Il Giornale dei Biologi - N. 3 - Marzo 2021

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Ambiente

© viktorov.pro/shutterstock.com

L’URAGANO SPAZIALE SOPRA IL POLO NORD I ricercatori dell’Università inglese di Reading hanno scoperto come plasma e campi magnetici nell’atmosfera possano esistere in tutto l’universo

di MIchelangelo Ottaviano

G

li uragani (dal caraibico huracan, nome indigeno del Dio del vento), o per usare un termine meteorologicamente più preciso i “cicloni”, sono delle zone atmosferiche di bassa pressione, ovvero aree in cui la pressione atmosferica è minore di quella delle regioni circostanti alla stessa altitudine. Esse sono caratterizzate da un vortice atmosferico a cui associamo il cattivo tempo meteorologico (temporali, pioggia e vento), e infatti i cicloni, che prendono il nome di uragani se sono tropicali, corrispondono a quelle che banalmente chiamiamo

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perturbazioni atmosferiche. Sono fenomeni di grandi dimensioni che si manifestano nella parte più bassa dell’atmosfera terrestre, la troposfera, dove ha origine anche la maggioranza degli altri eventi atmosferici. Tuttavia, disturbi simili agli uragani non erano mai stati rilevati nell’atmosfera superiore della Terra. A cancellare quel “mai” ci hanno pensato i ricercatori dell’Università di Reading che, attraverso le informazioni trasmesse dai satelliti, hanno potuto aggiungere questa novità all’inventario delle scoperte. Gli scienziati inglesi hanno capito che non si trattava di un normale vorti-

ce d’aria, ma di una massa di gas ionizzato e plasma concentratasi proprio sopra il Polo Nord. La frazione dell’atmosfera terrestre in cui questa massa si è costituita è la cosiddetta ionosfera, una zona nella quale le radiazioni del Sole, e in misura molto minore i raggi cosmici provenienti dallo spazio, provocano la ionizzazione dei gas componenti. Estesa fra i 60 e i 1000 km di altitudine, e quindi appartenente sia alla mesosfera sia alla termosfera, può essere ulteriormente divisa in strati che ne evidenziano le diverse proprietà elettriche, dovute alle variazioni di composizione e dell’intensità di radiazione solare ricevuta. A supportare la tesi del team di Reading ha contribuito una serie di dati raccolti nel 2014 dall’Università cinese di Shandong. Inoltre, grazie alle ricostruzioni virtuali, sono state effettuate delle misurazioni precise e definite le particolarità di questo sensazionale fenomeno. Secondo quanto osservato dagli scienziati, da una massa di 600 miglia di larghezza (circa 965 km) stavano piovendo elettroni al posto della normale acqua di un uragano terrestre, con la perturbazione che è durata quasi otto ore prima di rompersi. Fino ad ora non era certo che esistessero anche uragani di plasma spaziale, e questo fa supporre che plasma e campi magnetici nell’atmosfera dei pianeti possano esistere in tutto l’universo e che non siano fenomeni poi così rari. Infine, si è scoperto che l’uragano spaziale, verificatosi durante un periodo di bassa attività geomagnetica, condivide molte caratteristiche con quelli terrestri: una zona centrale tranquilla, cesoie, bracci a spirale e una circolazione diffusa. Secondo gli scienziati è probabile che questo tipo di uragani porti a effetti meteorologici spaziali come disturbi nelle comunicazioni radio ad alta frequenza, o maggiori interferenze nella navigazione satellitare e nei sistemi di comunicazione.


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