’affrancamento da erbicidi e pesticidi chimici (YEP & ZHENG, 2019) e lo scarso utilizzo di quelli di origine biologica; minor ricorso ad antibiotici (YEP & ZHENG, 2019); un alto livello di biosicurezza; costi operativi potenzialmente ridotti se l’acquaponica viene posta a confronto con le analoghe produzioni idroponiche e d’acquacoltura prese separatamente; possibilità di installazione su superficie non destinata all’agricoltura; materiali di costruzione e informazioni ampiamente disponibili per la costruzione di impianti rudimentali ma ugualmente produttivi; adattabilità a tutte le varietà di climi, contesti (rurale o urbano) e finalità (hobbistica, didattica, ricerca, fabbisogno domestico, reddito); sfruttamento del volume a disposizione e conseguente incremento della produttività per unità di superficie; produzione di cibo a km 0. Tra le debolezze ricordiamo invece: una dispendiosa fase di startup; una necessaria approfondita conoscenza degli organismi (pesci, piante e… batteri!); differenti requisiti per quanto riguarda i valori ambientali, specialmente dell’acqua, da parte di pesci e piante; un’elevata richiesta di energia per l’attrezzatura elettrica e per il bilancio termico; problematiche legislative in Europa, in cui lo status legale è ancora poco chiaro per quanto riguarda l’attività imprenditoriale (JUNGE et al., 2020). Nel presente articolo sono stati approfonditi solo due dei numerosi aspetti che nel 2017 hanno portato un gruppo di esperti sull’acquaponica dell’azione COST FA1305 “The EU Aquaponics Hub” a definire “immatura” questa tecnologia (JUNGE et al., 2017). A distanza di 5 anni, è possibile affermare che il mondo scientifico ha sentito il bisogno di dare una risposta alle numerose problematiche di combinare la produzione idroponica con l’acquacoltura, come mostra il rapido aumento di studi in letteratura. Rimangono numerose le questioni irrisolte e altrettanto numerosi gli orizzonti di sviluppo.

GODDEK S., JOYCE A., KOTZEN B., BURNELL G.M. (2019), Aquaponics food production systems: combined aquaculture and hydroponic production technologies for the future (p. 619), Spring. Nat. HAMBREY J. (2017), The 2030 Agenda and the sustainable development goals. The challenge for aquaculture development and management, FAO Fisheries and Aquaculture, Circular n. 1141.

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Le analisi chimiche degli alimenti: metodi rapidi per individuare contaminazioni e allergeni. Focus riferibilità metrologica nei laboratori

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Interessanti novità caratterizzeranno la V edizione del convegno tecnico-scientifico dedicato alle analisi rapide chimiche degli alimenti in programma venerdì 30 settembre

Il 30 settembre la V edizione del convegno tecnico-scientifico dedicato a sicurezza e qualità alimentare 2022 all’Innovation Center Giulio Natta di Giussago, Pavia. Dopo due edizioni in modalità web conference, ritorna il format originale che prevede una sessione plenaria in aula al mattino, seguita dalle dimostrazioni pratiche dei kit di analisi da parte delle aziende presenti. Quest’anno il centro delle trattazioni si sposta sulle modalità e sugli strumenti per

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IL PESCE, 4/22 Il convegno “Le analisi chimiche degli alimenti: metodi rapidi per individuare contaminazioni e allergeni. Focus riferibilità metrologica nei laboratori” si rivolge a responsabili e operatori della produzione e qualità di aziende agroalimentari, responsabili laboratorio, consulenti sui temi della sicurezza alimentare, GDO, tecnologi alimentari e alla stampa di settore. L’appuntamento è per venerdì 30 settembre dalle 10.00 alle 15.30 presso l’Innovation Center Giulio Natta a Giussago (PV).

l’individuazione delle contaminazioni chimiche, degli allergeni e dei costituenti degli alimenti, grazie a test o metodi rapidi validi e sensibili in grado di fornire risultati affidabili.

• La riferibilità metrologica nelle analisi chimiche degli alimenti: RT-08 ACCREDIA e documento ILAC P10 — GIANCARLO DI BLASI, ispettore tecnico chimico per ACCREDIA

* Seguiranno le dimostrazioni pratiche dei metodi di analisi: Merck, Eurofins Tecna, R-Biopharm, Generon e Chr. Hansen mostreranno ai partecipanti le modalità di utilizzo dei loro kit.

• Per consultare il programma della giornata: metrologica-nei-laboratori-2022per-individuare-contaminazioni-e-allergeni-focus-riferibilita-formazione/le-analisi-chimiche-degli-alimenti-metodi-rapidi-www.in-formare.net/

• La partecipazione è gratuita previa iscrizione a questo link: focus-riferibilita-metrologica-nei-laboratori-2022metodi-rapidi-per-individuare-contaminazioni-e-allergeni-in-formare.net/iscrizioni/le-analisi-chimiche-degli-alimenti-www.

• Analisi chimiche per prove su alimenti e bevande — AMINA OSMAN HASSAN, M. Sc. Industrial and Molecular Biotech, Reference Materials Specialist, Italy Life Science Applied Solution, SigmaAldrich International Ltd.

• Come semplificare l’analisi degli allergeni mediante l’impiego della tecnica ELISA — GIOVANNI DEDENARO, application specialist, Eurofins Tecna.

• ReMaGi: i nuovi materiali di riferimento per gli allergeni — ANNA MARIA COLANGELO, field application specialist, Generon.

• La validità legale dei metodi rapidi anche in caso di contenzioso — TEODORA UVA, avvocato, Studio Legale Avvocati per l’impresa

Altra novità sarà il focus dedicato in particolare ai laboratoristi con l’approfondimento del nuovo regolamento tecnico RT-08 ACCREDIA, in vigore dal 1o aprile, sulla riferibilità metrologica e materiali di riferimento nel settore delle analisi chimiche degli alimenti. La sede del convegno è l’Innovation Center Giulio Natta a Giussago, un grande spazio polifunzionale immerso nella campagna alle porte di Milano, costruito seguendo criteri rispettosi della natura, che ospita attività innovative e start-up orientate alla sostenibilità e all’industria 4.0. Il convegno si svolgerà nel grande auditorium che ospita fino a 150 persone. L’Innovation Center è comodamente raggiungibile in auto e dispone di un ampio parcheggio. Per chi lo desidera, il 30 settembre sarà disponibile un servizio bus andata e ritorno per la location, con partenza da Milano M2 Romolo. Gli interventi della giornata • Usi, caratteristiche e validità delle tecniche utilizzate per la rilevazione dei contaminanti chimici degli alimenti —FRAN CESCA LEGA, chimico dirigente, Istituto Zooprofilattico delle Venezie

• Controlli rapidi nella filiera agroalimentare — CLAIRE VIC TORIA M ARCHITTI , ingegnere, sales area manager R-Biopharm Italia.

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• La nostra Mission: realizzare imballaggi per alimenti sempre più sostenibili, riciclabili, circolari e innovativi.

Perché utilizzare una maggiore quantità di plastica per fare una vaschetta per alimenti quando ne possiamo usare meno della metà per avere la stessa sicurezza alimentare e prestazioni migliori, ma con un impatto ambientale decisamente inferiore?

Primo in leggerezza, primo in funzionalità, primo in sostenibilità, da oltre 50 anni utilizzato dall’industria alimentare e dalla GDO di tutta Europa e non solo, apprezzato e riconosciuto dai consumatori di mezzo mondo, al punto che è l’unico imballaggio chiamato con il suo nome “il vassoietto in polistirolo espanso” oggi ancora più SOSTENIBILE e CIRCOLARE, perché contiene riciclato post-consumo. Un risultato che trova conferma nell’ampio gradimento dei consumatori, come dimostrato da un’indagine effettuata su alcuni pdv di una importante insegna italiana della GDO, ai quali è stato chiesto che cosa ne pensassero del nuovo vassoio in R-XPS, riciclabile e contenente riciclato post-consumo. Oltre il 90% degli intervistati ha dimostrato grande interesse sulle tematiche ambientali e del riciclo della plastica, affermando che il nuovo contenitore R-XPS sia un passo in avanti importante per la Sostenibilità e l’Ambiente, motivo per cui il parere comune è stato quello di suggerire l’implementazione di tale iniziativa a tutte le possibili tipologie di confezioni in plastica, ma non solo, hanno anche dato la loro disponibilità per conferire al meglio il vassoietto nella raccolta differenziata, secondo quanto indicato nei cartelli presenti sui pdv, per fare in modo che il vassoio possa essere riciclato correttamente e la materia prima seconda ottenuta essere utilizzata per fare nuovi vassoi. A dimostrazione che oggi, nel 2022, l’imballaggio sostenibile esiste già, è quello che una volta utilizzato sarà conferito correttamente nella raccolta differenziata per essere avviato ad una nuova vita.

• La nostra Vision: contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale.

Il nostro compito, quindi, è progettare imballi in grado di mantenere più a lungo le caratteristiche organolettiche dell’alimento e consentire una migliore conservazione del prodotto, contribuendo attivamente alla riduzione dello spreco alimentare, applicando i principi fondamentali dell’ecodesign. Promuoviamo l’uso consapevole degli imballaggi per la riduzione dell’over-packaging e formiamo le nostre persone e i cittadini fornendo loro tutte le informazioni basilari per favorire un corretto smaltimento, condizione necessaria per garantire la quantità e la qualità della materia prima seconda.

152 IL PESCE, 4/22 PACKAGING

Il Gruppo Happy è uno dei principali player a livello europeo specializzato nella produzione e commercializzazione di contenitori in plastica per alimenti freschi e conservati, in grado di soddisfare pienamente le più svariate esigenze di confezionamento dell’industria alimentare e della moderna distribuzione.

L’impiego di materia prima seconda all’interno dei contenitori e la loro riciclabilità sono elementi chiave dell’ecodesign, nonché due dei driver più importanti per il miglioramento della sostenibilità dell’imballaggio in pratica e particolarmente apprezzati dalla maggior parte dei consumatori, in quanto percepiti come azioni concrete verso la sostenibilità. I valori d’impatto ambientale per la vaschetta in R-XPS, pertanto, sono i più bassi in assoluto, anche nei confronti dei cosiddetti imballaggi alternativi. Considerando l’importante contributo dell’imballaggio per la conservazione e la protezione dell’alimento, riducendo drasticamente il rischio di spreco alimentare, risulta evidente quanto il nuovo vassoio r-XPS sia oggi la soluzione d’imballo più efficace e innovativa anche in termini di sostenibilità globale.

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no né buio né nebbia. Ma il supporto di HIKVISION è andato oltre: per soddisfare le esigenze del cliente, si è messo in moto il dipartimento di R&D per sviluppare un algoritmo ad intelligenza artifi ciale capace di riconoscere non solo persone e mezzi, ma anche diverse tipologie di imbarcazioni e natanti. L’obiettivo è stato conseguito in meno di 5 mesi: in caso di avvicinamento di barche, la camera termica invia oggi una notifica push sul dispositivo mobile dell’utente, che può quindi verificare il filmato in tempo reale e anche seguire l’obiettivo grazie alla funzione di tracking (inseguimento) garantita dalle funzionalità PTZ. In questo modo il personale di L’installazione delle camere termiche firmate HIKVISION, con caratteristiche anticorrosione, nell’area di allevamento della Cooperativa La Verace di Goro (FE) nel Parco del Delta del Po, consente di intervenire in maniera tempestiva in caso di avvicinamento di imbarcazioni e natanti.

154 IL PESCE, 4/22 vigilanza privata in piantonamento fisso sulle piattaforme può intervenire in maniera tempestiva. Di questi vantaggi potrebbero peraltro beneficiare altre realtà lagunari, dal momento che un bando del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca mette a disposizione 1,2 milioni di euro di contributi per l’ammodernamento delle imprese acquicole in EmiliaRomagna, che include anche l’uso di nuove attrezzature informatiche, software e hardware. >> Link: www.hikvision.com/it TECNOLOGIE

Dalla protezione delle aree per l’allevamento di molluschi fino all’antipirateria marittima: la versatilità applicativa delle camere termiche HIKVISION è limitata solo dalla fantasia. Il Dipartimento Ricerca & Sviluppo di HIKVISION è a costante supporto dell’utenza per studiare personalizzazioni e nuovi applicativi che nascono dalle esigenze della clientela e che si possono modificare e integrare nel tempo. È il caso dell’installazione di una PTZ termica bi-spectrum firmata HIKVISION in una piattaforma situata nella Sacca di Goro, laguna tra il Po di Goro e il Po di Volano nota per l’allevamento di molluschi, in particolare di vongoleLaveraci.Cooperativa La Verace aveva necessità di controllare le acque dove si estende la titolarità del proprio demanio: le pregiate “vongole veraci di Goro” allevate in loco erano infatti spesso oggetto di furti notturni, a cui si accompagnavano danni anche ingenti alle palizzate che delimitano il confine demaniale, oltre a danni di natura ambientale. È stata quindi installata una PTZ termica con caratteristiche anticorrosione certificata NEMA4X, visto lo stress ambientale cui la tecnologia è sottoposta a causa della confluenza di acqua dolce del Po e di acqua salata del mare. Il primo obiettivo dell’installazione era quello di individuare, anche di notte, tra le fitte nebbie ferraresi, le imbarcazioni che cercavano di superare l’area di allevamento. Obiettivo immediatamente raggiunto, visto che le camere termiche, a differenza di quelle visibili tradizionali, non temoCamere termiche HIKVISION: dall’itticoltura all’antipirateria marittima all’insegna della sicurezza

Cibus Tec Forum offre UN UNICO PADIGLIONE con: Area Espositiva con tecnologie areeinnovazioni,all’avanguardia,startupedimostrative Cinque Sale Vertical Showcase Sessions con workshop altamente specializzati dedicati ai diversi settori alimentari e alle tendenze future Una Sala Plenaria con quattro conferenze di prestigio internazionale: 25 ottobre 2022 • 10.00 - 13.00 - Processing e Packaging tra digitalizzazione e sostenibilità • 14.30 - 16.30 - Innovazioni e Tendenze della Sicurezza Alimentare 26 ottobre 2022 • 10.00 - 13.00 - Globalizzazione e Transizione Ecologica: dove vanno le politiche europee? • 14.30 - 16.30 - Materiali Innovativi per un’Economia Circolare

FIERE SIAL Paris 2022 , la fi era internazionale dell’alimentazione di Parigi, quest’anno sarà focalizzata sull’analisi e la presentazione delle tendenze che stanno interessando il pianeta Food, portando così alla luce il meglio delle innovazioni a livello mondiale. Fonte di ispirazione per l’intera comunità alimentare mondiale, il SIAL è il luogo in cui si creano sinergie tra i vari operatori, con l’obiettivo di offrire loro un impulso collettivo e positivo, e dare a tutti le soluzioni migliori per creare l’alimentazione di domani. Anche per questa edizione ci sarà infatti il tema #Own The Change, lanciato nel 2020 per dare a tutti le chiavi di lettura necessarie per creare il cibo di domani, in risposta alle aspettative e alle iniziative di tutto il mondo.

Torna l’appuntamento a Paris Nord Villepinte dal 15 al 19 ottobre SIAL 2022, un’edizione all’insegna delle novità Quattro sono i temi portanti di SIAL Paris 2022: 1. SIAL INNOVATION. Le candidature al food più innovativo sono aperte agli espositori fino al 12 agosto prossimo. Una giuria di esperti premierà le aziende che, nella loro categoria, presenteranno prodotti più moderni e in linea con i nuovi trend di consumo; 2. SIAL START-UP è un nuovo spazio che presenterà una selezione di nuove aziende di nicchia nel settore food con la collaborazione di Start-up Sesame e La FoodTech. I visitatori scopriranno aziende sia francesi che internazionali innovative operanti sul mercato da un minimo di cinque anni; 3. SIAL INSIGHTS/THINK TANK presenterà studi sulle aspettative dei consumatori, trend di mercato e del consumo fuori casa. I tre partner di SIAL Kantar, Protéines XTC e NPD hanno analizzato le principali tendenze di consumo globali e la loro evoluzione. Questi studi dimostrano che, in un contesto di incertezza mondiale, i consumatori sono ancora convinti che ciò che mangiano influisca sul mondo in cui vivono. Il cibo e le scelte alimentari vanno oltre il semplice soddisfacimento di un bisogno primario quotidiano; 4. SIAL PODCAST, un nuovo appuntamento mensile sulle ultime novità della filiera per supportare e informare gli operatori. IL PESCE,

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19 a EDIZIONE COMITATO TECNICO SCIENTIFICO With the patronage of THE BRIDGE FOR YOUR GLOBAL BUSINESS www.marca.bolognafiere.it BOLOGNA, 1819 GENNAIO 2023 1

158 IL PESCE, 4/22 Organizzato da Comexposium , SIAL Paris è parte del SIAL Network, il più grande network mondiale di fiere dedicate all’alimentazione e alle bevande che riunisce, attraverso tredici appuntamenti periodici (SIAL Parigi, SIAL Canada a Montreal e Toronto, SIAL China a Shanghai e Shenzhen, SIAL Middle East ad Abu Dhabi, SIAL Interfood a Jakarta, SIAL India a Nuova Delhi e Mumbai, SIAL America a Las Vegas, Gourmet Selection by SIAL, Salon du Fromage e Djazagro ad Algeri), 17.000 espositori e 700.000 operatori provenienti da 200 Paesi.

Cosa significa per lei il tema #Own The Change? «C’è oggi la necessità di una transizione alimentare globale, il cambiamento delle abitudini dei consumatori, l’evoluzione verso un’agricoltura e una lavorazione più rispettose dell’ambiente e degli animali e lo sviluppo di start-up che propongano nuovi modelli. Il tema #Own the change, introdotto nel 2020, ci ricorda che siamo responsabili del cambiamento e dobbiamo cogliere le sfide ambientali, etiche, digitali e demografiche del pianeta. Sta a noi rispondere alle sfide in merito a un equilibrio alimentare mondiale e al cambiamento delle abitudini di consumo . Signifi ca anche individuare i talenti e dare spazio alle “giovani generazioni” che vogliono agire e contribuire all’ecosistema di domani».

>> Link: www.sialparis.com visita e, soprattutto, mantenere quella convivialità che da sempre caratterizza SIAL Paris». La parola al padrino di SIAL, lo chef Mauro Colagreco Chef del ristorante Mirazur di Mentone, sulla Costa Azzurra, votato come miglior ristorante del mondo nel 2019 dalla World’s 50 Best e 3 stelle nella Guida Michelin, MAURO COLAGRECO è il padrino di SIAL Paris 2022. «Ogni volta che mangiamo, decidiamo in che tipo di mondo vogliamo vivere» sostiene lo chef. «La visione globale dell’alimentazione offerta da SIAL e il suo impegno per modificare i metodi di consumo e di produzione a favore di un’alimentazione migliore per le persone e per il pianeta sono iniziative che mi stanno a cuore e alle quali mi dedico personalmente ogni giorno. Il tema dell’esposizione di quest’anno, #Own the change , mi fa riflettere. La necessità di una trasformazione è inevitabile, vista la situazione attuale. Gli chef e i ristoranti hanno un ruolo chiave in questo cambiamento. Il mondo è già cambiato, sta a noi metterci al passo con i tempi».

Due domande a Audrey Ashworth «Fin dalla sua fondazione nel 1964, SIAL Paris è stata una forza in costante rinnovamento per espositori e visitatori» dichiara AUDREY ASH WORTH, dal 1o gennaio 2022 direttrice di SIAL Paris. «In un’epoca di transizioni, reinvenzioni e responsabilità sociale globale, SIAL Paris intende essere, oggi più che mai, un punto di incontro e di scambio che unisce e ispira l’ecosistema food in nome delle grandi trasformazioni in atto nell’industria agroalimentare».

Quali sono le sue ambizioni per SIAL? «L’ambizione è quella di essere molto più di un semplice salone professionale. Il salone intende essere un riflesso del mercato e contemporaneamente una testimonianza della sua trasformazione, ulteriormente accelerata in questo periodo di crisi e tensioni che caratterizzano il settore sia a monte che a valle. Desidero lavorare su tre assi specifici: 1. Business, portando sempre più ricchezza e diversità, facilitare i contatti e gli incontri tra i partecipanti prima, durante e dopo la fiera; 2. Ispirazione, dando contenuti e servizi che aiutino i professionisti nella loro evoluzione e strategia di business per tutto l’anno; 3. non ultimo, Esperienza, ovvero fornire maggior supporto e consulenza, più comfort nella Audrey Ashworth è dal 1o gennaio 2022 la nuova direttrice di SIAL Paris, succedendo ad Adeline Vancauwelaert. Ashworth vanta una consolidata esperienza nel management fieristico. Dal 2018 al 2021 ha lavorato in Comexposium a capo del SIAL sales network per poi dirigere la direzione commerciale dei Paesi EMEA (photo © sialparis.com).

3, Impasse de la Vigie 35400 Saint Malo Tel.: +33 299 892 885 – Fax: +33 299 891 354 E-mail: togie@wanadoo.fr Web: www.togie.fr

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Fiere SIAL 2022, un’edizione all’insegna delle novità

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