Eurocarni 11-2022

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EUROCARNI

Anno XXXVII N. 11 • Novembre 2022 € 5,42 Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali
FORMENTO È UN BRAND DI www.carnimec.it On Air dal 07 al 13 novembre 2022 sulle principali reti televisive italiane Ci vediamo in TV!

Gruppo editoriale Edizioni

EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia

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Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma –Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata

Euro Annuario Carne La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2023 Copia cartacea: € 95,00 * * * disponibile da gennaio 2023

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Annuale (12
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EURO ANNUARIO CARNE 2023
compone le sue riviste con computer Apple Il testo è impaginato con Adobe InDesign CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.
11/22
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EUROCARNI

Eurocarni, 1/21 511/22
La prima rivista veramente europea In questo numero: Agenda Parigi, Francia 12 Immagini Cow is Veg 16 Naturalmente carnivoro Roberto Costa, Giorgio Pellegrini e Francesco Camassa 18 Davide Bigarella, Mr. Big 20 Le storie di Beppe Romeo The Ginger Pig 22 Attualità Rapporto Coop 2022 Sebastiano Corona 24 Il caro energia come un flagello Sebastiano Corona 30 Zootecnia De Castro: i nostri allevamenti non sono ciminiere 34 Zootecnia e economia circolare: gli ex-prodotti alimentari 36 A pagina 80. 11/22

Benessere animale

Più spazio, temperature più basse, viaggi più brevi 40 Consorzio Sigillo Italiano: qualità garantita per la carne 44 di Blonde d’Aquitaine

La carne in rete Social meat Elena Benedetti 48

E-shop

Come spedire alimenti freschi nel 2022 50

Aziende MFC Carni sul tetto del mondo

Gaia Borghi 58

Coesione della filiera, sostenibilità e formazione 64

A Singapore la cucina ispanica di Pura Brasa accoglie la maturazione 70 professionale made in Italy di Stagionello® Store

Ad Altamura il futuro della macelleria Elena Benedetti 73

Speciale WSC Tutte le medaglie della World Steak Challenge 2022

Elena Benedetti 80 World Steak Challenge 2022: la carne irlandese si aggiudica 86 15 medaglie d’oro

Interviste Gli allevamenti puntano all’abbattimento delle emissioni 88

Razze La Pecora della Val Senales

Riccardo Lagorio 90

Massimiliano Rella 94 e protagonista del progetto Furchetta

La Pecora dagli occhiali, principessa della Val di Funes

L’Agnello delle Dolomiti lucane Roberto Villa 98

Eurocarni, 11/226
In copertina: carne bovina, fonte di nutrienti nobili. EUROCARNI Anno XXXVII N. 11 • Novembre 2022 € 5,42 Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali A pagina 94.

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Eurocarni, 11/228 Buona carne non mente Davide Bigarella, Mr. Big, l’anima fantasiosa della carne
Guizzo 100 Macellerie d’Italia Da Dario, una famiglia friulana in macelleria Gian Omar Bison 102 La carne in tavola Manifesto del pollo arrosto… con le mani 104 Alla bolognese Giorgia Fieni 108 Tradizioni Per gli anolini ci vuole il brodo di terza o di quarta Nunzia Manicardi 110 Locali di gusto EXÉ Restaurant Riccardo Lagorio 112 Prodotti tipici Salumeria andalusa: la Zurrapa Riccardo Lagorio 114 www.eurocarni-online.com A pagina 48. A pagina 50. A pagina 124.
RAPPRESENTANTE ESCLUSIVO PER L’ITALIA
Eurocarni, 11/2210 www.eurocarni-online.com Convegni Carne bovina, efficienza e sostenibilità 116 Rassegne Sommet, superati i 100.000 visitatori 124 Fiere MarcabyBolognaFiere, sempre più insegne della DM vogliono 128 esporre all’unica fiera italiana dedicata alla marca commerciale Tecnologie Cinque importanti cluster KPI per una produzione più affidabile 132 Denervatori LIMA per carni macinate di pollo e tacchino 138 di altissima qualità Sono 180 grammi, lascio? Stop the pigeon Giovanni Papalato 140 Storia e cultura Barbecue, ritorno al futuro Giovanni Ballarini 142 A pagina 112. A pagina 88. A pagina 116.

Opera dei fornitori di carne belga

Cosa rende la carne belga un’opera d’arte? È il connubio unico tra la carne fresca e una triade vincente: massimo rendimento, efficienza e flessibilità del servizio. Ecco in cosa eccellono i fornitori di carne belga. Ne vuoi un assaggio? d el l a Trova il tuo artista della carne belga su belgianmeat.com

Parigi, Francia

Si svolgerà dal 21 al 24 novembre presso il quartiere delle esposizioni di Paris Nord Villepinte l’edizione 2022 di ALL4PACK Emballage Paris. Appuntamento imperdibile di fine anno per gli operatori del comparto, il salone si posiziona come fiera internazionale d’avanguardia per tutte le soluzioni di packaging sostenibile e dell’intralogistica, coprendo l’intera linea di produzione, comprese le macchine. La fiera vuole essere une fonte di ispirazione per supportare tutti gli attori del settore di fronte alle sfide presenti e future, decodificando le normative ed evidenziando le innovazioni più responsabili. ALL4PACK Emballage Paris si terrà nei padiglioni 4 e 5A del quartiere fieristico di Paris Nord Villepinte. Questo nuovo posizionamento, più compatto, permetterà una migliore suddivisione dei 4 universi del salone: Stampa, Intralogistica, Imballaggio e Process. www.all4pack.com

Eurocarni, 11/2212 AGENDA

Tutto il GUSTO della

CARNE DI VITELLO Olandese

Le realtà produttive del VanDrie Group sono responsabili al 100% per la qualità ottimale del , dall’allevamento dei vitelli alle aziende produttrici di latte in polvere e di carne. La collaborazione tra le diverse prodotto di grande valore. È in quest’ottica che il VanDrie Group ha sviluppato la sua strategia, sotto la guida dei più avanzati sistemi di controllo: una catena di produzione integrata carne di vitello straordinaria: ricca di proteine e amminoacidi, povera di grassi e facile da digerire . Su carnedivitello.it Intraco S.r.l. di Niclas e Simona Herzum Tel.: +39 010 374 277 8 E-mail: herzum@ekro.nl Giraudi International S.A.M. Tel.: +377 93 10 42 42 E-mail: sales@giraudi.com vandriegroup.it Intraco S.r.l. di Niclas e Simona Herzum Giraudi International S.A.M.

Oggi il comparto delle carni bovine rappresenta, a livello globale, uno dei principali settori del sistema agroalimentare e si trova di fronte ad una grande sfida: garantire la produzione di proteine animali per una popolazione in costante crescita, senza perdere le caratteristiche dell’allevamento sviluppate in millenni di storia. Per questi motivi la produzione e il consumo di carne sono sempre più al centro del dibattito pubblico, spesso fortemente polarizzato a causa di un approccio ideologico o di una parziale e fuorviante lettura dei dati riguardanti la salute e gli impatti ambientali. Per questo serve fare chiarezza su quale sia il vero ruolo dei ruminanti in una dieta equilibrata e nella produzione sostenibile della carne, inquadrando la filiera del bovino del futuro in una nuova visione integrata. A questo scopo, il Simposio internazionale “Cow is Veg – Il ruolo dei ruminanti in una dieta sostenibile” ha presentato un primo focus scientifico dedicato alla carne rossa tra sostenibilità, nutrizione e futuro dell’allevamento, con interventi a cura di scienziati di fama internazionale. Trovate un ampio reportage dell’evento a pag. 116.

Eurocarni, 11/2216 IMMAGINI

NATURALMENTE CARNIVORO

Sono tre imprenditori e maestri delle carni stimati e riconosciuti a livello internazionale. Roberto Costa, Giorgio Pellegrini e Francesco Camassa hanno preso parte in qualità di giurati all’edizione 2022 della World Steak Challenge svoltasi a Dublino lo scorso fine settembre. “Naturalmente Carnivori” e grandi professionisti, qui li vedete in visita ad un allevamento di capi bovini irlandesi. A pagina 80 vi raccontiamo com’è andata questa 8a edizione di una delle competizioni carnivore più appassionanti del comparto.

Eurocarni, 11/2218

Classe ‘74, appassionato di cucina da sempre con la predilezione per BBQ e grilling, Davide Bigarella, alias Mr. Big, dopo una permanenza di 4 anni negli States, si innamora delle loro tecniche di cottura. Rientrato in Italia si dedica a corsi su BBQ e grilling affinando, con “quintali di cenere”, le varie tecniche fino a farne una professione vera e propria. Elisa Guizzo lo ha intervistato per Eurocarni e quello che si sono detti lo leggete a pagina 100.

Eurocarni,

11/2220

GENERALFRIGO

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ROMEO

Durano solo 24 ore e sono una via di mezzo tra un diario di bordo e un flusso di coscienza, potente strumento di condivisione e racconto. Come le storie di Beppe Romeo (@bepperomeoo), meat influencer e ambassador di @worldbeststeakrestaurants, tra le quali ogni mese selezioniamo un’immagine per noi forte e significativa. Qui Beppe è in missione nella capitale londinese, più precisamente al Borough Market da The Ginger Pig, butchery e ristorazione creati nel 2003 da Tim Wilson (thegingerpig.co.uk). Questo scatto racconta il lavoro che c’è dietro alla filosofia di The Ginger Pig e del suo creatore: cosa significa davvero il “buon” allevamento degli animali, la selezione delle migliori razze e un’attenzione maniacale ai temi del benessere. Tutti elementi che si ritrovano nel piatto e nella marezzatura, vera e propria “ossessione” di Beppe (photo © instagram.com/bepperomeoo).

Eurocarni, 11/2222 LE STORIE DI BEPPE

COOP presenta l’anteprima digitale del Rapporto annuale 2022, dipingendo, ancora una volta, un quadro preciso di fatti e sentimenti che stanno influenzando, nel bene e nel male, la vita degli Italiani e le relative abitudini personali, familiari e professionali. Non era infatti sufficiente la tempesta perfetta che si è creata negli ultimi anni tra pandemia, crisi climatica e guerra. Quando pensavano di aver superato il peggio, gli Italiani si sono ritrovati a fare i conti con un nemico che credevano di aver abbattuto una volta per sempre una quarantina di anni fa: dagli

anni ‘80 non si vedeva un’inflazione galoppante come quella che si registra in questi giorni e che — tra l’altro — non sembra destinata ad arrestarsi nel breve e medio periodo.

Ma, in uno scenario di per sé cupo e preoccupante, si teme l’incalzare di un nuovo mondo in cui la democrazia è sempre più a rischio (il 40% del PIL globale arriva da Paesi non liberi), aumenta la povertà alimentare, il commercio internazionale decresce e il clima è diventato un’emergenza. Questi i primi elementi portati all’evidenza dal Rapporto Coop 2022, presentato nelle scorse settimane.

Già la pandemia aveva aperto la strada ad una nuova epoca di scarsità, ma l’offensiva della Russia nei confronti dell’Ucraina ha creato un effetto recessivo immediato sull’economia mondiale. Il PIL globale sconta un ribasso dal +5,7% del 2021 al +2,9% previsionale del 2022. E per l’Italia le ipotesi di crescita del PIL si attestano al +3,2% per il 2022 e al +1,3% per l’anno prossimo. La Banca d’Italia, inoltre, non esclude il ritorno ad un PIL in negativo nel 2023 (–2%).

La doppia dipendenza dell’Europa dall’area del conflitto (gas e commodities alimentari) ha fatto im-

Eurocarni, 11/2224 ATTUALITÀ
Rapporto Coop 2022 Dopo la pandemia gli Italiani si trovano di nuovo sconvolti da guerra e inflazione. Le tre variabili insieme proiettano il Paese verso un pericoloso “nuovo mondo”. Ma, pur presi dalle difficoltà economiche, si adattano ripartendo da se stessi e risparmiando come si può. Con un nuovo mantra: nessuno tocchi il cibo!

Il biennio 2022 e 2023 potrebbe essere il più difficile della storia della Grande Distribuzione Organizzata in Italia. Da un lato, infatti, le imprese retail devono fare i conti con l’eccezionale rincaro dei listini industriali e l’esplosione del caro energia, che le tocca direttamente e indirettamente. Dall’altro, con le difficoltà della domanda finale e con la necessità di attutire l’effetto sulla capacità di acquisto del consumatore.

pennare l’inflazione. Nel Belpaese il dato a doppia cifra del +7,8% nel 2022 ci fa ritornare al 1985 quando era di +9,2% e per alcuni segmenti di consumo la macchina del tempo dei rincari richiama epoche ancora più lontane. Così l’incremento dei prezzi per le spese di abitazione e utenze torna ai livelli del 1980 e per i trasporti al 1984. La perdita media del potere d’acquisto delle famiglie nel 2022 è stimata per 2.300 euro circa, tanto peggio se si vive da soli.

A questo si stanno preparando gli Italiani secondo il Rapporto Coop 2022, sebbene la maggior preoccupazione sia l’emergenza della crisi climatica. Il 38% ritiene infatti che il prossimo accadimento epocale sarà dovuto proprio a questo, il 56% pensa che questo problema debba avere la priorità a livello nazionale e internazionale ed è ancora il tema ambientale ad avere il maggiore impatto sullo stato d’animo: lo afferma il 39% (11 punti percentuali in più rispetto ai timori generati dalla guerra in Ucraina).

Per il momento — ma forse unicamente perché ne abbiamo visto solo i primi timidi effetti — i temi ambientali arrivano prima anche della pur temuta inflazione. Tutto questo vale a far attuare alla maggioranza del campione comportamenti ecologicamente corretti, facendo del non spreco la propria religione. D’altronde, la questione energetica bussa con estrema insistenza alla porta d’Italia e d’Europa e, benché sia un allarme condiviso, è un fatto che pesi tanto più sul nostro Paese dove commercialmente, ma anche nell’immaginario collettivo, la Russia gioca il ruolo di convitato di pietra.

Al netto delle ideologie, il problema più urgente è quello della bolletta, che non solo è lontano dall’essere risolto, ma pesa ogni giorno di più sulle famiglie già a corto d’ossigeno. Il 57% infatti dichiara già oggi la difficoltà di pagare l’affitto e il 26% pensa di sospendere o rinviare il pagamento e, limitando il campo a luce e gas, un

Italiano su 3 entro Natale potrebbe non essere più in grado di coprire le spese relative alle utenze. Essere le formiche d’Europa e risultare ultimi nella classifica di chi dichiara di spendere di più per godersi il presente (lo sostiene solo il 40% degli Italiani a fronte del 46% degli Inglesi e del 44% di Tedeschi e Francesi) non basta più, né è sufficiente l’austerity energetica che le famiglie sembrano aver messo in campo per risparmiare. Il 41% si dichiara già molto attento ad accendere le luci il meno possibile, il 30% è già orientato a ridurre il riscaldamento domestico e molti sono gli Italiani che da qualche tempo attuano un uso razionale e controllato degli elettrodomestici. L’Italia del 2022 si scopre a conti fatti un Paese più vulnerabile, con la classe media sempre più in difficoltà, una parte che rimane indietro (24 milioni che nel 2022 hanno sperimentato almeno un disagio) e una netta crescita dell’area della povertà vera e propria (+6 milioni nell’ultimo anno).

Per converso, nel post pandemia cresce agli antipodi il mercato del lusso: +46% le compravendite di case il cui valore supera un milione di euro (2021 vs 2020), +16% le immatricolazioni di auto di valore (primo semestre 2022 vs 2021), con un aumento pari a +36% della ricchezza posseduta dai pochi ma rappresentativi Paperoni d’Italia (2022 vs 2019).

La forbice tra chi ha poco e chi troppo si divarica in maniera sempre più evidente e in un futuro sospeso che il 48% dipinge come instabile e precario ecco che ricompaiono le grandi rinunce: non si comprano le auto (–32% la variazione in negativo fra 2022 e 2019) né gli elettrodomestici, neanche la nuova casa (più di 10 milioni sono intenzionati a rimandare). Gli Italiani compressi tra i prezzi che aumentano e i salari che rimangono inchiodati ad un +0,8% vedono scivolare in basso il loro potere d’acquisto e hanno già iniziato a cercare con insistenza altre possibili vie d’uscita. I più avveduti (68%) hanno già avviato la loro personale spending review, il

Eurocarni, 11/2226
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La spending review degli Italiani, in modo anche sorprendente attivata su altri comparti, non ha ancora toccato il cibo. Sono 24 milioni e mezzo i nostri connazionali che, nonostante l’aumento dei prezzi, non sono disposti a scendere a compromessi nelle loro scelte alimentari.

17% dichiara invece l’intenzione di farlo con l’arrivo dell’autunno. Comunque sia, sarà per tutti un esercizio quotidiano che, oltre ai grandi capitoli di spesa, colpirà soprattutto il superfluo di tutti i giorni, come bar e ristoranti, abbigliamento e intrattenimento extradomestico e comporterà anche il rinvio di viaggi e vacanze e il posticipo degli acquisti di prodotti tecnologici e arredo.

Intanto il lavoro è sempre più povero e, soprattutto, lavorare non basta più. Nel rapporto tra costo della vita e stipendi medi l’Italia è il fanalino di coda tra le principali economie europee, con un salario del 33% più basso di quello dei Tedeschi, per esempio, che hanno un costo della vita equiparabile al nostro, mentre guadagniamo come gli Spagnoli, che hanno un costo della vita del 19% inferiore. Un occupato su 5 tra coloro che hanno contratti part-time è oggi a rischio povertà (era uno su sei nel 2010) e un dipendente su 10 full-time corre lo stesso rischio. A conti fatti sono 900.000 in Italia oggi i lavoratori che guadagnano meno di 1.000 euro al mese, il doppio rispetto a 15 anni fa.

Questo scenario difficile è terreno fertile per problemi di altro tipo: molto più che in passato gli Italiani si dichiarano dipendenti da smartphone e social (rispettivamen-

te il 45% e il 28% del campione), guardano compulsivamente le serie TV (31%), inseguono esperienze ad alto tasso di adrenalina (12%) e prestano il fianco ad abitudini negative come l’eccessivo consumo di alcolici, le scommesse e i giochi.

Nel frattempo quintuplica l’uso di psicofarmaci e si quadruplica l’uso di droghe. Anche le disfunzioni alimentari aumentano e colpiscono soprattutto i ceti più fragili.

La tempesta perfetta — così più volte ribattezzata — non poteva infine risparmiare la filiera del cibo, anzi, ha trovato proprio nelle catene di approvvigionamento globali uno dei suoi principali epicentri. Oggi il mercato italiano sembra manifestare una dinamica inflattiva dei prodotti alimentari lavorati prossima alla doppia cifra, ma ancora in ritardo rispetto ad altri Paesi europei (da noi un +10% a fronte del +13,7% della Germania o del +13,5% della Spagna). Allo stesso tempo, in maniera inattesa, nonostante questa spinta dei prezzi, i volumi di vendita hanno tenuto (+7,8% primo semestre 2022 vs 2019), complice la calda e lunga estate italiana, il ritorno del turismo straniero e la capacità della Distribuzione Moderna di imporsi sugli altri canali di vendita specializzati. Il mercato italiano è però al momento l’unico

a mantenere un trend positivo dei volumi (+0,5% contro –5,4% del Regno Unito, –3,7% della Germania, –2,3% della Francia e –1,3% della Spagna) e questa differenza, come il ritardo all’incremento dei prezzi, sembra presagire ad una inversione di tendenza imminente.

La spending review degli Italiani, in modo anche sorprendente attivata su altri comparti, per la prima volta da decenni non ha ancora toccato il cibo. Sono 24 milioni e mezzo i nostri connazionali che, nonostante l’aumento dei prezzi, non sono disposti a scendere a compromessi nelle loro scelte alimentari e nei prossimi mesi prevedono di diminuire la quantità ma non la qualità della propria dieta. Probabilmente, col peggiorare della situazione, anche il carrello della spesa per il cibo subirà contraccolpi, ma attualmente gli Italiani non sembrano disposti a rinunciare ad alimenti sobri e basici, senza orpelli e sovrastrutture, possibilmente italiani e sostenibili. Semmai tendono a diminuire gli acquisti di cibi etnici, le varie tipologie di “senza” (senza glutine, senza, ecc…), i cibi pronti. E anche il bio, dopo anni di indiscussa ascesa, pare subire una battuta d’arresto. La quota di Italiani che segue uno stile alimentare biologico è infatti diminuita del 38%. Le stesse marche leader sembrano sacrificabili: rispetto al 2019 hanno registrato una contrazione della quota di mercato, passando dal 14,9% di quell’anno al 13,1%, nel 2022 (–1,8). Mentre la marca del distributore continua la sua avanzata, con una quota di mercato che nel 2022 sfiora il 30% (+2,0 rispetto al 2019).

Il biennio 2022 e 2023 potrebbe essere il più difficile della storia della Grande Distribuzione Organizzata in Italia. Da un lato, infatti, le imprese retail devono fare i conti con l’eccezionale rincaro dei listini industriali e l’esplosione del caro energia, che le tocca direttamente e indirettamente. Dall’altro, con le difficoltà della domanda finale e con la necessità di attutire l’effetto sulla capacità di acquisto del consumatore. Ad oggi, infatti, i prezzi dei beni alimentari venduti dall’industria

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alle catene della GDO sono cresciuti del 15% rispetto allo scorso anno (variazione percentuale tendenziale luglio-agosto 2022 su 2021), mentre l’inflazione alla vendita nello stesso periodo ha fatto segnare un valore di poco superiore al +9% (il differenziale fra il prezzo all’acquisto e quello alla vendita segna un –5,7%, a tutto svantaggio della GDO).

E a schizzare in alto sono soprattutto i prezzi all’acquisto dei prodotti basici. Così l’olio di semi segna un +40,9%, quello di oliva un +33,1%, la pasta +30,9% e la farina +25,4%. Contemporaneamente, dopo lo tsunami energia che si è abbattuto anche sulla Grande Distribuzione, i costi energetici che nel 2019 valevano l’1,7% del fatturato sulla base dei futures sull’energia si moltiplicheranno almeno per tre volte raggiungendo nel 2022 un’incidenza del 4,7% e nel 2023 del 5,2%. Questo drammatico incremento dei costi è tanto più preoccupante se si considera che il retail alimentare è un settore strutturalmente a bassa redditività, dove piccole variazioni dei margini possono seriamente compromettere la tenuta dei conti economici. Basti qui ricordare che (dati: MEDIOBANCA) il Valore Aggiunto trattenuto in media dalle imprese della GDO nel 2021 è stato pari a 14,7%. Allo stesso modo, ogni 100 euro spesi dal consumatore l’utile netto per i retailer è stato appena superiore ad 1,5 euro.

Nel 2022 è il discount a registrare ancora una volta la maggiore crescita, mentre prosegue il declino del formato dell’ipermercato. E l’e-grocery che sembra aver perso quella spinta propulsiva, peraltro drogata dal lockdown, si mantiene su quote molto basse, soprattutto se paragonate al resto d’Europa; nel 2021 si attesta su un 2,9% con previsioni 2030 che non superano il 6% a fronte di ben altro dinamismo in casa degli Inglesi (dal 12% al 19%) o dei Francesi (dall’8,6% al 16%).

«Lo scenario delineato nel Rapporto 2022 ci restituisce l’immagine di un’Italia chiamata a affrontare sfide molto impegnative che prendono il via da fattori economici e sociali assolutamente inusuali» dichiara MARCO PEDRONI, presidente di Coop Italia e di ANCCCoop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori), che aggiunge: «dopo trent’anni è tornato il carovita, con un’inflazione che non si vedeva dagli anni Ottanta. Per molti consumatori e molte imprese è una situazione del tutto sconosciuta. Parimenti i salari rimangono congelati e colpisce nel Rapporto la divaricazione che si accentua fra una parte crescente del Paese che rimane fragile e le classi più agiate».

È evidente che sia una condizione decisiva quella che gli Italiani vanno affrontando e che determinerà il prossimo futuro. Nessuno solo un anno fa avrebbe potuto prevedere un ulteriore peggioramento di condizioni già difficili e completamente nuove nella storia recente. Eppure la situazione sembra destinata a complicarsi ulteriormente e ci costringerà ad azioni e comportamenti nuovi o che il benessere degli ultimi decenni ci aveva fatto dimenticare.

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Il caro energia

un

Di nuovo ci troviamo a trattare un tema in evoluzione di ora in ora, che genera l’imbarazzo di scrivere, oggi, cose che tra qualche giorno potrebbero apparire desuete. Eppure questa nostra difficoltà aiuta a mettere in evidenza tutto il pericolo e la destabilizzazione che può emergere da una condizione nazionale ed internazionale di così forte precarietà. Quello dei costi delle risorse energetiche non è grave solo perché divenuto ormai insostenibile per famiglie e aziende, ma anche e soprattutto perché non sembra trovare un punto d’approdo. Il

timore — più che fondato — è che non abbiamo ancora visto il peggio. La situazione è gravissima, ma la condizione di incertezza è persino un’aggravante e genera di per sé di tensioni nei mercati.

Il problema è noto anche ai non addetti ai lavori. D’altronde qual è la persona che non abbia a che fare con una bolletta di energia elettrica o del gas completamente fuori controllo da tempo, sia essa di casa o dell’azienda? Nei primi 7-8 mesi del 2022 i costi energetici sostenuti dalle imprese sono triplicati, in certi casi quadruplicati, a parità di consumi, rispetto allo stesso intervallo tem-

porale del 2021; l’incidenza media dei costi energetici in un’azienda oscilla oggi tra il 5% e il 15%.

Un problema, tra l’altro, non circoscritto ma trasversale, che falcia tutte le tipologie produttive e tutte le filiere e che genera a sua volta l’aumento dei prezzi, ripercuotendosi a cascata sui portafogli del consumatore finale.

Le imprese del comparto agroalimentare, dalla produzione primaria al trasformato, non solo non sono estranee alla questione, ma nell’affrontarla e nell’ipotesi di ritoccare i propri listini devono anche spesso fare i conti con i ri-

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come
flagello La questione ha preso dimensioni fuori controllo. Non solo il problema è insostenibile, ma sembra non avere fine. E a poco servono le azioni messe in campo dal Governo, per quanto apprezzabili

svolti sociali ed etici del rincaro del cibo. Si pensi a pane, latte, pasta, carne, pesce: prodotti di prima necessità di cui nessuno dovrebbe mai essere costretto a privarsi per mancanza di denaro. Anche di questo, gli imprenditori del settore sono consapevoli.

Tuttavia il caro bollette è ormai una variabile fuori controllo per la condizione contingente, ma anche in prospettiva. Distrugge bilanci, redditività, competitività aziendale e patrimoni costruiti nei decenni. E, soprattutto, pone di fronte all’annoso dilemma tra continuare a lavorare — magari in perdita — o chiudere.

Se da una parte gli operatori che vendono direttamente al pubblico possono valutare aumenti proporzionati di prezzo, ma fanno i conti con una clientela già provata finanziariamente, chi si interfaccia con le insegne della Distribuzione Moderna fatica a modificare gli accordi presi in tempi non sospetti. Tuttavia, se alcuni mesi fa la GDO si era mostrata particolarmente riottosa alla richiesta dei più di adeguare i listini, oggi anche le grandi catene commerciali — essendo imprese e a loro volta vittime del problema — tendono ad assecondare le richieste dei fornitori, oggettivamente stremati dagli aumenti delle materie prime, dei materiali per imballaggi e delle risorse energetiche.

Il dramma però è anche generato dalla consapevolezza che non si possano far ricadere completamente sul consumatore finale i costi di un meccanismo schizofrenico e completamente fuori controllo.

Si cerca di distribuire gli oneri un po’ su ogni anello della filiera, nella certezza che il mercato non sia in grado di sopportare tutti gli aumenti senza subire contraccolpi pesanti.

Molte imprese stanno operando con estrema difficoltà anche nella convinzione che in momenti come questi sia necessario mantenere quel patto col cliente che ogni produttore fa e tenere saldi rapporti costruiti negli anni, talvolta decenni, che sono il bene più prezioso per un’azienda.

Eurocarni, 11/22

La situazione è difficile e lo è diffusamente al punto che il tema ha dominato la recente campagna elettorale. Alcune azioni sono state messe in campo dal Governo, ma non appaiono sufficienti, soprattutto per imprese che si confrontano con aziende straniere nei mercati globali dove “combattono” con le armi spuntate.

L’ultimo segnale che arriva dalla politica, nel momento, in cui scriviamo è il cosiddetto Decreto Aiuti Ter. Prevede un aumento della platea dei beneficiari del credito d’imposta sulle bollette, includendo le imprese più piccole e non solo quelle fortemente energivore; incrementa le percentuali del credito e proroga fino a novembre la possibilità di beneficiarne.

Le aliquote sono state elevate sino al 40% per gli energivori e al 30% per chi impiega oltre 4,5 kw. Si stempera dunque il requisito relativo alla potenza minima che precedentemente era di 16,5 kWh. Inoltre l’agevolazione è riconosciuta anche alle imprese energivore che producono per l’autoconsumo l’energia elettrica.

Per le imprese agricole e della pesca e per quelle agro-meccaniche, il decreto prevede l’estensione al quarto trimestre 2022 del credito di imposta per acquisto di carburante, a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l’acquisto di gasolio e benzina, pari al 20% della spesa nel quarto trimestre solare del 2022.

Il credito di imposta riguarda anche l’utilizzo per il riscaldamento delle serre e dei fabbricati produttivi impiegati per gli allevamenti animali. Viene inoltre innalzato l’importo massimo dei finanziamenti garantiti ISMEA, con copertura 100% sino a 62.000 euro, per mutui in favore delle imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura che abbiano subito un incremento dei costi energetici.

Anche per le imprese gasivore e non il decreto apre ad un aumento del credito dal 25 al 40% per i consumi non termoelettrici.

Tra le altre misure incluse nel provvedimento si registra la proro-

ga della riduzione di accisa e IVA sui carburanti fino al 31 ottobre 2022 e la concessione di garanzie gratuite, da parte di SACE e del Fondo PMI, per i finanziamenti concessi dalle banche alle imprese per esigenze relative al pagamento delle bollette, con un incremento della percentuale di garanzia dal 60 all’80% dell’importo finanziato. Le erogazioni del “bonus trasporti” sono inoltre incrementate di 10 milioni di euro per il 2022.

Questi crediti d’imposta potranno essere utilizzati in compensazione e in quanto tali non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini IRES, IRPEF e alla base imponibile IRAP. Sono inoltre cedibili a soggetti terzi compresi istituti di credito e intermediari finanziari, a patto che siano accompagnati dal visto di conformità e vengano corrisposti per l’intero.

Era un provvedimento molto atteso questo e di cui si riconosce l’importanza poiché mostra uno sforzo del Governo per sostenere il mondo produttivo. Ma è anche un’azione che non si può che considerare un palliativo.

Il nuovo decreto ha però certamente il merito di “aprire” alle imprese più piccole, sinora escluse da qualunque tipo di sostegno;

pertanto anche le microaziende che — non dimentichiamolo — costituiscono l’ossatura del nostro tessuto produttivo, possono ora contare su un sostegno, seppur minimo e molto limitato nel tempo. Si conta che tra bar, ristoranti e pizzerie, per fare un esempio, saranno 2 milioni gli esercizi a rischio chiusura che potranno fruirne. Le imprese salutano con favore i pochi interventi governativi, pur nella consapevolezza che non saranno sufficienti.

Il nostro Paese deve affrontare più problemi: da una parte sostenere famiglie e imprese e tentare di mantenere una competitività già traballante a livello internazionale, introducendo misure che implicano uno sforzo economico importante e che andrebbero ad incrementare ulteriormente il debito pubblico. Dall’altra ripensare completamente la politica energetica e la patologica dipendenza dell’Italia da Paesi Terzi. Non è più rinviabile un dibattito serio e responsabile sulle modalità di approvvigionamento, trattando il tema della tutela ambientale al di là di sterili ideologie e con la consapevolezza che tutti, ognuno per il proprio ruolo, debbano fare la loro parte.

Serve un cambio di passo, servono misure di carattere strutturale

anche dolorose e impopolari, ma che — pur non dimenticando che l’ambiente è il dono più prezioso e va quindi tutelato e protetto — ne prevedano un certo utilizzo funzionale alla vita moderna.

Nel frattempo si potrebbe usare maggior enfasi nell’applicazione del cosiddetto Decreto Milleproroghe 162/2019 che, recependo la Direttiva Europea RED II (2018/2001/ UE), ha introdotto le cosiddette comunità energetiche rinnovabili. La diffusione massiccia di fonti energetiche rinnovabili, grazie alle comunità energetiche, potrebbe incidere positivamente sulle piccole realtà locali, limitando l’impennata dei costi e la dipendenza da Paesi Terzi.

Andrebbe in sostanza accelerato quel processo, già in atto da qualche anno, che ha visto la produzione di energia da fonti rinnovabili, acquisire un’importanza sempre maggiore e oggi ancor più preziosa. Si tratta infatti di associazioni tra cittadini, attività commerciali, pubbliche amministrazioni locali o piccole e medie imprese che decidono di unire le proprie forze per dotarsi di uno o più impianti condivisi per la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili.

Il vantaggio sarebbe quello di rispondere in tempi rapidi ad una situazione drammatica e senza precedenti. Se la realizzazione dei progetti di infrastrutturazione prevede infatti anni o decenni, la diffusione di impianti FER si realizza con maggiore celerità e prevede altresì il coinvolgimento di una platea molto più ampia di soggetti (privati cittadini, imprese, amministrazioni pubbliche).

Inoltre, grazie al principio dell’autoconsumo, i benefici sarebbero immediati per i portafogli dei consumatori. Ultimo ma non ultimo, lo sviluppo delle comunità energetiche avvierebbe progetti di sviluppo economico di cui beneficerebbero le imprese del mondo delle costruzioni e dell’impiantistica e tutte le attività collaterali. In questa direzione va anche il PNRR con delle linee di intervento dedicate.

Eurocarni, 11/2232
La diffusione massiccia di fonti energetiche rinnovabili limiterebbe l’impennata dei costi e la dipendenza da Paesi Terzi. Portavoce della
ILNOST RO IMPEGN ALO NOSTRAPASSIONE SCAN ME VUOI CONOSCERE AL MEGLIO I TAGLI DI CARNE BOVINA? SCOPRI I NOSTRI VIDEO DIDATTICI!

De Castro: i nostri allevamenti non sono ciminiere

Così l’europarlamentare sulla nuova proposta UE di riduzione delle emissioni industriali

«Condividiamo l’obiettivo dell’esecutivo UE di ridurre i gas serra e l’inquinamento nel suolo e nell’acqua. Ma non permetteremo che questo obiettivo degeneri nell’ideologia, paragonando i nostri allevamenti a delle ciminiere e mettendo a repentaglio la sostenibilità del settore zootecnico, che si trova già oggi a dover affrontare numerose sfide»:

così PAOLO DE CASTRO, relatore per il Gruppo S&D in Commissione Agricoltura del Parlamento europeo sulla Direttiva inerente le emissioni industriali nel suo intervento a commento della proposta della Commissione UE, che vorrebbe obbligare anche gli allevamenti di minori dimensioni a sottomettersi

ad un regime di autorizzazioni e a implementare pratiche produttive sempre più stringenti.

«I nostri allevatori si distinguono già a livello globale per l’utilizzo di tecniche innovative per migliorare costantemente le loro performance ambientali e devono essere supportati nella transizione verso modelli produttivi capaci di coniugare ancora meglio i tre livelli di sostenibilità: sociale, ambientale e economica

Al contrario — rincara l’europarlamentare —, un sistema di autorizzazioni come quello proposto dalla Commissione UE imporrà anche alle aziende più piccole l’utilizzo di pratiche calate dall’alto, senza adattarsi alle varie esigenze produttive né garantendo loro alcun sostegno».

«Siamo pronti a metterci al lavoro — conclude B — per migliorare una proposta sproporzionata da parte dall’esecutivo UE, che allo stato attuale non può essere sostenuta dalla Commissione Agricoltura, se non con sostanziali aggiustamenti che salvaguardino le nostre produzioni e la sicurezza alimentare dei nostri cittadini. Non possiamo permetterci di mettere a rischio la sostenibilità dei nostri agricoltori e allevatori, con oneri poco sensati che aggiungerebbero incertezza a un settore già sotto pressione, ma che continua a dimostrarci la sua resilienza facendo arrivare ogni giorno cibo sulle nostre tavole» (fonte: EFA News – European Food Agency).

Eurocarni, 11/2234 ZOOTECNIA

Nasce il “burger sospeso” a sostegno delle persone fragili

In tutti i Doppio Malto milanesi (Porta Romana, Navigli, Duomo e Scalo Milano) è arrivato il “burger sospeso”, il cui ricavato va a Fondazione Progetto Arca Onlus, realtà che serve pasti ai senza tetto a Milano e in altre città italiane tramite la “cucina mobile”. Il servizio è attivo infatti anche a Varese, Torino, Roma, Napoli e Bari, con delle “mense” che viaggiano su ruote per andare incontro ai bisogni, offrire il calore di un pasto e aprire alla possibilità di una relazione di ascolto e di fiducia. «Dal giugno 2021 collaboriamo con Fondazione Progetto Arca e oggi questo ulteriore passo ci consente di coinvolgere tutti i nostri clienti» ha dichiarato Giovanni Porcu, CEO di Doppio Malto. «Voglio restituire un pezzetto del buono che è capitato alla nostra azienda». Solo a Milano, Progetto Arca serve circa 150 pasti caldi ogni sera per 5 giorni alla settimana. Nell’ultimo anno sono stati serviti più di 2 milioni e 600.000 pasti, offerte 340.000 notti di accoglienza e 3.000 visite mediche, dando aiuto a più di 25.000 persone.

Approfondimento di ASSOSUINI

Zootecnia e economia circolare: gli ex-prodotti alimentari

Anche se in molti sembrano ignorarlo, il settore zootecnico presenta diversi aspetti positivi quando si parla di tutela dell’ambiente e delle risorse. Uno di questi è il fatto che le filiere zootecniche sono virtualmente senza sprechi. Dalle centinaia di prodotti che si possono ottenere da un singolo capo bovino o suino, fino alla riduzione delle emissioni attraverso la produzione di biogas e biometano, i modi con cui la zootecnia riesce ad implementare il concetto di economia circolare sono innumerevoli. Uno, impor-

tantissimo, ma forse meno noto, è la valorizzazione dei cosiddetti “ex-prodotti alimentari”. Ne parliamo con VALENTINA MASSA, imprenditrice nel settore dei mangimi circolari, componente della giunta di ASSALZOO e presidente della European Former Foodstuff Processors Association.

Innanzitutto, cos’è EFFPA?

«EFFPA (www.effpa.eu)è l’associazione europea — ma di fatto internazionale —, che unisce i trasformatori di ex-prodotti alimentari. In particolare si compone di asso-

ciazioni nazionali (Regno Unito, Francia, Germania, Paesi Bassi) e aziende importanti che rappresentano altri mercati (Belgio, Spagna e Portogallo, Italia, Grecia, Danimarca, Canada e USA). Si stima che, annualmente, in Europa siano processati 5 milioni di tonnellate di exprodotti alimentari, 3,5 dei quali nei Paesi europei in cui EFFPA è attiva».

Da dove provengono i cibi di scarto da cui si ricavano i mangimi animali?

«La definizione corretta è exprodotto alimentare, in inglese former foodstuff. Definizione sancita

Eurocarni, 11/2236
Zootecnica virtuosa? Pare proprio di sì! Il settore zootecnico presenta diversi aspetti positivi quando si parla di tutela di ambiente e risorse, a partire dalla messa in pratica del concetto di economia circolare con sprechi quasi nulli.

dal Reg. UE 68/2013, in cui si è finalmente chiarito che un alimento prodotto in Europa che non può essere destinato al consumo umano, se sicuro e se impiegato come materia prima per mangimi, diventa ex-alimento da impiegarsi dopo adeguata trasformazione come ingrediente per mangimi.

Trattandosi appunto di ex-prodotti alimentari, questi provengono principalmente dalle industrie alimentari come singoli ingredienti, prodotti intermedi e prodotti finiti con errori di etichettatura, confezionamento ecc. Ma possono provenire anche da centri logistici di distribuzione e GDO.

Non possono invece provenire dalla ristorazione o dalle case e, se destinati ad alimentazione zootecnica, non possono contenere carni o derivati salvo specifici casi.

Caratteristica eccezionale degli ex-prodotti alimentari è che, all’interno della dieta animale, permettono di far risparmiare in termini di consumo di acqua, impronta carbonica e uso di suolo rilevanti impatti se in sostituzione di materie prime “tradizionali” provenienti dal settore primario. Diversi studi LCA hanno dimostrato il grande vantaggio a favore della filiera ali-

mentare animale dell’uso di questi ingredienti circolari e crediamo che a breve, con eventuali sistemi di etichettatura ambientale degli alimenti, questo tipo di ingredienti potrà davvero fare la differenza».

Qual è di preciso la differenza fra un rifiuto alimentare e un alimento con caratteristiche tali da poterlo trasformare in mangime?

«Da definizione rifiuto alimentare è tutto ciò che è alimento ai sensi del Reg. Ce 178/02 e che per varie ragioni non viene utilizzato come tale; sono esclusi i mangimi. I rifiuti quindi non possono in nessun modo rientrare nella filiera alimentare o dei mangimi

Inutile dire che l’obiettivo sia della Commissione europea che degli SDGS sia quello di dimezzare gli sprechi alimentari entro il 2030. La traduzione in diverse lingue in questo non aiuta, in quanto quello che in italiano viene definito scarto in inglese diventa waste, che prende connotazione di rifiuto.

EFFPA da sempre si batte per far riconoscere lo status di mangime e non di rifiuto delle proprie materie prime circolari. Si tratta infatti del miglior riutilizzo in termini di economia circolare, subito successivo

all’impiego per alimentazione umana. Per definizione non è in competizione con l’alimentazione umana (perché viene definito ex-alimento solo se non più destinato a consumo umano) e garantisce riduzione di spreco alimentare, in quanto permette una riduzione dell’uso di risorse “tradizionali” provenienti dal settore primario/agricoltura, e quindi minore consumo di acqua, suolo e fertilizzanti.

Il fatto che parta come materia prima per mangime e non come rifiuto permette massima sicurezza alimentare e tracciabilità, in quanto tutti gli operatori afferenti al sistema dei mangimi attuano un sistema HACCP e una tracciabilità atti a ridurre e minimizzare ogni rischio.

Se fosse permesso usare rifiuti nei mangimi avremmo molti problemi sanitari, per questo dovrebbero essere premiati tutti gli operatori della filiera che, virtuosamente, si adoperano per la riduzione dello spreco alimentare attraverso la filiera dei mangimi. I mangimi, nonostante se ne parli poco, sono al cuore del sistema agrozootecnico e pertanto meritano attenzione centrale».

Come si può garantire una totale sicurezza alimentare (food safety), nel produrre mangimi da ex prodotti alimentari (former foodstuff)?

«La garanzia di sicurezza si può fondare su 5 pilastri:

1. capacità tecnico-impiantistica specifica per la tipologia di ex-prodotto alimentare e confezione atta a garantire massima sicurezza alimentare;

2. organizzazioni secondo HACCP con sistemi di rintracciabilità avanzati in modo da gestire, prevenire, monitorare e minimizzare ogni rischio;

3. capacità logistica e di stoccaggio idonea per le specifiche tipologie di ex-prodotti alimentari, in modo da garantire tempestività e corrette norme di trasporto e stoccaggio;

4. sinergia e collaborazione con gli OSA (operatori del settore alimentare) nella prevenzione

Eurocarni, 11/2238
Valentina Massa, componente della giunta di ASSALZOO e presidente della European Former Foodstuff Processors Association.

dei rischi e gestione HACCP, in modo da rendere effettivamente l’economia circolare un cerchio di valore anche nella sicurezza alimentare;

5. sinergia e collaborazione con centri di ricerca e con l’industria dei mangimi, in modo da poter migliorare la risposta alle esigenze della zootecnia moderna».

Al di là dell’evidente valore a livello di economia circolare, il vostro lavoro può dare supporto alle filiere anche a livello di sicurezza alimentare (food security)? Soprattutto in tempi di guerra e restrizioni come questi… «Come accennato, attualmente si stima che vengano utilizzati in Europa cinque milioni di tonnellate di ex-prodotti alimentari; l’uso di tali ingredienti va in parziale sostituzione principalmente di cereali fioccati, oli e zuccheri: si tratta di un vero e proprio efficientamento nutrizionale, al momento e da anni contribuiamo ad una filiera alimentare più sostenibile perché produce

meno spreco e valorizza ingredienti circolari nei mangimi. Il nostro obiettivo è di estendere maggiormente la riduzione degli sprechi alimentari valorizzabili in nutrizione animale migliorando il know-how del settore retail che ancora necessita di sviluppo

Tale progetto è stato concordato con la Commissione europea all’interno della “Stakeholder platform” sugli sprechi alimentari che si svilupperà nel 2023.

Al momento il conflitto in Ucraina ha ulteriormente inasprito la tensione anche per l’approvvigionamento energetico ed il rischio

è che tutto il lavoro svolto sino ad oggi — e con esso l’efficienza ottenuta con gli ex-prodotti alimentari ed altri sottoprodotti alimentari nella catena dei mangimi — venga vanificato da incentivi stanziati per aumentare le produzioni energetiche che certamente servono, ma che non si potrebbero definire sostenibili, se prodotte con ingredienti per mangimi invece che con residui

senza altri potenziali utilizzi. Per fare un semplice esempio, è come se ci si riscaldasse mettendo nella stufa gli alimenti riposti in dispensa. Sicuramente genererebbero calore, ma a quale costo? E poi da mangiare cosa resta?

In oltre 40 anni di attività nell’economia circolare abbiamo imparato che è necessario continuamente interfacciarsi e collaborare in modo costruttivo i con i vari settori, nel rispetto delle leggi, e lo abbiamo fatto con un orgoglio immenso per la virtuosità del nostro lavoro (e questo nonostante per anni sia stato ritenuto molto umile).

Per questo siamo convinti che le industrie alimentari, i decisori politici e i consumatori non potranno che condividere la priorità e la tutela del sistema alimentare, e troveranno la giusta via di implementazione delle energie rinnovabili, che certamente non potranno essere prodotte con ingredienti per mangimi».

Fonte: Assosuini.it

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Più spazio, temperature più basse, viaggi più brevi

Raccomandazioni EFSA per migliorare il benessere degli animali durante il trasporto

Concedere più spazio, abbassare le temperature massime e ridurre al minimo i tempi di viaggio sono tutti elementi necessari per migliorare il benessere degli animali d’allevamento durante il trasporto, si afferma nelle raccomandazioni pubblicate recentemente da EFSA. Il parere di EFSA è stato consegnato alla Commissione europea nell’am-

bito di una serie di cinque pareri scientifici intesi a coadiuvare la revisione in corso della legislazione sul benessere degli animali nell’Unione Europea, elemento cardine della strategia UE “dal produttore al consumatore” (Farm to Fork, F2F).

I pareri scientifici riguardano i piccoli ruminanti (ovini e caprini), gli equidi (cavalli e asini), i bovini (vacche e vitelli), i suini; e

animali trasportati in contenitori, compresi i volatili domestici (polli, galline ovaiole, tacchini, ecc…) e i conigli. Vi si individuano le varie conseguenze sul benessere degli animali durante le varie fasi del trasporto, i pericoli che potrebbero indurle e gli indicatori diretti del benessere dell’animale (ABM) mediante i quali è possibile valutarle.

Le buone pratiche per il benessere degli animali non solo riducono inutili sofferenze, ma contribuiscono anche a rendere gli animali più sani: si tratta infatti di un elemento cardine per la sicurezza della filiera degli alimenti, considerati gli stretti nessi tra il benessere degli animali, la loro salute e le malattie veicolate da alimenti, in linea col principio di salute unica globale (One Health) al quale l’EFSA si ispira.

Eurocarni, 11/2240 BENESSERE ANIMALE

Per tutte le specie l’idoneità dell’animale al trasporto è ritenuta della massima importanza

«Le buone pratiche per il benessere degli animali non solo riducono inutili sofferenze, ma contribuiscono anche a rendere gli animali più sani. Si tratta di un elemento cardine per la sicurezza della filiera degli alimenti, considerati gli stretti nessi tra il benessere degli animali, la loro salute e le malattie veicolate da alimenti, in linea con il principio di salute unica globale (One Health) al quale l’EFSA si ispira», ha affermato GUILHEM DE SEZE, responsabile del Dipartimento dell’EFSA che si occupa di valutazione dei rischi. L’EFSA ha stabilito soglie quantita-

tive per le temperature che devono essere mantenute all’interno di un veicolo, nonché tolleranze minime per lo spazio riservato agli animali, descrivendo anche lo sviluppo o la progressione nel tempo di varie altre conseguenze sul benessere durante il trasporto come la fame, la sete e la stanchezza. Ad esempio, per gli animali trasportati in contenitori (pollame e conigli), l’EFSA raccomanda che sia la durata del viaggio il periodo complessivo di permanenza degli animali nei contenitori e che per i pulcini di un giorno di età l’unico modo per evitare ripercussioni sul benessere sia quello di trasportare le uova fecondate facendole poi schiudere

nell’allevamento di arrivo. L’attuale legislazione UE sulla tutela degli animali durante il trasporto è entrata in vigore nel 2005.

Le conclusioni dell’EFSA, contestualizzate nella strategia F2F, fungeranno da base per la prevista revisione di tale legislazione da parte della Commissione europea, che mira ad allinearla alle più recenti evidenze scientifiche, ampliarne il campo di applicazione, renderne più facile l’applicazione e, in ultima analisi, garantire un livello più elevato di benessere degli animali. La proposta di revisione della Commissione è attesa per la seconda metà del 2023 (fonte: EFSA, www.efsa.europa.eu).

Eurocarni, 11/2242

PorCastro, più benessere animale

Dopo 36 mesi di intense attività chiude positivamente il progetto Verifiche sperimentali su sistemi alternativi alla castrazione senza anestesia e analgesia nell’allevamento suino per il miglioramento del benessere (PorCastro), il cui obiettivo era stato quello di migliorare il benessere dei suini allevati mediante la verifica in campo di tecniche alternative alla castrazione chirurgica, oggi praticata senza anestesia e/o analgesia. Attraverso le numerose e diversificate attività di divulgazione è stato possibile diffondere i risultati di PorCastro ad un vasto numero di imprese agrozootecniche e di addetti ai lavori (tecnici e veterinari, ricercatori universitari, associazioni di allevatori, organizzazioni agricole, responsabili di servizi di sviluppo agricolo o di altri servizi tecnici pubblici). Nel sito web del progetto (fondazionecrpa.it/prodotto/ porcastro) sono disponibili e scaricabili gratuitamente i prodotti divulgativi relativi alle attività e ai risultati del progetto PorCastro: le newsletter, gli articoli divulgativi e scientifici, gli opuscoli, i video realizzati e la presentazione finale del 23 settembre scorso (registrazione video dell’evento). Il progetto è coordinato e condotto dal Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali dell’Università degli Studi di Milano in collaborazione con la Fondazione CRPA Studi Ricerche – ETS di Reggio Emilia, la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e gli Allevamenti di Nerviano Srl.

>> Link: fondazionecrpa.it/prodotto/porcastro

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Consorzio Sigillo Italiano: qualità garantita per la carne di Blonde d’Aquitaine

Il Consorzio Sigillo Italiano nasce nel 2018 per rispondere ad una crescente esigenza dei consumatori: una garanzia di qualità e sicurezza dei prodotti alimentari. Esso si propone di creare un brand forte e autorevole, in grado di distinguere i prodotti di qualità e con filiera tracciata tra i banchi del supermercato. La battaglia è contro le “minuscole e illeggibili etichette”, che rendono difficoltoso per il consumatore accertarsi

della provenienza del prodotto. Il Sigillo Italiano propone invece un suo marchio da apporre sulle confezioni in modo che sia facilmente riconoscibile, nonché immediata garanzia di una filiera tutta made in Italy. Cerchiamo dunque di capire cosa implichi tale certificazione, sia a livello produttivo che per il consumatore finale, mantenendo un occhio di riguardo per la carne di Blonde d’Aquitaine che, non a caso, è un’eccellenza europea.

Tutti gli allevatori aderenti al Consorzio Sigillo Italiano sono accomunati da un obiettivo specifico: il benessere animale. Esso, infatti, è il primo passo per un prodotto finito d’eccellenza. Nel caso della Blonde d’Aquitaine, ciò si traduce in condizioni di allevamento ottimali a partire dalle stalle, che garantiscono spazio in abbondanza e un rifornimento continuo di cibo e acqua pulita (photo © Paolo Ferrante, Altaluce).

Eurocarni, 11/2244

SQNZ: il regime di qualità del Consorzio Sigillo Italiano Il 4 marzo 2011 un decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF) ha ufficialmente introdotto in Italia il Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia (SQNZ). Si tratta di un regime di qualità volontario strutturato secondo precise linee guida riconosciute a livello nazionale ed europeo ai sensi del Regolamento (CE) n. 1974/2006. Gli allevatori che decidono di farne parte devono attenersi a precisi ed elevati standard qualitativi, che assicurano al consumatore finale un prodotto di qualità superiore.

Il Consorzio Sigillo Italiano ha aderito alle direttive che fanno capo al marchio ombrello SQNZ. Nello specifico esse riguardano una serie di fattori che includono tecniche di allevamento e condizioni igienicosanitarie del bestiame, particolare qualità dell’alimentazione e caratteristiche genetiche degli animali.

Da tali disposizioni nascono i disci-

plinari di produzione, a cui fanno riferimento anche gli allevatori di Blonde d’Aquitaine.

Uno di questi è il disciplinare “Vitellone e Scottona ai cereali”, erede dei progressi nelle tecniche di allevamento e alimentazione dei bovini. Gli animali sono seguiti da nutrizionisti esperti, che definiscono per loro una dieta sana ed equilibrata. Nello specifico, il disciplinare prevede che oltre il 60% della razione alimentare debba essere costituita da cereali e foraggi freschi o essiccati , leguminose, bietole e altri prodotti di origine vegetale. Gli alimenti sono prodotti direttamente in loco dagli allevatori che aderiscono al Consorzio Sigillo Italiano. Sono razioni rigorosamente prive di grassi animali aggiunti e, nondimeno, devono superare rigorosi controlli di terzi che ne garantiscano la qualità.

Parola d’ordine: benessere animale Tutti gli allevatori aderenti al Consorzio Sigillo Italiano sono acco-

munati da un obiettivo specifico: il benessere animale. Esso, infatti, è il primo passo per un prodotto finito d’eccellenza. Nel caso della Blonde d’Aquitaine, ciò si traduce in condizioni di allevamento ottimali a partire dalle stalle, che garantiscono spazio in abbondanza e un rifornimento continuo di cibo e acqua pulita.

Gioca un ruolo fondamentale anche l’ alimentazione , specifi ca per l’età del bovino e finalizzata a garantire una resa ottimale. In particolare, come previsto dal disciplinare di riferimento, nelle prime fasi di adattamento e ingrasso essa è rigorosamente a base di cereali, contribuendo così al giusto apporto di fibre, oltre che di amidi e zuccheri. Del resto gli allevatori di Blonde d’Aquitaine si attengono al disciplinare “Vitellone e Scottona ai cereali”, di cui si è discusso poc’anzi.

Filiera tracciata e controllata: certifica il Consorzio Sigillo Italiano Uno degli obiettivi del Consorzio

Asprocarne Piemonte è un’organizzazione italiana di produttori di bovini da carne, che opera sull’intero territorio della Regione Piemonte, costituita nel 1985 sulla base di un’apposita normativa comunitaria. Oggi Asprocarne conta circa 500 soci, che allevano oltre 130.000 bovini da carne di razze italiane ed estere e che rappresentano il 25% della produzione regionale. Asprocarne Piemonte rappresenta il volto dei produttori piemontesi di carne bovina sul mercato. E ha come obbiettivo quello di migliorare, qualificare, promuovere, valorizzare e commercializzare le carni prodotte dagli allevatori associati. www.asprocarne.com

France Blonde d’Aquitaine Sélection è un’associazione francese incaricata dal Ministero dell’Agricoltura che ha il compito di curare la selezione genetica della Blonde d’Aquitaine per migliorarne le qualità originali, la sua morfologia e le performance dei capi. Si occupa inoltre di mantenere aggiornato il Libro Genealogico della razza, di certificare i capi riproduttori selezionati e di assicurare gli interessi generali degli allevatori attraverso l’organizzazione di eventi specifici e implementando attività di promozione sul territorio.

www.blonde-aquitaine.com

Il Consorzio Sigillo Italiano, riconosciuto con Decreto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali n. 828 del 28.02.2018, è un Consorzio di valorizzazione dei prodotti ottenuti grazie all’adozione dei Disciplinari approvati all’interno dei Sistemi di Qualità Nazionale in Zootecnia (SQNZ). Gli allevamenti piemontesi che partecipano al progetto aderiscono al Disciplinare del “Vitellone e Scottona ai cereali” e sono rappresentati all’interno del Consorzio dall’Asprocarne Piemonte. sigilloitaliano.it

Eurocarni, 11/22 45

Sigillo Italiano è quello di certificare una filiera controllata e conforme a standard elevati, oltre che tracciata dal produttore al consumatore. Il fine ultimo è quello di aiutare il consumatore nella scelta di un prodotto di qualità.

Il Consorzio si scaglia apertamente contro le etichette poco chiare: esse mancano di trasparenza rispetto ai luoghi di provenienza e ai metodi di allevamento e macellazione del bovino.

Proprio per questo il marchio del Sigillo Italiano si propone come punto di riferimento per chi acquista. Il suo logo, ben riconoscibile sulla confezione, infatti, garantisce una produzione sottoposta alle linee guida dei disciplinari. In questo modo il consumatore può riconoscere il prodotto di qualità a colpo d’occhio.

Senza contare che ne giova anche il prodotto stesso, emergendo

dalla compagine indistinta nei banchi frigo.

La carne di Blonde d’Aquitaine vanta l’approvazione del Consorzio Sigillo Italiano. Dai Pirenei francesi, infatti, i bovini vengono trasferiti in Piemonte, dove gli allevatori aderiscono ai disciplinari qualitativi approvati dal SQNZ, con una filiera trasparente dai pascoli alla tavola. Non a caso questa razza bovina è al centro del progetto “Blonde d’Aquitaine: European Beef Excellence”,

Il contenuto di questa campagna promozionale rappresenta soltanto le opinioni dell’autore ed è di sua esclusiva responsabilità. La Commissione europea e l’Agenzia esecutiva europea per la ricerca (REA) non accettano alcuna responsabilità riguardo al possibile uso delle informazioni che include.

promosso da ASPROCARNE PIEMONTE e FRANCE BLONDE D’AQUITAINE SÉLEC TION e co-finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Regolamento (UE) n. 1144/2014: un’iniziativa finalizzata a incentivare la conoscenza della Blonde d’Aquitaine, un’eccellenza europea esportata in tutto il mondo.

• Per saperne di più sul Consorzio Sigillo Italiano, visita il sito: sigilloitaliano.it

• Info: www.blonde-aquitaine.com

• E-mail: info@blonde-aquitaine.com

• Blonde d’Aquitaine: European Beef Excellence

• blonde.aquitaine

Eurocarni,

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Photo © Paolo Ferrante, Altaluce Dai Pirenei francesi i capi di Blonde d’Aquitaine vengono trasferiti in Piemonte, dove gli allevatori aderiscono ai disciplinari qualitativi approvati dal SQNZ, con una filiera trasparente dai pascoli alla tavola.

1. Elitaria, carni di qualità

Ha recentemente vinto il primo premio all’edizione 2022 del Golden Steak 3.0, la competizione che vede in gara la selezione e cottura delle bistecche con osso. Elitaria (www.elitaria.it), azienda senese di Sovicille, ha 40 anni di esperienza nella selezione delle migliori carni. Qui un taglio di Simmental bavarese dalla sua pagina facebook.com/elitariasrl

2. Flat Iron

1È una catena londinese di steakhouse dal motto chiaro: “Great steak for everyone”. Tre sono le loro specialità: Flat Iron Herd Burger, la Scottish Bavette e il Flat Iron Sirloin Noi li seguiamo in adorazione su instagram.com/ flatironsteak (photo © facebook.com/FlatIronSteak).

Eurocarni, 11/2248 LA CARNE IN RETE Social
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3 Piatti norvegesi

Kol Restaurant è uno dei ristoranti carnivori più interessanti del momento. Ubicato a Fredrikstad, in Norvegia, abbina alla selezione delle migliori carni anche quella ricerca estetica tipica della cucina del Nord Europa, fatta di essenza e spirito. Noi li seguiamo sulla loro pagina instagram.com/kol_restaurant (photo © facebook. com/restaurantkol).

4 Butcher Brothers, nuovi arrivi

3Sempre sensibili alle magliette carnivore, segnaliamo nuovi arrivi nello shop di ButcherBrothers, il brand che riunisce i meatlovers e gli amanti del barbecue di tutto il mondo. Da seguire su instagram.com/butcherbrothers_official e per acquisti su www.butcher-bros.com (in foto LUCA TERNI, chef, butcher e modello per l’occasione; photo © facebook.com/ButcherBrothersOfficial).

Eurocarni, 11/22 49 meat Benedetti
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Come spedire alimenti freschi nel 2022

Iprodotti alimentari sono tra le merci più spedite al mondo.

Basta pensare alla fama dei prodotti italiani per farsi un’idea dei volumi e della quantità di trasporti che avvengono per distribuire, a livello nazionale e internazionale, le nostre specialità. In questo articolo ci focalizziamo su come spedire alimenti freschi nel rispetto della normativa vigente e su come semplificare le operazioni di imballaggio offrendo alla clientela sempre prodotti di qualità.

La normativa Quando si parla di spedizioni di prodotti alimentari è indispensabile fare riferimento all’Accord Transport Perissable (ATP), una normativa che regola, a livello nazionale e internazionale, il trasporto di alimenti deperibili. Tale accordo, sottoscritto a Ginevra nel 1970, è stato ratificato e reso esecutivo in Italia con DPR 29 maggio 1979, n. 404. Il Regolamento prevede un testo e tre allegati dove sono indicati:

• definizione e norme dei mezzi

per il trasporto e le caratteristiche tecniche (Allegato 1);

• condizioni di temperatura degli alimenti surgelati e congelati (Allegato 2);

• condizioni di temperatura dei prodotti alimentari non surgelati né congelati (Allegato 3).

Il conferimento del certificato ATP è di competenza del Ministero dei Trasporti presso stazioni di prova da esso autorizzate. La sua durata massima è di 12 anni e deve essere rinnovato dopo i

Eurocarni, 11/2250 ESHOP
La guida pratica di Shopify per on-line butcher

Le nuove tecnologie di imballi e packaging innovativi possono dare un grosso aiuto nel rendere sempre più naturali, sostenibili e salubri i prodotti che arrivano a casa.

primi 6. Al termine dei 12 anni l’attestato può essere rinnovato per altri 6 previo superamento di un’ulteriore prova della struttura isotermica. In sintesi, la norma:

1. impone regole per la fabbricazione degli allestimenti isotermici dei mezzi di trasporto;

2. impone precise indicazioni per l’utilizzo corretto dei mezzi refrigerati;

3. stabilisce le tipologie di alimenti deperibili da trasportare a temperatura controllata;

4. fissa le temperature da mantenere durante il trasporto in base al tipo di alimento.

Tipologie di prodotti alimentari: deperibili e non deperibili

Per i motivi sopra elencati la prima distinzione da fare è quella tra prodotti deperibili e non deperibili, perché è sulla base di questo che dovranno essere selezionati i corrieri e dovranno essere applicate specifiche norme.

Per i prodotti alimentari deperibili, come frutta e verdura fresca, salumi,

carne, uova, latticini, formaggi e pasta fresca, esistono delle precise regole da seguire per assicurarsi che il prodotto resti sempre fresco dal produttore al consumatore. Parliamo delle norme in materia di HACCP e della catena del freddo, ovvero l’insieme dei sistemi e delle procedure necessarie per mantenere un prodotto alimentare sempre alla stessa temperatura durante tutte le fasi di stoccaggio, trasporto e consegna. In questo caso sarà necessario rivolgersi a corrieri specializzati,

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dotati di mezzi attrezzati con sistemi di refrigeramento o celle frigorifere, nel rispetto delle norme ATP di cui parleremo in seguito.

I prodotti alimentari non deperibili, come pasta, legumi, zucchero, sale, caffè, vino, olio e prodotti a lunga conservazione, possono essere spediti tramite corrieri tradizionali, ma è importante seguire alcune regole durante l’imballaggio per evitare che i prodotti si rompano e contaminino altri prodotti adiacenti.

Quale corriere scegliere?

Per spedire alimenti deperibili è necessario rivolgersi a corrieri specializzati, dotati di sistemi per mantenere sempre stabile la temperatura all’interno del container.

Mantenere la catena del freddo Mantenere la catena del freddo consente di evitare il rischio di shock termici che potrebbero alterare le proprietà organolettiche del prodotto alimentare. Con la rottura della catena del freddo gli alimenti inizierebbero a deteriorarsi o quanto meno verrebbe alterata la

durata della loro conservazione. La responsabilità del mantenimento della catena del freddo va dal produttore al consumatore.

Produzione

Il produttore è tenuto a garantire il mantenimento delle condizioni igienico-sanitarie e delle temperature ideali durante tutta la fase di produzione e stoccaggio degli alimenti.

Trasporto

Nella fase di trasporto sono coinvolti sia il produttore sia il trasportatore e la compagnia del mezzo.

Il produttore deve continuare a garantire il mantenimento delle condizioni ideali nei contenitori e negli imballaggi. Il trasportatore e la compagnia del mezzo devono assicurarsi che vengano rispettate tutte le norme previste per spedire alimenti freschi e con caratteristiche organolettiche inalterate.

Consumo

La catena del freddo coinvolge anche il consumatore che, per garantire il mantenimento della freschezza

Ogni settore presenta specifiche difficoltà e normative da tenere in considerazione. Tuttavia, il mondo dell’industria alimentare è il più ricco di insidie, a partire dalla deperibilità della materia prima che può avvenire anche per semplici cause come la presenza di “batteri sani” nell’aria

dell’alimento, deve preoccuparsi di utilizzare sistemi di trasporto adeguati fino al domicilio per i casi in cui la consegna non sia fino a casa (sacchetti termici, ecc…).

Corrieri isotermici

Attualmente, ci sono tre categorie di corrieri isotermici:

• Classe A – Temperatura del container compresa tra +12 °C e 0 °C;

• Classe B – Temperatura del container compresa tra +12 °C e –10 °C;

• Classe C – Temperatura del container compresa tra +12 °C e –20 °C.

La scelta deve ricadere sul corriere più adatto in base ai prodotti da vendere. Ad esempio, la carne fresca avrà bisogno di un corriere isotermico di Classe C, mentre per frutta e verdura fresca anche un corriere di Classe A potrebbe essere sufficiente. Per la distribuzione di prodotti alimentari non deperibili, i corrieri tradizionali andranno bene, ma è necessario assicurarsi che rispettino i requisiti igienico-sanitari previsti dall’all. II, cap. IV, del Regolamento CE 852/2004. Alla luce di quanto detto finora, è fondamentale selezionare il corriere adatto soprattutto se il catalogo prodotti del proprio e-commerce prevede prodotti alimentari freschi e deperibili.

Spedire prodotti alimentari all’estero Spedire alimenti deperibili all’estero può essere più complicato che muoversi sul territorio nazionale, soprattutto se si tratta di un Paese fuori dall’Unione Europea. Prima di spedire in questi Paesi sarà bene documentarsi sulle norme e restrizioni di ogni nazione e sulla documentazione da presentare.

Riguardo alla documentazione, solitamente per le spedizioni all’interno dell’Unione Europea è sufficiente la lettera di vettura. Si tratta di un documento fondamentale per chi possiede un e-commerce e si occupa delle spedizioni in generale e per chi intende spedire alimenti freschi. La lettera di vettura contiene tutti i dati di spedizione e i dettagli dei prodotti trasportati: il peso, il nu-

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mero di pacchi da consegnare, ecc… e deve necessariamente accompagnare la merce. Quando la spedizione è per un Paese estero, la lettera di vettura prevede anche una sezione dedicata ai dati della nazione di destinazione. Infine, per le spedizioni internazionali deve prevedere anche la conformità al CMR (Convention des Marchandises par Route), ovvero la convezione per il trasporto internazionale di merci su strada.

Gli imballaggi

Ecco qualche consiglio per imballare i prodotti in modo efficace e pratico:

1. imballa singolarmente i prodotti per evitare che si contaminino tra loro o che contaminino altri prodotti;

2. inserisci i prodotti in un box di polistirolo con coperchio per garantirne la freschezza ed evitare che contamini altra

Le complessità del vendere prodotti alimentari on-line

Con il cibo la sicurezza è sempre in primo piano. Le istituzioni regolamentano il settore alimentare e vigilano attentamente per garantire la salute pubblica. E al contempo grava su produttori e dettaglianti l’onere di uniformarsi alle regole, offrendo prodotti qualitativamente ineccepibili. Non solo. Gestire un’attività nel settore alimentare richiede anche un complesso “gioco di prestigio” per gli approvvigionamenti, in modo da evitare deterioramenti e sprechi, con tutti i relativi costi.

merce in caso di danni durante il trasporto;

3. inserisci del materiale refrigerante all’interno delle scatole, come gel refrigerante o ghiaccio secco, per mantenere la freschezza del prodotto;

4. inserisci il pacco con gli alimenti in una scatola per la spedizione e riempi gli spazi vuoti con materiale da imballaggio per impedire che si muova. Usa carta, perle di polistirene o altri materiali da imballaggio;

5. sigilla il box di polistirolo e la scatola di cartone con il nastro adesivo per evitare fuoriuscite e isolare bene il prodotto. All’esterno del pacco attacca etichette per segnalare la presenza di alimenti deperibili, come la temperatura stessa o la scritta FRESCO, e apponi la scritta ALTO per evitare che la scatola venga ruotata durante il trasporto. Se spedisci prodotti che potrebbero rompersi, come bottiglie d’olio o vino, apponi la scritta FRAGILE

Consigli per imballare prodotti alimentari specifici Alcuni prodotti, come salumi, carne o formaggi, devono essere confezionati singolarmente sottovuoto. Così facendo, l’alimento non deperisce e non contamina altri alimenti o altra merce se il pacco si danneggia. Se vendi bottiglie di olio o di vino, utilizza un imballaggio apposito per questo tipo di merce e isola le bottiglie per evitare fuoriuscite in caso di rottura durante il trasporto. Per spedire alimenti freschi, confezionali in imballaggi di plastica singoli per evitare il rovesciamento in caso di danni durante il trasporto.

Ancora qualche consiglio

• La presentazione del prodotto fa parte dell’esperienza di acquisto e potrebbe aiutare a ottenere pubblicità gratuita: i clienti saranno più propensi a condividere l’esperienza di unboxing dei prodotti se sono presentati bene.

• Le spedizioni possono sempre essere un’incognita, non sempre vanno a buon fine e a volte per

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Lui è Carlo Ferrando e il suo shop.macelleriadacarlo.it è uno dei più attivi in Italia. Distributore ufficiale di Sashi Finlandia e Gutrei Galizia, il negozio on-line offre numerosi tagli di varia provenienza, brand, una selezione BBQ, oltre a Dry Aged (costate e fiorentine), utensili e merchandising (photo © shop.macelleriadacarlo.it).

cause che sono fuori dal nostro controllo.

• Gli inserti delle spedizioni possono essere una buona soluzione per conquistare e mantenere la fiducia del cliente, per gestire i reclami e migliorare la propria brand identity.

• Tieni in considerazione l’idea di utilizzare esclusivamente packaging ecosostenibile per le spedizioni: non solo fa bene all’ambiente, ma spesso è anche più economico!

Conclusioni Spedire alimenti freschi non è come fare le classiche spedizioni e-commerce (ad esempio, le spedizioni ePacket ). In questo caso entrano in gioco numerose variabili da considerare e regolamenti da rispettare per salvaguardare la salute pubblica. Al contempo, la vendita e la spedizione di prodotti alimentari può dare grandi soddisfazioni soprattutto perché il made in Italy è estremamente richiesto, in particolare all’estero.

Diritto di recesso per prodotti alimentari

Nella vendita on-line è previsto il diritto di recesso, disciplinato dal decreto legislativo n. 21/2014 e che consiste nella possibilità, da parte del consumatore, di cambiare idea sull’acquisto effettuato. Questo può avvenire in alcuni determinati casi elencati all’art. 59 del codice del consumo. Quest’ultimo prevede delle eccezioni, in particolare alla lettera d) per “la fornitura di beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente”. Nel settore alimentare, più che in qualsiasi altro settore, è bene tenersi sempre aggiornati sulle normative vigenti per non incorrere in spiacevoli situazioni. Ecco quindi un riassunto e ancora qualche consiglio per vendere prodotti alimentari on-line senza problemi.

Note

• Fonte: BLOG DI SHOPIFY, Come vendere cibo on-line: guida completa alla vendita di prodotti a limentari , testi di: M ATTEO MORONI

• www.shopify.com/it/blog/spedire-prodotti-alimentari?utm_ source=exacttarget&utm_ medium=email&utm_ campaign=blog&utm_ content=it

• www.shopify.com/it/blog/come-vendere-cibo-online

Eurocarni, 11/2256
Le spedizioni possono sempre essere un’incognita, non sempre vanno a buon fine e a volte per cause che sono fuori dal nostro controllo.

MFC Carni sul tetto del mondo

«È

stata una bellissima esperienza e, soprattutto, una gran bella soddisfazione» mi dice ELEONORA CALÒ, proprieta ria con la famiglia del GRUPPO MFC CARNI, a proposito della recente partecipazione dell’azienda alla World Steak Challenge 2022, svoltasi a Dublino lo scorso fine settembre (si veda l’articolo completo sull’evento a pagina 80). Già lo scorso anno l’azienda di Frigento (AV) aveva partecipato per la prima volta e con successo alla Challenge, vincendo ben tre ori. Ori che in questa edizione della competizione sono saliti addirittura a quattro, avendo MFC portato in Irlanda anche un nuovo brand, Jügena Angus cross breed Holstein allevato in Polonia, che ha riscosso particolare apprezzamento da parte della giuria.

Queste in totale le carni presentate da MFC Carni:

• Swami Beef (Jersey danese);

• Wadi Wagyu (Wagyu spagnolo);

• Swami Wagyu (Wagyu svedese);

• Jügena (Angus polacco cross breed Holstein)

«Le prime tre tipologie hanno confermato gli ori conquistati alla World Steak Challenge 2021 — prosegue Eleonora — ma la giuria ha mostrato di apprezzare particolarmente il filetto di Jügena, il nostro nuovo marchio, presentato a Dublino per la prima volta quest’anno, che ha

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Il Gruppo MFC primeggia alla World Steak Challenge 2022. Le carni presentate al concorso dall’azienda della famiglia Calò conquistano tutte la medaglia d’oro, compreso il nuovo marchio, Jügena Angus cross breed Holstein. «È una grande soddisfazione» commenta Eleonora Calò. «È bello sapere che abbiamo fatto onore ai nostri fornitori e ai nostri clienti, i quali possono a loro volta dire di avere le bistecche migliori al mondo»
Una
delle
medaglie vinte da MFC Carni al WSC 2022.

infatti raggiunto il primo posto in classifica. Si tratta di un incrocio tra un Angus polacco e una Holstein/ Frisona, una carne caratterizzata da una bella marezzatura spinta ma estremamente equilibrata in termini di gusto, con quell’ottimo rapporto qualità-prezzo che ha la carne polacca. Una carne che, in linea generale, risulta sempre tra quelle più amate quando la si assaggia, proprio per la qualità della marezzatura che offre». La Polonia vanta infatti carni tra le migliori al mondo grazie al clima freddo del Paese e alla lunga tradizione nell’allevamento che avviene in questo caso allo stato semibrado, il che consente agli animali di sviluppare una carne bella grassa.

Gli altri brand di MFC Carni vincitori della medaglia d’oro sono Swami beef, selezione da capi femmina di razza Jersey, provenienti dall’estremo nord della Danimarca. «Non è solo una carne pregiata, Swami è un sentimento” si può leggere nel sito del Gruppo campano. Il suo nome è di origine indiana e significa amore, venerazione. “Nella religione induista indica un guru, un maestro spirituale. Swami è anche questo, una guida verso l’eccellenza, un prodotto che si distingue e che lascia il segno tra i palati più fini”. Swami beef presenta una marezzatura molto accentuata (6-10 sulla scala Kobe), gusto intenso e deciso, note dolci e una morbidezza inconfondibile.

Il Wadi Wagyu — termine arabo che indica un fiume in piena, come il gusto pieno e travolgente di questa carne — è un Wagyu F3 (87,5% di genetica Wagyu) che nasce e viene allevato in Spagna, nella comunità autonoma di Castilla y León, tra i campi di girasole e i vigneti nelle vicinanze dei fiumi Esgueva e Pisuerga, seguendo un’alimentazione grainfed integrata con uva rossa. Proprio questa integrazione conferisce alla carne un caratteristico sapore dolce.

Lo Swami Wagyu è un Wagyu 100% Tajima full-blood , grazie all’importazione dagli USA dei migliori embrioni Wagyu presenti

fuori dal Giappone. I capi, principalmente castrati o più precisamente steer, nascono e vengono macellati direttamente in Svezia, ad un’età compresa fra i 6 e i 9 anni, seguendo un’alimentazione grass-fed. Queste caratteristiche di allevamento donano alla carne una sapidità maggiore rispetto al Wagyu giapponese. «Anche rispetto al Wagyu giapponese vincitore di questa competizione, ammesso a partecipare alla Challenge per la prima volta in questa edizione — puntualizza Eleonora Calò —, il nostro Wagyu svedese, oltre ad avere una tenerezza incredibile, possiede un gusto molto più deciso, che tutti i giurati hanno messo in evidenza e che ha colpito molto anche noi quando lo abbiamo assaggiato: un gusto stupendo!» sorride Eleonora.

«A volte ci capita di dimenticarci di quanto siamo bravi. E con questo voglio dire che il nostro modo di lavorare è talmente scrupoloso, il livello qualitativo che richiediamo a noi stessi talmente elevato, che a volte ci stupiamo per primi dei risultati raggiunti dai nostri prodotti, dalle nostre carni.

Per questa competizione, ad esempio, tutti i produttori iniziano a prepararsi tra aprile e maggio perché le carni devono essere presentate entro la metà del mese di luglio e per ogni prodotto è previsto uno studio approfondito, una selezione rigidissima. Quando abbiamo selezionato le carni da portare in Irlanda eravamo letteralmente sommersi dalle richieste, è stato uno dei momenti di maggior lavoro dell’anno, per cui ci siamo

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Michele e Eleonora Calò durante le premiazioni al WSC 2022.

MFC Carni, MEAT the Pleasure

La storia di MFC Carni inizia nei primi anni ‘90 da un ingrosso carni aperto dai fratelli Domenico e Francesco Calò, che decidono di mettere a frutto la lunga esperienza accumulata nel settore, nel borgo di origine romana di Frigento, in provincia di Avellino, nel cuore dell’Irpinia. Da generazioni i Calò sono infatti una famiglia di allevatori e macellai. Ma è nel 2008, con l’inaugurazione del nuovo stabilimento, che nasce la MFC come è oggi, un’impresa consolidata sul mercato ma anche una realtà in crescita costante, considerata punto di riferimento nel settore delle carni in Italia. Il processo di diversificazione e integrazione adottato, ha portato nel 2013 alla nascita del salumificio Irpinia Salumi e nel 2014 all’acquisizione di una delle aziende leader in Campania per la distribuzione alimentare poi ribattezzata MFC Food & Beverage. Nel novembre del 2019 è avvenuta l’acquisizione di un’azienda per la produzione di prosciutti cotti.“Operiamo nel settore delle carni da ben 4 generazioni. La dedizione e l’amore di tutti per quello che facciamo ci ha permesso di raggiungere risultati molto soddisfacenti negli anni. Saper ascoltare e comprendere le esigenze di chi, ogni giorno, ci dà fiducia, penso sia uno dei nostri punti di forza, ragionando come un’unica e grande famiglia” sono le parole di Domenico Calò (in foto, la sede di MFC Carni a Frigento).

>> Link: www.mfccarni.com

I giudici del WSC edizione 2022, 60 di provenienza internazionale, sono stati chiamati a valutare le carni presentate nei vari tagli — Fillet, Sirloin e Rib-Eye — sia crude che cotte. Inoltre, al fine di evitare valutazioni opinabili, è stata adottata una cottura unica, medium, per tutti i tagli in gara, ovvero una cottura che al cuore raggiunge una temperatura fra i 54 e i 58 °C. In foto, Michele Calò durante la preparazione della carne al FIRE di Dublino, sede dell’evento.

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trovati in difficoltà perché pensare di togliere alla nostra clientela, che curiamo personalmente e singolarmente, una carne di livello elevato davvero ci dispiaceva. Insomma, alla fine abbiamo vinto selezionando le carni nelle settimane peggiori!

Anche per questo mi piace pensare e dire che le medaglie vinte non appartengono solo a noi ma a tutti i nostri dipendenti, al Gruppo nel suo insieme, è una ricompensa che va oltre l’aspetto economico, ripaga degli sforzi e del lavoro quotidiano di ogni elemento di MFC Carni.

Alzare sempre l’asticella della qualità è quello che ci ha sempre caratterizzato come Gruppo e prendere parte a competizioni come

questa, dove il livello delle aziende partecipanti parte da una base altissima, ci aiuta a misurarci con altre aziende internazionali, a confrontarci e a capire se la strada che abbiamo intrapreso è quella giusta. Diciamo che questa vittoria lo sancisce ufficialmente».

A livello di marketing partecipare e, soprattutto, vincere la Challenge è senza dubbio una conquista non di poco conto. Tutti i vincitori del WSC hanno infatti il diritto di utilizzare i loghi ufficiali e le medaglie della competizione sui packaging e in ogni contesto di comunicazione e promozione dei propri prodotti. «È bello sapere che abbiamo fatto onore ai nostri fornitori e alla nostra clientela, la quale, a sua volta, potrà

comunicare alla propria che quella che stanno per acquistare e che andranno ad assaggiare è realmente una delle carni migliori al mondo» conclude Eleonora.

Quella di MFC Carni è la storia di una famiglia, i Calò, dedita da generazioni all’allevamento e alla macellazione degli animali e alla commercializzazione delle carni. Il Gruppo dispone di 4 siti produttivi in Campania e Puglia ognuno dotato di una propria piattaforma logistica, più un’altra piattaforma riservata al canale H O .R E .C A . a 360° per tutti i prodotti food e non food a Manocalzati, in provincia di Avellino. E c’è in cantiere il progetto di una ulteriore espansione dello stabilimento originale, per garantire una capacità produttiva ancora maggiore.

«Inoltre, come Irpinia Salumi, produciamo internamente anche una ricca tipologia di salumi, sia tradizionali della nostra zona, l’Irpinia, che non: penso ad esempio alla Bresaola di Wagyu, commercializzata col marchio HAMo Wagyu, e ai prosciutti cotti, alla cui produzione è dedicato uno stabilimento specifico acquisito nel 2019. Tutta la produzione ha però come comun denominatore la naturalità degli ingredienti, con un utilizzo quasi nullo di nitriti e nitrati».

Ma non è finita qui… «Infatti!» continua Eleonora. «L’ultima idea è legata al mondo dei distillati: abbiamo messo in commercio da qualche settimana un gin a base Swami Wagyu nelle versioni da 200 e 500 ml, del quale abbiamo l’esclusiva. Si tratta del primo Wagyu gin al mondo!

La distillazione avviene in Germania con botaniche naturali, che entrano in contatto con l’affumicatura delle carni cotte al BBQ con legno di melo che regala al gin un sapore delicato e una sottile nota fruttata. Oltre alle classiche proposte a base gin, abbiamo sperimentato anche diversi cocktail con vino e birra. In sostanza, è un prodotto in più per la ristorazione che potrà sorprendere con†una vera chicca la propria clientela».

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Una delle selezioni pregiate firmate MFC.

Coesione della filiera, sostenibilità e formazione

Ecco la ricetta di Centro Carni Company per affrontare il futuro della filiera zootecnica. La presentazione in occasione di una tavola rotonda che ha riunito i rappresentanti di tutta la filiera, dall’allevatore alla Grande Distribuzione, per affrontare insieme le difficili sfide che attendono il comparto

«V

iviamo in un momento difficile per la nostra fi liera: oggi più che mai è fondamentale rimanere uniti, favorire le partnership e trovare una dimensione di equilibrio tra chi produce, chi trasforma e chi vende, per affrontare le sfide del presente e del prossimo futuro in un’ottica di sostenibilità». Con questo commento

RAFFAELE PILOTTO, socio e direttore

commerciale e marketing di CENTRO CARNI COMPANY SPA, azienda veneta leader in Italia nel settore del disosso delle carni bovine, ha aperto lo scorso 23 settembre a Villa Giustinian (Cittadella, PD) la tavola rotonda dal titolo “L’impatto degli ultimi eventi sulla filiera delle carni bovine: criticità e opportunità in un’ottica di sostenibilità”. L’appuntamento, giunto alla seconda edizione, ha riunito oltre

100 persone, rappresentanti di tutta la filiera produttiva dell’azienda, per discutere degli ultimi difficili scenari del mercato, cercando di definire le linee guida di una strategia che consenta al comparto di affrontare e superare con successo la crisi in atto.

Relatori dell’incontro, oltre a Raffaele Pilotto, DENIS PANTINI, responsabile Business Unit Agrifood

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La tavola rotonda “L’impatto degli ultimi eventi sulla filiera delle carni bovine: criticità e opportunità in un’ottica di sostenibilità” si è svolta lo scorso 23 settembre, riunendo i rappresentanti della filiera di Centro Carni Company, dall’allevatore alla Grande Distribuzione, per affrontare insieme le difficili sfide che attendono il comparto.

D’AQUITAINE

CARNE EUROPEA. NATURALMENTE TENERA.

BLONDE
I vitelli Blonde d’Aquitaine crescono con le loro madri nei pascoli dei Pirenei francesi, dove si nutrono di latte ed erba per i primi mesi di vita. Grazie alle loro eccellenti caratteristiche genetiche e ad una alimentazione accuratamente selezionata basata sui cereali, bilanciata dall’esperienza degli allevatori piemontesi, in grado di fornire performance superiori in allevamento ed elevate rese alla macellazione e al disosso, con una grande predisposizione a fornire tagli pregiati. UN’ECCELLENZA EUROPEA PER VERI INTENDITORI. | www.blonde-aquitaine.com Il contenuto di questa campagna promozionale rappresenta soltanto le opinioni dell’autore ed è di sua esclusiva responsabilità. La Commissione europea e l’Agenzia esecutiva europea per la ricerca (REA) non accettano alcuna responsabilità riguardo al possibile uso delle informazioni che include. DA ALLEVAMENTI CERTIFICATI DAL CONSORZIO SIGILLO ITALIANO dri nei e e ad una i i, sono amento D I TO RI. PER CONSIGLI SU UNA DIETA SANA ED EQUILIBRATA, CONSULTARE: CAMPAGNA FINANZIATA CON L’AIUTO DELL’UNIONE EUROPEA

Professionisti della carne si nasce o si diventa? Se tanti sono figli d’arte, sono sempre di più i giovani che potrebbero e/o vorrebbero entrare nel settore delle carni bovine. Ci sono, infatti, ambiti professionali nei quali la conoscenza del prodotto carne è indispensabile, con posizioni scoperte per le quali la ricerca di addetti resta una costante. Una di queste, ad esempio, è proprio la figura del macellaio, per la quale è in atto una forte richiesta di manodopera legata ad uno scarso ricambio generazionale (fonte dati ISMEA), con la difficoltà a reperire lavoratori adeguatamente formati. Date queste premesse Centro Carni Company Spa si è fatta promotrice del progetto MEatSCHOOL: una Academy per la formazione, l’informazione e la diffusione della cultura della carne bovina in Italia.

MEatSCHOOL, che opera grazie ad una rete di collaborazioni e partnership, si pone come obiettivo quello di fornire contenuti formativi di qualità sviluppando conoscenze multilivello. L’Academy vanta, infatti, percorsi specialistici per la costruzione di figure professionali da inserire nelle diverse aree della filiera produttiva delle carni bovine, dall’allevamento alla lavorazione del prodotto, dalle aree operation alla gestione delle vendite. Ma l’Academy si rivolge anche a coloro che puntano ad aumentare le proprie competenze e professionalità, a chi già opera nel settore food/carni, a professionisti del settore ristorazione e industria che vogliono implementare le loro conoscenze, fino all’informazione sul consumatore finale attraverso un lavoro diretto ed in partnership con le maggiori catene della GDO.

«MEatSCHOOL è un progetto ambizioso» ha dichiarato Nicola Pilotto, amministratore di Centro Carni Company Spa. «Tre sono i macro obiettivi che si pone la scuola: il primo è aumentare il grado di professionalità in chi già opera nel settore per tutti i comparti della filiera; il secondo è fornire una formazione specialistica a coloro che vogliono entrare nel settore dell’industria della lavorazione delle carni o nei canali distributivi dei prodotti dotando di maggiori competenze chi opera nella ristorazione, che siano essi occupati o inoccupati, provenienti anche da altri settori industriali; il terzo informare il consumatore sui processi dell’intera filiera, creando cultura e conoscenza sul prodotto».

Le attività dell’Academy MEatSCHOOL si svolgeranno, oltre che nelle aule, anche presso le aziende che ne faranno richiesta. Questo modello operativo è stato, infatti, studiato per integrare i contenuti formativi con le metodologie di lavoro dei clienti o delle aziende che richiedono la formazione. Gli inoccupati riceveranno, invece, una formazione di tipo “misto” presso le aule dell’Accademia e presso aziende partner che ospiteranno poi queste figure per lo stage formativo a completamento del percorso professionale.

A chi si rivolge?

• Occupati del settore ed extrasettore: attività di miglioramento e specializzazione del personale operante nel settore o proveniente da altri settori, anche complementari o comunque legati al mondo food o alla filiera carne.

• Inoccupati / inserimento al lavoro: percorsi specialistici per la costruzione di figure professionali da inserire nelle diverse aree della filiera produttiva delle carni bovine, dall’allevamento alla lavorazione del prodotto, alla vendita diretta al pubblico.

• Post laurea / alta formazione: una proposta formativa post laurea specificatamente studiata per l’inserimento nel mercato delle carni bovine di neo laureati con formazione agroalimentare, scienze dell’alimentazione, zootecnia. La formazione si inserisce nell’ambito del progetto di cooperazione tra MEatSchool e l’Università di Padova Dipartimento di Agraria e Medicina Veterinaria.

• Privati: è di primaria importanza per MEatSchool la divulgazione della cultura sul prodotto carne, dalla conoscenza del prodotto vivo, fino alla formazione sul prodotto lavorato, il confezionamento e, non ultimo, un consumo consapevole e accurato del prodotto, che riguarda anche la cottura dello stesso.

Lo stesso modello di fruizione del contenuto formativo sarà applicato nelle attività informative indirizzate al pubblico. Questi ultimi saranno tenuti su strutture ed aule dedicate e presso i punti vendita della GDO.

MEatSCHOOL si avvale di un comitato scientifico, composto dal prof. Paolo De Castro, dal prof. Valerio Giaccone, dal prof. Massimo De Marchi e da Fulvio Fortunati.

L’Accademia MEatSCHOOL inizierà ad operare a tutti gli effetti dall’inizio del prossimo anno, lavorando in partnership con istituti universitari, istituzioni di categoria, istituti di ricerca e altre scuole professionali nazionali, con la volontà di creare un team di lavoro super partes che, oltre alle conoscenze tecniche, disponga anche di forti competenze scientifiche.

Eurocarni,

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Nasce MEatSCHOOL, l’Academy di Centro Carni Company dedicata alla formazione, all’informazione e alla diffusione della cultura della carne bovina
>> Link: meatschool.it
CARNI DAL1978 Le L shop.marfisicarni.it

e Wine Monitor presso NOMISMA; FUL VIO FORTUNATI, socio di In.Con.Tra., azienda specializzata nel livestock e nel meat trading, vicepresidente e consigliere UNICEB; ELISA PI LOTTO , presidente dell’Academy MEatSCHOOL e HR manager di Centro Carni Company.

Durante l’incontro è intervenuto anche il prof. PAOLO DE CASTRO, parlamentare europeo e docente universitario di ruolo ordinario presso l'Università degli Studi di Bologna attraverso un video messaggio. A moderare la tavola rotonda ALESSANDRO BERTIN, socio fondatore e presidente dell’agenzia di relazioni pubbliche Spin-To e coordinatore del Master in Marketing e Comunicazione allo IED (Istituto Europeo di Design) di Torino.

Crescita rapida del tasso di inflazione, instabilità politico-economica dovuta al conflitto russo-ucraino e conseguente cambiamento nelle abitudini d’acquisto dei consumatori sono stati tra i temi centrali affrontati nel corso dell’incontro. «Prima del conflitto russo-ucraino — ha affermato Denis Pantini, fornendo un quadro dettagliato dell’attuale situazione economica del settore — la filiera agroalimentare italiana stava vivendo una fase di pieno recupero rispetto al periodo della pandemia.

Oggi il tasso di inflazione da una parte e il rallentamento economico dall’altro ridurranno certamente la capacità di spesa dei consumatori. Ma ci sono alcuni elementi di positività: se guardiamo il dato dell’ex-

«Tasso di inflazione e rallentamento economico ridurranno la capacità di spesa degli Italiani. Ma ci sono alcuni elementi positivi: se guardiamo il dato dell’export del food, a luglio 2022 si è registrato un +15% sul 2021. L’agroalimentare rimane dunque un settore forte da tutelare, il secondo per importanza in Italia» ha dichiarato Denis Pantini

port in ambito agroalimentare, a luglio 2022 si è registrato un +15% sull’anno precedente, che è stato già un anno n cui l’Italia è cresciuta a doppia cifra. L’agroalimentare rimane dunque un settore forte e da tutelare, il secondo per importanza in Italia». L’Italia si classifica infatti tra i top exporter mondiali di prodotti agroalimentari, per un fatturato di 50,1 miliardi nel 2021, e tra i maggiori paesi dell’Unione Europea per valore dei consumi alimentari, terza dopo Germania e Francia.

Segnali di positività anche da parte degli Italiani: secondo l’ultimo Rapporto Coop (si veda l’articolo dedicato a pagina 26), a fronte della crescita generalizzata di prezzi e servizi prevista, 24,5 milioni di Italiani non sono disposti a rinunciare alla qualità del cibo che acquistano. Inoltre, secondo una recente indagine del CENSIS, il 97% della popolazione adulta italiana consuma carne e l’83% ritiene che il consumo di un’appropriata quantità di carne bianca e rossa sia una componente fondamentale di una dieta sana e equilibrata.

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Da sinistra, Nicola, Silvia e Raffaele Pilotto, Giancarlo Pilotto, Claudio e Riccardo Beghetto, Elisa e Filippo Pilotto.

Un messaggio rassicurante è arrivato anche da Paolo De Castro: «Stiamo attraversando un momento complicato, non soltanto legato ai costi dell’energia che gravano sulle imprese, ma anche ad un tema più generale legato alle preoccupazioni del mondo ambientalista. Noi, come Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento europeo, stiamo facendo la nostra parte nel difendere la filiera produttiva, per mantenere alle imprese la possibilità non solo di continuare a vivere, ma anche di crescere e di rappresentare quella ricchezza che oggi risiede in tutto il comparto zootecnico, e in particolare in quello bovino. Un comparto che crea occupazione, grandi opportunità per il nostro territorio e dà grande valore a tutto l’agroalimentare italiano».

La necessità di coesione e pensiero positivo è emersa anche nell’intervento di Fulvio Fortunati, che ha invitato la Grande Distribuzione a fare la sua parte per garantire la sostenibilità economica della filiera: «Nella produzione di carne bovina, l’Italia in Europa non è seconda a nessuno, possiamo ancora dire la nostra. È necessario continuare a tenere alta la qualità e mantenere il pensiero positivo. Marco Aurelio diceva che la prima cosa di qualità sono i nostri pensieri: se pensiamo positivo saremo in grado di superare anche questo momento difficile».

Elisa Pilotto ha concluso gli interventi evidenziando come solo con la formazione sia possibile sopperire alla crescente mancanza di personale in tutta la filiera, che ne costituisce una delle principali criticità. «La difficoltà a reperire personale qualificato si fa sentire, in qualsiasi categoria — ha affermato Pilotto — MEatSCHOOL, accademia di formazione e informazione sul mondo delle carni bovine, nasce proprio per diffondere la cultura della carne e per sopperire alla mancanza di lavoratori formati. A questo proposito abbiamo progettato dei corsi, in particolare quello di macelleria».

>> Link: centrocarnicompany.com

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A Singapore la cucina ispanica di Pura Brasa accoglie la maturazione professionale made in Italy di Stagionello® Store

La città più multiculturale del mondo è il luogo di un nuovo incontro gastronomico: nella splendida cornice orientale di Singapore, storia e sapori tipicamente spagnoli si fondono con l’innovazione artigianale italiana, lo Stagionello® meat maturing device

La valorizzazione dell’alimento tipico, grazie ad una tecnologia al servizio della tradizione, è l’obiettivo che ha portato Stagionello® Store a sposare la nota catena di ristoranti di matrice ispanica Pura Brasa, cucina che sta conquistando il pubblico asiatico col sapore unico delle sue carni dalla caratteristica cottura alla brace. Un’idea imprenditoriale che vuole rompere gli schemi gastronomici della classica brasserie, puntando su gusti inediti, frutto di estro e innovazione che, a Singapore, trovano un alleato d’eccellenza nella tecnologia dello Stagionello® Meat Maturing Device, conosciuto grazie alla rinomata realtà imprenditoriale Universal Steel, leader asiatico nel comparto delle attrezzature per cucine professionali e partner commerciale di Stagionello® Store.

La peculiarità della joint venture risiede nell’articolato sviluppo di questo progetto, nato da un’iniziale curiosità verso un device intelligente, in grado di garantire una maturazione professionale della carne grazie alla verifica e governo in continuo del pH e che si trasforma in un interesse viscerale verso l’intero studio che ha condotto all’evoluzione della tecnologia del Cuomo Method®.

Conosciamo così l’head chef di Pura Brasa Singapore, PAU BROSSA,

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L’head chef di Pura Brasa Singapore Pau Brossa ed Eric Lau, della Universal Steel, accolgono l’innovativo Stagionello® Meat Maturing Device.

che ha frequentato la Stagionello® Academy per un’intensa settimana di formazione professionale, durante la quale ha assistito alla riscoperta del valore alimentare della carne.

Facile il punto d’incontro tra le vision di Pura Brasa e il Cuomo Method®: riscoprire il gusto autentico di alimenti valorizzati naturalmente all’interno di luoghi di aggregazione, perché mangiare non si riduce ad alimentarsi, ma a conoscere e stupirsi, attraverso la scoperta di piatti sani e materie prime di qualità. Un’esperienza formativa che si evolve oltre l’asettico rapporto corsista/docente, verso un confronto che parte invece dalla realtà del discente a cui si mettono a disposizione tutte le conoscenze, gli studi e l’esperienza per migliorare reciprocamente, a beneficio di una diffusione responsabile di cultura alimentare.

«All’inizio sperimentavamo l’utilizzo di Stagionello® Meat Maturing Device e, dopo un’adeguata formazione, ne abbiamo compreso a fondo il valore alimentare e nutraceutico che conferisce all’alimento, tanto che oggi la carne maturata professionalmente con il Cuomo Method® è diventata un prodotto di punta del nostro locale»: questa la testimonianza diretta di Pau Brossa, che ci confessa di aver sempre nutrito curiosità verso il tema della maturazione e di aver apprezzato il metodo e la tecnologia di Stagionello® Store perché garanzia di sicurezza,

controllo e qualità. Chef Pau non si è soffermato solo sullo studio del settore alimentare di pertinenza, ma ha colto l’occasione per scoprire il significato di cura dell’alimento anche nei settori pesce e salumi. Accurate lezioni teorico-pratiche gli hanno fatto toccare con mano il risultato dell’applicazione di un metodo brevettato che sente forte la responsabilità di tutelare il valore dell’alimento, commentando così la proficua esperienza: «è importante scegliere tecnologie che trattino responsabilmente le materie prime a nostra disposizione in una realtà così incline allo spreco alimentare. Investire nei device Stagionello® garantisce doppi benefici, supporta ed esalta la filiera alimentare e aumenta esponenzialmente i profitti, non per il reale rincaro del prezzo, ma perché, per la prima volta, si possono offrire anche tagli dapprima poco rinomati che col Cuomo Method® vengono valorizzati e particolarmente apprezzati dalla clientela».

Dunque qualità, gusto ma, soprattutto, cura e attenzione che in ogni parte del mondo si ricercano, si esaltano e si trasmettono verso un’innovazione alimentare dal cuore responsabilmente tradizionale.

>> Link: stagionellostore.com

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Chef Pau Brossa presso la Stagionello® Academy.

Ad Altamura il futuro della macelleria

Sarà stata la pandemia che ha fatto emergere nuovi comportamenti d’acquisto e più articolate necessità da parte della clientela (come ad esempio le consegne a domicilio)? Oppure il passaggio generazionale che inevitabilmente porta con sé innovazione

e cambiamento? O ancora forse una spiccata sensibilità e attenzione verso le nuove esigenze della clientela e la scelta strategica di proporre nuovi canali di acquisto e di consumo delle carni in un’ottica omnicanale, visione tanto cara agli analisti del mercato?

Certo è che la Macelleria Pallotta di Altamura, in provincia di Bari, dopo parecchi anni di lavoro, nel corso del 2021 ha cambiato sede proponendosi con un restyling decisamente moderno e contemporaneo e testimoniando ancora una volta che il canale tradizionale

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Dalla tradizione all’intercettazione delle nuove esigenze di consumo. Senza trascurare la scelta del giusto partner tecnologico, Criocabin Spa, nella scelta dei banchi refrigerati di un locale esempio di rinnovamento del canale tradizionale
La Macelleria Pallotta di Altamura (BA) nella sua nuova sede, attraverso la progettazione degli spazi e delle tecnologie impiegate ha saputo coniugare artigianalità e modernità.
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In alto: molto curata la scelta di materiali e colori, oltre che delle finiture con arcate dorate in wireframe, che mettono in risalto i prodotti nelle varie aree espositive (macelleria, salumeria, gastronomia e libero servizio). In basso: la sezione di banco Ebony coi prodotti a libero servizio. Nel retro, la cella Elle dedicata alla frollatura dei tagli di carne.

è oggi caratterizzato da un profondo processo di rinnovamento. Un cambiamento che è proseguito, tant’è che a ottobre 2022, oltre alla zona di macelleria, salumeria e laboratorio, i Pallotta hanno affiancato e inaugurato anche la ristorazione. Non una

semplice braceria però, che qui in Puglia è tradizionale con u furnidd, il fornello pronto. «La nostra è una proposta diversa, con un menù più ricco che alla tradizione della classica braceria — che comunque non manca nell’offerta — affianca

I banchi Ebony ed Eride con tutta la tecnologia Criocabin

In questa macelleria prende forma l’incontro tra modernità e artigianalità. Ciò che cattura subito l’attenzione è l’ambiente totalmente contemporaneo, con arcate dorate in wireframe che delimitano quattro aree: macelleria, salumeria, gastronomia e libero servizio. Il banco Ebony di Criocabin è l’elemento di continuità di tutto il locale e si evolve di volta in volta in base alla tipologia di servizio. Ebony è dotato di quadro comandi elettronico WOW Touch Control e, grazie alla tecnologia Nucleus, permette di connettersi al banco in tempo reale tramite l’app Wow Remote, di monitorarne lo stato e cambiarne i parametri di settaggio a distanza dal proprio smartphone. La selezione di salumi e formaggi è affidata al retrobanco Eride con la sua ampia superficie espositiva, mentre per la frollatura delle migliori costate internazionali è stata inserita la cella Elle. Quello della frollatura è un metodo da tempo conosciuto e valorizzato dalla famiglia Pallotta ed elemento di punta della sua attività.

>> Link: criocabin.com

piatti più articolati preparati da noi selezionando materie prime freschissime, con la realizzazione di antipasti, primi, secondi di carne fino al dessert» mi dice DOMINGO PALLOTTA, figlio di Nicola, titolare che 32 anni fa intraprese l’attività.

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Ampia l’offerta di prodotti di salumeria di autoproduzione.

Il rinnovamento dell’attività nel canale tradizionale richiede la massima attenzione su due componenti: la cura maniacale delle materie prime e dell’offerta e, non meno strategica, la scelta dei giusti partner tecnologici nella progettazione e realizzazione degli allestimenti.

Sul primo punto i Pallotta vantano esperienza e competenza con l’offerta di carni sia estere (dalla Rubia Gallega ai tagli di Wagyu) che locali come l’agnello, la ciavarra (una pecora giovane tipica anche della tradizione pastorale abruzzese che i Pallotta sottopongono a frollatura), la scottona e il vitellino. I tagli sono sottoposti a Dry Age da un minimo di 15 giorni ad un massimo di 90 giorni.

C’è poi l’analisi dei giusti partner e qui la scelta è stata una conferma con i banchi refrigerati di Criocabin, l’azienda padovana leader nella produzione di banchi refrigerati a servizio assistito e self-service e di celle frigorifere su misura, già presente nella precedente sede.

«Con Criocabin abbiamo lavorato e lavoriamo molto bene, sia nella progettazione che nella quotidianità del nostro lavoro» mi dice Domingo Pallotta. «I banchi refrigerati, oltre ad avere una linea moderna che rispecchia in pieno il nuovo stile del nostro locale dalle diverse anime, sono estremamente funzionali, con una gestione perfetta dei prodotti e una gestione ed estrema facilità di manutenzione».

CRIOCABIN è il partner che garantisce l’artigianalità italiana del prodotto su misura con un design professionale e questo risultato lo ottiene attraverso un lavoro di costante affiancamento al cliente, per comprenderne le necessità e fornire soluzioni customizzate.

Ogni progetto Criocabin ha il proprio punto di partenza che è quello di cogliere le esigenze di ogni individuo, cliente o utilizzatore. Da qui parte il dialogo per comprendere i bisogni del cliente e rispondere con la soluzione perfetta, su misura: che sia Fully Custom, ossia costruita esattamente per soddisfare qualsiasi capriccio, oppure Special Custom,

perfettamente adattabile alle esigenze del cliente.

Questa è una bella storia, di lavoro, di visione per il futuro e di scelte consapevoli. Il motto dei Pallotta? «Dal 1991 mettiamo la nostra passione al servizio dei nostri clienti». Semplici e vincenti.

Macelleria Pallotta Nicola Macelleria • Gastronomia • Take–away • Ristorante Via Cufra 81 70022 Altamura (BA) Telefono: 080 3106153 facebook.com/MacelleriaPallottaNicola instagram.com/macelleriapallottanicola Criocabin Spa

Via San Benedetto 40/A 35037 Praglia di Teolo (PD) Telefono: 049 9909100 Web: criocabin.com

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A sinistra: taglio di scottona per tenere fettine. La macelleria effettua anche consegne a domicilio. A destra: gli involtini di animelle della tradizione pugliese (photo © facebook.com/MacelleriaPallottaNicola).

Nice to meat you.

Nessuno spreco di carne, tantomeno di tempo.

G -Concept è il sistema di refrigerazione studiato per un’ideale conservazione della carne

Meno perdite di peso, meno lavoro.

La carne non si secca: grazie alla ventilazione particolarmente contenuta e al controllo ottimale di umidità e temperatura, il calo di peso della carne è inferiore del 50% rispetto a un normale banco ventilato. In questo modo puoi risparmiare in media 9.000 € in un anno.

Inoltre, grazie alla tecnologia di G-Concept, la carne può rimanere nel banco durante la notte senza nessun problema, risparmiando ogni anno circa 720 ore di lavoro pari a 14.400 €.

www.criocabin.com

McDonald’s entra in Filiera Italia

Il mondo agricolo rappresentato da COLDIRETTI, l’industria con una cinquantina di aziende, la GDO con Conad e Carrefour, la finanza con Intesa Sanpaolo e Cdp, e ora anche la ristorazione a catena: il parterre di soci di Filiera Italia, la fondazione nata per valorizzare l’agroalimentare italiano riunendo tutti gli attori della filiera, si arricchisce con l’adesione di McDonald’s. La multinazionale americana da tempo ha avviato un percorso di “italianizzazione” grazie ad una partnership strategica con Coldiretti e alla catena di fornitura costituita per l’85% da aziende italiane da cui vengono acquistate ogni anno circa 100.000 tonnellate di prodotti per un investimento di quasi 240 milioni di euro «Siamo davvero orgogliosi di entrare a far parte di Filiera Italia, che, come noi, ha a cuore la valorizzazione e tutela della nostra filiera agroalimentare mettendo in una logica di sistema tutti i suoi attori», ha commentato Dario Baroni, AD di McDonald’s Italia. «Oggi quella agroalimentare è diventata una filiera “lunga”, che include anche i canali di distribuzione a contatto con i consumatori, tra cui la ristorazione che, per la sua capacità di ascolto del consumatore, assume un ruolo chiave per trasferirne le esigenze agli anelli a monte» aggiunge Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia. «Per questo siamo lieti di accogliere all’interno di Filiera Italia McDonald’s, che, orientando il proprio menu verso il 100% made in Italy, ha scelto di fare della distintività dell’agroalimentare italiano un modello di sviluppo» (fonte: EFA News – European Food Agency; in foto, Luigi Scordamaglia e Dario Baroni).

La Commissione europea ha redatto un nuovo documento relativo “all’attuazione dei sistemi di gestione per la sicurezza alimentare riguardanti le corrette prassi igieniche e le procedure basate sui principi del sistema HACCP, compresa l’agevolazione – flessibilità in materia di attuazione in determinate imprese alimentare” Il testo è in vigore dal 15 settembre 2022 e sostituisce la precedente comunicazione in materia, risalente al 2016. Da sei anni a questa parte sono state effettuate diverse revisioni della normativa pertinente, ad esempio l’introduzione del controllo degli allergeni e della cultura della sicurezza alimentare quali requisiti previsti nel Regolamento (CE) n. 852/2004 (2) da parte del Regolamento (UE) 2021/382 e delle norme internazionali (ad esempio la revisione della norma ISO 22000 e del documento General principles of food hygiene del Codex Alimentarius nonché l’adozione del Code of Practice on Food Allergen Management for Food Business del Codex Alimentarius).

Lo scopo del documento di orientamento è facilitare e armonizzare l’applicazione dei requisiti dell’UE in materia di corrette prassi igieniche (GHP) e di procedure basate sui principi del sistema dell’analisi dei pericoli e punti critici di controllo (HACCP) (procedure basate sul sistema HACCP) nell’ambito dei sistemi di gestione per la sicurezza alimentare (FSMS), offrendo orientamenti pratici. Particolare attenzione è evidenziata nel punto 3.3 pagina 14, v.i. le sostanze chimiche (ad esempio i biocidi utilizzati per la lotta ai roditori) non devono essere utilizzate per monitorare l’insorgenza di infestazioni, ma solo per le attività di lotta contro gli animali infestanti. Si chiede pertanto una maggiore attenzione nelle procedure inserite nei vari contratti di appalto e, qualora inserite, di volerne modificare l’operatività attenendosi sempre alle indicazioni presenti in etichetta fonte: (A.N.I.D. Associazione Nazionale delle Imprese di Disinfezione, disinfestazione.org).

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Nuovo regolamento europeo su attuazione sistemi gestione sicurezza alimentare corrette prassi igieniche e procedure HACCP
Professionisti nella Filiera della Carne dal 1950 Innovazione & Tradizione Qualità & Sicurezza Azienda certificata IFS e BRC www.indalsrl.com

Tutte le medaglie della World Steak Challenge 2022

La prestigiosa World Steak Challenge, giunta alla sua 8a edizione, lo scorso 28 settembre è tornata a mettere a confronto una selezione di carni tra le più pregiate sul mercato internazionale. Patria dell’evento per il terzo anno consecutivo è stata Dublino, con una concentrazione di “Naturalmente carnivori” che raramente si riesce ad avere! Si tratta infatti del primo evento al mondo che offre

a produttori, grossisti e retailer una piattaforma internazionale di prestigio dove raccontare le caratteristiche del proprio prodotto, non solo e soltanto per la qualità all’assaggio, ma anche per le tecniche di allevamento, la scelta della razza e gli elevatissimi standard di lavorazione delle carni. La competizione offre inoltre ai partecipanti l’opportunità di coinvolgere i consumatori promuovendo i benefici

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Il controfiletto di Wagyu giapponese “Akune Gold” della Starzen Co. premiato come World’s Best Steak, World’s Best Sirloin e World’s Best Grain-fed. Le vittorie conseguite nella World Steak Challenge sono spesso messe in evidenza sui pack di prodotto, segno distintivo di una qualità certificata da un panel di giudici internazionali.

2022 World’s Best Steak / Produttore

• World’s Best Steak, World’s Best Sirloin, World’s Best Grain-fed Starzen Co. (www.starzen.co.jp)

Taglio: controfiletto Alimentato a cereali Paese: Giappone

• World’s Best Fillet MFC Carni (www.mfccarni.com)

Taglio: filetto Alimentato a cereali Paese: Polonia

• World’s Best Grass-fed Linden Foods per M&S – Marks & Spencer (www.lindenfoods.com)

Taglio: costata Alimentato a erba Paese: Irlanda

• World’s Best Rib-Eye Albers GmbH Jack’s Creek (www.albersfood.de)

Taglio: costata Alimentato a cereali Paese: Australia

La World Steak Challenge (WSC) è organizzata ogni anno da William Reed Business Media (WRBM9) e vanta un panel di oltre cinquanta giudici internazionali, stimati e riconosciuti professionisti del mondo delle carni, tra i quali i nostri Giorgio Pellegrini di Milano e Francesco Camassa di Grottaglie (TA), che hanno avuto il compito di valutare ogni singola steak.

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Filetti: ori (azienda produttrice e provenienza carne)

MFC Carni (Polonia) – Carnes Pampeanas Al Fuego (Argentina) – Devesa Azul Natural Beef (Australia) – Albers GmbH & Jack’s Creek (Australia) – Stone Axe Pastoral (Australia) – Classic Fine Foods (Australia) – Norland by Danish Crown (Danimarca) – MFC Carni (Danimarca) - Linden Foods & Marks & Spencer (Inghilterra) – Aldi UK (Inghilterra) – Birtwistle Catering Butchers (Inghilterra) – Dunbia (Inghilterra) - JN Meat International (Finlandia) – Norland Heifer by Danish Crown (Germania) – Ashbourne Meats (Irlanda) – ABP Ireland (Irlanda) – Farmhousegrocer. ie and Ashdown Park and Amber Springs Hotels (Irlanda) – Musgrave SuperValu (Irlanda) – Starzen Co. (Giappone) – Dierendonck Butchery (Olanda) – Lidl (Scozia).

Costate: ori (azienda produttrice e provenienza carne)

Linden Foods and Marks & Spencer (Irlanda del Nord) – Albers GmbH & Jack’s Creek (Australia) – Devesa Azul Natural Beef (Australia) – Stone Axe Pastoral (Australia) – Classic Fine Foods (Australia) – Rudolf Großfurtner GmbH (Austria)

– OSI Europe Foodworks & Alpenrind (Rep. Ceca) – Norland by Danish Crown (Danimarca) – MFC Carni (Polonia) – Pickstock Telford (Inghilterra) – ABP (Inghilterra) – Aldi UK (Inghilterra) – Waitrose & Partners (Inghilterra) – Dunbia (Inghilterra)

– JN Meat International (Finlandia) – Vion Food Group (Germania) – Donaumoos Angus (Germania) – Attenberger Fleisch (Germania) – Norland by Danish Crown (Germania) – ABP Ireland (Irlanda) – ABP Ireland & ABP Cahir (Irlanda) – ABP Ireland & Aldi Ireland (Irlanda) – Dawn Meats (Irlanda) – James Whelan Butchers (Irlanda) – Kettyle Irish Foods (Irlanda) – Carnimex (Giappone) – Starzen Co. (Giappone) – ANZCO Foods (Nuova Zelanda) – Alliance Group (Nuova Zelanda) – OSI Europe Foodworks & OSI Foodworks Poland (Polonia) – Hilton Food Solutions (Polonia) – ABP Poland (Polonia) – John Gilmour Butchers (Scozia) – MFC Carni (Spagna) – MFC Carni (Svezia) – Carnimex (Uruguay)

Controfiletti: ori (azienda produttrice e provenienza carne)

Starzen Co. (Giappone) – Rellman Foods (Argentina) – Teys Australia Pty (Australia) – Albers GmbH & Jack’s Creek (Australia) – Stone Axe Pastoral (Australia)

– Linden Foods and Marks & Spencer (Inghilterra) – ABP (Inghilterra) – Aldi UK (Inghilterra) – Waitrose & Partners (Inghilterra) – Birtwistle Catering Butchers (Inghilterra) – Dunbia (Inghilterra) – JN Meat International (Finlandia) – Norland Heifer by Danish Crown (Germania) – ABP Ireland & Aldi Ireland (Irlanda) – ABP Ireland & Esselunga Italy (Irlanda) – First Light Farms (Nuova Zelanda) – ANZCO Foods (Nuova Zelanda) – Linden Foods and Marks & Spencer (Irlanda del Nord) – OSI Europe Foodworks & OSI Foodworks Poland (Polonia) – John Gilmour Butchers (Scozia) – Carnimex (Uruguay)

del consumo di carne come parte di una dieta sana ed equilibrata. L’edizione 2022 ha avuto come partner ufficiale BORD BIA, ente

di Dublino, riconosciuta come Global Steakhouse of the Year 2020, che ha ospitato la giuria. «Eravamo entusiasti di tornare a Dublino per il WSC 2022», ha dichiarato LOR RAINE H ENDLE , Managing Director Retail, Manufacturing & Hospitality di WILLIAM REED BUSINESS MEDIA, la società che si occupa anche dell’International Wine Challenge e del World’s 50 Best Restaurants. «Il WSC rappresenta una tra le competizioni più importanti, se non la più importante, per i produttori di carne che vi prendono parte e che possono confrontarsi e mettersi alla prova contro concorrenti provenienti da tutto il mondo, promuovendo il proprio brand in un contesto di carattere internazionale».

Categorie di prodotto

Anche quest’anno le categorie di prodotto erano 6, per 6 tagli di eccellenza:

• World’s Best Sirloin (Miglior controfiletto al mondo);

• World’s Best Rib-Eye (Miglior costata al mondo);

• World’s Best Fillet (Miglior filetto al mondo);

• World’s Best Grain-fed (Miglior bistecca di carne da allevamento a cereali al mondo);

• World’s Best Grass-fed (Miglior bistecca di carne da allevamento a erba al mondo);

• infine, il titolo di World’s Best Steak , la migliore bistecca al mondo.

Al termine delle analisi e valutazioni i giudici internazionali hanno assegnato le medaglie d’oro, d’argento e di bronzo.

Giuria internazionale e indipendente

governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari irlandesi, e la collaborazione della FIRE Steakhouse

Dal 2015, per la WSC sono state valutate oltre 1.000 bistecche: assaggiate, testate e giudicate attraverso un processo di valutazione indipendente. I giudici di provenienza internazionale sono chiamati a valutare il prodotto sia crudo che cotto. Per il crudo si analizzano aspetto, profumo, colore, marezzatura e consistenza del grasso. Anche per il prodotto cotto si valutano l’aspetto, il pro-

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fumo, la tenerezza, il sapore e la succulenza delle carni. La prima fase di giudizio è puramente tecnica: i punteggi vengono sommati e tutte le bistecche che raggiungono un livello superiore al massimo standard riceveranno una medaglia d’oro come attestazione della migliore qualità ottenibile. A coloro che non raggiungono il massimo standard spettano le medaglie d’argento e, a seguire, le medaglie di bronzo. Tutti i vincitori hanno il diritto di utilizzare i loghi ufficiali delle medaglie d’oro, argento o bronzo sui pack e in ogni contesto di comunicazione e promozione dei propri prodotti.

I vincitori della medaglia d’oro col punteggio più alto di ogni categoria passano alla seconda fase di giudizio, che determina i vincitori di categoria. Anche qui il giudizio è indipendente e monitorato in ogni singola fase.

Nel corso del processo di valutazione tutte le bistecche sono codificate per impedire che il nome del produttore e del Paese di origine non siano rivelati fino al

A parte il forte impatto mediatico che le carni partecipanti al WSC esercitano a livello di comunicazione e social, uno tra gli aspetti più interessanti di questa competizione sta proprio nel far giudicare le proprie carni da un panel internazionale, mettendo così a punto un benchmark nel proprio business globale. I riconoscimenti offrono inoltre ai partecipanti l’opportunità di interagire coi consumatori, promuovendo il consumo di carne proveniente da allevamenti e da filiere accreditate e sostenibili.

completamento delle Fasi 1 e 2. In questa sfida non è prevista una data di maturazione minima o massima per i prodotti in gara.

>> Link: worldsteakchallenge.com facebook.com/ WorldSteakChallenge instagram.com/ worldsteakchallenge

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Il nuovo concept di Danish Crown vince l’oro al WSC 2022

Nove medaglie d’oro alla World Steak Challenge 2022: a conclusione dell’evento internazionale di Dublino, Danish Crown Beef può ben dire di produrre alcune delle migliori bistecche al mondo. In totale, infatti, Danish Crown ha ottenuto nove ori per le bistecche portate alla Challenge tutte provenienti dal nuovo concetto di bovini da carne Norland, che è stato recentemente lanciato in Germania e in Italia.

L’obiettivo di Norland è quello di fornire al cliente, soprattutto foodservice e Ho.Re.Ca, settori in cui la possibilità di offrire un prodotto qualitativamente omogeneo su più consegne è di fondamentale importanza, un prodotto nel quale ogni singolo taglio all’interno di una spedizione sia in grado di soddisfare pienamente i medesimi elevati standard qualitativi, che garantisca lo stesso ottimo risultato ogni volta che lo si prepara.

Nordland significa carne bovina proveniente solo da giovani scottone tra i 18 e i 42 mesi di età, carne soda ma delicata, con una struttura succosa e compatta. I tagli sono tutti selezionati a mano da macellai esperti, garantendo così un’alta qualità del prodotto e una maturazione di almeno tre settimane. La carne di scottona offre un’alternativa più delicata rispetto alla carne bovina maturata. La sua carne è più magra del manzo dry-aged e più strutturata del marbled beef

«È sempre fantastico quando altre persone affermano che i nostri prodotti sono tra i migliori ed è ancora più bello quando vengono giudicati da una giuria esperta, in diretta concorrenza con i nostri colleghi danesi e stranieri. Il fatto che i nostri prodotti siano stati giudicati in un modo estremamente positivo ci dice molto sul livello generale della nostra produzione. Non si raggiunge un livello così alto dal nulla. Sappiamo dai nostri clienti dei negozi e dei ristoranti che è qualcosa che anche i consumatori apprezzano. Questo dà loro una maggiore sicurezza nella scelta della carne» ha dichiarato Finn Klostermann, CEO di Danish Crown Beef.

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Esplora Norland
Per ulteriori informazioni contattare: • Jacob Xrenlund, Senior Director Marketing & Innovation presso Danish Crown Beef (telefono: +45 24257749) • Costantino Costa, Director Beef Division (telefono: +41 916957081)
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World Steak Challenge 2022: la carne irlandese si aggiudica 15 medaglie d’oro

BORD B IA , l’ente governativo per la promozione del Food & Beverage irlandese, ha fatto da partner ufficiale nell’organizzazione della tanto attesa World Steak Challenge, la due giorni dedicata alla miglior bistecca del mondo giunta alla sua 8a edizione. A farla da padrone quest’anno è stato un Wagyu giapponese, incoronato vincitore assoluto non solo con il titolo di “Migliore bistecca del mondo” ma anche di “Miglior controfiletto del mondo” e “Migliore carne

di manzo Grain-fed”. Ma il maggior numero di medaglie complessive va ancora una volta all’Irlanda, con un totale di 54 medaglie, 15 delle quali d’oro.

Un vero successo a riprova del fatto che la carne irlandese, tenera e succosa, sia davvero apprezzata non solo nel nostro Paese ma anche da consumatori e, soprattutto, da esperti del settore di tutto il mondo. Dopo l’Isola di Smeraldo, troviamo l’Inghilterra con 36 medaglie totali e la Finlandia con 28.

In particolare, una medaglia d’oro è andata al controfiletto di Angus di ABP Ireland per Esselunga, ora a tutti gli effetti tra i migliori controfiletti al mondo. Il merito dei pregi della carne irlandese è da attribuire al metodo di allevamento Grass-fed, che applica ancora oggi pratiche tradizionali tramandate nel corso degli anni nel pieno rispetto del benessere animale e in armonia con la natura. La carne irlandese, infatti, mantiene un gusto unico e inimitabile e costituisce un prodotto

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Lo
chef
Richie Wilson, Culinary Director del FIRE Steakhouse & Bar sito nel centro di Dublino e per la terza volta
sede dell’evento. Nel 2020 e nel 2021 il locale è stato premiato come
“Best Luxury Steakhouse Globally”.

I tagli crudi sottoposti al giudizio della giuria.

di prima qualità facilmente riconoscibile per il colore rosso borgogna della sua polpa ricca di vitamine, e per il grasso dorato che la ricopre.

MARK ZIEG, Beef Sector Manager di Bord Bia, ha dichiarato: «Siamo orgogliosi di dare il benvenuto ai produttori di tutto il mondo in Irlanda, dove l’allevamento al pascolo e le pratiche sostenibili sono fondamentali per il nostro settore. Esportiamo il 90% della

nostra carne bovina in oltre 50 mercati di tutto il mondo, fino al Giappone e agli Stati Uniti, per cui è molto importante far conoscere la nostra realtà ed essere riconosciuti sulla base della qualità e del gusto.

Un evento come la World Steak Challenge, con produttori, chef e giudici di alto livello, riteniamo che sia l’occasione ideale per condividere i nostri valori nella produzione di carne bovina di alta qualità».

Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria Food & Beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2021 le esportazioni dell’industria Food & Beverage irlandese sono arrivati a quota 13,5 miliardi di euro, con una crescita del +4% in più rispetto all’anno precedente. L’Italia rappresenta uno dei mercati più importanti per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, nel 2021, a 170 milioni di euro e una crescita dell’1%.

Eurocarni, 11/22 87 PROGETTAZIONE E FORNITURA IMPIANTI E MACCHINARI PER INDUSTRIE ALIMENTARI • CONSULENZA • PROGETTAZIONE • COSTRUZIONE • INSTALLAZIONE • ASSISTENZA UNIMEAT S.r.l. Via Posta Vecchia 65 41037 Mirandola (MO) – Italia Tel + 39 0535 658238 Fax + 39 0535 410019 info@unimeat.it – www.unimeat.it
>> Link: www.irishbeef.it

Gli allevamenti puntano all’abbattimento delle emissioni

Produrre più carne, soprattutto nelle aree del mondo dove si registra ancora carenza di proteine animali nell’alimentazione, impattando di meno sull’ambiente : è la grande sfida che sta affrontando il mondo delle produzioni zootecniche nella cornice degli impegni globali assunti

da 197 Paesi dopo la conferenza sui cambiamenti climatici Cop 26

Il settore agricolo ha un impatto minoritario sulle emissioni mondiali, dell’ordine del 14%, ma gli allevamenti contribuiscono in modo significativo, soprattutto per quanto riguarda le emissioni di metano. Da qui l’impegno del settore

per ridurre gli impatti. Ne parliamo col PROF . C ARLO A NGELO S GOIFO ROSSI, ordinario del Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali dell’Università di Milano, pioniere in Italia degli studi sugli impatti ambientali della zootecnia in generale e dell’allevamento bovino in particolare.

Eurocarni, 11/2288 INTERVISTE
Nell’alimentazione una delle chiavi per ridurre gli impatti del metano è attraverso gli integratori naturali. EFA News intervista il prof. Carlo Angelo Sgoifo Rossi, del Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali Università di Milano
Carlo Angelo Sgoifo Rossi in un allevamento di Piemontese (photo © www.instagram.com/carlonesilversurfer).

«In Italia siamo più virtuosi perché il contributo della zootecnia sulla emissioni è di circa il 7% del totale, ma c’è comunque uno sforzo collettivo per migliorare da parte di tutti i soggetti delle filiere», spiega il prof. Sgoifo Rossi. «Premetto che gli studi più recenti sul carbonio biogenico hanno dimostrato che la componente del metano rende le emissioni di CO2 di origine animale molto diverse da quelle originate dai trasporti o dai processi industriali, in quanto rientrano nel ciclo naturale in pochissimo tempo. Ciò detto, si può intervenire in vari modi per contenere e limitare le emissioni di metano, a cominciare dal miglioramento dell’efficienza produttiva a parità di input (alimentazione, numero di animali presenti in allevamento, uso dell’acqua, ecc…): lavorando su questi parametri si migliora la produzione senza aumento di risorse e si crea un allevamento migliore dal punto di vista del benessere animale».

Ci sono altre possibilità di intervenire?

«Un argomento su cui stiamo lavorando da 15 anni è quello dell’ottimizzazione delle fermentazioni animali (il professor Sgoifo Rossi è titolare di un corso su Alimentazione e impatto ambientale, NdR).

I ruminanti hanno la meravigliosa capacità di trasformare la fi bra vegetale, cosa che nessun animale monogastrico può fare in modo efficiente, con un processo che comporta la produzione di protoni H+ che si formano dalla degradazione della componente fibrosa e che devono necessariamente essere eliminati per la salute dell’animale. Qui nasce la produzione di metano. Ma, attraverso un corretto bilanciamento delle diete, si può ridurre la produzione di questo gas nel pieno rispetto della salute dell’animale.

Va detto che gli allevamenti confinati o protetti, dove c’è la massima ottimizzazione della gestione alimentare, con un equilibrato utilizzo della componente fibrosa, sono meno impattanti rispetto al pascolo, dove la produzione è decisamente meno efficiente.

In questo tipo di allevamento, peraltro il più diffuso, si possono applicare delle strategie che, utilizzando complementi alimentari naturali, riescono a modulare le popolazioni microbiche che si trovano all’interno del rumine e che svolgono il processo di fermentazione di ciò che viene ingerito.

L’80% di quello che un ruminante mette in bocca viene completamente rimodellato nel rumine e intervenendo sulle fermentazioni si riesce effettivamente a ridurre la metanogenesi nel pieno rispetto della salute dell’animale. In pratica, si favoriscono delle popolazioni batteriche che sono solo positive, sia in termini di nutrimento per l’animale sia per le componenti che possono essere fastidiose per animale e ambiente».

Può fare qualche esempio di questi complementi per l’alimentazione? Come funzionano?

«Ci sono sul mercato diversi prodotti, ma sono pochi quelli con validazione ambientale, come Rumitech, Agolin e Anavrin. Su quest’ultimo, in particolare, abbiamo riscontrato un’efficacia importante con studi che ormai hanno vent’anni e hanno visto coinvolti ricercatori di molte università. Si tratta di una combinazione sinergica di oli essenziali, tannini e bioflavonoidi selezionati appositamente per supportare e migliorare la funzione del rumine. Gli studi hanno evidenziato che delle componenti vegetali naturali contenuti in Anavrin, nello specifico degli oli essenziali, sono in grado di trovare l’equilibrio ideale per ridurre la produzione di metano ottimizzando l’efficienza digestiva, migliorando al contempo il benessere dell’animale. Questo mix di oli comprende oli di geranio, tannini di castagno, coriandolo e una componente importante di bioflavonoidi dell’olivo. Sono elementi con capacità antiossidanti in grado di ridurre lo stato pro-infiammatorio dell’animale che fanno bene alla salute e la cui combinazione dà risultati molto positivi. Il nostro Dipartimento di Medicina Veterinaria

e Scienze Animali di Milano, come pure varie università internazionali, ha fatto diverse indagini su questo prodotto con risultati univoci: una riduzione delle emissioni di metano che va da valori minimi del 13% fino addirittura a valori del 25%, insieme ad un aumento di produzione di carne e latte e risvolti positivi in termini di salute dell’animale. In sintesi, incremento delle performance dell’animale, una minore assunzione di materia secca, miglior benessere del ruminante e, ultima ma non ultima, una riduzione consistente delle quantità di metano emesse in atmosfera: sono questi i vantaggi di Anavrin».

Si sta diffondendo l’uso di questi prodotti? È possibile quantificare numericamente i benefici per l’ambiente derivanti dalla riduzione di emissioni?

«L’utilizzo si sta diffondendo molto. Ritengo che al momento ci siano già 70-80.000 bovini che lo stanno assumendo solo in Italia. Considerati i risultati positivi sotto tutti gli aspetti, l’uso è destinato a crescere. Anche perché Anavrin ha ricevuto una validazione ufficiale da Carbon Trust, l’autorevole ente di riferimento internazionale, che ha riconosciuto che Anavrin, in base ai risultati di test e prove realizzate in laboratorio e nelle stalle, può ridurre le emissioni nei ruminanti. Misurare le emissioni allevamento per allevamento è impossibile, ma si può procedere con la metodica del Life Cycle Assessment comprendente le regole PCR–Product Category Rules che l’Europa, dal 2013, ha fatto evolvere nelle Product Footprint Category Rules, ossia un sistema serio e riconosciuto dalle istituzioni per raccogliere e confrontare i dati.

Mi fa piacere ricordare che la prima azienda in Europa ad aver realizzato un calcolo serio degli impatti è italiana. In questo contesto, gli allevatori (che sono migliaia) che conferiscono gli animali all’azienda e utilizzano un prodotto come Anavrin rendono realmente virtuosa e misurabile la filiera italiana (fonte: EFA News – European Food Agency, www.efanews.eu).

Eurocarni, 11/22 89

La Pecora della Val Senales

Il termine transumanza ha il sapore di altri tempi. Evoca mondi e tempi lontanissimi, di genti e animali in viaggio per giorni alla ricerca di pascoli, rade, alpeggi in grado di assicurare la sopravvivenza. Buona parte dello scambio di culture è avvenuto nei secoli per mezzo delle transumanze: la civiltà è nata con la pastorizia e la transumanza è stato il modello di allevamento prevalente almeno

sino a metà Ottocento. La lenta marcia degli ovini fu anche il punto di partenza della finanza attuale e culla della cultura commerciale. Basta ricordare che la nascita del Monte dei Paschi di Siena nel 1472 fu il primo considerevole effetto delle ingenti risorse economiche che affluivano nelle casse dello Stato senese a seguito dell’emanazione dello Statuto della Dogana dei Paschi Maremmani.

Oggi che tutto questo sembra appartenere (almeno per alcuni) al passato, fa clamore sapere che vi sono ancora greggi di oltre 2.500 pecore che ogni anno superano frontiere e ghiacciai alla ricerca di ricche pasture. Accade in Val Senales, una delle vallate altoatesine dove le tradizioni sono più radicate. La seconda domenica di giugno i proprietari di pecore della Val Venosta e di Senales, una trentina,

Eurocarni, 11/2290 RAZZE

In alto: lo chef Helmut Raffeiner del ristorante dell’Hotel Oberraindlhof. I piatti da provare qui? Sicuramente la pasta della Val Senales (Schnalser Nudeln) con ragù d’agnello, agnello arrosto, fegato e rognone d’agnello. A sinistra: in Val Senales non si contano le storie che hanno per protagoniste le pecore. Da sempre questi docili animali sono estremamente utili ai contadini per affrontare la dura vita di montagna. Perfettamente integrate nella regione alpina, sui pascoli d’alta montagna le pecore della Val Senales si nutrono del miglior foraggio biologico, ricco di minerali ed erbe aromatiche (photo © 2014 Roman Gurschler).

raggruppano gli animali al lago di Vernago dopo averli marcati con colori o lettere per renderli riconoscibili. Da qui si parte alla volta della valle di Vent, con una pausa al rifugio Bella Vista a 2.845 metri, a pochi passi dal confine tra Italia e Austria. «L’usanza vuole che i pastori consumino una zuppa d’orzo prima di ripartire» confida il gestore

PAUL GRÜNER. Al corteo partecipano i capofamiglia che hanno conferito

le pecore a MARKUS GURSCHLER, che le governa durante i mesi estivi. «È lì tra i ghiacciai, dove uno crede che non ci sia più nulla, che talvolta il prato si tinge di blu perché spuntano fiori a non finire. E le pecore brucano solo il meglio», spiega.

Nel dicembre 2019 la tradizione della transumanza è stata inserita nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO e l’adesione della Val Senales, dove da sempre

i pastori la praticano, si è rivelata un’importante opportunità turistica.

La transumanza ha come protagonista la Pecora della Val Senales, razza da carne e lana, che deriva dagli ovini di razza Bergamasca e da altre razze autoctone, spesso incrociate con le slovene Jezersko e Sol č avska, tipiche delle terre orientali che appartenevano al dominio degli Asburgo prima del conflitto mondiale. Ha una taglia

Eurocarni, 11/22 91

media, un vello di colore prevalentemente bianco o bianco paglierino, talora macchiettato di nero. Ha un’elevata prolificità e un buon istinto materno. Può essere allevata esclusivamente al pascolo: questa è la sua caratteristica più importante, ma anche ciò che la rende meno competitiva sul mercato. La sua alimentazione, costituita dalle erbe dei pascoli polifiti della valle, ricchi di minerali, è integrata esclusivamente con foraggi e cereali locali.

Se negli anni Sessanta la pecora della Val Senales era la principale razza allevata in provincia di Bolzano, impiegata per la produzione di lana e carne specie nei villaggi della Val Venosta, della Val Solda e della Val Martello, oggi la sua popolazione è in forte declino, e nella valle si contano circa 1.500 capi, con una media che va dai 5 a un massimo di 40 capi nei circa 60 masi che la ospitano.

Sabato 10 e domenica 11 settembre i pastori e le greggi hanno compiuto il tradizionale viaggio in senso opposto con festa finale e arrivo rispettivamente a Vernago e a Maso Corto. Fino al 25 settembre i 15 ristoranti e locande della Val Senales hanno invece proposto i piatti di carne di agnello e l’acquisto delle ipotsch, le pantofole di feltro realizzate con la lana delle pecore della Val Senales. Da segnarsi per le prossime manifestazioni l’Oberraindlhof (telefono: 0473 679131, www.oberraindlhof.com), dove HEL MUT RAFFEINER ha proposto l’arrosto tradizionale di agnello, il Golden Rose di Certosa col petto d’agnello confit e il Rifugio Bellavista con le specialità affumicate di pecora.

Nel Maso Schroflhof, alto su Monte Santa Caterina, all’ingresso della valle, FLORIAN KNEISSL, macellaio contadino, con la carne delle pecore produce salsicce da bollire e salsicce leggermente affumicate con fumo di larice e ginepro.

Riccardo Lagorio

Nota

Si possono acquistare manufatti di lana e feltro presso: Associazione Turistica Val Senales, frazione Certosa 62, telefono: 0473 679148.

Eurocarni,

11/2292
In alto: Florian Kneissl. In basso: rognoncino e fegato d’agnello al Ristorante Oberraindlhof.
Contatti Via Carrara Arginiello, 1/4– 48022 Lugo (RA) Telefono: 0545 291283 – info@soaservice.it soaservice@pec.it – www.soaservice.it SOA Service SOA Service opera in 4 settori: •Farine e grasso colato • • • NEL VALORIZZARE IL TUO SOTTOPRODOTTO DI ESPERIENZA ANNI Farine e grasso colato Stoccaggio e trasporto di materie animali destinate a diventare farine e grassi Pet Food Recupero di scarti e contributo nella creazione del pet food per animali Industria oleochimica Recupero degli scarti animali Fertilizzanti Recupero di scarti di origine animale per partecipare alla realizzazione di fertilizzanti

La Pecora dagli occhiali, principessa della Val di Funes e protagonista del progetto Furchetta

Una piccola pecora sta cambiando il turismo di una valle altoatesina, un caso da manuale di come una filiera gastronomica, se ben orchestrata, possa mutare le sorti di una comunità rurale piuttosto isolata, lontana dalle grandi via di comunicazione. Il caso arriva dalla Val di Funes e lei, la principessa, è la Pecora dagli occhiali, Villnösser Brillenschaf nella

“lingua” di una valle che è terra natale del famoso scalatore REIN HOLD MESSNER. Un cognome che “monopolizza” la piccola comunità di Funes e infatti un protagonista della storia è un altro MESSNER, di nome OSKAR, lo chef del ristorante Pitzock e responsabile del Progetto Furchetta per lo sviluppo della filiera della Pecora dagli occhiali, i cui prodotti rientrano anche nel

circuito Slow Food (pitzock.com). Dietro al progetto, sostenuto dal Fondo Sociale Europeo, troviamo due soci, KURT NIEDERSTÄTTER e STEFAN UNTERKIRCHER, i quali condividono l’obiettivo di sopravvivenza di questa razza ovina caratterizzata da una bella “montatura” nera sul mantello bianco intorno agli occhi e allevata da circa 50 contadini in tutto l’Alto Adige.

Eurocarni, 11/2294

Il progetto nato nel 2009 due anni dopo è stato battezzato col presidio Slow Food, di cui Messner è responsabile di condotta per i prodotti ottenuti da questa razza ovina che fu incrociata nell’Ottocento con la Bergamasca e la Padovana, animali molto produttivi per la lana, materia prima grezza che era un’importante fonte economica in Val di Funes.

La Padovana sparì negli anni ‘60 con l’abbandono della lavorazione laniera ma ne ritroviamo tracce, appunto, nella Pecora con gli occhiali, una razza dalla carne tenera, fine, saporita, delicata e poco grassa, alimentata al pascolo con erba di montagna e in alpeggio d’estate, durante l’inverno in stalla con fieno autoprodotto. Una razza di montagna, leggera e agile, adatta al territorio di cui esistono in Trentino Alto Adige circa 3.000 capi, più un’ottantina della rara variante di Pecora con gli occhiali dal “mantello nero”, un tempo allevata per la lana utilizzata nella tessitura del loden.

Attraverso il Progetto Furchetta è garantito ai contadini della rete l’acquisto ad un prezzo equo di carne e lana. Dai 50 coltivatori (25 in Val di Funes) sono acquistati 400-500 agnelli l’anno, garantendo l’acquisto di tutto quanto intendono vendere come garanzia economica

A pagina 94: Bernhard Profanter, allevatore di Pecore dagli occhiali della Val di Funes nella sua stalla al Maso Blosegghof. In alto: rare Pecore “nere” dagli occhiali. In basso: lo chef Oskar Messner, responsabile del Progetto Furchetta per la Pecora dagli Occhiali della Val di Funes con Bernhard Profanter.

per mantenere l’allevamento (90100 euro un agnello).

Sono per lo più agricoltori che fanno un altro lavoro, soltanto 5 masi vivono interamente delle loro attività e prodotti; piccoli e medi allevatori, con un range da 5 a 120 pecore a testa. Ad esempio l’allevatore BERNHARD PROFANTER, nel suo

maso Blosegg Hof, a San Pietro di Funes, alleva 65 pecore ma come primo impiego lavora in Autostrade per l’Italia: «È una passione che mi consente di mantenere vivo il maso, ma non potrei sopravvivere di solo allevamento», ci dice.

«Inizialmente — ci racconta Oskar Messner — come cuoco ero

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interessato prevalentemente alla carne degli agnelli ma ora stiamo sviluppando anche il settore della lana, con un progetto di formazione di tre signore del paese di Funes, le quali hanno ripreso a fare l’uncinetto e realizzano accessori d’abbigliamento a logo Furchetta, tra cui un berretto misto di lana bianca e nera. La lana è inoltre venduta a un prezzo concordato ed equo all’azienda di abbigliamento tecnologico Saleva, di Bolzano, che la utilizza per i rivestimenti interni dei suoi capi da montagna e tecnico sportivi» puntualizza Messner. Così i 50 allevatori riescono a vendere circa una tonnellata di lana l’anno, che prima andava invece in smaltimento come rifiuto speciale e per di più a pagamento... «Quando acquistiamo i capi indichiamo in scontrino il prezzo per la carne e quello della lana, per dare valore anche alla seconda».

Poi, ovviamente, c’è la cucina. La tenera carne dell’agnello con gli occhiali è protagonista di tanti piatti al ristorante Pitzock, ad esempio del ragù e dello stinco con risotto alle erbe aromatiche. Lo chef utilizza solo agnello perché la pecora adulta ha sapore selvatico; era infatti una razza da lana.

La stessa materia prima è poi usata da Messner per farne insaccati

artigianali — salame e Affumelli, dei salamini affumicati — a partire da carni miste (65% agnello, 30% vacca Grigia alpina). Gli agnelli sono portati al macello di Bressanone e la carne è trasformata in salumi da un macellaio. Sono venduti in una coop svizzera e in alcuni negozi in Val di Funes, oltre che al ristorante. La carne è distribuita anche ad altri chef e cucine stellate dell’Alto Adige. «Col progetto non ci abbiamo guadagnato, però abbiamo coperto

A sinistra: salame, ragù e salamini d’Agnello dagli occhiali della Val di Funes del Progetto Furchetta. In basso: stinco di Agnello dagli occhiali della Val di Funes su risotto alle erbette all’Osteria Pitzock di Funes (BZ).

i costi d’investimento — sottolinea Oskar Messner — ma siamo contenti, è molto più che vendere un prodotto, ormai la pecora è diventata un elemento d’attrazione turistica e gastronomica, c’è gente che viene qui con l’idea di assaggiare i piatti. E anche il nostro ristorante va meglio».

Nota

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Photo © Massimiliano Rella.
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L’Agnello delle Dolomiti lucane

Storia e legame con il territorio

L’ allevamento ovino e caprino in Basilicata ha origini molto antiche rappresentando una risorsa fondamentale per l’economia agricola, in particolare della montagna. La popolazione indigena degli Enotri che abitava le zone interne della regione praticava la pastorizia e la trasformazione del latte, come testimoniato da due oggetti conservati presso il Museo archeologico nazionale di Grumento Nova (PZ): una formaggetta in terracotta, avente la striatura tipi-

ca dell’attuale canestrato, e una grattugia in bronzo risalente al IV secolo a.C.

Anche al tempo della conquista romana gli allevamenti ovini avevano ampia diffusione e si addensavano in prossimità della via Appia, che costituiva l’asse portante di una fitta rete di tratturi tra la Puglia e le alture della Basilicata, dove gli armenti venivano portati durante l’estate per lo sfruttamento dei pascoli in quota.

Negli ultimi decenni, gli allevamenti ovicaprini sono diminuiti;

ciò nonostante, il numero degli animali ad oggi ammonta ad oltre 250.000 ed ha ancora un ruolo fondamentale nell’economia del territorio lucano. Nelle aree collinari e di pianura, a prevalente utilizzazione agricola, rappresenta una forma di utilizzazione delle aree marginali, incolte, o dei maggesi e delle stoppie.

La carne d’agnello, per la tipologia di allevamento prevalentemente allo stato brado e per la salubrità dell’ambiente in cui si pratica, rappresenta uno dei prodotti più sani e sicuri. La tracciabilità e l’indicazione dell’origine delle carni rappresentano due punti nodali per la valorizzazione delle produzioni locali e per la sicurezza dei consumatori. Sempre più spesso, infatti, vengono commercializzate come locali carni di agnello provenienti da altri territori o dall’estero che, per raggiungere le nostre tavole, hanno effettuato lunghissimi viaggi in carri bestiame, con notevoli stress che inevitabilmente ne compromettono la qualità.

Per tutelare le produzioni locali nasce il marchio “Agnello delle Dolomiti lucane” per iniziativa del GAL Basento – Camastra in collaborazione con l’Associazione Provinciale Allevatori (www.arabasilicata.it). Attualmente il marchio è detenuto dalla Cooperativa Edere Lucanum, che riunisce aziende zootecniche della collina e montagna lucana.

Al fine di offrire garanzie sull’origine e tracciabilità delle produzioni l’Agnello delle Dolomiti lucane ha aderito al marchio Italialleva mes-

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Da risorsa per l’utilizzo delle aree marginali a PAT, Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Basilicata. Una quarantina le imprese interessate nella filiera
La
razza
denominata“Agnello delle Dolomiti lucane”
è una varietà ovina
della
Basilicata, inserita nell’elenco dei prodotti italiani tutelati dal marchio
PAT.

so in campo da AIA – Associazione Italiana Allevatori, che attraverso i tecnici del Sistema Allevatori controlla e segue gli imprenditori agricoli lungo tutta la filiera. La cooperativa è costituita ad oggi da circa 25 soci e da 15 soggetti terzi per un totale di 40 allevatori, ubicati sia nella provincia di Potenza che in quella di Matera.

Descrizione della razza e dell’allevamento L’agnello delle Dolomiti lucane appartiene al ceppo Merinos, una razza rustica a prevalente impiego per la produzione di carne, originaria della Spagna centro-meridionale con incroci di ovini nordafricani e rinomata altresì per la finezza della lana (18-26 micron), caratterizzata per essere bianca e senza peli scuri.

La taglia della razza è mediogrande, con il vello che ricopre completamente il tronco, compresa la fascia ventrale, ed il collo. In Basilicata viene destinata principalmente alla produzione dell’agnello leggero, svezzato a 6-7 settimane di vita con peso alla macellazione di 15-20 kg.

La produzione dell’agnellone o agnello pesante è molto limitata, a causa della domanda assai ridotta per questa tipologia sul mercato locale e nazionale.

Il Disciplinare prevede che gli agnelli siano nati e allevati nei territori dei comuni della Basilicata, da pecore ed arieti di razze derivate merinos allevati presso aziende sottoposte a controlli funzionali e/o iscritte ai relativi libri genealogici. I capi devono essere allevati prevalentemente allo stato brado, con ricovero solo nel corso della notte e nella stagione invernale, l’alimentazione è a base di latte materno e di foraggi; la macellazione deve avvenire presso macelli ubicati entro i confini regionali, attualmente sono tre le strutture che fanno parte della filiera.

La certificazione e la tracciabilità del prodotto sono seguite dall’azienda speciale Forim della Camera di Commercio di Potenza.

Occasioni di consumo, abbinamenti gastronomici ed enologici

La carne dell’agnello delle Dolomiti lucane è apprezzata per il sapore, la tenerezza, la resa in cottura, che la rendono versatile nelle preparazioni culinarie.

Una ricetta tipica è l’ Agnello gratinato, in cui la carne è avvolta da una deliziosa crosta croccante e dorata mantenendosi morbida e succosa, accompagnato con patate che possono pure essere passate con la medesima gratinatura, costituita da mollica di pane raffermo, prezzemolo, pecorino grattugiato.

L’Agnello a cutturiello, chiamato anche a cutturillo o a cutturiddu, prevede la cottura a fiamma bassa in un tegame alto insieme a cipolle, pomodori maturi e piante aromatiche (timo, rosmarino).

Con le interiora si prepara il Migliatello (migliatidd), un secondo dal gusto molto deciso. Gli intestini ben lavati sono lasciati per qualche ora in acqua acidulata con aceto o limone, una volta scolati si passano in un trito di sale, pepe, prezzemolo e origano, si avvolgono infine con fette di pancetta. Si adagiano in una pentola con olio di oliva, sale, alloro e si cuociono in forno.

Con preparazioni saporite come queste sono pressoché d’obbligo i vini rossi: si può spaziare dal locale Aglianico del Vulture DOC, nella versione Superiore che vanta la DOCG come il Nibbio grigio della Cantina Strapellum o il Serpara della Cantina Re Manfredi, al pugliese Salice Salentino DOC Riserva di Leone De Castris, sino ad un bianco strutturato come il Fiano di Avellino DOCG Tenuta Scuotto

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Oltre alle garanzie offerte dal Disciplinare di produzione della razza, i consumatori sembrano molto apprezzare la resa alla cottura, il sapore e la tenerezza della carne ovina “Agnello delle Dolomiti Lucane”.

Davide Bigarella, Mr. Big, l’anima fantasiosa della carne

Èuna tiepida mattina di settembre quella che apre una giornata a dir poco entusiasmante. Io amo in modo particolare questo mese, che segna la fine dell’estate e l’inizio di nuove sfide. Davide intanto mi aspetta per pranzo e quando arrivo lo trovo ai fornelli intento a finire la cottura di una splendida Fiorentina di Minhota

La degustazione comincia, mi travolge un’apoteosi di sapori che oscillano tra l’erbaceo, il cuoio e lievi sentori dolci; sto degustando una vacca di razza portoghese che ha pascolato a lungo, terminando la sua carriera con un finissaggio di mais che ha conferito alla carne una nota armonica di miele. Il grasso di infiltrazione è debole ma la carne si presenta ugualmente tenera. Il

pascolo è stato elemento imprescindibile per la carne che ha assunto una colorazione ben definita dovuta alla quantità di betacaroteni assorbiti che hanno reso il grasso di copertura giallo ocra.

DAVIDE BIGARELLA, classe 1974, nato a Vicenza ma residente a Padova, con un diploma di perito elettronico che non userà mai perché la vita lo porterà altrove, frequenta l’Accademia di musica moderna a Verona e comincia a fare il turnista, il suo primo lavoro. «Ero un chitarrista a cottimo, suonavo quando serviva».

La musica, però, non garantiva sostentamento e così Davide comincia la ricerca di un lavoro che possa garantirgli sicurezza economica. Nel 1998 inizia la carriera lavorativa

nel campo dell’elettronica con la vendita di stampanti laser, attività che lo rende occupato sino all’anno 2001, lo stesso in cui decide di volare in Danimarca e lavorare per il gruppo americano MASCO, leader nell’arredamento interno e ornamentale per case.

Nel 2004 si trova a dover affrontare la sfida più difficile della sua vita: una grave malattia che lo costringe a sottoporsi per otto lunghi mesi a trattamenti di radioterapia. Lui non molla, sconfigge il male e ritorna a vivere: «avevo molta rabbia ma anche la voglia di riscatto». La rabbia se convogliata nei sentieri giusti della vita ti porta a fare cose straordinarie e non è un caso che lo stesso anno Davide abbia triplicato il fatturato delle vendite, venendo premiato

Eurocarni, 11/22100 BUONA CARNE NON MENTE

come il miglior venditore dell’anno. Nel 2005, raggiunti gli obiettivi i commerciali, decide che è tempo di cambiare e si pone un’altra sfida: vendere tappeti di lusso, nelle vesti di direttore commerciale. «Sono stati gli anni più belli della mia vita: ho vissuto quattro anni nella Grande Mela, coordinavo 60 agenti».

Davide viaggia in ogni angolo di mondo e mangia nei migliori ristoranti: Otto e Mezzo Bombana a Hong Kong, Hanzo Peruvian Japanese Cuisine a Lima, Nobu a New York, Xindalu China Kitchen a Pechino, Hong Lim Market & Food Centre a Singapore. Luoghi e locali che gli trasmettono emozioni uniche e una notevole sensibilità gastronomica. C’è una cosa però che lo fa ancora emozionare mentre ne parla: un Rib-Eye assaggiato a New York, «il migliore che io abbia mai mangiato. Ricordo ancora la cottura perfettamente eseguita e il colore rosato della fibra; quel giorno ho chiesto di poter parlare con lo chef che mi ha insegnato la tecnica utilizzata». Un’esperienza premonitrice di quella che sarebbe diventata la sua vita oggi.

Galeotto fu il Rib-Eye, dunque, che lo porta a cimentarsi con testa, anima e cuore nel mondo del barbecue studiando tutte le tecniche di cottura americane. Davide ha sempre cucinato durante il tempo libero sin dall’età di dodici anni, quando si cimentò nel suo primo risotto, «feci una mantecatura che mi riuscì perfettamente pur non sapendo come si facesse».

Nel 2011 Davide apre la sua attività di catering e comincia a cucinare per gli altri: «volevo creare qualcosa che unisse la mia passione per la cucina e l’arte della vendita, desideravo mettermi in prima linea e far emergere il mio lato più fantasioso, creativo». E così è stato.

Oggi Davide crea viaggi di gusto e sapori, piatti in cui mette il bagaglio acquisito dalle cucine assaggiate in giro per il mondo. Nel suo laboratorio c’è tutto quello che serve per creare qualsiasi evento, dai classici kettle agli affumicatori a due piani, dai roner alle griglie, ma il cavallo di battaglia è sicuramente

Eurocarni,

il food truck dotato di tutta l’attrezzatura necessaria. «Adotto frequentemente la tecnica del low&slow, che mi permette di cucinare a bassa temperatura lentamente ottenendo una carne estremamente tenera, parametro quest’ultimo che fidelizza o allontana il consumatore», e ancora «non mi stanco mai di sperimentare, perfeziono costantemente le tecniche di cottura in funzione di ciò che voglio ottenere e rivoluziono le ricette privilegiando alcuni sapori piuttosto che altri»

Davide sceglie razze che hanno un’ottima predisposizione all’infiltrazione e tagli di seconda e terza categoria, quelli più gustosi ma che richiedono una giusta attenzione in cottura come il Teres Major, il cosiddetto falso filetto che utilizza per creare una semplice dadolata. Il segreto, spiega Davide, è quello di non ledere la fibra durante il taglio e quindi di lasciare il succo presente all’interno, complice del bouquet organolettico delle carni.

Gli chiedo quale sia stato il suo miglior risultato dal punto di vista organolettico e la risposta è eclatante: uno spinacino di Kobe classificato BM-12 cotto a 150 °C e a 55 °C al cuore cotto poi secondo la tecnica del Flash Roasting con del burro, fatto riposare per quindici minuti e servito a fettine. «I miei figli se ne ricordano ancora.».

Davide collabora con M ETRO MONDO ed è il volto di numerose clips di You&Meat , marchio di C ENTRO C ARNI C OMPANY , azienda leader nelle lavorazioni delle carni con sede a Tombolo (PD), nei cui video insegna a cucinare i diversi tagli anatomici bovini.

L’ultimo progetto è quello per il Gambero Rosso che lo vede a fianco a FABRIZIO NONIS, conosciuto come El Beker, figura emblematica della macelleria italiana. Lo vedremo quindi in Beker On Tour in onda su sky.

Davide, qual è il tuo obiettivo finale? «Evolvere, l’evoluzione è alla base di ognuno di noi, e non smettere mai di cucinare».

Elisa Guizzo

>> Link: www.mr-big.net

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Da Dario, una famiglia friulana in macelleria

La filosofia aziendale di DARIO e SAMUEL CIGNOLINI e LORENA

BUTTERA, macellai in quel di Buttrio (UD), è 100% friulana, ovvero pochi fronzoli, investimenti mirati e organizzazione del lavoro precisa e standardizzata. Dario lavora le carni dall’età di 16 anni, avendo iniziato l’attività dietro i banconi dei supermercati della zona tra Udine e Cividale del Friuli. Così fino al 1997, quando, sollecitato dall’idea di mettersi in proprio, avvia la prima bottega con la moglie. «Un salto non da poco — ricorda — considerato che ho dovuto imparare in fretta cosa significasse la gestione piena ed autonoma di una

macelleria, dagli ordini alla gestione burocratica, mica solo taglio e disosso… Poi ho dovuto impratichirmi rapidamente sull’hamburgeria, i prontocuoci e su altre tipologie di prodotto che in precedenza non avevo affrontato. Nel tempo questo aspetto lo abbiamo curato ed affinato sempre di più, fino ad arrivare ad acquistare un forno importante ed allestire una cucina adeguata. Di mio, già da tempo avevo iniziato a formarmi sulla macellazione dei maiali e la lavorazione delle carni suine».

I primi tre anni la coppia ha esercitato in affitto in una macelleria storica sempre a Buttrio. «Da lì ci

siamo spostati nell’attuale immobile che abbiamo preso e restaurato e ultimato nel 2000» sottolinea Dario. «Un grande impegno, portato avanti con enorme sacrificio e senza mai fermarci, cercando sempre di immaginare nuove proposte per i clienti, soluzioni innovative per sfruttare al meglio tutti i tagli della carne. Un aspetto per noi fondamentale».

Dieci anni fa circa è entrato in azienda il figlio Samuel. «Ho iniziato a frequentare la bottega da bambino e mi sono sempre visto col coltello in mano, non ho mai pensato di occuparmi d’altro nella vita. Dirò di più, sono sempre stato talmente

Eurocarni, 11/22102 MACELLERIE D’ITALIA
Samuel Cignolini e la mamma Lorena Buttera.

convinto di questo lavoro che nel 2018 ho deciso di rilevare l’azienda di famiglia. E come giovane imprenditore ho potuto usufruire di agevolazioni interessanti».

Una delle scelte distintive dei Cignolini è quella di avere un unico fornitore di carne bovina: l’azienda agricola Del Do’ Nerino di LUCA e DANIELE DEL DO’, un allevamento della zona. «Mi fornisce garanzie sul benessere animale e sulle modalità di allevamento e di ingrasso e quindi sulla qualità delle carni. Parliamo esclusivamente di scottona di razza francese. È certamente più complicato che acquistare tagli anatomici dai grossisti perché bisogna imparare a lavorare bene, proporre e vendere tutto l’animale non solo i quarti posteriori. Anche perché ci sono periodi dell’anno in cui si vende meglio l’anteriore…

L’importante resta sempre e comunque riscontrare la soddisfazione del cliente. E i costumi e le esigenze della clientela sono cambiati negli anni, così come è cambiata la società. Tutto questo considerato che lavoriamo da sempre con una clientela storica della zona anche se contiamo su acquirenti che arrivano anche da Udine e Tavagnacco».

Dal 2000 i cambiamenti in bottega hanno riguardato il bancone, sostituito nel 2021 col modello Etoile di CRIOCABIN e il forno iCombi Pro che è l’ultimo modello della RATIONAL che consente ai Cignolini di sfruttare al massimo le cotture, in particolare con le basse temperature.

Nel 2012 hanno provato ad aprire una seconda macelleria ad Udine ma è durata poco. In compenso nelle vicinanze hanno avviato un laboratorio di lavorazione delle carni dal disosso in poi e dove dispongono di celle per completare la frollatura che solitamente portano minimo a 30/40 giorni. «Durante il lockdown — ricorda Samuel — ci siamo organizzati per la consegna a domicilio, servizio che manteniamo su richiesta. Abbiamo capito una volta di più quanto la gente sia di fretta ed abbia la necessità di fruire di servizi come il telefonare, ordinare e passare a prelevare, il tutto in

estrema velocità. L’aspetto negativo è che i clienti al telefono chiedono solo le cose standard. Quando vengono in negozio e vedono tutto quanto esposto a bancone, invece, gli acquisti diventano più vari. In generale vendiamo tantissimi hamburger, prontocuoci e involtini preparati con tanti ingredienti diversi e questa tipologia col lockdown era calata parecchio».

In house i Cignolini producono salsicce e cotechini e un prosciutto cotto. Di cotto propongono, inoltre, ragù, pollo allo spiedo, trippa alla parmigiana, spezzatino, coscette e alette alla griglia, roast beef, brasato. Tra i piatti del reparto gastronomia preparano il frico, tortino di patate, cipolle e formaggio tradizionale friulano, particolarmente apprezzato. Le proporzioni degli ingredienti e il tipo, o i tipi e le qualità di formaggio usato possono variare da famiglia a famiglia. Lo stesso metodo di esecuzione è mutevole.

«In questi ultimi anni — sottolinea Samuel — abbiamo riscontrato una presenza in aumento di clienti con varie intolleranze alimentari, in particolare al glutine, quindi un’altra scelta che ci caratterizza è l’offerta di prodotti 100% Gluten Free».

La carne venduta in negozio è per il 50% bovina, 40% avicola, di provenienza dall’azienda Malocco Vittorio & Figli – Ducale di Torre di Mosto (VE) tramite il fornitore MAURO PEZ, e il resto suino e cunicolo. Niente pane, latte, vino o birra. «Non abbiamo nemmeno intenzione almeno al momento di evolvere in ristomacelleria. L’idea ci lusinga ma dove siamo non c’è spazio e spostarci ora come ora non è all’ordine del giorno».

Macelleria Da Dario

Via Roma 41 – 33042 Buttrio (UD) Telefono: 0432 673295 Web: facebook.com/macelleria. cignolini

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La ricca offerta di hamburger e prontocuoci della Macelleria Da Dario.

Manifesto del pollo arrosto… con le mani

Un piatto che mette d’accordo tutti, consumato dal 95% della popolazione e in tutte le culture. Il 74% degli Italiani (40 milioni) lo mangia almeno una volta al mese; il 39% una volta a settimana e il 32% due volte (soprattutto i giovani), e senza salse (40%). Tra le ragioni del suo successo — fa notare UNAItalia, l’associazione di categoria che tutela e promuove le filiere agroalimentari italiane delle carni bianche e delle uova — la versatilità e la trasversalità, anche culturale, del pollo, che con 21,43 kg pro capite continua ad essere la carne più consumata nel Belpaese

Re dei pranzi della domenica a casa della nonna ma anche delle tavole stellate, il pollo arrosto è il finger food adatto a ogni contesto e che sdogana i diktat del Galateo.

Pollo Arrosto Day: mani o forchetta?

Questo il tema della sesta edizione del Pollo Arrosto Day, la grande maratona social organizzata da UNAItalia per celebrare il secondo piatto più amato dagli Italiani e raccontare le sue diverse “anime”, da quella familiare a quella popolare delle rosticcerie, a quella gourmet. L’evento ha visto protagonisti chef e food influencer ma anche la rete dei pollo lovers di Giallo Zafferano, impegnati a condividere le loro personali visioni di pollo arrosto sui social e sui canali di vivailpollo.it e gli studenti dell’Istituto Europeo di Design (IED), inventori di un utensile per non sporcarsi le mani. Per gli utenti, c’era la possibilità di postare foto, ricette e dibattere sulla modalità preferita di assaggio.

E se l’abitudine di mangiare il pollo arrosto con le mani o le posate sembra dividere ancora gli italiani a metà (53% vs 47%, ma di questi solo il 12% lo fa per rispettare il Galateo, dati: Indagine DOXA realizzata per UNAItalia) — negli anni continua a crescere il fenomeno street food (+48% fra il 2014 e 2019, dati COLDIRETTI; +21,3% nel 2021, dati DELOITTE) e gli chef che scelgono di annullare le distanze tra cibo e mani.

Tra questi ANDONI LUIS ADURIZ (2 stelle Michelin), tra gli chef più innovativi al mondo (la maggioranza dei suoi piatti si mangia con le mani, anche il suo pollo arrosto) per il quale «mangiare con le mani è una regressione naturale verso il nostro stato più primitivo, è ritrovare noi stessi. Senza artifici. Mangiare

Eurocarni, 11/22104 LA CARNE IN TAVOLA
Photo
© Chuhunova Liudmyla

Mangiare#polloarrostoconlemani è…

Si dice che le regole esistano per essere infrante. Mangiare il pollo arrosto con le mani è trasgressione al diktat del galateo ortodosso che impone forchetta e coltello, ma anch’esso ha le sue leggi: ecco le 10 regole definite in collaborazione con l’Accademia Italiana del Galateo

1. Un’eccezione, ma si può

Street food e finger food sono cibi tradizionalmente consumati con le mani e il pollo arrosto rientra a pieno titolo. Ma fatelo esclusivamente in una serata easy e mai in una cena formale o al primo appuntamento.

2. Un’esperienza appagante che coinvolge i 5 sensi

Riattiva il senso del tatto e risveglia il piacere primario del cibo. Quattro step: lavatevi bene le mani; usate indice, pollice e medio per portare il cibo alla bocca come faceva la nobiltà rinascimentale (senza alzare il mignolo); degustate in libertà ma non fino all’osso; pulite bocca e dita.

3. Annullare le distanze tra voi e i commensali

Anche la Regina Margherita arrivata a Napoli mangiò (infrangendo la regola) una coscia di pollo con le mani per ingraziarsi il popolo e mettere a proprio agio il consuocero Nicola I. Mettete a proprio agio il commensale non fissandolo mentre mangia e mettendo a disposizione fazzoletti o salviette umidificate.

4. Dare fiducia

Mangiare alcuni cibi come il pollo arrosto con le mani è comunicare al proprio interlocutore che ci fidiamo di lui. Indica che il nostro rapporto va oltre il formale, all’insegna della riappropriazione dei sensi e dell’evasione. Fatelo con gli amici di vecchia data ma anche con la vostra dolce metà.

5. Un gesto simbolico da vivere in pienezza e convivialità

Nella visione di Jean Baudrillard il cibo non deve solo essere fotografato ma va anche vissuto come esperienza, toccato e assaporato, ma senza avidità. Riponete in tasca il cellulare dopo lo scatto.

6. Infrangere le regole ma non troppo

Evitate di riempire il pollo di salse e di toccarle con le mani. Una famosa pubblicità diceva che chi si lecca le dita gode solo a metà. Se proprio dovete farlo, fatelo in solitaria, magari davanti alla TV.

7.

Un gesto goloso che fa tornare bambini, ma va fatto a piccoli bocconi

Usate le dita per portare alla bocca piccoli pezzi ed evitate di accanirvi su ogni singolo boccone: non vorrete apparire dei lupi affamati.

8. Un gesto “alleato” della salute

Secondo una ricerca dell’Università di Nottingham pubblicata sul British Medical Journal, mangiare senza le posate può influire su un sano rapporto con l’alimentazione da adulti.

9. Un gesto multiculturale

Il pollo un cibo che unisce i commensali di qualsiasi nazionalità e religione, che in numerose culture viene assaporato con le mani. Paese che vai, galateo che trovi: in India, così come in Etiopia, si mangia solo con la mano destra; in Marocco si usano solo le prime tre dita.

10. Generosità e savoir-faire

Non rimestate e mescolate i pezzi alla ricerca del preferito, prendete il vostro con eleganza e velocemente. Valutate le quantità: ne deve rimanere a sufficienza per gli altri.

Nota

Il manifesto è stato firmato lo scorso 2 ottobre da tutti i protagonisti del Pollo Arrosto Day (fonte: www.unaitalia.com).

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Oggi il 53% degli Italiani intervistati da Doxa per UNAItalia mangia il pollo arrosto con le mani con le mani, soprattutto a casa e in famiglia (59%), ma il 64% degli Italiani sarebbe disposto a farlo se il Galateo lo autorizzasse (il 29% anche in una cena romantica o formale). Tanto che il 72% è convinto che il celebre slogan “Chi non si lecca le dita gode solo a metà”, si addica appieno anche a questo piatto perché “la sapidità rimane sulle mani e l’esperienza deve essere totale” (49%) e “fa tornare bambini” (33%).

con le mani è anche condividere. C’è una complicità tra noi che ci sediamo a tavola e partecipiamo ad un’esperienza; usarle esprime fiducia nei commensali» (fonte: MUGARITZ).

O lo chef D AVID C HANG , per ESQUIRE “tra le 75 persone più influenti del XXI secolo”, e la sua una magistrale ostrica di pollo fritta, da mangiare con le mani come se fosse un chicken nugget.

O ancora l’italiana Cristina Bowerman (1 stella Michelin), ideatrice del menù “tutto con le mani” e del piatto del #polloarrostoday 2022 “Pollo arrosto con kimchi di pesca — ricetta di origine coreana fatto con pesche fermentate e spezie — e insalata con parisienne di pesche”. Un piatto avvolgente in cui i bocconi di coscia arrosto croccante vanno pucciati in una salsa di pesca fer-

mentata frizzante, sapida e speziata. «Mangiare con le mani è il gesto più intimo che c’è: coinvolge tutti i cinque sensi e abbatte ogni elemento di separazione tra noi e il cibo» ha dichiarato Bowerman. «E si addice perfettamente al pollo, alimento centrale per la nostra dieta, tra le carni più salutari. Tanto che nei prossimi mesi servirò quattro menù a sera basati solo sul pollo: tutte le parti del pollo in tante ricette diverse».

Mangiare con le mani aumenta il gusto del cibo In occasione del Pollo Arrosto Day, l’Accademia italiana del Galateo ha riscritto le regole dell’assaggio in un manifesto con 10 spunti e consigli per gustare il pollo arrosto con le mani (si veda box a pagina 105): si va dal non farlo mai al primo appuntamento, al mettere a proprio

agio i commensali, come fece la regina Margherita (che afferrò una coscia di pollo per mettere a proprio agio lo zar Nicola I in difficoltà nel disossare il pollo); al gustarlo con tre dita, come faceva la nobiltà rinascimentale. Ma senza alzare il mignolo.

Un dilemma antico NORBERT ELIAS, il più importante sociologo sulle maniere, sosteneva che l’introduzione delle posate sulle tavole non fosse dovuta a motivi igienici, ma serviva a creare una separazione tra l’uomo e il cibo, per allontanare la pantagruelica voracità.

Un’intuizione accertata anche dalla scienza Secondo uno studio della S TE VENS UNIVERSITY di New York, pubblicato sul JOURNAL OF RETAILING,

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“toccare il cibo direttamente con le mani migliora l’esperienza sensoriale e aumenta le valutazioni edoniche del cibo nei consumatori dotati di autocontrollo”.

Le percezioni tattili aumentando la soddisfazione della masticazione spingerebbero l’encefalo a ritenere il cibo più gustoso di quanto accade usando le posate. Ma occhio alla linea, perché porterebbe anche a mangiare di più.

Altri studi come quello dell’Università di Nottingham dei ricercatori ELLEN TOWNSEND e NICOLA PITCHFORK pubblicato sul BRITISH AMERICAN JOURNAL (2012) e ripresi dal GUARDIAN sostengono che permettere ai bambini di alimentarsi da soli con le mani, con una selezione di cibi solidi a portata di mano fin dall’inizio dello svezzamento (approccio baby-led ), anziché al cucchiaio con pappe, faccia bene ed abitui a mantenere uno stile di vita alimentare sano ed equilibrato quando si diventerà adulti. “I nostri risultati — riporta lo studio — suggeriscono che i bambini svezzati con l’approccio baby-led imparano a regolare l’assunzione di cibo in un modo che porta a un IMC più basso e a una preferenza per alimenti sani”.

Maggior benessere ma senza la pelle Da non trascurare l’aspetto nutrizionale delle carni bianche che influiscono anche sul buonumore. Per il professor LUCA PIRETTA, nutrizionista e gastroenterologo dell’Università Campus Biomedico di Roma: «Le carni bianche, come pollo e tacchino, oltre ad essere ricche di proteine nobili e ad avere pochi grassi, e tra questi prevalgono quelli buoni come Omega-6 e Omega-3, contribuiscono ad aumentare il benessere perché sono ricche di triptofano, che poi si converte in serotonina, importante per il buonumore. Sono leggere e nutrienti, non appesantiscono o rallentano la digestione. E sono indicate in qualunque fascia d’età, dai bambini agli anziani. Per il pollo arrosto fate attenzione alla pelle, che è grassa e sarebbe meglio eliminarla».

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Alla bolognese

di Giorgia Fieni

Ci sono certe ricette il cui appellativo è ambiguo.

La famosa Parmigiana di melanzane non è certo nata a Parma, per esempio, ma su Alla bolognese direi che i dubbi sono pochi. In genere, sono piatti che non si discostano troppo dall’Emilia (o che contengono mortadella prodotta a Bologna) e che costituiscono un menù completo: dal fritto misto al baccalà, dal ragù alla cotoletta, fino

alla ciambella. La fama della città in gastronomia è nota da sempre e ne parla anche PAOLO MONELLI nel 1935 ne “Il ghiottone errante”: “Là dove Bologna è più rossa e oscura, ed escono per i vicoli i facchini in maglietta e ragazze ardite di lingua e di fianchi, vi può capitare di trovare, sotto una meschina insegna, passando tra casse e botticelle che ingombrano l’entrata, l’università della cucina, la reggia delle manipolazioni sapienti”.

Non esistono invece i celebri Spaghetti alla bolognese perché gli spaghetti non sono la pasta fresca tipica della zona… Quindi meglio dire Tagliatelle (rigorosamente di 7 mm di larghezza) o lasagne… E perché spesso al posto del famoso ragù emiliano vi potreste trovare nel piatto delle polpette o dello stufato annegato nel ketchup, specie all’estero. Lo testimonia anche NIKI SEGNIT: “Molto prima che imparassi a

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Le tagliatelle al ragù.

A sinistra: le lasagne alla bolognese ricche di besciamella e ragù, un piatto tipico del pranzo della domenica in famiglia, con la variante altrettanto classica della sfoglia verde agli spinaci. A destra: il Donut alla bolognese dello chef Matias Perdomo, ristorante Contraste, Milano.

cucinare, mangiai degli spaghetti alla bolognese in una taverna di Corfù. Erano deliziosi, ma non avevano nulla a che vedere con la classica ricetta italiana, perché qui la carne era di agnello e profumata con noce moscata, dolce e pepata: in pratica stavano usando la salsa della moussaka per condire la pasta”.

Il vero ragù invece è tutt’altro. Non si prepara mischiando ingredienti a caso ma scegliendo carni e salumi di qualità e facendo sobbollire per minimo tre ore, a fuoco lento. CARLO CRACCO ci mette spalla o straculo di maiale e vino rosso e ALICE WATERS pancetta, bavetta di manzo, spalla di maiale, vino bianco secco, concentrato di pomodoro, latte. ILIANA REAGAN l’ha cucinato addirittura col procione.

NIVES AROSIO ne propone invece una versione vegan con soia disidratata, melanzane, zucchine, piselli e completa con veg formaggio o parmigiano vegetale. La versione tradizionale però è con soffritto, pancetta, prosciutto crudo, salsiccia, lombo di maiale, carne macinata, vino rosso e pomodoro (ed eventuale aggiunta di latte o acqua).

Sempre a base di carni troviamo anche il Polpettone alla bolognese, che profuma di cannella e limone proprio come i piatti del Rinascimento (l’epoca in cui la cucina locale era al suo massimo splendore) e gli involtini, che contengono mortadella e parmigiano.

La Cotoletta è invece carne di coscia di vitello senz’osso fritta e poi passata in forno con prosciutto crudo, scaglie di parmigiano e passata di pomodoro.

Il pesce alla bolognese è baccalà, rosolato in padella in aglio, prezzemolo, pepe e burro… forse chiamato così perché era l’unico a disposizione al mercato emiliano (che è molto lontano dal mare), cucinato nel modo più semplice possibile con ciò che c’era in dispensa.

Quanto al Fritto misto alla bolognese, diciamo che è una miscela di materie prime anche molto diverse: dalla carne (pollo, tacchino, maiale, agnello) alla verdura (patate, carote, fagiolini, sedano, carciofi, zucchine, melanzane, asparagi, broccoli, cavolfiori, fiori di zucca), dall’immancabile mortadella alla frutta (mele, ciliegie,

pere) fino alla classica crema dolce di semolino.

Come tutte le ricette della tradizione però anche il termine alla bolognese viene declinato dagli chef in modo moderno. MATIAS PERDOMO prepara il Donut alla bolognese, ovvero una ciambella farcita al ragù e condita con la besciamella.

Luca Marchini La Bolognese che non c’è: “L’idea di partenza è che la cucina italiana nel mondo è conosciuta soprattutto per la pizza e per gli spaghetti alla bolognese, che però non esistono. Allora ho pensato che non doveva esistere neanche il ragù. Ho sostituito lo spaghetto con le mezze maniche, poi ho eliminato la cosa essenziale del ragù, cioè la carne. Ma come fare? Allora ho preparato il ragù come lo facciamo noi a Modena e poi l’ho filtrato a lungo, ottenendone un’acqua”, dove cuoce la pasta, che completa con briciole di biscotto al parmigiano.

È quindi l’idea di bolognese che conta, in definitiva… Quella che abbiamo in testa da sempre, e per noi ha sempre e solo il profumo e il sapore della cucina di mamma e nonna.

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Per gli anolini ci vuole il brodo di terza o di quarta

Occorrono tre diversi tagli di carne, così come tre erano i sacerdoti della messa in terza… E, per quello di quarta, i tagli salgono ovviamente a quattro! Ci si cuociono gli anolini, ripieni a loro volta di stracotto di manzo

Il nome è curioso: brodo di terza, brodo di quarta… Appartiene tipicamente a Piacenza e al suo territorio, dove gli anolini regnano incontrastati con sempre immutabile favore. Anolini piacentini che, nel dialetto locale, si chiamano anvein e sono classificati come prodotti PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali), iscritti nell’elenco ufficiale del Ministero delle Politiche Agricole. Gli anolini sono un prodotto tradi-

zionale anche del Parmense, ma con alcune differenze considerate tanto rilevanti da aver deciso di tutelare ogni varietà con voci distinte per proteggere le diverse ricette.

La definizione di anolino che storicamente si riporta è quella che compare nel vocabolario redatto da LORENZO FORESTI del 1836: “agnellotto, mangiare fatto di pasta ripiena di carne battuta, od altro che si cuoce in brodo per minestre”

Pasta all’uovo ripiena, dunque. La si prepara disponendo palline di ripieno tra due strati di sfoglia e tagliando tutt’attorno al ripieno con appositi stampini metallici circolari lisci o con bordi seghettati; la pressione dello stampo fa sì che i bordi della sfoglia si saldino assieme. C’è anche chi usa una sola sfoglia ripiegata invece che i due dischi, ottenendo una forma non perfettamente circolare.

Eurocarni, 11/22110 TRADIZIONI

A sinistra: anolini in brodo (photo © Isabella Ostelli)

A destra: gli ingredienti per la preparazione del brodo di terza, perfetto per accompagnare gli anolini. In cucina quella di brodi e fondi rientra nelle preparazioni di base, ovvero quelle che non è possibile non conoscere. Un brodo sciapo infatti può compromettere il risultato finale.

La scelta del tipo di bordo dipende dal gusto personale, così come il diametro, che varia dai 2 ai 4 cm circa, ma di solito l’anolino piacentino è piccolo, con forma di semicerchio a bordo seghettato che, rispetto a quella liscia, offre il vantaggio, a parità di ripieno, di avere una quantità maggiore di sfoglia e una tenuta migliore della chiusura. Quello della sigillatura è un punto molto importante, perché se è difettosa fa uscire il ripieno in cottura disperdendolo nel brodo che diventa torbido, oltre ad alterarne il sapore. Per questo motivo i cuochi più esigenti adottano l’accortezza di scolare gli anolini a fine cottura e servirli con altro brodo.

Il ripieno si basa su stracotto di carne, con due varianti: con la carne dello stracotto o con il solo sugo. Lo stracotto è di manzo, carne che ha sostituito quella di cavallo e maiale che si usava in passato. Il manzo va cotto per diverse ore con cipolla, sedano, carota, aglio, mazzetto aromatico, vino rosso locale tipo Gutturnio e brodo. Al termine della cottura, la carne e le verdure del fondo di cottura vengono tritate in modo

molto fine aggiungendovi pane, formaggio grana e noce moscata.

Il brodo deve essere di ottima qualità ed è proprio quel tipo di brodo che in zona viene definito di terza o di quarta e che è considerato il più adatto a prescindere dalle tante varianti della ricetta presenti su un territorio vasto come quello della provincia di Piacenza. Il nome di questo brodo si riferisce all’antica solennità della messa in terza che veniva celebrata da tre sacerdoti. Il brodo, a sua volta, viene ottenuto da tre diversi tipi di carne: cappone (o gallina), pernice di manzo (in alternativa traversino) e costine di maiale, che sono cotti separatamente miscelando a piacere i tre diversi brodi ottenuti. Esiste anche il brodo di quarta, che si ottiene con pollo, manzo, bue grasso (sostituibile con vitello per una preparazione più leggera) e costoletta di maiale.

Il peso dei tagli di carne varia a seconda della zona ma comunque il brodo, per essere considerato ben riuscito, deve avere l’occhiatura di grasso rilasciato dal cappone o dalla gallina. Gli anolini non vengono pesati ma contati.

Entrambe le preparazioni danno vita a un brodo molto grasso e saporito. Non a caso si accompagna la degustazione degli anolini in brodo con un vino rosso robusto, preferibilmente il Gutturnio DOC dei Colli Piacentini

Nelle zone di confine con Parma e nella Bassa piacentina il brodo si utilizza anche per legare il ripieno che, in questo caso, secondo la tradizione parmense, è preparato con pangrattato, a cui si aggiunge successivamente formaggio Grana Padano o Parmigiano Reggiano.

Gli anolini in brodo erano, com’è facile intuire, un piatto destinato un tempo soltanto alle classi sociali più benestanti. Oggi, grazie sia alle migliorate condizioni di vita che alla divulgazione fatta anche dal celebre gastronomo PELLEGRINO ARTUSI già a fine ‘800, è diventato un piatto tipico della tradizione popolare, destinato soprattutto alle festività più importanti, come il Natale. Gli anvein d’ Nadäl si preparano la Vigilia per consumarli il giorno dopo, per la gioia della famiglia riunita intorno ai piatti fumanti.

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EXÉ Restaurant

Oggi pochi locali offrono cibi succulenti, pronunciati nei sapori, radicati nella storia gastronomica del nostro Paese. Così risulta comprensibile lo stupore, la meraviglia, il malcelato piacere imbattendosi in uno di questi templi, laddove non ce lo si aspetta. Da fuori l’hotel, l’Executive Spa , di fattura contemporanea, ristrutturato completamente da un anno e mezzo, potrebbe non riservare le emozioni che si avranno una volta dentro. Qui è facile incappare in chi fa parte della squadra Ferrari e in famosi appassionati proprietari di questo mito tutto italiano. Ma al di là degli incontri che darebbero piacere ai chi ama i motori, dell’ampia sala a tinte scure con smaglianti opere d’arte di ALFONSO BORGHI alle pareti, bisogna rimarcare l’indovinata proposta delle portate presenti nel menu, organizzato e compiuto da PAOLO BALBONI e dai suoi quattro collaboratori.

Poco più che cinquantenne questo cuoco torinese trapiantato da quindici anni nel Modenese rende grazie e merito alla cucina tradizionale anche con la scelta di eccelse materie prime. Tuttavia, dove necessario, si pone a debita distanza dal dogma della materia prima locale ad ogni costo.

Quando ci sono, eccole spuntare le bontà locali: la fragranza dello gnocco fritto, servito su di un’apposita alzatina, viene esaltata dal Prosciutto crudo di Parma Sant’Ilario stagionato 24 mesi, dalla nota (e gustosa) mortadella Favola, dalla pancetta cotta affumicata Giovanna dal Salumificio Capitelli. E ancora salame Felino accompagnato da giardiniera fatta in casa.

Una brillante scenografia il Gran crudo di carne dove la tartare di Fassona piemontese, che è stata affumicata al legno di mandorlo, si

Eurocarni, 11/22112 LOCALI DI GUSTO
Lo chef Paolo Balboni con lo gnocco fritto con Prosciutto crudo di Parma Sant’Ilario stagionato 24 mesi.

accompagna al carpaccio di fesa di Black Angus e alle sottilissime fettine di filetto di Charolaise.

Nell’Emilia patria dei primi piatti, la sfoglia è con tutta evidenza tirata a mano nella cucina dell’EXÉ: ruvida e spessa quella delle tagliatelle. Quelle gialle vengono presentate con ragù di vacca Bianca modenese; le verdi, con aggiunta di spinaci, vengono condite con un sontuoso ragù di coscia d’anatra e spolverata finale di pecorino di Fiumalbo, nel Parco del Frignano. Il fondo di cottura contribuisce a rendere il ragù d’anatra profumato, sapido e denso. Anche i tortellini in consistente brodo di cappone si confezionano con sfoglia fatta in casa. E sottile. Superlativo il ripieno.

Eppure sono i secondi piatti a decretare la straordinaria capacità di Paolo Balboni a mantenere in vita la cultura e la tradizione gastronomica senza incontrollati tradimenti. Qui si celebra la cotoletta alla bolognese, la Petroniana, una cotoletta di vitello provvista di una cremosa guarnizione di formaggio fuso, prosciutto crudo, pangrattato e brodo. Balboni ha sostituito il vitello con un tomahawk di suino nero, la padella che serviva per la cottura con il forno per rendere croccante e gustoso il piatto glassato con brodo di cappone. Il risultato è un viaggio verso un’immensa felicità.

Balboni prepara i filetti, teneri e succosi di razza Limousine, al pepe verde e all’aceto balsamico di Modena.

Da poco in lista è entrato il re dei filetti, cucinato alla Rossini con una preparazione molto attenta alle originali prescrizioni di MARI ANTOINE CARÊME. Pan brioche fritto nel burro, filetto appena scottato, foie gras, generosa grattata di tartufo, il tutto irrorato da quel prezioso fondo bruno.

Coinvolgente, ammiccante, roboante in un climax di sensazioni tattili, olfattive, di gusto. Una preparazione che vale la pena provare e riprovare all’infinito e che la maestria di Balboni rende ogni volta intrigante e stuzzicante.

Di fronte a tanta abilità e perizia anche le costolette di agnello in panatura di farina di mandorle con timo e maggiorana cadono in secondo piano.

Molto spesso la migliore carne viene preparata su una particolare griglia che arde grazie a legni pregiati e rende felice questa opera buffa che si chiama vita e che svanisce come la schiuma d’una bottiglia di Champagne come ebbe a dire il maestro pesarese.

Il cliente è ricevuto con garbo, facendolo quasi sentire a casa sua

ma sempre con impeccabile professionalità e comfort.

Strano ma vero, EXÉ è anche pizza . Non una pizza qualsiasi però, bensì capolavori d’arte bianca dove l’impasto di farine antiche macinate a pietra, fatto poi lievitare per oltre 70 ore, si presta ad accogliere condimenti gourmet tra alici di Cetara e salumi delle razze di maiale più pregiate del comprensorio.

La struttura sarà presto la riprova che alta cucina e benessere possono perfettamente convivere.

EXÉ Restaurant

Circondariale San Francesco 2 41042 Fiorano Modenese (MO) Telefono: 327 3034870 Web: exerestaurant.com

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Il filetto alla Rossini ovvero filetto adagiato su pan brioche, con escalope di foie gras, fondo ridotto di anatra e tartufo nero pregiato.

Visita ad Icarben, Tienda de Embutidos, Benaoján, Malaga

Salumeria andalusa: la Zurrapa

Ad esclusione del prosciutto, in Italia si conosce ben poco della ricca tradizione della salumeria spagnola. Il panorama è tuttavia assai variegato. Nelle regioni meridionali del Paese, in particolare in Andalusia, prevale, ancora una volta con l’esclusione del prosciutto, una trasformazione delle carni suine poco propensa alla stagionatura. Ciò non toglie che la lavorazione della carne non possa fornire numerosi spunti di interesse. ICARBEN è un’azienda nata nel 1979 a Benaoján,

un centinaio di chilometri a ovest di Malaga, nell’area montana intorno a Ronda. Secondo le parole del vicedirettore JOSÉ ANTONIO ORTIZ, si tratta di «un’impresa di piccole dimensioni, che lavora le carni di 200 suini alla settimana e che cerca di sviluppare al meglio le doti dell’artigianalità, in particolare la vicinanza continua alle richieste del cliente finale». Gli animali provengono da allevamenti locali; vengono macellati e lavorati direttamente in azienda, così da garantire che ogni parte anatomica sia destinata

al migliore utilizzo possibile. «Tra i prodotti di salumeria, quello forse più tipico della regione è la zurrapa. Se è di lombo o dei suoi ritagli, questo viene fritto in strutto e sale fino a che non si sfilaccia e diventa… spalmabile. In base alla ricetta si possono aggiungere spezie come aglio, origano, polvere di peperone dolce o piccante. È un prodotto simile alle rillettes francesi», così amate anche da MARCEL PROUST

La zurrapa è molto diffusa nelle province di Malaga e Cadice. Se ne consuma anche in Estremadura,

Eurocarni, 11/22114 PRODOTTI TIPICI
Nei mercati coperti di Malaga e degli altri centri andalusi si possono ammirare cumuli di zurrapa dai quali vengono tolte le quantità richieste per mezzo di palette. I colori diversi derivano dall’aggiunta di chorizo, ciccioli, buccia d’arancia… all’impasto carneo.

La Carne mechada manteca blanca di Icarben è un arrosto realizzato con il lombo suino. La carne, sottoposta a marinatura, viene poi arrostita in forno lentamente nel modo più tradizionale, aggiungendo saporiti fondi di cottura. Il burro che riveste l’arrosto rende la carne molto tenera e saporita.

benché in minor quantità. Le sue origini vanno ricercate nel mondo rurale, quando vi era necessità di sostenute integrazioni caloriche per affrontare il lavoro nei campi.

«Durante il periodo della mattanza dei suini si era soliti friggere il lombo, ridotto a strisce molto sottili. Si continuava la cottura della parte carnea fino a che non si sfilacciava. Questa veniva lavorata con lo strutto e si otteneva una crema spalmabile da utilizzare sul pane» racconta Ortiz. L’aggiunta di strutto si deve alla necessità di conservare i cibi prima dell’avvento dei frigoriferi: la cucina della scarsità ha sempre avuto del resto abbondante ingegno.

Icarben ha industrializzato il procedimento nel solco tracciato dalla tradizione e propone zurrapa di carne, di prosciutto, di lombo e fegato. Tra le offerte si possono infatti trovare anche bistecche di lombo, note con il termine di carne mechá o mechada.

La zurrapa è in vendita in vasetti di vetro o, pronta da spalmare in monoporzioni, in vaschette di plastica. Nei mercati coperti di Malaga e degli altri centri andalusi si possono facilmente vedere colorati cumuli di zurrapa a forma piramidale dai quali vengono tolte le quantità richieste per mezzo di palette e opportunamente preparate per l’asporto in carta oleata. I colori possono derivare dall’aggiunta di chorizo, ciccioli, buccia d’arancia, strutto con paprica, frattaglie.

Nei bar e nelle caffetterie la zurrapa viene mantenuta in orci di terracotta (o di recente in alluminio), pronta per la colazione o la merenda. Il modo migliore per consumare la zurrapa è spalmarla sul mollete di Antequera (grande centro agricolo e industriale), un piccolo pane dalla forma ovale, dalla mollica bianca e alveolata, con crosta non troppo cotta.

Il Chicharron de corte (Chicharron de Cadiz) di Icarben è una pancetta di maiale cotta al forno lentamente come vuole la tradizione locale aromatizzata durante la marinatura con spezie tra le quali il pimentón. Sapore, colore e aroma intensi.

Icarben Zona de la Vega s/n 29370 Benaoján (Málaga) Telefono: +34 952167325 E-mail: tienda@icarben.com Web: icarben.com

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Carne bovina, efficienza e sostenibilità

La sfi da globale del settore agroalimentare per i prossimi anni consisterà nel garantire cibo sicuro prodotto in maniera sostenibile ad una popolazione crescente, con le previsioni che parlano di 9,7 miliardi di persone entro il 2050. Se per qualcuno la soluzione per conciliare disponibilità alimentare e ambiente dovrebbe essere smettere di produrre e

consumare carne, secondo le stime FAO, invece, in uno scenario sostenibile, sarà necessario garantire un aumento medio del 30% della disponibilità di alimenti di origine animale, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo (fonte: FAO, 2018, The future of food and agriculture).

E proprio sulla sinergia fra nuove sfide della food security e sostenibilità, si è tenuto il 29 settembre

scorso a Roma il simposio “Cow is Veg – Il ruolo dei ruminanti in una dieta sostenibile”, organizzato da ASSOCARNI in collaborazione con COLDIRETTI, durante il quale un parterre di scienziati internazionali si è confrontato su questo tema. Il saluto di benvenuto ai presenti e relatori è stato dato da L UIGI S CORDAMAGLIA , presidente dell’associazione.

Eurocarni, 11/22116 CONVEGNI
Il recente simposio scientifico internazionale “Cow is Veg”, organizzato da ASSOCARNI in collaborazione con Coldiretti, presenta dati inediti che rivelano il reale impatto della carne rossa su ambiente e nutrizione
«I bovini sono spesso etichettati erroneamente come un problema climatico, mentre in realtà rappresentano un’opportunità: gestendo al meglio le emissioni, soprattutto di metano, i bovini diventano parte della soluzione climatica» ha spiegato il professor Frank Mitloehner, Dipartimento di Scienze Animali della UC Davis.

Filiera bovina eccellenza del made in Italy, ma politiche UE mettono a rischio il settore «Il comparto della carne bovina è stato messo più volte sotto attacco con disinformazioni strumentali — soprattutto in Europa — che sono proprio quelle che oggi in parte vogliamo contrastare. L’Europa è sempre più un continente “sazio”, che invecchia e che pensa di essere ancora al centro di un mondo che invece lo rende sempre più periferico nei suoi equilibri. Con questo suo egoismo l’Europa ancora pensa — per ideologia, per moda — di poter smantellare la propria produzione agroalimentare e la propria produzione zootecnica e bovina innanzitutto (come del resto ha poi anche già fatto per tanti altri settori come quello dell’energia!) e ritrovarsi poi a dipendere dal resto del mondo» ha rimarcato Scordamaglia all’avvio dei lavori del simposio.

«Nemmeno la lezione che la crisi ucraina ha provocato fa cambiare questa strategia egoistica e sbagliata di chi non vuole una transizione verde vera e competitiva (il nostro modello produttivo dell’allevamento bovino è in assoluto il più efficace anche da un punto di vista ambientale, non solo emettendo ma assorbendo le emissioni di altri settori realmente inquinanti). E invece l’Europa va avanti in maniera ideologica.

Un esempio? Quello della recente proposta di assimilare i nuovi allevamenti bovini di appena 150 capi alle autorizzazioni preventive per l’apertura delle grandi fabbriche che emettono CO2 con tutte le conseguenze burocratiche» sottolinea il presidente di ASSOCARNI. «Ecco questo approccio fa parte di una strategia di alcuni commissari europei, primo fra tutti FRANS TIMMERMANS, che vedono nella loro testa un’Europa trasformata in un enorme e improduttivo giardino con carne e latte senza stalle.

Fortunatamente (o sfortunatamente per l’Europa) il mondo va in una direzione diversa: la produzione globale di carne e l’offerta di carne bovina si riducono mentre la domanda aumenta costantemente

In alto: l’apertura dei lavori del simposio “Cow is Veg – Il ruolo dei ruminanti in una dieta sostenibile” fatta da Luigi Scordamaglia, presidente di ASSOCARNI qui in foto con il giornalista Andrea Bertaglio, moderatore della sessione “Carne rossa tra sostenibilità, nutrizione e futuro”. In basso: Anne Mottet, Miki Ben-Dor, Andrea Bertaglio e Frédéric Leroy.

Eurocarni, 11/22 117

Il consumo di carne bovina nel mondo è l’ambizione nutrizionale di tutti i Paesi emergenti, è l’indicatore dello stato di benessere raggiunto».

E in Italia? «Nel nostro Paese oggi consumiamo una quantità di carne bovina che è uguale a quella degli anni ‘60, ottimale per la nostra dieta e meno di 25 g al giorno che è la quantità consigliata da tutte le linee guida internazionali, assicurandoci longevità e benessere. Il bovino è una specie di miracolo: consuma cellulosa improduttiva e non utilizzabile dall’uomo e la trasforma in uno dei più alti valori proteici nutrizionali e nobili che esistono e questo lo fa da sempre».

La qualità delle produzioni zootecniche italiane

Sulla qualità delle produzioni zootecniche italiane è intervenuto il presidente di COLDIRETTI ETTORE

PRANDINI: «La carne italiana nasce da un sistema di allevamento che per sicurezza, sostenibilità e qualità non ha eguali al mondo, consolidato

Cow is Veg!

Forse non ci si pensano spesso ma i bovini sono animali erbivori. Erbivori che si nutrono principalmente di cellulosa, sostanza non utilizzabile per l’alimentazione umana. La “carne rossa” che conosciamo, viceversa, è ricca di preziosi nutrienti ed è il risultato di questa interazione “simbiotica” e virtuosa tra ambiente e ciclo di vita degli animali: un processo antico come la storia dell’uomo. Su questa premessa si è sviluppato il progetto Cow is Veg, una campagna di informazione che intende fare chiarezza, attraverso la pubblicazione di contenuti e l’organizzazione di eventi scientifici, su due argomenti chiave riguardanti la filiera del bovino: la sostenibilità e la nutrizione. «In merito alla sostenibilità, vogliamo far conoscere la filiera italiana del bovino, con tutti i suoi prodotti e sotto-prodotti, e il suo impatto sul nostro territorio a livello sociale, ambientale ed economico. Vogliamo parlare, ad esempio, di water e carbon footprint della carne rossa contestualizzando, con rigore scientifico, i numeri e i titoli sensazionalistici che vengono riportati dai giornali. Si tratta di argomenti complessi, su cui riteniamo di dover promuovere la conoscenza di dati e chiavi di lettura indispensabili per poter costruire delle opinioni solide sulle quali basare le proprie scelte di consumo» scrivono gli autori di Cow is Veg. Non è da meno il tema della nutrizione, di fortissimo interesse per i consumatori. «Perché (e come) la carne rossa può essere parte integrante di una dieta sana e “green”? Qual è il suo ruolo, oggi, nell’alimentazione italiana rispetto alle diverse fasce d’età e rispettive esigenze nutrizionali? Le cosiddette “alternative” alla carne come si configurano dal punto di vista qualitativo e nutrizionale? Facciamo il punto, a tu per tu con i massimi esperti del settore».

Il portale www.lastoriadiunerbivoro.it raccoglie parecchio materiale, informazioni, notizie e contenuti di facile lettura e comprensione. Un ottimo strumento per smontare false notizie e fare chiarezza su temi che impattano sulla nostra alimentazione e salute.

Eurocarni, 11/22118
Da sinistra Giuseppe Pulina, Andrea Pancani e Luigi Scordamaglia.

anche grazie a iniziative di valorizzazione messe in campo dagli allevatori, con l’adozione di forme di alimentazione controllata, disciplinari di allevamento restrittivi, sistemi di rintracciabilità elettronica e forme di vendita diretta della carne. Le potenzialità di miglioramento sono alla portata della nostra zootecnia puntando fin d’ora sulla gestione dei residui e sulla produzione di energia rinnovabile attraverso il biogas e il biometano».

Gli impatti ambientali della filiera bovina sui quali oggi si fa ancora troppa confusione «Il settore dell’allevamento bovino in Italia è già net zero per quel che riguarda i gas climalteranti»: così commenta G IUSEPPE P ULINA , ordinario di Etica e sostenibilità delle produzioni animali all’Università di Sassari. In sintesi, il nostro Paese si conferma fra i più virtuosi al mondo in termini di bilancio delle emissioni degli allevamenti bovini.

«Dobbiamo cominciare a guardare a questa filiera come parte integrante di un’economia circolare, in un’ottica di bilancio di emissioni. Questo significa che oltre a considerare la riduzione degli impatti — secondo ISPRA le emissioni dell’allevamento pesano il 5% del totale, calate di oltre 14 punti percentuali in 30 anni (e del 10% solo negli ultimi 10) —, va aggiunto l’aumento di sequestro di carbonio compiuto dalle aree nelle quali si pratica l’allevamento».

E, continua il professore, «Addirittura con le nuove metriche (GWP*), il saldo dell’allevamento bovino è in negativo: il settore, cioè, ha contribuito maggiormente al sequestro che all’emissione. Un risultato reso possibile anche grazie allo sviluppo di un approccio innovativo secondo cui la sostenibilità del comparto zootecnico si ottiene incrementando la conoscenza, il knowledge intensive, che passa anche dall’impiego di tecnologie all’avanguardia che rendono il sistema sempre più efficiente tutelando animali e ambiente.

Un dato su tutti: il nostro Paese non è mai stato così verde dal secon-

Un bovino di razza Marchigiana. Il prof. Giuseppe Pulina ha sottolineato nel corso della sua presentazione che «dobbiamo cominciare a guardare alla filiera della carne bovina come parte integrante di un’economia circolare, in un’ottica di bilancio di emissioni. Questo significa che oltre a considerare la riduzione degli impatti va aggiunto l’aumento di sequestro di carbonio compiuto dalle aree nelle quali si pratica l’allevamento». Come rimarcato anche dal prof. Frank Mitloehner, gli allevamenti sono parte integrata della soluzione climatica.

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do dopoguerra ad oggi, passando da 5 milioni e mezzo di ettari forestali a 11. Ecco perché pensare di imporre arbitrariamente e senza studi accurati politiche per ridurre i capi di bestiame degli allevamenti bovini in Italia non solo sarebbe nocivo dal punto di vista economico e sociale, ma come dimostrano questi dati recenti, anche controproducente dal punto di vista ambientale».

Impatto economico e sociale della zootecnia Sull’importanza di guardare al sistema zootecnico sotto differenti aspetti — ambientale, ma anche economico e sociale — è intervenuto MAURIZIO MARTINA, vicedirettore generale della FAO, che ha sottolineato l’apporto di queste filiere «alla grande sfida della sostenibilità» e ha ribadito il valore di un approccio scientifico e ragionato al tema, ricordando che nel mondo 1 miliardo e 300 milioni di persone vivono grazie al lavoro in zootecnia

Proprio nell’ottica di considerare le filiere zootecniche come parte di un nuovo equilibrio sostenibile, ha proseguito: «Sono molte le questioni importanti sui cui si può lavorare insieme: contro le emissioni, sulla qualità dei mangimi, sull’utilizzo dei terreni e dei suoli, per la selezione delle razze, sulla gestione dei reflui, per la circolarità integrale dei sistemi zootecnici. Temi concreti che aiutano a spostare in avanti l’equilibrio per renderlo sempre più sostenibile e più avanzato. In questo senso non abbiamo bisogno di approcci ideologici, ma di buone pratiche che ci facciano lavorare insieme».

L’agricoltura, di cui la zootecnia è parte integrante, ha già risposto con i fatti sulla capacità di aumentare la produzione riducendo gli impatti: negli ultimi 30 anni il comparto agricolo ha sfamato quasi 2,5 miliardi di persone in più riducendo le emissioni pro capite di circa il 20% (fonte: Our World in Data).

Ambientalismo ideologico e demonizzazione della carne «Negli ultimi anni si è fatto strada anche a livello comunitario un ambientalismo troppo ideologico che non ha niente a che vedere con la protezione dell’ambiente e la relativa transizione, ma che strumentalizza le preoccupazioni dei cittadini per attaccare apertamente determinati prodotti e tradizioni alimentari europee» ha dichiarato da Bruxelles l’on. SALVATORE DE MEO, componente della Commissione per l’Agricoltura e lo Sviluppo rurale AGR «La carne rossa è al centro di questa campagna di demonizzazione che parte da una distorsione di agricoltura e allevamento, tacciati come uniche cause del cambiamento climatico. In questa confusione perdono importanza le basi scientifiche delle ricerche e non si distingue più tra uso e abuso, qualità e quantità. In un momento in cui le aziende agricole sono in seria difficoltà e la sicurezza alimentare europea è a

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«Prescindere dal ruolo nutrizionale degli alimenti nel formulare raccomandazioni per un consumo meno impattante per l’ambiente rappresenta un grave errore — ha rimarcato il prof. Leroy — occorre tenere in considerazione e incorporare tali vantaggi nutrizionali anche nelle valutazioni di carattere ambientale, per consentire confronti e valutazioni equi».

Nulla da dichiarare.

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rischio, l’Europa non può permettersi politiche approssimative che mettono ancora più in difficoltà il settore agroalimentare».

Feed vs food

Sul fronte del consumo di acqua e suolo e della cosiddetta feed vs food competition, in questi anni sono emersi dati importanti capaci di fare chiarezza in un panorama informativo spesso inquinato da dannose fake news. In un contesto come quello che si sta delineando — aumento della popolazione, aumento del reddito medio e contestuale aumento della richiesta di alimenti di origine animale — la capacità dei ruminanti di convertire erba e vegetali ricchi in cellulosa in proteine, senza entrare in competizione con l’uomo, è un’opportunità unica per il settore zootecnico di contribuire alla food security con proteine ad alto valore biologico. Ma non solo, i ruminati si mostrano estremamente efficienti nella conversione delle proteine vegetali in proteine animali. Su questo ANNE MOTTET, Livestock Development Officer presso la FAO, ha affermato che «L’intero settore zootecnico mondiale consuma circa un terzo dei cereali che produciamo. Ma questa quota può essere ridotta. In particolare, i ruminati hanno un più efficiente indice di conversione proteica: sono in grado di produrre un chilo di proteine assumendo solo seicento grammi di proteine vegetali.

Anche per quanto riguarda il land use, il settore zootecnico globale utilizza circa 2,5 miliardi di ettari di suolo, il 77% dei quali sono praterie, per gran parte non coltivabili e quindi utilizzabili solo dagli animali al pascolo, che se riconvertite a colture creerebbero danni ai servizi ecosistemici».

Allevamenti parte della soluzione climatica Se oggi la produzione e il consumo di carne sono al centro di un dibattito pubblico spesso fortemente polarizzato che influenza la lettura dei dati riguardanti la salute e gli impatti ambientali, emergono in parallelo dati più che confortanti,

che vedono gli allevamenti bovini come parte integrata della soluzione climatica. Come spiega il prof. FRANK MITLOEHNER, Air Quality specialist in Cooperative Extension presso il Dipartimento di Scienze Animali della UC Davis, «I bovini, spesso etichettati erroneamente come un problema climatico, in realtà rappresentano un’opportunità: gestendo al meglio le emissioni, soprattutto di metano. In alcune regioni l’allevamento può raggiungere la neutralità climatica — il punto in cui non comporta ulteriore riscaldamento climatico — con riduzioni fattibili di metano, fornendo al contempo alimenti altamente nutrienti».

Uno studio più attento delle emissioni di gas serra fa emergere, infatti, come anidride carbonica e metano non abbiano la stessa permanenza in atmosfera e lo stesso impatto sul clima. In particolare, il metano emesso naturalmente dai bovini viene scomposto in atmosfera e riconvertito in CO2 nel giro di dieci anni per poi essere riassorbito dalle piante con la fotosintesi, rientrando nel naturale ciclo biogenico del carbonio. Invece la CO2 prodotta dai combustibili fossili si accumula e permane in atmosfera potenzialmente per mille anni. Agendo, quindi, sul contenimento delle emissioni di metano dei bovini si opererebbe un effettivo sequestro di carbonio in atmosfera, rendendo di fatto la zootecnia un settore attivo nella lotta al cambiamento climatico, in opposizione a quanto si ritiene erroneamente oggi.

Carne e apporto nutrizionale

La carne continua a rivestire un’importanza determinante dal punto di vista nutrizionale: evitare o ridurre eccessivamente l’assunzione di carne può rendere le diete meno equilibrate soprattutto per i giovani e le fasce di popolazione più fragili.

La carne è infatti un’importante fonte di proteine di alta qualità e di vari micronutrienti di cui si rilevano carenze a livello globale (anche presso gran parte delle popolazioni occidentali) come ferro, zinco e vitamina B12. Come riportato da FRÉDÉRIC LEROY, professore nel cam-

po della Scienza dell’Alimentazione presso la Vrije Universiteit Brussel: «Nonostante si tratti dell’alimento che ha accompagnato l’evoluzione della specie umana costituito da proteine di qualità e micronutrienti altamente biodisponibili, l’assunzione di molti dei quali è peraltro limitata da parte della popolazione, spesso la carne viene ingiustamente inquadrata come una scelta alimentare non salutare. Al contrario, la carne dovrebbe essere considerata un alimento chiave per migliorare lo stato nutrizionale nell’ambito di una dieta sana, soprattutto per le popolazioni con esigenze nutrizionali elevate. Prescindere dal ruolo nutrizionale degli alimenti nel formulare raccomandazioni per un consumo meno impattante per l’ambiente rappresenta un grave errore — continua il prof. Leroy — occorre tenere in considerazione e incorporare tali vantaggi anche nelle valutazioni di carattere ambientale, per consentire confronti e valutazioni equi».

Consumo di carne e evoluzione

La valenza nutrizionale della carne rappresenta infine un importante retaggio evoluzionistico che caratterizza la nostra specie da oltre due milioni di anni. «Le evidenze circa il metabolismo indicano che gli esseri umani, evolutisi nel Paleolitico come “ipercarnivori”, sono ancora adattati ad una dieta in cui i lipidi e le proteine, piuttosto che i carboidrati, offrono un contributo importante all’approvvigionamento energetico» ha dichiarato MIKI BEN-DOR, ricercatore in nutrizione e diete ancestrali presso il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Tel Aviv.

Alla luce di queste riflessioni, emerge chiaramente l’importanza di guardare con fiducia al settore zootecnico e alle sue evoluzioni in grado di contribuire positivamente all’auspicata neutralità climatica, così come è necessario guardare ai bovini come a una risposta concreta e sostenibile alla crescente richiesta di proteine di alta qualità da parte della popolazione globale.

Fonte: ASSOCARNI www.assocarni.it

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Sommet de l’Élevage di Clermont Ferrand 2022, 31a edizione Sommet, superati i 100.000 visitatori

Gli organizzatori del Sommet de l’Élevage sorridono a fine rassegna. Questa 31a edizione del salone, unanimemente considerato uno degli appuntamenti più importanti a livello europeo

per il bestiame da carne, si è infatti conclusa sotto i migliori auspici. «Non solo abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, ma lo abbiamo addirittura superato», si rallegra FABRICE BERTHON, commissario gene-

rale del Sommet. 105.000 visitatori (5.000 in più rispetto ai 100.000 attesi, NdR), tra i quali quasi 5.000 di provenienza internazionale, hanno passeggiato tra i corridoi del salone. «Bisogna sottolineare l’alta qualità

Eurocarni, 11/22124 RASSEGNE
Il Sommet de l’Élevage si conferma la più importante rassegna di bovini da
carne a livello europeo
e tra le più prestigiose in campo internazionale (photo © www.instagram.com/sommetelevage).

di questa edizione, che ha visti bellissimi concorsi, tra cui il National Charolais, particolarmente rilevante quest’anno a livello di presenze, e un numero record di conferenze tecniche», ha aggiunto il presidente JACQUES CHAZALET

Il Sommet della convivialità Anche per i 1.521 espositori presenti al Sommet questa edizione è stata un grande successo, con affari conclusi tra i corridoi e molti momenti di convivialità, come la

serata dei giovani agricoltori. «È stata la prima volta e che prima volta: hanno partecipato 5.000 persone», ha sottolineato Berthon. Come la serata patrocinata dalla Regione Auvergne-Rhône-Alpes, che ha visto riunirsi 1.500 persone, tra espositori, organizzazioni professionali e politiche.

Un importante incontro politico Questa edizione è stata anche un importante appuntamento politico con la visita di MARC FESNEAU,

Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, e la presenza di numerose delegazioni parlamentari. «La visita del ministro si è rivelata un’importante opportunità per discutere con gli agricoltori e le organizzazioni professionali ed è stata particolarmente apprezzata», ha rimarcato Chazalet. «Come la visita del presidente del Senato, GÉRARD LARCHER, per la prima volta nella storia del Sommet, che dimostra che il salone rimane un evento politico di primordine».

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Il salone ha acquisito via via una sempre maggior reputazione grazie alla qualità degli animali selezionati per il loro valore genetico, tra bovini da carne e latte, ovini ed equini (photo © www.instagram.com/sommetelevage).

Interesse a apprezzamento per i bovini da carne ANABIC in mostra al Sommet

Luca Panichi, presidente dell’Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani Carne (ANABIC), non ha dubbi: la prima partecipazione alla più importante rassegna europea di bovini da carne, che si inserisce tra le più prestigiose a livello internazionale, ha risposto alle aspettative nel migliore dei modi e ha ripagato gli enormi sforzi organizzativi richiesti. «Non potevamo tornare a casa con una soddisfazione più grande. Gli animali che abbiamo portato in esposizione hanno riscosso un enorme successo di pubblico sia in termini di apprezzamento che di curiosità, soprattutto davanti alla maestosità della loro stazza. Questa nostra prima partecipazione al Sommet de l’Élevage di Clermont Ferrand sancisce per ANABIC l’inizio di un nuovo corso che ha come obiettivo un sempre maggiore impegno verso la valorizzazione dalle razze che l’associazione rappresenta: Chianina, Marchigiana, Romagnola, Maremmana e Podolica e della carne da loro prodotta».

«Proprio così» commenta a sua volta il direttore Stefano Pignani (in foto a lato). «Quando siamo partiti con alcuni esemplari di bovini di razza Chianina, Marchigiana e Romagnola da esporre al Sommet avevamo tanto entusiasmo, ma anche qualche timore che si è dissolto velocemente davanti all’affluenza che abbiamo registrato ogni giorno durante la sfilata dei nostri animali e all’interesse manifestato dai numerosissimi visitatori, tutti allevatori e operatori del settore altamente specializzati sia francesi sia provenienti da altri Paesi, che hanno sostato con attenzione davanti agli animali e al nostro stand chiedendo informazioni sempre molto dettagliate sulle razze che ANABIC rappresenta. Si fa presto a capire la portata di questa manifestazione distribuita su oltre 15 ettari di spazio espositivo e molto concentrata, legittimamente, sulle razze francesi: solo la razza Charolaise, una tra le più conosciute e importanti della Francia, quest’anno ha contato in mostra più di 400 capi. Essere riusciti da neofiti di questa kermesse a suscitare attenzione e soprattutto interesse vuole dire aver centrato l’obiettivo che ci eravamo posti: far conoscere con competenza l’eccellenza di alcune razze di bovini da carne italiane».

Numerosi sono stati i contatti con allevatori e operatori del mondo zootecnico provenienti da varie parti del mondo che hanno manifestato un grande interesse nei confronti dei bovini delle razze Chianina, Marchigiana e Romagnola presenti al Sommet de l’Élevage ed emblematica a questo proposito è stata l’intenzione espressa allo stand di ANABIC da un allevatore francese, che all’interno di un processo di diversificazione produttiva del suo allevamento e dopo aver valutato quale razza potrà rispondere meglio alle sue esigenze, ha manifestato l’interesse di introdurre nella sua azienda alcuni capi di bovini di una delle razze rappresentate da ANABIC che intende andare a visitare nelle prossime settimane.

Durante i quattro giorni che hanno scandito la rassegna del settore più importante a livello europeo e tra le più prestigiose su scala internazionale alcuni bovini di razza Chianina, Marchigiana e Romagnola hanno letteralmente incantato il numeroso e qualificato pubblico che ha calcato i padiglioni della kermesse francese.

Eurocarni,

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5.000 visitatori internazionali

Il 2022 ha segnato anche la ripresa delle visite internazionali, con un’affluenza degna di quella del 2019, ultima edizione ad accogliere tutte le delegazioni straniere. «Abbiamo registrato 5.000 visitatori provenienti da oltre 80 Paesi», ha commentato BENOIT DELALOY, responsabile internazionale del salone. Ospite d’onore 2022 è stata la Mongolia, un’operazione riuscita grazie ai legami creatisi negli anni che hanno permesso di preparare adeguatamente l’arrivo della delegazione. «È stata un’operazione ben gestita dall’inizio alla fine, con la realizzazione attività molto concrete: visite agli allevamenti, conferenze, esposizioni di yak, yurte, cucina mongola, ecc…». Ricordiamo solo che la Mongolia è un Paese con un rilevante potenziale agricolo, disponendo di una superficie di 1,5 milioni di km² e di 66 milioni di capi di bestiame per 3 milioni di abitanti. Le vaste steppe lo rendono il luogo ideale per un allevamento estensivo sostenibile in cui il pascolo costituisce l’80% del territorio.

«La nostra partecipazione al Sommet non poteva davvero avere un esito migliore —sottolinea ancora Pignani — a cui hanno contribuito in primis gli allevatori, Marco e Matteo Luchetti di Perugia, Giuseppe Drudi di Rimini e l’azienda agricola dell’Università di Perugia, che con grande professionalità hanno saputo gestire e condurre i loro animali per l’intera durata della manifestazione, a cui va aggiunto il Centro Tori Chiaccherini di Perugia con la sua titolare, Anna Chiaccherini, ispiratrice della partecipazione di ANABIC al Sommet, che ha saputo trasmettere entusiasmo e determinazione. E un grazie speciale va alle Regioni Marche e Umbria che ci hanno supportato con un contributo economico sia per l’allestimento dello stand che per le spese organizzative.

Ora dobbiamo mettere a frutto questo risultato e unirlo a tutto quello che ANABIC sta facendo e farà per la valorizzazione delle carni delle razze Chianina, Marchigiana, Romagnola, Maremmana e Podolica. Non dimentichiamo infatti che studi scientificamente documentati hanno dimostrato che la carne di questi animali contiene un basso livello di colesterolo e che sono ricche di grassi insaturi e povere di grassi saturi. Non solo l’allevamento di questi animali, che per il 70% dei 160.000 soggetti allevati nei 5.000 allevamenti associati a ANABIC avviene al pascolo, rappresenta un baluardo a tutela della biodiversità, del territorio e di quel concetto sempre più ampio racchiuso nel termine “sostenibilità”, ma è un enorme patrimonio che valorizza il territorio e a sua volta merita un’adeguata valorizzazione anche commerciale, in Italia e nel mondo».

>> Link: www.anabic.it

Particolarmente riuscito e apprezzato il Congresso europeo sulla razza Hereford, che ha riunito un centinaio di allevatori provenienti da 10 Paesi. «Questo congresso ha consentito la realizzazione di scambi ricchi e costruttivi e le delegazioni dovrebbero essere ancora più numerose l’anno prossimo, anche perché sono in programma i concorsi nazionali della Limousine per quanto riguarda i bovini da carne e della Bruna per i bovini da latte, due razze di rilevanza internazionale» precisa BRUNO DUFAYET, presidente di APRAMAC, associazione che organizza i concorsi.

Sensibilizzazione sull’Anno internazionale ONU dei pascoli e dei pastori Questa edizione ha permesso, tra l’altro, di sensibilizzare il comparto zootecnico e la componente politica sul 202, Anno Internazionale dei Pascoli e dei Pastori per l’ONU. «E tutti sembrano essere d’accordo sul fatto che il punto culminante dell’anno dovrà essere proprio il Sommet, con l’organizzazione di grandi eventi

dedicati», ha sottolineato Fabrice Berthon. Consapevole della propria responsabilità e già impegnato in questa direzione, il Sommet ha fatto della dimensione sostenibile la principale ambizione per l’agricoltura di domani, promuovendo tutti le innovazioni in termini di attenzione all’ambiente e alla natura. Questo impegno su larga scala è supportato da una nuova identità visiva: Sommet de l’Élevage, Salone mondiale dell’allevamento sostenibile.

Sommet de l’Élevage 2023

La prossima edizione si terrà dal 3 al 6 ottobre 2023. «E noi puntiamo ad accogliere 1.600 espositori e 110.000 visitatori» concludono Jacques Chazalet e Fabrice Berthon.

>> Link: www.sommet-elevage.fr

Eurocarni, 11/22 127

MarcabyBolognaFiere, sempre più insegne della DM vogliono esporre all’unica fiera italiana dedicata alla marca commerciale

Le più importanti insegne della Distribuzione Moderna prenotano un posto a MarcabyBolognaFiere, l’unica fiera italiana dedicata alla marca commerciale, in programma al quartiere fieristico di Bologna il 18 e 19 gennaio 2023. Il comitato tecnico scientifico che supporta la fiera, organizzata da BolognaFiere in collaborazione con ADM, Associazione Distribuzione Mo-

derna, ha registrato 4 nuovi ingressi portando a quota 22 le insegne che esporranno nel 2023 alla 19a edizione di MarcabyBolognaFiere. MarcabyBolognaFiere si avvale del supporto strategico del comitato tecnico scientifico, costituito dai più importanti retailer della distribuzione moderna. Alle 18 insegne già presenti — Ard Discount, Brico Io, C3, Carrefour, Conad, Coop, Coralis,

Crai, Despar, D.it-Distribuzione Italiana, Italy Discount, Lekkerland, Marr, S&C, Selex, Tuodì, Unes, VéGé — se ne aggiungono 4: Bricofer, che va a potenziare il settore DIY, un’azienda italiana leader nel settore del fai da te che ha saputo ritagliarsi un posto di rilievo nel panorama imprenditoriale nazionale grazie ad una vasta offerta di prodotti di qualità e una gamma di servizi completa; Cortilia,

Eurocarni, 11/22128 FIERE
I
Padiglioni
di Marca by
BolognaFiere 2022

innovativo sistema di e-commerce, una sorta di mercato agricolo on-line che mette in contatto agricoltori e consumatori e che permette di ricevere la spesa direttamente a domicilio; Decò, altro marchio italiano, attivo nella Grande Distribuzione organizzata, presente nel Centro e Sud Italia; Risparmio Casa,una catena con punti di vendita su tutto il territorio italiano specializzata nella cura della casa e della persona, con un vasto assortimento di prodotti.

Vetrina sempre più prestigiosa e strategica per la marca commerciale e per il settore GDO/consumi, la prossima edizione di MarcabyBolognaFiere rinnova per il 2023 i suoi asset fondamentali, a partire da Marca Fresh e Marca Tech, i due saloni tematici che attiveranno l’interesse dei tanti professionisti in visita.

Marca Fresh , format di successo riservato ai prodotti freschi e freschissimi dell’ortofrutta, alla sua terza edizione, consentirà di coniugare le esigenze del business con momenti di networking

e di approfondimento tematico. Marca Fresh, che sta registrando tra gli operatori un riscontro positivo, sarà contenitore esperienziale per tutti gli attori della filiera, con un approccio al mercato destinato a evolvere in chiave di innovazione e sostenibilità. Un’agorà pensata per dare risalto agli espositori del comparto del fresco, condividere contenuti ed esperienze attraverso incontri, tavole rotonde e workshop, e valorizzare best practice capaci di soddisfare i moderni trend di consumo e i segmenti produttivi più evoluti.

L’accelerazione tecnologica e l’innovazione in ambito di sostenibilità sono oggi più che mai necessarie. In quest’ottica, MarcabyBolognaFiere ospiterà la nona edizione di Marca Tech dedicata ai beni intermedi per la supply chain MDD: packaging, logistica, materie prime, ingredienti, tecnologia e servizi. Marca Tech proporrà alla business community del settore le ultime tendenze per innovare e operare in

modo sostenibile ed efficace. Sono in crescita le adesioni delle aziende che vogliono esporre i propri prodotti food e non food nella vetrina dell’eccellenza italiana.

Anche quest’anno i prodotti novità degli espositori possono partecipare alla Selezione internazionale dei prodotti novità organizzata in collaborazione con IPLC – The Retailer Brand Specialists, mirata a trovare i migliori prodotti nelle principali categorie del largo consumo, pronti a sfondare sui mercati internazionali.

In mostra anche i prodotti novità delle insegne, quelli immessi sul mercato nel 2022 oppure in fase di lancio nel 2023: si potranno vedere in vetrina alla Retail Brand Area e anche consultare anche on-line sul sito di MarcabyBolognaFiere.

>> Link: marca.bolognafiere.it

26a Giornata Nazionale della Colletta Alimentare: un appello a donare la spesa

Torna l’appuntamento con la Giornata Nazionale della Colletta Alimentare, promossa dalla Fondazione Banco Alimentare: sabato 26 novembre si potranno acquistare alimenti non deperibili da donare alle persone in difficoltà, aiutate dalle strutture caritative convenzionate con le 21 sedi Banco Alimentare. In più di 11.000 supermercati in tutta Italia oltre 140.000 volontari del Banco Alimentare, riconoscibili dalla pettorina arancione, inviteranno a comprare prodotti a lunga conservazione: verdura in scatola, tonno e carne in scatola, polpa o passata di pomodoro, olio, alimenti per l’infanzia come omogeneizzati o crema di riso. Gli alimenti donati saranno poi distribuiti a circa 7.600 strutture caritative convenzionate (mense per i poveri, case famiglia, comunità per i minori, centri d’ascolto, unità di strada, ecc…) che sostengono circa 1.700.000 persone. «Sono purtroppo ancora tante le persone in difficoltà nel nostro Paese» afferma Giovanni Bruno, presidente della Fondazione Banco Alimentare Onlus. «È fondamentale continuare a sensibilizzare tutti a compiere un atto concreto di aiuto. La colletta alimentare è un gesto semplice di carità che promuoviamo da oltre un quarto di secolo. Partecipare a questa iniziativa significa contrastare l’indifferenza e favorire la condivisione. Facciamo appello a tutti affinché anche quest’anno la solidarietà sia tanta» (in foto, il calciatore Giorgio Chiellini, per il secondo anno consecutivo testimonial dell’iniziativa solidale).

• Sarà possibile donare la spesa anche on-line su alcune piattaforme dedicate. Per conoscere le varie modalità di acquisto dei prodotti e i punti vendita aderenti all’iniziativa è possibile consultare il sito www.colletta.bancoalimentare.it

Eurocarni, 11/22 129
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Cinque importanti cluster KPI per una produzione più affidabile

«Lavorando per un’azienda che ha come core business soluzioni per la gestione della filiera alimentare attraverso l’acquisizione, l’elaborazione e la valutazione dei dati, mi trovo spesso di fronte a domande riguardanti l’ottimizzazione dei processi produttivi» spiega ANDRÈ MUEHLBERGER, direttore della filiale italiana di CSB-System che da oltre 40 anni sviluppa e implementa ERP specifici per l’industria alimentare. «Queste domande portano inevitabilmente ad altre domande sulla misurabilità delle prestazioni, i cosiddetti KPI –Key Performance Indicators, indicatori

chiave di prestazione». Il problema è che i processi produttivi stanno diventando sempre più complessi: le aspettative dei consumatori su qualità dei prodotti e capacità di consegna aumentano, gli adempimenti legali pure.

Non è facile soddisfare questi requisiti tenendo sotto controllo tempo, costi e qualità, ovvero i fattori chiave del successo imprenditoriale. Tuttavia, continua GUIDO GIRARDEL

LI, sales manager CSB-System, «se si riesce a intervenire su macchinari e impianti, una componente che crea valore significativo nell’industria alimentare, si raggiungono due

obiettivi contemporaneamente: l’affidabilità del processo produttivo migliora e una volta assicurata l’affidabilità del processo, è possibile massimizzare l’impiego degli impianti».

Ma come si interviene sul processo produttivo e sugli impianti?

I KPI di cui si deve tener conto sono molteplici e possono essere raggruppati in 5 cluster.

1. Controllo degli impianti Gli impianti e i processi produttivi richiedono investimenti elevati. Ciò crea una tensione tra l’elevato utilizzo degli impianti per mantenere

Eurocarni, 11/22132 TECNOLOGIE
L’ERP CSB-System mette a disposizione indicatori chiave di prestazione (KPI) per intervenire su processo produttivo e impiego degli impianti.
FB Engineering: Via Cattani Sud 67 - 41012 - CARPI (MO) Tel. 059 643680 Fax 059 696057 info@fb-engineering.it www.fb-engineering.it apvd.it Controlla il tuo processo con le soluzioni di FB Engineering “SUSSIDIARIO” , IL TUO SOFTWARE DI FABBRICA PER INDUSTRIA 4.0 PROGRAMMAZIONE E RACCOLTA DATI, INTEGRAZIONE DELLE MACCHINE NEL PROCESSO E INTERFACCE UOMO MACCHINA SEMPLICI E FRUIBILI.

i costi unitari il più bassi possibile, da un lato, e il mantenimento di capacità sufficienti a garantire la flessibilità economica e la crescita, dall’altro. Il mantenimento di questo equilibrio richiede un elevato grado di flessibilità, un requisito che è diventato un fattore chiave per l’Industria 4.0, in cui i sistemi cyberfisici sono utilizzati per collegare in rete gli impianti tra loro e con le persone, e i dati degli impianti sono resi disponibili in tempo reale. La qualità dei dati acquisiti offre alle aziende la possibilità di reagire agli eventi in breve tempo o in tempo reale o di riconoscere addirittura in anticipo gli eventi imminenti e intraprendere azioni correttive. L’ERP CSB-System mette a disposizione tre indicatori chiave che riflettono l’uso e le prestazioni dell’impianto:

• prestazioni teoriche;

• la performance, ovvero il confronto tra la produzione effettiva e la produzione attesa;

• l’efficacia complessiva, la cosiddetta OEE – Overall Equipment

Effectiveness

Le conclusioni basate sulla valutazione di questi indicatori, riveleranno le possibili fonti di

errore e aiuteranno a identificare le opportunità di ottimizzazione.

2. Manutenzione degli impianti Coi loro macchinari, i produttori di impianti contribuiscono costantemente alla necessaria automazione delle industrie a processi. Sempre più richiesto è lo sviluppo di interfacce standardizzate che armonizzino l’elaborazione di dati anche eterogenei. Queste interfacce garantiscono inoltre la necessaria trasparenza e facilitano il trasferimento automatizzato dei dati.

L’ERP CSB-System, grazie al collegamento in rete degli impianti, consente la manutenzione predittiva basata su KPI. Questo tipo di manutenzione migliora il processo produttivo, abbassa i costi perché riduce i tempi di fermo degli impianti riducendone anche il loro livello di usura. Ciò aumenta inevitabilmente l’importanza della manutenzione predittiva come parte del mix di strategie di manutenzione, perché pone l’accento su misure preventive e non solo a posteriori che solitamente comportano maggiori tempi di fermo delle macchine.

«I nostri clienti — afferma Mu-

ehlberger — ci riportano che, da quando con il CSB-System hanno implementato misure di manutenzione predittiva, hanno visto ridurre, dati alla mano, il numero di riparazioni non programmate, il Mean Time To Repair, ovvero il tempo medio tra la segnalazione di un guasto e il ripristino dello stato operativo di una macchina, e persino il numero complessivo dei lavori di manutenzione eseguiti rispetto ai lavori di manutenzione programmati».

3. Solo i migliori fornitori L’ottimizzazione del processo di approvvigionamento mira a ridurre al minimo le scorte di materie prime, per salvaguardare la freschezza dei prodotti e ridurre l’impegno di capitale. Fornitori ben selezionati in grado di garantire prontezza nelle consegne sono dunque fattori di successo essenziali per una produzione efficiente e sincronizzata. La capacità di consegne puntuali, la flessibilità e l’affidabilità sono obiettivi misurabili. L’ERP CSB-System offre la possibilità di valutare i propri fornitori tramite KPI che misurano: • il rispetto delle date di consegna;

Eurocarni, 11/22134
Controllo Qualità con dispositivo mobile.

I macchinari sono importanti per l’automazione delle industrie a processi.

• la percentuale di reclami al ricevimento merce;

• il tempo necessario di rifornimento e la percentuale di consegne speciali effettuate ad hoc: valuta la velocità di reazione e la flessibilità nelle fasi critiche di inattività.

Anche in questo caso, le decisioni che seguiranno avranno ripercussioni sul processo produttivo e sull’impiego degli impianti.

4. Soddisfazione del cliente

«Sebbene la soddisfazione del cliente sia l’ultimo tassello della filiera alimentare, per tutti i nostri clienti — dice Girardelli — questo è il punto di partenza per qualsiasi considerazione. Perché la soddisfazione del cliente è un indicatore della qualità del proprio prodotto».

Con l’ERP CSB-System è possibile tenere sotto controllo i KPI che misurano:

• tasso di reclamo;

• tasso di ritorno;

• rispetto delle date di consegna. Ancora una volta, le valutazioni che ne conseguono influenzeranno il processo produttivo e quindi l’impiego degli impianti.

5. Qualità elevata costante

I requisiti di qualità di un prodotto sono definiti dalle norme di sicurezza e dalle richieste dei clienti: un prodotto che non rispetta questi requisiti diventa uno scarto. Gli scostamenti dalla qualità desiderata, che comportano nuove lavorazioni, possono verificarsi lungo l’intero processo produttivo e vanno individuati. Il Controllo Qualità del CSBSystem misura per ogni prodotto:

• il livello di qualità;

• il livello di scarto;

• il livello di ri-lavorazione.

La panoramica offerta da questi KPI offre la possibilità di intervenire tempestivamente su produzione e impianti ogni volta che è necessario.

Il quadro generale «Nel CSB-System i KPI — conclude Muehlberger — possono essere presentati in forma sintetica, insieme ai loro valori-obiettivo, ai valorireali e al grado di raggiungimento dell’obiettivo. I dipendenti hanno le informazioni a portata di mano e attraverso un sistema di semafori possono vedere direttamente cosa e in quali aree non sta andando secondo i piani. La nostra esperien-

za ci dice che una presentazione trasparente e regolare dei KPI aiuta a sensibilizzare i dipendenti al raggiungimento degli obiettivi. Purtroppo, però, non tutti gli ERP sono in grado di acquisire e aggregare dei dati per poi consolidarli in cifre chiave. Il CSB-System lo fa, ma l’individuazione di quali dati debbano essere sintetizzati, in quali KPI, e quale sia la loro utilità sarà frutto della collaborazione strategica tra il management aziendale e il team di nostri esperti. Un’opportunità da non perdere!».

Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

Eurocarni,

11/22136

qualità certa, anzi certificata

Jarvis,
Jarvis Italia S.r.l. Via Pinfari 8/c · Suzzara, MN · tel. +39.0376.508338 · fax +39.0376.507252 info@jarvisitalia.it · www.jarvisitalia.it 2017 EC Type-examination Certificate issued by PTB Braunschwieg / D Una nuova generazione di storditori e cartucce universali Sicuri che i sistemi a cui vi affidate siano certificati? Quelli di Jarvis lo sono. Le nuove certificazioni CE assicurano che le cartucce e le pistole per l’abbattimento Jarvis lavorino nel pieno rispetto del regolamento CE 1099/2009 per il benessere animale. La gamma delle cartucce Jarvis certificata C.I.P., è pienamente compatibile con i modelli di altre marche attualmente sul mercato. Il nostro centro di Assistenza tecnica è qualificato per riparazioni ed emissione test di conformità degli abbattibuoi di tutte le marche. Jarvis è una certezza di qualità ed assistenza tecnica. Jarvis è certificata.

Denervatori LIMA per carni macinate di pollo e tacchino di altissima qualità

Da LIMA arriva una gamma di tritacarne denervatori della serie GD e GDM che permette di separare le carni di pollo e tacchino con risultati del tutto analoghi alla carne macinata al tritacarne. Per la gamma GD LIMA ha sviluppato una testata di nuova generazione, che meccanicamente ed in automatico mantiene la pressione di separazione a livelli molto bassi, garantendo un’altissima qualità del prodotto finale ottenuto. Le materie prime che si possono separare tritando e denervando con la serie LIMA GD e GDM sono i trimming di pollo e tacchino, anche in presenza delle forcelle, fusi, cosce e sottocosce disossate, resti di spolpatura e i tagli che vengono scartati dai sistemi di rilevazione a Raggi-X per parti estranee. Quindi carni con presenza di schegge ossee, cartilagini, nervi, tessuti connettivi e altri parti dure possono essere valorizzate con il sistema LIMA serie GD.

La nuova gamma di macinatori denervatori LIMA della serie GD e

GDM permette di tritare e macinare carni di pollo e tacchino di alta qualità ad un livello inarrivabile per altre attrezzature che utilizzano la tecnologia tipica dei separatori per denervare carni precedentemente disossate, senza ovviamente la necessità di dover dichiarare il prodotto finito come Carne Separata Meccanicamente

La gamma è stata sviluppata specificamente per i tagli di carne disossata di pollame, maiale e manzo. La carne che viene recuperata non è CSM, MSM o MDM (Carne Separata Meccanicamente, Mechanically Separated Meat o Mechanically Deboned Meat) ma vera carne macinata e denervata, che non rientra quindi nella stessa legislazione e normativa del MSM (MDM).

In questo segmento di mercato, altri macchinari separatori producono carni macinate e denervate, ma i vantaggi nell’utilizzo della tecnologia LIMA sono molti: • per le stesse applicazioni con LIMA GD/GDM otteniamo rese estremamente superiori

di carne macinata e denervata sino al 98%;

• il sistema LIMA non necessita di alcun pretaglio o premacinatura: il separatore può essere alimentato con interi muscoli e parti anatomiche;

• basse pressioni di esercizio durante il processo di separazione, con minimo innalzamento di temperatura della carne, inferiore ai 2 °C;

• l’alimentazione delle materie prime nel tritacarne denervatore LIMA GD/GDM è molto semplice e non richiede alcuna premacinazione della materia prima;

• LIMA GD/GDM può essere fornito con una configurazione a filtro chiuso, il che significa che la testa di separazione è chiusa in un supporto con un’uscita della carne collegata a una tubatura. Tale tubatura può essere facilmente collegata ad una pompa per carne o ad una stazione di dosaggio automatica. La carne è quindi maggiormente protetta dai rischi di contaminazione da

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corpi estranei all’uscita del filtro, cosa impossibile con altri tipi di separatori;

• la regolazione della resa su LIMA GD/GDM è facile, precisa ed affidabile. I nostri clienti adorano la semplicità, la precisione e l'affidabilità di utilizzo della testa di separazione LIMA;

• il tempo di montaggio, smontaggio e pulizia è molto più veloce su un LIMA GD/GDM rispetto ad altri separatori, con costi operativi molto bassi;

• il design estremamente igienico;

• lo spazio richiesto per l’installazione dei separatori e tritacarne denervatori LIMA è estremamente contenuto, permettendone l’uso anche in zone produttive ristrette;

• i separatori LIMA riescono ad eliminare anche residui plastici come piccole parti di involucri.

La nuova serie di tritacarne denervatori LIMA GD e GDM è disponibile in un’ampia gamma di macchinari che partono da capacità produttive di circa 100 kg/ ora sino ad arrivare al modello più performante che può separare e tritare circa 8.000 kg/ora. Con LIMA possiamo fornire linee complete per alimentare in automatico i tritacarne denervatori, trasportare la carne macinata ad una stazione di dosaggio con bilance per riempire a peso fisso cassette o cartoni con involucro plastico all’interno.

LAZZARI EQUIPMENT è disponibile ad organizzare prove e fornire dati di resa specifici per ogni tipo di carne che si intenda separare producendo carne macinata della massima qualità.

Rese per tipo di carne (pollo e tacchino) e relativo scarto con la gamma di tritacarne denervatori serie GD e GDM: esempi e particolari.

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We meat at sea, The Pigeon Detectives

Stop the pigeon

Mentre sul piatto sta girando “We met at sea”, quarto album di T HE P IGEON DETECTIVES e mi chiedo il motivo di un nome così assurdo, ripenso all’ultima volta che ho mangiato un piccione e di come abbia avuto a che fare con questi pennuti non solo a tavola. Due vite fa, occupandomi di export verso Paesi Bassi e Francia, ho organizzato il trasporto di due piccioni “da gara”, assicurati per una somma non indifferente. Pochi anni prima, mentre studiava Ingegneria meccanica (vecchio ordinamento, ci tiene a sottolinearlo), mio fratello lavorava come “giudice di piccioni viaggiatori”. Ma, soprattutto, tornerei anche adesso alla Futura Osteria (futuraosteria.it), ad Abbadia Isola, vicino a Monteriggioni, Siena, per mangiare un delizioso “Piccione Summertime” che non manco di degustare ogni volta che devio con piacere dal tratto tra Firenze e la città del Palio per eccellenza.

Proviamo allora ad andare per ordine, partendo dal fatto che fra le tipologie più note di questo animale ci sono i “messaggeri” (o viaggiatori), capaci di percorrere fino a 800 km al giorno alla velocità di 80 km orari, e i “grossi”, la cui bontà delle carni è risaputa.

Il piccione fa parte della categoria della selvaggina da penna, le sue carni sono “nere” differenziandosi dalle “bianche” (tacchino, pollo), dalle “rosse” (bovino, equino, ovicaprino, suino) e sono povere di grassi quanto sono ricche di proteine.

Se la carne del selvatico “colombaccio” è scura e consistente e ha un gusto deciso che spesso divide i commensali, quella da allevamento, senza bisogno di frollature prolungate, è più tenera e chiara.

Tradizionalmente arrostito o grigliato, si trova in diverse versioni nei locali di ogni categoria, mutando nel modo in cui viene cucinato e servito, testimoniando così la sua presenza nel corso del tempo all’interno della cucina italiana: allo spiedo, farcito, alla griglia, in casseruola con purè di zucca, in umido, in gratella, in tegame, con polenta, al vino rosso, con fagioli, al prosciutto, con castagne, all’agro, con noci e vino passito, con funghi, con tartufo e foie gras, all’uva bianca, con mandorle, con l’Aceto Balsamico tradizionale di Modena… Ogni regione ha le proprie versioni, in un ricettario infinito di varianti.

Allevato fin dalla antichità, senza distinzione di ceto, nel corso del Medioevo era facile trovare colombaie tra le mura dei castelli come nelle campagne, mentre oggi è facile riconoscere da Padova e Vercelli per il Belpaese, Oltralpe verso Bordeaux e Bresse, gli esemplari più pregiati.

Il piccione si vende con le viscere, spiumato in modo da poterne riconoscere la qualità osservandone soprattutto la pelle, che deve essere liscia, ben tesa e senza striature. Altri indicatori di freschezza si trovano nella flessibilità del becco, nelle ali che non devono essere avvizzite e

negli occhi. Osservazioni degne di un investigatore.

Chissà che allora The Pigeon Detectives non sia uno sgrammaticato modo per definire un macellaio che sceglie con cura i piccioni da esporre a banco per far felice chi seduto a tavola li mangerà. Intanto gira a 33 giri al minuto questo disco che arriva da Leeds pieno di chitarre e, nonostante una discreta grammatura del supporto, leggerezza.

Dopo l’acclamato “Wait For Me”, esordio che scalò classifiche nel 2007, pubblicarono due album tra il 2008 e il 2011, per arrivare nel 2013 a quello che ad oggi rimane il loro ultimo lavoro. Una formula compositiva che non è mutata negli anni, capace di entusiasmare prima e compiacere nel tempo senza scadere in copie sciupate.

Come esistono album che ti cambiano la vita, ci sono anche quelli che ti accompagnano senza scuoterti ad ogni ascolto. Fanno parte di quella che possiamo chiamare “colonna sonora della tua vita” e, anche se lo sono magari in maniera marginale, rimangono comunque presenti.

“We met at sea” arriva quando l’onda di chitarre è passata, a metà degli anni dieci dei Duemila, per un vento di produzioni sempre più autoprodotte e indirizzate a basi digitali che si prende la scena, aprendo un ciclo e chiudendo quello precedente.

Oggi, a distanza di 10 anni, stiamo assistendo ad un prepotente

Eurocarni, 11/22140 SONO 180 GR AMMI, LASCIO?
Photo © Sneha Cecil x unsplash

ritorno di basso, chitarre, batteria e voce sia nelle sue forme più viscerali (da lì non sono mai andate via), che soprattutto nel pop. Allora ascoltare ora quello che ai tempi passò in sordina non può non farti riflettere su come certe dinamiche mischino le carte non tanto per un discorso artistico in sé, quanto per l’aspetto commerciale e sociale che certe involontarie cartine tornasole portano con loro.

Non si parla di precursori o innovatori, di influenze o radicali cambiamenti che aprono strade stilistiche da percorrere, ma di dischi figli del loro tempo e poi orfani, da riscoprire.

Sono le note di Animal che, con il suo riff orizzontale a incrociare il tamburo, sembra voler ribadire che sta proprio cominciando tutto qui, quando ci Incontriamo al mare, in una celebrazione dove la ritmica a salire in un groviglio di chitarre si stende sul refrain. Non c’è nulla di più leggero, potremmo essere davvero a festeggiare sulla spiaggia in un’estate che non vuole smettere.

Poi puoi fare un salto negli anni ‘80, nel power pop di I Won’t Come Back, che fa cantare e ballare anche quando si racconta di storie che finiscono una volta per tutte dopo riconciliazioni effimere.

È un’irriverenza che nella successiva Hold your Gaze ha il ritmo forsennato di una corsa che sembra rallentare solo per prendere fiato nel refrain, mentre in Light Me Up gioca a promettere divertimento garantendolo nell’immediatezza di linee melodiche perfette per essere assecondate. Chitarre da Pub Rock aprono Can’t You Find Me?, poi scherzano volando basse per preparare al meglio la risalita di intrecci tra loro e la voce. Gigioneggia invece tra il giro di basso e riff sottili a incorniciare la struttura I Don’t Mind, strafottente anche nel titolo.

Girando lato si sceglie di rallentare con decisione prendendo la forma di una inedita ballad: Day And Month si sviluppa su atmosfere Sixties attraverso un arrangiamento sincero nella sua essenzialità, un modo di suonare chiaro e intelli-

gibile come quando si registra in presa diretta, nell’urgenza della sala prove. Paradossalmente emerge nel momento meno concitato del disco la sua indole, fatta di concretezza e necessità di comunicare senza sovrastrutture, perfetto per essere suonato live così come è stato inciso in poche settimane in un bunker interrato, lontano da distrazioni esterne. E l’isolamento in cui è nato si rivela solo apparentemente lontano dalla condivisione propria del concerto, due dimensioni unite dall’immediatezza di queste canzoni scritte per essere suonate e che trovano nell’ascolto questa sensazione.

Ma l’urgenza torna a farsi viva perché Unforgettable si rovescia come una pioggia torrenziale e improvvisa sotto cui ballare, echi di ARCTIC M ONKEYS nelle chitarre nervose, elettrificate di scosse convulse e liberatorie.

No State To Drive, che con i suoi due minuti è il brano più breve del disco, sembra scritta per essere fischiettata, si somma con estrema naturalezza alla freschezza pop che unisce ogni brano all’altro, giocando a citare certi STROKES degli esordi. E quando si arriva agli ultimi solchi con le note di Where You Are, si fa forte la sensazione di aver assistito ad un concerto o, meglio, di averne fatto parte. Lo senti nel tuo baricentro che non riesce a stare fermo seguendo istintivamente il basso che sale e scende, correndo veloce accanto alla cassa della batteria. Il brano sembra chiedere l’ultimo scatto a chi ascolta, una intensa richiesta di condivisone dell’entusiasmo che lungo tutto il disco non ha mai avuto la pretesa di essere qualcosa di diverso da ciò che è.

Allora che posto ha un disco come questo “We met at sea” nella colonna sonora della nostra vita? Un effimero e divertente compagno di viaggio, che asseconda in serenità, che non chiede più di quello che stai vivendo, magari mentre coi finestrini abbassati guidi tra le strade di campagna verso un’osteria per mangiare un piccione arrostito e berti un buon rosso poco strutturato sì, ma con una gran beva.

Eurocarni, 11/22 141

Barbecue, ritorno al futuro

Di gran moda è oggi il barbecue, noto anche con la sua sigla americana di BBQ. Con questo termine si indicano vari elementi relativi ad una cottura degli alimenti su braci ottenute classicamente da legna. Per favorire l’affumicatura si impiegano anche trucioli umidi di legno di varie essenze che vengono fatti bruciare sulle braci per farne sprigionare

l’aroma. Quando invece la cottura avviene su piastre o griglie riscaldate e senza che vi sia un’affumicatura, più propriamente si dovrebbe parlare di grigliata.

Nel barbecue si applicano le più sofisticate strumentazioni tecnologiche, senza dimenticare che si celebra la semplicità di un gesto arcaico, quello dei primi uomini che, una volta addomesticato il

fuoco, ne fecero lo strumento di un mangiare semplice, mille miglia lontano dalle complicazioni che nel tempo avrebbero allietato l’arte della cucina. Questa dimensione arcaica della nostra storia alimentare si ripropone nel rito del barbecue, perché di un rito si tratta, né più né meno.

L’invitante profumo delle carni non è solo celebrazione del gusto,

Eurocarni, 11/22142 STORIA E CULTURA

e il sapore forte dell’affumicamento e della brace non è solo una ghiottoneria per adepti. C’è qualcosa di più, qualcosa che si sarebbe tentati di chiamare “il richiamo della foresta”.

Rito carnivoro dal gusto antico La cottura è importante per estrarre dalla carne le molecole che danno il gusto umami e ciò avviene meglio quando si fa una grigliata. Umani è il tipico sapore dell’acido glutammico e di molti altri composti quali la guanosina monofosfato e l’inosina monofosfato, capaci di dare una sensazione di soddisfazione gastronomica di tipo aromatico. Nel sistema gustativo umano l’umami è mediato da due tipi di recettori e nel sistema nervoso centrale, specialmente nel cervello, il glutammato è il neurotrasmettitore eccitatorio e il precursore di quello inibitorio, l’acido γ-amminobutirrico.

La percezione dell’umami si basa su molteplici sistemi recettoriali distribuiti nel cavo orale e nel tratto gastrointestinale che attivano una serie di regioni del cervello coinvolte in diverse funzioni, dall’identificazione alimentare alla formazione di un valore affettivo correlato ad un particolare alimento, che può influenzare il comportamento appetitivo.

Il piacere che l’uomo trae dalla carne soprattutto cotta deriva proprio dal gusto umami, che oggi inizia da essere interpretato come un segnale sulla via che i nostri lontani antenati hanno percorso accogliendo nella loro alimentazione anche la carne, in particolare cotta.

È un nostro lontano antenato scimmiesco che si accorge che la carne di un animale abbrustolito in un incendio ha un gusto migliore e piacevole. Imprevedibilmente, mezzo milione di anni fa, questo nostro progenitore scopre un nuovo uso del fuoco e inventa la cottura della carne, aprendo una nuova strada alla sua evoluzione, come ipotizza anche RICHARD WRANGHAM

Barbecue dal nome misterioso L’origine del termine barbecue è controversa, avendo due princi-

pali versioni. La prima si ricollega ai primi esploratori spagnoli che giungono nell’America centrale, in particolare nei Caraibi, dove scoprono che le tribù indiane dei Taino usano una tecnica di cottura delle carni che consente di conservarle a lungo anche nel non favorevole clima locale. Questa metodica prevede di disporre il cibo su di un graticcio di legna sospeso sopra uno strato di braci di legna. La cottura è lenta, e lo scopo del graticcio è di tenere la carne distante dal suolo e dalla contaminazione di insetti ed altri animali, mentre il fumo tiene lontani insetti volanti e contribuisce alla lunga conservazione degli alimenti. La stessa tipologia di graticcio pare sia usata anche per dormire. Il nome di questi graticci nella lingua locale suona agli Spagnoli come barbacoa.

I Conquistadores, tornati in Europa, diffondono tale metodo di cottura e questa nuova parola con una grammatica più o meno simile in tutte le lingue.

Nel 1697, in Gran Bretagna, il termine barbecue è citato per indicare una piattaforma su cui dormire, ma nel 1733 la parola è già usata per indicare una riunione sociale all’aria aperta dedicata alla grigliatura della carne.

Nel 1769 GEORGE WASHINGTON annota nel suo diario di essere andato ad Alexandria per partecipare ad un barbecue.

Una seconda versione dell’origine del termine è francese. L’occasione della scoperta avviene sempre durante la conquista del Nuovo Mondo, quando esploratori francesi mangiano una capra intera cotta su una griglia del tutto simile a quella descritta sopra e la gustano de la barbe a la queue, dalla barba alla coda, da cui, per contrazione, barbecue

Purtroppo, risolvere la controversia risalendo alla fonte linguistica è ormai impossibile, in ogni caso, quali che siano le preferenze circa l’origine della parola, non c’è dubbio che questa sia indissolubilmente legata al Nuovo Mondo. Quanto alla pronuncia, gli anglofili dicono bàrbecu e i francofili barbechiù.

Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

Eurocarni, 11/22

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