NUMERO 3
EURO 1,90
LUGLIO-AGOSTO 2023
Tutti gli eventi e gli spettacoli di Mantova, Brescia, Verona e Lago di Garda.
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Audio-ottica esasperata e privacy. Una curiosa indagine per saperne di più.
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REPERIBILITÀ
TUTTI I GIORNI H 24/24Immaginate di stare sedute/i col vostro fidanzato/a su una panchina sul lungomare e, in romantica oscurità, di ammirare la luna piena scambiandovi innocenti effusioni. Probabilmente non vi sfiorerebbe nemmeno l’idea che, a qualche centinaio di metri di distanza, qualcuno vi possa osservare come se fosse giorno, ascoltandovi come se fosse seduto davanti a voi. Fantascienza? Lo sarebbe stato una decina di anni fa, ma purtroppo si tratta di una nuova realtà. Con strumenti altamente tecnologici alla portata di qualsiasi portafoglio, e poca difficoltà nel saperli impiegare, tutto questo non solo è possibile ma anche quotidianamente applicato da investigatori privati, forze dell’ordine di ogni tipo, paparazzi, ecc., nonché … comuni cittadini col pollice informatico verde.
Se da un lato tutto ciò può rappresentare un’opportunità per contrastare la delinquenza e assicurare maggiore sicurezza alla comunità, dall’altro è evidente come sia possibile una terrorizzante invasione di campo nella nostra privacy. La tendenza al “controllo” su tutto, che per i motivi più vari si sta imponendo sempre più diffusamente nella società, non
solo per contrastare la criminalità (ad esempio videocamere di sorveglianza), ma pure per trarre vantaggi economici nelle più disparate attività (ad esempio spionaggio industriale), familiari (localizzazione dei partner e/o dei familiari) ecc., ha creato un gigantesco business e nel contempo una sterzata nel costume e nelle consuetudini. La situazione intrigante narrata nel film “Sliver” nel 1995, in cui la protagonista (Sharon Stone) alla fine scopre che tutte le stanze degli appartamenti dell’esclusivo residence in cui alloggia sono dotate di una telecamera occultata che riprende ogni intimità degli inquilini, trasmettendola in diretta al voyeur proprietario dell’intero palazzo, non suscita più alcuno stupore. Sebbene certe situazioni cinematografiche vengano appositamente esagerate per far leva sull’emotività degli spettatori, tuttavia esse non sono lontanissime da ciò che potenzialmente si può fare ed in certi casi si fa. La micro-telecamera subdolamente mascherata che riprende la maestra d’asilo che malmena un bimbo, oppure l’assistente di un istituto geriatrico che maltratta un anziano, o il dipendente che al posto di applicarsi trascorre il tempo trastullandosi al cellulare, e via dicendo, è diventata lo strumento oggi più banale
CON UNA SEMPLICE APP UN CELLULARE VIENE TRASFORMATO IN UNA CIMICE E PUÒ TRASMETTERE A QUALSIASI DISTANZA TUTTO CIÒ CHE IL SUO MICROFONO PERCEPISCE.
e meno sofisticato che può essere utilizzato per scopi di sorveglianza. Vedremo ora infatti quali altri strumenti ben più intriganti stanno facendosi strada verso un futuro impiego di routine. Iniziamo con lo “spy phone”, giusto per prendere in esame subito il top del top del futurismo più inquietante. Di cosa stiamo parlando? Semplicemente di una tecnologia che permette di utilizzare un normale cellulare come se fosse una “cimice”, facendo in modo che trasmetta in diretta a distanze impensabili ogni suono che esso rileva utilizzando il suo microfono incorporato. Che siate con l’amante, o in riunione aziendale, o allo stadio o in discoteca poco importa: colui che insospettabilmente è in contatto col vostro cellulare percepirà ogni suono e/o conversazione in grado di essere colto dal potente microfono di quest’ultimo. Come può avvenire tutto questo? Il cellulare è un prezioso alleato nella vita di tutti i giorni. Lo adoperiamo per comunicare, memorizzare dati sensibili, pianificare la vita lavorativa e sociale. Lo portiamo sempre con noi, e ciò lo rende appetibile per attività di spionaggio. In che modo? Grazie ai programmi spy phone. Si tratta di software che permettono di acquisire il controllo del telefono, trasformandolo in una vera e propria microspia. Non a caso si parla, in questi casi, di cellulare-spia. Tramite una interfaccia web è possibile controllare lo smartphone: azionare la fotocamera, scattare foto, registrare video, osservare ciò che accade in diretta, attivare il microfono a distanza e, come sopra detto, ascoltare conversazioni, suoni, rumori, tutto ciò che accade in un ambiente in tempo reale. Lo spy phone è quindi un potente strumento di spionaggio professionale Alcuni imbonitori stanno già offrendo applicazioni da cellulare gratuite per giungere a queste prestazioni: tempo perso. Perché sia efficace, l’ascolto
ambientale tramite cellulare necessita infatti di un programma spia. Rispetto alle applicazioni spia, lo spy phone non lascia tracce, ed è difficile da identificare, a meno che non si ricorra a una bonifica del cellulare. E’ chiaro che tutto quanto sopra riportato richiede un bagaglio adeguato di conoscenze informatiche, non proprio alla portata di tutti, ma ciò che è puro cinese per molti utenti è invece di un’estrema semplicità per gli addetti ai lavori.
Se comunque il cellulare-cimice vi sembrasse una via da voi impercorribile, rimane sempre la soluzione della “cimice” pura, che per dimensioni ed efficacia non ha più niente a che vedere con quelle dei film di spionaggio del passato che permettevano un raggio d’azione limitato. Esistono cimici-microspie per ascolto a distanza? Sì, ovviamente. In un certo senso, tutte le microspie sono fatte per ascoltare conversazioni da lontano. Le microspie radio, ad esempio, sono le più classiche, anche se la distanza entro cui possono operare è limitata. I dispositivi di ascolto che sfruttano le onde radio necessitano che l’apparato ricevente non sia più lontano di 500 metri, salvo particolari modifiche. Diverso il discorso per i modelli GSM o wifi. In questo caso possiamo parlare di microspie audio a lunga distanza. Perché? Semplice: le microspie GSM sfruttano il Global System for Mobile Communications, la tecnologia adoperata dai telefoni cellulari. Nel dispositivo va inserita una SIM card e chiamando il numero associato alla SIM, da smartphone o fisso, è possibile ascoltare ciò che avviene in un ambiente. Basta una semplice telefonata! La distanza? Illimitata. Puoi letteralmente trovarti all’altro capo del mondo rispetto alla microspia ambientale GSM, riuscirai comunque ad ascoltare suoni e conversazioni in modo nitido.
CON UN VISORE TERMICO DI PREZZO NON ECCESSIVO E DAL MINIMO INGOMBRO SI PUÒ VEDERE NEL BUIO TOTALE
UNA PERSONA SINO A TRE CHILOMETRI DI DISTANZA.
Stesso discorso per le microspie wifi. Si tratta dell’ultima generazione di dispositivi professionali di ascolto. Sfruttano il wifi per consentire l’ascolto ambientale a distanza illimitata. Le differenze rispetto alle microspie GSM sono due: l’ascolto avviene sul cellulare tramite una specifica app, e la qualità dell’audio è superiore. Ovviamente, per ascoltare conversazioni a distanza è necessario piazzare correttamente la microspia.
In commercio esistono microspie occultate, invisibili perché nascoste in oggetti di uso quotidiano: elettrodomestici, pupazzetti, finte piante, decoder TV, tostapane. Oppure modelli non occultati, ma comunque di dimensioni molto piccole, facili da nascondere in casa, ufficio, auto, ecc. .
Ma se il luogo in cui cogliere le conversazioni che vi proponete di intercettare non fosse programmabile? Se esse si svolgessero all’aperto o comunque in località imprevedibili, e non si potesse contare sui sopra menzionati spy phone e cimici varie? Anche in questo caso le soluzioni ad alta efficacia non mancano, servirà però la vostra presenza, perché si renderà necessario l’impiego di una sofisticata microfonia.
Quale microfono per ascoltare da lontano?
Ascoltare con un microfono a distanza è possibile, ma serve scegliere il prodotto giusto; rispetto alle altre soluzioni le criticità non sono poche.
Sul mercato sono disponibili essenzialmente tre tipologie di prodotti: microfoni direzionali, microfoni a contatto e microfoni laser
Un microfono direzionale per ascolto a distanza permette di catturare anche il più piccolo suono
proveniente da una specifica direzione. Può captare audio a decine di metri. Questo in teoria, in pratica dipende dall’ambiente: la presenza di ostacoli riduce notevolmente le capacità di ascolto audio del microfono.
Il microfono a contatto è invece essenzialmente un microfono per sentire attraverso i muri o i solai. I modelli più evoluti sono molto sensibili, riescono a captare conversazioni attraverso qualsiasi superficie con uno spessore fino a 60 centimetri. Altri vantaggi di questi prodotti: la facilità di utilizzo e la possibilità di applicare un registratore esterno per memorizzare i suoni catturati.
Infine il microfono laser per ascolto a distanza è forse la soluzione più avanzata tra quelle proposte. Funziona emettendo un raggio laser contro
una finestra e capta le vibrazioni prodotte dai suoni sul vetro. Il dispositivo ricevitore, grazie a un software, trasforma le vibrazioni in audio, da ascoltare in cuffia o registrare. Si trovano in vendita modelli riservati a forze dell’ordine o enti governativi in grado di catturare conversazioni fino a 1,60 km di distanza, se può bastarvi! Esaminate per sommi capi le ultime innovazioni riguardanti le intercettazioni audio, meritano ora uno stringato cenno anche i progressi nei rilievi video. Per quanto riguarda gli strumenti ottici diurni, campo di battaglia di fotografi professionali e paparazzi, ormai siamo a livelli di resa astronomici nel vero senso della parola, dal momento che i teleobiettivi più potenti permettono lo scatto di fotografie di ottima qualità e definizione a distanze
proibitive. Il limite di queste riprese è dato, più che dalla qualità ottica di questi apparecchi, dal loro posizionamento che richiede un’immobilità tanto più assoluta quanto più il soggetto da fotografare è lontano. Risolto questo problema con un treppiedi o con un ottimo appoggio equivalente il gioco è fatto. Potrete paparazzare o essere paparazzati in alta definizione da molte centinaia di metri, e in bassa definizione da chilometri; se volete praticare naturismo o avete una relazione segreta meglio che ancoriate il vostro mega yackt molto ma molto al largo o che proteggiate la vostra privacy in montagna tra folta vegetazione. Potrebbe essere poi una pessima idea pensare che per le vostre avventure il buio notturno possa essere radicalmente protettivo. Se lo pensate cascate male. In molti film d’azione spesso si vedono impiegare visori agli infrarossi, che permettono di “vedere” nel buio, in genere con un’immagine verdastra o biancastra, di mediocre qualità ma sufficiente a individuare obiettivi a media distanza e indirizzare colpi d’arma da fuoco. Ebbene, questa è ormai preistoria, si tratta di strumenti obsoleti. Questi apparecchi sono stato surclassati dalla visione termica. Di cosa si tratta?
Il visore termico è uno strumento che, basandosi sulla rilevazione del calore emesso da un corpo o da un oggetto, invisibili quindi a occhio nudo, ne elabora l’immagine ricreandola nei minimi particolari. Il settore della visione termica è in evoluzione travolgente; sensori sempre più sensibili permettono performance riservate sino a pochi anni fa solo a strumentazioni top secret delle forze militari statunitensi. Oggi con poche migliaia di euro, con uno strumento pesante pochi ettogrammi e di minimo ingombro si può osservare a mezzanotte una lepre che pascola in un prato buio a mezzo chilometro di distanza. La presenza di una persona è rilevabile sino a tre km di distanza. Insomma, per essere certi di sfuggire ad ogni controllo, l’unico modo è mettersi una muta da sub e scendere a 50 metri di profondità e, almeno per il momento, forse funzionerà.
Da 35 anni nel mondo dell’editoria, classe 1962, da 12 anni dirige MCG dopo esserne stato per 8 il coordinatore editoriale. È anche titolare della Morelli Media Partner, Agenzia di Comunicazione, e co-fondatore di Advance.
L’estate 2023 veleggia alla grande. Nonostante i notevoli rincari, dei quali è impensabile riuscirne a capire la dinamica spesso solo speculativa (perché se ti raddoppiano il costo dell’ombrellone la causa non è Putin) gli italiani stanno facendo registrare nei luoghi di villeggiatura un tutto esaurito che risolleva un po’ l’economia turistica dopo le preoccupazioni degli ultimi anni.
Anche in Trentino la psicosi dell’orso non ha avuto conseguenze, solo una forte richiesta di informazioni e rarissime disdette. La voglia di vacanza è il miglior deterrente per ogni paura.
Ci dimenticheremo per un paio di mesi che c’è una guerra in corso ad una distanza irrisoria dai nostri confini, dal momento che in linea d’aria l’Ucraina dista da Milano tanto quanto Siracusa, ma tutto sembra nemmeno sfiorarci e la spada di Damocle di bollette energetiche insostenibili è già stata mentalmente rimossa.
Meglio così, ad avvelenarci la quotidianità bastano già tutte le altre problematiche che la politica pare non essere in grado nemmeno di scalfire.
Ci disinteresseremo per un paio di mesi pure dei tumulti razziali d’oltralpe, chiaro sintomo di disagio di genti e culture che l’Europa ha accolto in seno senza poi curare adeguatamente gli inevitabili effetti collaterali del loro progressivo attecchimento, perché di questo si tratta. Un dejà vu negli Stati Uniti, dove il rapporto con le etnie di colore più indigenti è diventato un cronico nervo scoperto, trasmettendoci il messaggio che per questo malessere una ricetta non esiste.
Ma da noi, nonostante i numeri, pare che la presenza multietnica non sia ancora abbastanza organizzata per provocare ribellioni e caos; forse non ce ne sono i motivi, forse ci comportiamo più civilmente di paesi ritenuti più civili, tirando semplicemente a campare puntando su stratagemmi per ostacolare i flussi migratori, sebbene non funzionino.
Tutto sommato alla nostra bistrattata nazione, nonostante inevitabili e spesso giustificati episodi di intolleranza, non si può imputare la mancanza di volontà di offrire aiuto anche a coloro che molto spesso non lo meriterebbero. Buone vacanze!
Marco MorelliMantovano ma residente sul Lago di Garda, da 27 anni lavora nel campo della comunicazione e del marketing. Classe 1974, Art Director di MCG, è anche presidente di Grinder, Agenzia di Comunicazione, e co-fondatore e CEO di Advance
NON LO SOSpETTI mA IO TI vEDO E TI SENTO.
I geniali progressi della tecnologia digitale prepotentementeinfluenzano il costume e le consuetudini. 05
Protagoniste le realizzazioni fotografichedel ricercatore naturalista Davide Meggiorini.
“Siamo solo una minuscola partedi questo universo. la vita è un’occasionee non una condanna.”
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Un’esperienza di volontariato restituisce un reportage che si prepara a raggiungere a inizio settembre la Sardegna.
Dodici giorni per il Festival più importante di Parma che ha registrato migliaia di presenze da tutt’Italia. 64
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Una settimana per scoprire una delle isole più belle del mediterraneo: da Catania a Siracusa, passando per Palermo, Agrigento e Noto.
Emigrare è una condizione dell’uomo, vecchia come il mondo. L’evoluzione della vita ha creato in tutti gli essere umani aspettative di miglioramento personale. L’emigrazione è il problema del 21° secolo, chi sta male, chi non ha lavoro, chi è oppresso, grazie al grande volume di informazioni che corrono per il mondo, guarda a quei paesi in cui sembra che la vita si mostri più accogliente. La posizione dell’Italia nel Mediterraneo ne fa un approdo particolare e già sono più di 70 mila al 30 giugno di quest’anno gli arrivi. Come la penso in merito? Il fenomeno migrazione non è una calamità, ma un problema. L’Europa deve uscire dal suo “felice” isolamento e trovare soluzioni, mettendovi la stessa determinazione usata affrontando la pandemia. Ora a Bruxelles si fa un gran parlare, ma scarsa concretezza, nel frattempo gli arrivi aumentano e l’Italia lasciata sola di fronte
all’alto numero di approdi fa sempre più difficoltosa l’accoglienza. Siamo davanti a due vie di accesso impossibili da controllare, sono però i confini europei di cui l’Europa si deve far carico: l’apertura sul mare Mediterraneo e la rotta Balcanica che porta a Trieste. Moltissimi sono i migranti economici, se qualcuno di questi può essere restituito al Paese d’origine, non è possibile per noi mondo civile non pensare all’accoglienza di tutti i richiedenti asilo e rifugiati. Secondo il rapporto statistico dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), con dati che giungono fino al giugno 2022, nel mondo le persone in fuga dalla propria casa per guerre, violenze, persecuzioni e violazioni dei diritti umani risultavano essere 103 milioni, in aumento del 15% rispetto all’anno precedente e ben oltre il doppio rispetto al dato registrato 10
anni fa. Secondo i dati di febbraio 2023 dell’Unhcr, due milioni e mezzo di rifugiati ucraini sono presenti nei Paesi confinanti o più vicini, in Italia 170 mila. Migliaia di volti, storie, persone che cercano di farsi parola scritta nel “Rapporto annuale” del Centro Astalli, il Servizio dei gesuiti per i rifugiati, giunto alla XXII^ edizione. Si tratta di una pubblicazione che mostra con dati e commenti un tratto di strada compiuto nel 2022 con richiedenti asilo e rifugiati in Italia: circa 10 mila sono le persone accompagnate nella sola città di Roma; 18 mila se consideriamo tutto il territorio nazionale considerando tutte le sedi territoriali della Rete Astalli: Palermo, Catania, Grumo Nevano, Bologna, Vicenza, Padova e Trento. Una grande disponibilità all’accoglienza, ma relativa rispetto a tutto il territorio nazionale, senz’altro tanto lavoro fatto,
ma del tutto insufficiente. di GASTONE SAViO CAPO REDATTORE Gabriele Morelli Lara Ferrari Rita Bertazzoni Anna Maria Catano Silvano Tommasoli Gastone Savio Federica Pagliarone Alessandra Capato Lisetta Artioli Elena Benaglia Elide Bergamaschi Barbara Ghisi Federico Martinelli Michela Toninel Gianluigi Negri Alessandra Fuse Elena Mantesso M.T. San Juan Vittoria Bisutti Enrico CornoL’estate in malga. Non a ricevere e ad accogliere turisti e camminatori ma a curare e mungere 71 vacche. È la scelta di Giorgia Orlandi, 21 anni, e Annalisa Comini, 26, che passeranno sicuramente una stagione diversa dai loro coetanei. L’amore per la montagna e gli animali come unici compagni per l’estate. E poi chissà, perché escludere un seguito?
C’è un’umanità capace di vivere in simbiosi con la natura, persone capaci non solo di rispettare l’ambiente in cui si trovano ma anche di prendersi cura degli animali che questo ambiente lo vivono e lo impreziosiscono. Le vacche, appunto, che la gente chiama spesso impropriamente “mucche”, termine che da queste parti, tra i pascoli e il mondo rurale, strappa un sorriso bonario e un po’ compassionevole. Le vacche, sì, che con i loro ritmi disciplinano l’agenda quotidiana dei pastori. Fin dall’alba.
“Le mie giornate iniziano alle sei di mattina”, spiega Annalisa. “Per prima cosa aiuto a caricare il latte, poi pulisco la cisterna e preparo la sala per la mungitura. È faticoso, certo, non è semplice radunare e tenere insieme gli animali ma questa esperienza ti regala sempre emozioni nuove. La mia speranza? Migliorare le competenze che possiedo e acquisirne di nuove”.
È tempo di una pausa, si mangia, ci si ferma un momento. Poi, al pomeriggio, si riparte e si lavora fino al momento della cena, della convivialità e del riposo. Uno schema che si ripete, giorno dopo giorno. Sullo sfondo la natura, i pascoli, la vita vera, verrebbe da dire. Ma anche un elemento tutt’altro che trascurabile, un convitato che accompagna il tempo, il lavoro e le pause: la solitudine.
Una condizione che spaventa, soprattutto nel mondo contemporaneo. Eppure, qui sulle mon-
tagne, l’isolamento è anche una risorsa. “Stare da soli significa imparare a stare con te stessa, tirare fuori i tuoi pensieri e alla fine giocare con loro”, sottolinea Giorgia. “Ti ritrovi in un ambiente grande che a un certo punto, quando lo conosci, diventa piccolo. Questa esperienza è una crescita personale, devi imparare ad andare d’accordo con chi lavora insieme a te e con gli animali: le vacche sono esseri sensibili, con loro occorre sviluppare un contatto. Solo così puoi ottenere delle ‘risposte’, solo così puoi convincerle a spostarsi facendo meno fatica”.
È così, insomma, che nasce un’esperienza vera, autentica. Un modo per assecondare passioni e desideri che sanno crescere nell’animo di chi ha manifestato precocemente un’affinità speciale con la natura. Giorgia, padre biologo e fratello veterinario, ha trascorso parte dell’infanzia nell’Appennino modenese, un’esperienza che non ha
mai dimenticato. Annalisa ha dedicato agli animali i suoi studi e oggi vede il suo futuro tra i pascoli della sua valle, la Val di Pejo.
Per entrambe, in ogni caso, il presente è fatto di passione e impegno, ingredienti fondamentali di un mondo stranamente e piacevolmente sospeso. Onnipresente nella vita di tutti noi, per dire, la tecnologia, assume qui un ruolo marginale. Ed è proprio in questa disconnessione, spiegano, che si manifesta l’autenticità dello spazio, del lavoro e del tempo. “In questi mesi siamo prevalentemente sconnessi”, spiega Giorgia. “Il telefono è qualcosa che ti porta in un’altra realtà, qui invece sei costretta a vivere il presente, il che è positivo: occorre pensare a ciò che si fa, essere concentrate”. Un’esperienza da consigliare, verrebbe da dire.
“Essere qui significa vivere l’emozione dello stare all’aria aperta, di sviluppare un contatto con la natura e con gli animali”, afferma Annalisa. “Suggerirei a tutti i giovani che amano la montagna di provare tutto questo almeno una volta nella vita”. Le difficoltà, certo, non mancano. Gestire una mandria non è semplice. Ma dove non arriva l’esperienza interviene soprattutto la passione. La prima, ovviamente, si forma nel tempo. La seconda, invece, è qualcosa di innato. Lo conferma Paolo Cazzuffi, allevatore, che questo lavoro lo svolge da anni. “Per fare il malgaro devi avere una passione enorme”, spiega. “Fare l’allevatore è un sacrificio che dura per 365 giorni all’anno, mattina, pomeriggio, sera. Ma è un sacrificio che si fa volentieri”.
Il risultato, ovviamente, è tangibile: “Gli animali che stanno all’aria aperta vivono meglio, si nutrono meglio con erba e fiori e danno un latte migliore”, sottolinea Paolo. È così, insomma, che nasce un prodotto, fatto di cultura, sapori e qualità, che trova nei prodotti tipici la sua migliore espressione. E che, soprattutto, contribuisce a mantenere intatta quella specificità rurale che rende la Val di Sole con le sue vallate laterali una meta irrinunciabile per molti visitatori alla ricerca di esperienze gratificanti. Non diversamente, in fondo, da chi turista non è. Come Giorgia e Annalisa.
Nata a Tripoli il 20 luglio 1989, da madre marocchina e padre berbero, Rajae Bezzaz, è una donna dall’innegabile e versatile talento che ha avuto la forza e la determinazione di essere artefice del proprio destino. Frutto di un melting pot culturale, innamorata del teatro sin da piccola, si avvicina al mondo della recitazione a Bologna, diventando conduttrice radiofonica e partecipando ad alcuni film. Grazie all’undicesima edizione del Grande Fratello, ottiene l’attenzione del grande pubblico per approdare ben presto a Striscia la notizia.
Integrazione, immigrazione, accoglienza e ospitalità, differenze culturali e ruoli della donna nella società, sono alcuni dei temi trattati nelle sue inchieste.
Il suo nome significa speranza e Rajae Bezzaz incarna in toto questa virtù, aiutando ad affrontare e a vincere ostacoli, sfide e pregiudizi.
Buongiorno Rajae, innanzitutto, grazie per la tua gentilezza e disponibilità. La tua vita è un esempio di integrazione tra diverse culture. Sei nata in Libia ma sei cresciuta in Marocco per poi trasferirti ancora bambina in Italia insieme a tua madre, a tua sorella e al tuo fratellino. Io credo che questa contaminazione sia stata la mia ricchezza. Sono stata fortunata a nascere in un luogo, crescere in un altro, abbracciare un’altra cultura, quella occidentale, mischiandole perché hanno molti punti in comune e anche tante diversità. Nel mio piccolo, ho voluto mischiarle prendendo il meglio da ognuna di esse. Crescendo, andando avanti con gli anni, mi sono sempre più accorta di quanto sia stato un regalo. Non è scontato, ma ho cercato sempre di farlo, con la speranza di poter donare, in futuro, ai miei figli ciò che mi è stato dato, arricchito e migliorato. E loro saranno il frutto di tutto quello che è stato tramandato dai nostri avi e da me, sommando il mondo che avanza e loro stessi.
Si è sempre più meticciati, ognuno di noi non appartiene solo ad un’unica cultura. Io penso che sia sempre stato così, ma forse non ce ne rendevamo conto e non lo comunicavamo apertamente. Siamo frutto dei miscugli storici che ci sono stati nelle varie epoche e tutto ciò che noi abbiamo non è mai puro, ma è contaminato, nell’accezione positiva: basta pensare al cibo, alla cultura, alle tradizioni, all’arte, alla musica.
Oggi più che mai, c’è un’urgenza di favorire la conoscenza che aiuta a valicare ogni confine, tratteggiando così percorsi di interazione e integrazione.
Fa parte dei nostri tempi. A volte, siamo talmente connessi, sempre più informati, ma in realtà c’è anche molta disinformazione, perdita dei pezzi, non riusciamo a concentrarci e una cosa smentisce l’altra.
Quello che io ripeto sempre è di immergersi nelle situazioni, di non farci bastare ciò che ci viene raccontato, di provare a raccogliere tutte le informazioni e alla fine di avere una propria visione,
ma solo dopo aver testato e constatato, non per sentito dire.
Purtroppo, a volte, c’è un pregiudizio inconscio che è stato introiettato da un retaggio interculturale. Ti è mai capitato di ritrovarti a vivere in un ‘limbo’ tra due diverse culture, a non es-
sere riconosciuta né da una né dall’altra?
Sempre. Non siamo né carne né pesce, forse tofu. Quando vado in Marocco, per loro sono italiana, come una turista e così rimani questo ibrido che nessuno riconosce, ma che è tipico delle nuove generazioni: non si ha un’etichetta. E questo ti consente di essere libero mentalmente e di adattarti alle situazioni. Se domani andassi a vivere in Giappone, molto probabilmente diventerei anche un po’ giapponese.
A Cannes, quest’anno ha partecipato con il suo primo film la regista franco-senegalese Ramata-Toulaye Sy. Con “Banel & Adama” ha voluto decostruire la visione dell’Africa, in particolare, quella del posto delle donne nella società. Tu come riesci a decostruire codici e a combattere luoghi comuni?
Lo faccio quotidianamente, per me ogni occasione è buona per dialogare e per far capire. Io provengo da una società matriarcale e i miei nonni, che sono i miei idoli, mi hanno insegnato una visione del mondo che non è classica. Il matriarcato lì è tangibile. È sempre stata mia nonna a condurre e il nonno aveva un grande rispetto per lei. Quando mia nonna era assente, se per caso qualcuno veniva a suonare alla porta, mio nonno chiedeva gentilmente di tornare quando ci sarebbe stata la padrona di casa. Quindi, quando parlano dell’uomo arabo come un oppressore assoluto, mi viene da sorridere. È una visione distorta, non corrisponde alla realtà al cento per cento. In ogni cultura esiste un’oppressione esercitata sulle donne, in diverse maniere, anche in occidente. Mi sono ritrovata mol-
“SIAMO SOLO UNA MINUSCOLA PARTE DI QUESTO UNIVERSO. LA VITA È UN’OCCASIONE E NON UNA CONDANNA.”DI DOnATeLLA LAvIzzARI
te volte a difendere i diritti di donne occidentali. Ho fatto molti servizi di denuncia, da situazioni gravi a quelle più leggere. Per esempio, contro le pubblicità che mostrano ancora stereotipi di donne… pensavo che queste cose fossero superate. Perché nell’immaginario collettivo del mondo arabo e islamico, nell’occidente le donne hanno già conquistato la libertà, ma poi toccando con mano ho visto che questo non è vero. Per questo motivo, mi impegno nel decostruire pregiudizi, sia sul mondo occidentale sia su quello arabo.
Credo che sia importante dare una visione veritiera della propria cultura, ed è quello che tu fai parlando dell’Islam.
Lo faccio parlando anche dell’occidente, della parte islamica orientale, perché anche loro hanno dei pregiudizi che io vado puntualmente a smontare. L’inclusione e la conoscenza devono essere reciproche, l’apertura deve essere reciproca, perché nessuno può dire sei in casa mia e fai ciò che ti dico io. Perché quello significa annientare le tradizioni e le culture altrui. Sicuramente ci deve essere il rispetto delle leggi sovrane per una buona convivenza, ma questo non deve assolutamente evirare la storia, le tradizioni di ogni Paese. Gli arabi non sono poi così lontani dall’Occidente.
Se ci si chiude, se si continua ad avere dei pregiudizi, diventa una sconfitta. Significa arrivare ai conflitti, alle guerre.
Mi è piaciuta molto la conversazione avuta con tua madre, dopo aver tagliato i capelli e aver bruciato l’hijab in segno di dissenso e protesta contro il regime, in memoria di Mahasa Amini e per difendere i diritti delle donne iraniane. Dopo quel terribile episodio, ho ricevuto molte critiche. Ritengo che una protesta sia giusta quando si parla di libertà. Ci tengo moltissimo a precisare questo. La redattrice che collabora con me è una ragazza che ha scelto di portare il
velo, così come lo hanno fatto, in assoluta libertà, le donne della mia famiglia. Mia sorella lo ha poi levato perché sia in Italia che in Francia si è scontrata con le avversità nel mondo del lavoro e, a malincuore, ha preso questa decisione. Come hanno fatto tantissimi giovani, sono andata davanti all’ambasciata iraniana a Roma per protestare contro il regime che impedisce la libertà. Quando è andato in onda il servizio, molti mi hanno detto che mi sono venduta, che il velo non si deve bruciare e che ho voltato le spalle all’Islam, quando, in realtà, io sono musulmana libera e praticante. Per questo motivo ho voluto spiegare le mie motivazioni attraverso la video chiamata con mia madre, che era assolutamente inconsapevole del fatto che stessi registrando la nostra conversazione e che l’avrei poi pubblicata on-line!
Infatti, dopo un po’ mi ha telefonato e mi ha chiesto cosa stesse succedendo, perché molte persone le avevano scritto dopo aver visto il nostro video.
Con la spontaneità di quella video chiamata sono riuscita a raccontare la nostra storia, a narrare la verità e condividerla con le persone, per far loro capire le mie origini, che sono anch’io musulmana e il perché sono figlia della libertà di decidere, delle scelte libere ed è per questo che scendo in piazza a difendere la libertà di qualcun altro.
In Iran, purtroppo, la situazione non è ancora cambiata, vige un clima di terrore. La stilista che mi veste è iraniana e se ne era andata proprio per questa realtà. Vorrebbe rientrare, ma il rischio di mettere in pericolo la sua vita e quella dei suoi familiari è molto alto. C’è molta tensione e molte persone continuano a perdere la vita, soprattutto donne.
Il cambiamento è in mano a migliaia di donne che tutti i giorni, come piccole Morgane, fanno la loro guerra, spesso non viste, e qualche volta ci rimettono la vita. A febbraio, hai ricevuto
il Women for Women against Violence “Camomilla Award”, premio ispirato al fiore simbolo di forza e solidarietà, per i numerosi servizi contro la violenza sulle donne.
È esattamente così. Quando sei vittima di violenze, hai la necessità di avere qualcuno al tuo fianco, a cui appoggiarti, che ti possa sostenere. Il ruolo delle diverse associazioni ed enti che si prodigano in tal senso è molto importante. A volte, si ha paura di parlare per le ritorsioni che si innesterebbero.
Ma dovremmo sempre avere il coraggio di denunciare. Sono stata molto felice ed onorata di ricevere questo Premio, soprattutto quando ho scoperto la vera natura della pianta di camomilla, la sua straordinaria capacità curativa, per la quale viene messa accanto alle piante malate. Che cosa meravigliosa! È un po’ quello che tento di fare con i miei servizi. Voglio ringraziare Antonio Ricci, tutta la mia squadra e la redazione di Striscia la Notizia, perché si mettono a disposizione del prossimo. Perché questo non è scontato. A volte, rischiamo molto e ci sono conseguenze anche per il programma. Ma noi continuiamo, “l’essenza” della camomilla ci motiva ad agire, tutti insieme, per aiutare chi ha bisogno.
Nel corso degli anni, tu hai sempre dato voce a chi non ne ha, accendendo i riflettori sulle minoranze e sui più deboli. Tra i tanti servizi, mi ha molto colpito quello che hai dedicato al cosiddetto “Divorzio alla marocchina” (https:// www.striscialanotizia.mediaset.it/video/ divorzio-alla-marocchina-famiglia-lasciatasenza-documenti_406195/).
Purtroppo, è un fenomeno molto diffuso. Accade che gli uomini, quando si stancano della donna, con la quale vivono qui in Italia, la riportano in Marocco, con la scusa di una vacanza, e poi la abbandonano senza passaporto, bloccandola lì insieme a figli anche molto piccoli.
Nel servizio abbiamo parlato di Ilham, un giovane donna, obbligata a sposarsi per le condizioni di povertà della sua famiglia di origine, che è stata abbandonata dal marito e lasciata da sola con tre figli, senza un euro in tasca. Pensa che per poterci telefonare ha dovuto vendere i suoi orecchini d’oro. Tutto questo mi ha straziato il cuore. Sono andata ad incontrare il marito, per chiedergli spiegazioni, ma lui mi ha risposto che non gliene importava nulla, ha preso l’aereo e se ne è tornato in Marocco, creando ancora più difficoltà ed ostacoli alla moglie. Alla mia domanda: “Ma non ti piange il cuore per i tuoi figli?”, lui mi ha risposto: ”Sono libero di fare quello che mi va.”
Io stessa ho vissuto un’esperienza simile: ci avevano bloccati in Marocco perché mio padre non voleva dare l’affidamento di noi figli a nostra madre. So benissimo che cosa si prova. Mia madre è sempre stata una donna di carattere e grande forza, ma penso a quelle donne che sono fragili, che vengono abbandonate in mezzo alle campagne, al nulla. Vorrei che ci fosse sempre qualcuno ad avere cura di queste donne. Quello che ho fatto e che faccio, è solo una piccola parte di quello che dovrebbe essere fatto!
Il nostro lavoro, quello di giornalisti, potrebbe tranquillamente terminare quando il pezzo è finito ed è andato in onda, ma non finisce lì, quello è solo l’inizio.
E questo ti fa onore. Quello che fai è di grande importanza e, come donna, te sono molto grata.
Nei tuoi servizi racconti spesso il ‘diverso’. Sono storie di migranti, che non hanno i diritti degli altri cittadini, di chi arriva da luoghi di sofferenza e di guerra per ricominciare a vivere: storie drammatiche di umanità dimenticata, in un Paese, troppo spesso, ingiustamente impaurito dal fenomeno migratorio. In realtà, il fenomeno migratorio c’è sempre sta-
to. Avviene per sopravvivenza, nel momento in cui in un Paese non si intravede più un futuro. Forse, a breve, potremmo diventare noi stessi dei migranti, in conseguenza della crisi economica e il cambiamento climatico in atto. Dovremmo avere uno sguardo diverso sul mondo, dovremmo avere più cuore, perché, egoisticamente parlando, potremmo essere noi a ritrovarci in quelle stesse condizioni. Come vorremmo essere accolti? Come vorremmo vivere? Sicuramente in una maniera più consona ed umana.
Ricordo il servizio realizzato sulla tendopoli dei disperati nel centro di Roma, a due passi di Stazione Termini, situazione e condizioni che si registrano anche a Milano e in molte altre città. Davanti a queste situazioni, la gente reagisce spesso con l’indifferenza, osserva tutto questo come se appartenesse alla normalità. La loro non è una scelta, è una conseguenza. La responsabilità è di molti, a partire dalla società stessa. Non si può far finta di nulla! Non possiamo girare la testa dall’altra parte! Perché altrimenti diventiamo complici e ci saranno conseguenze nel futuro. Noi siamo frutto della storia passata. Io rimango fiduciosa, specialmente nelle generazioni future e nella loro maggiore sensibilità.
Con il tuo libro ‘L’Araba felice’, hai raccontato molto sulle tue origini culturali e religiose, ispirando coraggio a molte ragazze e donne. Ho scritto questo libro per raccontare una storia comune, dove ci si può rispecchiare e che speravo potesse donare il coraggio di combattere le proprie battaglie, di sognare e di continuare a credere nella vita e nel futuro. Mi hanno scritto in
molte, ringraziandomi perché le mie parole sono state di grande aiuto per loro, nel rafforzarsi e nell’affrontare situazioni complicate. E a proposito di giovani, una ragazza ha persino scelto “L’Araba Felice” come argomento della sua tesi di laurea. È stata per me una grande responsabilità, ma alla fine il suo lavoro è stato molto apprezzato e io non posso che esserne felice!
Vorresti regalarmi alcune immagini del tuo passato, del tuo presente e di un tuo ipotetico futuro?
Come immagine del passato scelgo la casa di mia nonna, con i mosaici arabi. Ricordo il solaio, che all’epoca mi sembrava così immenso. La percezione di quello spazio si è poi ridimensionata tornandoci da adulta, ma la magia è rimasta quella di un tempo. Ogni volta che torno in quel luogo, mi vedo sempre bambina, rivivo la mia infanzia felice, con i nonni, elementi davvero importanti per la crescita dei bambini. Loro mi hanno insegnato i valori legati alla famiglia, la sincerità dei rapporti in generale e ad essere sempre corretta con il prossimo. Quello che sono oggi è merito loro. Per il presente scelgo uno scatto che mi ritrae combattiva, al servizio della verità e nel futuro mi vedo una donna anziana felice, saggia, con la stessa voglia di apprendere e conoscere, con un’apertura mentale a 360 gradi, che mi consenta di vivere in armonia, fugando ogni tristezza, cercando di trasmettere ai miei nipoti quello che i miei nonni hanno fatto per me e per il prossimo.
Il mio terrore è di perdere la voglia di vivere e di credere nel mondo, così com’è, con tutte le sue fragilità e difficoltà.
Non siamo venuti al mondo per vivere in un paradiso ma per migliorarlo e trasformarlo in un paradiso per noi e per gli altri. Spero che il futuro mi permetta di esaudire questo sogno.
Te lo auguro con tutto il cuore, e, a proposito di sogni, con chi ti piacerebbe trascorrere una giornata?
Vorrei passare una giornata con il Presidente Sergio Mattarella.
Inviamogli una richiesta immediatamente! Lo stimo profondamente. Mi piace la visione di chi ha vissuto in prima persona cambiamenti epocali. Vorrei appendere da lui molte cose, sono sicura che ne uscirei arricchita. Lo ascolterei senza interromperlo, cercando di carpire il segreto di come fa a gestire tutto.
Un tuo desiderio?
Spero di avere sempre le forze necessarie per crescere, sia umanamente che professionalmente. Sono convinta che il mondo possa riservarci ancora delle grandi sorprese e quindi voglio dire a tutti, anche a me stessa, di accogliere i cambiamenti in atto in questo periodo storico. Tutto ben presto si adatterà. Ci sono Forze Superiori che lavorano in sinergia, lasciamoci guidare. Non dobbiamo per forza essere maniaci del controllo. Siamo solo una minuscola parte di questo Universo: la vita è un’occasione e non una condanna.
Dall’8 al 10 luglio 2023 il lungolago Regina Adelaide di Garda diventerà destinazione del buon bere: il Comune-perla del Benaco si trasformerà per tre giorni in una grande cantina a cielo aperto con la sesta edizione di “Street Wine Garda”, il festival estivo dei vini e dei sapori della tradizione. Ogni giorno dalle 18 alle 23, a passeggio con l’iconico kit degustazione, accompagnati da musica jazz, violini e percussioni.
L’iniziativa, che conta sul patrocinio della Regione Veneto e del patrocinio e sostegno del Comune di Garda, è realizzata da Associazione Hostaria Verona in collaborazione con il Consorzio Garda DOC e con il sostegno di Rastal, Vip Energy, Biscopan, Forno Bonomi e Cucine Lube.
Street Wine Garda è un percorso di degustazioni, elegante e vivace con vista lago che, dall’8 al 10 luglio 2023, porterà i profumi e i sapori delle eccellenze enoiche del Triveneto a Garda, destinazione che nel nome racchiude i natali delle acque benacensi. Oltre 150 le etichette in degustazione, tra cantine e consorzi di Tutela provenienti dal Triveneto, con spazi dedicati ad assaggi di tipicità e percorsi musicali ad accesso libero. Un’esperienza enogastronomica e culturale completa, con un’accurata selezione di produzioni vitivinicole, all’insegna del bere consapevole e dello stare insieme in un’atmosfera rilassata e conviviale.
Street Wine Garda è anche un luogo di racconto dove i vignaioli incontrano i turisti e dove i wine lovers possono immergersi in un walk around tasting nelle diverse aree di produzione vinicole del Veneto e dintorni. Dalle colline della Valpolicella a quelle del Soave, passando per i vigneti
STREET WINE GARDA
dei Varietali del Garda e del Valdobbiadene Asolo e Collio, per poi assaporare i profumi del lago attraverso suggestioni enogastronomiche. Street Wine Garda offre anche una sfiziosa vetrina per lo street-food con la porchetta di Ariccia e arrosticini di Amatrice e dintorni, i prodotti tipici dell’Alto Adige preparati da Gusto&Arte; pasticceria e stuzzicherie del Sud Italia con Pasticceria Primavera. A disposizione del pubblico anche comodi tavolini mangia-in-piedi.
DELLE ECCELLENZE
ENOICHE DEL TRIVENETO A GARDA
Street Wine Garda si esprime attraverso proposte musicali acustiche aperte al pubblico Tutte e tre le serate prevedono un programma musicale raffinato: sabato 8 ad allietare i brindisi in piazza ci sarà il pianista Daniele Rotunno, domenica 9 luglio violini e dj night con il gruppo Note dal Vivo; chiuderanno lunedì 10 luglio i fiati e le percussioni del duo Stefano Benini e Massimo Bitasi.
Al pubblico di Street Wine Garda verrà fornita una mappa in cui sono segnalate tutte le cantine partecipanti all’evento. Presso la cassa situata al centro della piazza, sarà possibile acquistare il biglietto di degustazione, con il quale vengono forniti i token (8 token al prezzo di 15€) e il bicchiere da usare per gli assaggi agli stand. I partecipanti potranno muoversi liberamente all’interno della manifestazione, godendo di tutte le attività organizzate. L’accesso al percorso è libero e gratuito, gli assaggi dei vini a pagamento.
«Siamo molto lieti di poter ospitare anche quest’anno Street Wine Garda - le parole del sindaco del Comune di Garda, Davide Bendinelliun appuntamento estivo da non perdere, un’occasione in cui far conoscere e degustare anche ai turisti vini italiani di cantine ricercate». Gli fa eco l’assessore alle manifestazioni del Comune di Garda, Giovanna Rizzi «La volontà, insieme agli organizzatori, di accompagnare le tre serate
È UN PERCORSO DI DEGUSTAZIONI, ELEGANTE E VIVACE CHE, PORTERÀ I PROFUMI E I SAPORIStreet Wine Garda
DOMENICA 9 LUGLIO UNA DELLE RASSEGNE PIÙ APPREZZATE
DEL COMPRENSORIO PONTEDILEGNOTONALE.
con eventi musicali è un valore aggiunto che renderà ancora più viva e ricca la piazza principale di Garda, in cui tutti potranno apprezzare le bollicine unite alle note musicali».
● Azienda Agricola Pilandro (Verona) pilandro.com
● Bogana (Treviso) boganavini.shop
● Bucovaz Wines (Udine) bucovaz.it
● Cantina Vitevis (Gambellara – VI) vitevis.com
● Cantine di Verona (Verona) cantinediverona.it
● Castrini Lugana (Pozzolengo – BS) luganacastrini.com
● Consorzio Garda DOC (Verona) gardadocvino.it
● Collis Veneto Wine Group (Verona) collisgroup.it
● Corte Mamaor (Verona) cortemamaor.it
● Cottini Marco (Verona) cottinimarco.it
● Il Pignetto (Verona) cantinailpignetto.com
● Monte Cillario (Verona) cantinamontecillario.it
● Rossignoli Rinaldi (Verona) rossignolirinaldi.com
● Tenute Fasoli Lorena (Verona) tenutefasoli.com
● Vini Cadore (Pozzolengo BS) vinicadore.com
E poi:
● Amatrice e dintorni
Porchetta di Ariccia e arrosticini
● Gusto&Arte
Prodotti tipici dell’Alto Adige
● Pasticceria Primavera
Pasticceria e stuzzicherie del Sud Italia
L’occasione è ghiotta, nel vero senso del termine: scoprire le eccellenze naturalistiche e al tempo stesso le prelibatezze culinarie dell’Alta Valle Camonica. Tutto in un unico evento. Si svolgerà domenica 9 luglio la sedicesima edizione della “Mangiaevai”, manifestazione tra le più apprezzate del comprensorio Pontedilegno-Tonale, accompagnata da un’attesa particolare. La tradizionale passeggiata gastronomica a tappe torna infatti a distanza di 4 anni dopo lo stop imposto dalla pandemia da Covid-19. Il numero delle iscrizioni – sold out con 2.500 partecipanti – riflette la voglia diffusa di trascorrere una giornata spensierata in compagnia di famiglia e amici, all’insegna del benessere fisico e delle specialità del territorio (ad esempio, i “calsù”, i tipici casoncelli di Ponte di Legno, ripieni di carne).
Adatta sia agli adulti sia ai bambini, la “Mangiaevai” è una camminata non competitiva su un percorso pianeggiante che si snoda lungo la Valle delle Messi e la Valle di Viso, all’interno dei Parchi dello Stelvio e dell’Adamello. Dove, oltre al gusto, troveranno appagamento anche gli altri sensi. Il rassicurante suono dell’acqua dei torrenti e il profumo di erbe e piante delle specie più svariate contribuiranno ad arricchire questa esperienza. Come la possibilità di avvistare – basterà portare con sé un binocolo – cervi, caprioli, marmotte e aquile.
La partenza è fissata a Sant’Apollonia (località a nord di Ponte di Legno, raggiungibile in auto o con il bus navetta), dove dalle 8.30 sarà possibile ritirare i “MangiaPass”. Da qui i partecipanti si incammineranno alla volta di Silizzi (sede della prima sosta), attesi da uno spuntino e un gadget ricordo. Attraversando le case del Toss, faranno poi ritorno a Sant’Apollonia, per ritirare l’acqua e degustare il Fiurit, il fiore di ricotta. Chi lo desidera potrà dissetarsi alla rinomata fonte ferruginosa dalle proprietà curative e cogliere l’occasione per visitare la piccola chiesa di San Rocco.
Percorrendo la stradina racchiusa da muretti di pietra si proseguirà per Case di Gioco, dove verranno serviti affettati nostrani, pane e vino bianco. La passeggiata entrerà nel vivo scendendo verso il villaggio di Pezzo, la tappa degli immancabili “calsù”. Superato un tratto di leggera salita, la gioiosa carovana giungerà alla Valle
di Viso: al Ponte dei Martinoli potrà assaggiare il tradizionale brodo di gallina, per poi godersi un rigenerante sorbetto a Valmalze. Un momento rinfrescante prima di ripartire, destinazione Case di Viso, dove abbonderanno spiedo con polenta, salamella e vino rosso.
Formaggio stagionato e frutta fresca allieteranno invece la sosta alle Baite di Pirli. Nel centro storico di Pezzo sarà inoltre possibile sorseggiare il caffè de scandèla (di orzo). Da lì, riattraversando il centro storico del paese, ci si congiungerà alla strada sterrata in discesa fino a Planpezzo, dove il tour eno-gastronomico si concluderà con torte casalinghe, vino dolce e liquori della Valle Camonica, con il corredo di allegre bancarelle di prodotti locali e artigianali. Durante la giornata, lungo tutto il percorso, sono previsti intrattenimenti musicali, animazione per i bambini e mostre di artigianato.
La “Mangiaevai”, nata nel 2005 con lo scopo di promuovere l’Alta Valle Camonica e le sue peculiarità enogastronomiche, è supportata dal Consorzio Pontedilegno-Tonale. Il ricavato dell’evento verrà destinato, come per le passate edizioni, ad una causa benefica. Il programma completo, con i dettagli relativo al percorso, è consultabile sul sito www.mangiaevai.it.
SERATE INCLUSIVE CON L’ASTROFILO ANDREA VANONI PER OSSERVARE
PIANETI E COSTELLAZIONI
Pianeti, satelliti e costellazioni, un’estate per esplorare la volta celeste. Da maggio a settembre, Forte Gisella si trasformerà in un osservatorio a cielo aperto. Continuando a Crescere onlus e Gruppo Ottica Benetti promuovono un ciclo di serate di osservazione astronomica assieme all’astrofilo, astrofotografo e divulgatore Andrea Vanoni. Durante ogni appuntamento, si potrà scrutare e scoprire una parte di cielo con la guida di un osservatore esperto e toccare con mano gli strumenti del mestiere. Il laboratorio permetterà ai partecipanti di provare e utilizzare gli affascinanti telescopi usati in astronomia, per studiare la volta celeste.
Serate inclusive e aperte a tutti, pensate anche per ragazzi e persone diversamente abili. Prossimi appuntamenti il 4 e 28 luglio, il 22 settembre, il 13 e 27 ottobre, per guardare da vicino Giove, Saturno e il profondo cielo.Per partecipare alle serate è necessario iscriversi sulla pagina dedicata del sito https://benetti.store.
“Il cielo su di noi è una fonte inesauribile di conoscenza, un laboratorio alla portata di tutti che la natura ci mette a disposizione – spiega Claudio Aldegheri, optometrista del Gruppo Ottica Benetti -. Dal desiderio di esplorarlo, è nata l’idea di un ciclo di serate di osservazione astronomica tramite l’uso di strumentazione professionale che sarà messa a disposizione dei partecipanti, guidati da professionisti. La nostra idea è quella di proseguire questo progetto di scoperta e conoscenza l’anno prossimo, coinvolgendo le scuole e dando così la
CONTINUANDO A CRESCERE ONLUS E GRUPPO OTTICA BENETTI PROMUOVONO UN CICLO DI SERATE DEDICATE ALL’ASTRONOMIA.
possibilità agli studenti di osservare dal vivo ciò che ascoltano e studiano in classe”.
“Da quattordici anni ci occupiamo di assicurare sostegno alle famiglie proponendo progetti e percorsi di inclusione sociale per bambini e ragazzi con disabilità – afferma Monica Meda, presidente di Continuando a Crescere Onlus -. Anche in questo caso, tutte le serate di osservazione sono state pensate in maniera inclusiva, in modo che tutti possano partecipare e godere della visione della volta celeste. Ringraziamo il Gruppo Benetti che da anni supporta i nostri progetti ideando, insieme a noi momenti di incontro, di valore, di condivisione e di inclusione”.
Andrea Vanoni è astrofilo, astrofotografo, divulgatore scientifico. La sua professione di educatore lo ha portato ad affinare e sviluppare grande empatia nei confronti dei ragazzi soprattutto diversamente abili. Si dedica all’Astronomia dal 1997 e, quest’anno, è tra i vincitori dell’Astronomy Photographer of the Year, il concorso di fotografia astronomica organizzato dal Royal Observatory di Greenwich, per la categoria “Luna”.
Durate le serate di osservazione sarà possibile partecipare alla visita del Forte, per conoscerne storia, segreti e particolarità. Un modo per far scoprire alla cittadinanza e alle nuove generazioni il compendio veronese.
A CURA di M.T.SAN JUAN
Sile Jazz arriva alla dodicesima edizione con un programma sempre più ricco: tutti i fine settimana fino al 22 luglio torna la grande musica dal vivo lungo le sponde del Sile, raggiungendo la laguna e al mare, seguendo il percorso del fiume silenzioso.
21 concerti itineranti in 15 comuni tra le province di Treviso, Padova e Venezia: una rete consolidata che unisce località del trevigiano, Quinto di Treviso, Casier, Silea, Roncade, Casale Sul Sile, Istrana, Morgano, Treviso, Mogliano Veneto, Vedelago, Zero Branco, Preganziol, la provincia di Padova con Piombino Dese, fino a Venezia, nel capoluogo lagunare e poi a Jesolo e Quarto d’Altino, amico del festival dallo scorso anno.
Ascolto del territorio, delle comunità che lo abitano, dell’ambiente circostante: il festival intende, una volta di più, porre l’attenzione sulla convivenza di ecosistemi naturali e culturali, attraverso il jazz. Un festival che prende vita tra palcoscenici eccezionali, con solisti ed ensemble itineranti, ciascuno con il proprio bagaglio di influenze, inflessioni, sfumature, portando con sé l’esperienza di questi territori musicali e umani. La cura per la proposta artistica è, da sempre, uno dei punti di forza del festival, che si impegna per offrire al pubblico un programma ricco e vario, spaziando dalle nuove proposte alle star internazionali.
Sile Jazz si presenta così alla nuova edizione con artisti del calibro di Uri Cane, per la data in collaborazione con Asolo Musica a Venezia; un percorso ideale che si snoda tra le sensuali sonorità cubane e afro del duo Paolo Fresu e Omar Sosa, le influenze della tradizione istriana di GIIPUJA e i riflessi nordici di Sunna Gunnlaugs, il jazz contemporaneo del batterista svizzero Florian Arbenz, le atmosfere oniriche di Jacopo Ferrazza 5et, la magia del pianoforte di Luca Dell’Anna, il tributo “pan-idiomico” Arbo di Igor Legari fino alla creazione di un musicista internazionale, Amos Alfredson, nato dalla
MUSICA PER SCOPRIRE LA NATURA E IL TERRITORIO, APPUNTAMENTI ALL’INSEGNA DELLA SOSTENIBILITÀ: TORNA IL GRANDE JAZZ SULLE RIVE DEL FIUME SILE CON IL FESTIVAL PIÙ GREEN DEL VENETO.
fantasia di Saverio Tasca, accanto alle sperimentazioni di Marco Trabucco con X [ics], dell’ensemble CREI, del quintetto di Mirko Pedrotti, del neonato collettivo Questions? e dei quartetti Exit Four e di Francesco Scaramuzzino, fino alle esperienze inedite di “concerti in movimento” nella passeggiata sonora insieme alla tromba di Flavio Zanuttini, a bordo della Crociera Jazz con Indaco Trio, Silvia Donati, Francesca Bertazzo Hart e Camilla Missio. E ancora, gli omaggi di grandi musicisti ai maestri, quello di Luca Colussi, con ospite Francesco Bearzati, a Paul Motian e del duo D’Agaro/Turchet a Charles Mingus, in dialogo con le giovani e apprezzate proposte di Michele Bonifati e EMONG, Valentina Fin.
MUSICA, CULTURA DEL TERRITORIO, SOSTENIBILITÀ: GLI INGREDIENTI DI SILE JAZZ
Attivo durante tutto l’anno con iniziative dedicate all’unione tra musica, cultura, ambiente, cultura, Sile Jazz prosegue nell’obbiettivo di diventare un festival sempre più “green”, riducendo l’impatto ambientale prodotto dalla rassegna, impegnandosi in progetti di restituzione al territorio, parlando a tutti, una volta di più, di tutela della natura, di cultura della sostenibilità ambientale, stimolando la costruzione di una rete dedicata al turismo lento, più attento e curioso.
Perquestomotivo,SileJazzprevedeanchequest’anno l’acquisto di un biglietto alla cifra di €2.00 (+ di-
ritti prevendita online) e di €3.00 per l’acquisto sul posto per tutti i concerti (esclusi eventi speciali e Crociera Jazz) il cui ricavato è interamente reinvestito in azioni ambientali per il territorio: sostegno alle associazioni e guide ecologiche iniziative di raccolta rifiuti e di sensibilizzazione del pubblico alle tematiche ambientali, piantagione di alberi per compensare il consumo di CO2 e manutenzione del verde, come già è accaduto a marzo 2022 e 2023 con gli eventi Per fare jazz ci vuole un albero.
Temi che Sile Jazz si impegna a diffondere coinvolgendo diversi linguaggi, accanto agli eventi musicali dal vivo; organizzando laboratori per famiglie; organizzando attività volte al turismo lento con particolare attenzione al mondo delle biciclette; sinergie con i ristoratori e le strutture ricettive locali per dare l’opportunità di scoprire il territorio; un percorso musicale e culturale, a piedi, tra le fontane di Treviso, con una riflessione sull’uso dell’acqua; l’immancabile Crociera Jazz in Laguna. Esperienze da vivere attraverso il jazz, uno dei fenomeni artistici e sociali più affascinanti, trasversali e del contemporaneo, storicamente legato all’inclusività e dialogo interculturale, ancora capace aprire nuovi scenari e possibilità.
Per informazioni
nusica.org / Sile Jazz
tel: +39 3274610693
info@nusica.org
LUNEDÌ 21 AGOSTO TORNA STELLE DELLA LIRICA, MENTRE CONTINUA FINO A SETTEMBRE LA CHALLENGE SUL PROFILO INSTAGRAM DEL GIARDINO.
LA CHALLENGE SU INSTAGRAM PER LA STAGIONE 2023
Prosegue la challenge, sfida, partita a marzo per il popolo di Instagram.
Ogni settimana, da marzo a settembre, verranno scelte 3 foto tra quelle pubblicate dagli utenti del Parco su Instagram con @ e # parcosigurtà. Verranno premiati i 3 scatti che rappresenteranno meglio il concetto di “vivere il Parco” con un biglietto ingresso omaggio per visitare il Parco Giardino Sigurtà durante la stagione 2023, che terminerà domenica 12 novembre. Cosa significa per voi vivere a pieno il Parco? Cosa amate fare durante le vostre visite? Godervi la natura, correre, fare un pic-nic, rilassarvi leggendo, tra i boschi antichi, i laghetti e le fioriture spettacolari?
Raccontatecelo con le vostre foto!
Ninfee, rose, ortensie, fior di loto, girasoli: queste e molte altre sono le protagoniste floreali estive di uno dei parchi più belli d’Europa, il Parco Giardino Sigurtà, a pochi chilometri da Verona.
Per una rigenerante pausa nel verde, i 600.000 metri quadrati del Parco (che equivalgono a 80 campi da calcio) consentono un city-break tra alberi centenari, fioriture, 18 specchi d’acqua, viste mozzafiato, immensi tappeti erbosi e un suggestivo Labirinto. Nel periodo che va tra giugno e luglio vede la fioritura di ninfee rustiche e tropicali nei Giardini Acquatici dove si riflette maestoso il profilo del Castello Scaligero di Valeggio s/M e di ninfee bianche nel laghetto antistante il cimitero dei Cani, mentre le ortensie si mostrano in una meravigliosa tonalità rosa in più punti del Parco; e poi tutti da ammirare sono le zinnie, dai toni giallo, rosso, viola, arancione, lilla, verde, e delicati fior di loto dai grandi petali bianchi e rosa tenue e dalle foglie impermeabili, provare per
Nella splendida cornice del Parco ritornano gli appuntamenti dedicati al benessere, con lezioni di yoga e di ginnastica dolce al tramonto. Questo ciclo di incontri, Natura e Salute, coniuga infatti la meravigliosa scenografia estiva del Parco con la voglia di star bene. Le lezioni di yoga si terranno il 5, 12, 19 luglio
Per iscrizioni rivolgersi alla biglietteria. Le lezioni si terranno dalle 19 alle 20.00.
credere: i rubinetti accanto alle vasche permettono di fare questo “esperimento”. Le migliaia di rose in due varietà antiche continuano ad adornare il chilometro del Viale delle Rose, l’immagine simbolo del Parco per cui è conosciuto in tutto il mondo. Le dalie, invece, iniziano a fiorire in colorate varietà, affascinando i visitatori, mentre suggestivi girasoli ci suggeriscono che l’estate è arrivata. Sulla passeggiata panoramica, che si affaccia sulla Valle del Mincio, si possono ammirare petunie dai colori rosa Bubble Gum, bianco Snowdrift e fuxia Paradise, alternate a gerani che amano il caldo, diversamente all’entrata del Parco si incontrano Amaryllis e impatiens che cedono il passo ad hemerocallis e lavanda sul Viale delle Fontanelle. Da non perdere l’ibisco cinese dalle tonalità rosa porpora intenso sul Viale dei Pini e i profumi e colori delle varietà nel Giardino delle Piante Officinali.
NINFEE, ROSE, ORTENSIE, FIOR DI LOTO, GIRASOLI: QUESTE E MOLTE ALTRE
SONO LE PROTAGONISTE FLOREALI
ESTIVE DI UNO DEI PARCHI
PIÙ BELLI D’EUROPA
STELLE DELLA LIRICA 2023
Prestigiosi cantanti lirici si esibiranno sotto il cielo d’agosto di uno dei parchi più belli d’Europa: lunedì 21 agosto dalle 20.30 tornerà Stelle della Lirica, l’evento musicale organizzato con Arti e Mestieri Valeggio, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale, l’Assessorato alla Cultura e l’Associazione Pro Loco, giunto alla tredicesima edizione. Gli artisti proporranno arie d’opera e canzoni classiche, per una serata speciale. Per maggiori informazioni: https://www. facebook.com/events/638311467657261?acontext
I biglietti saranno in prevendita da luglio alla Proloco di Valeggio s/M (tel. 045/7951880 - mail: stelledellaliricavaleggio@gmail.com), info: 371 39 63177 ; 15,00 euro.
Dal 1° luglio al 3 settembre nell’antica capitale dei Duchi di Bretagna, oggi capoluogo della Loira Atlantica, va in scena Le Voyage à Nantes (VAN), il grande festival dell’estate che dal 2012, per due mesi, richiama artisti, designer, architetti, paesaggisti da tutto il mondo, trasformando la città natale di Jules Verne in un museo a cielo aperto con installazioni, mostre, performance e spettacoli. Un appuntamento imperdibile per gli appassionati d’arte e un’occasione speciale per visitare la sesta città di Francia (665.204 abitanti nell’area metropolitana), tra le mete di tendenza degli ultimi anni.
L’edizione 2023 ha come protagoniste le statue che invadono la città anche in posti insoliti e inaspettati e fino ai primi giorni di settembre offre oltre 80 proposte culturali, trasformando musei, teatri, negozi, bar, ristoranti e spazi pubblici in luoghi di meraviglia. Per scoprirlo, basta seguire la “linea verde” tracciata sul suolo, un itinerario di 23 km che accompagna i visitatori negli angoli più belli di Nantes, attraverso opere contemporanee che dialogano con il patrimonio storico della città.
Alcune di esse sono temporanee, e si ammirano durante il periodo del festival estivo, altre rimangono in modo permanente, arricchendo ogni anno strade, piazze e giardini di nuovi tesori della creatività. In tutto 128 opere d’arte a formare un monumento urbano diffuso di grande suggestione, da esplorare a piedi, in bicicletta e in barca sulle acque della Loira, grazie al Pass Nantes che comprende la visita gratuita a oltre 50 siti e servizi dentro e fuori città e nei vigneti di Muscadet. Si può scegliere da 24, 48, 72 ore o 7 giorni con un’offerta valida per tutte le stagioni.
DUE PASSI NELLA STORIA
La città medievale si incontra nelle stradine sinuose del Quartier du Bouffay con nomi che evocano antiche corporazioni e alcune vecchie case a graticcio accanto a bar e ristorantini che offrono cucine di tutto il mondo. L’emblematica scultura di Philippe Ramette, Éloge du Pas de Côté, troneggia su place du Bouffay con un uomo in giacca e cravatta che si tiene in equilibrio su un solo piede mentre una profusione di piante di tutte le specie e provenienze arricchisce il passage Bouchaud: è la Jungle Intérieure dell’artista Evor, un giardino aereo da ammirare salendo su una piccola scala di legno. Poi ci sono le insegne dei negozi rivisitate dagli artisti, come il “Gigante di Nantes” simile ad un totem del belga Éric Croes per la cappelleria storica Falbalas Saint-Junien. Queste opere, nate in edizioni passate del VAN, dialogano con i monumenti della storia, come il Castello dei Duchi di Bretagna, costruito nel XV secolo come
palazzo residenziale e fortezza militare, che dal 2007 ospita il nuovo Musée d’histoire de Nantes. Si percorre il cammino di ronda e nelle sere d’estate ci si ritrova nel fossato che circonda il castello per ascoltare i concerti all’aperto.
IL SALOTTO CITTADINOIl quartiere Graslin è fra i più eleganti della città. Nell’omonima piazza, dai tavoli dell’iconica brasserie La Cigale, con maioliche, specchi e sculture Art Nouveau, si ammirano la fontana danzante e una delle opere del trittico di Hélène Delprat per l’edizione VAN 2022: l’angelo con le ali spiegate alle spalle di un megafono gigantesco. Si trova davanti al Teatro dell’Opera, aperto nel 1788 da Luigi XVI e oggi uno dei maggiori palcoscenici lirici francesi. Per vedere le altre due opere dell’artista francese bisogna spostarsi in place Royale e place Saint-Nicolas dove una folla di sagome nere occupa il sagra-
to della basilica di San Nicola. Non distante dal teatro, quasi nascosto nelle vie pedonali dello shopping, il Passage Pommeraye è un capolavoro architettonico del XIX secolo.
Una galleria coperta, unica in Europa, articolata su 3 livelli e impreziosita da statue, colonne e decori in uno stile che oscilla tra Neoclassicismo ed Eclettismo, con una scalinata monumentale illuminata da luce naturale grazie al tetto in vetro che la sovrasta.
A due passi, cours Cambronne sfoggia la statua del generale Cambronne (XIX sec.) e la scultura di Philippe Ramette, Éloge de la transgression: una bimba che ‘osa’ scendere (o arrampicarsi) su un basamento di marmo. In questo quartiere merita una visita il Memoriale per l’abolizione della schiavitù, inaugurato nel 2012 sul quai de la Fosse dove approdavano le navi negriere. I nomi di 1710 imbarcazioni, che trasportavano schiavi, sono incastonati in targhe di vetro sul pavimento che accompagna all’ingresso del monumento dove si scende sotto il livello stradale come nella stiva di una nave. Il progetto, a firma dell’artista polacco Krzysztof Wodiczko e dell’architetto argentino Julian Bonder, è un toc-
cante omaggio a tutti coloro che si sono battuti, si battono e si batteranno contro ogni forma di schiavitù nel mondo.
CREATURE FANTASTICHE
SULL’ISOLA DI NANTES
Nel sito degli ex cantieri navali, Les Machines de l’Île sono nate da un progetto visionario che si nutre dei mondi inventati di Jules Verne e dell’universo meccanico di Leonardo da Vinci. Si tratta di un bestiario meccanico fatto di creature fantastiche, tra cui spicca il Grande Elefante alto 12 metri che cammina, barrisce, spruzza acqua dalla proboscide mentre trasporta una cinquantina di persone lungo un tragitto prestabilito. Quando è fermo riposa nella Galerie des Machines, un universo di piante e altri animali di ferro che si muovono comandati dal pubblico con l’aiuto dei macchinisti. La linea verde del VAN invita ad esplorare il Parc des Chantier reinventato nel segno dell’arte: l’Hangar à Bananes, ex magazzino portuale di 8.000.m2, ospita ristoranti, bar, una discoteca, un teatro, varie terrazze e l’HAB Galerie dedicata all’arte contemporanea; la Cantine du Voyage, un’am-
pia tavola conviviale con spazi per giocare e rilassarsi, si trova a ridosso di una serra che espone l’originale opera di Lilian Bourgea, Invendus, ovvero due stivali spaiati da giardiniere alti tre metri. Durante la passeggiata è impossibile non scattare foto attraverso gli Anneaux di Daniel Buren e Patrick Bouchain, divenuti, insieme alla gru gialla che svetta sull’isola, simboli di Nantes: sono 18 cerchi concentrici, concepiti come un cannocchiale immaginario sul fiume, che di sera si illuminano di rosso, verde e blu. Nel Quartier de la Creation hanno progettato architetti, urbanisti e paesaggisti di fama internazionale, come Jean Nouvel, Alexandre Chemetoff, Christian de Portzamparc, Marcel Smets. Il risultato è una concentrazione di architetture moderne ed ecosostenibili che ospitano, tra gli altri, il Tribunale, l’Università, la Scuola Nazionale di Architettura, quella delle Belle Arti e si mescolano ad ulteriori installazioni del Voyage à Nantes.
LA CITTÀ-GIARDINO
Capitale Verde d’Europa nel 2013, Nantes è la prima città di Francia ad aver ottenuto questo titolo e a essere premiata per la sua politica ambientale, grazie a 500 km piste ciclabili, azioni di mobilità ecologica, tutela della biodi- versità e progetto Étoile Verte che mira a farne una città nella natura. Il 61% del territorio metropolitano (52.336 ettari) è composto da spazi naturali o agricoli e sono oltre cento i parchi e i giardini. Fra questi, a pochi passi dalla Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo (chiusa per restauri) e dal Museo delle Arti (da non perdere) c’è il Jardin des plantes, un’oasi di 10.000 specie di vegetali, fra cui spuntano le opere di Jean Jullien. Nel quartiere Chantenay, dopo aver visitato il Musée Jules Verne si raggiunge Le Jardin Extraordinaire, nato dal recupero di un’area in degrado: un paradiso di piante tropicali, laghetti e cascate con una passeggiata di sette belvedere che offrono una prospettiva spettacolare sul parco e sul fiume. Il Belvèdere de l’Hermitage, il grande nido in legno firmato dal giapponese Tadashi Kawamata, si raggiunge su una passerella stretta e lunga e fa parte della collezione permanente di 33 installazioni open air che compongono il percorso Estuaire Nantes–Saint-Nazaire, da fare in bicicletta o in barca.
INFO
www.levoyageanantes.fr
www.estuaire.info/fr
www.lestablesdenantes.fr
DORMIRE
Hôtel La Pérouse
3 allée Duquesne, hotel-laperouse.fr
MANGIARE
La Cigale
4 place Graslin, lacigale.com
Le Coin des Crêpes
2 rue Armand-Brossard
La Cantine du Voyage
20 Quai des Antilles, lacantineduvoyage.fr
Le Bouchon
7 rue Bossuet, le-bouchon-nantes.com
L’Instinct Gourmand
14 rue Saint-Léonard, linstinctgourmand.com
La Loco
23 All. Commandant Charcot
Le Bar Iodé
Place du Commando, Saint-Nazaire
Un’esperienza di volontariato restituisce un reportage che, dopo la tappa mantovana negli spazi di Creative Lab, in Viale Valle d’Aosta, 20, come evento off del festival di rigenerazione urbana Without Frontiers –Lunetta a Colori a Mantova, si prepara a raggiungere a inizio settembre la Sardegna per Bookolica - Il Festival dei Lettori Creativi, a Tempio Pausania, inserito nella tematica del diritto all’infanzia.
Ci sono storie che vanno raccontate e quella di In My Father’s House – missione nella campagna a tre ore dalla capitale del Ghana - è una di quelle: hanno cercato di farlo, ognuno a modo proprio, tre volontari lì che si sono avvicendati tra il 19 dicembre 2022 e il 28 gennaio 2023.
Ma partiamo dall’inizio. Da Padre Giuseppe Rabbiosi che l’ha fondata arrivando a prendersi cura, oggi, di oltre un centinaio di bambini, molti dei quali orfani o abbandonati, e garantendo istruzione a 800 ragazzi dalle primarie fino alle scuole medie, mettendoli in condizione di costruirsi una vita. La missione si regge in gran parte sugli aiuti che arrivano dall’Italia. È cresciuta grazie al passaparola e a chi in questi anni è andato ad “accarezzarla con mano”.
Tra questi, Chiara Caliceti. “Il primo impatto è stato duro. Sono arrivata in una missione che pur avendo le zanzariere alle finestre non aveva l’acqua calda, il cibo era così diverso, gli orari scanditi dal sorgere e dal tramontare del sole e dalle campane. Ma è qui che ho trovato una storia: difficile, ma bellissima. Che richiede tempo per essere assorbita e compresa, soprattutto da chi come me si avvicinava per la prima volta al mondo del volontariato all’estero”, ricorda Chiara al ritorno. Da anni sognava un’esperienza come questa. “Solo chi ha il privilegio di viverla può comprendere il grande valore di un progetto che non vuole sradicare i bambini ma aiutarli a trovare “a casa” la propria strada, con l’onere e l’onore di contribuire alla crescita e al riscatto del proprio paese.”
Chiara è partita dopo aver scoperto il progetto di Gianluca Pellegrinelli, che l’ha preceduta alla
missione. A bordo della sua Vespa Gianluca stava portando un messaggio di amore in giro per il mondo: “Vespup for Africa” il tour Italia – Ghana e ritorno. Un lungo viaggio in solitaria attraverso Francia, Spagna, Portogallo, Marocco, deserto del Sahara, Mauritania, Senegal, Gambia, Guinea, Guinea Bissau e Costa d’Avorio. Con l’obiettivo di promuovere la causa di In My Father’s House. Contagiato dal loro entusiasmo, il fotografo Guido Samuel Frieri, urbinate di nascita e bolognese di adozione, ha deciso di raggiungerli ad Abor. Il suo mestiere è condividere storie, raccontare il mondo attraverso la sua macchina fotografica. Sguardi, espressioni e gesti,
eternamente fissati nei suoi scatti, svelano persone le cui esistenze sono il riflesso della società moderna. “Ho trovato una missione speciale, felice. Una realtà dove la bellezza è sinonimo di coraggio e dignità. È stato bellissimo poter seguire questi bambini di cui ho cercato di trasmettere emozioni, paure, desideri”.
Frieri è riuscito nell’impresa di realizzare il reportage in tempo record, nel gennaio 2023. Nei suoi scatti i veri protagonisti sono loro, i bambini di Abor. Che vivono molto diversamente dai loro coetanei occidentali: senza smartphone, con pochi beni materiali – hanno i piatti ma non le posate – ma tanto altro.
Se è vero che “ci vuole un villaggio per crescere un bambino”, qui accade davvero. Sono loro stessi il villaggio. Guidati dagli adulti, imparano a prendersi cura di sé in comunità. Condividono tutto ciò che hanno con gli altri. La messa di 2 ore abbondanti della domenica e le preghiere quotidiane (mattina e sera) sono per loro momenti di festa, scanditi da canti e balli. Fanno tutto assieme, dal sorgere al calare del sole, e sui loro volti non manca mai un sorriso. Sono bambini sereni, amati, protetti.
“Doveroso un ringraziamento a Bookolica –sottolinea Frieri – che ci permette di proseguire il tour del reportage. Un progetto che si è concretizzato molto rapidamente, visto che sono riuscito ad arrivare ad Abor solo il 19 gennaio e sono rientrato il 28. Di paesi e di bimbi sfortunati ne ho visti tanti e mi è stato subito chiaro che qui, seppur in un contesto difficile, ci fosse qualcosa di magico. L’incredibile alchimia del “Villaggio dei bambini felici”.
BOOKOLICA – IL FESTIVAL DEI LETTORI CREATIVI Bookolica, il Festival dei Lettori Creativi, nasce dalla necessità di scoperta e dalla genuina voglia di incontro, dal desiderio di incanalare una molteplicità di energie e spinte propulsive eterogenee in un’occasione di scambio tra singoli e comunità, con storie, esperienze e linguaggi diversi.
Letture ad alta voce, musica dal vivo, letteratura che fa discutere, laboratori di scrittura, performance teatrali e momenti conviviali in cui autori, artisti emergenti, attori e musicisti mettono a disposizione la propria arte per dare vita a esperienze multi-sensoriali. L’intenzione del festival è mettere l’accento sugli
individui, nella relazione con il contesto ambientale, con la comunità, e nel rapporto con le espressioni d’arte, libri o performance che siano. Far dialogare tra loro i diversi linguaggi della cultura con l’intento di spogliare l’evento culturale dalla sua respingente aura elitaria, per dar luogo a momenti che richiamano alla
condivisione attorno al fuoco, al confronto di esperienze e sensibilità, al racconto come unione partecipata. Incoraggiando l’incontro intergenerazionale, attraverso tecniche partecipative, arti performative e discipline artistiche, l’obiettivo del festival è riscoprire i luoghi che lo ospitano, come libri interattivi da sfogliare, da rileggere e nei quali essere protagonisti consapevoli.
Italia:
Nella Casa Del Padre Mio - Onlus
Via al Torrente 2 - 23823 Colico (LC)
Tel: +39 0341 941111
https://www.casapadremio.org/
Email: info@casapadremio.org
Ghana:
In My Father’s House - Ngo (Padre Giuseppe Rabbiosi)
P.O.BOX AB 83. WEME ABOR - Volta Region
GHANA - West Africa
Per prima in Italia e in tutta Europa, Mantova infrange le barriere della velocità e apre le porte alla fibra ottica a 50 Giga. Mynet ha infatti annunciato di aver completato la prima verifica a livello italiano ed europeo del servizio 50G-PON sulla sua rete in fibra attivata presso l’Università di Mantova, a concreta dimostrazione della continua innovazione e leadership dell’operatore di telecomunicazioni sul fronte dei servizi e delle tecnologie a banda larga in fibra.
Il test, condotto dall’operatore di telecomunicazioni in collaborazione con la Facoltà di Ingegneria informatica ed il Comune di Mantova, inaugura di fatto la nuova era della fibra a 50 Gbps GPON (Gigabit Passive Optical Network) fuori dai laboratori e presso le reti vere dispiegate nelle città: tale tecnologia moltiplica fino a venti volte la velocità massima raggiungibile dalle attuali tecnologie GPON già impiegate commercialmente. La 50G-PON è un tipo di rete ottica passiva (PON) che utilizza una singola fibra ottica condivisa fino a 128 clienti per trasmettere dati ad alta velocità raggiungendo una velocità di trasferimento dati teorica massima di 50 Gigabit al secondo. Al momento la tecnologia principale utilizzata è la GPON 2,5Gbit/s (con alcune implementazioni in limitate città a 10Gbit/s, tra cui Mantova, Verona e Brescia su rete proprietaria Mynet), tuttavia negli
IL TEST, EFFETTUATO IN COLLABORAZIONE CON LA FACOLTÀ DI INGEGNERIA INFORMATICAED IL COMUNE DI MANTOVA, INAUGURA LA NUOVA ERA DELLA FIBRA PER FAMIGLIE E AZIENDE
ultimi anni il rapido sviluppo di nuovi servizi come realtà aumentata, realtà virtuale e varie applicazioni cloud hanno spinto l’acceleratore sull’evoluzione delle tecnologie ad accesso ottico. La stessa Unione internazionale delle telecomunicazioni (International Telecommunications Union - ITU) aveva ufficialmente approvato, a settembre 2021, la prima versione dello standard 50G PON, che oggi viene considerato lo standard principale della tecnologia PON di nuova generazione e può essere utilizzato in vari scenari applicativi come governi, imprese, case e poli industriali.
Uno dei vantaggi maggiori della tecnologia 50GPON è poter fornire gli attuali profili di banda di tipo “ultra-broadband” (da 2,5 a 10 Gbit/s), ma con garanzia fino al 100% della banda minima garantita, fondamentali per le piccole e medie aziende, e servizi con velocità di picco oltre i 10Gbit/s best-effort per la clientela residenziale.
Il test di verifica condotto da Mynet all’Università di Mantova è un passo fondamentale per disegnare il futuro del settore dal punto di vista dell’innovazione tecnologica e dell’esplorazione dei possibili scenari applicativi. Così il Direttore generale di Mynet Giovanni Zorzoni: «E’ un onore per Mynet fare il primo test in campo in Europa della tecnologia 50Gbit/s su fibra condivisa proprio nella città di Mantova e all’interno dell’Ateneo dove si formano quegli ingegneri che poi vanno a contribuire agli standard ITU di cui oggi vediamo applicazione pratica».
BARDOLINO SEMPRE PIÙ SMART:
LA FIBRA OTTICA DI MYNET ACCENDE IL CENTRO CITTADINO E LE AZIENDE Proseguono le attività di Mynet sul territorio comunale di Bardolino: dopo aver ultimato nei mesi scorsi la posa della dorsale in fibra ottica che attraversa il capoluogo e la Gardesana orientale, ed aver collegato al servizio di connettività in fibra con velocità fino a 1 Gigabit/s le principali sedi comunali e scolastiche del borgo, in queste settimane si stanno concludendo le azioni di rilegamento dei cinque totem informativi del Comune posizionati nelle immediate vicinanze del Municipio, della passeggiata Rivalunga, nella frazione di Vela D’Oro Cisano, a Calmasino in Piazzale Combattimento e sul lungolago Mirabello. I nuovi dispositivi offriranno un servizio di divulgazione delle informazioni attivo 24 ore su 24 fruibile dai turisti ma anche dai cittadini, che attraverso i monitor potranno scopri-
re novità e servizi riguardanti l’ente comunale. Sono altresì in corso di completamento le giunzioni stradali per i voucher contrattualizzati nella frazione di Cisano di Bardolino e nella zona artigianale di Strada Campazzi nell’ambito del Piano voucher del MIMIT per le imprese, che punta a favorire la connettività a Internet ultraveloce e la digitalizzazione del sistema produttivo. L’infrastruttura realizzata consentirà il collegamento alla vera fibra ottica di Mynet a tutte le aziende, che potranno accedere al Piano fino ad esaurimento dei fondi, e comunque non oltre il 31 dicembre. L’attribuzione dell’incentivo è finalizzata a valorizzare servizi di connettività a banda ultralarga fino a 1,5 Gbit/s di velocità, ad un costo di attivazione agevolato e mantenendo il canone concordato in fase di sottoscrizione del contratto.
Le richieste di connessione sono già molte, come spiega il Direttore commerciale di Mynet, Giorgio Intonti: «Tutte le aziende del territorio raggiunte dalla rete Mynet possono usufruire di questo voucher che consiste nell’attivazione completamente gratuita di un servizio di connettività con velocità superiore al Giga a prezzi assolutamente contenuti. Tante imprese si sono già rivolte a noi ma vale la pena ribadire che tale opportunità è concentrata solo nel 2023, quindi conviene affrettarsi».
Per prendere appuntamento con lo staff di Mynet è possibile contattare il numero dedicato alle utenze business tel. 045 49 50 447 oppure inviare una mail a sales@mynet.it.
GRAZIE A MYNET HA ORA ACCESSO ALLA BANDA ULTRALARGA
Anche l’ultima area produttiva di Mantova che risultava ancora oggi totalmente digital-divisa è stata finalmente raggiunta dalla fibra ottica: stiamo parlando della zona industriale “Mantovanella”, quartiere di Gambarara, dove Mynet ha lavorato negli ultimi mesi per rendere accessibile la connessione alla banda ultralarga ad aziende e clienti che avevano aderito nei mesi scorsi al Piano Voucher Connettività.
Gli interventi si sono concentrati, in particolare, sulla creazione di una nuova infrastruttura ottica di dorsale proveniente da Sant’Antonio di Porto Mantovano, di una rete di accesso dedicata alla zona artigianale e della relativa estensione infrastrutturale in quei tratti di viabilità che risultavano ancora privi di qualsiasi infrastruttura utilizzabile; ultimo passaggio operativo, la posa degli entranti presso le sedi aziendali dei vari clienti contrattualizzati, completata pochi giorni fa.
Con 5.500 metri di cavo di dorsale posati, oltre 2.500 metri di cavo di accesso, 250 metri di scavi di nuove infrastrutture e 14 nuovi pozzetti posizionati, il progetto condotto da Mynet per la zona industriale di Gambarara si qualifica come un intervento di fondamentale valenza socio-economica: basti pensare che questa zona produttiva di Mantova risultava, fino a ieri, ancora sprovvista del collegamento alla banda ultralarga, essendo così condannata a velocità di navigazione inferiori ai 7 Mbit/s.
«La connettività veloce è un’infrastruttura imprescindibile che accresce la competitività delle nostre aziende – commenta il Direttore generale di Mynet, Giovanni Zorzoni. – La fibra ottica è davvero un vantaggio per tutto il territorio ed è solo grazie alla lungimiranza di amministratori illuminati come quelli del nostro Comune che siamo riusciti ad azzerare i pesanti costi del digital divide per tutte le aree produttive del capoluogo.
Un risultato straordinario se si pensa che solo una manciata di mesi fa queste aziende a stento riuscivano a navigare su Internet o a inviare una semplice mail».
Così Mauro Bergamaschi, CEO di Plastisac, tra le aziende della zona industriale “Mantovanella” raggiunte dalla fibra ottica di Mynet: «Siamo soddisfatti di aver aderito a questo progetto, espressione di una società sempre più interconnessa che consente alle aziende di sviluppare le proprie attività contando su servizi di connettività affidabili come quello di Mynet. I nuovi business di Plastisac, basati su digitalizzazione e sostenibilità, riflettono le nuove frontiere su cui tutte le imprese oggi misurano la propria competitività. La perfetta sinergia tra pubblico e privato, come accaduto in questo caso, consente poi a realtà industriali come la nostra di poter finalmente contare su una sensibilità adeguata».
MYNET PER LO SWITCH-OFF DELLA RETE RAME
NELLA CITTÀ DI MANTOVA
Nel corso della conferenza stampa, il Direttore generale di Mynet Zorzoni ha annunciato l’immi-
nente lancio dello switch-off della rete in rame per tutte le Partite Iva, gli studi associati e le piccole e micro imprese operative nell’area del centro storico di Mantova.
Le pmi che aderiranno all’offerta fibra ottica di Mynet con velocità superiori a 1 Gigabit/s non pagheranno il costo di attivazione. La promozione sarà riservata alle prime 2.000 imprese aderenti (già clienti Mynet oppure di altri operatori). «Questa operazione – ha dichiarato Zorzoni – vale oltre 4 milioni di euro, partirà in aprile e durerà tutto l’anno fino al prossimo 31 dicembre».
Giovanni Zorzoni, Direttore generale di Mynet e Presidente di Mynet Trentino, è stato riconfermato alla guida di AIIP – Associazione Italiana Internet Provider per il biennio 2023-2025. La nomina è stata votata all’unanimità dal neoeletto Consiglio Direttivo, ad esito della partecipata Assemblea Generale tenutasi nel pomeriggio di ieri.
La nuova governance si caratterizza per una forte continuità; oltre a Zorzoni, ad essere riconfermati sono sia il Vicepresidente Giuliano Claudio Peritore (Panservice), sia tutti gli altri Consiglieri uscenti: Antonio Baldassarra (Seeweb), Gabriele Conte (ClioCom), Livio Morina (Airbeam), Marco Fiorentino (Messagenet), Massimo Bartolini (Connesi), Stefano Manuali (Estracom) e Roberto Loro (Dedagroup).
A Loro, già responsabile del Gruppo di Lavoro cloud, è stata inoltre assegnata la seconda Vicepresidenza, con una scelta che conferma la centralità, nelle linee programmatiche di AIIP, dei servizi datacenter e cloud, a fianco dei tradizionali servizi di accesso ad Internet.
Entrano infine in carica come nuovi Consiglieri Thomas Gallo (Lenfiber) e Marco Guglielmi (Axera), per un totale di undici membri, rispetto ai nove della precedente consiliatura. Tale ampliamento, deliberato dall’Assemblea, si iscrive nell’obiettivo di rafforzare ulteriormente la rap-
presentatività del Consiglio, anche alla luce delle recenti adesioni.
AIIP, una tra le più antiche e rappresentative associazioni di operatori di telecomunicazioni italiane, conta infatti attualmente circa sessanta operatori di telecomunicazioni, per un fatturato totale di oltre 1.200 milioni di euro, caratterizzati dall’alto livello di investimenti e dall’ampio paniere di servizi forniti in tutta la Penisola: dalla connettività anche in fibra ottica ultrabroadband e wireless a servizi di data center, cloud, software specializzati ed altri servizi legati alla rete.
Ringraziando i soci per la fiducia nuovamente accordata, Zorzoni ha evidenziato come le scelte dell’Assemblea consentiranno di procedere su tutti i tavoli aperti senza soluzione di continuità rispetto al lavoro della precedente consiliatura, e delineato i prossimi passi di AIIP: «Nelle prossime settimane le priorità saranno il completamento dell’implementazione del parental control per gli associati, la consultazione pubblica per l’analisi dei mercati dell’accesso alla rete fissa di TIM per il periodo 2024-2028 sulla rete dell’ex monopolista e un documento congiunto da presentare al Governo con le nostre proposte di tutela e sviluppo del cloud Made in Italy».
Abbiamo intervistato Marie Redempta che ha ricevuto una delle borse di studio di Fondazione Marcegaglia per intraprendere gli studi universitari in un’importante università del paese. Ci ha raccontato di questa opportunità e dei suoi sogni per il futuro.
Beatrice Villa di Fondazione Marcegaglia: Per prima cosa ti chiedo di presentarti Mi chiamo Marie Redempta Nyiransabimana e ho 23 anni. Vivo a Rilima nel distretto di Bugesera con i miei genitori. La mia è una famiglia umile ma ricca di amore, siamo 7 sorelle femmine e 5 sono già uscite di casa in cerca di mezzi di sussistenza per assicurarsi un futuro.
B.V.: La tua famiglia ti ha incoraggiata negli studi?
Sì, nonostante le difficoltà tutta la mia famiglia mi incoraggia a studiare molto e sono orgogliosi del percorso che ho fatto finora e dell’ammissione all’ALU (African Leadership University), che è una delle università più prestigiose.
B.V.: Negli anni scorsi sei stata beneficiaria del programma School Feeding, cosa ha significato per te?
Il programma School Feeding permette anche agli studenti provenienti da famiglie povere di avere un pasto assicurato a pranzo anche se non possono pagare la mensa. Questo è stato fondamentale per me, per potermi concentrare nello studio senza avere fame e i miei risultati scolastici ne hanno senz’altro beneficiate.
B.V.: Ora, grazie ai tuoi meriti scolastici, hai ricevuto una borsa di studio per frequentare un’università prestigiosa, come vivi questa opportunità?
Sono molto felice e grata per l’opportunità di frequentare una prestigiosa università come la ALU. Sono determinate a studiare sodo e a sfruttare tutte le occasioni di formazione che mi capiteranno. E’ la mia occasione per elevare il tenore di vita mio e della mia famiglia.
B.V.: Perché hai scelto di studiare Entrepreneurial Leadership e quali sono I tuoi sogni per il futuro?
Il tema dell’imprenditoria mi interessa molto e vorrei diventare una donna d’affari e di successo nel mio paese. Mi piacerebbe tra qualche anno diventare di ispirazione per le donne africane per dimostrare che anche una donna che ha umili origini può diventare qualcuno e può contribuire a migliorare la vita delle persone nelle nostre comunità.
INTERVISTA A TITTA, DONATRICE E VOLONTARIA PER PASSIONE
Abbiamo intervistato Gloria Chà, nostra donatrice e volontaria da alcuni anni, che ci ha raccontato come la sua passione per la natura e gli animali l’abbia avvicinata ai progetti della Fondazione in Rwanda e come questo incontro abbia cambiato la sua vita. Beatrice Villa di Fondazione Marcegaglia: Ciao Gloria, raccontaci qualcosa di te Ciao, mi chiamo Gloria, ma tutti mi conoscono come Titta, vivo a Carrara e sono una veterinaria. Lavoro con gli animali da una vita e devo dire che è molto più che un lavoro, direi una passione profonda.
B.V.: E’ stato proprio il tuo lavoro di veterinaria che ti ha avvicinata per la prima volta alla Fondazione, vuoi raccontarci come mai?
Il mio incontro con la Fondazione e con il Rwanda è stato quasi casuale perché la mia amica Chiara (segretario generale della Fondazione), tornata da una delle sue missioni nel paese mi ha raccontato di aver visitato il Volcanoes National Park per vedere da vicino i famosi gorilla di montagna e questo ha riacceso la mia passione per i gorilla e l’ammirazione per la zoologa Dian Fossey. Allora quando Chiara è tornata in Rwanda l’ho seguita con questo forte desiderio di fare l’esperienza del trekking per vedere i gorilla, l’idea era quella di una vacanza alternativa B.V.: Sei andata in Rwanda curiosa dei luoghi e degli animali, ma poi sono le persone che ti hanno stupita più di tutto, è così?
Sicuramente il trekking per visitare i gorilla è stata un’esperienza meravigliosa, però ciò che davvero ha lasciato il segno nella mia vita sono state le visite nei villaggi a contatto con delle realtà per me sconosciute. Credo di aver sempre avuto una certa sensibilità per i temi sociali, però conoscere da vicino una realtà come quella dei villaggi rwandesi e vedere le condizioni di vita delle famiglie è stata un’esperienza molto toccante.
La prima volta a muovermi sono stati la natura e gli animali, ma poi sono tornata tre volte mossa dall’esperienza umana. La cosa davvero commuovente
ed emozionante è stata vedere di volta in volta il cambiamento nella vita delle persone coinvolte nei progetti. Alla fine con poco – un pezzo di terra, una mucca, tre caprette, 50 euro per mettere su un negozio – si assiste ad un vero cambiamento di vita.
B.V.: Raccontaci un aneddoto del tuo viaggio o qualche incontro significativo che hai fatto
Un giorno siamo andati a visitare una famiglia che la Fondazione aveva aiutato nel ricostruire la casa e ricordo come se fosse ora questo bambino che mi è corso incontro e mi è venuto in braccio. Aveva degli occhi profondi che non dimenticherò mai… mi commuovo ancora a parlarne.
B.V.: Come ti ha cambiata questo viaggio e cosa hai deciso di fare al tuo rientro?
Il contatto con queste realtà ti cambia la vita in positivo. Non si sopporta più la superficialità e ci si sente cambiati dentro con la voglia di parlarne e sensibilizzare altre persone. Credo che il mondo del volontariato sia poco pubblicizzato in Italia così molti pensano che i soldi donati ad associazioni e fondazioni vadano nel nulla o vengano sprecati, ma ho visto che non è affatto così.
Così al mio rientro ho scelto di organizzare alcune cene nel mio territorio per parlare dei progetti della Fondazione e per raccogliere fondi in particolare per il Centro per l’Infanzia. E’ stata una grande soddisfazione avere tanti partecipanti e veder crescere la sensibilità. Spero quest’anno di poter replicare questa esperienza.
B.V.: Tu hai visto con i tuoi occhi i progetti e incontrato i beneficiari, spiega a chi ci legge perché è importante destinare il 5×1000 alla Fondazione? Io ho fatto esperienza dei progetti in Rwanda, ma ciò che la Fondazione fa è molto più ampio e riguarda tutte le donne e le famiglie in senso più ampio. Dal mio punto di vista posso dire di aver visto che con poco si può fare tanto, non è uno slogan ma la realtà, perciò anche il piccolo contributo di una donazione o del 5×1000 lascia il segno nella vita di una persona.
(https://www.fondazionemarcegaglia.org/)
Magnifico ed invisibile: lo si sente ma non lo si vede mai. Ma esiste, non è neppure raro, e possiamo considerarlo tra gli esemplari più belli ed eleganti dell’avifauna italiana. In dialetto mantovano è chiamato “galpéder” e pochi conoscono il suo nome corretto: Rigogolo (Oriolus oriolus). Ama gli alberi d’alto fusto, ma trascorre la maggior parte del tempo alla ricerca di cibo fra i rami bassi, al suolo o nel sottobosco, dimostrandosi piuttosto vivace anche se molto timido e facile allo spavento: sparisce nel folto della vegetazione o si allontana in volo al minimo disturbo. Nella sua invisibilità il maschio è molto più appariscente della femmina, il dimorfismo sessuale è molto marcato: giallo oro con ali e parte della coda neri il maschio, giallo verde più mimetico con striature la femmina. A tradire la presenza del Rigogolo sono le note del gorgoglio melodioso del suo breve richia-
CURIOSITA’
mo, oppure la sorta di curioso miagolio che esso emette nel periodo della nidificazione quando veglia sul suo inconfondibile nido sospeso tra due rami a forma di amaca. La sua alimentazione selettiva ne ostacola il mantenimento e la diffusione in cattività, limitandone la conoscenza. Staziona da noi durante il periodo caldo, poi la migrazione autunnale lo porterà in Africa; i rari fortunati lo potranno rivedere solo alla primavera successiva.
Tra simboli massonici e percorsi iniziatici, molti giardini d’Italia nascondono atmosfere stravaganti, in cui il mistero e l’esoterismo si rincorrono, restituendo al visitatore in cerca di atmosfere soffuse e incantate esperienze dense di fascino. Si tratta di parchi e giardini nati dall’esigenza di esprimere la fantasia più sfrenata. Lo scettro dei parchi
La Giornata Mondiale dedicata agli oceani, quest’anno, può finalmente celebrare un traguardo fondamentale per la protezione degli ecosistemi marini. Le Nazioni Unite hanno siglato il “Trattato di alto mare”, con il quale si è finalmente concordato a livello internazionale di proteggere la porzione di mare al di fuori dei confini giuridici nazionali e quindi al di fuori delle zone di sfruttamento economico dei Paesi che si affacciano sul mare. Il Trattato ha finalmente riconosciuto dunque che non esiste negli oceani una sorta di “terra di nessuno” non soggetta a effettiva regolamentazione: si tratta di 240 milioni di chilometri quadrati, il 64% della superficie degli oceani e quasi il 50% della superficie dell’intero Pianeta, una distesa immensa. Ci sono voluti quasi due decenni per arrivare a fare questo accordo, dati gli ingenti interessi economici che insistono su questa metà del Pianeta.
Continua ad aumentare in Italia la superficie forestale gestita in maniera sostenibile. Nel 2022 si è passati dagli 892.609 ettari del 2021 ai 925.609 (di cui 8.554,55 di pioppeti) con un incremento di 33.000 ettari, pari al 3,7% in più. Sono 14 le regioni che hanno almeno una foresta certificata, con il Trentino Alto Adige che conferma la superficie più vasta. Sono i dati che emergono dal nuovo Rapporto Annuale del PEFC Italia, (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes, cioè il Programma di certificazione forestale
più strani d’Italia spetta senza dubbio al Parco dei Mostri di Bomarzo. Nel cuore di Viterbo, nel XVI secolo il principe Orsini decise di far emergere dagli enormi massi di piperno che erano nelle sue proprietà delle creature e scene che rievocassero i più affascinanti protagonisti della mitologia.
Le immagini del Canal Grande diventato improvvisamente verde brillante il 28 maggio scorso, hanno fatto il giro del mondo, allarmando istituzioni locali e residenti. Nei video si vedevano i gondolieri navigare in acque fosforescenti mentre i turisti fotografavano l’enorme chiazza verde dal Ponte di Rialto. C’è chi ha sospettato gli attivisti per il clima che imbrattarono con del liquido nero la Fontana di Trevi a Roma, ma secondo le indagini non sembrano essere loro i responsabili. Le autorità locali hanno scoperto che il liquido è fluoresceina, una sostanza non tossica utilizzata per scopi scientifici. Da dove provenisse il colorante e come fosse finito nelle acque del Canal Grande, resta tuttavia un mistero. Nel 1968, l’artista argentino Nicolás García Uriburu mise della fluoresceina nell’acqua per attirare l’attenzione sul rapporto tra natura e civiltà durante la 34a Biennale di Venezia.
promotore della certificazione della buona gestione del patrimonio forestale). Il conflitto in Ucraina e la mancata importazione di legname da questa regione ha promosso ulteriori investimenti nella piantumazione di nuove aree forestali a tutto beneficio del nostro patrimonio verde. L’utilizzo massivo di legname e carta ha portato, come sappiamo, a un progressivo disboscamento a livello globale: il ritmo di taglio non ha rispettato quello di crescita ma lo ha sorpassato nettamente, devastando ettari ed ettari di foreste. Da allora si è avuta una serie di rovinosi effetti a catena. Di fronte a una situazione sempre più disperata e, quindi, alla necessità di imporre regole chiare e condivisibili, sono nate associazioni di tutela delle foreste e organismi di certificazione come PEFC. Questi Enti pilotano
una gestione boschiva sostenibile che rispetta piante e animali che abitano nella foresta, tutela la biodiversità di ciascun habitat, rispetta il naturale ritmo di crescita della foresta e, in base a questo, armonizza il ritmo dei tagli, impone che le aree soggette a taglio vengano rimboschite o, ancora meglio, rigenerate naturalmente. La procedura di verifica conduce al rilascio di un attestato a favore dell’ente gestore: la certificazione PEFC appunto, o certificazione della gestione forestale; questo documento diventa così un attributo di valore per la materia legnosa ricavata, e destinata a diventare carta o prodotto in legno.
PROTAGONISTE LE REALIZZAZIONI FOTOGRAFICHE
DEL RICERCATORE NATURALISTA DAVIDE MEGGIORINI
Cos’è la fotografia naturalistica? E per quale motivo fotografare la natura? Non solo una passione e un’arte, nel nuovo millennio la fotografia naturalistica si è confermata essere un mezzo potentissimo per narrare e raccontare la biodiversità del nostro pianeta: un mix di scoperta, emozione e divulgazione. L’elevata professionalità dei suoi cultori e i futuristici mezzi tecnologici di cui essi oggi possono avvalersi sanno condurre a risultati di notevolissima qualità artistica. Interessante è però anche il salto culturale che sta prendendo sempre maggior piede presso i fotografi naturalistici: la consapevolezza che l’estetica, la luce, le nuove tecniche di post-produzione sono fattori e strumenti essenziali per realizzare eccellenti fotografie, ma che al centro ci devono essere sempre la specie o l´habitat che si vuole raccontare e far conoscere, privi di artifizi digitali, ripresi con la massima naturalità e il minimo impatto possibile. La consapevolezza che prima dello scatto c´è la conservazione e la tutela della natura; una fotografia quindi più complessa ed evoluta. I fotografi naturalisti più accreditati sanno raccogliere la sfida che, oltre ad un generico rispetto per la natura, porta a dare un contributo attivo alla ricerca scientifica, all’educazione e alla sensibilizzazione ambientale. Tutto questo si è colto nelle opere di Davide Meggiorini, esposte nella suggestiva palazzina di caccia gonzaghesca del Bosco della Fontana a Marmirolo (Mn) dal 24 giugno al 2 luglio, in una sua mostra denominata ad hoc “Aves”. Davide, una laurea magistrale in Scienze Naturali, nonostante la giovane età (classe 1993) ha già all’attivo un’intensa collaborazione in progetti di ricerca naturalistica con Enti pubblici e privati in molte regioni italiane, e vari suoi articoli scientifici sono stati pubblicati sulle riviste del settore. Le sue fotografie, una passione ritaglia-
ta all’interno della sua operatività, hanno avuto vari riconoscimenti in concorsi italiani ed esteri. Chiediamo direttamente a lui un commento sulle sue realizzazioni.
Davide nelle opere esposte in “Aves” quanto c’è di arte e quanto di scienza? Che messaggio vogliono comunicare? Se dovessi esprimermi in percentuali, direi 40% arte e 60% scienza. L’opera coglie l’occhio dello spettatore, lo induce ad avvicinarsi, a porsi delle domande e soprattutto a leggere le informazioni relative al soggetto raffigurato. Tutto ciò che troviamo scritto è il risultato dell’incredibile sforzo di molte persone che operano, ormai da anni, in questo settore e che ogni giorno ampliano le conoscenze relative all’avifauna man-
tovana. L’importanza di tenere traccia di queste informazioni, sia del passato che del presente, ci rende più consapevoli dei grandi cambiamenti in atto. La scelta artistica di sfondi monocromatici, bianco e nero, cela in sé un messaggio. Siamo, oggigiorno, d’innanzi ad una costante distruzione, alterazione e frammentazione degli habitat che risulta essere una delle principali minacce per la biodiversità. Quindi, assunto questo, ho voluto escludere questo elemento per inviare un segnale d’allarme, perché in futuro, senza un luogo dove vivere, molte specie scompariranno e questi animali raffigurati non saranno altro che dello stesso colore dello sfondo, bianco o nero.
Come sono state realizzate le foto? Dove sei riuscito a documentare tutti questi animali? A partire dal 2020, anno di inizio del progetto, ho avuto la possibilità di documentare più di 70 specie di uccelli. Questo è stato reso possibile dalla collaborazione con il CRAS di Parcobaleno e le stazioni di inanellamento scientifico delle Valli del Mincio e del Parco San Lorenzo di Pegognaga. Qui attraverso una serie di box, dove veniva applicato un pannello bianco o nero, venivano fotografati i vari soggetti cercando di arrecare il minor disturbo possibile. Fondamentale è stato anche uno schema di flash e diffusori che aiutava ad enfatizzare il soggetto e separarlo dallo sfondo.
Oggi un ricercatore naturalista riscontra presso i vari Enti una reale volontà politica di miglioramento ambientale? Esistono progetti ambientali di cui certamente fauna e flora potranno beneficiare?
Il discorso è molto complesso e non riassumibile in poche righe. Possiamo dire che una reale e concreta volontà, legata al miglioramento ambientale, non c’è o meglio appare solo nel momento in cui il cittadino si rende consapevole di quello che accade ed è presente intorno a sé. Questo progetto, infatti, vuole essere un primo passo verso la sensibilizzazione e la divulgazione delle bellezze, ma anche delle criticità, presenti nella provincia di Mantova. Così da permettere un maggior investimento nei progetti di conservazione del patrimonio natu-
ralistico che celermente muta intorno a noi. Per quanto riguarda i progetti di miglioramento ambientale, nel nostro territorio sono presenti, ma purtroppo sono affiancati da altrettanti progetti che ne inficiano il risultato finale.
Hai intenzione di fare altre mostre in futuro? Credo proprio di si, questa è stata la mia prima mostra. Sicuramente la prossima sarà più incentrata sulla fotografia di reportage di alcuni temi trattati, ma l’idea di fondo sarà sempre impostata sulla divulgazione e la conservazione della biodiversità. Ora mi prenderò una piccola pausa per organizzare i prossimi progetti, ma colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato nella realizzazione di questo lavoro.
È proprio nel cuore delle Alpi francesi che l’Acqua Termale di Uriage viaggia per ben 75 anni attraverso i vari strati rocciosi. Col passare delle stagioni, si arricchisce di minerali e oligoelementi. Uriage ha creato una vasta gamma di trattamenti solari all’avanguardia dell’innovazione tecnologica per assicurare un’elevatissima sicurezza protettiva, texture molto gradevoli e adatte a tutti i tipi di pelle ed esigenze. La gamma Bariésun è in grado di associare un sistema di filtri ad alta efficacia con le proprietà dell’Acqua Termale di Uriage per proteggere la pelle e prevenire i danni cellulari causati dai raggi UVA e UVB. Il brevetto [BARIESUN] forma un potente film protettivo sulla pelle che permette di limitare la penetrazione dei filtri nella superficie dell’epidermide e ottimizza la fotoprotezione.
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Keramine H, marchio SOCO dedicato alla cura dei capelli, amplia la sua offerta Biologica Certificata CCPB con la nuova linea Anticaduta. I prodotti sono certificati da CCPB (Organismo di Controllo e Certificazione Prodotti Biologici; sono prodotti vegani; il 98% degli ingredienti è di origine naturale; le formule sono senza SLES, PEG, Petrolati, Sale aggiunto e OGM per rispettare la naturalità della formula. E infine: il Made in Italy. I prodotti e i materiali di packaging sono prodotti in Italia. Il packaging è eco-friendly e rispecchia la filosofia della linea: flaconi e tubi sono in parte composti da plastica riciclata. Il materiale pubblicitario deriva da fonti rinnovabili certificate. https://www.socostore.it/
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Un’attività fisica costante e regolare può ridurre il rischio ictus? Ne parliamo con Mauro Silvestrini, Direttore della Clinica Neurologica e Stroke Unit dell’AOU Ospedali Riuniti di Ancona e Presidente di A.L.I.Ce. Marche. Passeggiare, salire e scendere le scale, non prendere l’ascensore, utilizzare la bici al posto dell’auto per gli spostamenti più brevi, ballare, fare lavori domestici e giardinaggio: queste alcune delle attività da compiere ogni giorno per mantenerci in salute, arrivando a quei 30 minuti di attività fisica aerobica che sono sufficienti per sfruttare al meglio gli effetti protettivi del movimento. La scarsa
attività motoria, oggi, è considerata tra i fattori di rischio più importanti per tutte le patologie vascolari, tra le quali l’ictus, e per le malattie croniche quali diabete, obesità, neoplasie, depressione, osteoporosi. Uno stile di vita sano (smettere di fumare, raggiungere e mantenere il peso forma, mangiare in maniera equilibrata e svolgere regolare attività fisica) incide notevolmente sull’aspettativa e la qualità di vita: il livello di attività fisica è inversamente proporzionale alla probabilità di ammalarsi di ictus, infarto cardiaco e altre patologie circolatorie sia negli uomini che nelle donne e il rischio di morte conseguente a queste malattie è
di 5 volte maggiore nei soggetti inattivi rispetto a quelli che praticano una attività fisica regolare. Il cervello trae maggior beneficio da attività aerobiche come il nuoto, la camminata, la bicicletta, il pattinaggio o lo sci di fondo che permettono di allenarsi in maniera graduale.
Il massimo giovamento si ottiene impegnandosi per 30 minuti al giorno preferibilmente almeno 3-4 volte a settimana. Sono invece sconsigliati, soprattutto dopo i 45-50 anni, gli sport che richiedano sforzi ripetuti di elevata intensità e in generale le attività anaerobiche.
a cura della dott.SSa roSa peroSi
Durante il normale ciclo mestruale, l’endometrio, tessuto che riveste l’utero, si ispessisce e si prepara per accogliere un possibile impianto di un ovulo fecondato. Se la gravidanza non si verifica, si sfalda e viene eliminato attraverso il flusso mestruale.
Nelle persone affette da endometriosi, il tessuto endometriale cresce al di fuori dell’utero e risponde ai cambiamenti ormonali, ma non potendo essere espulso dal corpo può causare infiammazione, formazione di aderenze, cicatrici e, a volte, intensi dolori durante i rapporti sessuali.
Provate a pensare: il solo pensiero di dover soffrire durante un rapporto sessuale (un atto che dovrebbe essere piacevole, appagante, di abbandono e di unione tra due partner) non fa certo venire quello slancio e quella intraprendenza necessaria ad accendere la miccia che sfocia in una notte di passione, vero?
Ecco, chi soffre di endometriosi, si trova a vivere proprio questa condizione di dolore, con un impatto significativo sulla qualità della propria vita.
Le giovani ragazze che si apprestano a vivere la sessualità, è importante che sappiano che i dolori mestruali e i dolori durante i rapporti sessuali non sono normali e quindi non vanno taciuti. L’endometriosi può interessare la donna già alla prima mestruazione e accompagnarla fino alla menopausa e, tra i diversi sintomi, si possono verificare anche disfunzioni sessuali
come perdita del desiderio, dell’eccitazione, difficoltà nel raggiungimento dell’orgasmo o insoddisfazione, dispareunia che spesso portano a rinunciare al rapporto sessuale, proprio per la paura di soffrire.
A volte le ragazze, prima di arrivare ad una diagnosi certa, attribuiscono il proprio dolore a cause psicologiche ed hanno l’impressione che il dolore percepito sia solo nella propria testa, arrivando a sviluppare effetti negativi sulla coppia, perdendo in autostima e vivendo la relazione sentimentale con sofferenza. Inoltre, capita spesso che le difficoltà della donna nell’avere rapporti sessuali possano creare sintomi disfunzionali anche nell’uomo, come: caduta del desiderio, difficoltà di mantenimento dell’erezione, eiaculazione precoce, creando di fatto un circolo vizioso di mantenimento del problema, anche perché l’uomo, non conoscendo fino in fondo le oggettive difficoltà della partner, a volte, potrebbe vedersi come causa del problema, vivendo uno stato di frustrazione e senso di impotenza. La paura di provocare dolore, in alcune occasioni, potrebbe anche indurlo ad evitare la penetrazione.
Nelle donne si possono verificare atteggiamenti fobici e comportamenti di evitamento dell’attività sessuale e conseguentemente per la paura di abbandono, si possono sviluppare sentimenti depressivi, di autosvalutazione e di colpa. Di conseguenza può succedere che le donne abbiano rapporti sempre meno frequenti con ovvie ripercussioni sulla qualità della relazione di coppia. Come vedete, nonostante l’endometriosi sia una patologia organica, può inficiare la relazione di coppia, ecco perché è importante
intraprendere una terapia sessuologica che permetta di interrompere gli evitamenti riconoscendo i meccanismi associati.
Discutere, parlare, confrontarsi con il partner sulle difficoltà vissute, porta alla ricerca di soluzioni.
Alcune possibili soluzioni potrebbero essere quelle di:
- dare maggiore spazio alla fase preliminare del rapporto che rappresenta un momento cruciale per rilassare la muscolatura;
- prendersi del tempo per affrontare l’argomento nella coppia, perché la difficoltà di comunicazione nella coppia rappresenta una delle primissime cause di rottura nella relazione, non solo in caso di endometriosi, ma in generale. Parlarsi in maniera efficace e soprattutto in modo sano, aiuterà a capire le necessità di ciascuno e a mettere a nudo le paure e i desideri;
- creare le condizioni ottimali del momento in cui avere i rapporti perché la fretta, a maggior ragione in questi casi, può aumentare il dolore. Oltre a questo, non smetto di sottolineare l’importanza di essere seguiti da equipe multidisciplinari comprendenti ginecologi, sessuologi, psicologi e fisioterapisti.
Apro questo argomento permettendomi una personale riflessione. Affronteremo ora un tema spesso troppo utilizzato sia dal paziente che dagli operatori del settore (medici, terapisti, chinesiologi) come fonte o causa delle disfunzioni del rachide in genere. Qualsiasi attività lavorativa, deve essere vista come fattore di rischio per la colonna vertebrale, tanto quanto lo è il colesterolo per l’infarto cardiaco. Se così non fosse, gli operatori edili avrebbero tutti il mal di schiena (con i carichi che sollevano!) mentre gli impiegati nulla di ché. La realtà è invece ben diversa, anzi! Sono di gran lunga le posizioni che si assumono e si mantengono durante il lavoro che influiscono molto più negativamente sulle disfunzioni rachidee, e non gli sforzi che il lavoro stesso comporta. Da qui la necessità di allenare il più possibile il nostro “sistema corpo”; la staticità di una attività lavorativa sedentaria con un buon programma di movimento tonificante, la dinamicità di un lavoro pesante con un programma di mobilizzazione articolare e muscolarmente elasticizzate. Insomma, se non avete fretta di invecchiare, muovetevi!
Sollevare pesi
Nell’apprendere la tecnica corretta di sollevamento, è necessario memorizzare perfettamente cinque regole:
l. piegare le ginocchia;
2. mantenere la colonna allineata;
3. tenere il peso il più possibile vicino al corpo;
4. evitare le torsioni del busto;
5. evitare i movimenti bruschi.
Piegare le ginocchia
Farlo quanto è sufficiente per posizionarsi all’altezza migliore per impugnare l’oggetto e con gli arti leggermente divaricati. Se l’oggetto da sollevare è pesante, è meglio non sollevare i talloni dal suolo, riuscendo quindi più facilmente a mantenere l’equilibrio ed evitando quegli sforzi enormi ed incongrui che derivano da una brusca perdita di controllo della propria posizione.
Mantenere la colonna allineata
Il busto può rimanere eretto o inclinarsi in avanti, ma in ogni caso è essenziale cercare di mantenere la lordo si lombare fisiologica. Invece di flettere il rachide lombare, la flessione avviene esclusivamente a livello delle anche e delle ginocchia.
Tenere il peso vicino
È fondamentale non allontanare il peso, per non aumentare il braccio di leva. Questo va messo in pratica sia impugnando lo, sia sollevandolo, che trasportandolo.
Evitare le torsioni del busto
È sufficiente spostare un piede o semplicemente ruotarlo per evitare questo movimento molto rischioso.
Evitare i movimenti bruschi
Ci si può muovere rapidamente, ma è necessario evitare accelerazioni improvvise. In questo modo si ridurranno le probabilità di farsi del male.
Altri consigli
Per sollevare oggetti leggeri, è possibile anche fare un affondo in avanti, o sollevare la gamba dietro per equilibrare il peso del corpo e mantenere il rachide allineato. Quando l’oggetto da spostare si trova in alto, sollevando le braccia si rischia di inarcare eccessivamente il tratto lombare: è consigliabile salire su uno sgabello o una scaletta, e quando non è possibile contrarre almeno la muscolatura addominale per evitare l’antiversione del bacino.
Bisogna in ogni caso ricordare che, se il peso è troppo elevato per le proprie capacità, una tecnica corretta di sollevamento non mette comunque al riparo da rischi e danni.
Per trasportare borse o valige, bisogna cercare di distribuire il peso su entrambe le braccia: ad esempio, dovendo affrontare un viaggio in treno, meglio partire con due borsoni che con un’unica valigia molto pesante.
Sollevare e gestire i bambini
Quando il bambino è molto piccolo lo si solleva e riadagia spesso nella culla o nella carrozzina: bisogna fare attenzione ad avvicinarsi il più possibi-
le al bambino flettendo le ginocchia e spostando indietro il bacino. Quando lo si deve afferrare da lontano (p.e. se si trova sul seggiolino per bambini al centro del divano posteriore di un’auto a tre portiere), allora è utile portarlo in primo luogo contro di sé flettendo gli arti superiori, in modo da abbracciarlo (cosa piacevole per il bambino, per la mamma e per la sua schiena) e, tenendo il dolce peso il più vicino possibile, ci si rialza o si compie il movimento necessario. Nell’esempio dell’auto, fondamentale è anche l’affondo in avanti.
Per cambiare ed accudire un bambino è necessario servirsi del fasciatoio, ormai in commercio ovunque, e non del letto come spesso facevano le nostre nonne. Se si è sprovvisti di un fasciatoio, è meglio appoggiare il bambino su un tavolo abbastanza alto.
Per fargli il bagnetto, è fondamentale mettersi in ginocchio davanti alla vasca, e non seduti sul bordo, perché diventa indispensabile flettersi per sostenere il bambino e lavarlo.
Quando il bambino è grandicello e lo si mette a dormire nel lettino, al momento di sollevarlo biso-
gna chiedergli di alzarsi in piedi per poterlo prendere più da vicino; in questa occasione, si flette il meno possibile la schiena e si compie tutto lo sforzo con le braccia, flettendole e portando il bambino contro il petto; se lo si adagia mentre sta già dormendo, occorre piegare il più possibile le ginocchia. Il passeggino è generalmente piuttosto basso, per cui è necessario piegare le ginocchia per accudire il bambino. È importante, inoltre, controllare che l’impugnatura sia alla giusta altezza, per evitare di incurvarsi in avanti per spingerlo. Considerato il sovraccarico che grava sulla schiena, è opportuno trovare degli stratagemmi per evitare di tenere a lungo in braccio il bambino. Nel caso in cui sia ne-cessario, è meglio metterlo a cavalcioni sul fianco, cambiando lato ogni tanto. Una buona soluzione è quella del marsupio, perché mantiene il carico aderente al corpo. Quando il bambino diventa più pesante è meglio portarlo nello zaino, oppure portarlo sulle spalle. Per far sedere il bambino nel seggiolone è utile mettersi posteriormente, in modo da tenere il bambino ben vicino al proprio corpo.
di elena mantesso
Èun tempo strano quello che palpita attorno a noi. Uno spazio accelerato dentro al quale le azioni di cura scorrono frenetiche, un luogo senza domande, troppo spesso abitato dal “si è sempre fatto così”. Un non-luogo nel quale si crede che la qualità sia possibile solo quando si aumentano le risorse, un non-luogo nel quale nessuno si “ferma” più a dare vita a pensieri originali, profondi, impensati (pensare l’impensabile è anche per il mondo socio-sanitario la sfida). I problemi scorrono veloci sullo schermo della mente. Così veloci da costruire in noi l’idea che l’identità della cura sia il “soluzionificio”: banali e quotidiane soluzioni cerotto per problemi complessi. Qualcuno dice che le residenze per anziani siano destinate a sparire perché in crisi economica. La crisi più profonda è quella che nasce dalla povertà della cultura della Cura, della costruzione di Futuro, di progetti per anticiparlo e abitarlo, di processi per andare nella sua direzione, di indicatori di risultati e processi da monitorare.
Il “come” organizzativo è lo stato nascente del “come” del gesto che Cura. Esattamente come viene indicato nelle linee guida per la cura del Center for Research on Chronic Illness delll’Università del Nord Carolina “Attività che ci concentrano sulla relazione piuttosto che sul compito possono ridurre significativamente il disagio ed il comportamento aggressivo del paziente ed aiutare a promuovere una relazione terapeutica tra assistente e paziente”. Il dott. Dator, responsabile della Scuola di Manoa sul Futuro, ci mette in guardia dal futuro che prende vita dalla continuazione del presente e per farlo ci ricorda che quando pensiamo al futuro dobbiamo dare vita a tre pensieri: alle cose che sappiamo di sapere, alle cose che sappiamo di non sapere, alle cose che non sappiamo di non sapere. Nelle nostre residenze per anziani servono leader capaci di prendere consapevolezza delle cose che sanno di non sapere. Futuro allora è la sfera del
possibile, del non ancora. Il passato invece la sfera dell’immutabile, del già visto, già accaduto.
DAL FARE ALL’ESSERE IN RELAZIONE
Le nostre residenze hanno bisogno di pensare di più, di uscire dalla ripetitività del “si è sempre fatto cosi”, “abbiamo sempre scritto cosi”. E’ tempo di creare incontri che aiutino tutti i professionisti a pensare, a rigenerare il senso ed il significato dell’agire. Abbiamo bisogno di re-inquadrare la realtà della cura. Forse quando la pensiamo potremmo iniziare a immaginarla non solo fatta di gesti di profonda essenza umana. Forse la potremmo in queste occasioni scrivere con c maiuscola: la Cura. Ed allora prendersi cura dell’anziano? Siamo sicuri che la relazione con l’altro possa essere degnamente interpretata dal verbo “prendere”? “Ridurre in suo potere” suggerirebbe l’etimo. Verbo legato alle cose “prendere il giornale, il telefono, l’acqua…”. Acciuffare, acchiappare un oggetto in movimento. Oppure può diventare “avere cura”. Dove il senso della cura inizia dal professionista che ha un pensiero di cura per sé stesso. Ciascuno di noi è chiamato a riempire di senso la propria attività professionale. Ma ancor prima ciascuno di noi è chiamato a dare un senso all’esistere ed al proprio divenire. Come dice la prof.ssa Luigina Mortari, grande studiosa italiana di cura, “dare forma al proprio divenire significa aver cura della vita”. ll filosofo Heidegger ripeteva “Ognuno è quello che fa e di cui si prende cura”. La cura diventa allora il laboratorio dell’essere. Dell’essere noi stessi in relazione con l’altro, è dare valore e proteggere la vita e la sua possibilità di esistere nell’espressione della sua libertà, individualità, fragilità.
A cura del Team Sente-mente®: interventi di confronto, crescita, sviluppo, sostegno e allenamento per uscire dallo stato di impotenza e per allenare la resilienza. Contenuti per: persone che vivono con la demenza, carepartners, professionisti della cura e della relazione, leader di servizi socio-sanitari. Se vuoi acquistare “Le carte per accendere la resilienza, esperienze per residenti, professionisti, volontari, famiglie e organizzazioni felici” di Letizia Espanoli e Elena Mantesso, Editrice Dapero, visita il sito: www. editricedapero.it/prodotto/le-carte-per-accendere-laresilienza. Siamo sicuri che grazie a questo mazzo di carte e alla tua creatività in azione potrai ingaggiare, valorizzare e offrire spazio alle tue emozioni ed ai tuoi valori. Vuoi iscriverti all’esclusiva newsletter di Sente-mente®? Scrivi a info@letiziaespanoli.com riceverai idee, riflessioni, materiale di approfondimento e contenuti speciali. Inoltre sarai aggiornato su tutte le opportunità formative del modello. Vuoi iscriverti alla Scuola di Formazione per l’allenamento delle tue soft skills?
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PER PORTARE RISULTATI NELLA NOSTRA VITA NON DOBBIAMO RIDURRE LE DIFFICOLTÀ, MA DOBBIAMO AUMENTARE LE ABILITÀ. LEtIZIA ESpANOLI
DALLA CONOSCENZA
ALLO SVILUppO DELLE COMpEtENZE
Quando la formazione non è altro che un insieme di «corsi» per gli OSS, oppure per gli infermieri per accumulare crediti, rischia di condurre l’organizzazione in uno dei malesseri oggi più diffusi, ovvero l’«indigestione da formazione» e/o l’arroganza di «sapere già». Ma come board dell’organizzazione ho il dovere di chiedermi: riempio la tua mente di contenuti o ti alleno per sviluppare nuove competenze emotive e relazionali? Se nessuno cambia l’essenza che origina il problema, come si sentirà l’operatore? Tradito dalla formazione, illuso e abbandonato. La formazione diventa «nutriente» solo quando si allinea all’allenamento di abilità e competenze nell’intero team (dal board a chi si occupa di servizi generali) e viene costruita in linea con gli obiettivi di sviluppo umani, organizzativi, gerontologici del team.
Nitida, chirurgica, affilata. La bacchetta prodigiosa di Kirill Petrenko è, sì, tutto questo al suo sommo grado, ma anche l’esatto opposto. Un abbraccio avvolgente, irresistibilmente morbido, magnificamente seduttivo, capace di sorprenderti senza sosta. Nel suo gesto convivono un maniacale senso della misura ed un incontenibile invito alla danza. Irrequieto, gioioso, immerso in ogni singolo frammento di musica a cui dà vita, lo scorso 26 maggio il direttore siberiano che dalla Stagione 2019/2020 è alla guida dei Berliner Philarmoniker ha firmato, in un Teatro Grande di Brescia praticamente sold out, una di quelle serate di grazia destinate a rimanere a lungo nella memoria di un ascoltatore. Con lui, sul palco, l’Orchestra Filarmonica della RAI di Torino, letteralmente contagiata dalla sua bacchetta taumaturgica. Fiati evocativi, corno inglese da applausi, archi sempre plastici, percussioni spiritate. Sul leggio, il grandioso affresco dei Drei Orchesterstücke op.6 di Alban Berg e la Lemminkinen Suite op.22 di Sibelius.
Il sommozzatore Jonas Taylor guida una squadra di coraggiosi esploratori nelle profondità più recondite dell’oceano. Il loro viaggio si trasformerà in una spirale di caos quando una diabolica operazione mineraria minaccerà la loro missione e li costringerà ad una rischiosa lotta per la sopravvivenza. (Fonte: movieplayer.it)
Pamfir vuole essere un rispettabile padre di famiglia. Costretto dalle circostanze, è costretto a rinunciare a un onesto guadagno per aiutare la sua famiglia (Fonte: movieplayer.it)
di elena kraube
Un fratello e una sorella sono vicini alla cinquantina. Alice è un’attrice, Louis è stato un insegnante e un poeta. Non si parlano più e si evitano da oltre vent’anni, ma la morte dei genitori li costringerà a incrociarsi. (Fonte: movieplayer.it)
Tre fratelli si trovano a tirare a sorte, proprio il giorno di Natale, per decidere chi, tra loro, dovrà sacrificarsi e donare un rene per salvare la vita al padre. (Fonte: movieplayer.it)
di elide berGaMaSCHi
Ingenuo, spaccone, sognatore, rissoso, maldestro, disilluso. Nella maschera di Charlie Chaplin c’è in filigrana ciò che può ben rappresentare la quintessenza del nostro immaginario contemporaneo, colto con lo sguardo visionario del profeta.
Charlot è lui, Charlot siamo noi. Lo scorso 11 giugno, in pomeridiana, l’alone magico e inafferrabile del patriarca del cinema è approdato nello scrigno del Teatro Bibiena con “Chapliniana”, una preziosa operazione di rievocazione e rammendo - su pellicole di e con Chaplin quali ”Caught in a cabaret” di Mabel Normand e la struggente “The vagabond” dello stesso Charlot - tra parola e musica curata da Rossella Spinosa e in questi mesi in tour a spasso per la Lombardia. Con lei, a dare sapore e sostanza al fugace scorrere delle immagini su maxischermo posizionato sul palco, l’Orchestra di Bellagio e del Lago di Como diretta da Aleandro Calcagnile. Una manciata di archi, alcune percussioni, un pianoforte: bastavano questi ingredienti essenziali a disegnare, con la discrezione e il pudore elevate a scelte poetiche, il perimetro emotivo attraverso cui Spinosa, qui nella duplice veste di pianista e di compositrice, ha immaginato lo specchio continuamente cangiante del teatro chapliniano.
Quando la Stagione degli Amici della Musica di Lodi era, sulla via per Milano, tappa obbligatoria per i grandi nomi del concertismo internazionale, capitava di trovare in cartellone un distillato del meglio di un’intera epoca. Ne è prova lampante il prezioso live che Da Vinci Classics, non senza una punta di legittimo orgoglio, ha recentemente pubblicato: un doppio CD dedicato all’ultimo Richter. L’intero concerto tenuto dal pianista sovietico al Teatro alle Vigne nel febbraio del 1989 e il suggello della seconda Sonata di Szymanowski, eseguita cinque anni prima a Bergamo. L’istinto straripante del titano qui sembra inabissarsi nel solco di un’indagine sulla carne viva del tasto, a scandagliare la frase per restituirla snudata di qualsiasi orpello. Tracce da percorrere e ripercorrere, in ordine preciso, in ordine sparso, cogliendone i fili di un logos incrollabile capace di annodare i mondi di Bartók, Shostakovich, Stravinsky, Hindemith e il prediletto Prokofiev, in un’ideale, somma galleria del Novecento.
Si definisce un messaggero divulgatore di bellezza e armonia del mondo delle arti. Per Massimo Riccò pittore modenese classe 1961, il vero artista è un pensatore libero che rifiuta l’omologazione di massa, non si accontenta di risposte preconfezionate, e riesce a vedere il mondo da più punti di vista. Esprimendo il proprio talento attraverso la sua arte diffonde questo concetto e contribuisce a stimolare nelle persone opinioni e libertà di espressione. Noi lo abbiamo intervistato nell’ex refettorio mona-
stico dell’Abbazia del Polirone nel mantovano dove esponeva. Afferma l’artista: “Quando le persone si confessano emozionate davanti ad una tua opera l’obiettivo è stato raggiunto”.
Come si è appassionato alla pittura?
“Ho iniziato ad affinare la tecnica del disegno tecnico e a mano libera all’età di 25 anni circa, lavorando con matite e carboncini. Ho iniziato ad acquistare libri d’arte principalmente del novecento, venendo a conoscenza del movimento impressionista e postimpressionista dei quali mi sono innamorato. Da allora non ho mai abbandonato questo mondo avvertendo l’esigenza di farne parte attivamente”.
Quali corsi ha seguito e con quali maestri?
“Sono autodidatta e consapevole delle mie lacune a livello artistico, ho frequentato la bottega di un pittore espressionista modenese, convertitosi per necessità commerciali alla figurazione. Acquisendo dalla sua esperienza la capacità di sintesi e come dare forza ad un’idea, ho iniziato ad elaborare il mio linguaggio artistico”.
Cosa preferisce dipingere e perché?
“Non è tanto importante il soggetto quanto l’armonia cromatica che invita l’osservatore ad immergersi nell’atmosfera dell’opera. Decido io su cosa l’osservatore deve porre l’attenzione suggerendo una chiave di lettura. Al tempo stesso lascio spazio alla sua immaginazione, permettendogli di entrare in sintonia con l’opera per completare il racconto. Per risultare efficace un messaggio deve essere sintetico. Occorre sapere quale parte mettere in evidenza trascurando dettagli inutili. In questo modo l’opera “parla” all’osservatore”.
Quali soddisfazioni ha avuto nei concorsi di estemporanea e quali delusioni?
Al Museo del Novecento di Milano “Le regole del gioco” di Massimo Kaufmann, una mostra dal forte carattere interattivo e performativo che anima FORUM900.
In esposizione quattro opere, vere e proprie scacchiere d’artista: tre di queste, realizzate in legno e con misure regolamentari (57x57 cm), sono costituite dalle consuete 64 case e da 32 scacchi dipinti con colori a olio in 96 colori differenti, la quarta, “Pan”, di dimensioni più ridotte, è destinata ai bambini.
UGLY LOVE
Copyright: CAST-project
“Le soddisfazioni sono numerose, determinate soprattutto dal fatto che da molti anni riesco ad aggiudicarmi importanti premi su tutto il territorio nazionale. Venire giudicato da giurie di critici, galleristi e studiosi dell’arte continuando a riscuotere successi è estremamente gratificante.
Le uniche delusioni riguardano i rapporti con alcuni “colleghi” artisti, che non sempre sono cristallini”. Cosa vorrebbe cambiare del mondo dell’arte?
“Vorrei più onesta intellettuale da parte dei professionisti dell’arte. I critici dovrebbero giudicare un artista ed il suo operato, nell’interesse dell’artista stesso. Osannare il malcapitato di turno facendogli credere che la sua arte merita lodi, solo a scopo di lucro, è meschino e spregevole.
Vorrei che si smettesse di considerare arte una banana appesa ad un muro o una tela bianca con una linea nel mezzo, altrimenti si rischia di dover considerare arte tutto.
Perché una buona parte dell’arte pittorica contemporanea deve essere spinta da questi personaggi?
Forse perché, a mio parere, queste opere non sanno parlare alla gente e gli artisti che le producono non si pongono come obbiettivo la condivisione, ma il solo scopo di monetizzare”. www.massimoricco.eu
Ugly Love è uno dei romanzi più amati di Colleen Hoover, l’autrice preferita dal booktok che continua a leggere e consigliare le sue storie. Già bestseller mondiale, racconta un amore tormentato e il commovente viaggio di una coppia verso la felicità. (www.ibs.it)
WEYWARD
Tre donne. Cinque secoli. Un segreto. Un appassionante romanzo che racconta la storia di tre donne appartenenti a epoche diverse ma legate da un segreto troppo pericoloso per essere rivelato.
«Emilia Hart collega tre storie in modo molto intelligente, in quest’avvincente lettura sulla stregoneria, i legami materni e il potere della natura». - The Times
«Un racconto generazionale di resilienza femminile». - The Guardian. (www.ibs.it)
WAVES OF LIFE
Dal 04 Giugno 2023 al 10 Settembre 2023
BERGAMO Palazzo dell’Ex Centrale Telefonica
NICOLA SANSONE.
L’ARCHIVIO RITROVATO
Fino all 16 Luglio 2023
BRESCIA
Mo. Ca. – Centro delle nuove culture di Brescia
IL COGNOME DELLE DONNE
DA MONET A WARHOL.
Dal 19 Maggio 2023 al 03 Settembre 2023
SARNICO | BERGAMO Pinacoteca Gianni Bellini
SIAMO FORESTA
Dal 22 Giugno 2023
al 29 Ottobre 2023
MILANO Triennale Milano
Con la freschezza dei 35 anni, Aurora Tamigio scrive al suo esordio un romanzo familiare dal respiro ampio e dal passo veloce, che trascina il lettore come un fiume: epica popolare, saggezza antica e leggerezza immaginifica, riso e pianto, e poi personaggi impossibili da dimenticare. Lo scrive come se fosse semplice, e non lo è. Semplice è leggerlo, non ci si ferma più fino all’ultima parola.(www.ibs.it)
RITORNO ALLE STELLE
Sho, un ragazzo con tanti muscoli e poco cervello, ha appena compiuto sedici anni e sta festeggiando il suo compleanno di notte, da solo in un parco pubblico, quando incontra una sua compagna di classe che se ne va curiosamente in giro con un pacchetto di prosciutto tra le mani. Anche lei sta festeggiando in solitudine il proprio compleanno. La ragazza è un’anima fragile che dietro comportamenti eccessivi, nasconde un doloroso segreto(www.ibs.it)
Dodici giorni per il Festival più importante di Parma che ha registrato migliaia di presenze da tutt’Italia
A cura di Marco Morelli Nella foto il regista Pupi Avati. (PH Fabrizio Bertolini) Ornella Muti con Gianluigi Negri (PH Roberto Frigeri)Dodici indimenticabili giorni di Festival, con la gioia di stare insieme condividendo sogni e passioni. In particolare quella per il cibo, da scoprire e gustare secondo un mantra, secondo un rito, secondo una precisa liturgia che caratterizza Mangiacinema – Festa del cibo d’autore e del cinema goloso fin dal 2014: #guardagustagodi. L’edizione del de cennale del Festival ideato e diretto dal giornalista Gianluigi Negri si è svolta a San Secondo Par mense dall’8 al 18 giugno scorso (con l’aggiunta dell’evento speciale di chiusura il 24 giugno), ed è stata dedicata ai sognatori e ai creatori di sogni. Mangiacinema si è confermato nuovamente come il Festival più importante della provincia di Parma, con migliaia di presenze, molte delle quali fatte registrare da fuori regione e da ogni parte d’Italia. Con le sue oltre trenta Mangiastorie (curate dal giornalista Sandro Piovani), la kermesse ha coin volto il pubblico in imperdibili degustazioni gratui te. E poi spettacoli, proiezioni, concerti, anteprime, eventi speciali a non finire. Da Ornella Muti a Isa bella Ferrari, da Violante Placido a Pilar Fogliati da Pupi Avati a Enrico Vanzina, da Luc Merenda a Francesco Barilli. E, tra i tantissimi altri artisti, Piero Cassano, Vincenzo Zitello, Morgan, Massi mo Carlotto, Paolo Mereghetti, Valerio Massimo Visintin, Luca Sommi, Claudio Sanfilippo, Valerio Varesi, Claudio Rinaldi, Gigi Garanzini. Sono solo alcuni dei nomi del cast di un Festival nel quale ogni appuntamento era a ingresso gratuito, con main partner Gas Sales Energia, insieme al Comu ne, la famiglia Coppini e Fondazione MonteParma. Otto i Premi Mangiacinema: il Premio Mangiaci nema - Creatore di Sogni è andato a Ornella Muti, Isabella Ferrari, Pilar Fogliati, Enrico Vanzina, Piero Cassano (per i 50 anni dal primo dei suoi ventuno Sanremo); il Premio Mangiacinema Pop è andato a Massimo Carlotto, Paolo Mereghetti, Valerio Massimo Visintin. La preapertura è stata impreziosita dal recital di Morgan “If I Can Dream”, in esclusiva per Mangiacinema. Applausi interminabili per gli showcase di Violante Placido e Claudio Sanfilippo, i due concerti narranti di Vincenzo Zitello, il recital di Piero Cassano e Saule Kilaite, gli eventi speciali “I sogni e gli incubi nel cinema di Pupi Avati”, “I quarant’anni di Sapore di mare”, “I quarant’anni di carriera di Isabella Ferrari”, uno speciale omaggio a Gianni Mura, il film concerto “Dal Po all’Appennino” di Alessandro Scillitani (con la sua band) come omaggio al Mondo piccolo. Violante Placido è stata la madrina di apertura, mentre Isabella Ferrari la madrina di chiusura. Infine, la mostra “Faces - I volti di Mangiacinema” a cura del fotografo Fabrizio Bertolini.
La cattedrale di Mantova, meglio conosciuta come il Duomo, è un cocktail architettonico ovvero un insieme di ingredienti provenienti da epoche diverse che lo trasformano in un vero e proprio palinsesto. Basta guardarlo dall’ingresso di piazza Pallone per rendersene conto: la facciata tardo-barocca, il fianco gotico e il campanile romanico-gotico. Come le pergamene che venivano riutilizzate raschiandone il testo ma ne conservavano il ricordo (i palinsesti appunto) così il duomo di Mantova conserva le tracce di tutta la sua storia più che millenaria. Sono consapevole del fatto che i mantovani preferiscano la concattedrale di Sant’Andrea al duomo ma per me la cattedrale di san Pietro è la chiesa che meglio racconta Mantova e la sua storia. Ecco perché ho pensato di raccontarvi i 5 ingredienti di questo cocktail architettonico che è il Duomo di Mantova.
Il Campanile romanico-gotico
E’ una torre campanaria molto massiccia e che quindi sembra più bassa di quello che è (non ci crederete ma non sono riuscito a trovare il dato preciso sulla sua altezza). E’ la parte più antica del duomo e risale alla sua prima forma romanica. La tradizione vorrebbe che la base della torre campanaria sia quella di e una torre romana e che addirittura abbia fondamenta etrusche. Una curiosità che forse non tutti conoscono è che c’è una testolina romana (l’originale è al Museo Diocesano) tra le due file di bifore e trifore che coronano il campanile. La decorazione marcapiano a denti di sega la ritroviamo anche in altri campanili cittadini come quello di Santa Caterina e di San Leonardo.
LA CATTEDRALE DI MANTOVA
È DEDICATA A SAN PIETRO
E RAPPRESENTA GLI OLTRE
1200 ANNI DALLA FONDAZIONE DELLA DIOCESI
La fiancata gotica dei Dalle Masegne E’ forse l’ingrediente più suggestivo del duomo. Questo fianco gotico in mattoni a vista ricorda le chiese veneziane ed infatti la trasformazione gotica della cattedrale la si fa risalire ai fratelli veneziani Jacobello e Pietro Paolo Dalle Masegne su commissione del capitano del popolo Francesco I Gonzaga (siamo alla fine del 1300).
Questi pinnacoli e rosoncini gotici, circondati da decorazioni in terracotta mi ricordano i merletti della laguna e rendono ancora più difficile digerire la demolizione della facciata originale effettuata alla metà del 1700. La possiamo per fortuna ancora vedere nel quadro di Domenico Morone che rappresenta La Cacciata dei Bonacolsi e che è conservato a Palazzo Ducale.
Santa Maria dei Voti di Luca Fancelli
E’ un’operazione di crowdfunding quella che consente al marchese Federico I Gonzaga di far costruire il Santuario della Madonna dei voti (siamo nella seconda metà del quattrocento).
Secondo molti studiosi è Luca Fancelli l’architetto incaricato del progetto e i fondi sono raccolti grazie all’organizzazione di una disputa pubblica sull’Immacolata Concezione di Maria che si tiene in piazza Sordello (allora piazza San Pietro) contrapponendo un domenicano e un francescano.
Una curiosità è che la chiesa doveva essere orientata diversamente rispetto ad ora: la navata unica di oggi doveva essere il braccio corto della croce formata con l’attuale sagrestia, decorata infatti con scene della vita della Vergine di scuola mantegnesca.
Le sette navate interne di Giulio Romano L’interno della cattedrale risale all’intervento di Giulio Romano (è l’ultimo suo progetto e cantiere prima della morte che lo coglierà nel 1546). E’ il cardinale Ercole Gonzaga a chiedergli di rinnovare l’assetto interno del duomo ispirandosi alla struttura delle antiche basiliche romane. Mentre a Roma si rinnova il san Pietro di Costantino a Mantova si ritorna al passato. E’ un modo di interpretare il vento della Controriforma: la cattedrale così vicina alle basiliche paleocristiane e così piena di immagini dovrebbe provocare un vero e proprio shock in un luterano. Se qualcuno pensa che abbia sbagliato a contare le navate del Duomo che sono cinque gli dico che ho aggiunto le cappelle laterali che sono chiuse da una cancellata ma sono intercomunicanti e potrebbero essere considerate navatelle.
La facciata tardo-barocca di Nicolò Baschiera
E’ l’ultima modifica che viene fatta al duomo. E’ una facciata che ricorda le chiese romane e viene realizzata nel 1756 demolendo la facciata gotica che era considerata fatiscente. E’ opera di Niccolò Baschiera, un ingegnere militare, che vince il concorso per questo bando sotto il vescovo Antonio Guidi di Bagno, il cui stemma svetta proprio al centro del timpano centrale. La facciata è coronata da 8 statue di santi legati alla cattedrale o alla chiesa mantovana: da sinistra Santa Speciosa, San Luigi Gonzaga, San Celestino I Papa, San Paolo, San Pietro, Sant’Anselmo, Beato Giovanni Bono, Beata Osanna Andreasi. Questa facciata settecentesca non è mai piaciuta ai mantovani ed era vista come un pugno nell’occhio in questa piazza medievale. C’è voluta la mitica domus romana a farla rivalutare immediatamente.
Eva Lind è una delle cantanti classiche più conosciute e popolari del nostro tempo. Nata a Innsbruck, si è già esibita sui grandi palcoscenici del mondo, come l’Opera di Stato di Vienna, la Scala di Milano e la Carnegie Hall di New York. I suoi duetti con Luciano Pavarotti, Placido Domingo e José Carreras (e con tanti altri) hanno entusiasmato il pubblico. È stata superba nei ruoli principali della storia dell’Opera così come nei Recital e nei Concerti. Ha lavorato con direttori d’orchestra come Riccardo Muti, Claudio Abbado e Daniel Barenboim Si è esibita nei più importanti festival del mondo ed è riconosciuta dal pubblico anche per le sue numerose apparizioni televisive come conduttrice. Eva ha scoperto il suo amore per la pittura molti anni fa. Uno dei temi principali dei suoi dipinti sono le emozionanti interpretazioni dei grandi capolavori dell’opera, dell’arte e della canzone d’autore. Una caratteristica molto speciale è che Eva Lind incorpora le sue partiture originali nei suoi dipinti. L’artista combina virtuosamente le tecniche più diverse come la pittura (acrilica), la fotografia e il collage. Questo crea opere uniche, sia astratte che rappresentative.
È davvero affascinante per un attento osservatore il modo in cui Eva Lind ricrea le storie e i messaggi della musica sulla tela.
famosa artista austriaca sta riscuotendo numerosi consensi anche come pittrice
- Dopo gli effetti che la pandemia ha avuto sul lavoro, con la ripresa economica e il graduale rimettersi in moto del mercato, le organizzazioni sono tornate a concentrarsi sulle tematiche dell’employer branding e della fidelizzazione di dipendenti, scoprendo un mondo del lavoro profondamente diverso da prima. Oggi i giovani cercano flessibilità, opportunità di sviluppo, forte attenzione alla CSR, oltre che equilibrio tra vita personale e professionale e identificazione con i valori aziendali.
Cosa si può fare? Soprattutto, quale ruolo possono giocare le aziende?
Centrale: le imprese possono giocare un ruolo centrale. Innanzitutto, comprendendo i cambiamenti del mercato del lavoro, poi ascoltando le richieste e le percezioni dei giovani e lavorando su attrazione, reputazione e brand e, infine, preoccupandosi di sviluppare i talenti che hanno già in casa. Flessibilità, senso di appartenenza, obiettivi, stipendi, possibilità di crescita, ma anche formazione, benefit, welfare e fiducia.
“Partendo da casi su cui abbiamo lavorato in prima persona durante questi ultimi anni, abbiamo raccolto storie, consigli e pratiche possibili per migliorare il dialogo e aumentare il senso di appartenenza all’azienda - afferma l’autore del libro Alberto Fascetto, consulente di comunicazione interna – tutto ci dimostra che un coinvolgimento attivo nel proprio ruolo lavorativo accresce non solo creatività, ener-
Era il 6 maggio 1971.
Milena Sutter, figlia tredicenne del re della cera per pavimenti, Arturo Sutter – industriale svizzero, genovese di adozione –, venne rapita all’uscita da scuola, strangolata e poi lasciata affondare in mare.
Il 21 maggio dello stesso anno, a poche ore dal ritrovamento del corpo senza vita di Milena sulla spiaggia di Priaruggia, a meno di un chilometro da Genova Quarto, le manette scattano ai polsi di Lorenzo Bozano, 25 anni, figlio della buona borghesia genovese ma ripudiato dal padre.
Passato alla storia come il “biondino della spider rossa”, Bozano viveva una vita a credito sempre al volante della sua ammaccata Giulietta sprint Alfa Romeo e sognava il colpo che gli avrebbe permesso “di uscire dal tran tran della vita quotidiana”: rapire la figlia di un imprenditore, sopprimerla e intanto chiedere il riscatto.
L’omicidio di Milena Suttter ha segnato la storia di un’epoca, sconvolgendo un paese agli esordi degli anni di piombo. “Tutti, senza distinzione di ceto, cominciammo a vivere nell’incubo che aveva avvinto la famiglia Sutter - sottolinea l’autore -. La strada – anche solo il tragitto tra casa e scuola – era diventata una foresta buia piena di minacce. Nessuno poteva sentirsi al riparo.” Attraverso le pagine mai lette prima del diario di Milena e le parole, dopo cinquant’anni di silenzio, della madre Flora e del fratello Aldo, il giornalista d’inchiesta, Graziano Cetara, testimone da più di vent’anni dei principali fatti della cronaca nera e giudiziaria di Genova, ricostruisce con testimonianze e documenti fino ad oggi inediti i fatti che portarono alla morte della ragazzina.
gia e proattività, ma anche la predisposizione a prendere rischi, l’avere relazioni migliori con gli altri e un maggiore benessere psicofisico. E non è solo questione di wellbeing, ma di positive ricadute anche sui bilanci delle aziende”.
Il libro si arricchisce con i contributi dei responsabili comunicazione interna di diverse aziende italiane come Aon, Banco BPM, Brembo, Campari, Coop, Enel, Eni, Gruppo Pittini: un racconto nel racconto per comprendere come le rispettive organizzazioni abbiano costruito opportunità per motivare, coinvolgere e trattenere i propri collaboratori e superare le difficoltà di attrarre i nuovi talenti.
Con questi obiettivi nasce “Comunicazione aziendale interna. Strategie per migliorare dialogo e senso di appartenenza”, in vendita in versione e-book o cartacea su Amazon e nelle librerie.
Quali sono gli ingredienti giusti per realizzare un buon museo d’impresa? Domanda difficile alla quale Elisabetta Pozzetti, storica d’arte e art curator di mostre e musei in Italia e all’estero e Studio Chiesa communication, storica agenzia di comunicazione, danno la loro risposta nel libro dal titolo Come vestale.
In quello che sembra un lungo racconto e che invece è un’esposizione rigorosa ma avvincente di un metodo museografico, vengono ripercorse le tappe che hanno portato alla nascita di Casa Marcegaglia, il museo d’impresa del Gruppo omonimo, di cui Pozzetti è curatrice e i cui contenuti sono stati ideati e realizzati da Studio Chiesa communication.
“Curare un progetto museografico e museologico implica la scrittura di una sceneggiatura che privilegi i contenuti e la loro fruizione... Dunque, curare un’esposizione implica una perizia sartoriale, grazie alla quale stoffe, bottoni, decori vengano cuciti su misura a vestire con eleganza e sapienza il corpus dei saperi destinati a essere assimilati e condivisi con la società” scrive Pozzetti.
Più avanti nel libro verrà esplicitato che “l’ago” con cui si cuce questo abito museale sono l’interpretazione e lo sguardo propri dell’arte e che “le stoffe” sono, da una parte, le opere presenti fisicamente nelle sale, dall’altra i materiali storico-archivistici presentati in modalità virtuale. La novità è che quest’ultima non è stata studiata da tecnici informatici, ma da “artisti digitali perché la tecnologia d’autore è l’unica a vincere la naturale e inevitabile obsolescenza del mezzo” spiega Pozzetti.
“Ecco allora che la strumentazione digitale associata alla sensibilità artistica ha fornito l’assist per generare atmosfere evocative mediante proiezioni, touchscreen, sistemi di interazione, agganciando l’acquisizione di conoscenze alla forza delle emozioni provate nell’esperienza di attivazione”.
Lo stesso metodo ha guidato anche nella realizzazione dell’apparato iconografico del libro che non si limita a “rappresentare”, obiettivo che avrebbe richiesto la pura capacità “artigianale” di un bravo fotografo, ma esprime invece la visione che di quel museo ha avuto un artista che usa la fotografia come medium: Nicola Vinci. Vinci reinterpreta con sensibilità raffinata ambienti e installazioni creando un corpus di immagini che coinvolgono e quasi turbano nella loro liricità.
Il libro quindi diventa una sorta di gioco di scatole cinesi all’insegna dell’arte e che indica l’arte come modalità privilegiata per esprimere l’identità, la storia, e il patrimonio valoriale di un’azienda, un approccio innovativo e senza dubbio interessante per chiunque operi nel mondo della comunicazione d’impresa.
Grazie alle più recenti scoperte sulla relazione tra apparato intestinale e cervello, alcune delle quali fatte proprio da Maria Rescigno, conosciamo più a fondo le interconnessioni di un organo sull’altro e viceversa. In questo libro la scienziata di fama mondiale, autrice di pubblicazioni su riviste prestigiose come Science e Nature, ci spiega in modo chiaro come l’asse intestino-cervello sia regolato dal microbiota: guidandoci tra le ultime scoperte e i possibili sviluppi avveniristici, l’autrice ci spiega come sia possibile modulare il microbiota – grazie a probiotici e postbiotici specifici, metaboliti batterici, cibi fermentati e trapianto di microbiota – per ricostruire una barriera intestinale sana e migliorare la prevenzione e la cura delle patologie collegate ai suoi squilibri.
Sting, uno degli artisti più distintivi e influenti al mondo, torna a Mantova dopo 5 anni, il cantautore britannico suonerà in piazza Sordello l’11 luglio 2023. Shining Production conferma, anche per l’estate 2023, il ruolo chiave di Piazza Sordello come meta imprescindibile per gli appuntamenti con la grande musica dal vivo. Un nuovo prestigioso nome che sarà protagonista con la sua musica nell’iconica piazza simbolo di Mantova.
Il cantautore e polistrumentista britannico è pronto a fare ritorno nel Bel Paese, per elettrizzare il proprio pubblico con tre meravigliosi concerti nel mese di luglio, il primo dei quali proprio a Mantova. “My Songs” è uno spettacolo dinamico e divertente che si concentra sulle canzoni più amate scritte dall’artista durante la sua prolifica carriera come solista e frontman dei
Police, costellata di successi e premi tra cui 17 Grammy Awards. L’evento è organizzato da Shining Production, con il patrocinio del Comune di Mantova. Dopo Sting, che porterà sul palco lo spettacolo “My Songs” che si concentra sulle sue canzoni, il 12 luglio si esibiranno i Baustelle con Elvis Tour.
In occasione del loro concerto, Shining Production supporterà Fondazione Marcegaglia e il suo impegno nel progetto Cav di Mantova a sostegno delle donne vittime di violenza domestica. Altro ospite internazionale in arrivo il 13 luglio gli islandesi Sigur Ros, con il nuovo album Atta, mentre è già sold out il concerto degli OneRepublic del 14 di luglio. A chiudere gli appuntamenti in Piazza Sordello, il 15 luglio, Fabri Fibra. Dalla fine di agosto il palco sarà allestito sullo sfondo dell’Esedra di Palazzo Te e ospiterà En-
Nella città della leonessa al via Brescia Summer Music, la rassegna estiva di musica live che vede esibirsi in città i più quotati artisti italiani e le migliori star del palcoscenico!
Tra i primi ospiti annunciati della kermesse giovani promesse e nomi affermati del panorama musicale nazionale e internazionale come Steve Hackett, David Garrett, Tananai, Mr Rain, Coma Cose, Articolo 31, Piero Pelù e Renga & Nek.
Il chitarrista inglese Steve Hackett, noto per aver fatto parte della formazione originale dei Genesis, torna in concerto in Italia. L’artista offrirà al pubblico uno spettacolo unico, dedicato agli amanti della buona musica e a coloro che
desiderano immergersi in un’esperienza coinvolgente. Il tour è anche l’occasione per festeggiare il 50° anniversario del leggendario album dei Genesis “Foxtrot” che, nel 1972, è stato fondamentale per affermare la band come una forza importante nel rock britannico. Inoltre, il tour prevede in scaletta anche altri brani preferiti e momenti salienti dei Genesis, scelti dal vasto catalogo solista di Hackett.
Il concerto di David Garrett organizzato da CIPIESSE farà tappa a Brescia il 25 luglio. Dopo il tour di successo del 2022 “Alive-my Soundtrack”, con 32 concerti in 11 paesi, David Garrett ritorna dal vivo in una nuova formazione in trio per l’Iconic Tour, dall’omonimo album pubblicato da Deutsche Grammophon a fine 2022. Il nuovo album classico di David Garrett, ICONIC, s’ispira ai leggendari violinisti, le cui gemme e appassionate melodie hanno entusiasmato David Garrett sin da bambino.
Le melodie di Bach, Dvoák, Gluck, Kreisler, Mendelssohn e Schumann, solo per citarne alcune, possono essere ascoltate con nuovi arrangiamenti per violino, chitarra e orchestra (di Franck van der Heijden e David Garrett). Nell’ICONIC TOUR 2023, per la prima volta, David Garrett propone il programma in trio insieme a Franck van der Heijden alla chitarra e Rogier van Wegberg al basso.
Il 5 settembre all’Arena di Verona (che ha già superato i 9000 biglietti venduti) e il 7 a Brescia FRANCESCO RENGA e NEK saranno protagonisti di un tour che animerà l’estate italiana.
Articolo 31, il duo che ha fatto la storia del rap italiano sarà a Brescia il 12 luglio. Il duo milanese, nato nel 1990, ha fotografato una generazione, quella lungo tutto gli anni Novanta e i primi Duemila. Sciolti nel 2006, a febbraio gli Articolo 31 si sono presentati al festival di Sanremo con “Un bel viaggio”, primo inedito dopo 20 anni. Ma già nel 2019 c’erano stati i primi segnali di riavvicinamento con serate in coppia.
VivoConcerti ha annunciato che l’artista Premio Pulitzer e vincitore di diversi Grammy Awards, Kendrick Lamar, tornerà in Italia il 17 Luglio 2023 dopo l’esibizione da headliner al Milano Summer Festival 2022.
Il concerto, “An Evenng With Kendrick Lamar”, andrà in scena all’Arena di Verona lunedì 17 Luglio 2023.
CULINARIE
testi e foto di RitA BeRtAZZoNi
Igiorni per visitare l’isola più grande del Mediterraneo non sono mai abbastanza. La Sicilia è talmente ricca di tradizioni storico-artistiche e culturali, frutto di occupazioni e invasioni che si perdono nella notte dei tempi, che merita tempo a disposizione. Ma già sette giorni sono sufficienti per un assaggio che rimane negli occhi e nel cuore: una città al giorno per scoprire i suoi tesori, tra archeologia, barocco e arte contemporanea.
CATANIA, TAORMINA, MILAZZO E I TESORI DELLA MAGNA GRECIA
Il viaggio itinerante può iniziare a Catania, dove si atterra con l’aereo, e dove si può dormire per poi andare alla scoperta dell’isola. Stretta tra l’Etna, distante circa 30 chilometri, e il mare Ionio, è la città di Sant’Agata, patrona onorata ogni anno dal 3 al 5 febbraio con una celebrazione che unisce devozione, tradizione e folclore, la più grande festa siciliana e d’Italia Patrimonio protetto
dall’Unesco, la piazza centrale ospita la sontuosa Cattedrale che custodisce le reliquie della santa. A una quarantina di minuti d’auto verso nord si raggiunge Taormina (ME), sul monte Tauro a 204 metri sul livello del mare, il cui monumento più importante e famoso è il Teatro Greco, conosciuto anche come Teatro Antico, dalla magnifica vista a strapiombo sul golfo e sull’Etna. Ogni anno, tra fine giugno e inizio luglio, ospita il Film Festival, uno dei più prestigiosi al mondo. a pellicola internazionale più famosa ad aver scelto Taormina è “Il Padrino” di Francis Ford Coppola. Nella sua incantevole scenografia prendono parte anche concerti e rappresentazioni teatrali. Da visitare poi il Duomo (Basilica Cattedrale di San Nicola di Bari) conosciuto anche come chiesa-fortezza, per via dei grandi blocchi di pietra dell’edificio, le merlature esterne e la torre a bastione sul retro. Esempio di architettura romanico-gotica siciliana, risale al XIII secolo, si trova lungo Corso Umberto, la principale via cittadina. Distante pochi metri dalla costa e separata da un sottile lembo di terra, Isola Bella è una grande roccia nel mezzo di una
baia a ferro di cavallo dove alte scogliere bianche si tuffano nelle acque cristalline del mare e con la bassa marea diventa raggiungibile a piedi. A fine ‘800 venne acquistata da una ricca nobildonna inglese e ancora oggi ospita un rigoglioso giardino con piante rare tropicali che si mischiano alla vegetazione mediterranea.
Da non perdere Giardini Naxos. In una piccola baia con acque cristalline, è un vero e proprio museo a cielo aperto con testimonianze archeologiche di epoca greca e romana. Fino agli anni Settanta era un villaggio di pescatori, ora una delle destinazioni turistiche più visitate. Naxos è la prima colonia greca di Sicilia e venne fondata nella seconda metà dell’VIII secolo a.C., poi distrutta nel 403 a.C. I resti dell’antica città (ora Parco Archeologico di Naxos) si trovano nel promontorio di Capo Schisò su una superficie di circa 40 ettari. Larghe vie, fortificazioni di pietra lavica, frammenti di edifici sacri, abitazioni a pianta rettangolare, colonne romane, il santuario dedicato ad Hera (o Afrodite), altari e fornaci. Rimangono anche i resti
UNA SETTIMANA PER SCOPRIRE UNA DELLE ISOLE PIÙ BELLE DEL MEDITERRANEO: DA CATANIA A SIRACUSA, PASSANDO PER PALERMO, AGRIGENTO E NOTO.
di una necropoli di età ellenistica. Un posto fuori dal tempo immerso nella macchia mediterranea mista a piante sub tropicali. Per comprendere meglio quanto fosse ricca e colorata la colonia, bisogna visitare il Museo che racconta la storia dell’espansione greca in Sicilia. Sempre in provincia di Messina vale una sosta il Castello di Milazzo, uno dei complessi fortificati più imponenti ed estesi d’Europa, con una superficie di oltre 7 ettari. Di importanza strategica per il controllo della costa settentrionale della Sicilia e del suo mare, è circondato da una cinta muraria spagnola il cui ingresso si apre sotto il Baluardo di Santa Maria. Mano a mano che lo si esplora si possono distinguere i diversi stili e le dominazioni che si sono insediate: una comunità del neolitico, greci, romani, bizantini e musulmani. Fanno parte del complesso monumentale il Duomo vecchio del 1600, il Bastione di Santa Maria, Il Bastione delle isole, la chiesa dell’Annunziata e l’ex Monastero delle monache Benedettine del S.S. Salvatore a cui è legata la leggenda di una suora murata viva al suo interno a causa del suo amore per un sol-
dato inglese e il suo fantasma pare si aggiri ancora oggi tra le sue mura. All’interno della Cittadella c’è il Muma (Museo del Mare di Milazzo) dove si sensibilizza sul problema dei rifiuti nei mari e sulla protezione delle specie che li abitano. Qui si trova lo scheletro di Siso, il capodoglio che nel 2017 rimase impigliato alle Eolie a causa di una rete da pesca illegale. Nel suo stomaco sono stati trovati resti di plastiche.
CAPOLAVORI ARABO-NORMANNI
A PALERMO, MONREALE E CEFALÙ Palermo, con il suo percorso arabo-normanno, insieme a Monreale e Cefalù, è diventato patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco nel 2015. Fondata dai Fenici, Palermo è da sempre un crocevia di culture, una città multiforme, tra le più interessanti della Sicilia, sia in termini di modernità che in fatto di storia. A cominciare dal suo fiore all’occhiello: la Cattedrale, che si trova nel cuore antico della città. È un’armonica fusione di stili diversi, dall’arte greca a quella romana, dalla catalana alla gotica ma su tutti prevale lo stile norman-
no, anche se l’aspetto odierno si deve a modifiche e aggiunte del Settecento. Un insieme di cupole, torri e merlature, portici e portali, cupolette con maioliche e una torre campanaria.
All’interno nella navata di destra, la prima e la seconda cappella custodiscono le famose tombe imperiali e reali dei normanni: qui riposano, tra gli altri, l’imperatore Federico II, re Ruggero II e Santa Rosalia, patrona di Palermo.
Poco lontana dalla cattedrale, merita una tappa la chiesa di San Giovanni degli Eremiti (1136), una delle più celebri costruzioni normanne della città, sormontata da cinque piccole cupole rosse e ornata da un grazioso giardino che racchiude le rovine di un chiostro. Fa parte dei monumenti Unesco dell’itinerario arabo-normanno di Palermo insieme alla chiesa di San Cataldo (metà del XII sec.) che custodisce un notevole mosaico pavimentale romano ed è coperta da tre cupole rosse di chiaro riferimento arabo.
Simbolo del multiculturalismo della città è poi la Cappella Palatina all’interno del Palazzo dei Normanni, costruito nella parte più alta e antica della città, voluta da Ruggero II d’Altavilla, primo re normanno di Sicilia, e utilizzata come cappella privata. Nella sua architettura si coniugano la pianta basilicale latina e le decorazioni del soffitto ligneo di stampo islamico ma il suo cuore è bizantino: la cupola semisferica con il grande mosaico del Cristo Pantocratore (Signore del Creato) che benedice alla maniera greca è spettacolare. Nel centro storico merita una visita anche la chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio. È il monumento più bizantino di Palermo, voluto da Giorgio di Antiochia, Grande Ammiraglio di re Ruggero. È nota anche come Chiesa della Martorana perché si trovava vicino al monastero femminile fatto costruire dalla nobile Eloisa Martorana: le suore basiliane che vi vivevano erano famose per la preparazione di particolari dolci, un’idea nata in occasione della visita del papa. Non potendo servire frutta fresca, prepararono frutti finti con pasta reale. Oggi è il dolce tipico siciliano per la Festa dei Morti. L’interno della chiesa è a croce greca con un apparato musivo preziosissimo, opera di maestranze bizantine, il cui fulcro è il Cristo assiso benedicente sulla sommità della cupola e il mondo ai piedi. Dal 1937 nella chiesa si è tornato a celebrare il rito greco-bizantino, e da allora il suo nome ufficiale è quello di San Nicolò dei Greci. Camminando su Corso Vittorio Emanuele si incontra la secentesca piazza dei Quattro Canti, o piaz-
za Villena, che rappresenta il centro della Palermo barocca. La struttura, perfettamente ottagonale, è formata dall’incrocio dei due principali assi viari: via Maqueda e via Vittorio Emanuele (antica via fenicia). Qui convergono i quattro quartieri storici, detti “canti”. In corrispondenza di ogni canto svetta la facciata di ogni palazzo: durante il giorno sono sempre illuminate almeno da un lato, per questo sono conosciute anche come “Teatro del Sole”. Le statue rappresentano i quattro fiumi di Palermo, l’allegoria delle stagioni, i regnanti storici e le sante patrone della città.
Proseguendo sempre sul Corso, a pochi metri si incontra Piazza Pretoria, uno dei posti più incantevoli della città. Merito della maestosa fontana rinascimentale in marmo bianco di Carrara, detta anche “Fontana della Vergogna” a causa della somma pagata dal Senato palermitano per trasportarla da Firenze a qui o forse per la nudità
delle statue. In ogni caso è considerata una delle più belle d’Italia, con un intricatissimo gioco d’acqua.
Nemmeno la settima arte può rimanere indifferente al fascino di Palermo. Dopo sessant’anni dalla trasposizione cinematografica di Luchino Visconti, “Il Gattopardo” torna sul set nel capoluogo siciliano. Tra maggio e giugno, infatti, è stato teatro delle riprese della nuova serie televisiva per Netflix in sei puntate, con un cast stellare. Un viaggio a Palermo non può prescindere dalla visita del Duomo di Monreale e del suo chiostro benedettino, a circa 11 chilometri dal capoluogo siciliano. Il Duomo, o Basilica Cattedrale di Santa Maria la Nuova, venne costruito nel 1174 per volere del normanno Guglielmo II d’Altavilla, re di Sicilia in quegli anni. Si narra che la Vergine, a cui era molto devoto, gli apparve in sogno svelandogli la presenza di un tesoro sotto al carrubo in cui si era addormentato dopo la caccia: con questo tesoro nel medesimo luogo dove scavò, il re “Buono” realizzò una delle più magnificenti costruzioni architettoniche d’Europa. Il complesso di Monreale è un compendio di arte arabo-normanna e bizantina. Le due torri sono tipicamente normanne mentre il portico settecentesco a tre arcate mostra sopra la balaustrata le arcate intrecciate di calcare e lava, tipica decorazione araba.
I mosaici sono qualcosa di unico e perfetto: oltre 6mila mq di decorazione musiva, la più vasta d’Italia, per illustrare scene tratte dall’Antico e dal Nuovo Testamento, culminando nell’abside centrale con il Cristo Pantocratore benedicente e la Vergine con il Bambino tra angeli e santi. A fianco il chiostro, considerato uno dei più imponenti e qualitativamente prestigiosi del XII secolo, nonché il più completo monumento di scultura romanica in Sicilia. Ricorda molto l’Alhambra di Granada e i cortili porticati delle dimore signorili islamiche. Ha più di 90 colonne decorate da mosaici e capitelli romanici.
Immancabile una sosta a Cefalù anche solo per visitare il Duomo. Lo stile romanico-normanno lo rende la migliore testimonianza di quel tempo ed è visibile non solo nelle due possenti torri che ricordano le cattedrali della Normandia, ma anche all’interno, una vera galleria d’arte tra capitelli e mosaici. Questa la peculiarità del Duomo che ne
è ricoperto per circa 600 metri quadrati, su tutti il Cristo Pantocratore del presbiterio, opera dei sapienti maestri bizantini di Costantinopoli che Ruggero II convocò per dare il massimo splendore a questo edificio da lui voluto. Un altro gioiello è il suo chiostro sempre di epoca normanna con pregiati capitelli sulle colonne binate. Una traccia del passato, simbolo della quotidianità siciliana, è poi il lavatoio medievale raggiungibile da via Vittorio Emanuele dove a qualche metro sotto il livello della strada, nasconde questo angolo prezioso, nei pressi del tardorinascimentale Palazzo Martino. Diversi film hanno immortalato alcuni scorci come “Nuovo Cinema Paradiso”, capolavoro di Giuseppe Tornatore. Per avere una bella vista sul mare, magari al tramonto, si percorre Corso Ruggero, la via principale e si sale sugli antichi bastioni.
PIAZZA ARMERINA E VALLE DEI TEMPLI PER GLI AMANTI DELL’ARCHEOLOGIA
Tra Catania e Palermo, nell’entroterra, Villa Romana del Casale, a circa 4 chilometri da Piazza Armerina (Enna) è un luogo che rapisce per la bellezza degli ambienti e soprattutto dei mosaici del IV secolo d.C. Non a caso dal 1997 l’edificio, di grande valore storico e artistico, è riconosciuto Patrimonio dell’Umanità Unesco ed è l’esempio supremo di villa di lusso romana tardo-imperiale con i mosaici romani “in situ” meglio conservati. Questo tesoro musivo testimonia lo stile di vita del
proprietario, probabilmente un esponente dell’aristocrazia senatoria. La villa, che si sviluppa su terrazzamenti per adattarsi al pendio naturale del terreno, è divisa in 4 nuclei ben distinti: ingresso monumentale con cortile e vestibolo, peristilio quadrangolare con una fontana al centro, e attorno ambienti privati e pubblici. Un complesso davvero maestoso con i vari locali collegati gli uni agli altri da corridoi e colonnati, ornati con fontane, statue e decori. La superficie totale è di 3500 m2 ricoperta da splendidi mosaici pavimentali e parietali figurativi e in stile geometrici, in 48 ambienti che permettono di ripercorrere la storia del più grande tra gli imperi, con scene di vita quotidiana, raffigurazioni di eroi e divinità, scene di caccia, natura e giochi. Il più sorprendente è quello che rappresenta dieci fanciulle intente in attività ginniche o nell’atto di ricevere il premio. Indossano quello che è considerato il primo bikini della storia, un tipo di abbigliamento che si usava per praticare atletica, danza e ginnastica.
La tappa successiva ci porta ad Agrigento, l’antica città greca di Akragas, terra di Pirandello, Sciascia e Camilleri, ma anche del filosofo Empedocle. Sarà capitale della cultura 2025 per la grandiosità delle vestigia greche della Valle dei Templi, Patrimonio Mondiale dell’Unesco dal 1997 e sito archeologico di fama internazionale. Ma anche Parco archeologico regionale dal 2000; con i suoi 1300 ettari è il più grande d’Europa e del Mediter-
raneo. Ci si muove tra le vestigia di diversi templi che risalgono al periodo 510-430 a.C. in un paesaggio ricco di mandorli e ulivi. Il Tempio della Concordia, realizzato nel 430 a.C., è uno dei capolavori di stile dorico meglio conservati. Di fronte a lui giace a terra la statua in bronzo di Icaro Caduto, realizzata dall’artista contemporaneo polacco Igor Mitoraj (1944-2014). Altro simbolo della valle dei Templi, è il Tempio dei Dioscuri o Tempio di Castore e Polluce, i figli di Zeus. Lungo il viale principale si incontrano anche il Tempio di Ercole, il più antico dei templi agrigentini, che risale alla fine del VI sec. a.C., e il Tempio di Giove Olimpo, le cui rovine lasciano intuire la sua grandezza, uno dei più vasti dell’antichità. Venne costruito dagli agrigentini dopo la vittoria sui Cartaginesi a Himera (480-479 a.C.) come offerta e ringraziamento a Giove. Durante la visita si possono notare anche resti di telamoni (o atlanti), gigantesche figure maschili in pietra, tra i più grandi di tutta la Magna Grecia. Sullo sperone roccioso più elevato della collina dei templi, all’estremità est, troviamo poi il Tempio di Giunone, databile intor-
no alla metà del V secolo a.C., attribuito alla dea per un’errata interpretazione di un passo di Plinio Il Vecchio. Il consiglio è arrivarci al tramonto per la magia delle sfumature crepuscolari o anche più tardi, quando il buio mette in evidenza una sapiente e suggestiva illuminazione notturna.
A meno di 10 chilometri da Agrigento, il Farm Cultural Park a Favara è un’autentica sorpresa nonché un progetto lungimirante di riqualificazione urbana e culturale. È qui che nel 2010 una coppia (avvocato lei, notaio lui), amante dell’arte e della loro terra, ha inaugurato questo parco dedicato all’arte contemporanea, realizzato tra gli edifici abbandonati del centro storico del borgo. Un vero e proprio museo a cielo aperto dove fare due passi circondati da gallerie, murales, installazioni, atelier, residenze d’artista, teatri e luoghi d’incontro che ora animano ogni vicolo e piazzetta. Una trasformazione profonda e perfettamente integrata con il luogo e con i favaresi che ora, non solo convivono con questa realtà, ma ne sono parte attiva. Nell’ottocentesco Palazzo Miccichè ad esempio, nelle sue stanze prive di qualsiasi arredo, ha trovato posto una vera e propria foresta verde con specie di piante diverse come palme tropicali, edere e felci: la Human Forest, un nuovo spazio abitativo, creato artificialmente, che mette al centro di tutto la natura.
NOTO E ORTIGIA: GIOIELLI
DEL BAROCCO SICILIANO
I due indiscussi gioielli del barocco siciliano sono nella parte orientale della Sicilia: Noto e Ortigia, molto vicine tra loro. Anche Noto (Siracusa), arroccata su un altopiano coperto di agrumeti, dal 2002 è patrimonio Unesco. Definita “capitale del Barocco”, è stata completamente ricostruita in questo stile dopo il sisma del 1693 che rase al suolo la città antica e altre città della Sicilia orientale. La ricostruzione avvenne a una decina di chilometri dal precedente sito, in un terreno meno ostile, per mano dei migliori ingegneri e architetti d’Europa, studiando prospettive e ogni angolo con cura, trasformando Noto in un vero e proprio teatro open air. La pietra locale calcarea chiara e compatta conferisce alle architetture un colore simile al miele che rendono l’atmosfera da sogno, in particolare al tramonto.
L’ingresso alla città inizia dall’imponente Porta
Reale che conduce al corso Vittorio Emanuele, la via principale interrotta da tre piazze: piazza dell’Immacolata, piazza Municipio e piazza XVI Maggio. Arrivando alla prima, sulla cima di un’ampia gradinatasi si incontra il primo gioiello barocco: la chiesa di S. Francesco, costruita tra il 1704 e il 1745. All’interno si ammira il dipinto “Madonna con Bambino” di Antonio Monachello, sopravvissuto al terremoto. Nell’armoniosa facciata spicca il portale fiancheggiato da colonne barocche e tre nicchie.
Proseguendo, ecco la grande piazza del Municipio, vero e proprio salotto della città: è qui la famosissima Cattedrale di San Nicolò. Costruita nel Settecento, la sua architettura domina incontrastata con la sua maestosa facciata in pietra arenaria, due torri campanarie e la regale scalinata, anch’essa iconica. L’interno è a croce latina a tre navate, con alcune parti affrescate, scampate al crollo del terremoto, tra questi l’Immacolata con Santi e Martiri, l’Adorazione dei pastori, la Madonna delle Grazie e Miracolo di San Francesco di Paola. Dall’altro lato, nel Palazzo Ducezio, sede mu-
nicipale, realizzato tra Sette e Ottocento sullo stile degli eleganti palazzi parigini, va vista la Sala degli Specchi, salone di rappresentanza della città, che continua ancora oggi a ospitare delegazioni illustri e manifestazioni di pregio, come la firma del protocollo d’intesa tra gli otto comuni Unesco per la creazione del distretto culturale. Ai lati, il Palazzo Vescovile e Palazzo Landolina, che appartenne alla nobile famiglia discendente dai Normanni, ora trasformato in albergo. Piazza XVI Maggio sfoggia da un lato l’ex convento dei Domenicani e la chiesa di S. Domenico e dall’altro il Teatro comunale, l’opera più significativa della Noto ottocentesca. Altro significativo esempio di architettura barocca è la chiesa di Santa Chiara con i suoi eleganti decori, oggi sede del Museo Civico. Da non perdere il panorama dalla terrazza, soprattutto al calar del sole. Proseguendo la visita sulle tracce barocche, si ammira Palazzo Nicolaci, residenza nobiliare urbana con ampio portale e caratteristici balconi sorretti da mensoloni in pietra scolpita con figure grottesche, sirene, leoni, sfingi, ippogrifi, cavalli alati e angeli. All’interno il Salone del Tè, quello
delle Feste e l’ala oggi adibita a Biblioteca Comunale.
Il viaggio nel barocco continua a Siracusa, sulla costa sud-orientale, patrimonio Unesco dal 2005. Fondata da coloni corinzi che sbarcarono sull’isola di Ortigia nel 734 a.C., nel periodo di massimo splendore era il più importante centro del mondo antico. Ortigia è la parte più antica della città, un’isola nell’isola, a cui si arriva tramite due ponti. Il fulcro è piazza Duomo, piazza centrale, una delle più spettacolari di tutta la Sicilia.
Protagonista è il Duomo, in stile barocco e rococò, intitolato alla Natività di Maria. Al suo interno resti di epoca normanna e soprattutto le vestigia del passato greco dell’isola: le colonne dell’antico tempio dorico di Atena (V sec. a.C.) sono state incorporate nella muratura delle navate e sono visibili anche all’esterno sulla fiancata di sinistra. La nuova facciata è un primo esempio di facciatacampanile, una delle invenzioni tipiche del barocco siciliano.
Sulla piazza anche la chiesa di Santa Lucia alla Badia, riedificata nel 1965, dimora della santa patrona della città, che custodisce un capolavoro del Caravaggio: il Seppellimento di Santa Lucia, realizzata dopo il 1608, quando il pittore si rifugiò nella città sicula dopo essere evaso dal carcere di Malta. E altri numerosi palazzi barocchi si svelano ai nostri occhi, come la chiesa del Collegio dei Gesuiti, il Palazzo Arcivescovile, il Palazzo di Città con il tipico balcone in ferro battuto e il Palazzo Beneventano del Bosco, ex Commenda Borgia, la cui facciata è un esempio tardo del miglior barocco siracusano. In circa dieci minuti si arriva alla Fonte Aretusa, sorgente di acqua dolce vicino al mare, unico bacino in Europa oltre a quello di Fiumefreddo, in cui crescono piante di Papiro. Proseguendo verso la punta estrema dell’isola di Ortigia, a controllare il mare è il Castello Maniace, chiaro esempio di architettura svevo-federiciana, voluto da Federico II.Appena fuori città, al Parco Archeologico della Neapolis, uno dei siti archeologici più importanti della regione, si conservano i resti di un passato glorioso. È qui il più grande Teatro Greco di Sicilia, nonché uno dei maggiori di tutto il mondo ellenico, costruito nel V secolo a.C. e poi ristrutturato in epoca romana. Poteva ospitare 15mila spettatori. Proseguendo si incontrano il più grande altare sacrificale dell’antichità greca (ara di Ierone) e le Latomie del Paradiso, cave di pietra utilizzate come prigione. Si resta colpiti dall’Orecchio di Dioniso, una grotta artificiale con una particolare forma a orecchio d’asino e una particolare acustica. Si narra che il tiranno
Dioniso di Siracusa si appostasse in una cavità al di sopra della grotta per origliare i discorsi dei prigionieri. Da qui il nome della grotta.
UN NOME UNA LEGGENDA:
IL CASTELLO DI DONNA FUGATA
Nel territorio di Ragusa emerge il Castello di Donnafugata, una dimora nobiliare ottocentesca merlata che si staglia all’orizzonte circondata da un grande parco di 8 ettari dove è piacevole passeggiare fra piante secolari e rarità botaniche e perdersi in un singolare labirinto di pietra. Set del famoso “Gattopardo” e di altre fiction, nasce come villa rurale costruita intorno a un insediamento preesistente, a circa 15 chilometri da Ragusa. Il suo aspetto attuale si deve a interventi tra la seconda metà del XIX secolo e gli inizi del ‘900 ed è visitabile attraverso ambienti arredati con mobili d’epoca. Il nome? Deriva da una leggenda: si narra di una donna in fuga, la regina Bianca di Navarra. Rimasta vedova, divenne oggetto del desiderio del perfido conte Cabrera che la imprigionò nel castello dal quale appunto riuscì a fuggire.
CONSIGLI DI VIAGGIO
PRIMA DI PARTIRE
- www.visitsicily.info
- www.regione.sicilia.it/istituzioni/regione/strutture-regionali/assessorato-turismo-sport-spettacolo
DOVE DORMIRE
Romano Palace Luxury Hotel
V.le Presidente Kennedy 28, Catania, romanopalace.it
Palace Catania Una Esperienze
Via Etna 218, Catania, gruppouna.it
Unahotels Capotaormina
Via Nazionale 105, Taormina (ME), gruppouna.it
NH Hotel
Foro Italico 22/B, Palermo, nh-hotels.it Relais Parco Cavalonga
SP 80, km 3.200, Donnafugata (RG), parcocavalonga.it
DOVE MANGIARE
Esposito Mare via Francesco Crispi 67, Milazzo Giardino Duca di Serradifalco
Via Dante 332, Palermo, giardinoserradifalco.it
La Cambusa
piazza Marina 16, Palermo, lacambusa.it Caico Trattoria & Cantina via Nettuno 35, Agrigento
Agriturismo Gigliotto
C. da Gigliotto, S. Michele di Ganzaria (CT), gigliotto.com
Momento
Via Brea 2, Siracusa
COMPRARE Associazione Associbo
Nuova associazione di produttori e promotori del cibo e del territorio di Confesercenti Sicilia, confesercenti.it
Valle dell’Acate
Degustazioni e vini di grande spessore
C.da Bidini Sp3, Acate, Vittoria (RG), valledellacate.com
Il brand israeliano Brown Hotels sceglie la Grecia e punta su Atene, in particolare, per allargare la sua collezione. Brown è un gruppo alberghiero di boutique e design hotel in forte espansione in Europa che attualmente sta acquistando e ristrutturando proprietà nella Repubblica ellenica sia nella capitale che in Tessalonica.
Ad Atene in particolare Brown Hotels vanta strutture di charme prevalentemente nel quartiere di piazza Omonia, nel cuore cosmopolita della città, una zona di negozi, ristoranti, locali notturni. Se l’esperienza comincia la sera, con una cena sulla terrazza panoramica del Brown Acropol, porterete a casa un ricordo indimenticabile. La vista è sull’Acropoli illuminata e a 360 gradi sulla città. Un gioco di luci che rende ancor più attrattivo un panorama già spettacolare e crea un’atmosfera magica all’interno del ristorante a vetrate all’ultimo piano del palazzo. Lifestyle anni Settanta, Acropol è stato il primo albergo del gruppo ad aprire sotto il Partenone.
Racconta Leon Avigad, fondatore della catena: “Noi riteniamo che Atene sia una destinazione in crescita. Così cerchiamo di cogliere questa opportunità. La Grecia ha molto da offrire oltre alle isole: Atene è una città vivace nell’arte, nella cultura e per la vita notturna. Entro il 2023 avremo diverse nuove aperture nella capitale, a Tessalonica e in generale nel Paese”.
Sempre con l’affaccio in piazza Omonia anche il Brown Lighthouse accoglie gli ospiti con un design innovativo e un’atmosfera raffinata. L’hotel offre 199 camere e una premium suite. Bar, ristorante, night club e una top terrace con piscina ed idromassaggio.
Le terrazze con vista sui tetti sono sicuramente il fiore all’occhiello della società israeliana. Quasi tutte le strutture ne possono vantare una e il panorama che dall’alto si ammira è sempre straordinario.
Il Villa Brown, tra la Plaka ed Ermou, non lontano dai siti archeologici, è invece un piccolo hotel di charme che si distingue per i dettagli raffinati. Offre attualmente 16 stanze che presto diventeranno 51. Il suo delizioso Petit Bistrot, al piano terra, è il luogo ideale per un brunch elegante ed informale.
Il cuore rosso della collezione ateniese è il Brown Dave Red dal design urbano contemporaneo che dà grande spazio alla creatività. Anche qui troviamo una scenografica terrazza, cocktail bar e 87 camere dall’arredamento eccentrico. Una struttura che strizza l’occhio al lato “ribelle” ed anticonformista di Atene.
Dopo una giornata in giro per la città con le sue mille attrazioni culturali e mondane, non perdetevi una cena da Cookoovaya, uno dei ristoranti più popolari della movida chic. Un’occasione per gustare gli straordinari sapori della cucina greca.
Ma è Isla Brown Corinthia, a pochi chilometri dallo stretto di Corinto e a circa un’ora dalla capitale, a conquistare i turisti desiderosi di mare e sole. Corinthia è un grande edificio, bianco e curvilineo, ideato da un team di archistar. Un resort pensato
per coppie e famiglie che offre confort e molte attrazioni. Piscine e spazi per praticare sport acquatici, ristoranti, bar e lounge; un centro benessere e una spa. In sintesi una location di gran classe ideale per una vacanza mare indimenticabile. Con la possibilità anche di gite in motoscafo per esplorare comodamente e via mare questo tratto di costa ellenica.
L’espansione del gruppo Brown, tuttavia, non s’arresta in Peloponneso. E’ appena stato inaugurato infatti un resort a Cipro, in località Limassol. Mentre le prossime aperture saranno in Croazia ed in altre nazioni sempre del Mediterraneo. www.brownhotels.com
Val d’Isère è un piccolo borgo alpino a 1850 metri d’altezza incastonato tra le Alpi francesi. Siamo nel cuore della Savoia, ad un’ora e mezza di macchina dal confine italiano, tra valli verdi e cime imbiancate. E proprio tra quegli chalet in pietra e legno è appena stato riaperto il Club Med Exclusive Collection Val d’Isère, uno dei villaggi montani più esclusivi del brand. L’Exclusive Collection infatti propone un lusso raffinato ma meno tradizionale dove il confort include anche momenti di libera condivisione.
Il Club Med Val d’Isère è un resort vocato agli sport alpini - trekking, arrampicata, bike, sci - ma apprezzato anche dagli esteti della montagna, coloro cioè che cercano pace e tranquillità ed un taglio netto dalla vita cittadina.
La struttura offre 216 camere unicamente delle categorie Deluxe e Suites, il 65% delle quali con stanze più ampie di 30 mq. Oltre ovviamente a grandi spazi comuni, saloni, bar, ristoranti e una terrazza con vista sul massiccio del Vanoise dove vengono serviti merende ed aperitivi. La formula è quella dell’all inclusive (compresi gli sport): un modo per godersi la vacanza senza pensieri. Ciò che fa la differenza però è il capitale umano: ovvero la cortesia, l’attenzione, la gentilezza mai invadente del personale. Come vuole la tradizione del Med, i g.o (gentil organisateur) sono scelti e formati con grande attenzione.
La stagione estiva offre la possibilità di escursioni guidate con soste anche in alta quota. Si sale alla scoperta del Parco Nazionale della Vanoise e dei suoi numerosi sentieri per arrivare fino Rifugio del Prariond a 2324 metri d’altitudine.
Un’altra esperienza da provare è la ebike: ovvero la mountain bike elettrica a pedalata assistita che permette anche ai meno giovani di godere dei paesaggi montani.
In un contesto alpino così incantevole l’attenzione all’ambiente e alla sostenibilità è prioritaria. Club Med Exclusive Collection Val d’Isère ha ottenuto la doppia certificazione Good Level da BREEAM, un marchio indipendente di ecocostruzione reputato
tra i più esigenti al mondo. Silenzio e tranquillità ma anche tanta gioia di vivere. Il 70% delle camere è pensato per accogliere famiglie con bambini e tanti sono i momenti e gli animatori a loro dedicati.
Il Club Med Val d’Isère vuol essere un nido accogliente che facilita i momenti di condivisione e riconnessione familiare.
Non potevano poi mancare il solarium con vasca idromassaggio all’aperto e una piscina coperta di 17 metri, la Club Med spa by Cinq Mondes e le sessioni di yoga by Heberson in piccoli gruppi: promes-
sa mantenuta di vacanze rigeneranti.
Last but not least il resort vanta un’offerta gastronomica gourmet. E come poteva essere altrimenti?
I suoi due ristoranti principali – Le Bellevarde e Les Millésimes – offrono il meglio della cucina savoiarda e il fior fiore delle produzioni del territorio, tra cui i formaggi locali e i prodotti freschi di stagione dell’healthy corner. Val d’Isere si raggiunge in macchina dal Piemonte attraverso il traforo del Freius, il principale valico transfrontaliero che unisce Italia e Francia. www.clubmed.it
Chi ci è stato almeno una volta lo sa. L’Arbatax Park Resort, nell’omonima località in provincia di Nuoro, è molto più di un bel villaggio in una delle zone più autentiche della Sardegna, il parco naturale dell’Ogliastra. Arbatax Park è un progetto di accoglienza sostenibile a 360 gradi che comprende il recupero delle tradizioni culturali e gastronomiche, la salvaguardia della biodiversità botanica e faunistica, le buone pratiche per la tutela dell’ambiente, ovvero la valorizzazione di un territorio unico e sorprendente.
Non a caso da molti anni è insignito di premi e riconoscimenti prestigiosi, riconfermandosi come Miglior Eco Resort d’Italia e del Mondo ai World’s Travel Awards, gli Oscar del Turismo. Lo scorso febbraio il resort ha ricevuto anche la Menzione d’onore Decennio del Mare Unesco all’11a edizione del Green Travel Award 2023, che il GIST-Gruppo Italiano Stampa Turistica attribuisce alle eccellenze del turismo sostenibile e responsabile italiane ed estere. Un riconoscimento importante che premia gli sforzi della famiglia Mazzella, proprietaria della struttura, per salvaguardare l’ambiente in questo incantevole angolo d’Italia. Qui tutto è pensato in questa ottica: dalla raccolta differenziata al riciclo totale dei rifiuti, dal compostaggio di tutto il materiale organico proveniente dalle potature, che diventa humus per le piante, al recupero delle acque piovane che convogliano all’interno di una cava e vengono riutilizzate per irrigare orti, prati e giardini. I rami secchi diventano legna per alimentare i forni per pane e dolci, recinzioni per gli animali o complementi di arredo per le camere, la carta diventa lettiera per gli animali della
fattoria. E numerose altre attività eco-sostenibili vengono condotte quotidianamente. Anche l’energia utilizzata è green (da fonti rinnovabili) e ogni anno si implementa il numero dei pannelli fotovoltaici con l’obiettivo di arrivare ad essere, in un futuro prossimo, il primo resort carbon neutral della Sardegna. La struttura, inoltre, promuove iniziative di clean up in cui vengono coinvolti anche i turisti per la raccolta della plastica e dei rifiuti abbandonati sulle spiagge e sui fondali a bordo della M/y Stella, una vecchia barca di pescatori restaurata dal Gruppo Mazzella con motori a propulsione elettrica e premiata al Salone Nautico di Venezia 2022 come Migliore eco imbarcazione del Mediterraneo. Non è tutto: il resort, in collaborazione con le associazioni di categoria locali, si avvale di una rete di orti solidali, oltre 100.000 mq di terreni che forniscono frutta e ortaggi a chilometro zero per i ristoranti interni.
UN ANGOLO DI PARADISO
L’Arbatax Park Resort si estende per circa 60 ettari sull’estremità della penisola di Capo Bellavista, nella costa centrorientale della Sardegna, in una delle 5 “Blue Zone” del pianeta, patria di centenari custodi di antiche tradizioni. Un angolo di paradiso dove ritagliarsi momenti impagabili a contatto con una natura rigogliosa e un mare dalle acque cristalline che si fregia di ben 6 bandiere blu. Lo scenario è di incomparabile bellezza: una natura esuberante e rigogliosa che vede la sua massima espressione nel Parco Naturalistico e Faunistico Bellavista e nel Giardino delle Meraviglie. Il Parco occupa 40 ettari con oltre 500.000 piante, più di 500 animali e circa 5 km di passeggiate tra olivastri, lentischi, mirti, ginepri e altre essenze della macchia mediterranea dove vivono in libertà mufloni, cinghiali, cavalli di razza e cavallini della giara, daini, asini, pecore e mucche sar-
de, insieme a numerose specie di volatili che trovano rifugio in un ecosistema protetto. Molti sono i percorsi per osservarli, a piedi o a bordo di speciali mezzi, accompagnati da Ranger alla scoperta deli scorci più suggestivi. Imperdibile il Giardino delle Meraviglie che offre un percorso multisensoriale per bambini e per adulti che vogliono immergersi in un tripudio di fiori, alberi e arbusti. Qui si entra facilmente in sintonia e armonia con la natura, risvegliando i cinque sensi in diverse zone che rappresentano le quattro stagioni, dove si può leggere, praticare yoga e meditazione, fare stretching nella palestra degli ulivi, fantasticare nella domus de Janas, la casa delle fate della tradizione sarda. Tanta bellezza e magia si devono ad Angela Scanu Mazzella, propietaria insieme al marito Giorgio del resort, che ha voluto e ideato questo spazio dell’anima, insignito del premio “World’s Leading Sensory Garden”.
ALLOGGI E AMBIENTI PER TUTTI I GUSTI
All’Arbatax Park Resort si soggiorna in hotel, ville, suite e cottage che rispondono a tutte le esigenze. Sono sette tipologie di alloggi distribuiti in aree differenti collegate fra loro da un servizio gratuito di navette con piccoli mezzi elettrici che percorrono a rotazione l’intero villaggio. Alcune camere hanno giardini privati, altre si affacciano alla piscina, altre ancora hanno terrazze incastonate nella roccia per contemplare il mare direttamente dalla stanza. Ogni struttura ha reception, uno o più ristoranti e bar dedicati. Telis si estende su un’ampia collina che degrada verso il mare e comprende alloggi adatti a famiglie con bambini che in quest’area trovano varie possibilità di intrattenimento. Su un pendio in prossimità del Parco Naturalistico Bellavista, le Ville del Parco sfoggiano camere perfettamente inserite nel paesaggio e possono ospitare fino a 5 persone. Sono la giusta so-
luzione per chi desidera un contatto immersivo nella natura sarda, senza rinunciare al mare. Dune si riconoscono dall’originale forma esagonale: sono camere indipendenti e rinnovate di recente, in una zona panoramica, molto apprezzate dai giovani. Ci sono poi gli alloggi Cottage, in un’area esclusiva del resort, tra alberi di eucalipto e bouganville, a pochi passi dal mare e con una piscina e ristorante dedicati. Questi caratteristici chalet sono un rifugio romantico per le coppie e per chi ama il silenzio e il relax. Le Suites del Mare sono decisamente le più lussuose ed esclusive: tutte con giardino privato, arredate con mobili di fattura orientale e sculture in pietra in abbinamento con tessuti artistici della tradizione sarda, un Ristorante del Mare à la carte riservato ai loro ospiti. Anche Borgo Cala Moresca ha un fascino speciale: è stato costruito come un antico paesino sardo, a picco sul mare nella splendida insenatura di Cala Moresca. Infine, nel punto più alto del promontorio di Capo Bellavista si trovano le stanze di Monte Turri, adults only, con piscina e solarium e accesso, tramite ascensore panoramico, ad una caletta rocciosa con splendidi fondali.
Anche il Centro Benessere, di 2.000 mq, creato dalla riconversione di un centro equestre, è un invito al relax, alla contemplazione della forza della natura, alla cura del corpo e dei sensi nell’ottica di un’esperienza olistica. L’architettura della Spa richiama quella di un’antica dimora araba che si sviluppa intorno ad un patio dov’è la grande piscina esterna con idromassaggio. Da provare il percorso rigenerante nelle vasche di acqua salata e riscaldata, il bagno turco, la grande sauna, le cascate emozionali, la cromoterapia, la stanza del sale, quella dei geyser. Dopo essersi lasciati inebriare dal profumo del mare e dei giardini, ci si abbandona ad un massaggio antistress o aromatico agli oli essenziali. Per la bellezza della pelle ci sono le proposte di ringiovanimento cutaneo con esclusivi programmi anti-age e i trattamenti estetici che sfruttano le proprietà delle piante officinali sarde.ì
Tra gli eventi in programma, la tradizionale serata sarda che si svolge ogni settimana, durante la quale si preparano ricette tradizionali come i ravioli e il tipico pane pistoccu, i dolci sardi e il formaggio e si svlgono i laboratori degli artigiani, dal coltellinaio al distillatore, dall’orafo al falegname, dall’erborista ai tessitori di lana. A Chent’Annos... a tavola! è una kermesse gastronomica che onora le tradizioni della terra dei Centenari mentre InCantos, Sounds of Sardinia è un momento di grande suggestione, con esibizione di famosi maestri musicisti in riva al mare, sotto il cielo stellato.
Per informazioni: www.arbataxpark.com
STRADA DEL VINO COLLI EUGANEI PROMUOVE UN PERCORSO DI SCOPERTA DEL TERRITORIO
a cura di marco morelli
La Strada del Vino Colli Euganei promuove un percorso di scoperta del territorio dei Colli Euganei, luogo dalla conformazione unica e ricco di storia e di tradizioni.
L’Associazione riunisce strutture e aziende in grado di offrire un’ampia esperienza di viaggio di alto livello qualitativo.
Il progetto è nato nel 2002, e anno dopo anno è diventato un punto di riferimento per la valorizzazione delle attrattive culturali e delle specialità enogastronomiche locali.
Strada del vino Colli Euganei oggi conta circa 100 associati. La compongono aziende agricole, vitivinicole, artigiane, aziende della ricettività e della ristorazione, enoteche, esercizi commerciali di vendita di prodotti enogastronomici di qualità. Si sono associati negli ultimi anni anche beni culturali, agenzie viaggio, cooperative di escursionismo, centri visite.
Sono inoltre soci di Strada del vino: Parco Regionale dei Colli Euganei, Provincia di Padova, Comune di Torreglia, Comune di Vo’, Comune di Rovolon, Comune di Monselice, Comune di
Arquà Petrarca, Comune di Galzignano Terme, Consorzio vini Colli Euganei, Consorzio Terme e Colli Marketing.
Presidente di Strada del Vino è Roberto Gardina, titolare dell’Azienda vinicola Quota 101 di Torreglia.
L’area promossa da Strada del Vino è composta dai cento Colli Euganei, che si elevano al centro del Veneto in provincia di Padova, città che a pochi chilometri offre meraviglie come il Palazzo della Ragione, la Basilica di Sant’Antonio e ben due patrimoni Unesco, il ciclo di affreschi del ‘300 di cui fa parte la Cappella degli Scrovegni e l’Orto Botanico.
I Colli Euganei si alzano improvvisi dalla terra piatta: sono il frutto di eruzioni vulcaniche avvenute milioni di anni orsono. Questi monti, dalla inconfondibile forma a piramide, sono vocati alla vite da quando i Paleoveneti della civiltà “atestina”, tra il X e il V sec. A.C., vi introdussero questa coltivazione.
Qui si gode uno spettacolo suggestivo e indimenticabile fatto di cielo azzurro, di misteriose foschie, di viti e prati dal tenero color verde a primavera e rosso dorato in autunno; fatto di geometrici vigneti di Garganega, Serprina, Tocai, Pinot, Chardonnay, Pinella, Sauvignon, Riesling, Italico, Barbera, Raboso; oltre a Merlot e Cabernet, che fanno parte integrante della cultura enogastronomica veneta sin dall’Ottocento.
VINI ECCELLENTI
Sui Colli Euganei produrre vino è da sempre un’arte, favorita dalla morfologia delle vigne e dal clima particolarmente propizio: ci troviamo nei monti più a sud del Veneto; qui le vigne dimorano accanto ai fichi d’india e, grazie al benefico influsso del mare ed al terreno vulcanico, regalano vini caratterizzati da note mediterranee e minerali di grande carattere.Tra questi citiamo Colli Euganei bianco (doc), Colli Euganei Cabernet Franc (doc), Colli Euganei Cabernet Sauvignon (doc), Colli Euganei Chardonnay (doc), Colli Euganei Manzoni bianco (doc), Colli Euganei Merlot (doc), Colli Euganei Moscato (doc), Colli Euganei Pinello (doc), Colli Euganei Pinot bianco (doc), Colli Euganei Rosso (doc), Colli Euganei Serprino (doc), Colli Euganei Fior d’arancio spumante (docg), Colli Euganei Fior d’arancio secco (docg), Colli Eu-
IL PROGETTO È NATO NEL 2002, E ANNO DOPO ANNO È DIVENTATO UN PUNTO DI RIFERIMENTO PER LA VALORIZZAZIONE DELLE ATTRATTIVE CULTURALI E DELLE SPECIALITÀ ENOGASTRONOMICHE LOCALI
ganei Fior d’arancio passito (docg) e Novello.. Il visitatore viene accolto nelle fattorie e nelle cantine dove può sostare per piacevoli degustazioni di vino accompagnato dai tipici spuntini; si può rilassare negli agriturismi e divertire alle feste ed alle sagre paesane.
IL FIOR D’ARANCIO DOCG
Per quel che riguarda i bianchi, sicuramente il fiore all’occhiello dei Colli è il Fior d’Arancio al quale è stata riconosciuta la Docg nel 2010: un unicum a livello mondiale, ottenuto da Moscato Giallo, un vitigno dai natali incerti: probabilmente ha avuto origine in Siria ed è stato importato
dalla Grecia all’Italia da mercanti veneziani.
TRA VILLE, BORGHI E CASTELLI
Il paesaggio è un susseguirsi di borghi e castelli medioevali, di ville rinascimentali e dimore patrizie, di chiese, di monasteri ed eremi tuttora abitati da benedettini e camaldolesi. Uno scrigno di tesori racchiusi all’interno di un’isola naturalistica protetta dal Parco Regionale, caratterizzata da una vegetazione molto ricca e varia, e da una terra che offre frutti preziosi in ogni stagione: deliziosi frutti di bosco, ciliegie, fragole, more, giuggiole, melagrani, fichi, delicate erbette spontanee, miele finissimo ed olio lavorato secondo una tradizione di 700 anni. Lungo la Strada del Vino Colli Euganei si possono riconoscere i luoghi prediletti di personaggi illustri come Petrarca, Goethe, Foscolo, Byron e Shelley. Luoghi incantati descritti da Marziale, Ariosto, Montaigne, Ruzante, Goldoni, Fogazzaro e D’Annunzio
NONSOLOVINO
Sui Colli Euganei ci si può divertire con il golf, l’equitazione, il cicloturismo, il trekking, il birdwatching e tanto altro ancora.
UN TERRITORIO VOTATO
AL BENESSERE TERMALE
Ai piedi dei Colli, le Terme Euganee sono il più grande nucleo termale d’Europa, luogo di benessere, famoso per la fangoterapia.
In varie località del mondo, in cui sono presenti sorgenti e fanghi termali, naturali o utilizzati per la fango-terapia, si sta procedendo alla completa caratterizzazione del microbiota (cioè di tutte le specie che costituiscono la microflora e delle loro relative abbondanze). In questa direzione lavorano i laboratori dell’Orto Botanico di Padova che ha come missione proprio lo
studio e la valorizzazione della biodiversità in generale. Questo tipo di ricerca è considerato di fondamentale importanza per la valorizzazione delle risorse termali quasi sempre caratterizzate dalla presenza di una specifica comunità di microorganismi. Il motivo di questo interesse è che dal 2008, quando sono stati pubblicati i primi studi approfonditi sul microbiota umano, si è compreso che il nostro stato di salute o la nostra possibilità di ammalarci o di proteggerci da patologie di origine infiammatoria, ma anche da malattie neurodegenerative, dipende in buona parte dalla microflora con cui abbiamo a che fare. Nel nostro corpo e sulla nostra pelle vivono infatti 100 trilioni di microorganismi e tra questi ci sono organismi “buoni” protettivi e “cattivi” potenzialmente patogeni. Entrambe le tipologie di microorganismi agiscono sulla nostra salute attraverso la produzione di sostanze “benefiche” o “tossiche”.
Gli scienziati in generale sono convinti che le terapie di nuova generazione potranno derivare proprio dall’identificazione dei microorganismi “amici” e dal potenziamento della loro interazione con l’organismo umano. Questo concetto è vero non solo per i microorganismi che vivono nel o sul nostro corpo, ma anche per quelli con cui interagiamo nell’ambiente che ci circonda o le cui proprietà sfruttiamo a vario scopo come anche nel caso della fango-terapia.
Il pericolo o il vantaggio derivante dall’utilizzo di una risorsa ambientale è infatti direttamente legato alla qualità dei suoi microorganismi, e cioè alla biodiversità delle specie che possono produrre sostanze buone o cattive ed alla loro relativa abbondanza. Per questo motivo analisi sulla biodiversità dei microorganismi vengono ormai condotte per qualsiasi risorsa e processo che implichi la presenza di un microbiota dal quale dipenda almeno in parte la qualità e
Strada del vino Colli euganei oggi Conta CirCa 100 aSSoCiati. la Compongono aziende agriCole, vitiviniCole, artigiane, aziende della riCettività e della riStorazione, enoteChe, eSerCizi CommerCiali di vendita di prodotti
l’efficacia del prodotto. Ne determina infatti le caratteristiche peculiari in ogni fase e permette di definirne l’unicità e la bontà. Questo tipo di analisi era dunque d’obbligo per il processo di maturazione del fango termale euganeo, che viene operato da sempre secondo tradizione e che è certificabile con il marchio di fango DOC.
ITINERARI PERSONALIZZABILI
Vi proponiamo qui di seguito una piccola selezione di posti che abbiamo toccato con mano, rimandandovi a tutti gli altri luoghi imperdibili dei Colli Euganei che potrete troverete consultando il sito della Strada del vino (https://www.stradadelvinocollieuganei.it). Itinerari percorribili non solo in auto ma anche a piedi, magari accompagnati da una guida naturalistica o storicoartistica, in bicicletta e in barca, vista la fitta rete di canali del territorio.
VILLA DEI VESCOVI
Villa dei Vescovi fu costruita tra il 1535 e il 1542 come dimora di campagna per il vescovo di Padova Francesco Pisani. Fu progettata dall’archi-
tetto veronese Giovanni Maria Falconetto con la direzione dei lavori seguita da Alvise Cornaro, al tempo amministratore della mensa vescovile di Padova. Giovanni Maria Falconetto pensò alla residenza prendendo d’esempio la Domus Romana ma non vide il suo progetto realizzarsi poiché morì qualche mese prima dell’apertura del cantiere.
Per portare avanti i lavori di costruzione della residenza, Francesco Pisani si appoggiò a Giulio Romano, che modificò alcuni particolari della struttura, sia interni che esterni, per renderla ancora più monumentale, come ad esempio la modifica del basamento della Villa attraverso il bugnato, molto simile a quello da lui realizzato a Palazzo Tè a Mantova.
La Villa nasce come modello di residenza rinascimentale, la prima nel contesto veneto, che da vita al concetto di villa come residenza dove passare del tempo d’ozio e ristoro.
Giulio Romano oltre a completare i lavori di rifinitura della struttura ha avuto il compito di trovare il pittore che affrescasse la Villa ancora incompiuta. Su suo suggerimento fu quindi chiamato Lambert Sustris, un pittore fiammingo in Italia per studio, che tra il 1542 e il 1548 soggiornò presso la Villa e la affrescò interamente.
Il macro tema che caratterizza il ciclo decorativo del piano nobile riguarda il rapporto che l’edificio ha con la natura. Data la totale immersione della Villa nel paesaggio dei Colli Euganei, il Pittore rappresenta sulle pareti le stesse vedute (inquadrate da ampie architetture) che appaiono, reali, al di fuori delle grandi finestre. Il tutto secondo il concetto del tempo che l’elemento chiave per elevare l’uomo intellettualmente e ristorarlo era proprio la Natura. Insieme a questo elemento non dovevano mancare dettagli di richiamo al Rinascimento e alle scoperte che ha portato. Nel pieno del contesto naturale affrescato sono stati inseriti dettagli che ci riportano a quel mondo antico e classico di grandi bellezze.
Nel corso degli anni varie modifiche sono state apportate alla Villa, in base al gusto del tempo e agli stili artistici. Un esempio importante è stato dato dall’architetto Vincenzo Scamozzi, il quale arricchisce il lato est della Villa, quello che si affaccia sulla parte agricola, di monumentalità grazie alla grotta di Nettuno e ai giochi d’acqua. Nel 1962, il vescovo reggente Girolamo Bordignon decise, viste le condizioni di degrado e la difficoltà di mantenimento della struttura, di alienarne la proprietà. Con il ricavato della vendita realizzò l’Opera della Provvidenza sociale. I nuovi proprietari della Villa furono l’imprenditore
Vittorio Olcese e la moglie Giuliana de Cesare Olcese. La famiglia Olcese decise di acquistare la Villa, nel 1964, su suggerimento dello storico dell’arte Roberto Longhi per riportarla al suo splendore cinquecentesco e utilizzarla come residenza estiva. Dopo averla utilizzata come tale e come luogo dei loro salotti culturali, nel 2005, la seconda moglie Maria Teresa Olcese Valotti e il figlio Pierpaolo decisero di donarla al FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano. La donazione derivò da una precedente volontà espressa per via testamentaria da Vittorio Olcese (deceduto nel 1999). Il FAI, fondazione privata senza scopo di lucro nato nel 1975, ha il fine di tutelare e valorizzare il nostro patrimonio storico, artistico e paesaggistico italiano. Sulla base di questi valori la Famiglia Olcese ritenne la Fondazione in grado di riportare e mantenere la Villa al massimo del suo splendore.
IL CASTELLO DEL CATAJO
Considerato la Reggia dei Colli Euganei, il Castello del Catajo ha vissuto nei suoi cinque secoli di storia momenti di grande splendore, molti dei suoi proprietari l’hanno amato come casa prediletta investendo grandi energie e ingenti risorse economiche, generando nel tempo un edificio dalle dimensioni colossali e scrigno di opere d’arte e testimonianze storiche. Il Catajo mostra ancora quasi intatta la stratificazione delle epoche, delle diverse influenze artistiche e delle esigenze abitative dei vari proprietari che nel tempo si sono succeduti, lasciando ognuno una traccia ancora oggi leggibile. La genesi e l’unicità del castello sono legate alla storia della famiglia Obizzi che dal Cinquecento all’inizio dell’Ottocento ha eletto il Catajo fulcro di un progetto architettonico e familiare, con l’intenzione di renderlo luogo di invidiabile delizia e allo stesso tempo potente mezzo di alta rappresentanza nell’esprimere l’esigenza di riconoscimento di ascesa sociale. Una residenza che per tre secoli poi è stata al centro della vita mondana internazionale; con l’estinzione nel 1875 degli Asburgo Este il castello venne lasciato all’erede al trono d’Austria Francesco Ferdinando e dopo la prima guerra mondiale rivenduto alla famiglia padovana dei Dalla Francesca. Il forte declino iniziato nella seconda parte del XIX secolo divenne più grave tra gli anni settanta del Novecento e il 2015, con la perdita di intere porzioni di tetti o di interi edifici a seguito della mancanza di manutenzione delle strutture.
Entro il 2015 il castello venne definitivamente spogliato di tutto il suo arredo e di ogni decorazione amovibile. Venduto all’asta venne acquistato alla fine del 2015 da Sergio Cervellin che ha dato inizio ad una importante opera di recupero e restauro ancora oggi in corso. Quella di oggi è dunque una nuova stagione che vede finalmente riaffacciarsi la luce sul destino del Catajo, che fiero è tornato a mostrare i suoi tesori e il suo fascino seducente.
VILLA
Nel cuore del Parco Regionale dei Colli Euganei sorge la seicentesca Villa Selvatico che dall’alto del Colle di Sant’Elena si specchia nei laghetti d’acqua sulfurea, custoditi nel giardino termale progettato nell’800 dal paesaggista Giuseppe Jappelli.
Villa Selvatico, nelle sue sale nobili custodisce un ciclo di affreschi tra divinità ed allegorie che si intrecciano con particolarità architettoniche uniche ed originali.
Una scalinata di 144 gradini conduce alla terrazza romantica affacciata sul comprensorio euganeo, mentre la cupola con la rosa dei venti, la galleria nel colle della Stufa e la chiesetta di Sant’Elena donano un tocco fiabesco alla prestigiosa dimora di ispirazione palladiana.
La storia del Salumificio Fontana di Este inizia a Montagnana, dove, nel 1919, i fratelli Giovanni e Attilio Fontana fondano la loro prima attività di produzione salumi.
Dopo appena due anni di vita la fabbrica viene requisita dall’esercito tedesco e gestita per due anni dai soldati per rifornire di salumi e di carni i vari comandi militari della zona. L’attività riprende immediatamente nel 1945, dopo la liberazione.
Nel 1951 il capofamiglia deve passare le redini dell’azienda nelle mani della moglie Lea Vezzù, maestra in pensione, che la gestisce fino a quando, uno dopo l’altro, i figli, ancora giovani, non cominciano a occuparsene in prima persona. Oggi la terza generazione Fontana è già entrata nell’azienda di famiglia. Il Prosciutto Veneto Berico Euganeo Dop Fontana è un prodotto eccezionale che, da qualsiasi parte arriviate, vale il viaggio,
Elegante ristorante di Este, dove la proposta comprende due menu degustazione e il menù alla carta. La varietà dei piatti proposti, la ricerca delle materie prime talvolta inusuali, le esplosioni di aromi e gusti delle pietanze e la loro preparazione e presentazione sono di elevato livello culinario. La carta dei vini adeguata all’offerta gastronomica viene presentata con grande maestria dal sommelier. Tutto il personale è altamente professionale e cordiale: esperienza sicuramente che vi consigliamo!
ANTICA TRATTORIA BALLOTTA
Abbracciata da un parco di undici ettari, con alberi secolari e cinque laghetti termali, Villa Selvatico è un perfetto equilibrio tra natura e arte. Nel panorama delle ville venete e giardini storici italiani è la meta ideale per visite guidate, tour culturali, passeggiate in famiglia o in gruppo, laboratori per scuole, eventi privati, matrimoni e meeting.
Este Ceramiche Porcellane, una delle più antiche manifatture d’Europa, propone un intero percorso storico dell’arte della tavola e dell’oggettistica da arredamento dalle sue origini nel XVIII secolo al design attuale, nella continuità di luogo e dei processi di lavorazione a mano. Affascina la posizione e l’atmosfera. La fabbrica è situata lungo le mura cittadine ed è affacciata sul canale che portava a Venezia. La terra entra come materia prima ed esce come manufatto prezioso.
La Este Ceramiche e Porcellane continua a proporre le sue creazioni antiche e moderne. Continua a privilegiare, con uno stile da antica bottega di grande fascino, il rapporto diretto con il cliente che passa qui un momento raro, immerso nella bellezza di oggetti antichi e insieme nuovissimi, con la certezza, altrettanto rara, di potersene almeno in parte appropriare.
COLLI EUGANEI GOURMET
Con la loro ricchezza culturale ed enogastronomica i Colli Euganei regalano esperienze indimenticabili a chi decide di sceglierli per un soggiorno per tornare a viver la natura durante l’estate. Vale la pena di prendere un po’ di tempo e farsi accompagnare tra i vigneti o tra gli ulivi, in qualche ristorante segnalato oppure in qualche azienda che sa trasformare a dovere le eccellenze del territorio e scoprire sapori dimenticati
In quel di Torreglia (Pd) troverete l’eccellenza a tavola: sevizio impeccabile, cucina eccellente, elevata qualità’ delle materie prime preparate in modo mai banale. La location completa un quadro di elevato livello.
Tre piatti da consigliare vivamente: Poenta e Osei, Bigoli in sugo di lepre, Pasta e fagioli alla veneta. L’Antica Trattoria Ballotta fa parte dell’Albo dei Locali Storici d’Italia.
UN RIFUGIO ESCLUSIVO NELL’INCANTO DEL RENON
a cura di marco morelli
Una struttura ADLER interpreta al meglio tutta la qualità di un Resort a cinque stelle, in un ambiente più familiare e informale rispetto ai pari categoria; rigorosamente a conduzione familiare, ogni realtà ADLER è un ambiente cordiale in cui è semplice e veloce accedere ad ogni servizio, senza troppi vincoli; un posto in cui sentirsi liberi di scegliere, di vivere, sperimentare, rilassarsi, rigenerarsi e godere del luogo. Dentro e fuori: perché ogni struttura ADLER avvolge l’ospite con una morbida coperta e al contempo è una finestra sulle meraviglie del territorio circostante.
L’AUTENTICO ABBRACCIO DELLA NATURA DEL BOSCO,IN UN LUOGO DI LUSSO INFORMALE
L’ADLER Lodge RITTEN è un rifugio accogliente nella foresta, un luogo esclusivo, essenziale e confortevole in cui sentirsi accolti e protetti come a casa, meditare, staccare la spina e rinascere, lasciandosi coccolare dalla natura e dall’ospitalità generosa del personale (ben 40 collaboratori).
ADLER Lodge RITTEN è la destinazione ideale per chi ama la natura e ricerca l’esclusività di un lusso informale, sobrio e discreto in un ambiente familiare di grande comfort.
Per una vacanza green di benessere, in libertà e leggerezza.
Chi lo desidera, può partecipare al Tour “dietro le quinte” con Klaus, per scoprire tutti i segreti del Lodge: come funziona una struttura “green” come il Lodge; quali sono i processi che non si vedono ma sono indispensabili per offrire un servizio impeccabile; o come lavorano i tanti operatori non visibili dagli ospiti e coinvolti nelle diverse mansioni.
UN RIFUGIO INCANTEVOLE ANTISTRESS CON VISTA PANORAMICA SULLE MONTAGNE CIRCONDATO DAGLI ALBERI E DALLA MAGIA DELLE MONTAGNE
Il suggestivo “luogo di ritiro” si trova vicinissimo alla città di Bolzano ma nel silenzio e nella quiete di un altipiano meraviglioso e soleggiato, quello del Renon (a 1200 metri di altitudine).
Grazie alla pendenza del terreno ed alle ampie vetrate presenti frontalmente e lateralmente, il Lodge gode di una posizione panoramica comple-
ta sulle spettacolari DOLOMITI (Patrimonio Mondiale dell’Unesco dal 2009). Per chi desiderasse regalarsi un’esperienza emozionante, c’è la possibilità di raggiungere la struttura con la funivia che parte dal centro di Bolzano seguita da una suggestiva passeggiata nel bosco. Gli ospiti che arrivano a piedi dal bosco all’altipiano si trovano di fronte ad un’ampia radura in cui spicca il maestoso ingresso della struttura centrale tutta rivestita in legno nero e immersa totalmente in una natura incontaminata.
Per chi preferisce arrivare con mezzi propri, la struttura è raggiungibile in soli 30 min di auto dal centro di Bolzano: in un garage sotterraneo completamente nascosto l’ospite potrà lasciare la sua auto e godersi la vacanza in totale libertà
e senza stress, muovendosi a piedi, con la funivia o vivere l’emozione di viaggiare in una carrozza d’epoca con il trenino storico del Renon (che quest’anno festeggia l’anniversario dei 115 anni).
UN PROGETTO CHE NASCE DAL DESIDERIO DELLA PROPRIETÀ DI UN LUOGO ISPIRATO
AL CONCETTO DE “IL LODGE NELLA NATURA
E LA NATURA DENTRO IL LODGE”
Il Lodge è stato ideato e progettato da Andreas e Klaus Sanoner insieme all’architetto Hugo Demetz 1 ed allo studio G22 Projects e costruito in bio-edilizia, secondo il concept della “foresta”, con materiali naturali perlopiù autoctoni, divenendo esso stesso parte del paesaggio. I proprietari della struttura volevano creare il luogo rilassante perfetto per il ritiro che rispettasse il più possibile la natura del territorio e che addirittura si nascondesse nel bosco. Il legno dipinto di nero con cui sono stati rivestiti sia il corpo centrale, sia gli chalet è stato utilizzato per ridurre al massimo l’impatto nella natura del luogo.
L’amore per la natura si traduce anche in un’attenzione particolare all’ambiente: tra le tante misure ecologiche adottate dalla struttura, al fine di contribuire a ridurre l’uso di plastica, in tutte le strutture ADLER sono disponibili fonti d’acqua
potabile per riempire le borracce termiche disponibili e acquistabili in hotel.
IL MAIN LODGE, 2 COMPLESSI CON 20 SUITE, 1 PANORAMA SUITE, 20 CHALET: TUTTI PANORAMICI VERSO IL CIELO E IL PAESAGGIO
ll Lodge è costituito da un corpo centrale di 3 piani (Main Lodge) con soffitti alti e grandi open space che regalano una piacevole sensazione di libertà e leggerezza.
Nel piano terra si trova l’area wellness che comprende: SPA, infinity pool, bagno turco, sala relax e l’area fitness; al secondo piano sono situate la reception con il grande camino centrale ed un’area lounge; al terzo piano, trovano posto la cucina a vista ed il ristorante vetrato anche nella parte superiore, per cenare “sotto le stelle”.
A fianco del corpo centrale sono presenti due complessi comprendenti 20 luminose Junior Suite con propria biosauna, 1 Panorama Suite con propria biosauna e caminetto, e intorno sorgono 20 suggestivi e spaziosi Chalet (ad uno o due piani) con grandi vetrate anch’essi, tutti dotati di sauna e caminetto, ed alcuni situati intorno ad un laghetto naturale.
Le linee sono pulite ed essenziali, ma mai banali: c’è sempre un dettaglio inedito che sorprende o affascina. L’architettura, s’ispira al famoso architetto austriaco Clemens Holzmeister, che nel 1926 aveva progettato l’ala principale dell’Hotel ADLER di Ortisei; per esempio sugli chalet si possono osservare inedite teste di aquila, drago e gufo, realizzate da un artigiano del luogo (una cifra distintiva di ADLER). O ancora si può ammirare l’originale ascensore in ferro battuto decorato che fa da collegamento tra tutti i piani creando una continuità verticale.
I vari corpi sono costruiti interamente in legno naturale, secondo i requisiti dell’architettura ecocompatibile e certificate Klimahouse Nature2, la più alta categoria di Klimahouse. Il legno con il suo calore e la sua bellezza è il materiale più utilizzato: possiamo ammirare legni di abete ros-
so e larice non trattati, pavimenti in rovere. Altro materiale predominante è il vetro: la sua trasparenza consente il massimo dialogo tra interni ed esterni.
INTERNAZIONALITÀ E CONTAMINAZIONE DI STILI IN UNO SPAZIO DELINEATO DALLA LUCE
Arte africana e dei nativi d’America, tocchi in stile alpino,tavole decorate artigianali,arredi classici e di artigianato locale: nel Lodge lo stile è assolutamente eclettico e trae ispirazioni da luoghi esotici lontani così come dal territorio in cui si inserisce. Osservando le pareti si notano intarsi di tessuto con decorazioni tribali e colori sgargianti: queste pareti decorate sono costituite da panelli in legno stampati con innovative macchine, un’invenzione
dell’architetto Demetz, realizzata con maestria da un’impresa artigiana altoatesina; le singole tavole sono piallate controvento per dare l’effetto del bassorilievo.
Lo spazio è valorizzato da un uso sapiente della luce, sempre soffusa e ad illuminare solo le parti necessarie, lasciando il tutto il più naturale possibile, per creare un ambiente di estrema piacevolezza, rilassante e accogliente. I soffitti fonoassorbenti ed una progettazione accurata che presta attenzione all’isolamento acustico, contribuiscono a creare quest’atmosfera di assoluto relax e quiete.
NEL BOSCO O NEL CUORE DEL MAIN LODGE, IL BENESSERE PROFUMA DI BOSCO ED ERBE CURATIVE
Tra le cime splendenti e i larici imponenti, l’ospite può rallentare i propri ritmi e ricaricare le batterie lontano dalla frenesia della vita quotidiana, godendo di una piccola ma raffinata SPA di prim’ordine con personale altamente qualificato dove concedersi rigeneranti momenti di benessere. La sala relax panoramica aiuta a ritrovare l’armonia interiore. Altrettanto gradevole è farsi cullare e rinvigorire corpo e mente nella piscina calda con preziosa acqua salata che dall’interno sfocia all’esterno o purificarsi nel bagno turco. Al primo piano si trovano anche le sale dei trattamenti per decelerare, prendersi cura di sé, ritrovare l’armonia tra corpo e spirito. Anche qui la natura è protagonista: i prodotti di bellezza utilizzati sono fatti con ingredienti naturali. In particolare, trattamenti ADLER Lodge Signature Treatment sono stati sviluppati all’insegna del bosco con profumi alpini ed erbe curative, secondo rituali antichi. I trattamenti sono olistici e personalizzati sulle esigenze individuali, che siano massaggi rinvigorenti contro tensione e stress, impacchi nutrienti o bagni naturali.
L’ESCLUSIVA FOREST SPA
Protetta dagli alberi, è stata creata la Forest spa, un’area benessere nel bosco, in cui si trova una sauna finlandese, una biosauna aromatica e la saletta relax intersecata dai tronchi degli alberi: dei veri e propri luoghi magici del benessere av-
volti nel profumo degli alberi e sospese tra di essi e nel dolce suono delle foglie.
PIATTI GOURMET E CREATIVI ED UN MENÙ AUTENTICAMENTE “FROM FARM TO TABLE”
La cucina gourmet d’ispirazione alpino-mediterranea guidata dal talentuoso Hannes Pignater, accompagnerà gli ospiti per tutta la giornata con piatti genuini e creativi, preparati con prodotti freschi del territorio. L’ospite può scegliere tra la cena gourmet ed il menù “From Farm to Table”, declinato in sei portate ognuna delle quali viene preparata con ingredienti di origine locale. La filosofia che guida la sua cucina è data dalla volontà di riscoprire i sapori e le tradizioni culinarie locali, rivisitandoli in chiave moderna, leggera e creativa. Non manca mai un uso sapiente del colore e l’armonia dei sapori. Curati nell’estetica, memorabili nel gusto, i piatti di Hannes Pignater prediligono ingredienti semplici, propri della cucina quotidiana tirolese, l’uso di erbe, radici, tuberi e verdure dei piccoli produttori locali. La struttura stessa produce internamente il miele. Non solo per le delizie culinarie, ma anche per le bevande ADLER si affida ai produttori locali: succo di mela di montagna del Renon, i migliori distillati e liquori della zona. La lista dei vini è ricca di etichette di piccole cantine a conduzione familiare che da generazioni producono i migliori vini dell’Alto Adige. L’ADLER Lodge RITTEN, come ogni struttura del gruppo, guida tangibilmente gli ospiti nel viaggio alla scoperta dei sapori del territorio: il sigillo di qualità “ADLER Regional Partner” identifica le specialità regionali presenti nel menù e nei buffet ed il marchio ADLER Homemade contraddistingue le specialità fatte in casa.
L’ORTO-GIARDINO ADLER
Oltre a produrre internamente il miele, da quest’anno la struttura dispone di un nuovo ortogiardino per poter contare su ingredienti freschissimi. Su un’area di circa 4.000 mq - a soli pochi passi dall’edificio principale - si coltivano, con basso impatto ambientale, piccoli campi e giardini di erbe aromatiche.
LA
Nel Lodge è valida l’offerta “Lodge all-inclusive arrangement” che comprende tutti i pasti e una grande selezione di bevande e vini durante tutto il giorno: al mattino è disponibile una ricca colazione a buffet con specialità contadine e prelibatezze fatte in casa; dalle 13.00 alle 16.00 (con un’estensione fino alle 17.00 per il buffet dei dolci), è disponibile una ricca Merenda Pomeridiana con snack e piatti leggeri da assaporare sulla terrazza soleggiata; oltre ai dolci, alla frutta ed agli snack salati, è possibile scegliere ogni giorno tra 3 deliziosi piatti caldi diversi. Il servizio è compreso nel prezzo di soggiorno (è disponibile dalle 13.00 fino alle 14.00 anche un menù à la carte, a pagamento). E alla sera, guardando verso la cucina aperta, sarà molto coinvolgente assistere alla spettacolare preparazione dei piatti gourmet.
TANTE ATTIVITÀ, IN OGNI STAGIONE: DAL TREKKING ALL’E-BIKE, DALLO YOGA ALLA MEDITAZIONE CON IL GONG, AL PILATES ALLO SCI
Gli ospiti possono utilizzare un’area fitness panoramica, con vista sulle Dolomiti e dotata di attrezzature di ultima generazione ed usufruire di innovativi programmi fitness; qui e nella sala relax nel bosco vengono proposte lezioni di yoga, in gruppo o personali, meditazione, stretching ed il nuovo bagno di suoni, una meditazione speciale che sfrutta i benefici delle vibrazioni sonore del gong per stimolare tutti i sensi e favorire un rilassamento profondo; in alcuni periodi dell’anno vengono organizzati specifici retreat di una settimana focalizzati su diverse tipologie di yoga e pilates. Per chi ama uscire all’aria aperta, ADLER Lodge RITTEN mette a disposizione dei propri ospiti un variegato programma outdoor, aggiornato ogni settimana; alle attività è possibile iscriversi direttamente in loco tramite una lavagna posta in reception. Grazie ai climi particolarmente miti del territorio durante tutto l’anno, l’ospite può scegliere tra le tante proposte di attività outdoor per tutte le stagioni: piacevoli escursioni a piedi (anche per ammirare l’alba), in bicicletta o tour guidati in ebike, attività di esplorazione della flora e della fauna locali, attività meditative di immersione nella natura boschiva e infine, in inverno, può regalarsi giornate sulle piste da sci nel comprensorio del Corno del Renon. O divertirsi con le ciaspole e la slitta. Si ricorda che i bambini sono ammessi dagli 8 anni in su.
DI OLTRE 200 ANNI
Concreta traduzione dell’esperienza secolare della famiglia Sanoner nel settore dell’ospitalità, l’ADLER Lodge RITTEN fa parte del Gruppo ADLER Spa Resorts & Lodges, insieme ad altre 5 strutture a 5 stelle situate nei più affascinanti contesti naturali in Italia: in Val Gardena (BZ) si trovano l’ADLER Spa Resort DOLOMITI e l’ADLER Spa Resort BALANCE; sull’Alpe di Siusi (BZ) trova luogo l’ADLER Lodge ALPE, in Val d’Orcia (SI) è incastonato l’ADLER Spa Resort THERMAE e infine a Siculiana (AG) sorge il nuovo ADLER Spa Resort SICILIA, un elegante eco-resort affacciato sul mare (aperto da luglio 2022).
ADLER Lodge RITTEN
Stella 20, Soprabolzano (Bz)
T. +39 0471 1551 700
info@adler-ritten.com
www.adler-ritten.com
LUXURY PLACES
L’INTERO PROGETTO DIVENTA UN’AFFASCINANTE SCENOGRAFIA, CONCEPITA PER DARE FORMA AD UN’ECCEZIONALE ED UNICA ESPERIENZA DI OSPITALITÀ
a cura di marco morelli
Byblos Art Hotel Villa Amistà è una realtà unica nel panorama dell’accoglienza di lusso internazionale, nata da un viscerale amore per l’arte in ogni sua espressione. L’hotel si trova in Valpolicella, territorio noto in tutto il mondo per le sue eccellenze enologiche, a pochi minuti da Verona e in posizione strategica per visitare Venezia e il vicino Lago di Garda.
La cinquecentesca Villa Amistà di Corrubbio a San Pietro in Cariano, originariamente disegnata dall’architetto Michele Sanmicheli, versava in stato di abbandono, quando la famiglia Facchini, proprietaria del fashion brand Byblos e collezionista di arte contemporanea, si innamorò di questo luogo e decise di farne qualcosa di veramente speciale.
Dopo gli importanti restauri conservativi che hanno interessato l’intero complesso (costituito dal corpo centrale, i rustici, i due torrioni, la chiesa e il grande parco secolare di oltre ventimila metri quadrati) venne dato incarico al celebre architetto Alessandro Mendini di curare perso-
nalmente il progetto completo d’interior design del futuro hotel cinque stelle lusso, inaugurato nel 2005.
Byblos Art Hotel dispone di 58 camere - suddivise tra varie tipologie - e ognuna di esse è la realizzazione dello scenario orchestrato dal grande architetto milanese. In ogni stanza ci sono arredi e complementi dei più importanti designer internazionali (tra i quali Gio Ponti, Eero Saarinen, di F.L.Wright, Aldo Rossi, Philippe Starck, Ron Arad, Gaetano Pesce, Anna Gili, Patricia Urquiola, Harrison & Gil, Marcel Wanders, Ettore Sottsass, Luca Scacchetti) che convivono con le opere d’arte in un insieme armonico in cui ogni dettaglio è espressione dell’infinita passione per l’arte che sottende a tutto il progetto Byblos Art Hotel.
L’arte è, dunque, il filo conduttore del concetto di Byblos Art Hotel: l’importante salone centrale (un tempo sala da ballo della villa) sovrastato da un gigantesco lampadario in vetro di Murano, simile a quello di Cà Rezzonico sul Canale Grande di Venezia e prodotto di Barovier & Toso, la reception, il ristorante e persino i corridoi che conducono alle camere sono un vero e proprio museo, grazie alle oltre 150 opere di artisti che stanno scrivendo la storia dell’arte contemporanea internazionale: da Marina Abramovic a Vanessa Beecroft, da Peter Halley a Damien Hirst, da Anish Kapoor a Marc Quinn e Cindy Shermann, solo per citarne alcuni. La collezione è in continuo divenire grazie a nuove acquisizioni e nuovi interventi di artisti che vengono invitati dalla proprietà a realizzare opere site specific.
L’accostamento di arte, design e moda in un contesto antico come Villa Amistà rende l’intero progetto del Byblos Art Hotel un’affascinante scenografia, concepita per dare forma ad un’eccezionale e unica esperienza di ospitalità, unicità consacrata sia dall’affiliazione al prestigioso brand “Small Luxury Hotels of the World”, sia dall’assegnazione di importanti premi internazionali nel settore dell’hôtellerie di lusso.
LA PROPOSTA GASTRONOMICA DI BYBLOS ART HOTEL: RISTORANTE AMISTÀ E GARDEN RESTAURANT
Condotta con maestria e passione dall’Executive Chef Mattia Bianchi, la proposta gastronomica di Byblos Art Hotel Villa Amistà celebra la
cucina del territorio rivisitandola in chiave contemporanea e dedicando particolare attenzione a ingredienti locali e stagionali.
Il Ristorante Amistà (che vanta una Stella Michelin) è il luogo in cui prende forma l’idea fine dining dello Chef: la cucina di Mattia Bianchi rivisita con gusto contemporaneo la tradizione del territorio, esaltando la biodiversità degli ingredienti. Elegante e vocata alla ricerca della genuinità, è scevra di estremismi o sperimentazioni fini a sé stesse, ma concreta e autentica, basata su sapori veri, genuini e rassicuranti. La selezione e la qualità degli ingredienti sono un valore imprescindibile nella sua cucina, la scelta degli ingredienti è accurata, con una
precisa predilezione per quelli del territorio in un’ottica sostenibile: parte degli ortaggi e delle erbe aromatiche provengono, infatti, dall’orto realizzato in una parte del parco che circonda la Villa; materie prime sane che lo Chef interpreta e celebra con tecnica e sapore. Anche il frutteto, composto di alberi di ciliegie, pesche, albicocche, prugne e susine, insieme all’uva del vigneto, viene preso in cura dallo chef e della sua brigata per creare marmellate, confetture e frutta sciroppata.
Tra i piatti diventati ormai iconici della sua cucina e del Ristorante Amistà i “Tortelli di corte veronese” – omaggio alla cucina tradizionale – gli “Gnocchi di Fioreta”, il “Baccalà 2030” (rivisitazione in chiave contemporanea del celebre piatto veneto) e “Agnello di Brogna, cipolla rossa di Bassano”. I tre percorsi degustazione Valpolicella & Friends, Best Of e Amistà3 sono pensati per offrire al commensale una vera e propria esperienza sensoriale attraverso il cibo, apprezzando le eccellenze vitivinicole della Valpolicella accuratamente scelte e proposte in abbinamento dal sommelier.
Come un artista capace di suscitare emozioni, così lo chef crea i suoi piatti: ricercati e prelibati, colorati ed energici, vere e proprie creazioni d’arte per la vista e il gusto. Il fil rouge artistico è, infatti, una peculiarità del Ristorante Amistà. L’Arte, quindi, dentro e fuori dal piatto: una sosta gourmet al Ristorante Amistà è un’esperienza artistica a tutto tondo perché nei piatti dello Chef l’arte culinaria si esprime in un connubio di sapori e colori dalla creatività misurata e dall’estetica contemporanea.
La conclusione perfetta di ogni esperienza gourmet all’Amistà è affidata al Pastry Chef Pietro Recchia: ogni dessert è una vera e propria creazione artistica, pensata in perfetta sinergia con lo Chef Bianchi. I dolci in carta, infatti, sono
spesso un omaggio diretto ad alcuni dei più importanti esponenti del Novecento come Andy Warhol a cui è dedicata la “Fake Campbell’s Soup”, una gelatina di fragole combinata con spuma al caprino, meringhe e olio alla verbena, irrorata da fragole e rabarbaro. Inconfondibile la riproduzione della celeberrima lattina di zuppa riconoscibile al primo sguardo. “Cubismo”, invece, si ispira ad “Arlecchino e donna con collier” di Pablo Picasso: ricotta di Seirass, pere in osmosi, gel di caramello, olio evo e pepe nero. In “Cioccolato a pois” ritroviamo invece tutto l’estro e la ripetizione ossessiva degli elementi circolari di Yayoi Kusama.
Il Garden Restaurant è il bistrot con cucina outdoor che in primavera e in estate offre, sia agli ospiti dell’hotel sia agli esterni, la possibilità di pranzare o cenare immersi nella natura rigogliosa che circonda l’elegante villa cinquecentesca. Il Garden Restaurant declina in chiave “informale” la visione di Mattia Bianchi: il rispetto per la tradizione sposa la creatività. Il Peter’s Bar, infine, offre una selezione di cocktail da abbinare a sfiziosi stuzzichini gourmet creati ad hoc dallo chef. A disposizione degli ospiti, per degustazioni guidate dal sommelier, anche l’antica cantina quattrocentesca a volta con oltre 400 etichette del territorio e internazionali.
BENESSERE A REGOLA D’ARTE
L’“ESPACE Byblos” è l’intimo ed esclusivo centro benessere in stile pompeiano con mosaici e affreschi tipici delle domus romane, che propone agli ospiti: solarium, zona relax con vitality pool, sauna, bagno turco, idromassaggio, chaises-longue mosaicate, attrezzature fitness Technogym e un’ampia proposta di preziosi trattamenti per il benessere psico-fisico, firmati La Maison Valmont (l’unica spa del Veneto al momento a poter annoverare la partnership con
BYBLOS ART HOTEL DISPONE
DI 58 CAMERE - SUDDIVISE TRA
VARIE TIPOLOGIE - E OGNUNA DI ESSE
È LA REALIZZAZIONE DELLO SCENARIO
ORCHESTRATO DAL GRANDE ARCHITETTO MILANESE ALESSANDRO MENDINI
il prestigioso brand svizzero) e Comfort Zone Completano l’esperienza al Byblos Art Hotel il grande parco secolare, arricchito dall’architetto Gianfranco Paghera con piante varie che completano la coreografia e che accolgono la piscina esterna affiancata dal Pool Bar. È prevista anche un’esclusiva area privé con zona relax e idromassaggio.
GLI ARTISTI DEL BYBLOS ART HOTEL VILLA AMISTÀ
Concepito come una mostra permanente d’arte contemporanea e moderna, l’hotel accoglie al suo interno opere di artisti di fama internazionale come Giorgio de Chirico, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Andy Warhol, Robert Indiana, Tom Wesselmann, Jim Dine, Mimmo Rotella, Giuliano Vangi, Giulio Paolini, Vanessa Beecroft, Enrico De Paris, Sandro Chia, Peter Halley, Damien Hirst, Anish Kapoor, Kimsooja, Sol LeWitt, Beatriz Millar, Begoña Montalban, Takashi Murakami, Luigi Ontani, Mimmo Paladino, Patricia Piccinini, Arnaldo Pomodoro, Marc Quinn, Cindy Sherman, Sissi, Marina
Abramovic, Jean Michel Othoniel, Jelena Vasiljev, Tony Cragg, Giuseppe Veneziano, Sterling Ruby e altri in progress. Si possono così ammirare le fotografie delle performances di Vanessa Beecroft, immagini di corpi femminili nudi, ragazze diafane dai capelli rossi o trasformate dall’artista con parrucche. Figure filiformi che si stagliano sulle pareti del grande salone dove troneggia il maestoso lampadario in vetro di Murano. Nelle camere, arredate dall’esperta mano di Alessandro Mendini, si mostrano i corpi femminili proposti dall’artista spagnola Begoña Montalbàn: corpi eleganti e scultorei trasformati in creature edeniche ed eteree, figure bianche, dai tratti androgini, umanizzate solo dal marcato trucco degli occhi e delle labbra. E proprio le labbra sono il fulcro delle opere dell’artista svizzera Beatriz Millar: “Coloured Lips” e “Morningdiary” sono i titoli delle sue creazioni, bocche colorate e palpitanti dalle quali escono messaggi poetici, preghiere, scioglilingua e provocazioni. Oltre l’imponente vetrata che sovrasta il salone, l’artista, sempre ironica e solare, ha arredato anche una saletta con mobili, sculture di donne pane e fotografie elaborate digitalmente. Le surreali immagini di Cindy Sherman, l’artista americana che ha usato la fotografia come personale mezzo d’espressione, mettendo in luce con immagini a volte grottesche le caratteristiche della società americana, spesso smitizzando l’apparente perbenismo, ornano l’Internet Point insieme a un’opera di Patricia Piccinini, nel cui lavoro creature mutanti e figure umane convivono in armonia, suggerendo una profonda discussione sull’impatto etico che la tecnologia può avere nella vita d’oggi. Altre due opere dell’artista australiana si aggiungono alla collezione dove il concetto di diversità viene sviscerato e trasmesso dall’artista con una personale interpretazione del futuro dell’universo dove i rappresentanti di nuove specie si ritrovano ad abitare la Terra. Sissi ha allestito una sala conferenze con le fotografie delle sue performances dove trionfa la metamorfosi e la trasformazione dell’essere. Alle pareti di una delle tre sale da pranzo, le opere dell’artista calabrese Mimmo Rotella, che negli anni ‘50 è divenuto celebre per i suoi décollages, lavori inediti, realizzati appositamente per Byblos con i brandelli dei manifesti pubblicitari del noto marchio di moda. Nelle altre due sale una “Sfera” in bronzo di Arnaldo Pomodoro, l’artista romagnolo che negli anni ’50 creò una nuova forma di scultura, lontana da quelle che erano le forme tradizionali, e i lavori di Luigi Ontani, Vanessa Beecroft e Marc Quinn, con i suoi “Love Painting” (2009), opere create in occasione dell’esposizione scaligera “Marc Quinn – Il Mito”, che ha visto protagoniste la città di Verona e Byblos Art Gallery.
Il Peter’s Bar, dedicato a Peter Halley, uno dei maggiori protagonisti dell’arte americana contemporanea, presenta lavori inediti che colpiscono per la forza dei colori fluorescenti e per il rigore dell’impianto geometrico, oltre al Jukebox di Ivan, Richard Stipl, artista caratterizzato da uno stile iperrealista e che l’estrema cura per il dettaglio porta alla creazione di figure gotiche e macabre. E ancora Takashi Murakami, artista giapponese conosciuto al grande pubblico per i suoi pupazzi naif, rappresentante e leader del movimento Superflat, attraverso opere che si ispirano all’antica cultura figurativa giapponese, ottenute da una fusione di elementi formali tipici della tradizione e di tendenze proprie dell’età contemporanea, come i manga. E ancora le sculture di Sol LeWitt, artista americano caposcuola della Minimal Art, i lavori del maestro dell’arte concettuale italiana Giulio Paolini in un progetto site specific all’interno di una delle salette per conferenze, che accoglie an-
che due dipinti di Giorgio De Chirico e le opere in vetro dell’artista francese Jean Michel Othoniel, che impreziosiscono le due scalinate che conducono all’entrata della villa. Inoltre, la Pop Art è ben rappresentata nella sala dalla reception dell’Hotel e in quella adiacente. Partendo dell’americano Robert Indiana, che orienta la sua attenzione al panorama visivo rappresentato dai marchi e dalla segnaletica, passando per la classica rappresentazione iconografica di Marilyn Monroe dipinta da Andy Warhol, qui in una rarissima versione nera. Le superfici di metallo concave che riflettono, distorcendola, l’immagine del visitatore, dell’artista indiano Anish Kapoor, presente nella Hall insieme ad alcune sculture di Marc Quinn (“Sphinx Venus” e “Spinx Fortuna” entrambe del 2008).
Tre opere di uno degli artisti contemporanei più provocatori, Damien Hirst, votato all’eccesso, all’ironia e alla riflessione esistenziale, protagonista della vendita d’asta del secolo, sono collocate nella grande hall centrale (tra cui la celebre conchiglia in bronzo del peso di dodici quintali) e nella sala TV; ma Byblos Art Hotel si apre anche alla street art con un intervento site specific di tredici tra i principali esponenti della street art italiana (tra questi Ivan, Gionata Gesi Ozmo, Pus, Pao, Nais, Sonda, TvBoy, Microbo e altri).
Anche la SPA non è immune dal segno dell’arte, decorata con opere di Tony Cragg e del duo tedesco Haubitz+Zoche, dove sparisce il concetto di orizzonte e l’occhio rimane piacevolmente immerso in un fluido totale e totalizzante.
L’arte di vivere nell’essenza del bello! È tutto questo che Byblos Art Hotel desidera per i suoi ospiti: Vivere un’esperienza sensazionale!
Byblos Art Hotel Villa Amistà Via Cedrare 78, Corrubbio di S. Pietro in Cariano (VR)
T. +39 045 68 55 555
www.byblosarthotel.com
info@byblosarthotel.com
Da sempre Vipiteno è un vivace centro commerciale grazie soprattutto alla sua posizione strategica tra i passi del Brennero, del Giovo e di Pennes. Adagiato tra l’Isarco ed il Rio Ridanna, il comune si estende al bordo nord-occidentale della conca valliva della valle Wipptal meridionale. Ancora oggi la città è caratterizzata da un’atmosfera medievale che si sposa con il fascino di una cittadina moderna che non disdegna le sue origini, immersa in un paesaggio mitteleuropeo.
Fare dello shopping, piacevoli escursioni in montagna nei mesi estivi, sciare nei comprensori sciistici del Monte Cavallo e Ladurno, Vipiteno accontenta ogni preferenza infatti chi predilige le vacanze attive in questa località si sentirà a proprio agio così come chi è affascinato dalla cultura.
Assieme ad altre quattro storiche ed affascinanti località dell’Alto Adige - Castelrotto, Glorenza, Egna e Chiusa - Vipiteno fa parte de “I borghi
più belli d’Italia”, che compare con la descrizione “Le ore ferme sulla Torre delle Dodici”.
Ubicato alle porte della città, in prossimità della comoda uscita autostradale, immerso in un parco immenso che lo circonda troviamo l’Hotel Engels Park, della famiglia Volgger, situato a pochi passi dal centro storico di Vipiteno, perla delle Alpi e città più settentrionale d’Italia. Ben 6 mila mq di giardino privato, costellato da piccoli laghetti, raffinati archi di rose, un gazebo fiorito e diverse isole relax dove ciascuno può trovare la propria dimensione per meditare, leggere, passeggiare, rilassarsi. Un luogo incantato che rappresenta un invito a stare all’aria aperta in totale tranquillità, a passeggiare cercando di percepire i sassolini che massaggiano i piedi o la frescura dell’erba, ad abbandonarsi sulle sedie a sdraio collocate tra gli alberi centenari. Obiettivo della struttura è quello di far sì che ogni ospite raggiunga l’equilibrio tra corpo e anima, associando tecniche di rilassamento,
sana alimentazione e movimento. Engels Park è concepito come un hotel diffuso composto da 40 camere dotate di ogni comfort (nel 2016 sono state inauurate 12 nuove suite denominate “Fugger Suite”), dalle docce emozionali alle cabine a infrarossi ma anche ricche boiserie di legno di cirmolo, che sprigiona i suoi benefici oli essenziali in grado di indurre un sonno profondo e ristoratore, aiutato anche dalla rigogliosa natura circostante: grazie alle ampie vetrate che permettono alla natura di permeare l’interno delle stanze, infatti, si dorme con le finestre aperte per godere dell’aria di montagna, fare il pieno di ossigeno e riposare meglio. Tutte dotate di collegamento Internet, TV satellitare, climatizzazione, cassaforte, minibar, macchina del caffè e con, in alcuni casi, anche una sauna privata. Per completare il relax, la struttura dispone di una Spa con accesso diretto al parco, di una piscina coperta da 15 metri con idromassaggi e lettini, Sauna finlandese all’aperto nel giar-
dino con vasca per immersioni, Biosauna, Bagno turco, Cabina a raggi infrarossi, Bagno di fieno, Sala relax “Heunestl” con caminetto aperto, Sala relax “Kräuternestl”, Angolo del tè,Prato per prendere il sole davanti all’area sauna (zone nudista).
Dalle 7:30 alle 10:30 al buffet della prima colazione troverete prodotti locali di qualità, come le deliziose marmellate e il pane fatti in casa, piatti salati e brioches, formaggi, miele genuino, il famoso yogurt di Vipiteno e, in estate, lo yogurt di capra biologico del “Steinmessnerhof” di Fleres. Alla sera potrete gustare invece una cena gourmet di 5 portate davvero estremamente curate dall chef con l’uso di prodotti a km zero, con a corollario un ricco buffet di insalate e verdure nonchè angolo dei formaggi.
Splendido il personale, dalla reception alla Sala, sempre sorridente, accomodante, pronto a gestire qualsiasi esigenza. Chapeu!
Seconda nella classifica delle European Best Destinations 2023, Atene è una città cosmopolita, molto moderna e visionaria. Città natale di Socrate, la capitale greca è la più antica tra quelle europee ed è la culla della civiltà occidentale. A distanza di oltre due millenni dalla fine dell’epoca greca, è testimonianza vivissima di ospitalità e accoglienza. Ad Atene si sta bene e si vive bene: vivace, effervescente, propositiva, proiettata verso il futuro. Una città “nuova”, che vuole dimenticare la crisi del passato e punta sui luoghi della socialità, del buon cibo, del divertimento, tra nuovi quartieri emergenti, ristoranti cool e locali di tendenza.
La visita della città parte dal suo luogo più emblematico: la rupe rocciosa dell’Acropoli. A 156 metri sul livello del mare, testimonia il potere e la ricchezza di Atene al suo massimo splendore durante l’età d’oro con Pericle nel V secolo a.C. Simbolo della Grecia classica, è stata per secoli il cuore religioso del capoluogo greco e dal 1987 è patrimonio dell’umanità Unesco. Ogni anno attira milioni di visitatori per il suo monumento più rappresentativo: l’imponente Partenone. Tempio classico per eccellenza, è realizzato in marmo bianco delle cave del monte Pentelico ed è dedicato alla dea Athena Vergine (Parthenos). Opera della maestria dello scultore Fidia e degli architetti Ictino e Callicrate, sorveglia ancora oggi la città dall’alto. A Pericle si devono anche il completamento dei Propilei, ingresso monumentale attraverso cui si accedeva all’Acropoli, del tempio di Athena Nike (costruito accanto ai Propilei) e dell’Eretteo, a nord del Partenone, dedicato ad Atena e
Poseidone in memoria del mito di fondazione. Sul lato sud si osservano le Cariatidi, sei sculture di figure femminili che sostengono la loggia. Durante le dominazioni romane l’Acropoli non mutò molto il suo aspetto: a questo periodo appartengono la scalinata di ingresso antistante ai Propilei e il maestoso Odeon (teatro) di Erode Attico, benefattore ateniese e senatore romano, che lo costruì in memoria della defunta moglie Regilla. È uno dei teatri più antichi al mondo ancora in uso, in origine coperto da un tetto in legno, che ospitava fino a 5mila persone. A un tiro di scoppio, nel quartiere Makrygianni, ha
sede il nuovo Museo dell’Acropoli: 14mila mq distribuiti su tre piani e 4mila reperti esposti, recuperati dalle campagne di scavi archeologici iniziate nel 1834. Realizzato in acciaio, vetro e cemento sfrutta al massimo la luce naturale e dall’ultimo piano, orientato verso l’Acropoli, si ammira una meravigliosa vista sul Partenone. Scendendo, più a ovest, si incontra l’antica Agorà di Atene, la piazza principale, centro della vita sociale, politica, culturale e religiosa che ospitava anche il mercato. Alla sommità si erge il Tempio di Efesto, conservato quasi perfettamente, che ha molti elementi in comune con il
Partenone.
A SPASSO PER LA CITTÀ
Atene non è soltanto la sua iconica Acropoli. Per conoscerla realmente bisogna attraversare i suoi quartieri principali. Plaka, nei pressi del Museo, è il “quartiere degli Dei” per la vicinanza all’Acropoli, quello più antico e rappresentativo, elegante e vivace. Da non perdere l’originalissima Naxos Apothecary, una farmacia erboristica in cui si è avvolti da profumi di erbe, spezie e saponi. Il proprietario Apostolos Korres, con esperienza scientifica in fitoterapia, propone un percorso tra omeopatia e fitoterapia, inclusi rimedi naturali per la salute e la pelle ma anche integratori alimentari. Qui si può anche mangiare nel piccolissimo ristorante gourmet al primo piano che usa ingredienti Dop provenienti dall’isola egea di Naxos.
Nella Piazza dei Venti è il Museo degli Strumenti Musicali popolari greci: una villa di fine Ottocento con oltre 1000 pezzi provenienti da tutto il Paese per un viaggio ideale lungo 5mila anni nella storia della musica greca. Passeggiando si arriva al piccolo quartiere di Anafiotika che, con le sue casette bianche, ricorda i colori e le atmosfere delle isole greche. È stato costruito dagli abitanti dell’isola di Anafi, nelle Cicladi, giunti qui nell’800 per lavorare come carpentieri. Monastiraki è una delle zone simbolo di Atene, ideale per lo shopping in centro. È anche la sede del famoso mercato delle pulci, ricco di negozi e bancarelle con i prodotti più diversi.
L’antico quartiere turco deve il nome all’omonimo monastero ortodosso che dà anche il nome ad una delle piazze più vive della città. È a due passi dall’antica Agorà romana, originariamente un prolungamento di quella greca, costruita dall’imperatore Augusto: al suo interno si trova la Torre dei Venti in marmo pentelico (prima metà del I secolo a.C.). Per gli antichi i venti avevano poteri divini e pensavano che attraverso questi potessero scrutare il futuro. Non distante, i resti della Biblioteca di Adriano: la più grande struttura fatta costruire dall’imperatore omonimo nel II secolo d.C., ospitava la
sua collezione di libri. Poco più a est la Cattedrale Metropolitana dell’Annunciazione: la chiesa principale di Atene, sede dell’arcivescovo della capitale e di tutta la Grecia, è in stile bizantino-moderno e conserva all’interno i sarcofagi del patriarca di Costantinopoli Gregorio V e quello argenteo di Santa Filotea.
Psiri è uno dei più vecchi quartieri di Atene e forse il più tradizionale, a nord ovest di Monastiraki, soprannominato la Soho di Atene. Trendy e alternativo, durante il giorno è un quartiere di artigiani, botteghe e importanti gallerie d’arte, la sera si anima con locali e taverne. Tra le sue strade piccole e acciottolate fanno bella mostra di sé interessanti graffiti che testimoniano quanto la capitale ellenica negli ultimi anni sia diventata una “galleria” a cielo aperto.
Da Monastiraki e Psiri, imboccando la lunga via Ermou, tra le più importanti per lo shopping, si arriva a Piazza Syntagma, fulcro della vita politica e sociale ateniese, conosciuta anche come Piazza della Costituzione.
Nella parte superiore si trova il Parlamento, imponente edificio realizzato tra il 1836 e il 1842 come Palazzo Reale per il primo re di Grecia. Alla sua base c’è il monumento al Milite Ignoto, vegliato giorno e notte da due Euzoni, guardie presidenziali in uniforme tradizionale. Ogni ora c’è il cambio della guardia che alle 11 della domenica si svolge nella sua interezza con i costumi ufficiali. La piazza è circondata da ampi viali ed edifici neoclassici, alcuni ristrutturati e trasformati in alberghi raffinati, come lo storico Hotel Grande Bretagne, dove hanno soggiornato reali e grandi personaggi di tutti i tempi e da tutto il mondo. Dall’eleganza senza tempo, venne costruito nel 1842 e trasformato in hotel nel 1874. Camere dagli arredi raffinati, oggetti d’arte e antiquariato, tavole con porcellane, cristalli e argenteria: ancora oggi è il luogo ideale per incontri d’affari e sontuosi eventi sociali. L’eccellente ristorazione è curata dall’Executive Chef Michelin Asterios Koustoudis. Dal Roof Garden si gode una vista spettacolare. Vicino a Piazza Syntagma c’è pure un’oasi verde: il Giar-
dino Nazionale di Atene: 160mila mq e più di 500 tipi diversi di piante e alberi provenienti da tutto il mondo. Era il “Giardino Reale”, creato nel 1839 per volere della regina Amalia e aperto al pubblico solo nel 1923.
IL FUTURISTICO CENTRO CULTURALE STAVROS NIARCHOS
Dal 2017 il futuristico Centro Culturale Stavros Niarchos accoglie ateniesi e visitatori nell’area del vecchio ippodromo di Atene. Realizzato all’insegna della sostenibilità grazie al contributo della fondazione Niarchos, che porta il nome del celebre armatore greco, è oggi uno dei simboli della nuova Atene, metropolitana e aperta al mondo, ma fiera della sua storia. Si trova nel popoloso quartiere periferico di Kallithea, 4 km a sud della città, in direzione del porto turistico del Pireo. Un edificio spettacolare che porta la firma dell’architetto genovese Renzo Piano: ospita la Biblioteca Nazionale greca e il Teatro Nazionale dell’Opera. La prima, conserva più di un milione di libri e riviste ed è stata concepita come uno spazio per un’aperta e condivisa fruizione del sapere. Il teatro, modernissimo e supertecnologico, ospita spettacoli di diversi generi. L’Agorà, la piazza centrale del complesso, permette l’ingresso ai due edifici e li mette in comunicazione mentre tutt’attorno c’è un grande parco urbano di 210mila mq con spazi verdi, orti e giardini. La copertura dell’edificio (Energy Canopy) è una vela distesa come un “tappeto volante”, per dirla con Piano, costruita in ferrocemento con la parte superiore rivestita da pannelli fotovoltaici e supportata da 30 colonne sottili in acciaio con un sistema di molle e ammortizzatori che permettono alla struttura di muoversi sotto l’effetto del vento, della dilatazione termica e delle sollecitazioni sismiche: è un unicum, una novità assoluta. Osservare il panorama dall’ultimo piano è un’esperienza unica.
IL PIREO, IN PIENA ESPANSIONE
A circa 10 km a sud-ovest di Atene, con una storia vecchia di quasi 3mila anni, il Pireo è il porto più importante della Grecia ma anche uno dei maggiori d’Europa, a livello commerciale, navale e turistico. Non è solo un porto, è un mondo a parte, collegato con la città tramite autobus e una modernissima ed efficiente metropolitana che in questa stazione ha un vero e proprio museo sotterraneo. Le due marine – Pasalimani e Mikrolimano – sono tra i luoghi più caratteri-
stici dell’Attica: due insenature punteggiate da imbarcazioni e ristorantini. La prima è naturale e circolare con palme e un bel lungomare: un angolo autentico con barche a vela, piccoli pescherecci, circolo canottieri, dehors ed edicole. Nella sua punta estrema si trova il monumento dedicato al genocidio dei Greci del Ponto, storia che noi italiani conosciamo poco ma che meritava un memoriale. Mikrolimano (“piccolo porticciolo”) è minuscolo e ancor più caratteristico con un lungomare pieno di bar, caffè e ristoranti di alto livello (soprattutto di pesce). Merita una visita il piccolo ma prezioso Museo Archeologico del Pireo dove sono esposte sculture e oggetti ritrovati nei dintorni del porto. Una città nella città il Pireo, in piena espansione: a settembre 2023 vedrà la luce Pireus Tower, il
grattacielo più alto della Grecia (88 metri con una superficie di 34mila e 600 mq) con vista panoramica unica oltre a standard altissimi di sostenibilità. Valorizzerà la marina di Mikrolimano e ospiterà il primo concept store di prodotti sostenibili nonché la prima area di ristorazione green in Grecia, oltre a lussuosi uffici e negozi. Atene è una destinazione appetibile anche per il portafoglio: The Guardian l’ha eletta a città più economica e ideale per un city break in Europa. Complice il clima mite, i prezzi accessibili e quella sensazione di rinascimento che si avverte un po’ ovunque.
DOVE DORMIRE
Hotel Grande Bretagne
È l’albergo storico della città, elegante e prezioso
1 Vasileos Georgiou A’ str., Syntagma Square, Atene, marriott.com
Herodion Hotel
Sostenibile negli arredi e nell’offerta enogastronomica. Il ristorante all’ultimo piano ha una vista sull’Acropoli
4 Rovertou Galli Street, Atene, herodion.gr
DOVE MANGIARE
Ergon House
Non solo un locale gourmet ma anche bottega con banchi di carne, salumi e formaggi, pescheria e spaccio di dolci greci
23 Mitropoleos Street, Atene, house.ergonfoods.com
Gargaretta Street Bistrot
Cucina di alto livello con ampia scelta di etichette. In vendita conserve e dolci artigianali
1 Rovertou Galli Street, Atene, gargaretta.gr
The Naxos Aphotecary
Nella farmacia erboristica si assaggiano piatti originali green con ingredienti Dop provenienti da Naxos
Kolokotroni 3-5 & Voulis, Atene, thenaxosapothecary.com
Lukumades
Le migliori frittelle greche preparate al momento con ingredienti freschi
21 Eolou & Aghia Irinis, Atene, lukumades. com
Noelbar
Cocktail e music bar dalla calda atmosfera bohemienne, offre 21 selezioni di cocktail con ingredienti stagionali e mediterranei preparati da diversi bar tender
59B Kolokotroni, Atene, noelbar.gr
Mira Restaurant
Ottimi piatti di pesce e una magnifica vista sul mare. 70 Leof. Al. Papanastasiou, Pireo COME
La compagnia aerea Sky Express, la flotta più green della Grecia e una delle più sostenibili in Europa, vola da Roma e da Milano ad Atene e offre la rete più ampia di collegamenti tra la capitale greca e 34 destinazioni greche tra isole e città del continente.
Greece Therapy di Eleni Sarikosta, tourism consultant www.greecetherapy.com
a cura di marco morelli
Dalla Sicilia alla Lombardia, le più affascinanti storie di rinascita sociale e culturale di borghi spopolati, castelli diroccati, terreni confiscati alla mafia, all’insegna del turismo sostenibile. Simbolo del riscatto di un territorio, da sud a nord d’Italia, ci sono paesi, borghi, aree naturali che oggi grazie ad intraprendenti azioni di riqualificazione e di rigenerazione sono tornati a nuova vita come luoghi di accoglienza turistica, che rispettano la storia e l’identità locale, guardando allo sviluppo sostenibile.
SICILIA
Il monastero trasformato in raffinata villa tra limoneti e carrubi
Un tempo era un monastero benedettino, oggi una raffinata villa con tre edifici che svelano camere e suite raffinate, immerse in suggestivi giardini e con vista sul campo da golf o sui patii interni di quello che in passato era un luogo laborioso di agricoltura e di preghie- ra, nel cuore della campagna siracusana. È questa la nuova vita di Borgo di Luce I Monasteri dei Mira Hotels & Resorts: un convento convertito in dimora nobiliare, una domus extraurbana della classicità antica, dove otium
e negotium (attività e riposo) si fondono all’insegna di una vacanza che può essere sportiva o rilassante, ma sempre ricca di emozioni. Sono 102 le camere e suite elegantemente arredate, circondate da 200 ettari di parco e da limoneti, carrubi, natura mediterranea a 20 km dal mare, dove sboccia il Barocco siciliano e una storia ancora viva da scoprire. https://www.imonasterigolfresort.com/
CAMPANIA
La riqualificazione ambientale che ha liberato il Litorale Domizio Cave di sabbia abusive avevano devastato il Litorale Domizio (CE), creando nuovi fenomeni di erosione e di degrado di larghe fasce di costiera. Bonificando, liberando l’area dai rifiuti, ripiantando alberi e con un enorme lavoro di riqualificazione ambientale, è sorto un luogo protetto dove la natura regna sovrana. Questa storia di riscatto si chiama Laghi Nabi ed è la prima Oasi Naturale della Campania. I laghi sono tornati a brillare e sono ora il cuore di un complesso turistico ecosostenibile, con le tende e lodge removibili del glamping sulle acque, una struttura ricettiva, il centro
benessere, il Ristorante Res, tutti integrati nel paesaggio e nel parco dove gli uccelli acquatici sono tornati, e gli abitanti e i turisti giungono per vivere esperienze a contatto con l’acqua: dalla canoa al kitesurf, ma anche bici, escursioni, birdwatching, yoga. L’opera d’arte ambientale “Nature Comes Back” di Dalya Luttwak, un albero in acciaio che si protende e si integra nella vegetazione è oggi il simbolo della rinascita di Laghi Nabi. Ne è fiero Gino Pellegrino, uno dei proprietari che hanno voluto con coraggio restituire alla natura il Litorale Domizio maltrattato dal malaffare. Tel. 0823764044, www.laghinabi.it
MOLISE
Il paese dell’Appennino laboratorio di rinascita delle aree interne
Una strategia di sviluppo sostenibile partecipata ha riacceso la speranza a Castel del Giudice (IS), in Molise, dove lo spopolamento stava compromettendo il futuro. Il sindaco Lino Gentile in prima linea con abitanti, imprenditori, istituzioni, persone legate al paese, hanno dato il via ad un laboratorio di rinascita delle aree interne. Dalla scuola in disuso
DALLA SICILIA ALLA LOMBARDIA, LE PIÙ AFFASCINANTI STORIE
DI RINASCITA SOCIALE E CULTURALE DI BORGHI SPOPOLATI, CASTELLI DIROCCATI, TERRENI CONFISCATI
ALLA MAFIA, ALL’INSEGNA
DEL TURISMO SOSTENIBILE.
divenuta RSA, al recupero di terreni abbandonati trasformati nei meleti biologici Melise, al grande progetto di rigenerazione urbana che ha dato origine all’albergo diffuso Borgotufi, ristrutturando stalle e fienili. Oggi Borgotufi è un bellissimo borgo nel borgo con 2 ristoranti, un centro benessere e 32 case indipendenti con tutti i servizi di un hotel di livello ed è fulcro di turismo esperienziale: da qui si parte per fare tour nei meleti con degustazioni nel birrificio agricolo, passeggiate poetico-rurali con il poeta contadino del paese tra asini e capre, escursioni tra boschi e montagne, attività di apicoltura, rafting e vacanze slow. Tel. 0865946820, www.borgotufi.it
UMBRIA
Il borgo medievale salvato dal terremoto
Un affascinante castello, che domina la valle di Spoleto, svela la sua originaria struttura medievale, caratterizzandosi tra i più emblematici dell’Umbria. È il maniero di Borgo Campello, dove assaporare la storia, soggiornando nel relais di Campello Alto, frazione di Campello sul Clitunno (PG), recuperato dopo il terremoto del 1997, che ha distrutto parte del paese. Sono stati Vincenzo e Daniela Naschi coloro che lasciandosi alle spalle la loro precedente vita, hanno voluto far rinascere un
borgo, creando una struttura ricettiva che rispetta e valorizza l’identità del luogo. Il Relais Borgo Campello è stato ricavato da palazzi trecenteschi, case torri e fortificazioni di pietra. Gli ospiti dimorano dove un tempo vivevano i nobili del Castello o nelle celle dei monaci del Convento dei Santi Giovanni e Pietro, ristrutturato dal 2011 con opere pittoriche importanti legate al periodo medievale e rinascimentale. Per rilassarsi c’è una Private Spa ricavata tra antiche mura, per deliziarsi il ristorante Sapori nel Borgo, e intorno distese di uliveti candidati a diventare Patrimonio UNESCO con tutta la fascia che va da Assisi a Spoleto. Tel. +39.3285986170, www.borgocampello.com
EMILIA-ROMAGNA
Il Museo del Mare Antico risorto sui terreni confiscati alla mafia
A Salsomaggiore Terme (PR), nel cuore di Visit Emilia prendersi cura del territorio è stata la chiave per la rinascita del Podere Millepioppi: una vasta area agricola, confiscata alla mafia all’interno del Parco dello Stirone e del Piacenziano, dove di recente è sorto il MuMAB - Museo del Mare Antico e della Biodiversità con una sezione geopaleontologica allestita nell’edificio principale del podere e una sezione naturalistica ospitata nell’ex-stalla della casa colonica. Visitando questo speciale museo, a poca distanza dalla città termale, si scoprono i processi evolutivi che raccontano della Pianura Padana e dell’antico mare che qui sommergeva tutto. Ci sono fossili e reperti che contano oltre 7 milioni di anni, canyon scavati dal torrente Stirone, coralli, conchiglie, denti di squalo, resti di balenottere. Questo territorio, da bene confiscato all’illegalità è luogo di storia e di turismo, al centro dei numerosi itinerari di Visit Emilia, la terra dello slow mix, per vivere esperienze autentiche tra natura, cultura ed enogastronomia. www.visitemilia.com
LOMBARDIA
La nuova vita del Castello e del borgo artigiano della Bassa Bresciana
A pochi km da Brescia, con Bergamo Capitale Italiana della Cultura 2023, sorge un castello quattrocentesco e un borgo artigiano che fino a qualche anno fa erano in stato di totale abbandono. Oggi è linfa vitale per la comunità della Bassa Bresciana e per il turismo, anima di iniziative che guardano allo sviluppo sostenibile, anche in ambito culturale e sociale. Il Castello di Padernello a Borgo San Giacomo (BS), dopo la grande opera di restauro attivata grazie alla collaborazione della Fondazione Castello di Padernello, con il presidente Domenico Pedroni, con enti pubblici, associazioni, cittadini e fondazioni, e un’importante operazione di crowdfunding, è luogo di visite guidate nell’arte e nella storia, di eventi di economia circolare, mostre ed esposizioni, itinerari turistici. Inoltre, dalla rinascita del maniero sono nati nuovi progetti, che mirano a creare lavoro, come la riqualificazione del borgo adiacente, dove ci sono scuole- botteghe artigiane di alta formazione e presto un albergo diffuso. Tel. 030 9408766, www.castellodipadernello.it
La notte più magica dell’anno si avvicina, San Lorenzo (il 10 agosto) offre sempre la meravigliosa occasione di esprimere desideri con gli occhi puntati verso il cielo trapuntato di stelle. Ci sono luoghi poi che offrono un punto di vista privilegiato, perché immersi nella natura e con basso inquinamento luminoso, dove godersi poi una notte da sogno.
In Sardegna, nel profumo del mare a pochi passi, la pioggia di corpi celesti si aspetta in totale relax nel giardino mediterraneo dell’Aquadulci, distesi sul lettino nel gazebo di bambù, dove concedersi rigeneranti massaggi a base delle essenze dell’isola (www.aquadulci.com)
In Puglia, nel cuore del Salento, l’Acaya Golf Resort & Spa (LE) gode di una posizione unica immerso in 120 ettari dominati dagli ulivi. È nella grande piscina con pool bar a bordo vasca o sul soffice prato del primo campo da golf a 5 stelle Superior BVGA di tutto il Sud
Italia, che si aspettano le stelle cadenti (www. acayagolfresort.com)
Il firmamento della Toscana si ammira invece da varie angolazioni, a bordo di una fiammante spider decappottabile di Slow Drive, azienda specializzata nel noleggio di auto d’epoca senza conducente, con diverse sedi e quindi itinerari (tra il Lago di Garda, il Lago di Como, Verona e la Valpolicella, Padova, Firenze, Siena e in Liguria a Savona). Prenotando una delle auto leggendarie, si riceve a casa un pacchetto con il kit del perfetto pilota, compresi guantini in pelle e occhiali vintage, per sorprendere la persona con cui condividere l’avventura on the road (www.noleggioautodepoca.eu)
L’Emilia Romagna offre una vista emozionante da ALTO, il sofisticato rooftop restaurant dell’Executive Spa Hotel di Fiorano Modenese (MO), regno del talentuoso Chef Mattia Trabetti, che grazie al soffitto a moduli bascu-
lanti, mostra la volta celeste in tutto il suo splendore, e dalle sue vetrate apre la vista sulle colline appenniniche. Il ristorante punta a creare un’esperienza totale, coinvolgendo il cliente e raccontandogli il luogo magico in cui si trova, visto con occhio giovane e innovativo (www.executivespahotel.com)
Dormire letteralmente sotto un “tetto di stelle”, in uno spazio da togliere il fiato, tra alberi, acqua e cielo, è l’occasione unica che offrono gli Skyview Chalets del Camping Toblacher See (BZ). I gioielli di vetro e legno incastonati nel paesaggio del Patrimonio Naturale dell’Umanità UNESCO, garantiscono un soggiorno di assoluta pace in quel silenzio ristoratore che permette di riflettere e contemplare l’Alto Adige che si mostra senza veli – grazie a una copertura trasparente - all’esterno dei glass cube ecologici affacciati sul Lago di Dobbiaco. Alle comodità di interni che vantano saune private a raggi infrarossi o jacuzzi idromassag-
gio sul terrazzo panoramico, si combina un’offerta escursionistica estiva pressoché infinita (www.skyview-chalets.com)
Infine, la Val d’Ega (BZ) sfrutta la vicinanza delle vette dolomitiche col sole per puntare ancora più in alto e mirare direttamente a una vacanza tra le stelle. Grazie al primo Astrovillaggio d’Europa - composto dalle località di Collepietra, San Valentino in Campo, nel comune di Cornedo all’Isarco e Cardano - il cuore del Patrimonio dell’Umanità UNESCO è infatti anche al centro di un universo che ispira passeggiate notturne con osservazione delle stelle, attività entusiasmanti al Planetarium Alto Adige, laboratori per bambini e famiglie e passeggiate guidate sul “Sentiero dei Pianeti” e sul nuovo “Sentiero delle Stelle” sotto uno dei cieli più belli d’Italia (www.valdega.com)
Aquadulci, Sardegna Executive Spa Hotel - PH di Fabrizio Cicconi Slow Drive Val d’Ega, Osservatorio Astronomico - PH Armin12 code di gamberoni, 120 gr. di sedano bianco, 2 mele verdi, 4 cucchiai di yogurt bianco magro, succo di un limone, 1 foglia d’alloro, prezzemolo, olio d’oliva
Tuffare le code dei gamberoni, per ¾ min., in poca acqua bollente salata e aromatizzata con il chiodo di garofano, l’alloro ed il prezzemolo, scolarle e lasciarle raffreddare.
Tagliare a piccoli cubetti il sedano e le mele, condirli con il succo di limone e lo yogurt.
Suddividere l’insalata di sedano e mela nei piatti, disporre su ognuno 3 code di gamberone, guarnire con qualche fogliolina di sedano e un filo di olio.
400 gr. di petto di pollo, 7 cucchiai di olio d’oliva, ½ bicchiere di vino bianco, 3 cucchiai di semi di sesamo, 250 gr. di indivia belga, 100 gr. di rucola, 150 gr. di uva rossa, 1 piccolo peperone rosso, ½ limone, sale e pepe
300 gr. di insalata mista, 250 gr. di pane alle olive, 150 gr. di feta, 2 zucchine freschissime, 7 cucchiai di olio extravergine d’oliva, 2 cucchiai di aceto di mele, 1 cucchiaio di mandorle, 1 cucch. di erbe aromatiche tritate, sale e pepe
Pulire e lavare accuratamente le varie insalate. Lavare le zucchine, spuntatele e tagliatele a fettine sottili.
Mescolare le erbe tritate con 3 cucchiai di olio e lo spicchio d’aglio.
Tagliate il pane a fette, tostarle su una griglia o nel forno, condirle con l’olio alle erbe.
Mescolare insieme, le insalate, la feta tagliata a dadi, le zucchine, le scaglie di mandorle, condire il tutto con un’emulsione preparata con l’olio rimasto, l’aceto, il sale e il pepe.
Accompagnare con le fette di pane alle olive tostate.
Rosolare il petto di pollo in una padella con 3 cucchiai di olio, sfumare con il vino e lasciarlo evaporare a fuoco vivace, sale, pepare e lasciar cuocere per 10 minuti coperto.
Sgocciolare la carne e lasciarla raffreddare.
Mettere nella stessa padella i semi di sesamo, lasciarli tostare per 2 minuti.
Tagliare l’indivia a filetti, sminuzzare la rucola e il peperone a striscioline.
Affettare il pollo e riunire tutti gli ingredienti in un piatto da portata, cospargere il sesamo e condire con una emulsione preparata con il succo di limone, l’olio rimasto, il sale e il pepe.
4 uova, 8 gr. di dolcificante a 0 cal. (oppure 4 cucchiai di zucchero), 250 gr. di panna da montare UHT, 30 gr. di meringhe, 50 gr. di amaretti
Foderare con della pellicola uno stampo da plumcake e metterlo in freezer. Tritare gli amaretti e le meringhe grossolanamente. Montare i tuorli con il dolcificante fino a quando non diventano spumosi. In un altro recipiente montare a neve ferma gli albumi. Infine montare anche la panna. Mescolando delicatamente unire i 3 composti aggiungendo il trito di meringhe e amaretti, versare il composto nello stampo tenuto in freezer, livellare bene, rimettere nel freezer per almeno 4 ore. Dieci minuti prima di servire togliere dal freezer, capovolgere su un piatto e guarnire con quanche amaretto.
Ingredienti: 200 g di farina 00, 2 uova, 100 g di granella di nocciole, 50 g di burro, 80 g di zucchero , 2 cucchiai di liquore a piacere, 100 g di cioccolato fondente
Procedimento: impastare la farina con le uova e mettere a riposare sotto una ciotola capovolta per circa un’ora. Tritare grossolanamente il cioccolato con il coltello. Tirare la sfoglia, farla asciugare, tagliare le tagliatelline. In una teglia antiaderente fare uno strato di tagliatelle, guarnire con la granella di nocciole, il cioccolato, lo zucchero e sovrapporre un secondo strato di tagliatelle. Guarnire ancora con granella
di nocciole, cioccolato e zucchero. Sovrapporre un ultimo strato di tagliatelle e ancora granella di nocciole, cioccolato e zucchero. Distribuire il burro e il liquore sulla superficie. Cuocere a 180 gradi fino a doratura.
Info: Chef Alessandra Nodari Agriturismo Loghino Vittoria www.loghino.net
(
Torna dall’8 al 10 luglio 2023 Street Wine Garda, l’evento di degustazione dei vini di Verona nello straordinario scenario del lungolago di Garda. Street Wine Garda si terrà secondo i seguenti orari: Sabato 8 luglio - dalle 18 alle 23.
Domenica 9 luglio - dalle 18 alle 23.
Lunedì 10 luglio - dalle 18 alle 23.
Street Wine Garda è l’occasione perfetta per gustare un momento di relax estivo assaporando le eccellenze enogastronomiche della zona, semplicemente acquistando alla cassa della manifestazione il biglietto di partecipazione, che consiste in 8 token al prezzo di 15 euro da utilizzare negli stand delle cantine.
I vini proposti in degustazione valgono 1, 2 o 3 token a seconda della loro tipologia. Vi vedrrà regalato con il biglietto un bicchiere in tritan (materiale plastico perfetto per le degustazioni) e la taschina porta bicchiere per portarselo a spasso. Ovviamente non mancheranno sbecolerie, oltre alla possibilità di acquistare le bottiglie di vino da portare a casa.
(Nella foto Alessandro Medici, patron della manifestazione).
È stato il panettone farcito di Giuseppe Zerbato “Il gelataio Valdagno” (Valdagno, Vicenza) a conquistare il podio della prima edizione della Coppa del Mondo del Panettone Summer Edition. Il primo concorso che unisce la fragranza del panettone con la cremosità del gelato, si è svolto sabato 17 giugno a Peschiera del Garda, con una grandissima partecipazione di pubblico. Secondo classificato Roberto Galligani “Casa del gelato” (Albenga, Savona), terzo classificato Gabriele Fiumara “California cafè” (Sant’Alessio siculo, Messina). Il miglior panettone decorato decretato dalla giuria popolare è stato quello di Alessandro Saccomando “Casa Mastroianni” (Lamezia Terme).
Durante la serata sono stati serviti oltre 180 Kg di gelato con i gusti proposti dai candidati e servite oltre 2000 coppette al numeroso pubblico italiano
e straniero che ha potuto gustare il miglior gelato italiano. I Maestri Gelatieri in gara si sono confrontati con il panettone del Maestro Iginio Massari che hanno decorato e farcito con gelato, sorbetto e semifreddo.
Sotto la guida dello Chef Paolo Ghirardi è l’imperdibile new entry tra i ristoranti milanesi in città, dal sapore locale e il mood internazionale.
Il nome CotoliAMO nasce dalla fusione delle due parole italiane Cotoletta e Amore. Il concetto di «Cotoletta» definisce il ristorante, che affonda le sue radici nell’autentica tradizione della cotoletta alla milanese, mentre la parola «Amore» si riferisce al piacere del mangiare italiano. Il menù del ristorante è un viaggio attraverso la cucina regionale del nord Italia e porta alla riscoperta di ingredienti genuini e ricordi di sapori antichi.
Dato il nome del ristorante, tra i piatti della cucina meneghina non poteva mancare la famosa “Orecchia d’Elefante”, un capolavoro della cucina del capoluogo lombardo, cucinata secondo tradizione con burro chiarificato aromatizzato alla salvia che crea la giusta croccantezza, e servita con pomodorini e sottili sfoglie di patate fritte.
Dal pane in Cilento, alla pizzeria-ristorante a Milano alla nuova gastronomia, la prima completamente basata sulla dieta mediterranea a Milano. Un passaggio che è in realtà la semplice evoluzione di un’idea, ma soprattutto di una filosofia e di una passione, quella per la cucina autentica e per il Cilento.
Dopo il successo tutto milanese del ristorante, aperto lo scorso anno, lo chef e imprenditore Paolo De Simone decide di raccontare la sua idea di cucina attraverso la sua gastronomia “Modus”, la prima cilentana a Milano, in via Cesare Battisti 23, di fronte al Tribunale.
Modus è quindi il luogo che per eccellenza incarna i valori del suo chef e proprietario, incentrati sullo sviluppo e sulla diffusione della dieta mediterranea più autentica, quella che rappresenta per eccellenza, in Italia e nel mondo, la salubrità e uno stile di vita sostenibile per l’uomo e per l’ambiente.
La Gastronomia di Modus rappresenta infatti in toto la Dieta Mediterranea che è stata concepita proprio, negli anni ’40, a partire dalle abitudini alimentari cilentane, dal noto filologo americano Ancel Keys, che riuscì a dimostrare il legame tra il “mangiare sano” della popolazione del Cilento e il miglioramento della qualità della vita nonché della riduzione di malattie cardiovascolari e
che, anche quest’anno, si è confermata come il miglior regime alimentare al mondo secondo il “Best Diets Ranking” elaborato dallo “U.S. News & World Report”.
Nel menù, parte dei piatti del ristorante-pizzeria Modus, ma riadattati al contesto della gastronomia, dove si possono comprare ogni giorno cibi freschi da asporto o da gustarsi in loco, come in un bistrot, o ancora attraverso la formula delivery. Nel locale, arredato con il tipico stile elegante Modus, dove troneggiano l’oro e il verde, sono 24 i coperti a disposizione di coloro che vogliono gustarsi ricette che si rifanno all’antica tradizione cilentana, con verdure, legumi, formaggio (quel poco necessario che serve per fare le “mbuttunature) e poca carne, come assoluti protagonisti.
Da Ribelle a “Ribellino” la strada è brevissima: dal locale gourmet di street food di via San Rufino (Assisi) al food truck per girare l’Umbria (e non solo) offrendo panini preparati dallo chef Lorenzo Cantoni, la paninoteca da stanziale si fa anche mobile, lasciando invariato il punto di forza: la qualità. E parliamo di un prodotto che ha ricevuto da Gambero Rosso il premio come eccellenza culinaria umbra nel settore street food. Un gioco al rilancio per portare l’esperienza gastronomica direttamente tra gli eventi del gusto, con il suo nuovo e accattivante camioncino itinerante, attrezzato di cucina. Un’idea fortemente voluta da Elena Angeletti, general manager dell’azienda e imprenditrice visionaria, che ha declinato il suo “Ribelle” anche in questa formula, ribattezzata appunto “Ribellino”.
Si è parlato di territorio, di produzioni vinicole, di tutela del paesaggio, dell’arte del saper fare ereditata come tradizione. Ma anche di turismo, e di quanto una Denominazione ben gestita possa diventare un importante driver economico per il territorio. Questi i temi affrontati lo scorso maggio durante la conferenza stampa indetta presso il Centro di appassimento, sede della Cantina Produttori di Fregona. Sette piccoli vignaioli che 10 anni fa, associandosi in forma di cooperativa, hanno salvato il Torchiato dal rischio di estinzione unendo le proprie forze per presentarsi sotto un’unica etichetta: “Piera Dolza Torchiato di Fregona”. Così facendo stanno tentando di superare le criticità dell’essere troppo piccoli per affrontare le esigenze del mercato. Piera Dolza in dialetto veneto significa pietra dolce, perché facile da lavorare. Veniva estratta dalle vicine Grotte del Caglieron e impiegata nei secoli scorsi per gli stipiti delle porte di case e palazzi della vicina Vittorio Veneto e di Venezia. Con questa pietra si era anche modellato il basamento atto a sostenere lo storico torchio posizionato nella piazza del paese dove tutti potevano recarsi per la torchiatura delle uve, cerimonia che a memoria d’uomo cadeva nella settimana di Pasqua, come avviene ancora oggi.
“PIERA DOLZA 10 ANNI è un risultato importante, un piccolo miracolo reso possibile solo dall’impegno coeso dei nostri vignaioli - spiega Alessandro Salatin, presidente della piccola cooperativa -. Duemilacinquecento bottiglie da 375 ml frutto della vendemmia 2013 che non è detto riusciremo a produrre ogni anno. Ancora non abbiamo stabilito a quale prezzo verrà posta in vendita questa riserva speciale di 10 anni perché è difficile trasmettere il grande valore contenuto in ogni bottiglia”. Il Torchiato di Fregona segue rigidissime regole di produzione. Le rese massime consentite in vigna arrivano a 100 q per ettaro ma non tutto ciò che viene vendemmiato va bene per l’appassimento. Solo le uve migliori superano la severissima selezione. Talvolta ne resta solo il 30% o addirittura il
20%. Di questo, dopo 2 o 3 cicli di torchiatura, ne rimane appena il 20% pronto per il lungo affinamento. Ed è l’unico vino il cui disciplinare impone venga realizzato con l’impiego di tre vitigni autoctoni: il principale è il Glera, lo stesso vitigno base del Prosecco, poi la Boschera e il Verdiso in percentuali ben definite.
“In aggiunta -osserva Salatin- come cooperativa ci siamo autoimposti regole ancora più stringenti relative alla sostenibilità ambientale. Questo vino quindi è veramente prezioso”.
Tra i tanti addetti ai lavori e tra le diverse autorità presenti all’incontro sono intervenuti il Sindaco di Fregona, Patrizio Chies, i sindaci dei due comuni appartenenti alla Docg Torchiato di Fregona (sottozona della Docg ‘Colli di Conegliano’), l’eurodeputato Gianantonio Da Re con i suoi aneddoti sul Torchiato legati all’infanzia, e il consigliere Mauro Fael della Provincia di Treviso, ente che, insieme a Regione Veneto e Comune, ha contribuito a finanziare il Centro di Appassimento.
Nel Talk condotto da Luciano Ferraro, vicedirettore del Corriere della Sera e grande esperto di vini, coprotagonista con il presidente Salatin è stato l’Assessore ad agricoltura e turismo della Regione del Veneto, Federico Caner che ha commentato: “Oggi celebriamo un anniversario importante, che premia il lavoro di squadra, un territorio e un prodotto di eccellenza che nasce nelle colline Unesco, tra Anzano, Fregona, Osigo, Montaner, Cappella Maggiore e Sarmede. Per il Veneto, il Torchiato di Fregona, con il suo sapore ricercato e di pregio, si contraddistingue per essere, assieme al Prosecco, uno dei vini identitari che ci rappresenta anche nel mondo. Un vino che è sintesi perfetta tra la terra, la sua storia e la capacità di questi imprenditori di
PRESENTATO IL PIERA DOLZA 10 ANNI, RARISSIMO VINO PASSITO EMBLEMA
E ORGOGLIO DI UN TERRITORIO.
UN PATRIMONIO CHE NON È ANDATO PERDUTO GRAZIE A 7 PICCOLI PRODUTTORI UNITISI PER SALVARLO E FARLO CONOSCERE AL MONDO.
lavorare assieme. Un esempio di dedizione e passione che va protetto come patrimonio culturale da preservare. Come Regione continueremo a sostenere questa eccellenza veneta, custode di tradizioni e biodiversità”.
Per Ferraro, noto anche come curatore della Guida ‘I migliori 100 vini e vignaioli d’Italia’ il fatto che questa piccola realtà sia ancora sconosciuta ai più, presenta grandi potenzialità e ne ha portato alcune testimonianze: “I vini “segreti” sono i più ricercati dagli estimatori i quali sono disposti a riconoscere qualunque cifra per assicurarsene una bottiglia”. Apprezzatissima la degustazione guidata del Piera Dolza 10 Anni condotta dall’esperta voce dell’enologo Emanuele Serafin.
Il futuro che auspico al Torchiato di Fregona?
“Deve diventare economicamente sostenibile -conclude Alessandro Salatin- e garantire una giusta redditività a chi lo produce, in modo da attirare nuove generazioni che noi siamo pronti ad accogliere e accompagnare trasmettendo loro i nostri saperi”.
https://www.torchiato.com
Lo scorso 2 giugno l’Hotel Hocheder di Seefeld (Austria) è stato teatro di una degustazione di Raboso Piave DOC e Malanotte DOCG
Questa manifestazione è stata organizzata dalla Confraternita del Raboso Piave ed è la prima volta che il Raboso Piave DOC varca i confini nazionali per farsi conoscere. La Confraternita, fondata nel 1196, ha sede a Vazzola, paese del vino in provincia di Treviso. L’obiettivo è non far dimenticare questo antico vitigno autoctono, sostenere attraverso l’utilizzo di questo nobile vino tutte le iniziative volte alla valorizzazione culturale della Confraternita attraverso l’utilizzo e la promozione dell’educazione enogastronomica. I valori della confraternita sono l’amicizia la lealtà, la solidarietà e il rispetto reciproco nello spirito delle migliori tradizioni delle terre del Piave. Con il supporto delle Istituzioni locali l’associazione è stata impegnata nello sviluppo di studi finalizzati alla conoscenza e promozione del vitigno Raboso Piave, in particolare ha collaborato con la facoltà di Agraria dell’Università di Padova per individuare le tecniche culturali più idonee, comprendere le potenzialità delle uve Raboso Piave per approfondire l’analisi sensoriale e comprendere gli aspetti salutistici della degustazione di questo vino.
Negli anni si sono così ottenuti importanti risultati in termini di incremento e miglioramento della produzione, risultati che hanno permesso l’ottenimento della DOCG nel 2010.
Il Raboso Piave DOC una volta raggiunta la sua piena maturazione è uno dei grandi vini rossi italiani, deve essere invecchiato per almeno due anni di cui sei mesi in botti di legno e almeno quattro mesi in bottiglia.
Il Malanotte DOCG invece è una differenziazione
della tipologia poiché prevede un disciplinare di minimo tre anni di maturazione prima che possa essere commercializzato; inoltre le uve passite possono essere assemblate con una percentuale del 15/30%.
Si abbina a piatti di selvaggina, carne di manzo, piatti alla griglia, ma si accompagna perfettamente anche a formaggi stagionati. E’ anche un ottimo vino da meditazione ideale per lunghe serate in compagnia.
In questa manifestazione sono stati degustati 5 tipi di vino diversi, su tutti l’annata 2016 della Selezione Confraternita, un Raboso Piave DOC della cantina Molon Traverso selezionato in modo anonimo tra i candidati produttori di Raboso Piave DOC con una gradazione alcolica del 14%. Gli altri quattro vini erano tutti Malanotte DOCG di quattro diverse cantine (Tenuta Bonotto delle Tezze, Bonotto vini, Cà di Rajo e Casa Roma) di diverse annate.
L’affinamento in botti di legno dona al vino un bel colore rosso rubino intenso con riflessi granati, un profumo meraviglioso, ampio, che ricorda l’amarena. Il sapore secco, speziato, leggermente acidulo e corposo, con note di vaniglia, pepe, caffè, liquirizia, frutta matura talvolta quasi di confettura.
Tra gli altri hanno partecipato all’evento Michael Jank, Treculinaria Seefeld, Christine Riegler di
Trachten Eck Seefeld, Andrea Hoch presidente del Golf Club di Seefeld, Ladies Alessandra e Sofia dell’Hotel Almhof Seefeld, Oliver Neth operatore e sommelier del Strandperle Seefeld, il direttore dei musei regionali Cristof Fluegel con la signora Carla, il signor Vanni De Carli dell’ Hocheder, Bernadette Staudter prima “Consorella” austriaca e il confratello Mariangelo Godeas ospite da lunga data della città di Seefeld.
Con l’arrivo della calda stagione, il ristorante da Berti rinnova il proprio menu: protagonisti della proposta i migliori tagli di carne alla griglia, ma anche i piatti della tradizione meneghina, rivisitati con modernità, e la cucina mediterranea con una ricca selezione di verdure, salumi e formaggi nostrani. L’estate, per lo storico ristorante milanese a pochi passi dai grattacieli del vivace quartiere di Porta Nuova, è anche l’occasione per riaprire l’incantevole giardino con il suo antico pergolato, uno dei più grandi in città con oltre cento posti a sedere. Da quest’anno, i clienti che cenano da Berti hanno la possibilità di iniziare la serata con un aperitivo in giardino, stuzzicando appetitosi finger food e sorseggiando freschissimi drink preparati dal nuovo cocktail bar, e proseguire la cena sotto la verdeggiante pergola e la luce soffusa delle lanterne o nella splendida veranda. L’ideale anche per chi vuole celebrare una ricorrenza speciale in compagnia e abbinare aperitivo e cena in un’unica location. Il nuovo menu, firmato dal Resident Chef Fabio Carotenuto, milanese doc, rispetta la sua cucina: tradizionale, democratica e immediata. Tra gli starter il Roast-beef all’inglese con emulsione di provola affumicata, pere in osmosi e cipolla rossa in agrodolce; la Cheese cake tartare di manzo con robiola al limone, pane nero e uvetta; e la Catalana “da Berti” con straccetti di pollo, pomodoro camone, melone, mela, finocchi, sedano e misticanza. I nuovi primi profumano d’estate, come i Ravioli ricotta e melanzane su coulis di pomodoro e basilico, o il Risotto con lime, stracciatella e pepe di Timut, anche se è immancabile un grande classico: il Risotto alla milanese con pistilli di zafferano. Sempre presenti i taglieri di formaggi e salumi italiani, accompagnati da verdure di stagione con diverse cotture e consistenze, e un’importante selezione di pregiate varietà di carne da tutto il mondo proposte alla griglia: dalla Tagliata di bavetta Black Angus dell’Australia con crudités di verdure agli agrumi, al Filetto di Chianina servito con patate al forno e cipolle borrettane, dalle Costolette di agnello spagnolo con ratatouille alla Costata di Sashi Choco della Finlandia. Dulcis in fundo, Millefoglie con crema diplomatica e frutti di bosco e Delizioso al limone con sablè per gli amanti dei grandi classici, Tortino con cuore caldo al cioccolato e gelato alla vaniglia per chi non rinuncia al “cibo degli dèi” nemmeno nella stagione più calda, Ananas in osmosi con menta, anice stellato e vodka per i più curiosi.
Ristorante da Berti Nata come stazione di posta con annessa locanda intorno alla metà dell’Ottocento, l’antica trattoria da Berti è un locale storico dove, da oltre centosessant’anni, si ritrovano importanti personalità della vita politica, artistica e culturale della città. A inizio 2022 viene rilevata dai fratelli Dante e Giuseppe Di Paolo, conosciutissimi nel panorama della ristorazione milanese con il brand A’ Riccione, tra i più rinomati ristoranti di pesce della città. Dopo un anno di ristrutturazioni, oggi è una location completamente rinnovata nello stile e negli spazi che convive in perfetta armonia con la Milano dei grattacieli e degli edifici avveniristici alle sue spalle. Quattro sale interne, tra il calore accogliente della sala camino e la volta dipinta della sala affreschi, e un’ampia veranda con dehors e pergolato affac-
ciato sul giardino: un meraviglioso angolo verde nel cuore della città. In cucina Fabio Carotenuto (nella foto sotto), milanese doc, che da Berti propone l’autentica cucina milanese, rivisitata con quel tocco di modernità che si addice alla Milano contemporanea: dal classico Risotto alla milanese o al salto, ai piatti della tradizione come l’ossobuco, oltre a un’ampia selezione di carne alla brace e alla griglia.
Da Berti
Via F. Algarotti, 22, Milano Tel. +39 02 6694627 | info@daberti.it Chiuso domenica sera e lunedì https://www.daberti.it/
Ogni anno la Fraglia Vela Malcesine organizza numerosi prestigiosi eventi, per un totale di 80 giorni di eventi annuali divisi in regate zonali, nazionali ed internazionali, con oltre 30.000 presenze giornaliere previste. Ecco alcuni dei principali appuntamenti previsti quest’estate:
- UFO 22 EURO CUP 2023. 7-9 luglio
Tre giorni intensi di regata per la classe Ufo 22 per scoprire quale sarà la barca Campionessa Europea 2023.
- 2023 J/70 CUP – MALCESINE EVENT. 14-16 luglio
Dopo quasi due anni di pausa, torna alla Fraglia Vela Malcesine la classe J/70
- 40° ALPENPOKAL, H-BOAT INTERNATIONAL REGATTA. 27 luglio
Importante anniversario per la classe H-BOAT alla Fraglia Vela Malcesine che festeggia il 40° anniversario della regata Alpenpokal.
Ottima occasione per testare il campo di regata per il Campionato del Mondo della classe H-BOAT che si terrà alla Fraglia Vela Malcesine dall’1 al 4 agosto 2023.
Dal 23 al 30 luglio si svolge il “Challenger Tour ATP”, gli internazionali di tennis al Circolo Tennis Scaligero.
Per il terzo anno consecutivo il grande tennis internazionale torna a Verona, per uno spettacolo imperdibile, che richiama giocatori professionisti dall’80^ al 300^ posizione del ranking mondiale. L’ATP Challenger Tour è il secondo livello più alto del tennis maschile professionistico, dove i giocatori emergenti o di ritorno si sfidano per farsi strada attraverso la classifica mondiale dell’ATP Tour. Un tennis di alta qualità, intrattenimento e supporto internazionale.
A dirigere, il torneo il tennista croato, veronese d’adozione, Viktor Galovic (best ranking ATP n. 172), vincitore della Coppa Davis 2018 nella squadra nazionale della Croazia.
...e si chiama “rimbalzello”. Diciamocelo, in lingua italiana il nome suona proprio male ma in inglese a livello internazionale si chiama “stone skipping” che forse è piure peggio. A dispetto di come tutti lo chiamiamo, tirare sassi piatti sulla superficie di un lago per farlo rimbalzare quanto più lontani possibile è un gioco che abbiamo fatto tutti e che continuiamo a fare ogni qualvolta ce ne si presenti l’occasione nella bella stagione. Per qualcuno è diventato addirittura uno sport, soprattutto per Stefano Bonetta e per quei 200 partecipanti che la scorsa estate hanno partecipato al primo Campionato Italiano di Rimbalzello. Stefano Bonetta, 26 anni di Verbania, ha vinto con un lancio di 96 metri di lunghezza. La notizia da raccontare è che anche quest’estate si replica: domenica 23 luglio infatti, si terrà la seconda edizione dei Campionati Italiani ai 1650 metri del lago di Casalavera a Domobianca, la stazione sciistica di Domodossola a 130 km di autostrada da Milano.
L’ATTIVITÀ PROSEGUE ANCHE NEL 2023
Torna puntuale, come ogni estate, Sport al Parco, la proposta sportiva gratuita nei parchi cittadini che l’Assessorato alla Partecipazione del Comune di Brescia organizza nell’intento di proseguire in forma più libera l’attività dei corsi sportivi invernali che termineranno all’affacciarsi dell’estate. Approfittando del clima propizio e degli ampi spazi delle aree verdi, oltre a riproporre all’aperto le discipline che si tengono d’inverno nelle palestre, la nuova proposta contempla l’inserimento di nuove discipline sportive che qui trovano il loro ambiente ideale. Vengono così confermate le attività di avviamento alla corsa ed alla canoa, che quest’anno è stata potenziata, protagoniste della precedente edizione, mentre la
È lunga da Mantova, vero? Però ne vale la pena, pensando di organizzare un weekend lungo i vicini laghi d’Orta e Maggiore e pensando che poi la giornata di festa in quota propone anche molti altri eventi (c’è anche un torneo di “Alpine Football”, il calcio giocato su un prato in pendenza) con musica, grigliate, giri in MTB e in parapendio, prova di altri sport e un panorama che va dalle cime delle montagne al confine con la Svizzera fin giù sul Lago Maggiore. Il clou della giornata saranno comunque i gironi di qualificazione e le finali del Campionato di Rimbalzello, aperto ovviamente a tutti coloro che hanno voglia di divertirsi, senza limiti di età. Ognuno avrà a disposizione cinque tiri e non verrà contato il numero dei rimbalzi ma la distanza coperta dalla pietra prima di affondare nel lago. Che dite? L’anno prossimo organizziamo noi i Campionati su uno dei nostri laghi?
novità per quest’anno è l’introduzione di un ciclo di Camminate Outdoor nel Parco delle Colline: una nuova esperienza tesa ad ampliare la gamma delle attività sfruttando anche il sabato mattina, una giornata mai toccata prima dalla proposta della rassegna. Continua ed innovativa è la ricerca di nuove idee anche sugli spazi da utilizzare e così, dopo l’esperienza dell’anno scorso che ha coinvolto il Parco delle Cave, ambiente protetto in continua espansione e riconfermato anche per quest’anno, si è voluta inserire anche la porzione urbana del Parco delle Colline che, con la sua naturale quinta boscosa racchiude idealmente nella rassegna tutte le aree verdi della città.
Nel comune di Garda, in Provincia di Verona, si possono trovare bici particolari per pedalare sull’acqua in sicurezza. Le waterbike sono adatte a tutti i tipi di età ed anche persone con alcune tipologie di disabilità. Con l’iniziativa “Pedala – go” si ha la possibilità di entrare in contatto con la storia e le tradizioni del territorio gardesano e, allo stesso tempo, di sperimentare questo innovativo mezzo a pedali per spostarsi sull’acqua. Gli associati possono prenotare un tour per visitare dall’acqua La Rocca di Garda, la Spiaggia del Corno, Villa Canossa, e la Locanda di San Vigilio: mentre si pedala si ascoltano i racconti tramite audioguide che, con un percorso mappato e geolocalizzato, raccontano la storia dei luoghi attraversati. www.landofitaly.it
Vacanze attive in un clima rilassante per grandi e bambini all’hotel Serena ad Andalo, in provincia di Trento, sull’altopiano Brenta-Paganella. Questa località è una meta estiva family friendly, un paradiso per famiglie “attive” e amanti della montagna, dove poter ammirare splendidi panorami, dedicarsi ad attività sportive per tutti i livelli e respirare aria pura. La vacanza, all’hotel Serena, è sinonimo di gioia, divertimento e servizi a tutto tondo per la famiglia. Infatti, la struttura è parte del consorzio Italy Family Hotels, dell’associazione MyFamilyHotel e del club Andalo for Family, le garanzie migliori per certificare servizi ed elevati standard di qualità. Qui mentre i grandi si rilassano nella Spa o esplorano Andalo e dintorni con le bici elettriche, i più piccoli si possono divertire nei
Ci sono due modi per raggiungere la capanna di vetta in cima al Monte baldo: a piedi e… a piedi, ma accompagnati dalle guide “equipENatura”. Per “riempirsi gli occhi” dei panorami mozzafiato di questi luoghi, ma soprattutto per comprendere appieno tutto ciò che la natura, la storia, il paesaggio del Baldo mostrano solo agli occhi più attenti. Per questo motivo tra giungo e settembre (a seconda del tipo di attività) le guide propongono un ricco calendario di escursioni di vario tipo e intensità per raggiungere il rifugio Telegrafo: un triplo appuntamento settimanale, in cima al Baldo, assieme ad Alessandro Tenca, guida naturalistica e gestore del Telegrafo, il rifugio alpino più in alto lungo la cresta Baldina, dove sperimentare i sapori e l’accoglienza montana della capanna di vetta. Si parte il lunedì con la salita con le biciclette elettriche da Prada per pedalare lungo le strade forestali ed i sentieri del Baldo. Ogni martedì ci sono le uscite a piedi “Baldo Bio Trek, in cresta col naturalista” con partenza la mattina dal Rifugio Fiori del Baldo. Il venerdì sera invece la salita è proposta nel tardo pomeriggio, con pernottamento in rifugio, sempre partendo dal Rifugio Fiori del Baldo; all’arrivo al Rifugio Telegrafo, si potrà rifocillarsi con un calice di vino di cantine del territorio e un piatto proposto dalla cucina, caffè e digestivo ed escursione guidata serale a Cima Telegrafo dopo cena. www.equipenatura.it
tanti parchi giochi avventura della zona o scegliere tra le proposte del ricco programma Activity Kids. Tra le attività da scegliere ci sono: “I giochi nel bosco, tra natura ed animali” con passeggiate e giochi nella natura per le famiglie e fattibile anche con passeggini; l’attività di “Trekking alle Grotte della Paganella e al Trono dell’Aquila”, il cui percorso caratterizzato da una moltitudine di fiori e piante, viene modulato in base alle capacità dei partecipanti: si pranza in rifugio e poi ci si incammina tutti assieme verso il trono dell’aquila, punto estremamente panoramico ed arrivo della famosa “Ferrata delle Aquile”. I piccoli amanti delle due ruote possono mettersi alla prova con l’attività “Bike Kids Experience alla Pump Track Andalo”. Il Pump Track è una pista artificiale per imparare la tecnica di guida della bicicletta in differenti situazioni: salite e discese, curve paraboliche e piccoli salti, sempre accompagnati da competenti Istruttori. L’hotel Serena offre anche esperienze didattiche a contatto con la natura come i racconti dal bosco con una selezione di albi illustrati di qualità letti da Elisa Salvini o gite in malga alla scoperta dell’oro bianco, dove assieme al casaro si assiste alla filiera della trasformazione del latte, dalla mungitura della mucca, alla lavorazione del formaggio e partecipare in prima persona alla realizzazione di una piccola formina. www.hotelserena.it
NUOVO ZAINO AVATAR
Al via la stagione estiva e le escursioni nelle terre alte: per gli amanti dele camminate in vetta, i trekking e le arrampicate la linea outdoor del brand italiano “Rock Experience” offre un guardaroba tecnico ad hoc con giacche e pantaloni, accessori come zaini e bastoni, fino alla nuova proposta di scarpe, tutto accomunato dall’elevata tecnicità. Soluzioni integrate che garantiscono leggerezza e traspirabilità per tutte le attività outdoor. In particolare, in montagna non deve mai mancare lo zaino.
La sacca Avatar di Rock Experience ha un particolare schienale che, grazie ad un innovativo sistema di
ventilazione, aiuta a ridurre la sudorazione nella zona lombare. Gli spallacci in rete, ergonomici e traspiranti, e il sistema di chiusura frontale posto in corrispondenza del ventre assicurano la libertà di movimento a chi lo indossa. Si trova in quattro diversi formati (18, 24, 28 e 38 litri) ed è dotato di numerose tasche esterne per avere il necessario a portata di mano, oltre a fasce di compressione laterale, che permettono di adattare lo zaino al suo contenuto, supporto per bastoncini, loghi riflettenti e copri zaino da utilizzare in caso di pioggia. rockexperience.shop
(Foto Giacomo Tonoli)a cura di paolo carli foto di simona frigo
Gilda Medici ce l’ha fatta! Classificandosi al primo posto al Concorso Cerchio Aereo - Categoria Youth Amateur lo scorso 17 Giugno 2023 a Forte Gisella di Verona, durante la prova del Campionato di Ginnastica Aerea AICS (associazione italiana cultura e sport) in tessuto e cerchio, parteciperà al World Dance competition of Peoples and Culture 2023 di Montecatini Terme il prossimo 8-10 Dicembre.
Gilda ha solo 12 anni, è una atleta del Centro coreografico asd Ponti sul Mincio e ha iniziato questa disciplina solo alla fine del 2021, collezionando due primi posti ai concorsi di categoria e un bronzo alla sua prima finale internazionale. Sul cerchio aereo, Gilda porta lo spettatore in un’altra dimensione, la sua espressività ed eleganza trasmettono forza e leggerezza.
“Siamo felicissimi che Gilda abbia riconfermato il primo posto dello scorso anno nella sua categoria” ha affermato Patrizia Merlin, Responsabile Centro Coreografico Asd, “e l’accesso alla finale Internazionale a Montecatini Terme. Un grazie ed un plauso lo rivolgo alla maestra e coreografa Debora Lazzarino per la sua capacità nell’insegnare ma soprattutto nel trasmettere la passione per questa disciplina”.
L’amicizia e le emozioni non hanno tempo e questo lo si è compreso a chiare lettere a Gazoldo degli Ippoliti in occasione della reunion dei dirigenti e degli atleti dell’ex Iag Gazoldo. Numerosi i personaggi che a vario titolo hanno presenziato all’evento ideato e curato dall’Avr di Rodigo, con in prima linea il presidente Aimone Araldi, con la collaborazione dell’Associazione Postumia, in particolare il direttore artistico Nanni Rossi, e del Comitato provinciale Fci, presente con il presidente Fausto Armanini e il vice Lido Baracca, entrambe nella loro carriera di atleti hanno vestito la maglia giallorossa del team gazoldese.
Al tavolo con i promotori dell’iniziativa vi erano anche il sindaco di Gazoldo degli Ippoliti, Nicola Leoni, gli assessori del Comune di Rodigo, Chiara Comunian e Simona Ometto, l’ex dirigente amministrativo della Iag Gazoldo e per alcuni versi memoria storica del progetto creato dall’allora direttore dell’azienda Pierino Livraghi, Roberto Tosi.
Prima del momento di confronto si è vissuto un’emozionante scambio di abbracci tra gli ex che ha confermato quanto l’incontro era atteso. Altro elemento che ha contribuito a rendere il
tutto carico di significati è stato il fatto che tra coloro che hanno accettato l’invito degli organizzatori vi erano campioni mantovani e di altri territori di quel periodo che seppur non abbiano fatto parte del pianeta Iag Gazoldo si sono sentiti coinvolti dall’idea di rievocare momenti sportivi ricchi di soddisfazioni.
Nel corso della serata i campioni di allora ed anche chi a vario titolo è stato protagonista di momenti esaltanti per il ciclismo mantovano vestendo la maglia della Iag Gazoldo hanno avuto modo di ripercorrere, con orgoglio e un pizzico di commozione, la fasi più avvincenti del periodo che va dal 1967 al 1973.
Lungo è l’elenco degli ospiti d’onore, ex atleti e dirigenti, che insieme ai promotori hanno stappato applausi ai numerosi presenti con alcuni aneddoti simpatici delle esperienze personali oltre ovviamente alle soddisfazioni provate in occasione dei successi colti.
Al termine della serata un coro unanime di consensi è stato espresso al progetto di base della reunion.
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