Tali concezioni hanno avuto un inevitabile eco anche a livello pedagogico. Infatti, attraverso Luigi Stefanini, Flores d’Arcais, Enzo Giammancheri, Mauro Laeng, Marcello Peretti e molti altri, il personalismo si è andato a strutturare come vero e proprio modello pedagogico, pur con le molteplici sfumature individuali. Per questo appare fondamentale rintracciare i punti di contatto tra le due “estremità” del sapere, al fine di percepirne meglio i contorni e renderli aperti al fabbisogno dell’educatore. Ancora freschi appaiono i contributi di Worthen e Sanders76, i quali sostengono che i due approcci possono essere considerati “compatibili e complementari”, soprattutto alla luce degli studi della “Commission Behavioral and Science and Education” di Council. Le proposte dei due scienziati americani fanno il paio con le parole espresse da Italo Calvino, quando riflette sulla creatività massificata: sono piuttosto diffidente, afferma il noto scrittore italiano, “con questo imperativo della creatività. Io credo che per prima cosa ci vogliono delle basi di esattezza, metodo, concretezza, senso della realtà. La fantasia è come la marmellata, bisogna che sia spalmata su una solida fetta di pane”. In un mondo in cui dobbiamo trascinare una “cassetta degli attrezzi” sempre più pesante, l’adeguamento educativo stenta a prendere visione dell’impossibilità a continuare su questa strada. Occorre quantomeno adeguare l’accesso alla conoscenza, sviluppare competenze che siano spendibili in un mercato del lavoro in profonda trasformazione, ideare una società che non oscuri ed opprima gli elementi individuali ma valorizzi socialmente ciascun cittadino ed, infine, dotare ogni soggetto di “strumenti” il più possibile olistici e flessibili. Una conoscenza che non è più situata, bensì in ogni dove, basta avere una connessione ed il gioco è fatto.
76 Worthen B. R., Sanders J. R. (1987). Educational evaluation:alternative approaches and pratical guidelines. New York: Longman.
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