1
1 Aurea dicta
edizione gialla
Aurea dicta, dal De rerum natura di Lucrezio (III, 12), vuole mettere l’attenzione proprio sul valore fortemente esemplare e pedagogico della letteratura latina: parole che irradiano la luce di una grande civiltà nella quale - e senza alcuna retorica - ancora oggi ci dobbiamo riconoscere.
secondo biennio quinto anno
LIBRO CON Giancarlo Pontiggia Maria Cristina Grandi Aurea dicta edizione gialla vol. 1 a cura di Gianluca Pasqual + Maria Belponer Laura Forcella Versioni latine CODICE PAS001C01X ISBN 978-88-6706-534-9
Giancarlo Pontiggia Maria Cristina Grandi Aurea dicta edizione gialla vol. 1 a cura di Gianluca Pasqual CODICE PAS00101 ISBN 978-88-416-5128-5
Giancarlo Pontiggia Maria Cristina Grandi Aurea dicta edizione gialla vol. 1 a cura di Gianluca Pasqual CODICE PAS00101X ISBN 978-88-6706-504-2
Maria Belponer Laura Forcella Versioni latine CODICE PAS00104 ISBN 978-88-416-5145-2
Maria Belponer Laura Forcella Versioni latine CODICE PAS00104X ISBN 978-88-6706-513-4
Aurea dicta edizione gialla vol. 2 a cura di Gianluca Pasqual CODICE PAS00102 ISBN 978-88-416-5129-2
Aurea dicta edizione gialla vol. 2 a cura di Gianluca Pasqual CODICE PAS00102X ISBN 978-88-6706-505-9
Aurea dicta edizione gialla vol. 3 a cura di Gianluca Pasqual CODICE PAS00103 ISBN 978-88-416-5130-8
Aurea dicta edizione gialla vol. 3 a cura di Gianluca Pasqual CODICE PAS00103X ISBN 978-88-6706-506-6
PER L’INSEGNANTE • Risorse per l’insegnante
•C hiavetta USB contenente l’eBook+ e i materiali per il docente
CLICCANDO IN WWW.PRINCIPATO.IT
SU ▶ ACCEDI AI CONTENUTI DIGITALI INTEGRATIVI IN WWW.PRINCIPATO.IT CLICCANDO SU CONTENUTI DIGITALI
Realtà aumentata
o in nc TO lo I al TU l t RA .d, de G , I to E . 3 6, is ON , c n. vv PI . 2 4, ro M rt rt. sp A (A A 8) e iC A e 7 m rs IV 2 19 lu ra o 97 7/ vo de p 1 2 / i m 6 to s a 33 R n c es co ri R 6 DP Qu da fuo DP 04 LLA 8 è 01 GIATINE 27S0 ICTA I LA 6-51 PA A D ION -41 di 2 e RE RS -88 e 2 siem AU VE 978 lum ti in vo du BN ven IS
www.principato.it www.gruppoeli.it
tutti i contenuti digitali anche in Realtà Aumentata
€ 31,90
PAS001C01
Didattica inclusiva
L’accesso all’eBook+ e ai contenuti digitali che integrano il libro di testo è riservato all’utente registrato che ha inserito i relativi codici contrassegno e seriale. La registrazione di tali codici e il conseguente download implicano la conoscenza e l’accettazione delle condizioni di licenza, accessibili su www.principato.it. I codici possono essere attivati una sola volta: l’utenza e la connessa licenza di utilizzo non sono trasferibili a terzi.
AUREA DICTA EDIZIONE GIALLA VOL. 1 + VERSIONI LATINE VOLUME 2 DI 2 VENDUTI INSIEME
secondo biennio quinto anno
Versioni latine
Elementi di morfosintassi Autori
Versioni latine
Giancarlo Pontiggia Maria Cristina Grandi Aurea dicta edizione gialla vol. 1 a cura di Gianluca Pasqual + Maria Belponer Laura Forcella Versioni latine CODICE PAS001C01 ISBN 978-88-416-5127-8
Maria Belponer Laura Forcella
Maria Belponer Laura Forcella
Floriferis ut apes in saltibus omnia libant, omnia nos itidem depascimur aurea dicta, aurea, perpetua semper dignissima vita.
▶ SCARICA L’
Aurea dicta
Approfondimenti lessicali Prove per la Certificazione linguistica
Il piacere di apprendere
Gruppo Editoriale ELi
Maria Belponer Laura Forcella
secondo biennio quinto anno
Versioni latine E lementi di morfosintassi A utori A pprofondimenti lessicali P rova per la Certificazione linguistica
Gruppo Editoriale ELi
Il piacere di apprendere © Casa Editrice G. Principato
Coordinamento redazionale: Marco Mauri Art direction: Enrica Bologni Impaginazione: Controlx Sala - Seregno Referenze iconografiche: Archivio Principato Per le riproduzioni di testi e immagini appartenenti a terzi, inserite in quest’opera, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non potuti reperire, nonché per eventuali non volute omissioni e/o errori di attribuzione nei riferimenti.
VERSIONI LATINE Volume ISBN 978-88-416-5145-2 Versione digitale ISBN 978-88-6706-513-4 AUREA DICTA EDIZIONE GIALLA volume 1 + VERSIONI LATINE Volume ISBN 978-88-416-5127-8 Versione digitale ISBN 978-88-6706-534-9 In copertina: Particolare di mosaico pavimentale con pesci dalla Villa del Casale a Piazza Armerina (Shutterstock)
Prima edizione: febbraio 2022
Printed in Italy © 2022 - Proprietà letteraria riservata È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata. Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale, possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi (Centro licenze e autorizzazioni per le riproduzioni editoriali), corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail autorizzazioni@clearedi. org e sito web www.clearedi.org. L’editore fornisce – per il tramite dei testi scolastici da esso pubblicati e attraverso i relativi supporti o nel sito www. principato.it e www.gruppoeli.it – materiali e link a siti di terze parti esclusivamente per fini didattici o perché indicati e consigliati da altri siti istituzionali. Pertanto l’editore non è responsabile, neppure indirettamente, del contenuto e delle immagini riprodotte su tali siti in data successiva a quella della pubblicazione, dopo aver controllato la correttezza degli indirizzi web ai quali si rimanda.
Casa Editrice G. Principato Via G.B. Fauché 10 - 20154 Milano sito web: http://www.principato.it www.gruppoeli.it e-mail: info@principato.it Stampa: Tecnostampa – Pigini Group Printing Division – Loreto – Trevi 21.85.018.0P
La casa editrice attua procedure idonee ad assicurare la qualità nel processo di progettazione, realizzazione e distribuzione dei prodotti editoriali. La realizzazione di un libro scolastico è infatti un’attività complessa che comporta controlli di varia natura. È pertanto possibile che, dopo la pubblicazione, siano riscontrabili errori e imprecisioni. La casa editrice ringrazia fin da ora chi vorrà segnalarli a: Servizio clienti Principato e-mail: info@principato.it
© Casa Editrice G. Principato
Indice generale ELEMENTI DI MORFOLOGIA 1. La flessione nominale 1. 2. 3. 4.
Sostantivi e aggettivi della prima e seconda declinazione Terza declinazione Aggettivi della seconda classe Quarta e quinta declinazione
Esercizi e versioni V1 Dione di Siracusa (Cornelio Nepote) V2 La descrizione del territorio (Cesare)
2. I pronomi
Testo esemplare tradotto
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
12 12 12 13 14 15 16 17 19
1. 2. 3. 4. 5.
Pronomi personali e possessivi Aggettivi e pronomi dimostrativi Pronomi e aggettivi determinativi I pronomi relativi e le proposizioni relative Particolarità delle proposizioni relative 5.1 Prolessi del relativo 5.2 Nesso relativo 5.3 Concorrenza del relativo 5.4 Relative con il congiuntivo 6. Pronomi e aggettivi indefiniti 6.1 Pronomi e aggettivi indefiniti di significato positivo 6.2 Pronomi e aggettivi indefiniti di significato negativo 6.3 Particolarità 7. Relativi indefiniti 8. Pronomi e aggettivi interrogativi 9. Le proposizioni interrogative dirette 9.1 Interrogative dirette disgiuntive
19 20 21 21 22 22 22 22 23 23 23 23 24 24 24 25 25
Esercizi e versioni V0 Un incalzare di domande (Cicerone) V1 La parola a un guerriero gallo (Cesare) V2 Qualità naturali o cultura? (Cicerone) V3 In caso di incertezza, meglio i piedi delle armi! (Sallustio) V4 Un’appassionata esortazione (Cicerone) V5 La coscienza come rifugio (Seneca)
26 26 28 28 29 29 30
Salute e rovina
30
3. La coniugazione del verbo 1. 2. 3. 4.
Le quattro coniugazioni latine La coniugazione deponente La coniugazione semideponente Verbo sum e composti 4.1 Composti di sum 5. I verbi della coniugazione anomala
31 31 32 32 33 33 34
3 © Casa Editrice G. Principato
Testo esemplare tradotto
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
Esercizi e versioni V0 La virtù di Lucrezia (Livio) V1 Caos a Roma (Eutropio) V2 Cesare organizza l’Oriente (Irzio) V3 Orgoglio di un soldato I (Livio) V4 Orgoglio di un soldato II (Livio) V5 Potere personale e potere legittimo (Cornelio Nepote) V6 Sopportare il dolore per liberarsene (Cicerone)
35 36 37 38 38 39 39 40
Donne e matrone
40
ELEMENTI DI SINTASSI DEI CASI 1. I casi diretti: nominativo 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Testo esemplare tradotto
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
Il nominativo Doppio nominativo Costruzione personale e impersonale Costruzione personale di videor Costruzione impersonale di videor Costruzione personale dei verba narrandi e sentiendi Costruzione personale dei verba iubendi
42 42 43 43 44 45 45
Esercizi e versioni V0 Discorsi tra amici (Cicerone) V1 Non si usino le armi contro gli avversari politici! (Cicerone) V2 Il mare aperto dell’arte retorica
46 47 49 50
Amicizia
50
2. I casi diretti: l’accusativo
Testo esemplare tradotto
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
42
51
1. L’accusativo 1.1 Complementi espressi in accusativo 1.2 Usi particolari dell’accusativo 2. Doppio accusativo 2.1 Altre costruzioni dei verba rogandi 3. Verbi transitivi in latino e intransitivi in italiano 3.1 Verbi intransitivi costruiti con l’accusativo 4. Verbi impersonali 4.1 Verbi assolutamente impersonali 4.2 Verbi relativamente impersonali
51 51 52 52 53 53 54 55 55 56
Esercizi e versioni V0 La malattia è un allenamento alla morte (Seneca) V1 Un sistema d’assedio di misurata precisione (Cesare) V2 La migliore garanzia? Il proprio animo! (Seneca)
57 58 60 60
Virtus e humanitas
61
3. I casi indiretti: il genitivo 1. Il genitivo 1.2 Genitivo soggettivo e oggettivo 2. Genitivo retto da verbi a) Interest e refert b) Genitivo di pertinenza c) Verbi di stima
4 © Casa Editrice G. Principato
62 62 63 63 63 64 64
Testo esemplare tradotto
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
d) Verbi giudiziari e) Verbi di memoria
65 65
Esercizi e versioni V0 Anche gli dei difendono i poeti (Fedro) V1 Un debito di riconoscenza (Plinio il Giovane) V2 Se avessero vinto i pompeiani… (Cesare)
66 67 70 70
Testa e capo
71
4. I casi indiretti: il dativo 1. 2. 3. 4. 5. Testo esemplare tradotto
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
I valori del dativo Il doppio dativo Dativo retto da verbi Verbi di eccellenza Dativo con verbi composti con preposizioni
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
72 73 73 75 75
Esercizi e versioni V0 Chi le capisce le donne! (Giovenale) V1 Astute strategie (Cesare)
76 76 79
Mogli e donne
79
5. I casi indiretti: l’ablativo
Testo esemplare tradotto
72
80
1. I complementi in ablativo 2. Costuzioni particolari: opus est 3. Costuzioni particolari: dignus e indignus 4. Determinazioni di tempo 5. Determinazioni di luogo
80 83 84 84 85
Esercizi e versioni V0 Una gara di astuzia (Plauto) V1 Un’altra versione (della stessa storia) (Quintiliano) V2 Il saggio ha bisogno del saggio (Seneca)
88 89 91 92
L’autore e l’autorità
92
ELEMENTI DI SINTASSI DEL VERBO E DEL PERIODO 1. I congiuntivi indipendenti 1. Congiuntivi con negazione non 1.1 Il congiuntivo potenziale 1.2 Il congiuntivo dubitativo 1.3 Il congiuntivo irreale 1.4 Il congiuntivo suppositivo 2. Congiuntivi con negazione ne 2.1 Il congiuntivo esortativo 2.2 Il congiuntivo ottativo 2.3 Il congiuntivo concessivo Testo esemplare tradotto
Esercizi e versioni V0 Inattività politica, attività intellettuale (Cicerone) V1 Delusioni risparmiate (Tacito) V2 Il buon comandante non può essere accusato? (Cicerone) V3 L’uomo, un puntino sulla natura (Seneca)
94 94 94 95 95 95 96 96 96 97 99 99 101 101 102
5 © Casa Editrice G. Principato
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
V4 La capacità di sopportazione alla prova dei fatti (Cicerone) V5 Esempi da seguire (Cicerone)
102 103
Stare
103
2. L’infinito e il supino
Testo esemplare tradotto
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
1. L’infinito 2. Il supino
104 105
Esercizi e versioni V0 Un muto terrore (Cesare) V1 Non si può stare a guardare! (Cesare) V2 Iniziativa sfortunata (Livio) V3 Umanissime esitazioni (Cesare) V4 Lo spettacolo della natura (Seneca) V5 Una situazione scandalosa (Cicerone)
106 106 108 108 109 109 110
Guardare e vedere
110
3. Il participio 1. 2. 3. 4. 5. Testo esemplare tradotto
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
Participio con valore nominale Il participio predicativo Il participio congiunto La perifrastica attiva L’ablativo assoluto
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
114 114 116 116 117 117 118
Le parole della città
118 119
1. Il gerundio 2. Il gerundivo 3. La perifrastica passiva
119 119 120
Esercizi e versioni V0 Una guerra irrinunciabile (Cicerone) V1 Una flotta miracolosa! (Irzio) V2 I tempi sono maturi per misure durissime (Cicerone) V3 Scontro diretto (Sallustio) V4 L’uomo è parte di un ordine armonioso (Seneca) V5 La disciplina militare innanzitutto (Valerio Massimo)
121 121 123 123 124 124 125
Le parole della guerra
125
5. Le proposizioni subordinate
Testo esemplare tradotto
111 111 111 112 113 113
Esercizi e versioni V0 Un presente insostenibile (Sallustio) V1 La pace fallita (Eutropio) V2 Lode alla terra (Plinio il Vecchio) V3 Due colpi di fortuna (Cesare) V4 Ingresso di Cesare in Alessandria (Irzio) V5 Una saggia scelta (Cicerone)
4. Gerundio, gerundivo e perifrastica passiva
Testo esemplare tradotto
104
126
1. Proposizioni temporali 2. Proposizioni causali 3. Proposizioni comparative
126 126 126
Esercizi e versioni V0 Il vir non è toccato dal male (Seneca) V1 Coraggio e disinteresse (Giustino) V2 Guerre “periferiche” (Eutropio)
127 127 129 129
6 © Casa Editrice G. Principato
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
V3 Un timore… annibalico! (Eutropio) V4 Di Cesare si fidano anche gli Africani… (Irzio) V5 Schieramento di forze (Irzio)
130 130 131
Questioni di umanità
131
6. Usi di cum
Testo esemplare tradotto
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
132
1. Cum + congiuntivo e il gerundio latino
132
Esercizi e versioni V0 Un ozio amaro (Cicerone) V1 Pace e libertà (Res gestae divi Augusti) V2 Una caduta ingloriosa (Eutropio) V3 Vittoria di Pirro (Eutropio) V4 Aspirazione delusa (Livio) V5 Due pesi e due misure? (Cicerone)
134 134 136 136 137 137 138
Ozio e negozio
138
7. La consecutio temporum
Testo esemplare tradotto
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
1. Dipendenza diretta o di I grado 2. Dipendenza indiretta o di II grado 3. La cosiddetta attrazione modale
139 139 141
Esercizi e versioni V0 Un’occasione di riscatto (Cicerone) V1 Un’ascesa inarrestabile (Eutropio) V2 Imprese marittime decisive (Cornelio Nepote) V3 Un comportamento indiscriminato e... discriminante! (Livio)
143 143 145 145 146
Giudizio e questioni
146
8. Le proposizioni completive
Testo esemplare tradotto
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
139
147
1. Completive introdotte da ut 1.1 Proposizioni dichiarative 1.2 Proposizioni volitive 1.3 Proposizioni introdotte da espressioni e verba timendi 2. Proposizioni introdotte da quin e quominus 2.1 Proposizioni introdotte da verba dubitandi 2.2 Proposizioni introdotte da verba impediendi e recusandi 3. Proposizioni completive dichiarative con l’indicativo
147 147 147 148 148 148 149 149
Esercizi e versioni V0 Il saggio è pronto all’imprevisto (Cicerone) V1 Un’importante riforma istituzionale (Eutropio) V2 Contro il trionfo facile... (Valerio Massimo) V3 Iniziative di Pompeo (Cesare) V4 Conferme immediate (Cesare) V5 Blocco del porto di Brindisi (Cesare) V6 Attenzione ai simpatizzanti! (Cicerone)
150 150 152 152 152 153 153 154
Campagna elettorale
154
9. Proposizioni interrogative indirette 1. Interrogative indirette semplici 2. Interrogative indirette disgiuntive 3. Uso del congiuntivo nelle interrogative
155 155 155 156
7 © Casa Editrice G. Principato
Testo esemplare tradotto
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
Esercizi e versioni
157
V0 Perché non fidarsi di Marco Bruto? (Cicerone)
157
V1 L’appello di una madre (Livio)
159
V2 Impossibile godere dell’otium (Cicerone)
159
V3 Un malcontento da sfruttare (Sallustio)
160
Arte diplomatica
160
10. Proposizioni circostanziali 1
Testo esemplare tradotto
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
1. Proposizioni finali 1.2 Altri modi per esprimere le proposizioni finali 2. Proposizioni consecutive
161 161 162
Esercizi e versioni
163
V0 Favorire il singolo o lo Stato? (Cicerone)
163
V1 Rapide decisioni di guerra (Eutropio)
165
V2 Un comandante... riformatore (Cornelio Nepote)
165
V3 Come addolcire un avversario… (Cicerone)
165
V4 I piaceri del corpo sono falsi piaceri (Seneca)
166
Il tesoro dello Stato
166
11. Le proposizioni circostanziali 2 1. 2. 3. 4. Testo esemplare tradotto
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
Le proposizioni concessive Le proposizioni avversative Le proposizioni comparative Il discorso indiretto
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI
167 167 167 167 168
Esercizi e versioni
169
V0 Pretese inaccettabili (Cesare)
169
V1 L’eloquenza è meglio delle armi (Valerio Massimo)
171
V2 Quasi una provocazione! (Cesare)
171
V3 Se i patrizi assumono cariche plebee… (Livio)
171
V4 Destini simmetrici (Livio)
172
Comizi antichi
172
12. Il periodo ipotetico
Testo esemplare tradotto
161
173
1. Il periodo ipotetico indipendente 2. Il periodo ipotetico dipendente
173 174
Esercizi e versioni
176
V0 Viviamo per il futuro (Cicerone)
176
V1 Trai un insegnamento da ciò che leggi! (Seneca)
178
V2 Un liberto di grande pregio (Cicerone)
178
V3 Un’esitazione fatale (Livio)
179
V4 La gioia di rivedere gli amici di un tempo (Cicerone)
179
Limiti e confini
180
8 © Casa Editrice G. Principato
GLI AUTORI 1. Cornelio Nepote Testo esemplare tradotto
NON SOLO LATINO
V0 L’implacabile nemico dei Romani V1 Un’impresa eccezionale V2 Determinazione fino alla morte V3 Un’operosità al servizio dello Stato V4 Relativismo culturale: gli esempi
182 183 184 185 186
Differenze e imitazioni
186
2. Cesare Testo esemplare tradotto
187
V0 Guerra preventiva e umanitaria V1 Un esercito autodisciplinato V2 Sterminio misericordioso V3 Pompeo fugge, ma Cesare vuole un colloquio V4 La situazione precipita!
3. Sallustio Testo esemplare tradotto
NON SOLO LATINO
NON SOLO LATINO
192 192 194 194 195 196
L’eterna lotta tra bene e male
196 197
V0 Cicerone sarà in grado di difendere lo Stato V1 Slanci eccessivi V2 Forza dell’amicizia V3 Quale pena per Catilina e i suoi? V4 Utilità dell’eloquenza, ma di quella vera V5 La verità innanzitutto
197 199 199 200 201 202
Lessico filosofico
202
5. Livio Testo esemplare tradotto
NON SOLO LATINO
203
V0 L’ultima impresa terrena di Enea V1 Una misteriosa grotta V2 Una notizia devastante V3 Annibale non sa vincere V4 Morte di Annibale V5 Emilio Paolo muore a Canne con coraggio
203 205 205 206 207 208
Exempla anche oggi
208
6. Seneca Testo esemplare tradotto
NON SOLO LATINO
187 189 189 190 191
V0 Il benessere produce divisioni V1 Giugurta folle di paura V2 Il caso non domina la vita dell’uomo V3 Cicerone console tra invidia e superbia V4 Cicerone non sta a guardare
4. Cicerone Testo esemplare tradotto
182
209
V0 La vita come acqua che scorre V1 L’ira si vede con gli occhi! V2 Anche nel dolore c’è piacere V3 Testimoniare la grandezza del creato nell’otium V4 Contraddizioni vitali V5 La nostra felicità dipende da noi
209 211 211 212 213 213
Il ritmo del pensiero nelle parole
214
9 © Casa Editrice G. Principato
7. Petronio Testo esemplare tradotto
NON SOLO LATINO
215
V0 Invito a cena con sorpresa V1 Una lupastra di donna… V2 Una portata spettacolare
215 217 217
Teatro e cinema da pagine letterarie
218
8. Quintiliano Testo esemplare tradotto
NON SOLO LATINO
219
V0 Ottimismo educativo V1 Per un buon oratore, quanto contano le donne! V2 La lingua greca va imparata... senza esagerare! V3 Scuola pubblica o precettore privato? V4 Il professore ideale
219 221 222 223 223
A scuola con divertimento
224
9. Tacito Testo esemplare tradotto
NON SOLO LATINO
225
V0 Il proemio degli Annales V1 Costumi austeri dei Germani V2 Le assemblee dei Germani V3 Ritratto di un uomo di rara sensibilità V4 La congiura di Pisone: adesioni discutibili!
225 227 227 228 229
Diritto di interpretare?
229
10. Svetonio Testo esemplare tradotto
NON SOLO LATINO
230
V0 Un’autorevole posizione isolata V1 Inerzia di Cesare di fronte alla morte V2 Un carattere austero V3 Un dubbio fondato? V4 Augusto e l’amicizia
230 232 232 233 233
Biografia e storia dal latino a noi
234
11. Apuleio Testo esemplare tradotto
235
V0 Bisogna credere anche all’impossibile V1 Il vantaggio di essere asino V2 Apologia del dentifricio
12. Il latino dopo l’impero romano Testo esemplare tradotto
NON SOLO LATINO
NON SOLO LATINO
239
V0 Una lingua come una pantera (Dante Alighieri) V1 Sulle spalle dei giganti (Giovanni di Salisbury) V2 La responsabilità di essere liberi (Pico della Mirandola) V3 Dovere di solidarietà del cristiano (Paolo VI) V4 Dall’inglese al latino (Da Harry Potter)
239 241 241 242 243
Una lingua antica per un mondo nuovo
244
13. Il latino della scienza Testo esemplare tradotto
235 237 238
245
V0 L’emozione di uno scienziato (Galileo Galilei) V1 La ricerca sulla luce continua! (Isaac Newton) V2 Qual è il dovere di uno scienziato? (Nicolò Copernico)
245 247 247
Nomenclatura scientifica e latina
248
PROVA DI CERTIFICAZIONE LINGUISTICA Livello A1 PROVA DI CERTIFICAZIONE LINGUISTICA Livello B1
249
10 © Casa Editrice G. Principato
253
ELEMENTI DI MORFOLOGIA 1. La flessione nominale 2. I pronomi 3. La coniugazione del verbo
© Casa Editrice G. Principato
In teoria
1 La flessione nominale 1. Sostantivi e aggettivi della prima e seconda declinazione I sostantivi della prima e seconda declinazione terminano in -a, -us, -er; nella flessione nominale è importante distinguere il tema dalla desinenza. Il tema del sostantivo e quello dell’aggettivo si desumono dal genitivo, cui viene sottratta la desinenza. Per esempio:
i
nominativo
genitivo
tema
declinazione
doctrina
doctrinae
doctrin-
declinazione maschile
dominus
domini
domin-
puer
pueri
puer-
magister
magistri
magistr-
locum
loci
loc-
ii
ii
declinazione neutro
Gli aggettivi della prima classe seguono la prima declinazione per il genere femminile, la seconda per il maschile e il neutro: maschile
femminile
neutro
tema
parvus
parva
parvum
parv
pulcher
pulchra
pulchrum
pulchr
Per evitare di sbagliare, il punto di riferimento deve essere sempre il genitivo, che è sempre riportato nel dizionario dopo il nominativo. I nomi maschili della prima declinazione non hanno differenze nella desinenza, ma sono concordati con un aggettivo maschile: poeta, -ae, agricola, -ae, incola, -ae, advena, -ae: poeta peritus, agricola sedulus, incola timidus, advena curiosus ecc. I nomi di piante sono generalmente femminili: fagus, -i, “il faggio”, popolus, -i, “il pioppo”; quindi, come per i sostantivi appena visti, dovrai fare attenzione all’aggettivo: patula fagus = “l’ampio faggio”, alba populus = “il bianco pioppo”. Attenzione a non confondere populus, -i, maschile = “popolo” con populus, -i, femminile = “pioppo” e osserva la concordanza con l’aggettivo: strenuus populus = “il popolo coraggioso”, ma procera populus = “l’alto pioppo”.
2. Terza declinazione I sostantivi della terza declinazione si suddividono in gruppi: 1. imparisillabi: hanno un diverso numero di sillabe al nominativo e al genitivo singolare 12
Elementi di morfologia © Casa Editrice G. Principato
2. parisillabi: hanno uguale numero di sillabe al nominativo e al genitivo singolare L’unica caratteristica che distingue questi due gruppi è la desinenza del genitivo plurale: -um per i sostantivi imparisillabi, -ium per i parisillabi: vulpes, vulpis; civis, civis ecc. avranno vulpium, civium. Hanno -um al genitivo plurale anche i sostantivi pater, patris, “padre”; mater, matris, “madre”; frater, fratris, “fratello”; iuvenis, iuvenis, “giovane”; senex, senis, “vecchio”; canis, canis, “cane”; panis, panis, “pane”; vates, vatis, “sacerdote”; accipiter, accipitris, “sparviero”, pur essendo parisillabi. 3. neutri in -e, -al, -ar (cioè terminanti al nominativo singolare con -e, -al, -ar) questo gruppo di sostantivi ha al singolare declinazione uguale agli altri neutri, con i tre casi diretti uguali (nom., acc., voc.), però presentano l’abl. sing. in -i; al plurale presentano sempre la vocale i davanti alla desinenza “abituale” della terza declinazione: maria, marium, maribus, maria, maria, maribus.
nota
bene
■ Mentre il nominativo della prima e della seconda declinazione ha solo uscite definite (-a, -us, -er) il nominativo della terza ha uscite diverse, perciò per capire la declinazione di appartenenza devi risalire al genitivo: corpus, il cui genitivo è corporis, è della terza declinazione, non della seconda, anche se ha il nom. in -us; come questo sostantivo si declinano alcuni neutri della terza declinazione: funus, -eris, “funerale”, “lutto”, scelus, -eris, “delitto”, vulnus, -eris, “ferita”, facinus, -oris, “fatto”, “delitto”, frigus, -oris, “freddo”, tempus, -oris, “tempo”, decus, -oris, “decoro”, dedecus, -oris, “disonore”, ius, iuris, “diritto”. ■ Spesso il tema del sostantivo è piuttosto diverso dal nominativo: anche per la terza declinazione, ancor più che per le prime due, bisogna dedurre il tema dal genitivo, sottraendo la desinenza -is. ■ In particolare, la ricerca del nominativo dei sostantivi della terza declinazione comporta qualche difficoltà, perché la sua formazione è varia. Osserva: — d, t davanti a s del nominativo cadono, perciò da dentis abbiamo dens — s tra due vocali diventa r, perciò da generis < genesis < genus — e > i, perciò da fluminis < flumen — u > o, perciò da decoris < decus; corporis < corpus — spesso il nom. sing. è uguale al genitivo: navis (nom. = gen.) — termini in cui, tolta la -is del genitivo resta una dentale (t, d) hanno il nominativo in -s, talvolta -es: cladis < clades; militis < miles — termini in cui, tolta la -is del genitivo resta una labiale (p, b) hanno il nominativo in -s: caelibis < caelebs — termini in cui, tolta la -is del genitivo resta una gutturale (c, g) hanno il nominativo in -x: legis < lex — le consonanti doppie si semplificano nel nominativo: ossis < os
3. Aggettivi della seconda classe La seconda classe degli aggettivi segue la terza declinazione, ma presenta sempre: abl. sing in -i gen. plur. in -ium nom., acc., voc. neutro in –ia Il nominativo degli aggettivi di questa classe può avere: • tre uscite distinte per maschile, femminile e neutro: acer, acris, acre, “severo” • due uscite, una per maschile e femminile, una per il neutro: facilis, facile, “facile” • un’uscita unica per i tre generi: velox, “veloce” 1 La flessione nominale © Casa Editrice G. Principato
13
In teoria
Quando l’aggettivo ha una sola uscita, la seconda voce indicata dal dizionario è quella del genitivo, necessaria per individuare il tema che si impiega nella declinazione; hanno una sola uscita al nominativo anche i participi presenti: laudans, laudantis, “che loda”, “lodando”; se il participio presente ha funzione verbale ha l’ablativo in -e, se ha funzione di aggettivo, ha l’ablativo in -i: cum consule pugnante, “con il console che combatte” fulgenti virtute, “con splendido coraggio”
4. Quarta e quinta declinazione La quarta declinazione comprende sostantivi maschili (in prevalenza), femminili e neutri, caratterizzati dall’uscita -us nel maschile e femminile, e -u nel neutro; il genitivo è -us.
nota
bene
■ Appartiene alla quarta declinazione anche il sostantivo domus, -us, che presenta, accanto alle forme domu, domuum, domus, anche le forme domo nell’abl. sing. domorum nel gen. plur. domos nell’acc. plur. ■ Inoltre esso assume forme specifiche nei complementi di luogo: stato in luogo, domi, “in casa”, “in patria”, “in pace”; domi bellique, “in pace e in guerra”; moto a luogo, domum, “a casa”, “verso casa”; moto da luogo, domo “da casa”. Come domus si comporta rus, ruris, neutro, che appartiene alla terza declinazione: ruri, “in campagna” (stato in luogo), rus, “in campagna” (moto a luogo), rure, “dalla campagna”. ■ Nella quinta declinazione i sostantivi sono in prevalenza femminili e declinati solo al singolare, con il nominativo -es e il genitivo -ei; dies, diei è l’unico sostantivo maschile, ma può essere femminile in alcune espressioni, come dies dicta, dies statuta, “il giorno fissato”, “il giorno stabilito”, ed è declinato anche al plurale; anche il sostantivo res ha sia il singolare che il plurale. ■ Res può essere sottinteso quando accompagnato da aggettivo nei casi diretti; non nei casi indiretti, nei quali non sarebbe possibile capire se l’aggettivo è maschile, femminile o appunto neutro. Graecorum gesta Homerus poetae celebrat, “Il poeta Omero celebra le imprese dei Greci”. De Graecorum rebus gestis Homerus poeta Iliadem composuit, “Il poeta Omero scrisse l’Iliade sulle imprese dei Greci”. ■ Alcuni aggettivi sostantivati ormai “autonomi” nel significato, quali bonum, “il bene”, malum, “il male”, derivano in realtà dalla soppressione del termine “cosa” e dall’uso dell’aggettivo come sostantivo. Concordia et sapientia viro bona sunt, “La concordia e la saggezza sono dei beni per un uomo”. L’aggettivo neutro sostantivato, accompagnato dal verbo “essere”, può introdurre l’infinito: Pro patria utile est de vita certare, “Per la patria è (cosa) utile anche rischiare la vita”. ■ Ricorda inoltre le espressioni: res secundae, “situazioni favorevoli”, “successi”, “prosperità”, “buona sorte” res adversae, “situazioni sfavorevoli”, “difficoltà”, “sfortuna” res familiaris, “il patrimonio familiare” res gestae, “le imprese”, “le gesta” res militaris, “l’arte militare”, “la strategia” res novae, “la rivoluzione”, “le novità politiche” res publica, “lo Stato”, “la repubblica” rerum scriptor, “lo scrittore di storia”, “lo storico” rerum natura, lett. “la natura delle cose”, cioè “il mondo”, “la natura” specie… re, “in apparenza”, “in realtà” re… nomine, “in realtà”, “a parole” re vera, “in verità” qua re, quare, quam ob rem, “perciò”
14
Elementi di morfologia © Casa Editrice G. Principato
In TRADUZIONE pratica 1 M. Belponer
La flessione nominale
Esercizi e Versioni 1.
Completa la tabella introducendo le voci mancanti (per le voci ambigue, è indicato il caso).
sostantivi
aggettivi
genere
numero
caso
traduzione
leges
veteres
femm.
plur.
acc.
“le antiche leggi”
1. leges
nom.
2. regibus
dat.
celebribus
3. regi 4. urbium
illustrium
5. in urbe 6. homini
audaci
7. domui 8. animalia
ferocia
9. civitatum
indigentium
acc.
10. civis
gen.
11. pede
deformi
12. pedes
nom.
13. diebus
longis
14. virtute
mirabili
abl.
15. virtutem 16. princeps
atrox
17. principem 18. plebs
dives
19. corporis
ingentis
20. vocem
dulcem
2.
Trasforma da singolare a plurale e viceversa, a seconda della voce data, e traduci.
traduzione arduis laboribus
traduzione
“con impegnative fatiche”
arduo labore
“con un’impegnativa fatica”
1. in magnum oppidum 2. oppidi parvuli 3. hostem improbum 4. hostis improbis 5. pater bonus 6. patribus bonis 7. puellas formosas 8. puellae formosae 9. oppositio strenua 10. oppositione strenua 11. contra ferox animal 12. ob acrem inopiam 13. pulchrum corpus 14. per selvam obscuram 15. difficilia oracula 1 La flessione nominale © Casa Editrice G. Principato
15
V1 Cornelio Nepote De viris illustribus
Dione di Siracusa
PREREQUISITI participio passato, pronome relativo, pronome dimostrativo
Il brano che ti presentiamo ti servirà da base per tutti gli esercizi successivi. È tratto dalla più antica raccolta di biografie che ci sia pervenuta e ricostruisce la storia e la personalità di un greco, Dione, parente e collaboratore dei due tiranni di Siracusa, Dionigi il Vecchio e Dionigi il Giovane. Le vicende narrate si riferiscono al V sec. a.C. L’intento di Cornelio Nepote è quello di stabilire un confronto implicito e costruttivo tra la civiltà greca e quella romana, in un momento in cui gli intellettuali romani discutono sulla propria identità culturale.
Dion, Hipparini filius, Syracusanus, nobili genere natus, utraque implicatus tyrannide Dionysiorum. Namque ille superior Aristomachen, sororem Dionis, habuit in matrimonio; ex qua duos filios, Hipparinum et Nisaeum, procreavit totidemque filias, nomine Sophrosynen et Areten; quarum priorem Dionysio filio, eidem, cui regnum reliquit, nuptum dedit, alteram, Areten, Dioni. Dion autem praeter nobilem propinquitatem generosamque maiorum famam multa alia ab natura habuit bona, in his ingenium docile, come, aptum ad artes optimas, magnam corporis dignitatem quae non minimum commendat, magnas praeterea divitias a patre relictas, quas ipse tyranni muneribus auxerat. Erat intimus Dionysio priori, neque minus propter mores quam affinitatem. Namque etsi Dionysii crudelitas ei displicebat, tamen salvum propter necessitudinem, magis etiam suorum causa studebat. Aderat in magnis rebus, eiusque consilio multum movebatur tyrannus, nisi qua in re maior ipsius cupiditas intercesserat. Legationes vero omnes, quae essent illustriores, per Dionem administrabantur; quas quidem ille diligenter obeundo, fideliter administrando crudelissimum nomen tyranni sua humanitate leniebat. Hunc a Dionysio missum Carthaginienses suspexerunt, ut neminem umquam Graeca lingua loquentem magis sint admirati. Analizza i termini del testo proposto, compilando la tabella, come nell’esempio, in rapporto al contesto, quindi traduci le parti evidenziate del passo; trovi in seguito il completamento della traduzione.
termine
declinazione/ classe
sostantivo
filius
seconda
x
nobili
seconda
aggettivo
x
genere tyrannide sororem matrimonio filios filias nobilem propinquitatem generosamque maiorum
16
Elementi di morfologia © Casa Editrice G. Principato
genere, numero, caso
nominativo/ genitivo
masch., sing., nom.
filius, filii
masch., sing., abl.
nobilis, nobile; nobilis, -is
termine
declinazione/ classe
sostantivo
aggettivo
genere, numero, caso
nominativo/ genitivo
famam bona corporis dignitatem muneribus nomen lingua
ex qua duos filios, Hipparinum et Nisaeum, procreavit totidemque filias, nomine Sophrosynen et Areten; quarum priorem Dionysio filio, eidem, cui regnum reliquit, nuptum dedit, alteram, Areten, Dioni, “dalla quale ebbe due figli, Ipparino e Niseo, e altrettante figlie, di nome Sophrosyne e Arete; di esse, la prima la diede in sposa al figlio Dionigi, il medesimo a cui lasciò il regno, l’altra, Arete, a Dione”. nisi qua in re maior ipsius cupiditas intercesserat, “a meno che, in alcune situazioni, non intervenisse una sua più forte avidità”. quas quidem ille diligenter obeundo, fideliter administrando crudelissimum nomen tyranni sua humanitate leniebat, “ed egli, incaricandosene scrupolosamente e gestendole con lealtà, mitigava con la sua umanità la fama del crudelissimo tiranno”. Hunc a Dionysio missum Carthaginienses suspexerunt, ut neminem umquam Graeca lingua loquentem magis sint admirati, “Mandato da Dionigi presso i Cartaginesi, questi lo ammirarono tanto che mai nessun greco apprezzarono di più”.
V2 Cesare, De bello Gallico
La descrizione del territorio Cesare descrive il territorio della Gallia e le sue popolazioni, muovendo dalle vicende della migrazione degli Elvezi, che progettano di espandere il loro territorio.
PREREQUISITI proposizioni relative, consecutive, causali, ablativo assoluto
Erant omnino itinera duo, quibus itineribus domo exire possent: unum per Sequanos, angustum et difficile, inter montem Iuram et flumen Rhodanum, vix qua singuli carri ducerentur, mons autem altissimus impendebat, ut facile perpauci prohibere possent1; alterum per provinciam nostram, multo facilius atque expeditius, propterea quod inter fines Helvetiorum et Allobrogum, qui nuper pacati erant, Rhodanus fluit isque non nullis locis vado transitur. Extremum oppidum Allobrogum est proximumque Helvetiorum finibus Genava. Ex eo oppido pons ad Helvetios pertinet. Allobrogibus sese vel persuasuros, quod nondum bono animo in populum Romanum viderentur, existimabant2 vel vi coacturos ut per suos fines eos ire paterentur. Omnibus rebus ad profectionem comparatis diem dicunt, qua die ad ripam Rhodani omnes conveniant. Is dies erat a. d. V. Kal. Apr. L. Pisone, A. Gabinio consulibus. 1. ut facile perpauci prohibere possent: “tanto da poter impedire in pochissimi”.
2. Allobrogibus sese… existimabant: ordina existimabant Allobrogibus… ut… paterentur, “pen-
savano che avrebbero persuaso gli Allobrogi a consentire…”. 1 La flessione nominale
© Casa Editrice G. Principato
17
Analizza i termini del testo proposto, compilando la tabella, come nell’esempio, in rapporto al contesto, quindi traduci le parti evidenziate del passo; trovi in seguito il completamento della traduzione.
termine
declinazione/ classe
sostantivo
itinera
terza
x
aggettivo
genere, numero, caso
nominativo/ genitivo
neutro, plur., nominativo
iter, itineris
itineribus domo angustum difficile montem flumen provinciam locis vado oppidum bono animo populum fines profectionem dies ripam consulibus
quibus itineribus domo exire possent, “grazie ai quali potevano uscire dal territorio” vix qua singuli carri ducerentur, “dove a malapena passavano a uno a uno i carri” ut facile perpauci prohibere possent, “tanto che in pochissimi li potevano ostacolare” Allobrogibus sese vel persuasuros, quod nondum bono animo in populum Romanum viderentur, existimabant vel vi coacturos ut per suos fines eos ire paterentur, “pensavano che o avrebbero convinto gli Allobrogi a consentire il passaggio attraverso il loro territorio, poiché non sembravano ancora ben disposti verso i Romani, o li avrebbero costretti con la forza”.
18
Elementi di morfologia © Casa Editrice G. Principato
In teoria
2 I pronomi 1. Pronomi personali e possessivi I pronomi personali di 1ª e 2ª persona, singolari e plurali sono: 1ª 2ª
singolare
plurale
ego, “io”; tu, “tu”;
nos, “noi”, gen. nostri, nostrum; vos, “voi”, gen. vestri, vestrum
Il pronome di 3ª persona è gen. sui, dat. sibi, acc. e abl. se I pronomi di 1ª e 2ª persona hanno significato anche riflessivo: (Ego) in speculo me cognosco, “Io mi riconosco nello specchio”. Normalmente il pronome nel nominativo è sottinteso; quando è espresso è molto enfatizzato: Ego non loquor, tu loqueris in tanto silentio!, “Io non parlo, tu parli, in così grande silenzio!” Nel genitivo plurale la forma nostri, vestri è genitivo oggettivo: Desiderium vestri me cepit, “Mi prese il rimpianto di voi”. La forma nostrum, vestrum è partitiva: Multi nostrum Romam redibunt, “Molti di noi ritorneranno a Roma”. Il pronome di 3ª persona ha solo valore riflessivo ed è uguale nel singolare e nel plurale, perciò non ha nominativo; nel nominativo e quando il pronome non sia riflessivo si può trovare la declinazione del dimostrativo is, ea, id: Is in tanto discrimine se expedivit, “Egli se la cavò in tanto grande pericolo”. Dux facillime hostes vicit et de iis trimphavit, “Il comandante sconfisse molto facilmente i nemici e trionfò su di loro”. Caesari cum id nuntiatum esset, eos per provinciam nostram iter facere conari, maturat ab urbe proficisci, “Cesare, dopo che fu annunciato che essi tentavano ai attraversare la nostra provincia, si affretta a partire dalla città”. Caesar Diviciacum ad se vocari iubet, “Cesare ordina di fare chiamare a sé Diviziaco”. Anche per il pronome di 3ª persona, l’impiego nel nominativo è raro. Si trova il pronome riflessivo anche se non è riferito al soggetto grammaticale, se esso si può riferire al soggetto logico della frase o a un soggetto sottinteso: Imperare sibi maximum imperium est (Seneca), “Comandare a se stessi è il più grande potere”. Come i pronomi personali, gli aggettivi e pronomi possessivi di 1ª e 2ª persona singolare e plurale sono anche riflessivi: meus, -a, -um, noster, nostra, nostrum; tuus, -a, -um, vester, vestra, vestrum;
2 I pronomi © Casa Editrice G. Principato
19
In teoria
Gli aggettivi e i pronomi di 3ª persona sono solo riflessivi e valgono per il singolare e plurale: suus, sua, suum, “suo”, “sua”, “loro”. Il pronome e aggettivo di 3ª persona, poiché è solo riflessivo, si può usare solo se colui che possiede è il soggetto della frase; se colui che possiede è un caso diverso dal nominativo, il latino usa eius, “di lui”, “di lei” (uguale anche per il femminile e il neutro); se si tratta di un plurale eorum, earum, eorum, “di loro”, maschile, femminile e neutro. Helvetii iam per angustias et fines Sequanorum suas copias traduxerant et in Haeduorum fines pervenerant eorumque agros populabantur, (Cesare) “Gli Elvezi avevano già fatto passare le loro truppe attraverso i luoghi angusti e il territorio dei Sequani ed erano giunti nel territorio degli Edui e devastavano i loro campi”. Moribus suis Orgetoricem ex vinculis causam dicere coegerunt, (Cesare) “Secondo i loro costumi costrinsero Orgetorige a difendersi in catene”. Nel significato di “suoi soldati”, “suoi parenti”, si trova normalmente il riflessivo, anche quando non sia riferito al soggetto: Cicero Catilinam et suos accusavit, “Cicerone accusò Catilina e i suoi (compagni, complici)”. Il riflessivo o il possessivo ricorrono quando si trovano in una proposizione subordinata strettamente connessa alla reggente, perché riporta il pensiero del soggetto di essa e sono riferiti al soggetto della reggente: Allobroges … fuga se ad Caesarem recipiunt et demonstrant sibi praeter agri solum nihil esse reliqui, “Gli Allobrogi si rifugiano da Cesare e spiegano che non è rimasto loro nulla, eccetto la terra”.
2. Aggettivi e pronomi dimostrativi Il latino ha tre pronomi con significato di dimostrativo, tutti con declinazione pronominale, cioè gen. sing. -ius e dat. sing. -i: • hic, haec, hoc, “questo”, plur. hii, hae, haec; • iste, ista, istud, “codesto”; plur. isti, istae, ista; • ille, illa, illud, “quello”; illi, illae, illa.
nota
bene
■ Il pronome e aggettivo iste, ista, istud è poco usato e può avere valore dispregiativo. ■ Il pronome e aggettivo ille, illa, illud può avere valore enfatico, significa spesso “quel famoso” e nel significato di “quello” si trova più spesso il determinativo is, ea, id: Antipater ille Sidonius, (Cicerone) “Quel famoso Antipatro di Sidone”. ■ Quando hic e ille sono correlati, il primo indica l’elemento più vicino, il secondo quello più lontano: Caesar dando sublevando ignoscendo, Cato nihil largiendo gloriam adeptus est. […] Illius facilitas, huius constantia laudabatur, (Sallustio) “Cesare aveva ottenuto fama grazie alla generosità, alla capacità di promuovere e perdonare (lett.: con il dare, il promuovere e il perdonare), Catone senza elargire nulla. Di quello (Cesare) si lodava l’accondiscendenza, di questo (Catone) la fermezza”. ■ Hoc e illud, al neutro, possono avere valore prolettico, cioè anticipare una proposizione esplicativa: Inter omnes igitur hoc constat, nec doctos homines solum, sed etiam indoctos, virorum esse fortium et magnanimorum et patientium et humana vincentium toleranter dolorem pati, “A tutti, non solo alle persone colti, ma anche agli ignoranti, è noto ciò, cioè che è proprio degli uomini forti, grandi, dotati di sopportazione e in grado di superare le vicende umane, sopportare coraggiosamente il dolore”.
20
Elementi di morfologia © Casa Editrice G. Principato
3. Pronomi e aggettivi determinativi I pronomi determinativi latini sono: is, ea, id, con numerosi significati: “egli”, “ella”, “esso”; “questo”, “quello”, “tale”, “colui”, “colei”, “ciò” e il suo composto con il suffisso -dem: idem, eadem, idem, “il medesimo”, infine ipse, ispa, ipsum, “lo stesso”. Anche questi pronomi hanno declinazione pronominale, cioè gen. sing. -ius e dat. sing. -i; nella declinazione di idem la -m dell’accusativo singolare e del genitivo plurale diventa -n: eundem, eandem, eorundem, earundem.
nota
bene
Osserva i diversi significati di is, ea, id: ■ come pronome personale di 3ª persona non riflessivo: Is fuit mediocris in dicendo (Cic.), “Egli fu un oratore poco abile”. ■ nel genitivo sostituisce il possessivo quando non è riflessivo: Laudo Caesarem et eius milites, “Lodo Cesare e i suoi soldati” ■ come aggettivo: Is praetor eodem die, quo Saturninus tribunus plebis… publice est interfectus (Cic.) “Quel pretore fu ucciso pubblicamente lo stesso giorno in cui fu ucciso il tribuno della plebe Saturnino” ■ come antecedente del pronome relativo: Epicurus, is quem vos nimis voluptatibus esse deditum dicitis (Cic.) “Epicuro, quello che voi dite essere stato troppo schiavo dei piaceri” ■ con il significato di “tale”, spesso seguito da proposizione relativa, introdotta dalla congiunzione ut, con sfumatura consecutiva o da proposizione consecutiva: si modo is sum qui id possim aut sciam iudicare (Cic.), “Se davvero sono tale da potere o sapere giudicare” ■ Quando is, ea, id o idem, eadem, idem sono introdotti da et o legati all’enclitica -que hanno valore intensivo: Plura explicabo eademque difficillima, “Spiegherò molti argomenti e per giunta molto difficili” ■ Confronta i significati di ipse e idem: Ipse dux pugnat inter primos, “Il comandante in persona, il comandante stesso combatte tra i primi”, ma idem dux vicit Carthaginienses et Graecos, “Il medesimo comandante vinse i Cartaginesi e i Greci”: medesimo nel senso di “uguale”, il comandante che vince gli uni è “uguale” a quello che vince gli altri!
4. I pronomi relativi e le proposizioni relative Il pronome relativo ha una declinazione “mista”: nel singolare ha declinazione pronominale, con genitivo cuius e dativo cui, accusativo quem, quam, quod, ablativo quo, qua, quo; nel plurale presenta le desinenze della 1ª classe degli aggettivi nel nominativo, qui, quae, quae, e nel genitivo, quorum, quarum, quorum, e quelle della 2ª classe per dativo e ablativo, quibus. Le proposizioni relative sono espresse, oltre che con i pronomi relativi qui, quae, quod, anche con i relativi indefiniti quicumque, quaecumque, quodcumque e quisquis, quidquid; il pronome relativo si riferisce normalmente a un pronome dimostrativo o a un sostantivo, detti antecedente; il modo è di solito l’indicativo. Il pronome relativo concorda in numero e genere con il termine cui si riferisce, ma assume il caso voluto dalla funzione sintattica che svolge nella frase: 2 I pronomi © Casa Editrice G. Principato
21
In teoria
Equitatui, quem auxilio Caesari Haedui miserant, Dumnorix praeerat (Cesare), “Dumnorige era a capo della cavalleria, che gli Edui avevano mandato in aiuto a Cesare”. Il pronome dimostrativo può essere sottinteso se è nello stesso caso del relativo e, nel genere neutro, se la forma del relativo e del dimostrativo sono morfologicamente uguali (dimostrativo al nominativo, accusativo e vocativo). Ricorda comunque di esprimere sempre il dimostrativo in italiano o, se possibile, di ricorrere al pronome doppio “chi”. (Is) Cui sufficit (id) quod habet dives est, “È ricco colui al quale basta ciò che possiede”. Osserva inoltre l’uso dei correlativi tantus, -a, -um... quantus, -a, -um, “tanto grande... quanto grande”; talis, tale... qualis, -e, “tale... quale”: le proposizioni introdotte da quantus, -a, -um e qualis, -e sono relative. Hannibalis exercitus tantus erat quantum nemo unmquam viderat, “L’esercito di Annibale era tanto grande quanto mai nessuno ne aveva visto (uno)”.
5. Particolarità delle proposizioni relative 5.1 Prolessi del relativo In alcuni casi la proposizione relativa precede la proposizione a cui è legata tramite il relativo; in tal caso bisogna individuare l’antecedente e ricostruire la sequenza corretta, accostando il relativo al suo antecedente, senza spostare necessariamente la frase relativa: Quae meliora probes, ea age!, “Le cose che approvi come migliori, falle!” Quam quisque norit artem, in ea se exerceat, lett. “Quell’arte che ciascuno conosce, in quella si eserciti” In questo caso è trasferita nella frase relativa anche la parola che funge da antecedente, insieme al dimostrativo, cioè artem: è un fenomeno che si verifica spesso.
5.2 Nesso relativo Il pronome relativo ricorre spesso all’inizio di un periodo, dopo un punto fermo o una pausa breve, anche in concomitanza con altri nessi sintattici, per indicare un legame con la frase precedente; si traduce trasformando il nesso relativo con la congiunzione “e” + dimostrativo: Exploratores omnia ostenderunt. Quae (= et ea) cum Caesar cognovisset, exercitum in planitiem duci iussit, “Gli esploratori esposero tutte le notizie. E Cesare, avendole conosciute, comandò di schierare l’esercito nella pianura”.
5.3 Concorrenza del relativo Talvolta il relativo assume la doppia funzione, di introdurre la proposizione relativa e di fungere da soggetto di un’infinitiva: Laelius apud Ciceronem amicitiam laudat, quam dicit maxime valere in bonis, “Lelio in Cicerone loda l’amicizia, che dice avere grandissimo valore negli uomini buoni”. 22
Elementi di morfologia © Casa Editrice G. Principato
5.4 Relative con il congiuntivo Presentano il congiuntivo le relative improprie, cioè quelle relative che hanno in realtà significato consecutivo o finale; quando sono relative finali è opportuno mantenere il congiuntivo in italiano: Legatos misit qui de pace agerent, “Mandò ambasciatori che trattassero della pace”. Clades tam aspera fuit, quae diu luctum maeroremque Romae excitaverit, “La sconfitta fu tanto dura che scatenò lutto e dolore a lungo a Roma”. Esistono inoltre proposizioni relative con il congiuntivo: • obliquo, quando si riporta un’opinione altrui rispetto al soggetto parlante: Dicebas omnia, quae fierent futuraque essent, fato fieri, “Dicevi che tutte le cose che accadono o accadranno, accadono per azione del fato”. • eventuale, quando si riferiscono a cose o persone nominate genericamente: Mos est Athenis publice sepeliri eos qui in bello mortui sint, “È uso in Atene seppellire a spese pubbliche coloro che siano morti in guerra”. • caratterizzante, quando si definisce una categoria di persone o cose caratterizzate da una qualità o da un’azione specifica: Sunt qui dicant Catilinam probum, “Ci sono alcuni che definiscono Catilina onesto”.
6. Pronomi e aggettivi indefiniti 6.1 Pronomi e aggettivi indefiniti di significato positivo Quis, quid, e il suo aggettivo qui, quae, quod, identici all’interrogativo ma con significato indefinito, sono usati nelle proposizioni in cui ci sia una congiunzione del tipo si, nisi, num, ne, nonne. Aliquis, aliquid, pronome, “qualcuno”, “qualcosa”; aliqui, aliqua, aliquod, aggettivo, “qualche”. Quisquam, quidquam, pronome, “uno”, “qualcuno”, ullus, -a, -um, aggettivo, “alcuno”, in frasi di senso negativo. Quidam, quaedam, quiddam, “qualcuno”, “un tale”; quidam, quaedam, quoddam, l’aggettivo. Quisque, unusquisque, quivis, quilibet, “ciascuno”, di uso meno frequente. Uterque, utraque, utrumque, “l’uno e l’altro”, sempre con verbo al singolare. Alius, alia, aliud, “altro”, in senso generico; alter, -era, -erum, altro fra due; ceteri, ceterae, cetera, tutti gli altri, solo plur., come reliqui, -ae, -a, “i rimanenti”.
6.2 Pronomi e aggettivi indefiniti di significato negativo • Nemo, nihil, “nessuno”, “niente” (gen. nullius, nullius rei; dat. nulli, nulli rei; acc. neminem, nihil; abl. nullo, nulla re); • Nullus, a, um, aggettivo, “nessuno”, usato anche per le forme mancanti di nemo; • Neuter, tra, um, “né l’uno né l’altro”, “nessuno dei due”.
2 I pronomi © Casa Editrice G. Principato
23
nota
bene
■ Trovi il pronome e aggettivo ullus in frasi già di senso negativo, nemo, nihil e nullus in frasi che non contengano altre negazioni: Athenis neminem vidi, “Ad Atene non ho visto nessuno”. Numquam vidi ullum bonum Carthaginiensem, “Non vidi mai alcun buon Cartaginese”. ■ Trovi sempre il pronome indefinito positivo preceduto da congiunzione negativa e non viceversa, cioè: nec quisquam (pronome), “e nessuno”, non “et nemo” nec ullus (aggettivo), “e nessuno”, non “et nullus” nec quidquam/quicquam, “e niente”, non “et nihil” nec umquam, “e mai”, non “et numquam” nec usquam, “e in nessun luogo”, mai “et nusquam” ■ Osserva inoltre, a seconda della posizione della negazione, quando essa ricorra con un pronome già di senso negativo: non nemo, “qualcuno”, ma nemo non, “ognuno”, “tutti”
6.3 Particolarità Quisque è di impiego raro e mai in inizio di frase. Si usa dopo un riflessivo, un possessivo, un relativo, un interrogativo o un superlativo, che rafforza, un numerale ordinale o un avverbio correlativo: optimum quisque rarissimum, “ogni cosa migliore è più rara”; quarto quoque anno, “ogni quattro anni”; quo quisque est sollertior, “quanto più uno è accurato...”. Omnis, -e ha il doppio significato di “ogni” nel singolare, “tutti”, “tutte” nel plurale. Dopo nihil o aliquid puoi trovare un aggettivo al genitivo partitivo o concordato, se appartiene alla prima classe, solo concordato se appartiene alla seconda; se trovi due aggettivi, sulla costruzione del primo si regola anche quella del secondo: nihil boni, nihil bonum, “niente di buono”; nihil facile, “niente di facile”; aliquid boni et facilis/aliquid facile et bonum, “qualcosa di buono e facile”. Infine ricorda la costruzione compendiaria, o abbreviata, di alius e alter quando sono ripetuti: alius alia facit, “uno fa una cosa, un altro un’altra”.
7. Relativi indefiniti Quisquis, quidquid e quicumque, quaecumque, quodcumque con il significato di “chiunque”, “qualunque cosa”; mentre in italiano dopo questi pronomi è preferibile il congiuntivo, in latino è più frequente l’indicativo, a meno che non sia indicata una condizione di eventualità: Quisquis hoc dicit, errat, “Chiunque dica ciò, sbaglia”. Da questi pronomi derivano avverbi di luogo del tipo quocumque, ubicumque,“dovunque”.
8. Pronomi e aggettivi interrogativi La declinazione del pronome interrogativo quis, quid e dell’aggettivo qui, quae, quod è analoga a quella del relativo, tranne che nel nominativo singolare del pronome, come è evidente; nel plurale, le forme del maschile possono valere anche per il femminile. 24
Elementi di morfologia © Casa Editrice G. Principato
Da quis, quid derivano altri pronomi e aggettivi di uso meno frequente: quisnam, quidnam, “chi mai?”, “cosa mai?” ecquis, ecquid, “forse qualcuno”, “forse qualcosa” numquis, numquid, “qualcuno forse”, “qualcosa forse” uter, utra, utrum, “chi dei due?”, “quale dei due?”, che segue la declinazione pronominale nel genitivo e dativo singolare, per il resto la prima classe degli aggettivi; ricorda che se uter è seguito da pronome personale, questo si trova nel genitivo partitivo, se è seguito da sostantivo è concordato. Uter vestrum amicum vidit? “Chi di voi vide l’amico?” Utra puella domum venit? “Quale fanciulla venne a casa?”
9. Le proposizioni interrogative dirette Le proposizioni interrogative dirette equivalgono a proposizioni principali e hanno normalmente il modo indicativo; può anche essere impiegato il congiuntivo con valore potenziale o dubitativo, come si vedrà successivamente. Sono introdotte da: • un pronome o un aggettivo interrogativo; • una particella interrogativa: -ne, oppure nonne, nel caso in cui si preveda risposta positiva, num, in caso in cui si preveda risposta negativa; • congiunzioni interrogative: cur, “perché”, quando, “quando”, quomodo, “come”, quare, “per quale motivo”, “perché”, ubi, “dove”. Quid agis?, “Cosa fai?” Quis venit cum Mario?, “Chi venne con Mario?” Quando venies Romam?, “Quando verrai a Roma?” Cur profectus es?, “Perché sei partito?”
9.1 Interrogative dirette disgiuntive Oltre a queste interrogative dirette semplici, esistono anche interrogative dirette disgiuntive, cioè che prevedono la scelta fra due possibilità. Le disgiuntive sono introdotte da: utrum… an -ne… an an, solo nella seconda proposizione. Utrum Romanus es an Graecus?/ Romanusne es an Graecus?/ Romanus es an Graecus? ”Sei Romano o Greco?”.
2 I pronomi © Casa Editrice G. Principato
25
In TRADUZIONE pratica 2 M. Belponer
I pronomi
Esercizi e Versioni 1.
Traduci.
1. Eo die Labienus milia passuum tria ab eorum castris sua castra ponit. 2. Illos reges iniquos ob eorum perfidiam cives timent. 3. Legatis Caesar haec nuntiavit brevissime. 4. Eodem die Graeci et Siculi barbaros vicerunt. 5. Romulus ad illos ludos finitimos populos invitavit earumque virgines rapuit. 6 His bonis moribus antiqui cives se et rem publicam curabant. 7. Catilina civis erat quo pauci deteriores fuerunt. 8. Cognovimus saepe viros quos multi desiderabunt. 9. Vobis referam quae Scipio apud me disseruit de amicitia. 10. In optimis viris certamen est honoris et gloriae, ex quo saepe magnae discordiae fiunt. 11. Magna discidia fuerunt inter senatores, qui imperium Scipionis non ferebant. 12. Gladiatoresque, quos ibi Caesar in ludo habebat, Lentulus spe libertatis confirmat.
2.
Scegli la forma corretta e traduci.
1. Omnes pueri qui/ quos cognosco beati sunt. 2. Apud omnes homines de quibus/ quorum dixi amicitia sancta sit. 3. Multas gentes sunt quas/ quae Romanos cognoscunt. 4. Multi populi sunt quibus/ quorum Romani meliores sunt. 5. Multi populi sunt qui/ quorum Romanis meliores sunt. 6. Venit mecum frater meus cuius/ de quo probitatem cognoscit. 7. Quod/quid dicis? 8. Apud quam/ quem urbem es? 9. Utrum/ quem consulem vides? 10. Quod / quid consilium tibi placet? 11. Quis /qui veniet Athenas tecum? 12. In qua/ quam urbe vives? 13. Utro/ quo pede claudus es? 14. Duo sunt discipuli: cui/ utri praemium dabis?
3.
Scegli il pronome o la congiunzione adatti tra quelli indicati e traduci (prop. interr. dirette semplici e disgiuntive). an • utrum • qua • quibus • quos • cur • quos • an • -ne
1. Inter _______ viros milites bonos queremus? 2. Amicos _______ adulatores estis? 3. _______ Athenienses contra Persas armis contenderunt? 4. In _______ aestimatione est populi concordia? 5. Atheniensis es _______ Corynthius? 6. _______ de tua libertate an de Atheniensium salute pugnas? 7. Apud servos _______ venimus an liberos? 8. _______ armis haec defendam? 9. Apud _______ viros concordia, libertas, fides sunt?
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
Cicerone In Catilinam, I, 3, 8
26
V0
Un incalzare di domande
Il console Cicerone nel 63 a.C. attacca in Senato Catilina, un patrizio che ha organizzato una congiura per prendere illegalmente il potere. Si rivolge a lui, oltre che ai senatori, alcuni dei quali suoi complici, con una sequenza di interrogative dirette e conclude con una forte esclamazione.
Recognosce tandem mecum noctem illam superiorem; iam intelleges multo me vigilare acrius ad salutem quam te ad perniciem rei publicae. Dico te priore nocte venisse inter falcarios – non agam obscure – in M. Laecae domum; convenisse eodem complures eiusdem amentiae scelerisque socios. Num negare audes? Quid taces? Convincam, si negas. Video enim esse hic in senatu quosdam, qui tecum una
Elementi di morfologia © Casa Editrice G. Principato
fuerunt. O di inmortales! Ubinam gentium sumus? In qua urbe vivimus? Quam rem publicam habemus? Hic, hic sunt in nostro numero, patres conscripti, in hoc orbis terrae sanctissimo gravissimoque consilio, qui de nostro omnium interitu, qui de huius urbis atque adeo de orbis terrarum exitio cogitent! Hos ego video consul et de re publica sententiam rogo et, quos ferro trucidari oportebat, eos nondum voce volnero! Ripercorri con me quella notte precedente; capirai ormai che sto più in guardia io per la salvezza che tu per la rovina dello stato. Affermo che tu la notte precedente sei andato in casa di Marco Leca nel quartiere dei falciaioli – non parlerò in modo ambiguo – ; si radunarono nello stesso luogo moltissimi complici della stessa stoltezza e (dello stesso) delitto. Forse osi negare? Perché taci? Lo dimostrerò, se lo neghi. Vedo infatti che qui in senato ci sono alcuni, che furono con te. O dei immortali! Tra che genti siamo? In che città viviamo? Che stato abbiamo? Sono qui, qui, nel nostro consesso, o senatori, in questo consiglio, il più sacro e autorevole della terra, coloro che progettano la morte di noi tutti, la rovina di questa città e ugualmente di tutta la terra! Io, il console, li vedo e chiedo loro un’opinione sullo stato e non colpisco ancora con la voce coloro che sarebbe opportuno trucidare con le armi.
TRADUZIONE
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Il contesto in cui viene pronunciata l’orazione è quello dell’accusa a Catilina, responsabile della guerra civile, ormai prossima, che Cicerone ha smascherato e di cui accusa apertamente il rivale, indicando la presenza di Catilina come una profanazione del luogo in cui si svolge l’azione, il Senato romano. Nelle parole del console risuona perciò la contrapposizione tra la malvagità del traditore e dei suoi complici e la sacralità del luogo in cui egli osa presentarsi.
La morfo-sintassi
2. La costruzione acrius... quam introduce la proposizione comparativa. 3. La relativa qui... cogitent, espressa con il congiuntivo, può essere intesa come impropria, con una sfumatura consecutiva: “uomini tali da progettare...”, “che arrivano a progettare”. 4. Nell’ultimo periodo ricorre la prolessi del relativo: quos... eos...
Lo stile
5. Il testo è un’apostrofe a Catilina: essa è scandita da forme verbali incalzanti e dall’enfasi con cui viene definito il Senato, in contrapposizione all’azione distruttiva dei congiurati, in un crescendo sottolineato dalle anafore ricorrenti (hic, hic, “qui, qui”) dalle forme esclamative e dalle interrogative incalzanti, che conferiscono al passo un ritmo martellante. 2 I pronomi © Casa Editrice G. Principato
27
V1 Cesare
La parola a un guerriero gallo Cesare nel De bello Gallico riporta il discorso di Critognato, un averno, che parla durante l’assedio di Alesia in una situazione molto preoccupante per le prospettive future della Gallia.
PREREQUISITI ablativo assoluto, coniugazione anomala, gerundivo, prop. relativa, interr. diretta
In consilio capiendo omnem Galliam respiciamus, quam ad nostrum auxilium concitavimus. Nolite hos vestro auxilio exspoliare, qui vestrae salutis causa suum periculum neglexerunt, nec stultitia ac temeritate vestra aut animi imbecillitate omnem Galliam prosternere et perpetuae servituti subicere. Quid ergo mei consili est? Facere, quod nostri maiores nequaquam pari bello Cimbrorum Teutonumque fecerunt; qui in oppida compulsi ac simili inopia subacti eorum corporibus qui aetate ad bellum inutiles videbantur1 vitam toleraverunt neque se hostibus tradiderunt. Nam quid illi simile bello fuit? Depopulata Gallia2 Cimbri magnaque illata calamitate finibus quidem nostris aliquando excesserunt atque alias terras petierunt; iura, leges, agros, libertatem nobis reliquerunt. Romani vero quid petunt aliud aut quid volunt, nisi invidia adducti, quos fama nobiles potentesque bello cognoverunt, horum in agris civitatibusque considere atque his aeternam iniungere servitutem? Neque enim ulla alia condicione bella gesserunt. Quod si ea quae in longinquis nationibus geruntur ignoratis, respicite finitimam Galliam, quae in provinciam redacta iure et legibus commutatis securibus subiecta perpetua premitur servitute. 1. qui... inutiles videbantur: “che sembravano inutili”.
V2 Cicerone
2. Depopulata Gallia: “devastata la Gallia”.
Qualità naturali o cultura?
PREREQUISITI coniugazione anomala, prop. infinitiva, cum narrativo, prop. interr. diretta, relativa
Cicerone per difendere un poeta greco senza “permesso di soggiorno” afferma, superando ogni considerazione puramente giuridica, che il valore della sua cultura gli garantisce di per sé il diritto di appartenere alla comunità dei cittadini romani.
Quid? Illi ipsi summi viri, quorum virtutes litteris proditae sunt, istane doctrina, quam tu effers laudibus, eruditi fuerunt?” Difficile est hoc de omnibus confirmare, sed tamen est certe quod respondeam. Ego multos homines excellenti animo ac virtute fuisse, et sine doctrina naturae ipsius habitu prope divino per se ipsos et moderatos et gravis exstitisse, fateor: etiam illud adiungo, saepius ad laudem atque virtutem naturam sine doctrina quam sine natura valuisse doctrinam. Atque idem ego contendo, cum ad naturam eximiam atque inlustrem accesserit ratio quaedam conformatioque doctrinae, tum illud nescio quid praeclarum ac singulare solere exsistere. Ex hoc esse hunc numero, quem patres nostri viderunt, divinum hominem Africanum; ex hoc C. Laelium, L. Furium, moderatissimos homines et continentissimos; ex hoc fortissimum virum et illis temporibus doctissimum, M. Catonem illum senem.
28
Elementi di morfologia © Casa Editrice G. Principato
V3 Sallustio
In caso di incertezza, meglio i piedi delle armi! Dopo molte esitazioni, Giugurta si trova coinvolto in una battaglia con i Romani, ma non è preparato e non riesce a trattenere i suoi dalla fuga.
PREREQUISITI deponenti, ablativo assoluto, proposizione interrogativa indiretta disgiuntiva, cum narrativo, prop. relativa
Eodem tempore Iugurtha amissis amicis, quorum plerosque ipse necaverat, ceteri formidine pars ad Romanos, alii ad regem Bocchum profugerant, cum neque bellum geri sine administris posset et novorum fidem in tanta perfidia veterum experiri periculosum duceret, varius incertusque agitabat. Neque illi res neque consilium aut quisquam hominum satis placebat: itinera praefectosque in dies mutare; modo adversum hostis, interdum in solitudines pergere; saepe in fuga ac post paulo in armis spem habere; dubitare1, virtuti an fidei popularium minus crederet2: ita quocumque intenderat, res adversae erant. Sed inter eas moras repente sese Metellus cum exercitu ostendit. Numidae ab Iugurtha pro tempore parati instructique (sunt), dein proelium incipitur. Qua in parte rex pugnae affuit, ibi aliquamdiu certatum, ceteri eius omnes milites primo congressu pulsi fugatique (sunt). Romani signorum et armorum [et] aliquanto numero, hostium paucorum potiti sunt; nam ferme Numidis in omnibus proeliis magis pedes quam arma tuta sunt. 1. mutare… pergere… habere… dubitare: infiniti storici, traduci con l’indicativo imperfetto.
V4 Cicerone
2. virtuti an fidei crederet: “se affidarsi al valore o alla sorte”.
Un’appassionata esortazione Nel passo che segue Cicerone ricorda il coraggio e la dignità degli antenati e li pone a confronto con la codardia dei suoi tempi.
PREREQUISITI ablativo assoluto, proposizione infinitiva, verbi deponenti, coniugazione anomala, prop. causale, interr. diretta, relativa, completiva
Maiores nostri saepe mercatoribus aut naviculariis nostris iniuriosius tractatis bella gesserunt: vos, tot milibus civium Romanorum uno nuntio atque uno tempore necatis, quo tandem animo esse debetis? Legati quod erant appellati superbius, Corinthum patres vestri totius Graeciae lumen exstinctum esse voluerunt: vos eum regem inultum esse patiemini, qui legatum populi Romani consularem vinculis ac verberibus atque omni supplicio excruciatum necavit? Illi libertatem imminutam civium Romanorum non tulerunt: vos ereptam vitam neglegetis? Ius legationis verbo violatum illi persecuti sunt: vos legatum omni supplicio interfectum relinquetis? Videte ne, ut illis pulcherrimum fuit tantam vobis imperi gloriam tradere, sic vobis turpissimum sit, id quod accepistis tueri et conservare non posse. Quid? Quod salus sociorum summum in periculum ac discrimen vocatur, quo tandem animo ferre debetis? 1. videte ne... sit: “fate in modo che non sia...”
2 I pronomi © Casa Editrice G. Principato
29
V5 Seneca
La coscienza come rifugio In questa lettera a Lucilio, suo discepolo, Seneca consiglia di evitare la folla perché i comportamenti di massa sono degradanti per l’uomo saggio.
PREREQUISITI perifrastica passiva, proposizione infinitiva, proposizione causale, interr. diretta, relativa, completiva
Quid tibi vitandum praecipue existimes quaeris? Turbam. Inimica est multorum conversatio: nemo non aliquod nobis vitium aut commendat aut imprimit aut nescientibus allinit. Nihil vero tam damnosum bonis moribus quam in aliquo spectaculo desidere; tunc enim per voluptatem facilius vitia subrepunt. Quid me existimas dicere? Avarior redeo, ambitiosior, luxuriosior? Immo vero crudelior et inhumanior, quia inter homines fui. Casu in meridianum spectaculum incidi, lusus exspectans et sales et aliquid laxamenti quo hominum oculi ab humano cruore acquiescant. Contra est. Nihil habent quo tegantur; ad ictum totis corporibus expositi numquam frustra manum mittunt. Hoc plerique ordinariis paribus et postulaticiis praeferunt. Quidni praeferant? Non galea, non scuto repellitur ferrum. Quo munimenta? Quo artes? Omnia ista mortis morae sunt. Ferro et igne res geritur. ‘Sed latrocinium fecit aliquis, occidit hominem.’ Quid ergo? Quia occidit, ille meruit ut hoc pateretur: tu quid meruisti miser ut hoc spectes? Recede in te ipse quantum potes; cum his versare qui te meliorem facturi sunt, illos admitte quos tu potes facere meliores.
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Salute e rovina Nel passo d’apertura, tratto dalla prima orazione pronunciata da Cicerone contro Catilina, incontriamo alcuni termini che alludono alla rovina della città: pernicies, interitus, exitium; ad essi è contrapposta l’azione di Cicerone, che aspira alla salus dello Stato. Quest’ultimo termine, che si ritrova nell’italiano “salute”, ha in latino un significato diverso, ovvero quello di “salvezza”, mentre il nostro “salute” si esprime con il termine valetudo, dinis, connesso alla forma verbale valeo, “sto bene”, convalesco, “recupero la salute”, da cui deriva l’italiano “convalescenza”.
30
A salus è contrapposto pernicies, che esprime la rovina totale, la devastazione; in italiano il sostantivo resta come termine aulico e poetico, mentre l’aggettivo “pernicioso” è usato nel lessico medico, ma comunemente è molto raro. Infine, i due termini interitus ed exitium sono talvolta usati in endiadi proprio da Cicerone, e sono entrambi composti con il verbo eo: indicano quindi un passaggio, che metaforicamente indica la morte. Il primo non si conserva in italiano, mentre il secondo, nel sostantivo “esito” assume un significato neutro, che si può semplicemente intendere come risultato, e può assumere accezione negativa o positiva se accompagnato da un aggettivo; viceversa, l’aggettivo “esiziale” ha sempre significato negativo, e indica una condizione o un evento che ha come risultato appunto la morte.
Elementi di morfologia © Casa Editrice G. Principato
In teoria
3 La coniugazione del verbo 1. Le quattro coniugazioni latine Le quattro coniugazioni latine sono esemplificate nei rispettivi paradigmi: coniugazione
presente 1a pers.
presente 2a pers.
perfetto
supino
infinito
significato
1a
laudo
laudas
laudavi
laudatum
laudare
“lodare”
2
moneo
mones
monui
monitum
monere
“ammonire”
3a
lego
legis
legi
lectum
legere
“leggere”
4
audio
audis
audivi
auditum
audire
“ascoltare”
a
a
La desinenza del presente 1a e 2a persona e dell’infinito consentono di individuare la coniugazione di appartenenza; il perfetto, come emerge dai paradigmi riportati, è sempre caratterizzato dalla desinenza -i, però il tema di esso può essere molto diverso da quello del presente, ed è il motivo per cui è riportato nel paradigma. Osserva la derivazione dei tempi e modi: FORMA ATTIVA
tema presente
perfetto
FORMA PASSIVA
modo
tempo
voce
significato
indicativo
imperfetto
legebam
“leggevo”
indicativo
futuro
legam/leges
“leggerò”/”leggerai”
congiuntivo
presente
legam
“io legga”
congiuntivo
imperfetto
legerem
“io leggessi”/ “leggerei”
indicativo
piucchepf.
legeram
“avevo letto”
indicativo
fut. ant.
legero/legeris
“avrò letto”/”avrai letto”
congiuntivo
perfetto
legerim
“io abbia letto”
congiuntivo
piucchepf
legissem
“io avessi /avrei letto”
tema
modo
tempo
voce
significato
presente
indicativo
presente
legor
“sono letto”
presente
supino (part. passato)
indicativo
imperfetto
legebar
“ero letto”
indicativo
futuro
legar/legeris
“sarò/sarai letto”
congiuntivo
presente
legar
“io sia letto”
congiuntivo
imperfetto
legerer
“io fossi /sarei letto”
indicativo
perf.
lectus sum
“sono stato letto”
indicativo
piucchepf
lectus eram
“ero stato letto”
indicativo
fut. ant.
lectus ero
“sarò stato letto”
congiuntivo
perfetto
lectus sim
“io sia stato letto”
congiuntivo
piucchepf
lectus essem
“io fossi/sarei stato letto” 3 La coniugazione del verbo
© Casa Editrice G. Principato
31
In teoria
2. La coniugazione deponente La coniugazione deponente è costituita da verbi di forma solo passiva, che hanno significato attivo, secondo le quattro coniugazioni: i: hortor, -aris, hortatus sum, hortari, “esortare” ii: vereor, veritus sum, vereri, “temere” iii: utor, -eris, usus sum, uti, “usare” iv: experior, -iris, expertus sum, experiri, “provare”
nota
bene
■ Hanno forma attiva il participio presente, il participio futuro, l’infinito futuro, il gerundio, il supino in -um; hanno significato passivo il gerundivo (hortandus, “da esortare”), e il supino in -u (di solito costruito con aggettivi: facile hortatu, “facile a essere esortato”). ■ Participi perfetti di verbi deponenti con significato anche passivo: adeptus, da adipiscor, “avendo ottenuto”, “ottenuto”; comitatus, da comitor, “avendo accompagnato”, “accompagnato”; confessus, da confiteor, “avendo confessato”, “confessato”; dimensus, da dimetior, “avendo misurato”, “misurato”; expertus, da experior, “avendo provato”, “provato”; meditatus, da meditor, “avendo meditato”, “meditato”; pactus, da paciscor, “avendo pattuito”, “pattuito”; populatus, da populor, “avendo saccheggiato”, “saccheggiato”. ■ Participi perfetti di verbi deponenti con significato presente e attivo: ratus, da reor, “pensando”, “ritenendo”; veritus, da vereor, “temendo”; usus, da utor, “usando”. ■ Poiché non è possibile rendere passivi i verbi deponenti, alcuni significati che si dovrebbero esprimere con un deponente vengono espressi con il verbo afficio, al passivo, e l’ablativo; la stessa costruzione ricorre spesso per rendere il significato riflessivo: admiratione afficior, “sono ammirato” dolore afficior, “sono addolorato” ■ Osserva infine l’uso di alcuni verbi con significato mediale: versor, “mi occupo di”, “mi impegno”; excrucior, “soffro in croce” ecc.
3. La coniugazione semideponente Affine alla coniugazione deponente è quella semideponente, i cui verbi hanno un paradigma “misto”; osserva: • audeo, -es, ausus sum, audere, “osare” • gaudeo, -es, gavisus sum, gaudere, “godere” • soleo, -es, solitus sum, “solere”, “essere solito” • fido, -is, fisus sum, fidere, “fidarsi”, con i composti diffido e confido • fio, fis, factus sum, fieri, “diventare”, “accadere”, e passivo di facio, “essere fatto”. Questi verbi coniugano con la forma attiva il presente e i tempi da esso derivati; con la forma passiva il perfetto e i temi da esso derivati. Osserva ancora: revertor, -eris, reverti (perf. att.), reverti (infinito), “ritornare”, che ha un paradigma “rovesciato”: attivi sono i tempi che derivano dal perfetto, passivi quelli che derivano dal presente. 32
Elementi di morfologia © Casa Editrice G. Principato
4. Verbo sum e composti Il verbo sum, es, fui, esse, espressione verbale cardine perché esprime l’esistere, è in latino, come in italiano e in molte altre lingue, un verbo anomalo, in quanto il suo paradigma e la sua coniugazione non corrispondono a quelle regolari; innanzitutto esso non ha supino, inoltre sono presenti due temi: es, che può ridursi a semplice s, e fu; infine, nella coniugazione di sum, come in quella dei suoi composti, si rileva l’assenza del participio presente, del participio passato, del gerundio e del gerundivo. Il verbo sum può essere usato come: • copula con predicato nominale: Ego sum Via,Veritas et Vita, “Io sono Via, Verità, Vita” • predicato verbale con il significato di “stare”, “trovarsi”, “esistere”, ma anche “valere” in unione con il genitivo o l’ablativo di prezzo o di stima: Magni es, “Vali molto” • come ausiliare per i passivi, i deponenti, ma anche le perifrastiche attive e passive: Captus sum et fassus sum, “Fui catturato e confessai” • nella costruzione del dativo di possesso: Mihi magna domus est, “Ho una grande casa” (letteralmente: a me è una grande casa). A volte il verbo esse è sottinteso, soprattutto nelle sentenze e nei proverbi: Quot capita tot sententiae, “Tante (sono) le teste, tanti (sono) i pareri”.
4.1 Composti di sum Il paradigma del verbo sum, in unione per lo più con preposizioni, dà origine a molteplici composti il cui significato è dato dalla preposizione associata; osserva però i significati di obsum, “nuoccio” e desum, “manco”. Generalmente i composti di sum sono costruiti con il dativo.
nota
bene
Osserva i composti: ■ Possum, potes, potui, posse = “potere”. Possum deriva da sum e da pote (potis), un aggettivo indeclinabile che significa “potente”; nei tempi derivati dal presente da *pot(e)sum, cade la -e- tra le due consonanti e la -t- si trasforma in -s- per assimilazione; la -t- del tema si ripropone quando le forme del verbo sum iniziano per e-. I tempi del passato derivano dal perfetto potui e si costruiscono in modo regolare. Osserva infine l’uso del “si” passivante: Moneri potest, “Si può ammonire”. ■ Prosum, prodes, profui, prodesse = “giovare”. Il verbo è composto da pro (“a favore di”)+ sum; per motivi eufonici, di fronte a vocale, aggiunge la -d e diventa prod; perciò, nelle forme derivanti dal presente, troverai prodes, proderam, prodero; le forme derivate dal perfetto sono regolari. ■ Interest Il verbo intersum alla 3ª persona singolare interest può avere un valore impersonale nel significato di “importare, interessare, stare a cuore”, per cui cfr. sintassi dei casi, genitivo, p. 63. 3 La coniugazione del verbo © Casa Editrice G. Principato
33
In teoria
5. I verbi della coniugazione anomala La coniugazione anomala è definita così perché spesso presenta paradigmi politematici, cioè che si formano da temi diversi, come nel caso di fero. Appartengono alla coniugazione anomala, oltre a sum: • volo, vis, volui, velle, “voglio”; • nolo, non vis, nolui, nolle, risultato dalla fusione di non + volo, “non voglio”; • malo, mavis, malui, malle, risultato dalla fusione di magis + volo, “preferisco”; • eo, is, ii oppure ivi, itum, -ire, “andare”, da cui si formano numerosi composti, in unione con diverse preposizioni.
nota
bene
■ Non confondere le forme del congiuntivo presente e del futuro: velim, “io voglia”, malim, “io preferisca”, nolim, “io non voglia”, volam, voles, “io vorrò”, “tu vorrai”; nolam, noles, “non vorrò”, “non vorrai”; malam, males, “preferirò”, “preferirai”. ■ Le forme dei congiuntivi presente e imperfetto di volo sono spesso impiegate ad introdurre un desiderio, e seguite da un altro congiuntivo (vedi Il congiuntivo ottativo, p. 96): Vellem mecum esses! “Vorrei che tu fossi con me!” ■ Esiste inoltre un composto di eo, veneo, venii, venire, con significato passivo, “essere venduto”, usato in luogo del passivo di vendo: non confonderlo con venio, ivi, itum, -ire, andare, venire. ■ Eo e i verbi intransitivi composti con eo si costruiscono al passivo solo in forma impersonale: itur, “si va”; itum est, “si andò”; eundum est, “si deve andare” ecc.
Fero, fers, tuli, latum, ferre, “porto”, con i composti, tra i quali: aufero, abstuli, aufero, ablatum, auferre, “portare via” circumfero, circumtuli, circumlatum, circumferre, “circondare” defero, detuli, delatum, deferire, “portar giù”, “denunciare” infero, intuli, illatum, inferre, “portare dentro” offero, obtuli, oblatum, offerre, “offrire” perfero, pertuli, perlatum, perferre, “sopportare” refero, rettuli, relatum, referre, “riportare”, “riferire”
nota
bene
Le forme sustuli e sublatum derivanti da suffero sono usate come perfetto e supino di tollo, “sollevo”, “tolgo”; suffero viceversa completa il paradigma con sustinui, sustentum, derivati da sustineo, “sostengo”. Quindi avrai: suffero, sustinui, sustentum, sufferre, “sopportare” tollo, sustuli, sublatum, tollere, “sollevare”
Fio, fis, factus sum, fieri, di forma semideponente, con tre significati fondamentali: passivo di facio, “sono fatto”; “divento”; in forma impersonale, solo alla 3ª persona singolare, “accade”.
nota
bene
I composti che mantengono invariato -facio formano il passivo con fio, quelli che indeboliscono la vocale del tema, cioè utilizzano -ficio, formano un regolare passivo con la desinenza -or: ma
34
calefacio, “riscaldo” - calefio, “sono riscaldato”
conficio, “compio” - conficior, “sono compiuto”
Elementi di morfologia © Casa Editrice G. Principato
In TRADUZIONE pratica 3 M. Belponer
La coniugazione del verbo
Esercizi e Versioni 1.
Traduci le seguenti forme verbali. secutus sim • secutae essent • moriar • sequebantur • moriemini • morari • morabaris • nascetur • intersumus • interfuerat • intereratis • interfuistis • interessem • interfuerunt • prodessent • proderit • proderant • prodest • prosint • profuimus • potueris • potueratis • poteratis • possimus • potero • posses • potuistis • potes • potueram
2.
Completa la tabella.
voce
tempo
traduzione
profectus
perf. part.
“partito”
imitans adeptus mortuus agens arbitratus coactus quaesita usus
3.
Completa la tabella.
voce
modo
tempo
traduzione
ferebat eatis nolebam malim mavult vis vellet it ibant nolint
3 La coniugazione del verbo © Casa Editrice G. Principato
35
V0
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
La virtù di Lucrezia
Leggiamo nel racconto di Livio un episodio famoso, dal quale emerge la virtù di Lucrezia, esemplare modello di donna latina. Durante l’assedio di Ardea, in un banchetto tra i principi, nasce un dibattito sulla virtù delle rispettive mogli, e quindi la decisione di sorprenderle in assenza dei mariti. L’episodio qui narrato è il prologo di una vicenda ben più grave, la violenza ai danni della stessa Lucrezia, consumata da Tarquinio, e che gli costò la cacciata da Roma.
Livio 1, 57
Forte potantibus his (regis iuvenibus) apud Sex. Tarquinium, ubi et Collatinus cenabat Tarquinius, Egeri filius, incidit de uxoribus mentio. Suam quisque laudare miris modis; inde certamine accenso Collatinus negat verbis opus esse; paucis id quidem horis posse sciri quantum ceteris praestet Lucretia sua. “Quin, si vigor iuventae inest, conscendimus equos invisimusque praesentes nostrarum ingenia? id cuique spectatissimum sit quod necopinato viri adventu occurrerit oculis.” Incaluerant vino; “Age sane” omnes; citatis equis avolant Romam. Quo cum primis se intendentibus tenebris pervenissent, pergunt inde Collatiam, ubi Lucretiam haudquaquam ut regias nurus, quas in convivio luxuque cum aequalibus viderant tempus terentes sed nocte sera deditam lanae inter lucubrantes ancillas in medio aedium sedentem inveniunt. Muliebris certaminis laus penes Lucretiam fuit.
TRADUZIONE
Una volta, mentre (i figli del re) per caso banchettavano presso Sesto Tarquinio, dove cenava anche Tarquinio Collatino, figlio di Egerio, il discorso cadde sulle mogli e ciascuno lodò la propria con termini mirabili. Quindi, animatasi una contesa, Collatino dice che non c’è bisogno di parole, che si può sapere in poche ore quanto la sua Lucrezia sia migliore delle altre. “Perché non saliamo a cavallo, se abbiamo la forza della gioventù, e non andiamo a vedere di persona le occupazioni delle nostre donne? Per ciascuno sarà una buona dimostrazione ciò che avrà sotto gli occhi, all’arrivo inatteso del marito”. Si erano scaldati col vino, “Andiamo” dicono tutti. A briglie sciolte vanno a Roma. Essendo giunti lì sul far della sera, si dirigono in seguito a Collazia: dove trovano Lucrezia, diversamente dalle nuore del re, che avevano colto a trascorrere il tempo con le coetanee nel banchetto e nell’ozio, dedita a lavorare la lana, sedendo in mezzo alle ancelle indaffarate, nonostante fosse notte fonda. La vittoria nella gara delle spose fu di Lucrezia.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Il passo traccia un quadro di virtù arcaiche, in cui si celebrano le doti domestiche femminili, legate ai tempi delle origini e alla figura di Lucrezia. Certamente, nell’opera di Livio, che illustra la parabola della Res publica, questo ritratto esemplare assume una connotazione nostalgica, perché in realtà la vita delle donne romane, soprattutto appartenenti alle classi agiate, era ben lontana da questo modello, come già confermano le regiae nurus in contrapposizione all’austera matrona.
36
Elementi di morfologia © Casa Editrice G. Principato
La morfo-sintassi
2. La sintassi è piuttosto complessa. Il passo si apre con un ablativo assoluto, quindi prosegue con il racconto del dialogo che si accende tra i commensali, con alternanza di subordinate, proprie del discorso indiretto, e di principali, ad esprimere la vivacità del racconto. L’ultimo periodo è articolato nelle proposizioni in cui sono contrapposte, nelle diverse occupazioni, le donne che trascorrono la serata (tempus terentes) nel banchetto e Lucrezia, che lavora (deditam lanae) fino a notte con le schiave.
Lo stile
3. Il racconto dell’episodio può essere diviso in due sezioni: la prima, in cui è narrata la decisione di andare a constatare di persona il comportamento delle donne, la seconda che narra l’esito di questa decisione. La prima sequenza è scandita da proposizioni più brevi, intrecciate tra loro, ad esprimere le battute degli interlocutori; la seconda, invece, assume un andamento narrativo più disteso, che si chiude sull’immagine operosa e serena di Lucrezia e delle sue schiave, significativamente poste sullo stesso piano.
Il lessico
4. Nel passo trovi due termini per indicare la donna, uxor e l’aggettivo muliebris, derivato da mulier; osserva che in latino uxor indica la “sposa”, donde “moglie” in italiano, mentre mulier indica la “donna” in senso generale, in una sorta di inversione dei termini latini.
V1 Eutropio
Caos a Roma Il breve racconto di Eutropio narra le vicende convulse di Roma dopo la morte di Cesare, fino alla nascita del secondo triumvirato.
PREREQUISITI ablativo assoluto, nesso relativo, prop. completiva, gerundivo, prop. relativa
Anno urbis septingentesimo fere ac nono interfecto Caesare civilia bella reparata sunt. Percussoribus enim Caesaris senatus favebat. Antonius consul partium Caesaris civilibus bellis opprimere eos conabatur. Ergo turbata re publica multa Antonius scelera committens a senatu hostis iudicatus est. Missi ad eum persequendum1 duo consules, Pansa et Hirtius, et Octavianus, adulescens annos X et VIII natus, Caesaris nepos, quem ille testamento heredem reliquerat et nomen suum ferre iusserat. Hic est, qui postea Augustus est dictus et rerum potitus. Qui profecti contra Antonium tres duces vicerunt eum. Evenit tamen ut victores consules ambo morerentur. Quare tres exercitus uni Caesari Augusto paruerunt. Fugatus Antonius amisso exercitu confugit ad Lepidum, qui Caesaris magister equitum fuerat et tum militum copias grandes habebat, a quo susceptus est. 1. ad eum persequendum: “a catturarlo”. 3 La coniugazione del verbo © Casa Editrice G. Principato
37
V2 Irzio
Cesare organizza l’Oriente In seguito alla vittoria ottenuta con grande rapidità, Cesare organizza l’Oriente assegnando a diversi re locali le regioni.
PREREQUISITI ablativo assoluto, prop. relativa, prop. causale
Tali victoria totiens victor Caesar incredibili est laetitia adfectus, quod maximum bellum tanta celeritate confecerat, quodque victoria facilis ex difficillimis rebus acciderat. Ponto recepto praeda omni regia militibus condonata postero die cum expeditis equitibus ipse proficiscitur, legionem sextam decedere ad praemia atque honores accipiendos1 in Italiam iubet, auxilia Deiotari domum remittit, duas legiones cum Caelio Viniciano in Ponto relinquit. Ita per Gallograeciam Bithyniamque in Asiam iter facit omniumque earum provinciarum de controversiis cognoscit et statuit; iura in tetrarchas, reges, civitates distribuit. Mithridaten Pergamenum, a quo rem feliciter celeriterque gestam in Aegypto supra scripsimus, regio genere ortum, disciplinis etiam regiis educatum — nam eum Mithridates, rex Asiae totius, propter nobilitatem Pergamo parvulum secum asportaverat in castra multosque retinuerat annos — regem Bosphori constituit, quod sub imperio Pharnacis fuerat, provinciasque populi Romani a barbaris atque inimicis regibus interposito amicissimo rege munivit. 1. ad praemia atque honores accipiendos: per ottenere i riconoscimenti e gli onori.
V3 Livio
Orgoglio di un soldato i Leggiamo il discorso con cui un soldato di umile estrazione sociale ed economica ripercorre la sua carriera, e si “raccomanda” per nuovi incarichi.
PREREQUISITI abl. ass., prop. temporale, relativa, prop. completiva
Postquam consul, quae voluerat, dixit, Sp. Ligustinus ex eo numero, qui tribunos plebis appellaverant, a consule et ab tribunis petit, ut sibi paucis ad populum agere liceret. Permissu omnium ita locutus fertur: ‘Sp. Ligustinus [tribus] Crustumina ex Sabinis sum oriundus, Quirites. Pater mihi iugerum agri reliquit et parvom tugurium, in quo natus educatusque sum, hodieque ibi habito. Cum primum in aetatem veni, pater mihi uxorem fratris sui filiam dedit, quae secum nihil adtulit praeter libertatem pudicitiamque, et cum his fecunditatem, quanta vel in diti domo satis esset. Sex filii nobis, duae filiae sunt, utraeque iam nuptae. Filii quattuor togas viriles habent, duo praetextati sunt. Miles sum factus P. Sulpicio C. Aurelio consulibus. In eo exercitu, qui in Macedoniam est transportatus, biennium miles gregarius fui adversus Philippum regem; tertio anno virtutis causa mihi T. Quinctius Flamininus decumum ordinem hastatum adsignavit. Devicto Philippo Macedonibusque cum in Italiam reportati ac dimissi essemus, continuo miles voluntarius cum M. Porcio consule in Hispaniam sum profectus. [...] Tertio iterum voluntarius miles factus sum in eum exercitum, qui adversus Aetolos et Antiochum regem est missus.
38
Elementi di morfologia © Casa Editrice G. Principato
V4 Livio
Orgoglio di un soldato ii
A M. Acilio mihi primus princeps prioris centuriae est adsignatus. Expulso rege Antiocho, subactis Aetolis reportati sumus in Italiam; et deinceps bis, quae annua merebant legiones, stipendia feci. bis deinde in Hispania militavi, semel Q. Fulvio Flacco, iterum Ti. Sempronio Graccho praetore. A Flacco inter ceteros, quos virtutis causa secum ex provincia ad triumphum deducebat, deductus sum; a Ti. Graccho rogatus in provinciam ii. Quater intra paucos annos primum pilum duxi; quater et tricies virtutis causa donatus ab imperatoribus sum; sex civicas coronas accepi. Viginti duo stipendia annua in exercitu emerita habeo, et maior annis sum quinquaginta. Quodsi mihi nec stipendia omnia emerita essent necdum aetas vacationem daret, tamen, cum quattuor milites pro me vobis dare, P. Licini, possem, aecum erat me dimitti1. Sed haec pro causa mea dicta accipiatis velim; ipse me, quoad quisquam, qui exercitus scribit, idoneum militem iudicabit, numquam sum excusaturus. Quo ordine me dignum iudicent tribuni militum, ipsorum est potestatis; ne quis me virtute in exercitu praestet, dabo operam; et semper ita fecisse me et imperatores mei et, qui una stipendia fecerunt, testes sunt. 1. Quodsi mihi nec … emerita essent necdum … daret… aecum erat me dimitti: “che se non avessi meritato… e non concedesse… sarebbe sta-
V5 Cornelio Nepote
PREREQUISITI abl. ass., prop. temporale, relativa, cum narrativo, prop. completiva, interr. ind., infinitiva
to giusto…”. – aecum: forma arcaica e popolare per aequum.
Potere personale e potere legittimo Nepote, evocando la figura integerrima di Catone, sottolinea come, al tempo in cui le istituzioni repubblicane erano salde, valevano il diritto e la forza della legge, non il potere personale.
PREREQUISITI cum narrativo, prop. relativa, prop. causale, abl. ass., temporale
(Cato) Consulatum gessit cum L. Valerio Flacco, sorte provinciam nactus Hispaniam citeriorem, exque ea triumphum deportavit. Ibi cum diutius moraretur, P. Scipio Africanus, consul iterum, cuius in priori consulatu quaestor fuerat, voluit eum de provincia depellere et ipse ei succedere neque hoc per senatum efficere potuit, cum quidem Scipio principatum in civitate obtineret, quod tum non potentia, sed iure res publica administrabatur. Qua ex re iratus senatui, consulatu peracto privatus in urbe mansit. At Cato, censor cum eodem Flacco factus, severe praefuit ei potestati. Nam et in complures nobiles animadvertit et multas res novas in edictum addidit, qua re luxuria reprimeretur, quae iam tum incipiebat pullulare. Circiter annos octoginta, usque ad extremam aetatem ab adulescentia, rei publicae causa suscipere inimicitias non destitit. A multis temptatus non modo nullum detrimentum existimationis fecit, sed, quoad vixit, virtutum laude crevit.
3 La coniugazione del verbo © Casa Editrice G. Principato
39
V6 Cicerone
Sopportare il dolore per liberarsene La debolezza verso il dolore turba l’intera esistenza e rischia di mettere in difficoltà coloro che ci stanno accanto; al contrario, la capacità di affrontare il dolore rende libera la vita.
PREREQUISITI prop. relativa, infinitiva, consecutiva
Eadem fortitudinis ratio reperietur. Nam neque laborum perfunctio neque perpessio dolorum per se ipsa allicit nec patientia nec assiduitas nec vigiliae nec ea ipsa, quae laudatur, industria, ne fortitudo quidem, sed ista sequimur, ut sine cura metuque vivamus animumque et corpus, quantum efficere possimus, molestia liberemus. Ut enim mortis metu omnis quietae vitae status perturbatur1, et ut succumbere doloribus eosque humili animo imbecilloque ferre miserum est, ob eamque debilitatem animi multi parentes, multi amicos, non nulli patriam, plerique autem se ipsos penitus perdiderunt, sic robustus animus et excelsus omni est liber cura et angore, cum et mortem contemnit, qua qui affecti sunt in eadem causa sunt, qua ante quam nati2, et ad dolores ita paratus est, ut meminerit maximos morte finiri, parvos multa habere intervalla requietis, mediocrium nos esse dominos. 1. Ut... perturbatur, ut... est: le congiunzioni ut sono correlative rispetto a sic.
2. qua ante quam nati: sottintendi erant: “nella quale erano prima di essere nati”.
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Donne e matrone Nel primo passo di questa sezione ti è stata presentata una figura “modello”, quella di Lucrezia, la matrona romana ideale, che lavora la lana fino a notte fonda, insieme alle ancelle, un esempio di operosità messo implicitamente a confronto con le altre donne, presumibilmente etrusche, che trascorrono la sera in ozio (tempus terentes, consumando il tempo), in un banchetto lussuoso, in convivio atque luxu. Il fatto che Lucrezia sia ritratta nel mezzo della sua casa, con le ancelle, ne sottolinea il ruolo di attenta custode della domus, di domina, e senz’altro le si addice l’appellativo di matrona, legato a mater e a matrimonium, la condizione con la quale la fanciulla accede al suo futuro ruolo di madre.
40
La donna romana è spesso elogiata come pudica, lanifica, domiseda nelle epigrafi sepolcrali, nelle quali si sottolineavano come doti essenziali della donna la riservatezza, l’operosità, la custodia della casa; la lode più significativa di una donna, dunque, era il riconoscimento, spesso tributato dal marito: Domum servavit, lanam fecit, alla quale spesso si aggiungeva l’apprezzamento per il sermo lepidus, il parlare aggraziato, e il gradus commodus, l’incedere composto. Questo modello andò in crisi nella matura repubblica, quando entrano in scena personaggi femminili decisamente diversi, tra i quali la celeberrima Sempronia ritratta da Sallustio. Proprio per questo motivo è nuovamente un modello luminosissimo Turia, la sposa di un nobile caduto in disgrazia dopo la morte di Cesare, la quale continuò a custodirne la casa e il patrimonio in tempi burrascosi, tanto da meritare un elogio funebre celeberrimo.
Elementi di morfologia © Casa Editrice G. Principato
ELEMENTI DI SINTASSI DEI CASI 1. I casi diretti: il nominativo 2. I casi diretti: l’accusativo 3. I casi indiretti: il genitivo 4. I casi indiretti: il dativo 5. I casi indiretti: l’ablativo
© Casa Editrice G. Principato
In teoria
1 I casi diretti: il nominativo Si definiscono casi diretti quelli che esprimono complementi che in italiano si collegano direttamente al verbo senza preposizioni, il soggetto e il complemento oggetto.
1. Il nominativo È il caso del soggetto e di tutti gli elementi ad esso collegati: attributo, apposizione, nome del predicato, participio perfetto nelle forme composte del verbo, participio futuro e gerundivo nelle perifrastiche attive e passive, complementi predicativi del soggetto. Miles strenue pugnavit “Il soldato combatté coraggiosamente”
soggetto
Miles strenuus hostem imbellem cepit “Il soldato coraggioso catturò il soldato vile”
attributo
Claudius, miles strenuus, hostem imbellem cepit “Claudio, soldato coraggioso, catturò il soldato vile”
apposizione
Claudius miles strenuus est. “Claudio è un soldato coraggioso”
nome del predicato
participio perfetto Hostis imbellis a milite strenuo captus est “Un nemico vile è stato catturato da un soldato coraggioso” perifrastica attiva Miles strenuus hostem imbellem capturus est “Il soldato coraggioso è in procinto di catturare il nemico vile” perifrastica passiva Hostis imbellis capiendus est militi strenuo “Il nemico vile deve essere catturato da un soldato coraggioso”
Miles hostem strenuus capit “Il soldato cattura il nemico da coraggioso”
complemento predicativo
2. Doppio nominativo In italiano, come in latino, verbi appellativi (appellor, vocor, feror), elettivi (eligor, creor, designor) o estimativi (existimor, putor, habeor) al passivo sono costruiti con un complemento predicativo del soggetto così da avere un doppio nominativo, quello del soggetto e quello del complemento predicativo: Varius est habitus iudex durior (Cicerone), “Vario fu considerato giudice abbastanza severo”.
42
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
3. Costruzione personale e impersonale Le costruzioni personali in latino sono più estese per verbi che normalmente in italiano si costruiscono impersonalmente. In italiano, come in latino, si definisce costruzione personale quella che ha un soggetto espresso o sottinteso, costruzione impersonale quella alla 3ª persona, attiva o passiva, il cui soggetto grammaticale sia indefinito o sia un infinito o una proposizione soggettiva (infinitiva in latino). “Piove cenere” è una costruzione personale: il soggetto grammaticale è definito, la cenere. “Piove” è una costruzione impersonale: il soggetto grammaticale non è definito. “Tu sembri felice” è una costruzione personale con doppio nominativo (il soggetto è “tu” e il complemento predicativo felice) “Sembra che tu sia felice” è una costruzione impersonale (il soggetto è “che tu sia felice”, la soggettiva)
4. Costruzione personale di videor Videor è un verbo molto frequente in latino con una costruzione prevalentemente personale nel significato di “sembrare”, mentre in italiano il verbo “sembrare” è prevalentemente usato in modo impersonale. Non dimenticare che • videor ha anche il proprio significato passivo di “essere visto” come nell’esempio: Parvae arbores nocte vix videntur “Gli alberi piccoli nella notte sono visti a stento” • quando “sembrare” è costruito personalmente in italiano, lo è anche in latino come nell’esempio: Mihi Marcelli liberi aegri visi sunt “I figli di Marcello mi sembrarono malati”. Consideriamo ora videor nel significato di “sembrare”, nella più diffusa costruzione personale latina come nell’esempio: Mihi tu videris esse clarus Il soggetto è “tu” e il nome del predicato con il verbo esse è al nominativo (clarus). Per tradurre, puoi procedere a un passaggio intermedio letterale: “tu sei visto a me essere famoso”. Devi, però, poi trasformare la frase nella costruzione impersonale con il verbo sembrare che deve essere alla 3ª persona nel modo e tempo in cui è coniugato: “sembra”. Spesso, come nel nostro esempio, con il dativo è espressa la persona a cui sembra: “a me sembra”. Il soggetto del videor latino, poi, diventa soggetto della proposizione introdotta da “che”, nella quale il verbo è coniugato in un modo finito secondo la consecutio temporum. Nel nostro esempio c’è esse e, quindi, bisogna mantenere con la principale “sembra” un rapporto di contemporaneità. La traduzione finale sarà quindi: “Mi sembra che tu sia famoso”. 1 I casi diretti: il nominativo © Casa Editrice G. Principato
43
Osserva che in italiano la costruzione è impersonale perché il soggetto è la soggettiva “che tu sia famoso”. Ti forniamo un altro esempio: Caesar sibi visus est strenue Gallos pugnavisse. Come sempre, devi individuare subito il verbo, visus est, e il suo soggetto, Caesar, e procedere: “Cesare fu visto a sé aver combattuto i Galli valorosamente”. Passando all’impersonale con il verbo “sembrare” la traduzione sarà: “A Cesare sembrò di aver combattuto valorosamente i Galli”. Con questo esempio si capisce che: • quando il soggetto di videor è anche la persona a cui sembra, l’infinito latino viene reso in italiano non con “che” + verbo a un modo finito, ma con una soggettiva implicita secondo le regole della consecutio (di aver combattuto) • essendo sibi riflessivo, non c’è stato bisogno di tradurlo. Se la frase fosse stata, invece, Caesar populo Romano visus est strenue Gallos pugnavisse, avresti tradotto: “Al popolo romano sembrò che Cesare avesse combattuto valorosamente i Galli”. Saresti stato costretto a costruire una soggettiva esplicita con il “che”.
5. Costruzione impersonale di videor Il verbo videor nel significato di “sembrare” ha in latino anche la costruzione impersonale. Ce ne accorgiamo quando • la persona di videor è la 3ª singolare e, se è in forma perifrastica, il participio è al neutro singolare in um • non c’è un soggetto nominale e, quindi, non c’è nominativo. Perché la costruzione sia impersonale ci vogliono entrambe le condizioni: non basta la 3ª persona singolare, eventualmente con il participio in -um, anche se è condicio sine qua non. Miles defessus videtur, “Il soldato sembra stanco” è personale, ma Malle humanum videtur, “Preferire sembra umano” è impersonale nonostante la 3ª persona sia la stessa. La costruzione impersonale di videor si ha quando • è accompagnato da un aggettivo neutro come iustum, utile, pulchrum ecc. Optimum visum est consulem revocari (Livio) “Sembrò ottimo che il console fosse richiamato” • ha il significato di “sembrare bene, sembrare opportuno” Hostibus fuga salutem petere visum est (Cesare) “Ai nemici sembrò opportuno ottenere la salvezza con la fuga” • l’infinitiva introdotta da un videor contiene un verbo assolutamente impersonale o è costruita all’infinito futuro con un verbo senza supino e, quindi, con fore ut + congiuntivo come negli esempi: Nobis videbatur te facinoris tui paenitere “Ci sembrava che tu ti pentissi del tuo misfatto” Mihi videtur fore ut discipuli magistrum metuant “Mi sembra che gli studenti temeranno il maestro” 44
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
6. Costruzione personale dei verba narrandi e sentiendi Alcuni verbi latini di dire (verba narrandi o dicendi) e di pensare (verba sentiendi) si costruiscono: • nei tempi semplici personalmente come videor. Per tradurre devi procedere nello stesso modo: Petronius elegantiarum arbiter fuisse dicitur “Si dice che Petronio sia stato arbitro d’eleganza” Ego putebar esse audax “Si riteneva che fossi audace” Negli altri casi la costruzione è impersonale come in italiano.
7. Costruzione personale dei verba iubendi I verbi iubeo, “comando”, veto, “vieto”, prohibeo, “proibisco” e altri di significato affine (verba iubendi) al passivo, quando è espressa la persona a cui si indirizza il comando, il divieto, la proibizione, sono costruiti personalmente. Iuberis ire domum letteramente significa “Tu sei ordinato di andare a casa”: è un costrutto che in italiano non è accettabile. Bisognerà tradurre, analogamente a come si fa con videor: “Si ordina che tu vada a casa”. In alternativa: “Tu ricevi l’ordine di andare a casa” oppure “Ti si comanda di andare a casa”. Altri esempi: Vetitus est pugnare “Gli fu vietato di combattere” Iussa erat Livio nubere “Le era stato ordinato di sposare Livio Consules prohibentur classem in Siciliam ducere “Ai consoli è proibito di portare la flotta in Sicilia”.
1 I casi diretti: il nominativo © Casa Editrice G. Principato
45
In TRADUZIONE pratica 1 I casi diretti: il nominativo M. Belponer
Esercizi e Versioni 1.
Traduci le seguenti frasi elementari (costruzione di videor). 1. Athenienses videntur acriter pugnare. 2. Athenienses videntur acriter pugnaturi esse. 3. Athenienses visi sunt acriter pugnavisse. 4. Athenienses visi sunt acriter pugnare. 5. Athenienses visi sunt acriter pugnaturi esse. 6. Athenienses videntur acriter pugnavisse. 7. Mihi videbar beatus. 8. Damocli Dionysius videbatur beatus. 9. Damocli visum est pugnare. 10. Mihi videris beatus. 11. Mihi videbaris beatus esse Athenis.. 12. Ciceroni ipse videbatur vicisse. 13. Mihi videor beatus fuisse Athenis. 14. Iustum videtur pro libertate pugnare.
2.
Traduci le frasi (costruzione di videor in proposizioni principali e subordinate). 1. Senatui hoc visum est de Catilina. 2. Ciceroni utile videbatur Catilinam ex urbe expellere. 3. Senatui et populo urbs visa est magnum periculum vitavisse. 4. Videtur Dionysius declaravisse nihil esse beatum tyranno. 5. In negotiis agendis videtur otium non esse. 6. Idonea mihi Laelii persona visa est ut de amicitia loqueretur. 7. Caesar dixit sibi videri Catilinam iniuste damnari. 8. Hoc mihi visum est tam indignum quod non possim ferre.
3.
Traduci le frasi (costruzione di verba dicendi, sentiendi, iubendi). 1. Dicendum est omnes amicos Brundisii esse. 2. Omnes amici Caesaris dicuntur pro eo pugnare. 3. Apud Gallos Druides sacri habentur.
46
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
4. Narrandum est Persas Athenienses oppressuros esse. 5. Temistocles dicebatur callidissimus esse. 6. Traditum est Periclem maxime prudentia praeditum esse. 7. Cum multa de Catonis integritate dicerentur, etiam sententiam meam addidi. 8. Scipio consul factus est ut contra Hannibalem pugnaret. 9. Athenienses iussi sunt acriter pugnare. 10. Puer vetitus est pila ludere. 11. Cum apud Romanos haec agerentur, cives vetiti sunt libros sibillinos adire. 12. 12. Iubeatur Catilina ex urbe exire. 13. Caesar iussit legatos apud Vercingetorigem redire. 14. Ipse mihi probus videor, sed a multis improbus dicor.
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
Discorsi tra amici
Cicerone si rivolge all’amico Attico e spiega le ragioni del suo interesse, anche per motivi pubblici, al tema dell’amicizia: è questo testo parte del prologo al dialogo filosofico De amicitia.
Cicerone De amicitia, 4
Cum enim saepe mecum ageres ut de amicitia scriberem aliquid, digna mihi res cum omnium cognitione tum nostra familiaritate visa est. Itaque feci non invitus ut prodessem multis rogatu tuo. Sed ut in Catone Maiore, qui est scriptus ad te de senectute, Catonem induxi senem disputantem, quia nulla videbatur aptior persona quae de illa aetate loqueretur quam eius qui et diutissime senex fuisset et in ipsa senectute praeter ceteros floruisset, sic cum accepissemus a patribus maxime memorabilem C. Laeli et P. Scipionis familiaritatem fuisse, idonea mihi Laeli persona visa est quae de amicitia ea ipsa dissereret quae disputata ab eo meminisset Scaevola. Genus autem hoc sermonum positum in hominum veterum auctoritate, et eorum inlustrium, plus nescio quo pacto videtur habere gravitatis; itaque ipse mea legens sic afficior interdum ut Catonem, non me loqui existimem.
TRADUZIONE Carlo Saggio
E poiché tu spesso mi suggerivi di scrivere qualcosa sull’amicizia, e l’argomento mi è sembrato degno come dell’interesse generale così della nostra intimità, io ho fatto la cosa non malvolentieri, in maniera di giovare a molti per tuo invito. Ma come nel Catone il Vecchio, che ho scritto sulla vecchiezza dedicandolo a te, ho fatto parlare Catone già vecchio perché nessuna persona mi sembrava più adatta a parlare di quell’età, che colui il quale era vissuto per lunghissimo tempo vecchio e proprio 1 I casi diretti: il nominativo © Casa Editrice G. Principato
47
nella vecchiezza era stato sopra tutti fiorentissimo; così poiché dai nostri antenati abbiamo saputo che l’amicizia di Lelio e di Publio Scipione è stata più di ogni altra degna di essere ricordata, il personaggio di Lelio mi è sembrato idoneo a esporre intorno all’amicizia gli argomenti che Scevola ricordava essere stati sostenuti da lui. Questa specie di discorsi che si poggia all’autorità d’uomini antichi ed illustri sembra avere, non so come, più peso. E leggendo le mie parole, ne sono così colpito che penso di non parlar io, ma Catone.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Cicerone nel 44 a.C., in un momento molto difficile per la repubblica romana scossa dall’assassinio di Giulio Cesare, si rivolge all’amico Attico per parlare di amicizia: lo farà con uno sguardo attento al quadro politico. In questo testo ricorda una sua opera dello stesso anno, il Cato Maior de senectute e spiega come sia efficace affidare a uomini famosi l’argomentazione. In questo caso sarà Lelio, grande amico di Scipione l’Emiliano, a esporre considerazioni: Cicerone le ha sentite riferite da Scevola, genero di Lelio.
La morfo-sintassi
2. Focalizziamo l’attenzione sull’uso di videor: a) nel primo periodo compare visa est. Si tratta di una 3ª persona al femminile (non può essere, quindi, una costruzione impersonale). Il suo soggetto è res. Digna è complemento predicativo, naturalmente al nominativo. b) videbatur è alla 3ª persona singolare, ma ha un soggetto espresso, nulla persona: è, quindi, costruito personalmente. c) anche videtur, per come si presenta, potrebbe essere impersonale, ma non lo è perché ha il suo soggetto, genus hoc. 3. Il periodo da Sed a Scaevola è tipicamente ciceroniano per la sua ampiezza (è costituito da ben 13 proposizioni) e la sua architettura sintattica (è ordinato e simmetrico): è organizzato in modo gerarchico attorno a una principale, idonea mihi Laeli persona visa est, che si riconosce perché non introdotta né da congiunzioni subordinanti, né da un pronome relativo e costruita con un verbo con un modo finito.
Lo stile
4. Nell’intento di mostrarne l’utilità (ut prodessem multis, “per giovare a molti”), Cicerone vuole, però, non peccare di superbia: scrive perché è l’amico Attico a indurlo (cum saepe mecum ageres, “spingendomi tu spesso”) e accetta di farlo non invitus, “non malvolentieri”, esprimendo con la litote un certo distacco emotivo. Il riferimento al suo precedente Cato Maior de senectute gli permette di istituire un parallelismo tra le due opere che viene realizzato nel periodo centrale tipicamente ciceroniano. 5. Ricorre la 1ª persona singolare quasi a suggellare una modalità di comunicazione filosofica che è propria di Cicerone, quella di legare la riflessione a un contesto anche affettivo: nello stesso anno il De officiis si presenta come una lettera al figlio. 6. Nella conclusione Cicerone afferma di dimenticare che le parole da lui attribuite a Catone le abbia scritte lui: nella lettura gli sembra che le stia pronunciando lo stesso 48
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
Catone. È un modo elegante per affermare di essere capace di parlare come lo avrebbe fatto Catone: c’è la dichiarazione di una sintonia intellettuale, ma anche una ben mascherata presunzione. La modalità di espressione, sintetica e oppositiva, Catonem, non me, è molto efficace.
II lessico
7. Memorabilem, “memorabile” e meminisse, “ricordare” sono parole che hanno la stessa radice che, in ultima analisi, risale a quella di mens, “mente”, MEN che rimanda al “pensare attivamente”: la memoria è un’attività della mente. Alla stessa radice sono legate parole inaspettate: il verbo latino moneo, “ammonisco” e, quindi, “faccio ricordare”, il sostantivo clementia, che indica una scelta razionale più che un moto dell’animo, ma anche la parola commentum, “finzione”, che indica un’elaborazione di riflessioni e non va tradotta con “commento”, e anche commentarius, che in latino è un vero e proprio genere storico. È interessante osservare che per tradurre meminisse si usi in italiano una parola, “ricordare”, che contiene in sé cor, cordis, “cuore”, luogo spirituale, oltre che fisico, generalmente considerato, in modo semplicistico, il contrario della mente.
V1 Cicerone
Non si usino le armi contro gli avversari politici!
PREREQUISITI infinitive, cong. esortativo, compl. diretta
Cicerone con le Philippicae del 44 a.C. si gioca la vita. In questo brano si rivolge ai due consoli, Antonio, che non è presente, e Dolabella. Fa una proposta ad Antonio: si impegni, come ha detto, a usare le armi solo per difendersi, non per attaccare chi esprime liberamente le sue posizioni politiche.
Irasci 1 quidem vos mihi, Dolabella, pro re publica dicenti non oportebit. Quamquam te quidem id facturum non arbitror (novi facilitatem tuam); collegam tuum aiunt in hac sua fortuna, quae bona ipsi videtur, (mihi, ne gravius quidpiam dicam, avorum et avunculi sui consulatum si imitaretur, fortunatior videretur) — sed eum iracundum audio esse factum. Video autem, quam sit odiosum habere eundem iratum et armatum, cum tanta praesertim gladiorum sit impunitas. Sed proponam ius, ut opinor, aequum quod M. Antonium non arbitror repudiaturum. Ego, si quid in vitam eius aut in mores cum contumelia dixero, quominus mihi inimicissimus sit2, non recusabo; sin consuetudinem meam [quam in re publica semper habui] tenuero, id est si libere, quae sentiam de re publica, dixero, primum deprecor, ne irascatur; deinde, si hoc non impetro, peto ut sic irascatur ut civi. Armis utatur, si ita necesse est, ut dicit, sui defendendi causa; iis, qui pro re publica, quae ipsis visa erunt, dixerint, ista arma ne noceant. Quid hac postulatione dici potest aequius? 1. Irasci: regge il dativo della persona con cui ci si arrabbia.
2. quominus mihi inimicissimus sit: “che mi sia molto nemico” è retta da non recusabo. 1 I casi diretti: il nominativo
© Casa Editrice G. Principato
49
V2 Quintiliano
Il mare aperto dell’arte retorica
PREREQUISITI uso dei participi, gerundio
Il grande maestro di retorica Quintiliano, nella parte conclusiva della sua opera, afferma, attraverso un’ampia metafora nautica, la novità del suo insegnamento che si avventura in altum, in mare aperto.
Fefellit autem quod initium a parvis ceperamus: mox velut aura sollicitante provecti longius, dum tamen nota illa et plerisque artium scriptoribus tractata praecipimus nec adhuc a litore procul videbamur et multos circa velut isdem se ventis credere1 ausos habebamus: iam cum eloquendi rationem novissime repertam paucissimisque temptatam ingressi sumus, rarus qui tam procul a portu recessisset reperiebatur; postquam vero nobis ille quem instituebamus orator, a dicendi magistris dimissus, aut suo iam impetu fertur2. aut maiora sibi auxilia ex ipsis sapientiae penetralibus petit, quam in altum simus ablati sentire coepimus. Nunc “caelum undique et undique pontus”3. 1. se… credere: credere se alicui rei significa “affidarsi a qualcosa”. 2. fertur: ha il significato primario “è trasportato”.
3. “caelum undique et undique pontus”: è una citazione virgiliana dall’Eneide (III, 193).
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Amicizia
prova di come l’amore sia origine del “Tutto” in modo trasversale a tante religioni.
È di Cicerone l’affermazione Verae amicitiae sempiternae sunt, “le vere amicizie sono eterne”. Lo dice nel dialogo filosofico De amicitia da cui è stato tratto il testo iniziale. In esso ritroviamo tanti concetti elaborati in Grecia – questo stesso è rintracciabile nell’opera di Aristotele – che Cicerone adatta alla realtà politica romana. Questa affermazione, infatti, è attribuita a Lelio, amico di Scipione l’Emiliano, un importante uomo politico del II secolo a.C. che l’autore indicava ai suoi cittadini come esempio di moralità.
È certo che si tratti di una radice rintracciabile in tante parole d’uso comune: in latino amare, amicus, amator, amatorius, amabilis, amabiliter, in italiano “amico, amore, amorevole, amante, amabile, amichevole”. Tra le parole derivate dalla stessa radice am c’è probabilmente, in modo curioso, anche l’aggettivo amarus, -a, -um, “amaro”, forse perché l’amore comporta sempre anche qualche amarezza.
Anche l’amicizia, per Cicerone, ha un valore sociale su cui si fondano gli stessi interessi dello stato. È molto diverso il concetto latino di amicitia da quello greco di philia che è più gratuito e più ispirato all’umanità che alla politica. L’impostazione pragmatica del pensiero latino è riscontrabile anche in questo contesto. L’etimologia ci dice che “amico” e “amante” hanno in comune la stessa radice del verbo “amare”, una radice mediterranea, rintracciabile anche nel nome di una divinità etrusca Aminth, secondo qualche studioso anche nella sillaba sacra buddista om. Se così fosse, sarebbe la
50
Dal latino amicitia alla parola italiana “amicizia” la trasformazione fonetica è una sola: l’introduzione della lettera z, assente nell’alfabeto latino, utilizzata solo per parole di origine greca o straniera, per rendere il suono ti. La parola si è poco modificata nel passaggio dall’italiano al latino perché è una di quelle fondamentali per esprimere il vissuto di ogni uomo, utilizzata sia nel latino parlato che in quello letterario: hanno registrato la stessa permanenza parole come “padre” (da pater), “madre” (da mater), “re” (da rex). È interessante notare che anche nelle lingue neolatine, in francese (amitié), in spagnolo (amistad) e portoghese (amizade), si sia mantenuta la stessa radice.
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
In teoria
2 I casi diretti: l’accusativo 1. L’accusativo È il caso del complemento oggetto e di tutti gli elementi ad esso collegati: attributo, apposizione, complemento predicativo dell’oggetto, participi. Il suo uso, però, è molto più ampio e indica, per esempio, anche la direzione, nel tempo e nello spazio, verso cui si indirizza l’azione del verbo o l’oggetto con cui si pone in relazione l’azione espressa dal verbo. Puoi qui vedere alcuni esempi elementari dell’uso dell’accusativo che già conosci: Lupum agnum devorat “Il lupo divora l’agnello”
complemento oggetto
Lupus timidam ovem sequitur “Il lupo insegue una pecora paurosa”
attributo
apposizione Lupus ovem, gregis spem, sequitur “Il lupo insegue una pecora, speranza del gregge”
Lupus ovem timidam iudicat “Il lupo considera paurosa la pecora”
complemento predicativo dell’oggetto
participio congiunto Lupus errantem ovem sequitur “Il lupo insegue una pecora che si aggira” complemento di moto a luogo Lupus Mediolanum ingressus est repente “Un lupo entrò a Milano improvvisamente”
1.1 Complementi espressi in accusativo Non creano particolari problemi nella traduzione anche intuitivamente i seguenti complementi: • complemento di distanza che indica lo spazio che intercorre tra due luoghi o persone: Hostes a Romanis milia quattuor aberant “I nemici erano distanti dai Romani quattro miglia” Lo stesso complemento può essere espresso in ablativo (quattuor milibus) oppure con spatio o intervallo e il genitivo (quattuor milium spatio o quattuor milium intervallo). • complemento di estensione nello spazio che indica l’estensione di un corpo in lunghezza, larghezza, altezza, profondità: Milites aggerem longum pedes trecentos triginta exstruxerunt I soldato elevarono un terrapieno lungo trecentotrenta piedi Se il complemento è retto da un sostantivo, si esprime in genitivo: Milites aggerem pedum trecentorum triginta exstruxerunt 2 I casi diretti: l’accusativo © Casa Editrice G. Principato
51
In teoria
• complemento di età che si esprime in tre modi diversi, anche in genitivo se retto da un sostantivo, anche sottinteso, secondo gli esempi: Nupsit quinque et viginti annos natus Nupsit vicesimum sextum annum agens Nupsit quinque et viginti annorum (adulescens) “Si sposò a venticinque anni”. Osserva che nel secondo caso il numerale è un cardinale aumentato di un’unità (è logico se si considera che agens significa letteralmente “trascorrendo”).
1.2 Usi particolari dell’accusativo L’accusativo esclamativo sostituisce il vocativo nelle espressioni più enfatiche: O virum! O civem! O inimicum! “O uomo! O cittadino! O nemico!” L’accusativo di relazione è un costrutto particolarmente usato in poesia, di derivazione greca (si chiama, infatti, anche accusativo alla greca). Esiste assolutamente parallelo anche in italiano con valore di figura retorica. Un esempio celebre è tratto da Manzoni: “Sparsa le trecce morbide”: con le trecce sparse. Saucius vulnere pectus (Virgilio), “Ferito il petto con una ferita” che puoi rendere anche abolendo la figura retorica: “Con una ferita nel petto”. L’aggettivo o il participio che regge l’accusativo di relazione va concordato con l’elemento grammaticale di cui si sta parlando. L’accusativo avverbiale svolge la funzione di avverbio. Ti forniamo qualche esempio, ma ricorda di verificare sempre sul vocabolario dove la forma avverbiale è segnalata. Multum, “molto”, paulum, “un po’”, minimum, “al minimo”, magnam partem, “in gran parte”.
2. Doppio accusativo Il doppio accusativo è una costruzione abbastanza frequente che si ritrova in questi casi: • in un costrutto comune all’italiano e al latino, parallelo al doppio nominativo (vedi p. 42): l’unica differenza è che i verbi appellativi (appello, voco, fero), elettivi (eligo, creo, designo) o estimativi (existimo, puto, iudico) sono all’attivo. L’accusativo è doppio perché è costituito dal complemento oggetto e dal complemento predicativo dell’oggetto come nell’esempio precedente: Lupus ovem timidam iudicat. • con i verbi celo, “nascondo” e doceo, “insegno” che si costruiscono con l’accusativo della cosa (di relazione) e della persona secondo lo schema celo (doceo) aliquem aliquid, “nascondo (insegno) a qualcuno qualcosa”. Pater filii errorem matrem celavit “Il padre nascose alla madre l’errore del figlio”. Doceo pueros Latinum “Insegno ai ragazzi latino”. 52
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
Celo può anche essere costruito con il de + ablativo della cosa nascosta. Doceo con il de + ablativo della cosa ha il significato di “informare” come nell’esempio: Docent senatum de hostium itinere. “Informano il senato del viaggio dei nemici”. Del verbo doceo, al passivo si usa solo il participio doctus costruito con l’ablativo di limitazione: doctus scientia, “dotto nella scienza”. Per gli altri modi e tempi si ricorre ad altri verbi di significato affine come erudior, instituor, imbuor anch’essi costruiti con l’ablativo di limitazione della cosa. Il verbo celo al passivo è costruito personalmente come nell’esempio: Mater de filii errore celata est. “Alla madre fu tenuto nascosto l’errore del figlio”. Alcuni verba rogandi, “verbi di domanda” come posco, “chiedo”, reposco, “chiedo indietro, richiedo”, flagito, “chiedo con insistenza” sono prevalentemente costruiti con l’accusativo della persona e della cosa come nell’esempio: Fratres mei pecuniam me poscunt. “I miei fratelli mi chiedono denaro” Altri verba rogandi come oro, “prego”, e rogo, “chiedo pregando” hanno l’accusativo della persona e della cosa quando è un pronome neutro.
2.1 Altre costruzioni dei verba rogandi Oltre al caso dei verba rogandi costruiti con il doppio accusativo, ti segnaliamo: peto, “chiedo (per ottenere)” e quaero, “chiedo (per sapere)” che si costruiscono con l’accusativo della cosa e con l’ablativo retto da a, ab, e, ex della persona come nell’esempio: A magistro veniam peto “Chiedo perdono al maestro” “Il maestro chiede molte cose allo studente” Magister ex discipulo multa quaerit
nota
bene
Petere, anche nel significato di “dirigersi verso e aspirare”, regge l’accusativo come negli esempi: Caesar petit Romam cum exercitu “Cesare si dirige a Roma con l’esercito” Lelius petebat magistratum “Lelio aspirava a una magistratura”
3. Verbi transitivi in latino e intransitivi in italiano Generalmente i verbi che sono transitivi in latino lo sono anche in italiano e, quindi, possono avere, in entrambe le lingue, il complemento oggetto espresso. Ci sono, però, dei verbi che in latino possono essere costruiti con un complemento oggetto (sono quindi transitivi) che bisogna tradurre in italiano con altri complementi (sono quindi intransitivi). Osserva il sottolineato: vedrai che al complemento diretto latino ne corrisponde uno indiretto in italiano. A volte per tradurre senza problemi è sufficiente scegliere un verbo, tra quelli possibili, che sia anche transitivo in italiano come nell’esempio: Me delectat sol, “Il sole mi diletta” che può essere reso meglio con “Mi piace il sole”. 2 I casi diretti: l’accusativo © Casa Editrice G. Principato
53
Ecco i casi più frequenti: Ille abdicavit magistratum Vox eum defecit
“Si dimise da una magistratura” “La voce gli (a lui) mancò”
Il verbo deficio ha come primo significato “mancare” (in modo provvisorio: il mancare assoluto è reso dal verbo desum). Assume altri significati in relazione a diversi costrutti tutti registrati dal vocabolario. Ecco un esempio: Animo non deficiamus! “Non perdiamoci d’animo!” Pacem desperavisti, “Hai disperato della pace” Pompeus Caesarem fugit, “Pompeo si sottare a Cesare” Me pater meus iuvat, “Mio padre mi (a me) giova” Meliora spero, “Spero in cose migliori”
2.2 Verbi intransitivi costruiti con l’accusativo Alcuni verbi che sono intransitivi sia in italiano sia in latino si possono costruire con l’accusativo che svolge il ruolo di accusativo di relazione. Alcuni di essi hanno anche altre reggenze da verificare sul vocabolario. Si raggruppano nel seguente modo: • verba affectuum sono i verbi che indicano sentimenti. L’accusativo è l’oggetto che produce il sentimento: Meum luctum doluit, “Si addolorò per il mio lutto” Fortunam meam lugeo, “Piango per la mia sorte” Paupertatem formido, “Ho paura della povertà” Iniuriam tuam queritur, “Si lamenta della tua offesa” • verbi che esprimono sensazioni fisiche Florem redoles, “Profumi di fiore” Hominem pagina nostra sapit (Marziale), “La mia pagina sa di uomo” Sanguinem nostrum Catilina sitiebat (Cicerone), “Catilina aveva sete del nostro sangue” • verbi con l’accusativo dell’oggetto interno Pugnare pugnam, vivere vitam, somniare somnium. Si tratta di una figura retorica che si chiama “figura etimologica”. • verbi di moto costruiti con preposizioni Ti forniamo qualche esempio: Viam longam inibam, “Mi indirizzavo per una lunga via” Consules senatum adierunt, “I consoli si presentarono in senato” Flumen collem subluit, “Il fiume scorre ai piedi del colle” Livia Paulam convenit, “Livia incontrò Paola” Anche i verbi di moto transitivi composti con preposizioni possono essere costruiti con l’accusativo del luogo e, quando sono accompagnati dal loro complemento oggetto, sono costruiti con doppio accusativo come nell’esempio: Imperator copias Sequanam traiecit, “Il comandante fece passare le truppe al di là della Senna”. Il verbo è composto con la preposizione trans.
54
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
4. Verbi impersonali 4.1 Verbi assolutamente impersonali Si considerano assolutamente personali i verbi usati solo alla 3ª persona singolare. Sono cinque verbi che esprimono sentimenti: • miseret, “avere compassione” • paenitet, “pentirsi” • piget, “rincrescersi” • pudet, “vergognarsi” • taedet, “annoiarsi” È particolare il perfetto di taedet: pertaesum est. Si costruiscono con: • l’accusativo della persona che prova il sentimento: Me miseret, “Ho compassione” • il genitivo della cosa che determina il sentimento: Te paenitet tuae stultitiae, “Ti penti della tua stoltezza”. Se la cosa che provoca il sentimento è un pronome neutro, si usa il nominativo, se è espressa con una proposizione si trova l’infinito, un’infinitiva, il quod con l’indicativo o il congiuntivo o un’interrogativa indiretta: Me paenitet hoc, “Mi pento di ciò” Hannibalem paenitet praeclaram urbem deletam esse, “Annibale si pente che sia stata distrutta una famosa città” Per tradurre comincia dall’accusativo che diventa il soggetto del verbo italiano che va coniugato in modo riflessivo al modo e al tempo che ha in latino. Solo l’accusativo di piget va reso con un complemento di termine: Eos pigebat, “A loro rincresceva”. La costruzione della perifrastica passiva con questi verbi è sempre impersonale e la persona che prova il sentimento è in dativo: Tibi pudendum est fecisse hoc, “Devi vergognarti di aver fatto ciò”. Consilii nostri nobis paenitendum erat, “Dovevamo pentirci della nostra decisione”. È il dativo che diventa il soggetto italiano ed è quindi da lì che devi iniziare a tradurre! Quando questi verbi sono accompagnati da un servile, il servile diventa impersonale e i verbi vanno all’infinito con la costruzione che è loro propria. Osserva l’esempio: Solet eum tadere, “Suole annoiarsi” Non desinit me miserere tui morbi, “Non smetto di commiserare la tua malattia” Il soggetto del servile in italiano è quello del verbo assolutamente impersonale! Nel caso siano accompagnati da verbo servile di volontà, questo si mantiene personale ed è accompagnato dal congiuntivo senza ut con la solita costruzione: Malo me meae fortunae paeniteat quam victoriae pudeat (Curzio Rufo), “Preferisco essere scontento della mia sorte che vergognarmi della vittoria”.
2 I casi diretti: l’accusativo © Casa Editrice G. Principato
55
4.2 Verbi relativamente impersonali Si considerano relativamente personali i verbi usati non solo alla 3ª persona singolare, ma anche alla 3ª plurale. Sono: • decet, “si addice”, “conviene” • dedecet, “non si addice”, “sconviene” • delectat, “diletta”, “piace” • fallit, fugit, “sfugge” • iuvat, “piace” • latet, “è nascosto”, “sfugge” • praeterit, “è ignoto”, “sfugge” Si costruiscono con l’accusativo della persona e come soggetto ammettono pronomi, sostantivi anche plurali o un infinito o un’infinitiva: Te decet modestia, “Ti si addice la moderazione” Me delectant tua verba, “Mi piacciono le tue parole” Consulem fugiebat hostes appropinquare, “Sfuggiva al console che i nemici si avvicinavano”. Alcuni di questi verbi sono costruiti anche in altro modo come registrano i vocabolari.
56
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
In TRADUZIONE pratica 2 I casi diretti: l’accusativo M. Belponer
Esercizi e Versioni 1.
Traduci le seguenti frasi elementari (complementi e costrutti con l’accusativo).
1. Pessimum inter omnes imperatores Gaius se praebuit. 2. Aristidem iustum omnes Athenienses putaverunt et appellaverunt. 3. Cives probitas decet, avaritia dedecet. 4. Patriam boni cives iuvent. 5. Pausaniam potestas dedecuit et insanire mox coepit. 6. Lacedaemonii Athenienses aggressi sunt, quod putabant eos imperium maritimum minime decere. 7. Permulta iuvenes docuit Cicero de arte dicendi. 8. Senes iuvenes modestiam doceant. 9. Senes corporis vis dedecet, nec requiritur. 10. Matrem de filii morte non docuerunt legati. 11. Nero negabat bonum imperatorem dedecere scaenam. 12. Omnes servi libertatem usque ad mortem sperabant. 13. Tarquinium Romani coegerunt regnum abdicare. 14. Pericles cives suos docuit id quod ab Anaxagora cognoverat. 15. Si me sententiam rogabis, plane respondebo.
2.
Scegli l’alternativa corretta e traduci. 1. Suae imprudentiae/suam imprudentiam Marcum/Marcus paenitebit. 2. Marcum/Marcus huius officii taedet. 3. Marcus dixit se huius officii/hoc officium taedere. 4. Pudeat te/tibi tuae segnitiae. 5. Me/ mihi pudet quod amicos optimos offendi. 6. Caesarem miserebat hostium victorum/ de hostibus victis. 7. Pudeat quos/quorum non miserebit infelicium! 8. Te/tui pudeat luxuriae. 9. Me/ mei paenitet putavisse Cyrum beatum. 10. Regem dedecet ira/iram.
3.
Traduci. 1. Catilinam suorum scelerum non puduit. 2. Saepe putatur nos vitae taedere. 3. Cum Catilinam suorum scelerum non puderet, Cicero apertis verbis eum in senatum incusavit. 4. Quem Romanorum pudet uxorem ducere in convivium?
2 I casi diretti: l’accusativo © Casa Editrice G. Principato
57
5. Lysandrum non puduit superbiae. 6. Athenienses Cimonem exilio multaverunt: cuius facti celerius eos quam ipsum paenituit. 7. Te non pudet, Catilina, in hunc senatum venire, inter bonos cives qui necaturus es deambulare? 8. Athenienses Aristidem exilio afficerunt quod eos taedebat eum Iustum appellari. 9. Cum magnopere pauperum Cimonem misereret, eos ad epulas vocabat saepissime. 10. Pudeat fugae milites strenuos. 11. Puto fore ut te paeniteat hoc. 12. Senibus pudendum non est segnitiae.
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO Seneca Epistulae morales ad Lucilium, LIV, 1-3 e 7
TRADUZIONE Laura Forcella
58
V0
La malattia è un allenamento alla morte
Seneca scrive a Lucilio di avere sperimentato un pesante affanno respiratorio che i medici latini chiamano suspirium. La paura della morte non può impaurire il saggio.
Seneca Lucilio suo salutem. Longum mihi commeatum dederat mala valetudo; repente me invasit. ‘Quo genere?’ inquis. Brevis autem valde et procellae similis est impetus; intra horam fere desinit. Omnia corporis aut incommoda aut pericula per me transierunt: nullum mihi videtur molestius. Quidni? Itaque medici hanc ‘meditationem mortis’ vocant; facit enim aliquando spiritus ille quod saepe conatus est. Hilarem me putas haec tibi scribere quia effugi? Tam ridicule facio, si hoc fine quasi bona valetudine delector, quam ille, quisquis vicisse se putat cum vadimonium distulit. Ego vero et in ipsa suffocatione non desii cogitationibus laetis ac fortibus acquiescere. Hoc tibi de me recipe: non trepidabo ad extrema, iam praeparatus sum, nihil cogito de die toto. Illum tu lauda et imitare quem non piget mori, cum iuvet vivere: quae est enim virtus, cum eiciaris, exire? Tamen est et hic virtus: eicior quidem, sed tamquam exeam. Et ideo numquam eicitur sapiens quia eici est inde expelli unde invitus recedas: nihil invitus facit sapiens; necessitatem effugit, quia vult quod coactura est. Vale. Caro Lucilio, la malattia mi aveva concesso un lungo congedo, poi improvvisamente mi ha aggredito. “Che tipo di malattia?” mi chiedi. Ti rispondo: un assalto breve e simile a una burrasca; cessa quasi del tutto entro un’ora. Mi ha attraversato ogni sorta di malessere e di pericolo per la salute: nessuno mi è sembrato più dannoso di questo. E perché no? Perché i medici chiamano questa malattia “allenamento alla morte”: talvolta quel respiro affannato otterrà quanto spesso ha tentato. Ritieni che io ti scriva allegro perché l’ho scampata? Farei ridere se fossi contento di questo risultato come della buona salute così come farebbe ridere quell’avvocatucolo che
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
ritiene di aver vinto una causa quando ha ottenuto un rinvio. In realtà io, pur nel pieno del soffocamento, non ho smesso di trovare pace in pensieri sereni e coraggiosi. Dalla mia esperienza accogli questo per la tua vita: non tremerò nel momento supremo, sono già preparato, non progetto nulla che coinvolga un giorno intero. Tu loda e imita l’uomo a cui non spiace morire pur amando vivere: quale coraggio andarsene se sei cacciato? Invece anche questo è coraggio: certo sono scacciato, ma è come se me ne andassi volontariamente. E perciò un sapiente non è mai scacciato perché essere scacciato è essere espulso da dove te ne vai malvolentieri; il saggio non fa nulla malvolentieri: sfugge alla necessità perché vuole ciò a cui la necessità sta per costringerlo. Stammi bene.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Il filosofo Seneca racconta al suo discepolo Lucilio di essere sfuggito alla fase acuta di una malattia respiratoria e l’elemento di cronaca diventa occasione per una riflessione filosofica. Cagionevole di salute fin da piccolo, Seneca ha imparato a fare della malattia un’esperienza di preparazione alla morte. La salute è solo momentanea e la morte è una necessità a cui il saggio non si sottrae, ma che accoglie serenamente. Quomodo volet, dummodo non ex animo suspirem, “Sia come sia, purché l’affanno non provenga dall’anima” scrive in un altro passaggio, dimostrando tutto il suo nobile distacco dalla sofferenza del corpo.
La morfo-sintassi
2. Focalizziamo l’attenzione sull’uso dell’accusativo: a) nel primo periodo compare un complemento oggetto con attributo, longum commeatum. Registra tutti i complementi oggetti del brano. b) intra horam: la preposizione intra regge l’accusativo. Ci sono nel brano altre preposizioni che reggono l’accusativo? Quali? Ne conosci altre costruite con l’ablativo? c) hanc “meditationem mortis” vocant e hilarem me putas sono espressioni con doppio accusativo, complemento oggetto e complemento predicativo. d) effugi nella quinta riga è usato in modo assoluto, mentre nell’ultimo periodo, nell’espressione necessitatem effugit, è usato come verbo transitivo che regge l’accusativo. Nella trattazione teorica è registrato insieme a quali altri verbi? e) putat se vicisse: la proposizione dimostra che anche il soggetto può essere espresso in accusativo. Perché? f) quem non piget: spiega il costrutto. Come si costruisce il verbo successivo iuvo?
Lo stile
3. Nell’intento di fare della sua esperienza motivo di insegnamento per il discepolo, Seneca procede raccontando di sé con il tono intimo che la lettera richiede, ma con la distanza che ci si aspetta da un filosofo. La sua malattia, che ha una diagnosi infausta, è mala valetudo ed è posta, per farne oggetto di riflessione, a paragone con una questione giuridica. Nell’ultima parte della lettera, l’impegno è per il futuro: Seneca è perentorio nell’affermare non trepidabo ad extrema così da trasmetterci un’idea agonistica dell’esistenza. 2 I casi diretti: l’accusativo © Casa Editrice G. Principato
59
I periodi sono brevi e costruiti con il gusto dell’antitesi (eicior quidem, sed tamquam exeam) per legittimare un pensiero che privilegia bruschi accostamenti e ricerca l’effetto dirompente. Il poliptoto, ottenuto con la ripetizione del verbo eicio “gettar fuori” coniugato in vario modo, indica ossessivamente il tema della cacciata dalla vita in contrapposizione al coraggio del saggio: anche virtus e sapiens sono non a caso ripetuti nella trama concettuale del testo.
II lessico
4. In questo testo il tema secondario è la valetudo, “la salute”, che è una vox media: può avere un significato positivo di “buona salute” come negativo di “malattia”. La parola deriva dal verbo valeo, “essere forte”, “stare bene”, ma anche “avere potere”. Dallo stesso verbo deriva la formula augurale di chiusura delle lettere: vale, “stammi bene”. Tante altre parole, come validus, “prestante, forte”, hanno la stessa radice. In italiano la radice WēLE ha dato origine a “valore”, “valido”, ma anche alla parola del lessico economico “valuta” e a tutti i derivati. 5. In questa stessa lettera troviamo, in apertura, il termine salus che indica, nel linguaggio epistolare, il “saluto”, ma anche la “salvezza”. La sua derivazione è dal verbo salveo, “star bene”. Da questo verbo deriva l’espressione salve! che è un saluto rimasto anche in italiano.
V1
Un sistema d’assedio di misurata precisione
PREREQUISITI ablativo assoluto, finali
Siamo alle battute finali della guerra in Gallia, all’assedio della fortezza di Alesia. Cesare descrive le fortificazioni romane: il testo è una fonte di informazioni militari. Per comprendere bene la qualità di queste opere considera una misura di lunghezza corrispondente circa a un metro e mezzo. Cesare
V2
La migliore garanzia? Il proprio animo!
Seneca
Desii iam de te esse sollicitus. “Quem – inquis – deorum sponsorem accepisti?” Eum scilicet qui neminem fallit, animum recti ac boni amatorem. In tuto pars tui melior est. Potest fortuna tibi iniuriam facere: quod1 ad rem magis pertinet, non
60
Quibus rebus cognitis ex perfugis et captivis, Caesar haec genera munitionis instituit. Fossam pedum viginti directis lateribus duxit, ut eius fossae solum tantundem pateret quantum summae fossae labra distarent. Reliquas omnes munitiones ab ea fossa pedes quadringentos reduxit. Hoc intermisso spatio duas fossas quindecim pedes latas, eadem altitudine perduxit, quarum interiorem campestribus ac demissis locis aqua ex flumine derivata complevit. Post eas aggerem ac vallum duodecim pedum exstruxit. Huic loricam pinnasque adiecit grandibus cervis eminentibus ad commissuras pluteorum atque aggeris, qui ascensum hostium tardarent, et turres toto opere circumdedit, quae pedes LXXX inter se distarent.
PREREQUISITI verba timendi, infinitive
Seneca esorta Lucilio a trovare in se stesso la forza per affrontare la sorte e a diffidare di coloro che usano le parole per ingannare. Anche i Greci hanno detto ineptias, “sciocchezze”.
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
timeo ne tu facias tibi. I qua ire coepisti et in isto te vitae habitu compone placide, non molliter. Faciet autem cor firmum adsidua meditatio, si non verba exercueris sed animum, si contra mortem te praeparaveris, adversus quam non exhortabitur nec attollet qui cavillationibus tibi persuadere2 temptaverit mortem malum non esse. Libet3 enim, Lucili, virorum optime, ridere ineptias Graecas, quas nondum, quamvis mirer, excussi. 1. quod: “cosa che”. 2. tibi persuadere: di persuaderti.
nota
bene
3. Libet: mi piacerebbe
Lo sponsor Traducendo questo testo, hai scoperto la parola sponsor, che tanto si usa in italiano pensando di far ricorso alla lingua inglese: è in realtà latino puro! Indica il “garante, colui che fa una promessa”: si lega a spons, spontis, “volontà” come al verbo spondeo, “prometto solennemente”. In latino sponsus è il promesso sposo come sponsa la promessa sposa: in italiano gli sposi, come gli sponsor, si impegnano e promettono, si legano a qualcuno e garantiscono il rispetto di accordi precisi. Ma sposarsi è più impegnativo che sponsorizzare!
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Virtus e humanitas Il testo in apertura affronta il tema della virtus, una qualità che rimanda, nella radice, alle qualità del vir, l’uomo non nella sua caratterizzazione sessuale (quello è il mas, maris), ma in quella mentale e valoriale. Nella cultura della Roma arcaica, la virtus è, innanzitutto, legata alla guerra, momento fondamentale per la costituzione dello stato di Roma: sono il coraggio e la forza a definire il modello di uomo che è in primis guerriero. Nel corso della II guerra punica la virtus è divinizzata accanto all’honos, l’onore, che è ciò che si raggiunge con la fama di un’azione valorosa riconosciuta dal corpo sociale. È con Cicerone, in pieno ellenismo, che il concetto di virtus si adatta ad una nuova visione dell’umano, quella dell’humanitas che contempla, oltre alle qualità militari, altri valori come la iustitia, la fortitudo, la temperantia e che era stata elaborata nel Circolo degli Scipioni. Con Seneca, un pensatore innovativo per l’importanza
che assegna alla dimensione interiore, il concetto di virtus si avvicina a quel concetto complessivo di perfezione morale che sfocerà nel cristianesimo, con un’elaborazione strutturata di virtù nella distinzione di virtù cardinali e teologali. In epoca rinascimentale la virtus, in scrittori come Machiavelli, riprenderà la sua fisionomia laica e pagana come spazio dell’umano non condizionato dalla presenza di Dio, in opposizione a fortuna, come espressione del caso e del destino. Salvatore Natoli è un filosofo che nel suo Dizionario dei vizi e delle virtù, a partire dal pensiero dei latini, recupera il loro lessico, oggi inedito, per scoprirne l’attualità: ciò che lo affascina è che la risposta morale degli antichi prescinde da una ricerca metafisica per radicarsi in un terreno fondamentalmente umano. Dopo tutto la parola “uomo” deriva dal latino homo che condivide la radice con humus, “terra”: l’uomo è essere terreno. Dalla stessa radice deriva la parola humanitas già ricordata. 2 I casi diretti: l’accusativo
© Casa Editrice G. Principato
61
In teoria
3 I casi indiretti: il genitivo 1. Il genitivo È il caso del complemento di specificazione che indica la persona o la cosa che determina un nome. Nello stesso caso si esprimono tutti gli elementi ad esso collegati (attributo, apposizione, participi). Oltre a determinare, prevalentemente, un nome, il genitivo può determinare degli aggettivi o dei verbi: per tradurre in modo corretto bisogna individuare a quale elemento della frase sia collegato e nella traduzione mantenere il legame. Spesso il genitivo precede il nome a cui si riferisce. Verificherai che la connessione con aggettivi e verbi è meno frequente e, soprattutto, in concorrenza con altri casi. Il suo uso indica anche • il complemento di qualità, in alternanza con l’ablativo • il complemento partitivo, retto da sostantivi esprimenti numero o quantità, aggettivi, pronomi, numerali, comparativi, superlativi, avverbi che indicano quantità ad indicare il tutto di cui si considera una parte • il complemento di fine con causa e gratia. Puoi qui vedere alcuni esempi elementari dell’uso del genitivo: Hostium duces capti sunt “I comandanti dei nemici furono catturati”
complemento di specificazione
Duces magnae audaciae capti sunt “Comandanti di grande audacia furono catturati”
complemento di qualità
Multi hostium capti sunt “Molti nemici furono catturati”
complemento partitivo
Duces capti sunt victoriam causa (gratia) “Comandanti furono catturati per la vittoria”
complemento di fine
(da non tradurre mai “a causa di”)
genitivo retto da un aggettivo Duces, expertes sapientiae, capti sunt “Comandanti, privi di saggezza, furono catturati” (indicante privazione)
Duces memores virtutis non capti sunt “I comandanti memori del valore non furono catturati”
genitivo retto da un aggettivo
(indicante memoria)
Negli ultimi due esempi hai visto il caso del genitivo retto da aggettivi che, come vedi, non presenta problemi di traduzione. Sono molti gli aggettivi che reggono il genitivo, spesso coincidenti con quelli italiani (avidus pecuniae, “avido di denaro”). Alcuni aggettivi hanno doppie reggenze sempre da verificare con il vocabolario.
62
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
1.2 Genitivo soggettivo e oggettivo La traduzione letterale di un’espressione come laus discipuli può creare ambiguità: “la lode dello studente” è da intendersi nel senso che lo studente la riceve o la rivolge? Nel primo caso si parlerebbe di genitivo oggettivo, nel secondo caso di genitivo soggettivo. Per togliere qualsiasi ambiguità alla traduzione, per il genitivo oggettivo si può utilizzare la preposizione “verso”: “la lode verso lo studente”. È il contesto che permette di capire se si tratti di uno o dell’altro genitivo. Con il genitivo dei pronomi personali il significato è sempre oggettivo: memoria nostri, “memoria di noi”, quella che gli altri hanno di noi Complemento partitivo Sono molte le espressioni partitive. Ecco, oltre a quello di apertura, altri esempi: aliquis nostrum, “qualcuno di noi” nemo vestrum, “nessuno di voi” satis sapientiae, “abbastanza saggezza” peritissimus poetarum, “il più esperto tra i poeti” multum pecuniae, “molto denaro” quis hostium? “quale nemico?” captivorum magnus numerus, “un gran numero di prigionieri” uter nostrum? “chi di noi due?” plerique civium, “la maggior parte dei cittadini”. Come mostrano gli esempi, per la traduzione può essere mantenuta anche in italiano la preposizione “di” o un’altra analoga “tra” oppure realizzata la concordanza come nell’esempio “molto denaro”. I pronomi neutri indefiniti aliquid, nihil, ecc. possono essere seguiti da un aggettivo. Ecco le possibilità nei casi diretti: • quando l’aggettivo è della prima classe, o genitivo partitivo o concordanza Nihil novi oppure nihil novum, “niente di nuovo” • quando l’aggettivo è della seconda classe, solo concordanza nihil dulce, “niente di dolce”. Nei casi indiretti c’è sempre concordanza: Tanta laude vicit, “Vinse con tanta gloria”.
2. Genitivo retto da verbi a) Interest e refert I due verbi significano “importa”, “sta a cuore” e sono impersonali, a differenza delle corrispondenti espressioni italiane. Sono costruiti con il genitivo della persona a cui importa, se è espressa da un sostantivo o un pronome non personale. Matris interest, “a una madre interessa” Nemini interest, “a nessuno interessa”. Se la persona a cui interessa è un pronome personale si trova: mea, tua, nostra, vestra. Nel caso di un pronome di 3ª persona, si trova: illius (eius), illorum, illarum (eorum, earum). Nostra intererat, “A noi interessava”. Illorum interit, “A loro interesserà”. 3 I casi indiretti: il genitivo © Casa Editrice G. Principato
63
Si trova sua solo quando interest fa parte di una proposizione infinitiva o al congiuntivo e il pronome si riferisce al soggetto della proposizione reggente come nell’esempio: Vercingetorix ostendebat quantum id sua interesset “Vercingetorige mostrava quanto ciò gli interessasse”. La cosa che interessa è espressa o da un pronome neutro al nominativo, o da un infinito, o da un’infinitiva, o da una proposizione al congiuntivo (ut/ne o interrogativa diretta) come negli esempi: Mea interest hoc, “Mi interessa ciò” Mea interest vincere, “Mi interessa vincere” Mea interest te vinci, “Mi interessa che tu sia vinto” Mea interest ut vincam (ne vincas), “Mi interessa vincere (che tu non vinca)” Mea interest quid facias, “Mi interessa quello che tu fai”. b) Genitivo di pertinenza Il verbo “essere” alla 3ª persona singolare in tutti i tempi accompagnato da un genitivo e dall’infinito si traduce con “è dovere di”, “è compito di”, “è proprio di” come negli esempi: Medici est curare, “È compito del medico curare” Stulti erat ridere de te, “Era da stolto ridere di te” Civis fuit pugnare pro iustitia, “Fu dovere del cittadino combattere per la giustizia”. Di fatto alla traduzione letterale devi aggiungere l’espressione “compito”, “dovere”, “proprio”. Se la persona è costituita da un pronome personale, si trova meum, tuum, nostrum, vestrum est: Meum est providere meo filio, “È mio compito provvedere a mio figlio”. Per il pronome di 3ª persona, si trova eius, eorum est. Suum est si usa solo nel caso che la locuzione sia in un’oggettiva con identità di soggetto come nell’esempio: Consul dixit suum esse patriam tueri, “Il console disse che era suo compito proteggere la patria”. c) Verbi di stima I verbi che indicano stima morale, come aestimo, facio, duco, habeo, puto, ma anche sum nel senso di “valgo” o fio nel senso di “sono stimato” possono essere accompagnati dal genitivo di forme avverbiali: magni, “molto”, pluris, “di più”, plurimi, permagni, maximi, “moltissimo”, parvi, “poco”, minoris, “di meno”, minimi, “pochissimo”, nihili, “niente”, tanti, “tanto”, quanti, “quanto”. Ecco un esempio: Vos plurimi facit, “Vi stima moltissimo”. Tanti, quanti, pluris, minoris si trovano associati anche con espressioni che indicano stima commerciale: Emit pluris quam ceteri, “Ha venduto più caro che gli altri”. Sono abbastanza frequenti le espressioni al genitivo: parvi, magni, nullius ponderis esse, “essere di poco, molto, nessun conto”; tanti est, “vale la pena”; nihil pensi habere, “non avere nessun riguardo”. 64
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
d) Verbi giudiziari La colpa si esprime con il genitivo come negli esempi: Cur Ciceronem accusas avaritiae? “Perché accusi Cicerone di avidità?” Eum nequitiae condemno, “Lo accuso di malvagità”. Accanto al genitivo, in alcune espressioni, si può trovare il de + ablativo: Cato Murenam de ambitu postulavit, “Catone denunciò Murena per broglio elettorale”. La pena si esprime: • con il genitivo quando la pena è indeterminata: Ille quadrupli damnatus est, “Fu condannato a pagare il quadruplo”. • con l’ablativo quando è indicato in che cosa consista la pena (carcere, esilio, morte): Ille decem milibus nummorum multatus est, “fu multato di dieci mila sesterzi”. Osserva in questo esempio l’uso di nummorum come genitivo partitivo. e) Verbi di memoria Verbi che indicano “ricordare”, “far ricordare”, “menzionare” o il loro contrario si costruiscono o con il genitivo o con l’accusativo o con de + ablativo. Il vocabolario fornisce informazioni sulle diverse costruzioni. La loro traduzione è abbastanza intuitiva: Ciceronis memini, “Mi ricordo di Cicerone”. In italiano si rende anche con il complemento diretto: “Ricordo Cicerone”. Mens praeterita meminit, “La mente ricorda le cose passate” De iis recordor, “Mi ricordo di loro”.
3 I casi indiretti: il genitivo © Casa Editrice G. Principato
65
In TRADUZIONE pratica 3 I casi indiretti: il genitivo M. Belponer
Esercizi e Versioni 1.
Traduci le seguenti frasi elementari in cui compare il genitivo. 1. Sub arboris ramis umbram capiemus. 2. Iuvenibus corporis labores suscipiendi sunt. 3. Notus est Ciceronis liber de senectute. 4. Cato de senectutis viribus in Ciceronis libro loquitur. 5. Aristides cognomen Iusti habuit. 6. Quis eorum ignorat Socratis sapientiam? 7. Temeritas est elatio animi, sapientia moderatio. 8. Vir magnae sapientiae in hac re non defuit. 9. Epaminondas vir ingentis virtutis et abstinentiae fuit. 10. Magni habetur virtus virorum antiquorum. 11. Mithridates rex ingentis industriae consiliique fuit. 12. Phocion Atheniensis saepe exercitibus praefuit summosque magistratus cepit, tamen multo eius notior integritas vitae quam rei militaris labor. 13. In nostro omnium fletu Cannensis clades nuntiata est. 14. Virtuosi, non temerarii est, periculum adire si necesse.
2.
Scegli il termine corretto, quindi traduci. 1. Vestra/ vobis interest quid Caesar dixerit. 2. Scio te/ tua hoc interesse. 3. Catilina dixit sua/ei interesse patres punire. 4. Illius/ illi interest quid patres sentiant.
66
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
5. Cuius /quem vestrum interest ut patria salva sit? 6. Consulis/ consuli refert pugnam vincere. 7. Est amici/amicum gratiam referre. 8. Est hominis acuti gloriam aeternam / aeternum dare amico. 9. Est nostrorum temporum / nostra tempora putare ineptium lodari. 10. Scipio dixit sua interesse Hannibalem / Hannibalis vinci.
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
Fedro Fabulae, XXVI
TRADUZIONE Laura Forcella
V0
Anche gli dei difendono i poeti
Simonide fu un grande poeta greco vissuto tra il VI e il V secolo a.C. Questa fabula di Fedro racconta un aneddoto che lo riguarda. I due gemelli, figli di Leda nominati nel testo, sono Castore e Polluce, l’uno abile domatore di cavalli, l’altro pugile. Insieme costituiscono la costellazione dei Gemelli.
Quantum valerent inter homines litterae dixi superius; quantus nunc illis honos a superis sit tributus tradam memoriae. Simonides idem ille de quo rettuli, victori laudem cuidam pyctae ut scriberet certo conductus pretio, secretum petit. Exigua cum frenaret materia impetum, usus poetae more est et licentia atque interposuit gemina Ledae sidera, auctoritatem similis referens gloriae. Opus adprobavit; sed mercedis tertiam accepit partem. Cum relicuas posceret: “Illi” inquit “reddent quorum sunt laudis duae. Verum, ut ne irate te dimissum sentiant, ad cenam mihi promitte; cognatos volo hodie invitare, quorum es in numero mihi.” Fraudatus quamvis et dolens iniuria,
ne male dimissus gratiam corrumperet, promisit. Rediit hora dicta, recubuit. Splendebat hilare poculis convivium, magno apparatu laeta resonabat domus, repente duo cum iuvenes, sparsi pulvere, sudore multo diffluentes, corpore humanam supra formam, cuidam servolo mandant ut ad se provocet Simonidem; illius interesse ne faciat moram. Homo perturbatus excitat Simonidem. Unum promorat vix pedem triclinio, ruina camarae subito oppressit ceteros; nec ulli iuvenes sunt reperti ad ianuam. Ut est vulgatus ordo narratae rei omnes scierunt numinum praesentiam vati dedisse vitam mercedis loco.
Ho detto precedentemente quanta importanza avesse tra gli uomini la letteratura: quanto sia stato l’onore tributato ad essa dagli dei lo tramanderò ora alla memoria. Quel medesimo Simonide, di cui ho prima raccontato, si ritirò in un luogo secreto, dopo aver concordato una certa ricompensa, per scrivere un elogio per la vittoria di un pugile di scarsa fama. Poiché la futilità dell’argomento raffreddava l’ispirazione, fece ricorso alla consuetudine e alla licenza poetica: vi mescolò la storia dei due astri gemelli di Leda, riferendosi al prestigio di una gloria simile. Ottenne l’approvazione della sua opera, ma ricevette la terza parte del compenso. Alla richiesta della parte 3 I casi indiretti: il genitivo © Casa Editrice G. Principato
67
rimanente, il pugile gli disse: “Te la paghino quelli ai quali sono state riservate le altre due lodi! Promettimi, però, di venire a cena perché non si abbia l’impressione che tu sia stato liquidato senza accordo tra noi. Voglio oggi invitare i miei parenti tra i quali per me sei annoverato”. Sebbene frodato e triste per l’inganno, per non guastare i buoni rapporti pur malamente conclusi, glielo promise. Tornò all’ora stabilita e prese posto nel triclinio. Sfavillava, festante di coppe, il banchetto, la casa risuonava lieta di un grande sfarzo, quando, improvvisamente, due giovani, cosparsi di polvere, grondanti molto sudore, dai corpi ben al di sopra di qualsiasi bellezza umana, ordinano a uno schiavo di chiamare loro Simonide: era nel suo interesse non indugiare nemmeno un istante. L’uomo sconvolto fa uscire Simonide. Aveva appena spinto fuori un piede dal triclinio, quando improvvisamente il crollo del soffitto a volta schiacciò tutti gli altri. I due giovani non furono trovati alla porta. Non appena fu divulgata la cosa nell’ordine in cui è stata raccontata, tutti capirono che la presenza degli dei aveva corrisposto al poeta la vita in luogo del compenso.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. La fabula, scritta in poesia nel metro del senario giambico, è opera di Fedro, un poeta di origine greca arrivato a Roma come schiavo e liberato, forse per meriti letterari, dallo stesso Augusto. In questa narrazione si può cogliere, quindi, il riferimento autobiografico alla condizione del poeta, non abbastanza premiato dagli uomini, ma protetto dagli dei. Leggiamo lo stesso racconto in Cicerone, in Quintiliano e in Valerio Massimo e sappiamo che risale alla tradizione favolistica greca. Il modello dichiarato di Fedro è il greco Esopo, anche lui schiavo, uno scrittore leggendario vissuto forse realmente nel VI secolo a.C. Come accade spesso nelle sue fabulae, Fedro dichiara in apertura l’intento della sua narrazione: ricorrendo a Simonide, un personaggio di cui ha già parlato, vuole dimostrare come gli dei considerino la letteratura un valore. Nella fabula XXIII, un naufragio aveva permesso a Simonide di dichiarare che la sua ricchezza, cioè la sua cultura, non è soggetta ai rovesci della Fortuna: si possono perdere i beni materiali, ma ciò che si è appreso è patrimonio che nemmeno un naufragio può sottrarci.
La morfo-sintassi
2. Focalizziamo l’attenzione sui genitivi: - l’interrogativa indiretta iniziale potrebbe essere trasformata con un genitivo di stima, se “gli uomini” divenisse soggetto: “quanto stimano gli uomini la letteratura”. Traduci la nuova proposizione ricordando che è un’interrogativa indiretta. - laudis duae non è un genitivo: laudis è un arcaismo per laudes. Quorum è un genitivo di possesso. - quorum es in numero mihi: che tipo di genitivo è quorum? Sapresti esprimerlo in un altro modo? - illius interesse ne faciam moram: l’infinito trasmette rapidità al messaggio. Spiega il costrutto: perché illius e non sua? - Analizza narratae: parte del discorso, modo, tempo, caso, genere, numero, funzione logica. 68
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
- Trascrivi gli altri sostantivi al genitivo che non sono stati analizzati e completa lo specchietto:
Ledae
Declinazione
Lemma sul vocabolario
prima
Leda, -ae
- promorat è una forma sincopata per promoverat.
Lo stile
3. Il poeta greco Simonide, già protagonista di una fabula di Fedro, anima ora un racconto molto vivace, fondato sulla sorpresa: Fedro racconta dell’ignoranza, o forse dell’interesse, di un pugile di cui non dichiara il nome, della visita inaspettata di due misteriosi giovani e dell’interpretazione del fatto da tutti accettata. Particolarmente efficace è la descrizione luminosa e sonora della casa in festa che splendebat e resonabat. L’apparizione dei due giovani, le divinità, riceve vigore dal sostantivo corpora che interrompe la sequenza dei participi (sparsi, diffluentes) e suscita l’attenzione del lettore, fornendo l’indizio chiave dell’interpretazione (humanam supra formam). È ricorrente nella letteratura, sacra e profana, la presenza di divinità che assumono aspetti ingannevoli per gli uomini. Conosci qualcuna di queste storie? Vi ricorre qualche elemento in comune con questa?
Il lessico
4. Simonide è stato invitato a un convivium, un luogo cioè dove “si vive insieme”. La parola è stata usata da Fedro come sinonimo di epulae, -arum, “banchetto”, ma ha una risonanza emotiva particolare: epulae è legato semplicemente alla dimensione del cibo (la radice è la stessa di opus) e non a quella della vita. Non è un caso che Lucrezio usi questa parola per trasmetterci l’immagine poetica della vita come un banchetto da cui si può imparare ad allontanarsi come conviva satur, “convitato sazio”. Lo stesso faranno, dopo di lui, Orazio e Seneca. Non è nemmeno un caso che quando Dante decide di dare un titolo a un’opera scritta in volgare a cui assegna una grande importanza etica, in un momento in cui cerca il riscatto dal suo umiliante esilio, scelga l’allegorica immagine del Convivio che è un luogo in cui il cibo nutre non solo il corpo, ma anche lo spirito.
3 I casi indiretti: il genitivo © Casa Editrice G. Principato
69
V1 Plinio il Giovane
Un debito di riconoscenza Plinio il Giovane ricorda Marziale morto da poco in Spagna: era stato anche grazie al suo contributo economico che Marziale aveva potuto abbandonare la caotica Urbs e ritornare nella sua terra d’origine. I versi dedicati a Plinio da Marziale sono quelli dell’epigramma X, 20 (19) che qui non trascriviamo.
PREREQUISITI infinitive, gerundio e gerundivo, dativo di vantaggio
C. PLINIUS CORNELIO SUO PRISCO S. Audio Valerium Martialem decessisse et moleste fero. Erat homo ingeniosus acutus acer, et qui plurimum in scribendo et salis haberet et fellis nec candoris minus. Prosecutus eram viatico secedentem; dederam hoc amicitiae, dederam etiam versiculis, quos de me composuit. Fuit moris antiqui eos, qui vel singulorum laudes vel urbium scripserant, aut honoribus aut pecunia honorare; nostris vero temporibus ut alia speciosa et egregia ita hoc in primis exolevit. Nam postquam desiimus facere laudanda, laudari quoque ineptum putamus. Quaeris, qui sint versiculi, quibus gratiam rettuli? Remitterem te ad ipsum volumen, nisi quosdam tenerem1; tu, si placuerint hi, ceteros in libro requires. Alloquitur Musam, mandat, ut domum meam Esquiliis2 quaerat, adeat reverenter. (…) Meritone eum, qui haec de me scripsit, et tunc dimisi amicissime et nunc ut amicissimum defunctum esse doleo? Dedit enim mihi, quantum maximum potuit, daturus amplius, si potuisset. Tametsi, quid homini potest dari maius quam gloria et laus et aeternitas? At non erunt aeterna, quae scripsit; non erunt fortasse, ille tamen scripsit, tamquam essent futura. Vale. 1. tenerem: “sapessi a memoria”.
V2 Cesare
2. Esquiliis: è uno stato in luogo.
Se avessero vinto i pompeiani… L’esercito di Pompeo si sente vicino alla vittoria. Cesare racconta i contrasti che agitano i suoi capi, i loro interessi privati, l’irresponsabilità di considerare già acquisito un risultato ancora da conquistare. Il distacco narrativo di Cesare qui cede a giudizi espliciti.
PREREQUISITI infinitive, ablativo assoluto, gerundio e gerundivo
Iam de sacerdotio1 Caesaris Domitius, Scipio Spintherque Lentulus cotidianis contentionibus ad gravissimas verborum contumelias palam descenderunt, cum Lentulus aetatis honorem ostentaret, Domitius urbanam2 gratiam dignitatemque iactaret, Scipio affinitate Pompei confideret. Postulavit etiam L. Afranium proditionis exercitus Acutius Rufus apud Pompeium, quod gestum in Hispania diceret. 1. sacerdotio: Cesare era pontefice massimo dal 63 a.C.
70
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
2. urbanam: “goduta nell’Urbe, a Roma”.
Et L. Domitius in consilio dixit placere sibi bello confecto ternas3 tabellas dari ad iudicandum eis, qui ordinis essent senatorii belloque una cum ipsis interfuissent, sententiasque de singulis ferrent4, qui Romae remansissent quique intra praesidia Pompei fuissent neque operam in re militari praestitissent: unam fore tabellam5, qui liberandos omni periculo censerent; alteram, qui capitis damnarent; tertiam, qui pecunia multarent. Postremo omnes aut de honoribus suis aut de praemiis pecuniae aut de persequendis inimicitiis agebant nec, quibus rationibus superare possent, sed, quemadmodum uti victoria deberent, cogitabant. 3. ternas: è un distributivo, “tre tavolette per ciascuno”. La proposta di Domizio è pensata in analogia con la prassi giudiziaria: a ogni giudice erano assegnate tre tavolette con tre sigle (A per absolvo, C per condemno, NL per non liquet, non è chiaro, cioè non esistono prove sufficienti).
4. essent… interfuissent… ferrent: sono congiuntivi delle relative introdotte da qui che hanno come antecedente iis; singulis è l’antecedente delle relative con i congiuntivi remansissent, fuissent, praestitissent: “uno per uno coloro che...” 5. unam fore tabellam: “la prima tavoletta sarebbe stata per coloro…”
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Testa e capo Damnare capitis (capite) si traduce con “condannare a morte” non solo perché la decapitazione era un metodo utilizzato per l’esecuzione delle condanne “capitali”: caput, capitis, n., in senso traslato, è, infatti, anche la “persona” e la “vita”, addirittura la “vita associata da libero cittadino”. Tagliare la testa è, anche simbolicamente, l’affronto più grande che si possa mettere in atto contro gli esseri umani. “Testa” è la parola di uso comune che traduce caput in italiano: la parola “capo” appartiene a un registro più elevato ed è utilizzata in senso metaforico come nell’espressione “capo di una banda” o comunque di un gruppo umano organizzato. Anche la parola “testa” deriva dal latino e senza alcuna trasformazione: testa in latino è il “coccio” o il “vaso di terracotta” che, per un processo metaforico, almeno dal IV secolo d.C., venne a indicare l’organo del corpo umano che aveva una forma curiosamente simile a quella di un vaso panciuto. La sua perfetta aderenza al latino lascerebbe pensare a una tradizione colta: le parole più simili al latino sono quelle che hanno subito meno trasformazioni a opera dei parlanti perché usate principlamente nello scritto. In questo caso non è così: la parola apparteneva al sermo cotidianus e in questo ambito è rimasta nella nostra lingua.
Traccia del vecchio significato rimane nel toponimo del quartiere romano “Testaccio” che deriva dal mons Testaceus costituito dai detriti di terracotta accumulati nei secoli come residuo dei trasporti, principalmente di anfore, che facevano capo al porto sul Tevere di Ripa Grande dove arrivavano le merci da Ostia. Caput mundi è l’Urbs per antonomasia: Roma. In questa espressione comune si verifica l’uso metaforico della parola con il significato di “capitale” in senso geografico. Ma l’uso forse più immaginifico della parola è nel significato di capitellum che indica la “testa” di una colonna. Un esito divertente è nella parola capito, -onis, una specie di anguilla dalla testa grossa che è anche un cognomen romano, elaborato, come tanti altri, sulla base di una caratteristica fisica di uno dei fondatori della familia. Tot capita tot sententiae, “tanti uomini tanti modi di pensare” è un’espressione tuttora molto usata che esprime la relatività delle opinioni umane e, ad essa connessa, la necessità della tolleranza. In questo senso è, infatti, stata formulata da Terenzio, commediografo del II sec. a.C., nella sua opera il Phormio: quot homines tot sententiae. Questa massima è ora utilizzata senza dare ad essa spessore di riflessione morale, anzi spesso con un’intonazione umoristica. In inglese, il corrispettivo è As many men, so many minds, so many dogs, so many kids, in francese Autant de têtes, autant d’avis. Sentenze analoghe sono presenti anche in spagnolo, russo, tedesco. 3 I casi indiretti: il genitivo
© Casa Editrice G. Principato
71
In teoria
4 I casi indiretti: il dativo 1. I valori del dativo È il caso del complemento di termine che indica la persona o la cosa cui è destinata l’azione espressa dal verbo. Nello stesso caso si esprimono tutti gli elementi ad esso collegati (attributo, apposizione, participi). Il suo uso indica anche • la persona o la cosa a cui vantaggio o danno avviene l’azione del verbo • il fine per cui si verifica il processo verbale • la persona in relazione alla quale ha valore quanto si afferma nella principale, particolarmente con participi presenti sostantivati. Puoi qui vedere alcuni esempi elementari dell’uso del dativo: Magister discipulis libenter respondeat “Il maestro risponda con disponibilità agli studenti”
complemento di termine
attributo Magister discipulis diligentibus libenter respondeat “Il maestro risponda con disponibilità agli studenti diligenti”
Magister discipulis, pueris diligentibus, libenter respondeat apposizione “Il maestro risponda con disponibilità agli studenti, ragazzi diligenti” participio congiunto Magister discipulis interrogantibus libenter respondeat “Il maestro risponda con disponibilità agli studenti che fanno domande” dativo di vantaggio Discipuli sibi discunt, magister iis docet “Gli studenti imparano per sé, il maestro insegna a loro vantaggio”
Magister discipulo auxilio venit “In maestro viene in aiuto allo studente”
dativo di fine
dativo di relazione Discenti magister maximi momenti est “Per (in relazione a) chi impara il maestro è molto importante”
Come si vede dagli esempi, il dativo non si traduce sempre con la preposizione italiana “a”, ma anche con “per”, “in” o le locuzioni “a vantaggio di”, “in relazione a”.
nota
bene
La denominazione latina, dativus casus, è ripresa dal greco ed è connessa al verbo do per mettere in evidenza la persona o la cosa a cui si rivolge – “è data” – l’azione espressa dal verbo. Un importante poeta russo del 900, Osip Mandel’štam, utilizza il concetto di dativo, presente anche nella sua lingua, per definire la poesia che è “slancio dell’esecuzione”: non è la centralità del soggetto (nominativo), ma la volontà comunicativa del poeta (dativo) che distingue un testo poetico da uno ordinario.
A questi tipi di dativo si aggiungono: Dativo etico che si usa con i pronomi personali mihi, tibi, nobis, vobis per indicare il vivo interessamento che prende all’azione espressa dal verbo chi parla o scrive: At tibi, repente magister venit ad discipulos, “Ma eccoti, improvvisamente il maestro giunse dagli studenti”. 72
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
La traduzione del dativo etico carica d’affettività il testo, ma è pleonastica per quanto riguarda il significato. Dativo d’agente con la perifrastica passiva: Discipulis discendum est, “Gli studenti devono imparare” Dativo di possesso con il verbo esse nel significato di “avere” Discipulis boni magistri sunt “Agli studenti sono buoni maestri” (traduzione letterale, di lavoro) “Gli studenti hanno buoni maestri” Ricorda l’espressione Mihi nomen est… “Mi chiamo”. Di fatto il dativo di possesso è un dativo d’interesse.
2. Il doppio dativo È un costrutto con il verbo esse costituito da due dativi, uno di vantaggio o di danno che indica la persona, l’altro di fine o effetto. Ricorre in espressioni idiomatiche come: esse laudi alicui, “essere motivo di lode per qualcuno” esse dedecori alicui, “essere motivo di disonore per qualcuno” esse usui alicui, “essere d’utilità a qualcuno” esse saluti alicui, “essere di salvezza a qualcuno” esse damno alicui, “essere di danno a qualcuno” esse curae (cordi) alicui, “stare a cuore a qualcuno” esse lucro alicui, “essere di guadagno a qualcuno”. Discipulis fuit laudi magistri sermo, “Per gli studenti fu motivo di lode il discorso del maestro” Discipulis è un dativo di vantaggio e laudi di fine. Oltre che con il verbo esse si trova il doppio dativo anche con altri verbi come tribuere, vertere, dare alicui crimini, laudi, ignaviae, “ascrivere, imputare, attribuire a uno a delitto, lode, viltà” mittere, dare alicui muneri, “mandare, dare in dono a qualcuno”.
3. Dativo retto da verbi a) Intransitivi in latino e transitivi in italiano Ti elenchiamo i più frequenti: adversor, “ostacolo”; adulor, assentor, “adulo”; auxilior, opitulor, subvenio, succurro, “soccorro”, “aiuto”; faveo, “favorisco”; ignosco, “perdono”; insidior, “insidio”; invideo, “invidio”; medeor, “curo”; minor, minitor, “minaccio”; nubo, “prendo marito”; parco, “risparmio”; persuadeo, “persuado”, plaudo, “applaudo”; studeo, “curo, mi applico a”; supplico, “supplico”. 4 I casi indiretti: il dativo © Casa Editrice G. Principato
73
È l’uso corretto del vocabolario che ti consente di individuare i verbi costruiti con il dativo che sono indicati con l’infinito del verbo e il pronome alicui o alicui rei come nell’esempio: nubere alicui “sposare qualcuno” (il verbo si usa per le donne). Si tratta di dativi di vantaggio o di svantaggio. Per tradurre in modo corretto devi trasformare il dativo latino in complemento oggetto italiano.
nota
bene
Quando questi verbi sono al passivo, bisogna prestare particolare attenzione perché hanno la costruzione impersonale. Ecco come si presentano: Militibus plausum est a civibus Letteralmente: “Ai soldati fu applaudito dai cittadini”. Correttamente: “I soldati furono applauditi dai cittadini”. Il dativo diventa il soggetto italiano, il verbo impersonale è tradotto personalmente al passivo accordato con il soggetto. Una possibilità successiva è quella di trasformare la frase in attivo: “I cittadini applaudirono i soldati”.
Con questi verbi nella perifrastica passiva, anch’essa sempre impersonale, per non creare confusione tra i dativi, il dativo d’agente è reso con a o ab e l’ablativo come nell’esempio: A civibus militibus plaudendum est, “I cittadini devono applaudire i soldati”. Se questi verbi sono retti da un servile, il servile diventa impersonale: Solet invideri tibi, “Tu sei solito essere invidiato”. Il soggetto italiano, con cui va concordato il servile, è il dativo latino. b) Intransitivi nelle due lingue, ma costruiti in modo diverso benedico, “dico bene di”; maledico, “dico male di”; gratulor, “mi congratulo con”; irascor, “mi adiro con”; fido, “mi fido di”; diffido, “diffido di”. Osserva che il dativo latino viene tradotto con preposizioni diverse accordate con il significato del verbo in italiano. c) Con diversi significati secondo il caso retto Alcuni verbi latini ammettono diverse costruzioni a cui corrispondono diversi significati come nell’esempio: Cave canem! “Attenzione al cane!” Cave tibi! “Bada a te stesso!” Nel primo caso il significato è “guardarsi da”, “fare attenzione”, nel secondo “provvedere a”, “preoccuparsi di”. Oppure come Consulo medicum, “Consulto un medico” Consulo tibi, “Provvedo a te” Senatus consuluit de Gallis, “Il senato deliberò riguardo i Galli”, Provideo morbum, “Prevedo una malattia” Provideo rei frumentariae, “Provvedo ai rifornimenti di grano” (si trova anche in questo significato la costruzione con l’accusativo). Anche in questo caso è un uso attento del vocabolario che evita errori. 74
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
4. Verbi di eccellenza Si definiscono così un gruppo di verbi che significano “eccellere, superare, precedere”, in senso fisico o morale, e che sono costruiti con: • il dativo o l’accusativo della persona che si supera • l’ablativo (complemento di limitazione) della cosa in cui si eccelle. Excello meo fratri eloquentia “Supero mio fratello in eloquenza” Caesar antecedit omnes clementia “Cesare supera tutti in clemenza” Quando sono costruiti con l’accusativo, non creano problema perché anche in italiano sono transitivi. Quando sono costruiti con il dativo sarebbe sufficiente, per non sbagliare, sostituire al verbo transitivo italiano un’espressione equivalente che regga la preposizione “a”. Ecco un esempio: Magnus orator praestat minutis imperatoribus “Un grande oratore è superiore a piccoli comandanti”.
5. Dativo con verbi composti con preposizioni Molti verbi composti con le preposizioni ad e in, oltre che con l’accusativo con o senza preposizioni, possono essere costruiti anche con il dativo. Le diverse costruzioni determinano significati diversi registrati dai vocabolari: Dux accessit ad urbem “Il generale si avviò in città” Dux accedit senatus sententiae “Il generale acconsentì al parere del senato”.
4 I casi indiretti: il dativo © Casa Editrice G. Principato
75
In TRADUZIONE pratica 4 I casi indiretti: il dativo M. Belponer
Esercizi e Versioni 1.
Nelle seguenti frasi sottolinea i complementi in dativo e traduci.
1. Caesar, die colloquio dicta, legatos ad Vercingetorigem misit. 2. Tuba consul receptui signum dedit. 3. Scipio aiebat non solum patriae, sed patribus, matribus, liberis ipsis pugnandum esse. 4. Non solum pro patria, sed etiam pro liberis Romani pugnaverant contra Hannibalem. 5. Mihi foedus cum Caesare faciendum non erat. 6. Haec mihi magno detrimento fuerunt. 7. Tibi gaudio venit quod mater tecum Romae fuit. 8. Ciceroni cordi erat magnopere rem publicam salvam esse. 9. Catoni cordi erat Carthaginem deleri. 10. Dies colloquio dicta est, sed, cum legati in colloquium cumvenissent, condiciones non placuerunt.
2.
Traduci le seguenti frasi elementari con dativo retto da verbi.
1. Tibi haec invideo. 2. Consul civibus haec suasit. 3. Milites plaudebunt duci strenuo in periculis belli. 4. His rebus valde studeo. 5. Parce mihi, parce Romanis omnibus, parce parentibus et liberis tuis! 6. Si tibi videtur, parce his imprudentibus! 7. Confido meis viribus, nisi virtuti exercitus. 8. Huic legioni Caesar et indulserat praecipue et eius virtuti confidebat maxime. 9. Caesar ait non sese Gallis sed Gallos sibi bellum intulisse. 10. Vindica te tibi, mi Lucili et hoc tibi fac!
3.
Traduci le seguenti frasi elementari con la costruzione impersonale dei verbi intransitivi.
1. Pauperes haud saepe succurritur a divitibus. 2. Victis parcendum est a victoribus. 3. Victis parcendum est. 4. Improbis favendum non est. 5. A nobis non ignoscendum est improbis. 6. Non ignoscendum est improbis. 7. Civibus providendum est a senatu. 8. Vobis gloriosus visus sum. 9. Pulchrae mulieres suis viris videntur. 10. Omnia vobis fecisse celeriter videbamur. 11. Consules visi sunt exercitum caedis puduisse. 12. Si tibi videtur, loquere. 13. Omnes vobis gratulabuntur. 14. Mihi a matre ignoscitur. 15. Caveamus liberis!
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
Eppia, nella satira feroce di Giovenale, è una donna sposata scappata in Egitto al seguito di un gladiatore di nome Sergius. La vergogna è tale da scandalizzare la stessa Canopo, una città egiziana considerata luogo di depravazione. Nel testo in esametri è nominato Paride, un noto ballerino di uno spettacolo teatrale detto pantomimo.
Giovenale Saturae, VI, 82-112 85
90
76
Chi le capisce le donne!
Nupta senatori comitata est Eppia ludum ad Pharon et Nilum famosaque moenia Lagi prodigia et mores urbis damnante Canopo. Inmemor illa domus et coniugis atque sororis nil patriae indulsit, plorantesque improba natos utque magis stupeas ludos Paridemque reliquit. Sed quamquam in magnis opibus plumaque paterna et segmentatis dormisset parvula cunis, contempsit pelagus; famam contempserat olim, cuius apud molles minima est iactura cathedras.
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
95
100
105
110
TRADUZIONE Laura Forcella
Tyrrhenos igitur fluctus lateque sonantem pertulit Ionium constanti pectore, quamvis mutandum totiens esset mare. Iusta pericli si ratio est et honesta, timent pavidoque gelantur pectore nec tremulis possunt insistere plantis: fortem animum praestant rebus quas turpiter audent. Si iubeat coniunx, durum est conscendere navem, tunc sentina gravis, tunc summus vertitur aer: quae moechum sequitur, stomacho valet. Illa maritum convomit, haec inter nautas et prandet et errat per puppem et duros gaudet tractare rudentis. Qua tamen exarsit forma, qua capta iuventa Eppia? Quid vidit propter quod ludia dici sustinuit? Nam Sergiolus iam radere guttur coeperat et secto requiem sperare lacerto; praeterea multa in facie deformia, sicut attritus galea mediisque in naribus ingens gibbus et acre malum semper stillantis ocelli. Sed gladiator erat. Facit hoc illos Hyacinthos; hoc pueris patriaeque, hoc praetulit illa sorori atque viro. Ferrum est quod amant. (…)
Eppia, sposata a un senatore, ha seguito una scuola di gladiatori fino a Faro, al Nilo e alle mura infami d’Egitto: la stessa Canopo condanna le mirabili prodezze e i costumi di Roma! Immemore della casa, del marito e della sorella, non si diede per nulla pensiero della patria, ma senza cervello abbandonò i figli piangenti e, cosa più incredibile, i giochi del circo e il grande Paride. Sebbene fin da bambina avesse dormito tra grandi agi, su un letto di piume paterno e in una culla intarsiata, disprezzò il mare; aveva disprezzato il buon nome, cosa che presso le donne dalle eleganti portantine è un minimo sacrificio. Sopportò impavida i flutti del Tirreno, lo Ionio che risuona lontano, sebbene dovesse mutare mare tante volte. Chi le capisce le donne! Se c’è una ragione giusta e onesta di pericolo, sono timorose, si gelano di paura e non possono reggersi sulle gambe tremanti: mantengono un animo forte nelle turpi avventure che osano affrontare. Se l’ordina il marito, è duro imbarcarsi: allora la stiva è insopportabile e il cielo gira sopra la testa. Quella che segue un amante, invece, ha lo stomaco forte! Quella con il marito vomita, questa mangia con i marinai, vaga per la poppa, si diverte a maneggiare quelle dure gomene. Di quale bellezza si incendiò Eppia, di quale giovane si innamorò? Che cosa vide che le fece sostenere la vergogna di essere chiamata gladiatora? Infatti Sergiuccio non era di primo pelo e già sperava nella pensione avendo il braccio tutto cicatrici; aggiungi inoltre molti sfregi sulla faccia come una protuberanza enorme nel mezzo del naso per l’attrito dell’elmo e un male pungente di un occhietto sempre lacrimante. Ma era un gladiatore: ciò fa di questi dei Giacinti, perciò Eppia l’ha preferito ai figli, alla patria, alla sorella, al marito: è la spada che amano! 4 I casi indiretti: il dativo © Casa Editrice G. Principato
77
Rifletti sul testo
Il contesto
1. L’indignatio porta il poeta Giovenale a condannare i vizi con forza aggressiva, con humor nero, senza nessuna apertura al sorriso bonario o alla preoccupazione educativa. Eppia, bersaglio di questo brano tratto dalla famosa VI satira contro le donne, è modello capovolto di donna, prototipo, secondo Giovenale, del malcostume di Roma, oggetto di interesse per il poeta che, concentrato nella sua denuncia sdegnata, deforma la realtà in modo caricaturale.
La morfo-sintassi
2. Focalizziamo l’attenzione sull’uso del dativo: a) la prima parola è nupta, un participio passato del verbo nubo, “sposo” che regge il dativo dell’uomo a favore del quale avviene il matrimonio. Nella situazione descritta, potrebbe essere un dativo di svantaggio! b) il verbo indulgeo è un intransitivo che regge il dativo con diversi significati: indulgere sibi, “essere indulgenti con se stessi”, indulgere dolori, “abbandonarsi al dolore”, indulgere valetudine, “aver cura della salute”. c) insistere tremulis plantis: spiega la ragione del dativo. d) fortem animum praestare rebus: “mantenere l’animo forte nelle cose”. Il verbo praesto è utilizzato anche come verbo di eccellenza con il significato di “sono superiore”. Come è costruito in questa accezione?
Lo stile
3. Eppia, nella visione fortemente misogina di Giovenale, è donna del suo tempo, come dimostra il passaggio finale dalla terza persona singolare alla terza plurale (ferrum est quod amant) che include le molte altre come lei. La sua vicenda è dal secondo esametro collocata in un contesto lontano, con un accumulo di nomi geografici (Pharon, Nilum, Lagi, Canopo), in cui sempre è evocata, come spazio degradato, l’Urbs, Roma. L’elenco di ciò che Eppia ha dimenticato nella sua fuga d’amore (domus, coniugis, sororis, patriae, natos) si chiude in modo epigrammatico, con la sorpresa finale, il fulmen in clausola: le due cose che amava di più, il circo e il mimo, confermano il paradossale deserto morale della donna. Il poliptoto con il verbo contemno ottiene un effetto pesantemente sarcastico per la sproporzione dell’accostamento di pelagus con famam: se disprezzare il mare potrebbe essere coraggioso, disprezzare il proprio buon nome è inequivocabilmente colpevole. I sottintesi sessuali non troppo coperti e la follia lussurriosa della donna riducono a oggetto anche l’uomo: quid vidit? si chiede sgomento il poeta, non quis vidit? così come l’amore di Eppia è esploso per una forma, “bellezza” e una iuventa, “gioventù”, non per un uomo. Dopotutto i gladiatori per le donne di Roma sono Hyacinthos, personaggi del mito, non uomini reali.
II lessico
4. Il ludus di cui parla Giovenale è la scuola dei gladiatori, ma la parola ha altri e più frequenti significati. Ha la stessa radice del verbo ludo che significa innanzitutto “giocare” da cui deriva l’aggettivo “ludico”, ma anche i verbi “deludere”, “illudere” ed “eludere” che fanno riferimento al “prendersi gioco”. Ludo è un verbo simile all’inglese to play perché significa anche “suonare” e “rappresentare” così che ludi indicano anche le rappresentazioni sceniche e, per metonimia, le feste che le accoglievano. È da spiegare perché la parola significhi anche “scuola” (e non solo quella dei gladiatori) dal momento che non è né piacere, né frivolezza come indicano gli altri significati di ludus. Prova a fare delle ipotesi, tenendo presente che anche la parola italiana “scuola” deriva dal greco skholé, “tempo libero”. Verifica le ipotesi su un dizionario etimologico. 78
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
V1 Cesare
Astute strategie Ariovisto, re degli Svevi, accetta di incontrare Cesare, ma detta delle condizioni che vengono accettate: un’astuta decisione accresce a Cesare la simpatia della sua prediletta decima legione.
PREREQUISITI complementare diretta, verba timendi, infinitive, ablativo assoluto, consecutiva, costruzione di opus est
Dies conloquio dictus est ex eo die quintus. Interim saepe cum legati ultro citroque inter eos mitterentur, Ariovistus postulavit ne quem peditem ad conloquium Caesar adduceret1: vereri se ne2 per insidias ab eo circumveniretur; uterque cum equitatu veniret: alia ratione sese non esse venturum. Caesar, quod neque conloquium interposita causa tolli volebat neque salutem suam Gallorum equitatui committere audebat, commodissimum esse statuit omnibus equis Gallis equitibus detractis3 eo legionarios milites legionis X, cui quam maxime confidebat, imponere4, ut praesidium quam amicissimum, si quid opus facto esset5, haberet. Quod cum fieret, non inridicule quidam ex militibus X. legionis dixit: plus quam pollicitus esset Caesarem facere; pollicitum se in cohortis praetoriae loco X legionem habiturum ad equum rescribere. 1. adduceret: dopo questo verbo sono elencate le condizioni di Ariovisto. Sottintendi un verbo di dire. 2. vereri se ne: “temeva che”. 3. omnibus… detractis: è un ablativo assoluto.
4. imponere: “far salire a cavallo”. La cavalleria di Cesare in quel momento era formata da alleati e Cesare si fida completamente solo della X legione. 5. si quid opus facto esset: “se fosse necessario fare qualcosa”.
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Mogli e donne Giovenale, l’autore del testo con cui si apre il capitolo, deve convincere un amico a non prendere moglie, uxor, perché le donne sono pericolose guastatrici! Il poeta registra che nel suo tempo la condizione femminile è molto mutata rispetto al passato e quello che qualcuno chiama emancipazione, lui lo definisce vizio. Non sopporta che le donne vadano al circo e agli spettacoli teatrali, che assumano atteggiamenti maschili, come la libertà nei comportamenti sessuali, non sopporta che, parallelamente, i maschi si femminilizzino, cantino e danzino, si curino il corpo come donnette desiderose di eterna gioventù. Emancipazione indica l’uscita dal controllo del pater familias che impone la mano a suggellare il suo potere secondo una ritualità che coinvolge anche lo schiavo. Una donna a Roma è domina, “padrona”, solo nella domus, ma fuori dalle mura domestiche deve rimanere umbra, “ombra” per non incorrere negli attacchi feroci di moralisti come Giovenale.
Con il matrimonio, uomini e donne si fanno coniuges: diventano qualcuno che sta insieme all’altro nel giogo, iugum, simile a quello dei buoi che vanno insieme ad arare i campi per costruire fertilità. Stare insieme, iungere, in un giogo significa accettare una fatica condivisa, ma la donna che Giovenale ci descrive non è coniux, né tanto meno domina, perché non è la casa il suo regno. È, caso mai, femina, riconosciuta nella sua qualifica di genere, come colei che può generare. La parola femina, infatti, deriva da una radice comune a fetus, fecundus, fertilis, ma anche a filius e, soprattutto, a felix, “felice”. In una società contadina la fertilità è felicità. Lo attesta anche l’aggettivo laetus, “lieto”, il cui primo significato, mantenutosi nel tempo, era “fertile”. La parola laetamen, “letame” ne è la prova. La stessa radice di femina dà origine anche a parole dell’ambito economico, fenus, fenoris, “interesse” e anche fenerator, “usuraio”.
4 I casi indiretti: il dativo © Casa Editrice G. Principato
79
In teoria
5 I casi indiretti: l’ablativo 1. I complementi in ablativo È il caso nel quale si esprime il maggior numero di complementi che possono essere raggruppati in tre grandi tipologie: • la prima, quella dell’ablativo propriamente detto, raccoglie i complementi legati, anche in modo estensivo e analogico, al concetto di allontanamento e corrisponde ad un caso elaborato dai grammatici latini • la seconda e la terza corrispondono a casi antichi, l’ablativo strumentale, a cui si associano complementi che logicamente esprimono concetti analoghi al complemento di mezzo, e l’ablativo locativo per lo stato in luogo e, per estensione, per condizioni di tempo determinate.
nota
bene
Il nome latino ablativus si connette al verbo aufero, fers, abstuli, ablatum auferre, “porto via” e si riferisce alla sua funzione fondamentale, quella di allontanamento e separazione. Si tratta di un caso che in greco non esiste e che riassume tante funzioni per distinguere le quali è spesso necessario l’uso di diverse preposizioni.
Con l’ablativo, semplice o con preposizioni, si esprimono, in gran parte, complementi che hai tradotto anche al biennio. Di essi ti forniamo un elenco sintetico attraverso esempi chiarificatori. Complemento di allontanamento o separazione, origine, privazione Consul patriam hostibus liberavit complemento di allontamento “Il console liberò la patria dai nemici” Mercurius Iove et Maia natus est complemento di origine “Mercurio nacque da Giove e Maia” Filius tuus omni culpa vacat complemento di privazione “Tuo figlio è esente da ogni colpa” I complementi di allontanamento, origine e privazione possono essere retti anche da aggettivi o participi dal significato analogo: Liber omni timore, “libero da ogni timore”; ortus nobili familia, “nato da nobile famiglia”; gladium vagina vacuus, “spada libera dal fodero”. Puoi trovare, senza difficoltà per la traduzione, gli stessi complementi espressi anche con a, ab, e, ex, de + ablativo come nell’esempio: Flumina e montibus oriuntur, “I fiumi nascono dai monti”. Complemento di materia Casa de ligno, “capanna di legno”: il materiale può essere espresso anche con e, ex. Casa lignea, “capanna di legno”: lignea è aggettivo indicante materia. 80
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
Complemento di argomento Nepos scripsit de viris illustribus, “Nepote scrisse degli uomini illustri”. Così come è formulato, il complemento costituisce anche il titolo dell’opera di Nepote. I titoli sono espressi anche con il nominativo: Captivi, “I prigionieri”, una commedia di Plauto. Complemento di agente e di causa efficiente Filius a patre accusatus est “Il figlio fu accusato dal padre” Vulpes fame agitabatur “La volpe era agitata dalla fame”.
nota
bene
complemento d’agente complemento di causa efficiente
La condizione necessaria perché ci siano i due complementi è la presenza di un verbo al passivo. Anche nel caso di esseri inanimati, come natura, voluptas, libertas, si può trovare la preposizione a o ab quando l’autore intende personificarli: Amicitia a natura data est, “L’amicizia è stata data dalla natura”. In modo inverso, lo schiavo, in quanto considerato res, quando compie l’azione espressa da un verbo al passivo, può essere espresso da servo, con un complemento di causa efficiente.
Complemento di paragone o secondo termine di paragone Nihil pace dulcius sit, “Niente sia più dolce della pace” Pax, qua nihil est dulcius, servatur semper magno labore “La pace, di cui nulla è più dolce, è mantenuta sempre con grande fatica”. Ea res exspectatione omnium felicior fuit “Quella cosa fu più felice di quanto tutti si aspettassero (dell’aspettazione di tutti)”.
nota
bene
Il complemento di paragone è legato necessariamente a un comparativo. Un altro modo per esprimere il secondo termine di paragone è l’uso di quam + il caso del primo termine: Forma magis laudata est in femina quam in viro “La bellezza è più lodata nella donna che nell’uomo” Mater malebat esse quam videri bona “La madre preferiva essere che sembrare buona”.
Complemento di mezzo o strumentale Pace vigetis, “Avete forza grazie alla pace”. Se il complemento di mezzo è costituito da una persona: Per patrem vestrum vigetis, “Avete forza grazie a vostro padre” Presta particolare attenzione a questa costruzione che è molto diffusa e utilizza diversi sostantivi con esiti di significato diversi: Afficio praemio (beneficio) amicum meum Letteralmente: “Raggiungo il mio amico con un premio (beneficio)” Meglio: “Premio (benefico) un mio amico” 5 I casi indiretti: l’ablativo © Casa Editrice G. Principato
81
nota
bene
I verbi utor, “uso”, fruor, “usufruisco”, fungor, “adempio”, vescor, “mi nutro”, potior, “mi impadronisco” sono costruiti con l’ablativo strumentale come negli esempi: In amicos utimur misericordia, “Nei confronti degli amici usiamo misericordia” Equites magna preda potiuntur, “I cavalieri si impadroniscono di una grande preda”. All’ablativo latino nella traduzione può corrispondere un complemento oggetto come nel primo esempio.
Complemento di abbondanza Ancilla domum lana complet, “La schiava riempie la casa di lana” Lo stesso complemento può essere retto da aggettivi: Domus lana plena, “Casa piena di lana”. Complemento di modo Cum voluptate te video, “Ti vedo con piacere” Magna cum voluptate (magna voluptate) te video, “Ti vedo con grande piacere” Consilio feci, “Ho agito di proposito” More maiorum, “Secondo il costume degli antenati”.
nota
bene
Il complemento di modo può essere espresso anche da un avverbio: Acriter pugnabant, “Combattevano con asprezza”. Non confondere il complemento di modo con il complemento predicativo: entrambi rispondono alla domanda “come?”, ma il primo è espresso in ablativo e aggiunge al significato del verbo un elemento accessorio, mentre il secondo è in nominativo o in accusativo e attribuisce al verbo una nota non eliminabile senza alterare il significato: complemento di modo Pugnabant nulla difficultate “Combattevano senza alcuna difficoltà” complemento predicativo del soggetto Pugnabant strenui “Combattevano da valorosi”.
Complemento di causa Pigri discipuli sua officia mollitia deserunt compl. di causa interna “Gli studenti pigri abbandonano i loro doveri in ablativo per debolezza d’animo” Discipuli sua officia propter (ob) magistri morbum deserunt compl. di causa esterna “Gli studenti abbandonano i loro doveri con ob o propter+accusativo per la malattia del maestro” Discipulus prae lacrimis scribere non potest compl. causa impediente “Uno studente non può scrivere per le lacrime” con prae+ablativo
nota
bene
82
Nei testi di autore la distinzione tra causa interna e causa esterna non è sempre realizzata. Ricorda, infatti, questi ablativi di causa di uso comune: Iussu, iniussu, “per ordine”, “senza ordine”, hortatu, impulsu, rogatu, “per esortazione, richiesta, istigazione”.
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
Complemento di compagnia e di unione Cum amicis Romam ibamus “Andavamo a Roma con amici” Cum toga ad forum Romani eunt “I Romani vanno al foro con la toga”
complemento di compagnia
riguarda persone complemento di unione
riguarda cose
Complemento di limitazione Consules erant virtute pares, “I consoli erano pari in valore” Mea soror natu minor est, “Mia sorella è minore d’età” Sunt quidam reges non re, sed nomine, “Vi sono alcuni re non di fatto, ma di nome” Hai già conosciuto il complemento di limitazione in associazione con i verbi di eccellenza a p. 80. Complemento di qualità Germani saepe immani corpore sunt complemento di qualità fisica “I Germani sono spesso di corporatura enorme”. A p. 62 hai visto il complemento di qualità espresso in genitivo, soprattutto nel caso di qualità morali. I due costrutti, con il genitivo e con l’ablativo, negli autori sono spesso usati in modo indifferente.
2. Costruzioni particolari: opus est Opus est significa “c’è bisogno”, “occorre”, “è necessario”. Si costruisce con • l’ablativo della cosa di cui si ha bisogno (complemento di privazione). Al posto del nome, puoi trovare un participio passato all’ablativo, un infinito, un’infinitiva Auxilio/Facto/ facere/te facere opus est “C’è bisogno di aiuto, di fare” • il dativo della persona che ha bisogno Mihi tuo auxilio opus est/erat “Ho/avevo bisogno del tuo aiuto”
nota
bene
costruzione impersonale
È frequente anche la costruzione personale, sempre usata nel caso che il soggetto sia un aggettivo o un pronome neutro: Aliquid iustum rei publicae opus est, “Lo Stato ha bisogno di qualcosa di giusto”. Il soggetto è aliquid iustum Consul censuit quod ad bellum opus erat, “Il console decretò ciò che serviva per la guerra”. Il soggetto è quod Nobis multa exempla opus erunt, “Avremo bisogno di molti esempi”. Il soggetto exempla è al plurale concordato con erunt. Per tradurre senza sbagliare, attribuisci a opus est il significato di “è necessario” e rendi l’eventuale ablativo come suo soggetto.
5 I casi indiretti: l’ablativo © Casa Editrice G. Principato
83
2. Costruzioni particolari: dignus e indignus Gli aggettivi dignus, “degno” e il suo contrario indignus, “indegno” reggono l’ablativo: Digni sunt contumeliis, “Sono degni di insulti”. Se i due aggettivi reggono una proposizione (per esempio: “di essere insultati”), ecco la costruzione con una relativa al congiuntivo con valore consecutivo: Digni sunt qui iniurientur, “Sono degni di essere insultati”. Per tradurre correttamente, rendi il relativo con “che”: “sono degni che siano insultati = sono degni di essere insultati”.
4. Determinazioni di tempo La distinzione fondamentale tra i complementi di tempo è tra quelli che indicano un momento determinato (rispondono alla domanda “quando?”) e quelli che indicano una durata (rispondono alla domanda “per quanto tempo?”): i primi si esprimono in ablativo, i secondi in accusativo.
Complemento di tempo determinato Occasu copiae recedunt, “Al tramonto le truppe si ritirano”. Quando sull’aspetto di tempo prevale quello di luogo, nelle sue diverse sfumature, si può trovare in + ablativo: in itinere, “in viaggio” o “durante il viaggio” inter + accusativo: inter cenam, “durante la cena” per + accusativo: per quietem, “durante il sonno”. Quando si deve definire un tempo approssimato, si usa circa, circiter, sub + l’accusativo o de + l’ablativo: Sub (circa, circiter) horam tertiam, de tertia ora “Circa all’ora terza” (circa dalle otto alle nove). Ricorda che nell’espressione mense Decembri, “nel mese di Dicembre”, il nome del mese in latino è un aggettivo.
Complemento di tempo continuato (Per) novem menses peragrabo, “Viaggerò per nove mesi”.
Altre determinazioni di tempo Riassumiamo in questo schema quelle che possono presentare qualche difficoltà nella traduzione:
84
A quali domande rispondono
Come si esprimono
Esempi
Entro quanto tempo?
Ablativo semplice. Intra + accusativo.
Paucis diebus Intra paucos dies “Tra pochi giorni”
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
A quali domande rispondono
Come si esprimono
Esempi
Ogni quanto tempo?
Ablativo semplice. Se c’è un numero, con l’ordinale aumentato di un’unità con interposto l’ablativo di quisque concordato con il nome.
Quinto quoque die “Ogni quattro giorni”
Ablativo seguito da ante o da post.
Triginta annis post “Trent’anni dopo” Ante triginta annos Triginta ante annos Triginta ante annis “Trent’anni prima” Abhinc viginti annos/annis “Vent’anni fa”
Quanto tempo prima? Quanto tempo dopo?
Quanto tempo fa? Da quanto tempo?
Accusativo preceduto da ante o post. Ante e post posposti con l’accusativo o l’ablativo. Abhinc con l’accusativo o l’ablativo. Accusativo spesso accompagnato da iam. Se c’è un numero, con l’ordinale aumentato di un’unità. Ab con ablativo quando si riferisce ad un’età dell’uomo.
Per quando? (indica un rinvio o un appuntamento)
In con l’accusativo.
Quarta quaque vigilia “Ogni tre turni di guardia”
Multos iam annos “Già da molti anni” Tertium iam diem “Già dal secondo giorno” Ab adulescentia “Dall’età della giovinezza” In posterum diem te invitavi “Per il giorno seguente ti invitai”
Ricorda queste espressioni idiomatiche: in dies, “di giorno in giorno” in omne tempus, “sempre” in praesens, “per il momento” in posterum, “per l’avvenire” die dicta, “nel giorno stabilito” (la parola dies è, in questa locuzione, femminile).
5. Determinazioni di luogo I complementi di luogo rientrano in quattro grandi tipologie, differenziate dalla domanda a cui rispondono:
Complemento di stato in luogo (Ubi? “Dove?”) Iacio aegrotus in lecto “Giaccio malato a letto”
nota
bene
complemento di stato in luogo
Ricorda che per i nomi di città e di piccola isola della prima e della seconda declinazione al singolare troverai il genitivo locativo: Romae multi pontes sunt “A Roma ci sono molti ponti”. I nomi di città e di piccola isola della prima e della seconda declinazione al plurale o di altre declinazioni vanno all’ablativo semplice quando esprimono un complemento di stato in luogo. Athenis multi sunt oratores complemento di stato in luogo “Ad Atene ci sono molti oratori”.
Anche nel caso di un moto entro luogo circoscritto si trova spesso l’in + ablativo come nell’esempio: In muris cives discurrebant, “I cittadini correvano qua e là sulle mura”. 5 I casi indiretti: l’ablativo © Casa Editrice G. Principato
85
Spesso locus e totus, accompagnati il primo da un aggettivo e il secondo da un sostantivo, quando esprimono uno stato in luogo, non vogliono la preposizione: Tota insula vagaris, “Ti aggiri per tutta l’isola” Eo loco fossa erat, “In quel luogo c’era una fossa”. Alcune forme di un antico caso locativo vanno tradotte con uno stato in luogo: domi, “in casa”, “in patria”; ruri, “in campagna”; belli, militiae, “in guerra”; animi, “nell’animo”; vesperi, “di sera”; humi, “a terra” (anche per il moto a luogo).
Complemento di moto a luogo (Quo? “Verso dove?”) Legati ad ducem venerant “Ambasciatori erano venuti dal comandante” Legati in urbem venerant “Ambasciatori erano venuti in città”.
avvicinamento: ingresso:
ad + acc.
in + acc.
Con i nomi di città o di piccola isola, si trova l’accusativo semplice: Ibimus Romam, Athenas, Carthaginem, “Andremo a Roma, Atene, Cartagine”. Ricorda domum, “verso casa”, “verso la patria”; rus, “in campagna”, “verso la campagna”.
Complemento di moto da luogo (Unde? “Da dove?”) Legati ab (ex, de) Italia venerant, “Ambasciatori erano venuti dall’Italia”. Se il complemento è espresso da un nome di città o di piccola isola, lo si trova all’ablativo semplice come nell’esempio: Veni Roma, Athenis, Carthagine, “Sono venuto da Roma, da Atene, da Cartagine” Ricorda domo, “dalla casa”, “dalla patria”; rure, “dalla campagna”.
Complemento di moto per luogo (Qua? “Per dove?”) Trasibit per agros, per Romam, per Carthaginem, per Athenas, “Passerà per i campi, per Roma, per Cartagine, per Atene”. Il complemento di moto per luogo, quando indica un mezzo è espresso in ablativo: Dux exercitum ponte ducit, “Il comandante conduce l’esercito attraverso il ponte”.
Avverbi di luogo Lo schema che segue è da considerare con molta attenzione: alcuni avverbi di luogo evidenziati in neretto possono essere confusi con pronomi e aggettivi omografi. Tale confusione potrebbe generare errori: per tradurre correttamente bisogna sempre definire, dal contesto, se la forma in esame sia un pronome, un aggettivo o un avverbio. Nello schema illic, illuc e istic, istuc sono in neretto perché forme arcaiche dei corrispondenti ille, illud e iste, istud.
86
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
nota
bene
Pronome d’origine
Stato in luogo
Moto a luogo
Moto da luogo
Moto per luogo
Hic
hic, qui
hoc, verso qua
hinc, di qua
Hac, per di qua
Is
ibi, lì
eo, verso là
inde, da là
Ea, per di là
Ille
illic, lì
illuc, verso là
illinc, da là
illac, per di là
Iste
istic, in codesto luogo
istuc, verso codesto luogo
istinc, da codesto luogo
istac, in codesto luogo
Idem
ibidem, nel medesimo luogo
eodem, verso il medesimo luogo
indidem, dal medesimo luogo
eadem, per il medesimo luogo
Qui
ubi, dove
quo, verso dove
unde, da dove
qua, da dove
Quicumque
ubicumque, dovunque
quocumque, verso undecumque, da dovunque dovunque
quacumque, per ovunque
Alius
alibi, altrove
alio, verso altro luogo
aliunde, da altro luogo
alia, per altro luogo
Aliquis
alicubi, in qualche luogo
aliquo, verso qualche luogo
alicunde, da qualche luogo
aliqua, per qualche altro luogo
L’avverbio di stato in luogo alibi, “altrove” è passato senza trasformazioni in italiano come sostantivo che indica l’argomento che un accusato utilizza per dimostrare di essere stato “altrove” nel momento in cui si è realizzato il reato per il quale è indagato.
Preposizioni e avverbi Le due parti del discorso, entrambe invariabili, in alcuni casi possono coincidere nella forma: ante, per esempio, è classificabile sia come preposizione che come avverbio. Ciò che le distingue è l’uso che ne è fatto nel testo: la preposizione è sempre accompagnata da un nome o da un pronome, l’avverbio in modo assoluto come nell’esempio: Haec ante meum magistrum (ante te) non intellexi “Non ho capito queste cose prima del mio maestro (di te)”
preposizione
Haec ante non intellexi! “Non ho capito prima queste cose!”
avverbio
Le preposizioni che, come ante, possono essere anche avverbi sono 24. Tra esse ti ricordiamo adversum, adversus, contra, “contro”; circa, “intorno”; post, “dopo”; super e supra, “sopra”; ultra, “oltre”.
nota
bene
L’uso della preposizione è più limitato in latino rispetto all’italiano perché molti rapporti sintattici sono espressi in latino con i casi.
Le preposizioni si uniscono con questi casi: • accusativo (la maggior parte) • ablativo (alcune) • ablativo e accusativo (poche). La consultazione attenta del vocabolario e l’esperienza ti consentono di tradurre senza difficoltà le preposizioni. 5 I casi indiretti: l’ablativo © Casa Editrice G. Principato
87
In TRADUZIONE pratica 5 I casi diretti: l’ablativo M. Belponer
Esercizi e Versioni 1.
Traduci le seguenti frasi elementari con complementi espressi dall’ablativo. 1. Milites e castris incredibili celeritate procurrerunt. 2. Cato, vir maxima integritate, magnam virtutem abstinentiam putabat. 3. Die dicta, legati ad Caesarem venerunt ut condiciones de pace haberent. 4. Antiqui magis auctoritate quam vi imperium gerebant. 5. Magna turba ingenti clamore ac tumultu impetum fecit. 6. Pacem petimus, qua nihil est dulcius. 7. Saepe beneficiis magis quam imperiis vir trahitur ad officium. 8. Nihil melius bono regi temperantia est. 9. Themistocles, vir magna calliditate et ingenio, parvis viribus contra Persas pugnavit. 10. Galli omnes lingua, institutis, legibus inter se differunt. 11. Diu tempestate retentus, exercitus tandem postremo profectus est. 12. Naves magna tempestate retentae sunt.
2.
Traduci queste frasi elementari con l’ablativo retto da aggettivi. 1. Pompeius a Cicerone dignus imperio habitus est. 2. Nihil dignior sapiente quam temperantia. 3. Indigna erat Sempronia quae ameretur. 4. Paulus dignus erat qui solaretur. 5. Marcellus, omnibus virtutibus praeditus, Syracusis pepercit. 6. Mulieres cognoscemus dignae quae a nobis diligantur. 7. Augustus dignus erat qui imperium gereret. 8. Victoria digna visa est quae magno gaudio celebraretur. 9. Hostes dicebantur digni qui omnibus viribus contra eos pugnarent. 10. Hoc visum est dignum omni diligentia et cura.
3.
Traduci le seguenti frasi elementari con l’ablativo retto da verbi. 1. Sapientia est una, quae maestitiam pellat ex animis. 2. Caesar Haeduos frumento prohibuit. 3. Scipio Romanos a Punico metu liberavit. 4. A magno metu socii a Romanis liberati sunt. 5. Pirenaei Hispaniam a Gallia seiungunt. 6. Vita non discrepet a sermone. 7. Non verba, sed facta opus sunt. 8. Hostes maximis copiis utebantur in bello Punico secundo. 9. Cicero Laelio amice usus est semper. 10. Animo vacuo ab omni pertubatione fruor. 11. Boni secernant se ab improbis, docti a stultis. 12. Antonius, iudicatus hostis, Italia cesserat. 13. Licet bonis frui bona mente et aequitate. 14. Catilina, nobili genere natus, fuit ingenio malo pravoque. 15. Amico Attico unice utebar in meo maximo discrimine.
88
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
4.
Traduci le seguenti frasi elementari con determinazioni di luogo e di tempo. 1. Qua via in urbem itur hieme? 2. Perge in Siciliam, ubi salus nostra est. 3. A pueritia volo domi gaudium sit. 4. Deus ad homines venit, immo in homines. 5. Undique ex agris concurrerunt. 6. Ibam via Sacra tertio quoque die. 7. Haec via est per Macedoniam usque ad Hellespontum. 8. Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur. 9. E Peloponneso decedens Rhodum venibam sesto die post tertium mensem. 10. Domi Caesaris saepe epulae habebantur. 11. Heri venisti media nocte, nunc abis. 12. Omnes Hermae, qui in oppido erant Athenis, una nocte deiectae sunt. 13. Huc Mithridates venit post aliquot dies. 14. Aristoteles magister Alexandri fuit, a quo a pueritia bona praecepta didicit. 15. Nullus dolor est quem tempus non leniat.
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
Una gara di astuzia
Il commediografo Plauto mette in scena due schiavi. Palestrione, il deus ex machina della vicenda, è l’orditore di inganni, l’architectus della vicenda, quello che riuscirà a riunire la ragazza di cui si parla nel dialogo, con il suo innamorato, sottraendola al miles gloriosus. Scèledro è il beffato che suscita risa proprio perché si crede furbo. Palestrione deve convincere che la ragazza è in casa: in realtà è riuscito a portarla a un incontro segreto con il suo innamorato.
Plauto Miles gloriosus, atto II, vv. 341353
PAL. Quid nunc? Si ea domi est, si facio ut eam exire hinc videas domo, dignus es verberibus multis? SCEL. Dignus. PAL. Serva istas fores, ne tibi clam se subterducat istinc atque huc transeat. SCEL. Consilium est ita facere. PAL. Pede ego iam illam huc tibi sistam in viam. SCEL. Agedum ergo face. Volo scire, utrum ego id quod vidi viderim an ille faciat, quod facturum dicit, ut ea sit domi. Nam ego quidem meos oculos habeo nec rogo utendos foris. Sed hic illi subparasitatur semper, hic ei proximus est, primus ad cibum vocatur, primo pulmentum datur; nam ille noster est fortasse circiter trimenium, neque cuiquam quam illi in nostra melius est famulo familia. Sed ego hoc quod ago, id me agere oportet, hoc observare ostium. Sic obsistam. Hac quidem Pol certo verba mihi numquam dabunt.
TRADUZIONE Laura Forcella
Palestrione: E allora? Se lei è a casa, se te la faccio vedere mentre esce da questa casa, ti meriti un sacco di legnate? Scèledro: Certamente. P.: Tieni ben d’occhio queste uscite perché non possa sgattaiolare alla chetichella e passare di qui. 5 I casi indiretti: l’ablativo © Casa Editrice G. Principato
89
S.: È proprio questo che intendo fare. P.: Io te la farò spuntare qui sulla via con i suoi piedi. S.: Fa’ dunque quello che devi fare! Palestrione entra in casa. Scèledro parla al pubblico. Voglio sapere se ho visto ciò che ho visto o se quello là farà ciò che dice che farà cioè farla trovare a casa. Infatti ho i miei occhi e non chiedo che ne debbano essere usati altri. Ma lui, Palestrione, sempre la adula e le sta appiccicato; è il primo ad essere chiamato a mangiare, è il primo a cui si dà il cibo. Il nostro Palestrione c’è forse da tre mesi, eppure non c’è nessuno che sia trattato meglio di lui in famiglia. Conviene che io faccia ciò che faccio: osservare questa porta. Così starò di guardia: per Polluce, non mi diranno certamente parolacce, da questa parte!
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Plauto (255-184 a.C.), attore e autore di fabulae palliatae, testi teatrali ambientati in Grecia dalla trama complicata che garantisce il lieto fine, non indaga la psicologia dei personaggi, delineandoli come macchiette divertenti: è il caso di questi due schiavi e del miles gloriosus, il protagonista di questa commedia che prende il nome da questa figura di mercenario spaccone, molto diverso dal modello di soldato romano. 2. Oppidum quodvis videtur posse expugnare dolis, “Sembra che qualsiasi fortezza possa essere espugnata con i raggiri” è la morale negativa che regge questa vicenda come si desume da questo brano e dall’intera produzione di Plauto. È a Plauto, infatti, che si deve la massima Homo homini lupus, “L’uomo è lupo all’uomo” che ha utilizzato il filosofo inglese Hobbes (1588-1679).
La morfo-sintassi
3. Il testo appartiene all’età arcaica, presenta forme sincopate come domist per domi est e arcaiche come eae per ei o illic per ille che abbiamo normalizzato per facilitarti. Ecco la traduzione dello scrittore Pier Paolo Pasolini (1922-1975) di due versi di questo testo: E manco so’ tre mesi, ch’è venuto a stà qua! Cià messi tutti sotto; cià sbaraccati, cià! Quali sono i versi tradotti? Quali caratteri rivela questa traduzione confrontata con quella che ti abbiamo proposto? 5. Focalizziamo ora l’attenzione sull’uso dell’ablativo e sulle determinazioni di tempo e di luogo: - domo è un ablativo di moto da luogo. Quali sono le eccezioni dei complementi di luogo con la parola domus? - Trasforma dignus verberibus con la relativa corrispondente utilizzando il verbo verbero, -as, -avi, -atum, -are - Trasforma pede al plurale. Che complemento è? - utendos è un gerundivo di un verbo deponente che significa “debbano essere usati”. Qui è costruito in modo assoluto. Che tipo di ablativo regge solitamente?
90
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
Lo stile
6. È la lingua del lessico quotidiano (domus, facio, oculos, famulo…) al servizio di una poesia che gioca con le assonanze (primus, cibum, vocatur, datur), le paranomasie (ego ago), le figure etimologiche (famulo, familia), i poliptoti (face, faciat, facturum o vidi, viderim o ago, agere), gli omoteleuti (iam, illam, sistam, viam) nella costruzione di una trama fonica che produce un ritmo rapido per uno spettatore che non chiede riflessione, ma riso facile. L’assolo del servo Scèledro, che parla al pubblico producendo lo straniamento dello spettatore, condotto a seguire la vicenda dall’esterno senza immedesimarsi, rivela da piccole spie linguistiche che la sua logica è quella di chi lo comanda: il suo antagonista schiavo viene indicato come una cosa, una res, con un sostantivo neutro (trimenium, “trimestre”) e le parole, verba, quasi come verbera, “frustate”, non gli verranno dette, ma date (dabunt). Definisci le figure retoriche che sono nominate nell’analisi.
II lessico
7. Il sostantivo fores, “porte” e l’avverbio e preposizione foris, “fuori” hanno la stessa radice: le porte sono, in effetti, ciò che separa dal fuori. Nello stesso modo forum, la piazza delle antiche città romane dove si svolgeva il mercato, si amministrava la giustizia e si trattavano gli affari, indica il luogo pubblico per eccellenza, il fuori dalla dimensione domestica. Forensis, -e è un aggettivo, anche sostantivato, che indica “ciò che riguarda il foro”, ma anche l’avvocato e, cosa più interessante, in età tarda imperiale, il forestiero, colui che è fuori dalla collettività dei cittadini per status, condizione sociale.
V1 Quintiliano
Un’altra versione (della stessa storia) Anche Quintiliano racconta la vicenda relativa al poeta Simonide che abbiamo letto a p. 67 nella narrazione di Fedro. Aggiunge, da retore, che Simonide introduce un metodo per memorizzare e la pietas che dimostra aiutando i parenti nel riconoscimento dei propri morti.
PREREQUISITI infinitiva, participio congiunto, ablativo assoluto
Artem autem memoriae primus ostendisse dicitur Simonides, cuius vulgata fabula est: cum pugili coronato carmen, quale componi victoribus solet, mercede pacta scripsisset, abnegatam ei pecuniae partem1 quod more poetis frequentissimo degressus in laudes Castoris ac Pollucis exierat: quapropter partem ab iis2 petere quorum facta celebrasset3 iubebatur. Et persolverunt, ut traditum est: nam cum esset grande convivium in honorem eiusdem victoriae atque adhibitus ei cenae Simonides, nuntio est excitus, quod eum duo iuvenes equis advecti desiderare maiorem in modum4 dicebantur. Et illos quidem non invenit, fuisse tamen gratos erga se deos exitu comperit. Nam vix eo ultra limen egresso triclinium illud supra convivas corruit, atque ita confudit ut non ora modo oppressorum sed membra etiam omnia requirentes ad sepulturam propinqui nulla nota possent discernere. Tum Simonides dicitur memor ordinis quo quisque discubuerat corpora suis5 reddidisse. 1. abnegatam (esse) ei pecuniae partem: è un’infinita retta da un sottinteso “dicono”, “che gli fosse stata negata una parte del denaro”. 2. ab iis: sono Castore e Polluce.
3. celebrasset: sta per celebravisset. 4. maiorem in modum: “urgentemente”. 5. suis: “ai loro parenti”. 5 I casi indiretti: l’ablativo
© Casa Editrice G. Principato
91
V2 Seneca
Il saggio ha bisogno del saggio Seneca, senza nominarlo, cita Sallustio quando scrive che Idem velle atque idem nolle, “volere e non volere le stesse cose”, è dolcissimo legame tra saggi: è di fatto amicizia.
PREREQUISITI uso del participio, finale
Opus est sapienti agitatione virtutum; ita quemadmodum ipse se movet, sic movetur ab alio sapiente. Malus malo nocet facitque peiorem, iram eius incitando, tristitiae adsentiendo, voluptates laudando1. Ergo ex contrario bonus bono proderit. ‘Quomodo? ‘ inquis. Gaudium illi adferet, fiduciam confirmabit; ex conspectu mutuae tranquillitatis crescet utriusque laetitia. Praeterea quarumdam illi rerum scientiam tradet; non enim omnia sapiens scit; etiamsi sciret, breviores vias rerum aliqui excogitare posset et has indicare per quas facilius totum opus circumfertur. Proderit sapienti sapiens, non scilicet tantum suis viribus sed ipsius quem adiuvabit. Potest quidem ille etiam relictus sibi explicare partes suas: utetur propria velocitate, sed nihilominus adiuvat etiam currentem hortator. Qui in summum perductus est calorem opus est calore adiecto ut summum teneat. Praeterea illud dulcissimum et honestissimum ‘idem velle atque idem nolle’ sapiens sapienti praestabit; egregium opus pari iugo ducet. 1. incitando, adsentiendo, laudando: sono gerundi latini che si possono tradurre con il gerundio italiano.
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI L’autore e l’autorità Molti testi latini di questo libro sono d’“autore”: sono stati, cioè, scritti da qualcuno, l’auctor, che è stato riconosciuto, in modo più o meno stabile e più o meno positivo, come letterato a cui si attribuiscono delle qualità di stile e di contenuto che “accrescono” la cultura degli uomini. La parola auctor deriva dal verbo augeo, -es, auxi, auctum,- ere, “accrescere” a dimostrare come essa sia connessa a un’azione di arricchimento. Al concetto di auctor è legato quello di auctoritas, “autorevolezza”, che va distinta da potestas, “autorità” e dignitas, “prestigio sociale”: l’auctoritas è il prestigio, la credibilità, il carisma che si posseggono anche indipendentemente da potestas e dignitas, legate ai riconoscimenti sociali e politici conferiti tramite cariche e onorificenze pubbliche. Chi ha ben distinto, nella sua opera politica, i termini di auctoritas e potestas è stato Ottaviano che,
92
per rassicurare il senato e i cittadini, timorosi di una restaurazione monarchica, si è autoproclamato pari agli altri magistrati in potestas, ma ad essi superiore in auctoritas. Lo stesso titolo di Augustus, che ha assunto nel 27 a.C. e che accompagnerà tutti gli imperatori, ha la sua radice nello stesso verbo augeo per alludere alla sua funzione di costruttore della respublica restituta, “repubblica restaurata”, “accresciuta” in benessere con il favore degli dei. Augustus si collega, infatti, anche alla parola augur, auguris, “augure”, il sacerdote-magistrato che interpretava la volontà divina, ma anche a Romolo, fondatore della città e primo augur della storia. Con la scelta di questo cognomen Ottaviano alludeva ad una prerogativa sacra, quella di interpretare il segno premonitore, il presagio inviato dagli dei, l’augurium appunto: in questa unione di potestas, il potere conferito dagli uomini, e auctoritas, il potere che ha a che fare con la sfera misteriosa del sacro, sta l’originalità e la forza del sistema politico augusteo.
Elementi di sintassi dei casi © Casa Editrice G. Principato
ELEMENTI DI SINTASSI DEL VERBO E DEL PERIODO 1. I congiuntivi indipendenti 2. L’infinito e il supino 3. Il participio 4. Gerundio, gerundivo e perifrastica passiva 5. Le proposizioni subordinate 6. Usi di cum 7. La consecutio temporum 8. Le proposizioni completive 9. Le proposizioni interrogative indirette 10. Proposizioni circostanziali 1 11. Proposizioni circostanziali 2 12. Il periodo ipotetico
© Casa Editrice G. Principato
In teoria
1 I congiuntivi indipendenti 1. Congiuntivi con negazione non Il latino è lingua molto attenta alle sfumature di significato nell’utilizzo dei modi del verbo: mentre l’indicativo è il modo che esprime la realtà certa, assodata e provata, il congiuntivo ricorre ogni volta che si deve esprimere una possibilità, un dubbio, un augurio, un’ipotesi, un comando; ogni volta, cioè, che non si afferma con assoluta certezza qualcosa, ma la si propone come possibile. In particolare distinguiamo: • congiuntivi con valore eventuale, che nella forma negativa sono introdotti dalla congiunzione non: potenziale, dubitativo, irreale, suppositivo; • congiuntivi con valore volitivo, che nella forma negativa sono introdotti dalla congiunzione ne: esortativo, desiderativo, concessivo. Ai congiuntivi di tipo volitivo l’italiano risponde per lo più con il congiuntivo, ai congiuntivi di tipo eventuale con il condizionale.
1.1 Il congiuntivo potenziale In questa sfumatura di significato si trova usato il congiuntivo presente o perfetto, senza sostanziale differenza, per esprimere la possibilità nel presente, e l’imperfetto per esprimere la possibilità nel passato. La negazione usata è non. Quid facias? Quid egeris? “Che cosa potresti fare?” Quid ageres? “Che cosa avresti potuto fare?” Quis hoc non fecerit? “Chi non farebbe ciò?”
nota
bene
■ Spesso è impiegata la 2ª persona singolare, il cosiddetto tu generico, soprattutto con le forme: dicas, censeas, credas, putes, diceres, crederes, putares, “potresti dire, ritenere, credere, pensare, avresti potuto dire, ritenere, credere” ecc. Vincere credas, “Crederesti di vincere”
Tum diceres vera, “Allora avresti detto la verità”
■ Ricorda anche le forme di cortesia: velim, “vorrei”; nolim, “non vorrei”, malim, “preferirei”, dixerim, “oserei dire”, censuerim, “riterrei”: Pace tua hoc fecerim “Oserei fare ciò, senza offesa”
■ Alcune espressioni sono in un certo senso idiomatiche, per esempio: dicat / dixerit aliquis, diceret aliquis, “qualcuno potrebbe dire, avrebbe potuto dire”. ■ Dal momento che il congiuntivo presente nella terza coniugazione nella 1ª persona coincide con il congiuntivo, spesso è difficile capire se si tratta di futuro o congiuntivo (probabilmente in origine il futuro non esisteva, ma si usava il congiuntivo presente per esprimere il desiderio o la possibilità e forse da ciò deriva la confusione delle forme): la traduzione si definisce in rapporto al contesto. Pauca de Augusto dicam, “Potrei dire/ Dirò poche cose su Augusto”
94
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
1.2 Il congiuntivo dubitativo Il congiuntivo dubitativo esprime un dubbio circa una scelta o una decisione, spesso espresso dalla 1ª persona. Di solito viene reso con il condizionale del verbo servile “dovere”; i tempi che si trovano usati con questa sfumatura di significato sono: • presente, per il dubbio nel presente o nel futuro, che si traduce con “dovrei” + infinito • imperfetto, cui corrisponde in italiano “avrei dovuto” + infinito La negazione impiegata è non. Quo pergam?
“Dove dovrei recarmi?”
Quo pergerem?
“Dove sarei dovuto andare?”
Milonem non defendam, acerrime accusatum? “Non dovrei difendere Milone, molto aspramente accusato?”
1.3 Il congiuntivo irreale Il congiuntivo irreale esprime un’azione o una circostanza che non si può o non si è potuta realizzare, date alcune condizioni particolari; è espresso con l’imperfetto, per indicare una circostanza irreale nel presente, con il piuccheperfetto per esprimere la circostanza irreale nel passato. La negazione è non. Romam irem, sed plurimi inimici ibi sunt “Andrei a Roma, ma lì vi sono moltissimi nemici”. Rei publicae succurrissem, sed ipsa me reiecit “Avrei aiutato lo Stato, ma esso stesso mi rifiutò”.
nota
bene
■ Il congiuntivo irreale ricorre nel periodo ipotetico di terzo tipo, dell’irrealtà: Si Brutus contra rem publicam pugnaret, Cicero eum incusaret. “Se Bruto combattesse contro lo Stato, Cicerone lo accuserebbe”. Si Scipio Hannibalem non vicisset, Romani servi fuissent. “Se Scipione non avesse vinto Annibale, i Romani sarebbero stati servi”.
1.4 Il congiuntivo suppositivo Il congiuntivo suppositivo ricorre in contesti quali discorsi e argomentazioni filosofiche, e si può tradurre con un’espressione del tipo “supponiamo che...”, “ipotizziamo che....”, seguita dal verbo che esprime l’ipotesi. Si trovano impiegati il presente, per un’ipotesi ritenuta possibile nel presente e nel futuro, e il piuccheperfetto e talvolta l’imperfetto per l’ipotesi non realizzata nel passato. Le forme negative sono introdotte da non. Roges me quae sit vita post mortem, certe nihil tibi respondeam. “Supponiamo che tu mi chieda quale sia la vita dopo la morte, senz’altro non ti risponderei nulla”. At dares exercitum M. Antonio: rem publicam adgrederetur. “Ipotizziamo che dessi questa un esercito a Marco Antonio: assalterebbe lo Stato.” 1 I congiuntivi indipendenti © Casa Editrice G. Principato
95
In teoria
2. Congiuntivi con negazione ne 2.1 Il congiuntivo esortativo Per esprimere il comando il latino impiega il congiuntivo esortativo, al presente, per tutte le persone, eccetto la 2ª singolare e plurale, per la quale si trova generalmente l’imperativo. Esso è impiegato anche per esprimere un comando attenuato, un’esortazione alla 2ª persona: Milites strenue pugnent! “I soldati combattano coraggiosamente!” Ne doleas plus nimio! “Non addolorarti troppo!” Ne dubitent consules contra Hannibalem bellum facere “Non esitino i consoli a fare guerra contro Annibale”.
nota
bene
L’imperativo ■ L’imperativo latino ha solo le seconde persone singolari e plurali, i tempi presente e futuro, la cui traduzione in italiano è sostanzialmente coincidente. Lege, legito
“Leggi!”
Le forme negative dell’imperativo presente si esprimono con ne + perfetto congiuntivo: Ne dixeris, “Non dire!”
Ne dixeritis, “Non dite!”
Noli dicere, “Non dire!”
Nolite dicere, “Non dite!”
oppure con la forma imperativa del verbo nolo, noli, nolite + infinito:
2.2 Il congiuntivo ottativo Il congiuntivo ottativo esprime un desiderio o un augurio, realizzabile o irrealizzabile, nel presente o nel passato. È spesso introdotto dalla congiunzione utinam, nella forma negativa dalla congiunzione ne. Si trova in tutti i tempi del congiuntivo: • presente → desiderio realizzabile nel presente Utinam Romae vivas! “Voglia il cielo che tu viva a Roma!” • perfetto → desiderio realizzabile nel passato Utinam Romae vixeris! “Voglia il cielo che tu sia vissuto a Roma!” • imperfetto → desiderio irrealizzabile nel presente Utinam Romae esset Cicero! “Volesse il cielo che Cicerone fosse a Roma!” • piuccheperfetto → desiderio irrealizzabile nel passato Utinam Romae fuisset Cicero! “Volesse il cielo che Cicerone fosse stato a Roma!”
nota
bene
■ La congiunzione utinam può non essere presente: Vivat hic vir!
“Che io muoia se non amo la mia ragazza!”
Utinam nemo haec fecisset!
“O se nessuno avesse fatto queste cose!”
Ne vivam!
96
“Possa vivere quest’uomo!”
Moriar nisi meam puellam amo!
“Che io muoia!”
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
In luogo di utinam si possono trovare i congiuntivi presente e imperfetto di velle, nolle, malle; in tal caso avrai: Velim haec dicere (dixisse),
“Vorrei dire (aver detto) queste cose”
Velim te Romam ire (ivisse), Velim Romam eas (iveris),
“Vorrei che tu vada (sia andato fatto) a Roma”.
Vellem haec dicere (dixisse),
“Avrei voluto dire (aver detto) queste cose”.
Nollem te Romam ire (ivisse), nollem Romam ires (ivisses), “Non avrei voluto che tu andassi (fossi andato) a Roma”. In una traduzione più fluida puoi ricorrere, anziché a “voglia il cielo che…” e “volesse il cielo che…”, a espressioni più consuete, per esempio, “magari”, “oh se” (che tra l’altro corrisponde al si latino). Utinam Caesar Romam adsit! ma Utinam Caesar adfuerit! ma
“Voglia il cielo che Cesare sia a Roma”, “Magari Cesare fosse a Roma!” “Oh, se Cesare fosse a Roma!”
“Voglia il cielo che Cesare sia stato presente!” “Magari Cesare fosse stato presente!” “Oh, se Cesare fosse stato presente!”
2.3 Il congiuntivo concessivo Il congiuntivo concessivo ricorre spesso nell’oratoria, quando l’oratore vuole formulare una premessa che gli consenta un’ulteriore affermazione nella discussione. Il congiuntivo presente esprime la concessione che riguarda il presente, il perfetto la concessione che riguarda il passato. Spesso questi congiuntivi sono introdotti da sane, e talvolta seguiti da una proposizione introdotta da tamen; nella forma negativa sono introdotti da ne. Fuerit sane immoderatus Brutus, tamen pro re publica sempre egit. “Ammettiamo pure che Bruto sia stato eccessivo, tuttavia operò sempre per il bene dello Stato”.
1 I congiuntivi indipendenti © Casa Editrice G. Principato
97
In teoria
Per riepilogare I congiuntivi indipendenti
TIPO
TEMPI
POTENZIALE
presente / perfetto; imperfetto
DUBITATIVO
presente / imperfetto
IRREALE
imperfetto / piuccheperfetto
SUPPOSITIVO
ESORTATIVO
presente / piuccheperfetto
presente
CONGIUNZIONE/ ESEMPI NEGAZIONE
-- / non
-- / non
-- / non
-- / ne
- / ne
presente / perfetto: desiderio possibile imperfetto / piuccheperfetto: desiderio irrealizzabile
CONCESSIVO
98
presente / perfetto
Quid agerem? “Che cosa avrei potuto fare?”
(sane) / ne
Il presente ricorre nel periodo ipotetico di primo tipo
Quid agam? “Che cosa dovrei fare?” Quid agerem? “Che cosa avrei dovuto fare?” Te laudarem / laudavissem, sed non possum / poteram “Ti loderei / avrei lodato ma non posso / potevo” Roges/ rogavisses me hoc, nihil dicam / dixissem “Ipotizziamo che tu mi chieda / mi avessi chiesto ciò, non ti direi / avrei detto nulla” At dares hanc auctoritatem M. Crasso: contra rem publicam iret “Ipotizziamo che dessi questa autorità a Marco Crasso: andrebbe contro lo stato”
Litteras amet puer “Il ragazzo ami la letteratura”
Utinam absis/afueris. “Voglia il cielo che tu non sia presente/non fossi presente”
utinam / ne
OTTATIVO
Quid agam/egerim? “Che cosa potrei fare?”
OSSERVAZIONI
Utinam abesses/ afuisses “Volesse il cielo che tu non fossi presente/ non fossi stato presente”
Sit / fuerit impatiens Brutus, tamen est strenuus “Ammettiamo che sia / sia stato impaziente Marco, tuttavia è coraggioso”
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
È impiegato nel periodo ipotetico di terzo tipo Il presente ricorre nel periodo ipotetico di primo tipo, l’imperfetto e il piuccheperfetto corrispondono al congiuntivo irreale e sono impiegati nel periodo ipotetico di terzo tipo Completa l’imperativo nelle persone mancanti
In TRADUZIONE pratica 1 I congiuntivi indipendenti M. Belponer
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
Cicerone De officiis, 2, 3
TRADUZIONE Maria Belponer
Versioni
V 0 Inattività politica, attività intellettuale Cicerone ricorda con tristezza i motivi per cui ha abbandonato l’attività forense e politica, ma guarda fiducioso alla possibilità che gli riserva la sua inattività: dedicarsi finalmente a scrivere di filosofia, disciplina alla quale si è già dedicato in gioventù, ma senza libera disponibilità di tempo.
[Atque] utinam res publica stetisset quo coeperat statu nec in homines non tam commutandarum quam evertendarum rerum cupidos incidisset! Primum enim, ut stante re publica facere solebamus, in agendo plus quam in scribendo operae poneremus, deinde ipsis scriptis non ea, quae nunc, sed actiones nostras mandaremus, ut saepe fecimus. Cum autem res publica, in qua omnis mea cura, cogitatio, opera poni solebat, nulla esset omnino, illae scilicet litterae conticuerunt forenses et senatoriae. Nihil agere autem cum animus non posset, in his studiis ab initio versatus aetatis existimavi honestissime molestias posse deponi, si me ad philosophiam retulissem. Cui cum multum adulescens discendi causa temporis tribuissem posteaquam honoribus inservire coepi meque totum rei publicae tradidi, tantum erat philosophiae loci, quantum superfuerat amicorum et rei publicae tempori. Id autem omne consumebatur in legendo, scribendi otium non erat. Magari lo Stato fosse rimasto nelle condizioni delle origini e non fosse caduto in mano di uomini desiderosi non tanto di introdurre cambiamenti, quanto di sovvertire del tutto la situazione! Innanzitutto, come ero solito fare quando lo Stato era intatto, mi dedicherei all’agire, più che allo scrivere, quindi affiderei alla scrittura stessa non questi argomenti, ma la testimonianza delle mie azioni, come ho fatto spesso. Poiché invece lo Stato, al quale ero solito dedicare ogni mia attenzione, pensiero, attività, era del tutto annientato, hanno scelto il silenzio quelle mie opere dedicate all’attività forensi e politiche. Ma poiché la mia mente non poteva restare oziosa, ho ritenuto di poter consolare nel modo più onesto le mie sofferenze in questi studi dei quali mi ero occupato nella prima età, se mi fossi dedicato nuovamente alla filosofia; ad essa avevo riservato molto tempo quando ero adolescente, per curiosità di sapere, ma dopo che mi consacrai alla carriera politica e mi dedicai allo Stato, lasciavo tanto spazio alla filosofia quanto ne avanzava dalla frequentazione degli amici e dalla cura dello Stato; ma anche tutto questo si spendeva nel leggere, e non avevo tempo per scrivere. 1 I congiuntivi indipendenti © Casa Editrice G. Principato
99
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Per quale motivo Cicerone non tratterà, nelle sue opere, di questioni forensi e politiche? 2. Quale era l’attività predominante di Cicerone nella sua giovinezza, secondo quanto afferma nel testo? 3. Perché egli non ha avuto prima la possibilità di scrivere di filosofia?
La morfosintassi
4. utinam stetisset… nec incidisset: di che tipo di congiuntivi si tratta? Formula lo stesso concetto nel presente. 5. poneremus… mandaremus: definisci questi congiuntivi indipendenti; formula lo stesso concetto nel passato. 6. si rettulissem: si tratta di una protasi di periodo ipotetico; che tipo di congiuntivo è impiegato?
Lo stile
7. Il passo si apre con un’esclamazione che definisce la drammatica situazione dello Stato:
l’uso dei due congiuntivi ottativi dell’irrealtà lo chiarisce senza ambiguità. Subito sotto la situazione è ulteriormente accentuata in senso negativo: cum autem res publica… nulla esset omnino indica una condizione irrevocabile, espressa in termini tanto più sintetici ed efficaci. A questa constatazione si affianca l’uso metaforico del verbo conticuerunt, tacquero, che confina nel silenzio tutta l’attività di Cicerone. Nell’ultima parte del brano, tuttavia, alla prospettiva dei vincoli costituiti dall’attività pubblica, che è definita inservire honoribus, con una sfumatura implicitamente negativa, perché comporta la mancanza di libertà, l’essere servo, e la sottolineatura del senso esteriore degli honores, si sostituisce la prospettiva di un tempo più disponibile per se stesso, un tempo che potrà finalmente essere consacrato alla filosofia come attività creativa.
Il lessico
8. Nel testo sono contrapposti alcuni termini che definiscono le attività pratiche e quelle intellettuali: in agendo e in scribendo, due gerundi in ablativo, definiscono i due opposti versanti, e l’atto dello scrivere è comunque considerato un aspetto dell’agire quando agli scritti sono affidate le actiones, la testimonianza della vita forense e politica. Il nihil agere, la condizione cui Cicerone non può rassegnarsi, viene riscattata in seguito dagli studia philosophiae, contrapposti agli honores e alla res publica, ma infine resi possibili in un’altra dimensione, l’otium scribendi, una nuova modalità, più creativa, dell’attività filosofica.
100
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
V1 Tacito
Delusioni risparmiate La morte di Agricola, anche se lo strappò quando era ancora nel fiore delle forze, gli evitò la delusione e la sofferenza di vedere Roma in balia di Domiziano.
PREREQUISITI prop. concessiva, relativa, infinitiva
Natus erat Agricola Gaio Caesare tertium consule idibus Iuniis: excessit quarto et quinquagesimo anno, decimum kalendas Septembris Collega Priscinoque consulibus. Quod si habitum quoque eius posteri noscere velint, decentior quam sublimior fuit; nihil impetus in vultu: gratia oris supererat. Bonum virum facile crederes, magnum libenter. Et ipse quidem, quamquam medio in spatio integrae aetatis ereptus, quantum ad gloriam, longissimum aevum peregit. Quippe et vera bona, quae in virtutibus sita sunt, impleverat, et consulari ac triumphalibus ornamentis praedito quid aliud adstruere fortuna poterat? Opibus nimiis non gaudebat, speciosae non contigerant. Filia atque uxore superstitibus potest videri etiam beatus incolumi dignitate, florente fama, salvis adfinitatibus et amicitiis futura effugisse. Nam sicut ei [non licuit] durare in hanc beatissimi saeculi lucem ac principem Traianum videre, quod augurio votisque apud nostras auris ominabatur, ita festinatae mortis grande solacium tulit evasisse postremum illud tempus, quo Domitianus non iam per intervalla ac spiramenta temporum, sed continuo et velut uno ictu rem publicam exhausit.
V2 Cicerone
Il buon comandante non può essere accusato? Cicerone esita sul modo di affrontare l’accusa di Verre e immagina che il suo avversario, l’oratore Ortensio Ortalo, invochi, a fronte dell’avidità dell’accusato, la sua fama di buon comandante.
PREREQUISITI prop. interr. dir., indir., finale, completiva, relativa
Quid agam, iudices? quo accusationis meae rationem conferam? quo me vertam? ad omnis enim meos impetus quasi murus quidam1 boni nomen imperatoris opponitur. Novi locum2; video ubi se iactaturus sit Hortensius. Belli pericula, tempora rei publicae, imperatorum penuriam commemorabit; tum deprecabitur a vobis, tum etiam pro suo iure contendet ne patiamini talem imperatorem populo Romano Siculorum testimoniis eripi, ne obteri laudem imperatoriam criminibus avaritiae velitis. Non possum dissimulare, iudices; timeo ne C. Verres propter hanc eximiam virtutem in re militari omnia quae fecit impune fecerit. [...] Sit fur, sit sacrilegus, sit flagitiorum omnium vitiorumque princeps; at est bonus imperator, at felix et ad dubia rei publicae tempora reservandus3. Non agam summo iure tecum, non dicam id quod debeam forsitan obtinere, cum iudicium certa lege sit,— non quid in re militari fortiter feceris, sed quem ad modum manus ab alienis pecuniis abstinueris abs te doceri oportere; non, inquam, sic agam, sed ita quaeram, quem ad modum te velle intellego4, quae tua opera et quanta fuerit in bello. 1. quasi murus quidam: quasi e quidam attenuano la metafora introdotta dal termine murus: “come un muro”. 2. Novi: è perfetto resultativo, da rendere
come presente; locum: “argomentazione”. 3. at... reservandus: la congiunzione introduce la figura retorica dell’occupatio, l’obiezione all’argomentazione dell’av-
versario. Reservandus è gerundivo usato come aggettivo, “da salvaguardare”. 4. quem... intellego: costruiscib ad modum quem intellego... 1 I congiuntivi indipendenti
© Casa Editrice G. Principato
101
V3 Seneca
L’uomo, un puntino sulla natura Di fronte ai gravi fenomeni naturali l’uomo può sconfiggere il timore se riconosce di essere parte di un tutto e se supera l’attaccamento al suo io individuale: questa è la lezione che Seneca cerca di impartire all’amico Lucilio in una riflessione filosofica posta nel cuore di una dissertazione scientifica.
PREREQUISITI cum narrativo, prop. relativa, interr. diretta, per. ipotetico
Ego autem perire timeam, cum terra ante me pereat, cum ista quatiantur quae quatiunt et in iniuriam nostram non sine sua veniant? Helicen Burinque1 totas mare accepit: ego de uno corpusculo timeam? Supra oppida duo navigatur (duo autem quae novimus, quae in nostram notitiam memoria litteris servata perduxit: quam multa alia aliis locis mersa sunt, quot populos aut terra aut infra se mare inclusit!): ego recusem mei finem, cum sciam me sine fine non esse? Immo cum sciam omnia esse finita, ego ultimum suspirium timeam? Quantum potes itaque, ipse te cohortare, Lucili, contra metum mortis: hic est qui nos humiles facit; hic est qui vitam ipsam, cui parcit, inquietat ac perdit; hic omnia ista dilatat, terrarum motus et fulmina. Quae omnia feres constanter, si cogitaveris2 nihil interesse3 inter exiguum tempus et longum. 1. Helicen Burinque: città sulla costa dell’Acaia nel golfo di Corinto, distrutte da un maremoto e da un terremoto nel 373 a.C.
V4 Cicerone
2. feres... cogitaveris: opera qui la legge dell’anteriorità dell’indicativo; traduci con due futuri semplici. 3. nihil interesse: il verbo ha significato
impersonale; rendi “che non c’è alcuna differenza”.
La capacità di sopportazione alla prova dei fatti La capacità di sopportare il dolore non dipende dalle definizioni che se ne danno, anzi talvolta le parole spaventano ulteriormente chi è sottoposto a una prova e le giustificazioni degli Stoici non sono per nulla incoraggianti.
PREREQUISITI cum narrativo, prop. interr. dir., indir., causale, comparativa, relativa, infinitiva
Equidem in omnibus istis conclusionibus hoc putarem philosophia nobisque dignum, et maxime, cum summum bonum quaereremus, vitam nostram, consilia, voluntates, non verba corrigi. Quis enim potest istis, quae te, ut ais, delectant, brevibus et acutis auditis1 de sententia decedere? Nam cum expectant et avent audire cur dolor malum non sit, dicunt illi asperum esse dolere, molestum, odiosum, contra naturam, difficile toleratu, sed, quia nulla sit in dolore nec fraus2 nec improbitas nec malitia nec culpa nec turpitudo, non esse illud malum. Haec qui audierit, ut ridere non curet3, discedet tamen nihilo firmior ad dolorem ferendum, quam venerat. Tu autem negas fortem esse quemquam posse, qui dolorem malum putet. Cur fortior sit, si illud, quod tute concedis, asperum et vix ferendum putabit? Ex rebus enim timiditas, non ex vocabulis nascitur. 1. istis... auditis: ablativo assoluto; fa riferimento alle argomentazioni degli Stoici, citati subito sotto nella frase di-
102
cunt illi. 2. quia nulla sit… fraus: rendi il congiuntivo come indicativo.
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
3. ut... non curet: interpreta ut come sinonimo di sane.
V5 Cicerone
Esempi da seguire Cicerone ricorda gli esempi degli uomini antichi, ancora validi per i buoni cittadini.
PREREQUISITI prop. interrogativa diretta, relativa, causale, consecutiva, infinitiva
Homines Graeci quos antea nominavi, inique a suis civibus damnati atque expulsi, tamen, quia bene sunt de suis civitatibus meriti, tanta hodie gloria sunt non in Graecia solum sed etiam apud nos atque in ceteris terris, ut eos a quibus illi oppressi sint nemo nominet, horum calamitatem dominationi illorum omnes anteponant. Quis Carthaginiensium pluris fuit Hannibale Consilio, virtute, rebus gestis, qui unus cum tot imperatoribus nostris per tot annos de imperio et de gloria decertavit? Hunc sui cives e civitate eiecerunt: nos etiam hostem litteris nostris et memoria videmus esse celebratum. Qua re imitemur nostros Brutos, Camillos, Ahalas, Decios, Curios, Fabricios, maximos, Scipiones, Lentulos, Aemilios, innumerabilis alios qui hanc rem publicam stabiliverunt; quos equidem in deorum immortalium coetu ac numero repono. Amemus patriam, pareamus senatui, consulamus bonis; praesentis fructus neglegamus, posteritatis gloriae serviamus; id esse optimum putemus quod erit rectissimum; speremus quae volumus, sed quod acciderit feramus; cogitemus denique corpus virorum fortium magnorum hominum esse mortale, animi vero motus et virtutis gloriam sempiternam; neque hanc opinionem si in illo sanctissimo hercule consecratam videmus, cuius corpore ambusto vitam eius et virtutem immortalitas excepisse dicatur, minus existimemus eos qui hanc tantam rem publicam suis consiliis aut laboribus aut auxerint aut defenderint aut servarint esse immortalem gloriam consecutos.
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Stare La saldezza dello stato, come si è visto, è definita con l’uso metaforico di un verbo, che propriamente indica lo stare in piedi, immobile, saldo. Dallo stesso verbo deriva constare, che, in unione con il pronome riflessivo sibi, assume la sfumatura di essere coerenti, essere in saldo accordo con se stessi, mentre la constantia è per eccellenza la dote del saggio in Seneca, tanto che ad essa viene dedicato uno dei suoi dialoghi, il De constantia sapientis: alla radice della nostra costanza, dunque, c’è un’immagine che, partendo dall’ambito politico, si riflette nella sfera dell’individuo. Ricorre in italiano talvolta l’espressione sic stantibus rebus, un ablativo assoluto, “stando così le cose”, che può
essere una premessa per lo sviluppo di un’argomentazione o di una giustificazione. Osserva anche l’uso di ubi consistam, “un luogo dove stare”, che indica appunto la ricerca di un posto dove stare tranquilli, al riparo, un posto, per usare un’altra espressione latina celebre, ubi manebimus optime, “dove staremo benissimo”. Status quo (antea) è un’espressione ricorrente nel lessico storico- politico per indicare una condizione di fatto precedente, alla quale si riconduce una situazione presente, spesso in seguito a un trattato. Osserva anche l’uso del termine status a indicare la condizione soprattutto economica, e, affine a questa, l’espressione status symbol, che definisce oggetti o beni in base ai quali è possibile dedurre l’appartenenza a un ceto socioeconomico elevato. 1 I congiuntivi indipendenti
© Casa Editrice G. Principato
103
In teoria
2 L’infinito e il supino 1. L’infinito L’infinito è una forma nominale del verbo, che esprime il concetto verbale senza le determinazioni della persona e del numero. In latino distinguiamo: Infinito come soggetto e come oggetto Amare divinum et humanum est, “Amare (= l’amore) è cosa divina e umana” Consilio quam vi malo haec gerere, “Preferisco risolvere queste cose con il buon senso piuttosto che con la forza” Anche un’intera proposizione infinitiva può fungere da soggetto: Contra hostes aut fortem esse oportet aut supplicem (Publ. Syr.), “Contro i nemici è opportuno essere forti o supplichevoli”. Infinito storico Ricorre nelle narrazioni storiche ed equivale all’imperfetto indicativo: Tela utrimque volare, “Le armi volavano da ogni parte”. Infinito esclamativo In espressioni esclamative, con il soggetto in accusativo: Te hoc erga me facere!, “Tu fai questo contro di me!” Proposizioni infinitive Le proposizioni soggettive e oggettive sono espresse con l’infinito; il soggetto dell’infinito è sempre espresso, ed è in accusativo: Puto Caesarem clementem erga inimicos fuisse, “Penso che Cesare sia stato clemente verso gli avversari” (oggettiva) Optimum fuit Ciceronem Romae esse, “Fu un’ottima cosa che Cicerone fosse a Roma” (soggettiva) Le infinitive possono essere soggettive o oggettive, a seconda della funzione di soggetto o oggetto che hanno rispetto alla reggente. La proposizione soggettiva ricorre con i verbi impersonali o usati impersonalmente come decet, licet, interest, constat ecc. oppure con locuzioni come quelle formate da un aggettivo neutro o un sostantivo (tempus, mos, opus est, turpe, facile, verum est). La proposizione oggettiva è introdotta da verbi che significano “dire”, “ritenere”, “volere” o da verbi di sentimento come dico, “dico”, nuntio, “annuncio”, narro, “racconto”, scio, “so”, puto, “ritengo”, volo, “voglio”, gaudeo, “mi rallegro”, doleo “mi dolgo” ecc. Il soggetto e tutti i termini ad esso riferiti sono in accusativo. Se il soggetto dell’oggettiva è alla 3ª persona e coincide con il soggetto della reggente, viene espresso dal pronome riflessivo se, al singolare come al plurale. Se il soggetto non coincide, si trova il pronome is, ea, id o ille, illa, illud ovviamente all’accusativo:
104
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
Catilina dixit se iniurias vindicaturum esse, “Catilina disse che avrebbe vendicato le offese”: se è pronome riflessivo, perché uguale al soggetto della frase principale. Catilina sociis suasit dicens eos divites futuros esse, “Catilina convinse i compagni dicendo che sarebbero diventati ricchi”: eos, non riflessivo perché riferito a sociis, che non è soggetto. I tempi dell’infinito hanno valore relativo rispetto alla reggente: • presente, se c’è un rapporto di contemporaneità • perfetto, se c’è anteriorità • futuro, se c’è posteriorità Se a rendere l’idea di posteriorità è un verbo privo del supino, si trova la locuzione futurum esse (o fore) ut con il congiuntivo presente o imperfetto secondo la consecutio temporum.
2. Il supino Il supino è anch’esso forma nominale del verbo, presente nelle due terminazioni in -um (supino attivo) e in -u (supino passivo). Il tema del supino è utilizzato per la formulazione del participio perfetto; la forma in -um si trova, anche se raramente, impiegata per esprimere la proposizione finale, di solito quando il verbo reggente sia un verbo di moto: Exercitus venit in aciem pugnatum, “L’esercito scese in campo per combattere”. Ricorda che il supino in -um si usa come forma indeclinabile per esprimere l’infinito futuro passivo, in unione con iri: pugnatum iri, lectm iri ecc. La forma in -u è impiegata in unione con aggettivi, ed esprime un ablativo di limitazione: facile dictu, “facile a dirsi”
2 L’infinito e il supino © Casa Editrice G. Principato
105
In TRADUZIONE pratica 2 M. Belponer
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
L’infinito e il supino
Versioni V0
Un muto terrore
Diviziaco, capo degli Edui, descrive la situazione drammatica dei Sequani: questi si sono alleati con i Germani per prevalere sugli altri Galli, ma, soggiogati a loro volta dal capo germano Ariovisto, sono nelle peggiori condizioni e ne subiscono a tal punto l’influenza che non osano né lamentarsi né chiedere aiuto ai Romani.
Cesare De bello Gallico, 1,32
Hac oratione ab Diviciaco habita omnes qui aderant magno fletu auxilium a Caesare petere coeperunt. Animadvertit Caesar unos ex omnibus Sequanos nihil earum rerum facere quas ceteri facerent sed tristes capite demisso terram intueri. Eius rei quae causa esset miratus ex ipsis quaesiit. Nihil Sequani respondere, sed in eadem tristitia taciti permanere. Cum ab his saepius quaereret neque ullam omnino vocem exprimere posset, idem Diviacus Haeduus respondit: hoc esse miseriorem et graviorem fortunam Sequanorum quam reliquorum, quod soli ne in occulto quidem queri neque auxilium implorare auderent absentisque Ariovisti crudelitatem, velut si cora adesset, horrerent, propterea quod reliquis tamen fugae facultas daretur, Sequanis vero, qui intra fines suos Ariovistum recepissent, quorum oppida omnia in potestate eius essent, omnes cruciatus essent perferendi.
TRADUZIONE Maria Belponer
Dopo questo discorso di Diviziaco, tutti i presenti iniziarono a chiedere aiuto a Cesare piangendo. Cesare si accorse che tra tutti solo i Sequani non facevano nessuna delle cose che facevano gli altri, ma tristi, a capo chino, guardavano a terra. Stupito, chiese loro quale fosse il motivo di quel comportamento. I Sequani non rispondevano nulla, ma restavano a capo chino nella stessa tristezza, silenziosi. Poiché più volte rivolse loro la stessa domanda senza ottenere alcuna risposta, rispose lo stesso Diviziaco eduo: (disse che) la sorte dei Sequani per questo era più misera e grave di quella di tutti gli altri, per il fatto che essi soli neppure di nascosto osavano lamentarsi o chiedere aiuto e temevano la crudeltà di Ariovisto anche se era assente, come se fosse presente, poiché agli altri era data possibilità di fuga, i Sequani invece, che avevano accolto nel loro territorio Ariovisto, le cui città erano tutte in potere di lui, avrebbero dovuto sopportarne tutte le offese.
106
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Quale è l’argomentazione fondamentale del discorso di Diviziaco?
La morfosintassi
2. Osserva i seguenti infiniti: petere, facere, intueri, respondere, permanere, exprimere, esse, queri: individua la funzione di ciascuno e definiscili secondo l’esposizione teorica precedente. 3. In che caso è il soggetto dell’infinito permanere? Da cosa lo puoi dedurre?
Lo stile
4. Il cuore del passo è senz’altro rappresentato dalla descrizione dell’atteggiamento triste dei Sequani, che, pur nell’andamento sintetico del testo, tipico dello stile di Cesare, è intessuto di effetti retorici. Innanzitutto si insiste sulla dimostrazione della tristezza con l’atteggiamento esteriore: i Sequani sono tristes, tengono lo sguardo fisso a terra, intueri, il capo basso, capite demisso; nelle frasi Nihil Sequani respondere, sed in eadem tristitia taciti permanere, respondere e permanere sono in omoteleuto, scandito in particolare dalla ē, mentre tristitia e taciti sono in allitterazione.
Il lessico
5. Nel testo ricorrono due espressioni molto frequenti del lessico latino: auxilium petere ab aliquo e (aliquid) ex aliquo quaerere; i due significati sono diversi, nonostante entrambe le forme verbali si possano rendere con l’italiano “chiedere”: nel primo caso si chiede per ottenere qualcosa di concreto, nel secondo si rivolge una domanda per avere una riposta astratta, una motivazione. Fai attenzione, infine, all’infinito queri: deriva dall’indicativo deponente queror, che significa “mi lamento”, da cui l’italiano “querimonia”, “querela” ecc.
2 L’infinito e il supino © Casa Editrice G. Principato
107
V1 Cesare
Non si può stare a guardare! Esortato dai soldati, che vedono gli avversari pompeiani sottrarsi al combattimento o addirittura avere la meglio, Cesare accetta di correre il rischio di far passare l’esercito oltre il fiume.
PREREQUISITI prop. relativa, infinitiva, completiva, prop. concessiva
Prima luce ex superioribus locis, quae Caesaris castris erant coniuncta, cernebatur equitatus nostri proelio novissimos illorum premi vehementer ac nonnumquam sustineri extremum agmen atque interrumpi, alias inferri signa et universarum cohortium impetu nostros propelli, dein rursus conversos insequi. Totis vero castris milites circulari et dolere hostem ex manibus dimitti, bellum non necessario longius duci; centuriones tribunosque militum adire atque obsecrare, ut per eos Caesar certior fieret, ne labori suo neu periculo parceret; paratos esse1 sese, posse et audere ea transire flumen, qua traductus esset equitatus. Quorum studio et vocibus excitatus Caesar, etsi timebat tantae magnitudini fluminis exercitum obicere, conandum tamen atque experiendum2 iudicat. Itaque infirmiores milites ex omnibus centuriis deligi iubet, quorum aut animus aut vires videbantur sustinere non posse. Hos cum legione una praesidio castris relinquit; reliquas legiones expeditas educit magnoque numero iumentorum in flumine supra atque infra constituto traducit exercitum. Pauci ex his militibus abrepti vi fluminis ab equitatu excipiuntur ac sublevantur; interit tamen nemo. 1. paratos esse: sottintendi un verbo di dire, il cui soggetto sono “i soldati”.
V2 Livio
2. conandum tamen atque experiendum: sott. esse; gerundivi con valore di perifrastica, “di dover...”
Iniziativa sfortunata Porsenna, abbandonata la guerra contro Roma, cerca comunque di ottenere una vittoria che gli risparmi le critiche, ma ottiene un esito sfavorevole, tanto che i suoi soldati, pensando di conquistare Ariccia, riparano a Roma e godono dell’ospitalità dei Romani.
PREREQUISITI abl. ass., prop. finale, causale, relativa
Omisso Romano bello Porsenna, ne frustra in ea loca exercitus adductus videretur, cum parte copiarum filium Arruntem Ariciam oppugnatum mittit. Primo Aricinos res necopinata perculerat; arcessita deinde auxilia et a Latinis populis et a Cumis tantum spei fecere, ut acie decernere auderent. Proelio inito, adeo concitato impetu se intulerant Etrusci ut funderent ipso incursu Aricinos: Cumanae cohortes arte adversus vim usae declinavere paululum, effuseque praelatos hostes conversis signis ab tergo adortae sunt. Ita in medio prope iam victores caesi Etrusci. Pars perexigua, duce amisso, quia nullum propius perfugium erat, Romam inermes et fortuna et specie supplicum delati sunt. Ibi benigne excepti divisique in hospitia. Curatis volneribus1, alii profecti domos, nuntii hospitalium beneficiorum: multos Romae hospitum urbisque caritas tenuit. His locus ad habitandum2 datus quem deinde Tuscum vicum appellarunt3. 1. volneribus: arcaismo, in luogo di vulneribus. 2. ad habitandum: gerundio con valore finale, che puoi rendere liberamente “da abitare”.
108
3. appellarunt: forma sincopata di perfetto, in luogo di appellaverunt; conferisce tono arcaico alla lingua.
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
V3 Cesare
Umanissime esitazioni Nonostante le esortazioni dei soldati, Cesare rinuncia ad attaccare, e perde una buona occasione di vincere facilmente, ma traccia di sé il ritratto del comandante scrupoloso, se non vittorioso!
PREREQUISITI prop. infinitiva, causale, interr. diretta, cum narrativo, finale, abl. ass.
Caesar in eam spem venerat, se sine pugna et sine vulnere suorum rem conficere posse, quod re frumentaria adversarios interclusisset. Cur etiam secundo proelio aliquos ex suis amitteret? cur vulnerari pateretur optime de se meritos milites? cur denique fortunam periclitaretur? praesertim cum non minus esset imperatoris consilio superare quam gladio. Movebatur etiam misericordia civium, quos interficiendos videbat1; quibus salvis atque incolumibus rem obtinere malebat. Hoc consilium Caesaris plerisque non probabatur: milites vero palam inter se loquebantur, quoniam talis occasio victoriae dimitteretur, etiam cum vellet Caesar, sese non esse pugnaturos. Ille in sua sententia perseverat et paulum ex eo loco digreditur, ut timorem adversariis minuat. Petreius atque Afranius oblata facultate2 in castra sese referunt. Caesar praesidiis montibus dispositis omni ad Hiberum intercluso itinere quam proxime potest hostium castris castra communit. 1. quos interficiendos videbat (sott. esse): rendi “che vedeva dovevano essere uccisi...”
V4 Seneca
2. oblata facultate: si tratta di un ablativo assoluto; da quale verbo deriva il participio?
Lo spettacolo della natura Anche l’aspetto fisico dell’essere umano dimostra che esso è nato per conoscere la natura e investigarla nelle sue molteplici forme.
PREREQUISITI prop. infinitiva, interrogativa, diretta, indir., periodo ipotetico, finale
Solemus dicere summum bonum esse secundum naturam vivere: natura nos ad utrumque genuit, et contemplationi rerum et actioni. Nunc id probemus quod prius diximus. Quid porro? hoc non erit probatum, si se unusquisque consuluerit quantam cupidinem habeat ignota noscendi, quam ad omnis fabulas excitetur? Navigant quidam et labores peregrinationis longissimae una mercede perpetiuntur cognoscendi1 aliquid abditum remotumque. Haec res ad spectacula populos contrahit, haec cogit praeclusa rimari, secretiora exquirere, antiquitates evolvere, mores barbararum audire gentium. Curiosum nobis natura ingenium dedit et artis sibi ac pulchritudinis suae conscia spectatores nos tantis rerum spectaculis genuit, perditura2 fructum sui, si tam magna, tam clara, tam subtiliter ducta, tam nitida et non uno genere formosa solitudini ostenderet. Ut scias illam spectari voluisse, non tantum aspici, vide quem nobis locum dederit: in media nos sui parte constituit et circumspectum omnium nobis dedit; nec erexit tantummodo hominem, sed etiam habilem contemplationis factura3, ut ab ortu sidera in occasum labentia prosequi posset et vultum suum circumferre cum toto, sublime fecit illi caput et collo flexili inposuit. 1. noscendi... cognoscendi: gerundi in genitivo, riferiti rispettivamente a cupidinem e mercede. 2. perditura: participio futuro, riferito a natura;
rendi “destinata a perdere”. 3. factura: participio futuro, riferito a natura, con valore finale; rendi “per renderlo”. 2 L’infinito e il supino
© Casa Editrice G. Principato
109
V5 Cicerone
Una situazione scandalosa Intorno al 20 maggio del 44 Antonio ritorna a Roma, con migliaia di veterani che aveva reclutato durante il suo viaggio nell’Italia meridionale, e che egli usava come guardia del corpo per intimidire il Senato e il popolo. In questo passo Cicerone fornisce un ampio resoconto di come la presenza di Antonio abbia plasmato gli eventi nel settembre 44.
PREREQUISITI prop. interrogativa diretta, perifrastica passiva, completiva, temporale, causale, infinitiva, abl. ass.
An illa non gravissimis ignominiis monumentisque huius ordinis ad posteritatis memoriam sunt notanda1, quod unus M. Antonius in hac urbe post conditam urbem palam secum habuerit armatos? quod neque reges nostri fecerunt neque ii, qui regibus exactis regnum occupare voluerunt. Cinnam memini, vidi Sullam, modo Caesarem; hi enim tres post civitatem a L. Bruto liberatam2 plus potuerunt quam universa res publica. Non possum adfirmare nullis telis eos stipatos fuisse, hoc dico: nec multis et occultis. At hanc pestem agmen armatorum sequebatur; Cassius, Mustela, Tiro, gladios ostentantes sui similes greges ducebant per forum; certum agminis locum tenebant barbari sagittarii. Cum autem erat ventum ad aedem Concordiae, gradus conplebantur, lecticae conlocabantur, non quod ille scuta occulta esse vellet3, sed ne familiares, si scuta ipsi ferrent, laborarent. Illud vero taeterrimum non modo aspectu, sed etiam auditu, in cella Concordiae conlocari armatos, latrones, sicarios, de templo carcerem fieri, opertis valvis Concordiae, cum inter subsellia senatus versarentur latrones, patres conscriptos sententias dicere. 1. An… notanda: proposizione interrogativa diretta, con forte intonazione retorica: la risposta attesa è positiva; notanda ha come soggetto illa, “non devono essere segnati… questi fatti”.
2. post civitatem… liberatam: il participio è usato come aggettivo, “dopo la liberazione della città”. 3. quod… vellet: proposizione causale con il congiuntivo perché è causa negata, dunque non vera.
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Guardare e vedere Nel passo cesariano Umanissime esitazioni, Cesare, che tende a dare di sé il ritratto di un uomo deciso e coraggioso, sembra esitare sulla decisione da prendere: nutre infatti la speranza, spes, di poter mediare con gli avversari. La parola chiave di questo passo è appunto spes: in latino è molto forte il senso dell’aspettativa, intesa come il guardare avanti verso un obiettivo, inteso più concretamente della speranza come è sentita in italiano, ovvero un sentimento piuttosto indistinto. Il termine contiene in sé la stessa radice che dà luogo al verbo specio, “guardo”, e all’intensivo specto: è dunque connesso all’atto del vedere, e in questo è significativo che la spes sia attribuita a Cesare: una dote imprescindibile dell’uomo politico e del buon militare è infatti anche la prudentia, anch’essa consistente nel saper prevedere, guardare oltre la circostanza presente, in rapporto alle aspettative. Il passo di Seneca ripropone il tema del guardare con diverse sfumature, ma focalizzato sul significato fondamentale,
110
non traslato, del termine. Centrale è il verbo specto, da cui derivano spectaculum, spectatores, circumspectum, oltre a spectari, che è significativamente messo in contrapposizione con adspici: diversi sono l’atto intenzionale del guardare e quello puramente percettivo del vedere. Accanto al guardare, si pone il mostrare, ostendere, che nel passo viene ricondotto all’azione della natura verso l’uomo: Seneca, in questa affermazione, rivela chiaramente di collocare l’uomo al centro della natura stessa, che da esso viene osservata e in questa contemplazione ha pieno fructus sui, realizzazione di sé. Dal verbo specto, con l’assimilazione di ct in tt, derivano i termini “spettatore”, “spettacolo”, “spettacolare”, e dall’omologo spectrum, il nostro “spettro”, ciò che si mostra, appunto! Osserva come in inglese e in francese non opera l’assimilazione, per cui trovi spectator, spectateur. Dalla stessa radice spec deriva in latino species, con riferimento all’aspetto, a “ciò che si vede”: in italiano il significato del termine “specie” è diverso: sai giustificarne il cambiamento? Cosa significa, invece, “specioso”?
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
In teoria
3 Il par ticipio Il participio, pur conservando la natura del nome nel genere, numero e caso, partecipa anche della natura del verbo, perché può esprimere il tempo (presente, passato, futuro) e la diatesi (attiva e passiva). Osserva questa tabella, che riassume la morfologia del participio: verbo
transitivo
transitivo deponente
intransitivo
intransitivo deponente
presente, attivo in tutti i verbi
laudans, che loda, lodante
hortans, che esorta, esortante
veniens, che viene, veniente
proficiscens, che parte, partente
perfetto
laudatus, lodato passivo
hortatus, che ha esortato, avendo esortato, attivo
x
profectus, che è partito, essendo partito, attivo
futuro, attivo in tutti i verbi
laudaturus
hortaturus
venturus
profecturus
Distinguiamo un uso nominale del participio (participio sostantivato, attributivo, predicativo) e un uso verbale (participio congiunto, ablativo assoluto).
1. Participio con valore nominale Il participio può avere valore nominale ed essere sostantivato o attributivo, cioè con valore di sostantivo o di aggettivo: Virtus ac ferocia victorum ingrata est victis, “Il valore e la fierezza dei vincitori sono sgraditi ai vinti (a coloro che sono stati vinti)” Nullum virum petulantem feram, “Non sopporterò alcun uomo insolente” Cicero valde patriae amans fuit, “Cicerone era (lett.: fu) profondamente amante della patria”.
2. Il participio predicativo Il participio può anche svolgere la funzione di nome del predicato in unione con la copula (il verbo sum) o di complemento predicativo del soggetto o dell’oggetto, in dipendenza da verbi di percezione (video, audio ecc.) o causativi (facio, reddo, induco ecc.): Iugurtha iussis vestris oboediens erit, “Giugurta sarà obbediente ai vostri comandi” Audio aliquem dicentem…, “Sento qualcuno dire…” Polyphemum Homerus cum ariete colloquentem facit, Omero fa parlare Polifemo con l’ariete.
3 Il participio © Casa Editrice G. Principato
111
In teoria
3. Il participio congiunto Il participio può essere riferito a qualsiasi elemento della proposizione, per esprimere proposizioni subordinate, di solito temporali, causali o, meno spesso, concessive. In particolare: • il presente esprime azione contemporanea a quella della frase principale: Cervo in rivo bibenti imago sua apparuit, “A un cervo che beveva (lett. bevente) in un ruscello apparve la sua immagine”. Cum Caesare Romam proficiscente amici et propinqui profecti sunt,“Insieme a Cesare che stava partendo (lett.: partente) per Roma partirono amici e parenti”. Caesar proficiscens Romam ultima iussa dedit, “Cesare, partendo per Roma, (quando partiva, mentre partiva), diede gli ultimi ordini”. • il perfetto, con significato passivo nei verbi attivi, attivo nei verbi deponenti, esprime azione anteriore al verbo della principale, e si può tradurre con il participio passato per i verbi transitivi attivi: laudatus, “lodato”; monitus, “ammonito; con il gerundio composto per i verbi deponenti: hortatus, “avendo esortato”, adortus, “avendo aggredito”: Hostes, ab imperatore conspecti, circumdati sunt, “I nemici, avvistati dal comandante, furono circondati”. Miles, vulneratus ab hoste, a pugna recedit, “Il soldato, ferito dal nemico, si ritira dalla battaglia”. Consul, diu moratus, contra hostes movit, “Il console, dopo aver esitato a lungo, muove contro i nemici”.
nota
bene
■ Il participio perfetto è più spesso equivalente a una proposizione causale o temporale; tuttavia talvolta può essere reso con due proposizioni coordinate: Dux Romam misit hostes vinctos, “Il comandante mandò a Roma i nemici presi prigionieri” il comandante catturò i nemici e li mandò a Roma. ■ Osserva inoltre le espressioni: post, ante urbem conditam, captam ecc., “dopo, prima della fondazione, della conquista della città” (lett.: “dopo la città fondata” ecc.). Il participio passato di verbo transitivo attivo ha lo stesso significato in latino e in italiano, perciò può essere mantenuto implicito; ciò vale anche per il participio passato di verbo deponente intransitivo: pulsus, “cacciato”; profectus, “partito”; però: hortatus, “avendo esortato”, aggressus, “avendo aggredito” ecc. Non esiste in latino il participio passato dei verbi intransitivi attivi, se non nella forma impersonale, in espressioni in cui è di solito sottinteso il verbo esse: Ventum (est) ad manus, “Si venne alle mani”.
• il futuro, con significato attivo, esprime un’azione futura o intenzionale rispetto al verbo della principale; esso si trova sia da solo che in unione con la coniugazione del verbo “essere”. Imperator pugnaturus contra hostes milites parat ad bellum, “Il comandante, per combattere contro i nemici, prepara i soldati alla guerra”. Caesar profecturus Romam de rei publicae statu ex amicis quaerebat, “Cesare, sul punto di partire per Roma, si informava dagli amici sulla situazione dello Stato”. Cives quoque pugnaturi erant contra Hannibalem, “Anche i cittadini erano sul punto di combattere contro Annibale”. 112
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
Ex te quaerebam quid acturus esses, “Ti chiedevo cosa avresti fatto”. Omnes putabant cives urbem defensuros esse, “Tutti pensavano che i cittadini avrebbero difeso la città”.
4. La perifrastica attiva È così chiamata una costruzione piuttosto frequente in latino, formata da un participio futuro in unione con il verbo sum per esprimere l’idea di un futuro imminente, l’intenzione o la predestinazione a compiere qualcosa. In italiano si rende con espressioni come “stare per…”, “essere sul punto di…”, “avere intenzione di…”, “essere predestinati a…” seguite dall’infinito presente del verbo: Cum apes evolaturae sunt, consonant vehementer, “Quando le api sono in procinto di levarsi in volo, ronzano forte tutte insieme” Iniuriam qui facturus est, iam facit, “Chi ha intenzione di commettere un’ingiustizia, già l’ha commessa” Quoquo modo nos gesserimus, fiet illud quod futurum est, “In qualunque modo ci comporteremo (lett.: ci saremmo comportati), accadrà ciò che deve accadere”.
5. L’ablativo assoluto L’ablativo assoluto è costituito da un participio congiunto concordato al caso ablativo con un sostantivo, un aggettivo sostantivato o un pronome che ne costituisce il soggetto. Esprime una proposizione subordinata che può assumere valori diversi a seconda del contesto: temporale, causale, concessivo, avversativo, ipotetico. Si chiama assoluto (absolutus, “sciolto”) perché è generalmente privo di legami sintattici con la proposizione reggente; il suo soggetto è diverso dal soggetto della reggente e in essa non sono presenti pronomi riferiti al soggetto dell’ablativo assoluto. Il presente esprime un’azione contemporanea a quella della reggente e ha valore attivo; in italiano si può rendere con il gerundio presente. Il perfetto esprime un’azione anteriore a quella della reggente. Il participio perfetto può essere solo di un verbo deponente intransitivo o attivo transitivo. In italiano si può rendere con un participio passato, un gerundio composto o una subordinata esplicita. Galba, missis ad eum undique legatis, constituit... “Galba, mandati a lui ambasciatori da ogni parte, decise...” Carthagine deleta, “Distrutta Cartagine” (=poiché, dopo che Cartagine fu distrutta...) Mortuo Cesare, “Morto Cesare (= dopo che, poiché) Cesare era morto...” Galli consilium ceperunt ex oppido profugere, hortante et iubente Vercingetorige, “I Galli decisero di fuggire via dall’accampamento su esortazione e comando di Vercingetorige (= esortando e comandando)”
nota
bene
Osserva le forme di ablativo assoluto nominale: Mario consule, “Sotto il consolato di Mario”, Cincinnato dictatore, “Sotto la dittatura di Cincinnato” me invito, “contro la mia volontà”, autore senatu, “per decisione del senato” Polybio auctore, “Sull’autorità di Polibio”. 3 Il participio © Casa Editrice G. Principato
113
In TRADUZIONE pratica 3 M. Belponer
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
Il participio
Versioni V0
Un presente insostenibile
Mentre a Roma la situazione dei catilinari precipita, Caio Manlio, che comanda l’esercito dei rivoltosi, scrive a un senatore, Marcio Re, illustrando i motivi della ribellione.
Sallustio Bellum Catilinae, 33
“Deos hominesque testamur, imperator, nos arma neque contra patriam cepisse neque quo periculum aliis faceremus, sed uti corpora nostra ab iniuria tuta forent, qui miseri, egentes, violentia atque crudelitate faeneratorum plerique patriae, sed omnes fama atque fortunis expertes sumus. Neque cuiquam nostrum licuit more maiorum lege uti, neque amisso patrimonio liberum corpus habere: tanta saevitia faeneratorum atque praetoris fuit. Saepe maiores vostrum, miseriti plebis Romanae, decretis suis inopiae eius opitulati sunt; ac novissume memoria nostra propter magnitudinem aeris alieni volentibus omnibus bonis argentum aere solutum est. Saepe ipsa plebs, aut dominandi studio permota aut superbia magistratuum armata, a patribus secessit. At nos non imperium neque divitias petimus, quarum rerum causa bella atque certamina omnia inter mortalis sunt, sed libertatem, quam nemo bonus nisi cum anima simul amittit. Te atque senatum obtestamur: consulatis miseris civibus, legis praesidium, quod iniquitas praetoris eripuit, restituatis neve nobis eam necessitudinem inponatis, ut quaeramus, quonam modo maxume ulti sanguinem nostrum pereamus!”
TRADUZIONE Lidia Storoni Mazzolani
“Chiamiamo a testimoni gli dei e gli uomini, imperator, che non abbiamo preso le armi contro la patria né vogliamo far male ad alcuno, ma per difenderci dalle ingiustizie: siamo sventurati, stretti dal bisogno. Gli usurai esosi, inesorabili, hanno tolto a molti di noi la patria, a tutti l’onore e le sostanze. A nessuno è stato concesso di fruire della legge in base alla quale, secondo l’uso degli avi nostri, chi aveva perduto il patrimonio restava libero: tanta fu la crudeltà degli usurai e del pretore. I vostri antenati, presi da pietà per la plebe di Roma, spesso con i loro decreti vennero incontro ai suoi bisogni; anche recentemente, a memoria nostra, l’entità dei debiti fu tale che, con il consenso di tutti gli ottimati, il debito d’argento fu pagato in bronzo. Spesso la plebe, desiderosa d’esercitare il potere o esasperata per la durezza dei magistrati, prese le armi o fece secessione dai patrizi: ma noi non vogliamo il governo dello stato né le ricchezze, che sempre suscitano guerre e conflitti tra gli uomini. Vogliamo la libertà: la libertà, che un vero uomo non perde se non con la vita. Imploriamo te e e il senato, provvedete ai vostri concittadini più bisognosi, rendete loro la protezione della legge, non ci costringete a cercare in che modo morire, facendo la più tremenda vendetta del nostro sangue”.
114
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Qual è il motivo prossimo della rivolta, secondo quanto viene affermato da Caio Manlio?
La morfosintassi
2. miseriti plebis Romanae: da quale verbo deriva questo participio? Quale caso regge? 3. ulti: da quale verbo deriva? Con quale esatto significato in questo contesto?
Lo stile
4. Il passo riportato costituisce, nel contesto dell’opera da cui è tratto, un’accorata esortazione rivolta a un senatore, ma in realtà al Senato nel suo complesso, affidata a una lettera dai toni accesi, che, nello stesso tempo, mira a difendere i congiurati dall’accusa di aver tramato contro lo Stato. Perciò è caratterizzata dai toni enfatici, dall’invocazione rivolta agli uomini e agli dei, in prima persona, e dalla rievocazione degli esempi degli antichi: il mos maiorum è il cuore dell’argomentazione. Caratterizzano il testo i frequenti arcaismi della lingua, tipici di Sallustio: uti, forent, novissume, inponatis, maxume; sono inoltre ricorrenti i termini astratti, che culminano nell’evocazione della Libertas, significativamente connessa alla vita, definita quasi poeticamente anima. Osserva inoltre la forte trama retorica: l’endiadi violentia atque crudelitate, quindi la successiva fama atque fortunis, sottolineata anche dall’allitterazione, la simmetria decretis suis/ inopiae eius. Il passo si conclude con l’esortazione rivolta direttamente ai senatori, con la seconda persona plurale, un Voi sottinteso, ma anticipato da te atque senatum, che si contrappone, in chiusura, al nos esplicito, in una sorta di drammatica corrispondenza tra le parti.
Il lessico
5. La lingua di Sallustio fa spesso ricorso a termini astratti: osserva in questo passo violentia, in luogo del generico vis, costruito in endiadi con crudelitate, e ripreso successivamente da saevitia, da superbia, da iniquitas, dall’accenno al desiderio di dominio, dominandi, un termine in sé negativo, perché contrapposto implicitamente all’imperium, il legittimo potere. Infine la meta dei congiurati è astratta, la libertas, che è evocata insieme alla vita, in un nesso insolubile: non si può perdere la libertà e non rinunciare anche alla vita, se si è uomini buoni (nemo bonus), nel senso di coraggiosi, di valore. Nell’ultima parte del passo domina il lessico poetico: anima per vita, mortales per homines, per culminare nell’evocazione del sangue (sanguinem) metafora della morte.
3 Il participio © Casa Editrice G. Principato
115
V1 Eutropio
La pace fallita I tentativi di pace danno esito negativo, quindi Annibale riprende la guerra, cui Scipione risponde alleandosi con Massinissa.
PREREQUISITI cum narrativo, prop. relativa, inifinitiva, finale
Interim Hannibale veniente ad Africam pax turbata est, multa hostilia ab Afris facta sunt. Legati tamen eorum ex urbe venientes a Romanis capti sunt, sed iubente Scipione dimissi. Hannibal quoque frequentibus proeliis victus a Scipione petit etiam ipse pacem. Cum ventum esset ad colloquium, isdem condicionibus data est, quibus prius, additis quingentis milibus pondo argenti centum milibus librarum propter novam perfidiam. Carthaginiensibus condiciones displicuerunt iusseruntque Hannibalem pugnare. Infertur a Scipione et Masinissa, alio rege Numidarum, qui amicitiam cum Scipione fecerat, Carthagini bellum. Hannibal tres exploratores ad Scipionis castra misit, quos captos Scipio circumduci per castra iussit ostendique his totum exercitum, mox etiam prandium dari dimittique, ut renuntiarent Hannibali quae apud Romanos vidissent.
V2 Plinio il Vecchio
Lode alla terra Di tutti gli elementi, la terra è quello più benevolo rispetto all’uomo, perché lo nutre, lo sostiene e lo alimenta in tutta la vita, fino ad abbracciarlo nella morte.
PREREQUISITI prop. relativa, inifinitiva
Terra, cui uni rerum naturae partium eximia propter merita cognomen indidimus maternae nascentes excipit, natos alit semelque editos et sustinet semper, novissime conplexa gremio iam a reliqua natura abdicatos, tum maxime ut mater operiens, nullo magis sacra merito quam quo nos quoque sacros facit1, etiam monimenta ac titulos gerens nomenque prorogans nostrum et memoriam extendens contra brevitatem aevi, cuius numen ultimum iam nullis precamur irati grave2, tamquam nesciamus3 hanc esse solam quae numquam irascatur homini. Aquae subeunt in imbres, rigescunt in grandines, tumescunt in fluctus, praecipitantur in torrentes, aer densatur nubibus, furit procellis: at haec benigna, mitis, indulgens ususque mortalium semper ancilla, quae coacta generat, quae sponte fundit, quos odores saporesque, quos sucos, quos tactos, quos colores! quam bona fide creditum faenus reddit! quae nostra causa alit! 1. nullo... merito quam quo... facit: “sacra per nessun altro merito più che per quello a causa del quale... ” 2. cuius ... grave: intendi grave come predicativo
116
di numen: “il cui nume estremo invochiamo come un peso.” 3. tamquam nesciamus: proposizione comparativa ipotetica, rendi “come se non sapessimo...”
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
V3 Cesare
Due colpi di fortuna In un momento di esitazione della flotta, per ben due volte il vento cambia a favore della navigazione e si rivela un naturale, prezioso alleato dei marinai cesariani.
PREREQUISITI cum narrativo, prop. relativa, infinitiva, finale, protasi irreale
Quibus rebus permotus Caesar Brundisium ad suos severius scripsit, nacti idoneum ventum ne occasionem navigandi1 dimitterent, sive ad litora Apolloniatium sive ad Labeatium cursum dirigere atque eo naves eicere possent. [...] Illi adhibita audacia et virtute administrantibus M. Antonio et Fufio Caleno, multum ipsis militibus hortantibus neque ullum periculum pro salute Caesaris recusantibus nacti austrum naves solvunt atque altero die Apolloniam praetervehuntur. Qui cum essent ex continenti visi, Coponius, qui Dyrrachii classi Rhodiae praeerat, naves ex portu educit, et cum iam nostris remissiore vento appropinquasset2, idem auster increbuit nostrisque praesidio fuit. Neque vero ille ob eam causam conatu desistebat, sed labore et perseverantia nautarum etiam vim tempestatis superari posse sperabat praetervectosque Dyrrachium magna vi venti nihilo secius sequebatur. Nostri usi fortunae beneficio tamen impetum classis timebant, si forte ventus remisisset. Nacti portum, qui appellatur Nymphaeum, ultra Lissum milia passuum III, eo naves introduxerunt (qui portus ab Africo tegebatur, ab austro non erat tutus) leviusque tempestatis quam classis periculum aestimaverunt. Quo simulatque introitum est, incredibili felicitate auster, qui per biduum flaverat, in Africum se vertit. 1. occasionem navigandi: gerundio in genitivo; rendi “l’opportunità di navigare.”
V4 Irzio
2. appropinquasset: forma sincopata per appropinquavisset.
Ingresso di Cesare in Alessandria Cesare entra in Alessandria dalla parte della città che sa appartenergli già e convince alla resa i cittadini ancora ostili.
PREREQUISITI prop. relativa, completiva, infinitiva
Re felicissime celerrimeque gesta Caesar magnae victoriae fiducia proximo terrestri itinere Alexandream cum equitibus contendit atque ea parte oppidi victor introiit quae praesidio hostium tenebatur. Neque eum consilium suum fefellit quin1 hostes eo proelio audito nihil iam de bello essent cogitaturi. Dignum adveniens fructum virtutis et animi magnitudinis tulit: omnis enim multitudo oppidanorum armis proiectis munitionibusque suis relictis, veste ea sumpta qua supplices dominantis2 deprecari consuerunt, sacrisque omnibus prolatis quorum religione precari offensos iratosque animos regum erant soliti, advenienti Caesari occurrerunt seque ei dediderunt. Caesar in fidem receptos consolatus per hostium munitiones in suam partem oppidi magna gratulatione venit suorum, qui non tantum bellum ipsum ac dimicationem sed etiam talem adventum eius felicem fuisse laetabantur. 1. Neque eum consilium suum fefellit quin...: costruzione impersonale, rendi “e in quella sua decisione era certo che...”.
2. dominantis: forma arcaica per dominantes.
3 Il participio © Casa Editrice G. Principato
117
V5 Cicerone
Una saggia scelta Dopo aver conquistato Albalonga, Romolo fonda Roma, scegliendo in modo accurato il luogo della fondazione.
PREREQUISITI nomin. e infinitivo, prop. relativa, finale, infinitiva, causale, temporale, interr. indiretta
Qua gloria parta urbem auspicato condere et firmare dicitur (Rolumus) primum cogitavisse rem publicam. Urbi autem locum, quod est ei qui diuturnam rem publicam serere conatur diligentissime providendum1, incredibili opportunitate delegit. Neque enim ad mare admovit, quod ei fuit illa manu copiisque facillimum, ut in agrum Rutulorum Aboriginumve procederet, aut in ostio Tiberino, quem in locum multis post annis rex Ancus coloniam deduxit, urbem ipse conderet, sed hoc vir excellenti providentia sensit ac vidit, non esse opportunissimos situs maritimos urbibus eis quae ad spem diuturnitatis conderentur atque imperii, primum quod essent urbes maritimae non solum multis periculis oppositae sed etiam caecis. Nam terra continens adventus hostium non modo expectatos sed etiam repentinos multis indiciis et quasi fragore quodam et sonitu ipso ante denuntiat, neque vero quisquam potest hostis advolare terra, quin eum non modo adesse sed etiam quis et unde sit scire possimus2. Maritimus vero ille et navalis hostis ante adesse potest quam quisquam venturum esse suspicari queat, nec vero cum venit prae se fert aut qui sit aut unde veniat aut etiam quid velit, denique ne nota quidem ulla, pacatus an hostis sit, discerni ac iudicari potest. 1. est ei qui... providendum: rendi “cosa che deve curare colui che...”.
2. quin... possimus: proposizione completiva; rendi “senza che possiamo...”.
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Le parole della città Nell’ultimo passo riportato si leggono le osservazioni inerenti la fondazione della città, urbs, e soprattutto la scelta del luogo in cui essa deve sorgere. Il termine urbs è di origine sconosciuta, forse deriva dall’etrusco, e corrisponde al termine greco ástu, che indicava la città alta, nella quale erano riuniti gli edifici religiosi e istituzionali. In latino l’urbs indica l’insieme degli edifici che costituiscono la città, di cui può far parte un oppidum, cioè una parte fortificata, che talvolta designa anche piccoli agglomerati urbani, anche definiti vici. Il termine greco che definisce la città, pólis, conservato in italiano nell’aggettivo “politico”, non ha esatta
118
corrispondenza in latino. Il termine che allude alla stessa realtà della pólis è civitas, che indica l’insieme dei cittadini, cives, da cui deriva l’aggettivo civilis, -e che indica specificamente le caratteristiche connesse all’esercizio della cittadinanza, da cui per esempio, Ius civile, “diritto civile”. Se l’aggettivo civilis, -e è legato soprattutto alle istituzioni della città, l’aggettivo che deriva da urbs, urbanus, designa in particolare colui che vive in città, in contrapposizione al rusticus, che abita il rus, la campagna. La derivazione da urbs ricorre nei linguaggi specifici: così urbanistica è la scienza che studia la struttura e le articolazioni delle città, mentre urbanesimo è il fenomeno storico della formazione delle città stesse, conseguente all’inurbamento.
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
In teoria
4 Gerundio, gerundivo e perifrastica passiva 1. Il gerundio Il gerundio latino è una forma nominale del verbo, che corrisponde all’infinito sostantivato, si declina quindi come un sostantivo della seconda declinazione a partire dal genitivo per completare la declinazione dell’infinito: genitivo dativo accusativo
ablativo
studium proficiscendi, “desiderio di partire” tempus aptum arando, “stagione adatta ad arare” proficisci (infinito) valde cupio, “desidero molto partire”; legati ad colloquendum venerunt, “legati vennero per parlare” (con valore finale) pugnando urbes capiuntur, “combattendo si conquistano le città”.
2. Il gerundivo Il gerundivo ha anch’esso declinazione nominale, come aggettivo verbale con valore passivo, che implica un’idea di necessità. Si declina come un aggettivo della prima classe: i coniugazione ii coniugazione iii coniugazione iv coniugazione
laudandus, -a, -um monendus, -a, -um legendus, -a, -um vestiendus, -a, -um
Il gerundivo si trova usato da solo o in unione con la coniugazione del verbo esse; se è usato da solo equivale all’infinito sostantivato accompagnato da un complemento oggetto, che in latino è concordato con il gerundivo: Cupidus amici videndi, “Desideroso di vedere l’amico”. Si trova sempre il gerundivo (accompagnato da un sostantivo ad esso concordato) nei casi dativo, accusativo con preposizione, ablativo con preposizione; negli altri casi si trova anche il gerundio, accompagnato dall’accusativo. Perciò troverai: gen. dat. acc. abl. semplice abl. con prep.
cupidus videndi amici / videndi amicum, “desideroso di vedere l’amico” tempus aptum agris arandis, “periodo adatto ad arare i campi” veni ad videndum socium, “venni a vedere l’alleato” peritus fit cognoscendo iure / cognoscendo ius, “diventa esperto conoscendo il diritto” cecidit in servanda re publica, “cadde nel salvare lo Stato” 4 Gerundio, gerundivo e perifrastica passiva © Casa Editrice G. Principato
119
nota
bene
Il gerundivo in sé, impiegato senza il verbo esse, non ha significato passivo, ma equivale a un infinito sostantivato come il gerundio: decemviri legibus scribendis, “triumviri per scrivere le leggi”, con valore di dativo di fine; Tuttavia, in alcune espressioni, soprattutto all’accusativo, indica un’azione da fare, che è affidata a qualcuno: Caesar pontem reficiendum curavit, “Cesare si occupò del ponte da ricostruire”: questo tipo di gerundio si definisce causativo. Gli ablativi di causa, causa e gratia, seguiti dal genitivo del gerundivo esprimono una proposizione finale implicita: sui servandi causa, urbis delendae gratia, “per salvarsi”, “per distruggere la città”
3. La perifrastica passiva Il gerundivo, in unione con la coniugazione di esse, esprime idea di dovere e ha valore passivo, perciò può essere accompagnato dal complemento di agente, che viene espresso con il dativo: Res publica nobis servanda est, “Lo Stato deve essere salvato da noi” = “Noi dobbiamo salvare lo Stato”. Se c’è un complemento di causa efficiente, è di norma espresso in ablativo semplice. Res publica defendenda est etiam plebe, “Lo Stato deve essere difeso anche dalla plebe”. Se nella frase c’è un altro dativo che può generare confusione, il complemento d’agente si esprime normalmente con a/ab + ablativo: Tibi a me gratia reddenda est, “A te da me si deve rendere grazie” “Io ti devo rendere grazie”.
120
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
In TRADUZIONE pratica 4 Gerundio, gerundivo M. Belponer
e perifrastica passiva
Versioni TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
Una guerra irrinunciabile
In occasione della guerra contro Mitridate, che minacciava di costituire un potente regno avversario dei Romani, Cicerone pronunciò la sua prima orazione, per convincere il Senato ad affidare a Pompeo il comando della guerra.
Cicerone De imperio Cn. Pomp. 6
Causa quae sit videtis: nunc quid agendum sit considerate. Primum mihi videtur de genere belli, deinde de magnitudine, tum de imperatore deligendo esse dicendum. Genus est belli eius modi, quod maxime vestros animos excitare atque inflammare ad persequendi studium debeat: in quo agitur populi Romani gloria, quae vobis a maioribus cum magna in omnibus rebus tum summa in re militari tradita est; agitur salus sociorum atque amicorum, pro qua multa maiores vestri magna et gravia bella gesserunt; aguntur certissima populi Romani vectigalia et maxima, quibus amissis et pacis ornamenta et subsidia belli requiretis; aguntur bona multorum civium, quibus est a vobis et ipsorum et rei publicae causa consulendum.
TRADUZIONE Maria Belponer
Il motivo di questa guerra sta davanti ai vostri occhi: considerate ora cosa sia doveroso fare. Innanzitutto mi sembra necessario illustrare il tipo di guerra, quindi la gravità di essa, infine ritengo indispensabile riflettere sulla scelta di chi ne assumerà il comando. È una guerra in grado di incitare il vostro animo e di scatenarvi a portarla a termine: in essa è il gioco la gloria del popolo romano, che vi è stata lasciata in eredità dai vostri antenati, grande gloria in tutti gli ambiti, ma somma nell’attività militare; è in gioco la salvezza degli alleati e degli amici, a difesa della quale i vostri antenati combatterono grandi e impegnative guerre; sono in gioco le indiscutibili entrate fiscali del popolo romano, e di ingente entità; se le perderete, rimpiangerete i vantaggi della pace e l’aiuto in guerra; sono in gioco i beni di molti cittadini, dei quali dovete farvi carico per il loro stesso bene e per il bene dello Stato.
4 Gerundio, gerundivo e perifrastica passiva © Casa Editrice G. Principato
121
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Con quali motivazioni Cicerone sostiene la necessità della guerra?
La morfo-sintassi
2. quid agendum sit, dicendum esse: si tratta di due costruzioni perifrastiche passive; perché hanno il verbo rispettivamente al congiuntivo e all’infinito? 3. de imperatore deligendo: di che costruzione si tratta? Che complemento introduce? 4. quibus est... consulendum: in questa perifrastica il complemento d’agente è espresso con a e ablativo, anziché con il dativo semplice: sai spiegare perché?
Lo stile
5. Il passo rapprenta una vivace esortazione di Cicerone ad affidare il comando della guerra contro il re del Ponto, Mitridate; osserva come i toni siano accesi, segnati dall’imperativo, considerate, dalle costruzioni con il gerundivo, che esprimono la necessità ineludibile, e dalla gradazione dei termini. L’elenco che presenta lo schema dell’argomentazione è introdotto dalle congiuzioni spesso ricorrenti in Cicerone in questi casi, primum, deinde, tum, che scandiscono i sostantivi, e dalla sottolineatura costituita dall’anafora di de, che introduce il complemento di argomento, ed è ripreso in allitterazione (de, deinde, deligendo). Infine è significativo il ricorso all’exemplum degli antenati, dei quali si ricorda l’eredità di gloria, cui segue la menzione della salus, la “salvezza”, bene irrinunciabile, quindi il riferimento ai vantaggi materiali, vectigalia e bona, le entrate provenienti dall’Oriente e i beni dei cittadini, ricordati per ultimi, ma non per questo meno significativi, perché chiudono la rassegna.
Il lessico
6. Un uso curioso, ma giustificato dall’enfasi del discorso, è il traslato inflammare, che applica un concetto del tutto concreto alla necessità retorica del contesto, rincarata dal successivo ad studium, che vale come “passione”, “desiderio”, “impegno”: una necessità ineludibile legata alla salvezza dello Stato. Salus significa in latino appunto “salvezza”, e non “salute”, che equivale a valetudo, e da questo termine deriva l’aggettivo salutaris, -e, che designa in latino ciò “che dà la salvezza”, mentre in italiano indica di solito ciò “che fa bene”, “che giova”, mantenendo la differente accezione del sostantivo.
122
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
V1 Irzio
Una flotta miracolosa! Gli Alessandrini riescono in pochissimo tempo a ricostruire una flotta, contro l’aspettativa di tutti.
PREREQUISITI prop. relativa
Erant omnibus ostiis Nili custodiae exigendi portorii causa dispositae; naves veteres erant in occultis regiae navalibus, quibus multis annis ad navigandum non erant usi: has reficiebant, illas Alexandream revocabant. Deerant remi: porticus, gymnasia, publica aedificia detegebant, asseres remorum usum obtinebant; aliud naturalis sollertia, aliud urbis copia sumministrabat. Postremo non longam navigationem parabant, sed praesentis temporis necessitati serviebant et in ipso portu confligendum videbant. Itaque paucis diebus contra omnium opinionem quadriremis XXII, quinqueremis V confecerunt; ad has minores apertasque compluris adiecerunt et in portu periclitati remigio quid quaeque earum efficere posset idoneos milites imposuerunt seque ad confligendum omnibus rebus paraverunt.
V2 Cicerone
I tempi sono maturi per misure durissime Cicerone esorta il Senato a prendere le misure più dure contro i catilinari, e soprattutto contro Lentulo, che ha tradito il buon nome della sua famiglia, sovvertendo il luminoso esempio di un suo avo, che aveva difeso la patria dall’attacco dei Gracchi.
PREREQUISITI prop. finale, infinitiva, completiva, relativa
Illo tempore huius avus Lentuli, vir clarissimus, armatus Gracchum est persecutus. Ille etiam grave tum vulnus accepit, ne quid de summa re publica deminueretur1; hic ad evertenda rei publicae fundamenta Gallos accersit, servitia concitat, Catilinam vocat, adtribuit nos trucidandos Cethego et ceteros civis interficiendos Gabinio, urbem inflammandam Cassio, totam Italiam vastandam diripiendamque Catilinae. Vereamini censeo, ne in hoc scelere tam immani ac nefando nimis aliquid severe statuisse videamini; multo magis est verendum, ne remissione poenas crudeles in patriam quam ne severitate animadversionis nimis vehementes in acerbissimos hostis fuisse videamur2. Sed ea, quae exaudio, patres conscripti, dissimulare non possum. Iaciuntur enim voces, quae perveniunt ad auris meas eorum, qui vereri videntur3, ut habeam satis praesidii ad ea, quae vos statueritis hodierno die, transigunda. Omnia et provisa et parata et constituta sunt, patres conscripti, cum mea summa cura atque diligentia, tum etiam multo maiore populi Romani ad summum imperium retinendum et ad communes fortunas conservandas voluntate. 1. ne... deminueretur: proposizione finale negativa; rendi liberamente “perché non fosse danneggiato il cuore dello Stato”.
2. ne... videamini... videamur: rendi “che sembri che voi... che noi...”. 3. qui vereri videntur: qui equivale ad aliqui; rendi “alcuni sembrano temere...”.
4 Gerundio, gerundivo e perifrastica passiva © Casa Editrice G. Principato
123
V3 Sallustio
Scontro diretto Mentre la città è profondamente turbata e avverte il pericolo incombente, in senato si consuma lo scontro definitivo tra Cicerone, che pronuncia la sua prima Catilinaria, e Catilina stesso, che in seguito abbandonerà la città.
PREREQUISITI prop. relativa, concessiva, comparativa ipotetica, temporale, completiva, consecutiva, abl. ass., cum narrativo, inf. storico
Ex summa laetitia atque lascivia, quae diuturna quies pepererat, repente omnis tristitia invasit: festinare, trepidare, neque loco neque homini cuiquam satis credere, neque bellum gerere neque pacem habere, suo quisque metu pericula metiri. Ad hoc mulieres, quibus rei publicae magnitudine belli timor insolitus incesserat, afflictare sese, manus supplices ad caelum tendere, miserari parvos liberos, rogitare omnia, omni rumore pavere, arripere omnia superbia atque deliciis omissis, sibi patriaeque diffidere. At Catilinae crudelis animus eadem illa movebat, tametsi praesidia parabantur et ipse lege Plautia interrogatus erat ab L. Paulo. Postremo dissimulandi causa aut sui expurgandi, sicut iurgio lacessitus foret, in senatum venit. Tum M. Tullius consul, sive praesentiam eius timens sive ira commotus, orationem habuit luculentam atque utilem rei publicae, quam postea scriptam edidit. Sed ubi ille assedit, Catilina, ut erat paratus ad dissimulanda omnia, demisso vultu, voce supplici postulare a patribus coepit, ne quid de se temere crederent: ea familia ortum, ita se ab adulescentia vitam instituisse, ut omnia bona in spe haberet; ne existimarent sibi, patricio homini, [...] perdita re publica opus esse, cum eam servaret M. Tullius, inquilinus civis urbis Romae.
V4 Seneca
L’uomo è parte di un ordine armonioso Seneca preferisce ricordare agli uomini che fanno parte di una natura armoniosa, in cui tutte le componenti sono ordinatamente legate, piuttosto che elencare dei precetti di comportamento.
PREREQUISITI prop. infinitiva, relativa, interr. dir., interr. indir., completiva, cum narrativo
Primus est deorum cultus deos credere; deinde reddere illis maiestatem suam, reddere bonitatem sine qua nulla maiestas est; scire illos esse qui praesident mundo, qui universa vi sua temperant, qui humani generis tutelam gerunt interdum incuriosi singulorum. Hi nec dant malum nec habent; ceterum castigant quosdam et coercent et inrogant poenas et aliquando specie boni puniunt. Vis deos propitiare? bonus esto. Satis illos coluit quisquis imitatus est. Ecce altera quaestio, quomodo hominibus sit utendum. Quid agimus? quae damus praecepta? Ut parcamus sanguini humano? quantulum est ei non nocere cui debeas prodesse! Magna scilicet laus est si homo mansuetus homini est. Praecipiemus ut naufrago manum porrigat, erranti viam monstret, cum esuriente panem suum dividat? Quare omnia quae praestanda ac vitanda sunt dicam? cum possim breviter hanc illi formulam humani offici tradere: omne hoc quod vides, quo divina atque humana conclusa sunt, unum est; membra sumus corporis magni. Natura nos cognatos edidit, cum ex isdem et in eadem gigneret; haec nobis amorem indidit mutuum et sociabiles fecit. Illa aequum iustumque composuit; ex illius constitutione miserius est nocere quam laedi; ex illius imperio paratae sint iuvandis manus. 124
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
V5 Valerio Massimo
La disciplina militare innanzitutto Nemmeno i meriti acquisti sul campo consentono di attribuirsi titoli che non sono stati assegnati dal Senato secondo le regole.
PREREQUISITI prop. relativa, causale, cum narrativo, nesso relativo, perifrastica passiva
Sed tempus est eorum quoque mentionem fieri, quae iam non a singulis, verum ab universo senatu pro militari more obtinendo defendendoque administrata sunt. L. Marcius tribunus militum, cum reliquias duorum exercituum Publi et Gnaei Scipionum, quos arma Punica in Hispania absumpserant, dispersas mira virtute collegisset earumque suffragiis dux esset creatus, senatui de rebus actis a se scribens in hunc modum orsus est: ‘L. Marcius pro praetore’. Cuius honoris1 usurpatione uti eum patribus conscriptis non placuit, quia duces a populo, non a militibus creari solerent. Quo tempore2 tam iniusto, tam gravi propter inmane rei publicae damnum etiam tribunus militum adulandus erat3, quoniam quidem ad statum totius civitatis corrigendum unus suffecerat. Sed nulla clades, nullum meritum valentius militari disciplina fuit. 1. Cuius honoris: rendi come nesso relativo, “di questo onore”. 2. Quo tempore: anche questo può essere inteso come nesso relativo, “e in questa circostanza…”
3. adulandus erat: l’indicativo equivale qui a un condizionale italiano, “sarebbe stato da…”
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Le parole della guerra Il passo d’apertura, nel quale Cicerone sostiene la necessità della guerra contro Mitridate e consiglia vivamente di affidarne il comando a Pompeo, consente di verificare una sorta di paradosso: la pace dei Romani, o meglio i vantaggi di essa, ornamenta pacis, dipendono sostanzialmente dalla guerra, strumento di difesa, ma anche di conservazione dei privilegi dei Romani stessi e degli alleati. Si tratta del ruolo della guerra “preventiva”, ma anche della capacità di reagire in modo fermo e determinato a situazioni di tensione che potevano sorgere tra gli alleati, o ai confini del regno, e quindi di impostare il dominio in modo tale da evitare alleanze reciproche tra gli alleati di Roma. A questo proposito, Roma varò il famoso sistema del divide et impera, che tendeva a legare a sé gli alleati con trattati e condizioni diverse, in modo da frammentare le loro aspirazioni e impedire appunto unioni pericolose. Questo paradossale equilibrio di pace e guerra è in un certo senso sancito anche dal poeta Virgilio, che nel vi libro dell’Eneide fa pronunciare ad Anchise il famoso “consiglio” su cui Roma dovrà basare il suo impero: “tu regere imperio populos, Romane, memento; hae tibi erunt artes; pacisque imponere morem, parcere subiectis, et debellare superbos” (vv. 851-853: “Tu ricorda, o Romano, di dominare i popoli; queste saranno
le tue arti; stabilire la norma della pace, risparmiare i popoli sottomessi e debellare coloro che si ribellano”). Come si vede, la pace deve essere imposta e la guerra è lo strumento fondamentale di questa imposizione, come emerge chiaramente dal verbo debellare, ma anche dall’impiego di imponere e di imperio, qui inteso nel senso del comando, del potere che si esercita con le armi. Si vis pacem, para bellum: è il proverbio, desunto dall’Epitome rei militaris di Vegezio, non proprio edificante, che ancora si sente ripetere, e coglie appieno il senso della guerra preventiva, come emerge nel passo ciceroniano da cui siamo partiti; esso riflette un sentimento e un pensiero diffuso nel mondo latino, confermato da un’altrettanto sintetica e proverbiale affermazione di Cornelio Nepote, “Paritur pax bello”, contenuta nella Vita di Epaminonda, famoso condottiero tebano. Il termine italiano guerra, che traduce bellum, è di incerta derivazione, forse risale all’antico franco o al germanico, non è comunque attestato in lingua latina. Osserva però che da bellum deriva l’aggettivo bellico, bellicoso, il participio belligerante, che ricalca addirittura l’espressione bellum gerere; dal termine greco pólemos, di uguale significato, derivano polemico, polemizzare ecc., mentre il termine guerra è meno “produttivo”: è vero che esistono guerresco e guerreggiare, ma sono poco usati e sostituiti con sinonimi più usuali. 4 Gerundio, gerundivo e perifrastica passiva
© Casa Editrice G. Principato
125
In teoria
5 Le proposizioni subordinate 1. Proposizioni temporali Cum, ubi + indicativo e ut + indicativo Esprimono una circostanza di tempo reale: Cum (ubi) consul signum pugnae dedit, hostes fugerunt, “Quando il console diede il segnale di battaglia, i nemici fuggirono”. Ut Romanos viderunt, hostes fugerunt, “Non appena videro i Romani, i nemici fuggirono”. Dum + indicativo presente Dum esprime contemporaneità rispetto al verbo della frase principale, quindi se in questa trovi un tempo storico, il presente della subordinata temporale va espresso con un imperfetto: Dum haec geruntur, qui erant in agris reliqui discesserunt, “Mentre si facevano queste cose, quelli che erano rimasti nei campi si allontanarono”. Postquam, priusquam, antequam + indicativo, per indicare una circostanza reale: Postquam Catilina Roma excesserat, Cicero coniuratos incusavit, “Dopo che Catilina era uscito da Roma, Cicerone accusò i congiurati”. Postquam, priusquam, antequam + congiuntivo per una circostanza possibile: Hunc (locum) celeriter, priusquam ab adversariis sentiatur, communit, “Fortifica questo luogo rapidamente, prima che i nemici se ne accorgano”. (Cesare)
2. Proposizioni causali Quod, quia, quoniam + indicativo, ad esprimere la causa reale. Caesar Galliam cepit quoniam (quod, quia) magnum imperium exoptabat, “Cesare conquistò la Gallia poiché desiderava un grande potere”. Quod, quia, quoniam + congiuntivo, ad esprimere la causa pensata o riportata come motivazione altrui: Plato “escam malorum” appellat voluptatem, quod ea videlicet homines capiantur ut pisces, “Platone definisce il piacere ‘esca del mali’ perché evidentemente gli uomni si fanno catturare da essa come pesci”.
3. Proposizioni comparative Ut + indicativo, spesso in correlazione con sic: Pueri in schola se gerunt sic ut viri labores cotidie agitant, “I ragazzi si comportano a scuola così come gli uomini ogni giorno affrontano le attività”. 126
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
In TRADUZIONE pratica 5 M. Belponer
Le proposizioni subordinate
Esercizi e Versioni 1.
Traduci le seguenti frasi e classifica le proposizioni subordinate.
1. Simul atque de Caesaris legionumque adventu cognitum est, Cingetorix ad eum venit. (Ces.) 2. Alcibiades, simul ac se remiserat, intemperans reperiebatur. (Nep.) 3. Hannibal, posteaquam in Hispaniam venit, magnas res secunda gessit fortuna. (Nep.) 4. Legati Romam redeunt haud ita multo postquam consules in provincias profecti erant (Liv.) 5. Ante videmus fulgorem quam sonum audimus (Sen.) 6. Antequam de accusatione dico, de accusatorum spe pauca dicam (Cic) 7. Dum ea Romani parant consultantque, iam Saguntum summa vi oppugnabatur (Liv.) 8. Homines dum docent discunt (Sen.) 9. Caesar in Illyricum proficiscitur, quod a Pirustis finitimam partem provinciae incursionibus vastari audiebat. (Ces.) 10. Morieris non quia aegrotas, sed quia vivis (Sen.)
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
Il vir non è toccato dal male
Seneca affronta il problema delle avversità che toccano l’uomo virtuoso: in realtà esse non sono tali, perché il vir le considera prove di virtù.
Seneca De providentia 2, 1-4
‘Quare multa bonis viris adversa eveniunt? ‘Nihil accidere bono viro mali potest: non miscentur contraria. Quemadmodum tot amnes, tantum superne deiectorum imbrium, tanta medicatorum vis fontium non mutant saporem maris, ne remittunt quidem, ita adversarum impetus rerum viri fortis non vertit animum: manet in statu et quidquid evenit in suum colorem trahit; est enim omnibus externis potentior.Nec hoc dico, non sentit illa, sed vincit, et alioqui quietus placidusque contra incurrentia attollitur. Omnia adversa exercitationes putat. Quis autem, vir modo et erectus ad honesta, non est laboris adpetens iusti et ad officia cum periculo promptus? Cui non industrio otium poena est? Athletas videmus, quibus virium cura est, cum fortissimis quibusque confligere et exigere ab iis per quos certamini praeparantur ut totis contra ipsos viribus utantur; caedi se vexarique patiuntur et, si non inveniunt singulos pares, pluribus simul obiciuntur.Marcet sine adversario virtus: tunc apparet quanta sit quantumque polleat, cum quid possit patientia ostendit.
TRADUZIONE Maria Belponer
«Perché agli uomini virtuosi accadono numerose sventure?» «Nulla di male può capitare all’uomo virtuoso: i contrari non si mescolano. Come tanti fiumi, tanta pioggia che si rovescia dal cielo, tanta forza delle fonti salubri non cambiano il sapore del mare, non lo attenuano neppure, così l’assalto degli eventi avversi non muta lo spirito dell’uomo forte: egli resta nella sua condizione e fa assumere la sua tonalità a qualunque cosa negativa gli accada; infatti è più forte di qualsiasi evento esterno. E dico questo, , non sente gli eventi avversi, ma li vince, e si innalza altrove sereno e quieto. Considera prove di forza tutte le avversità. Chi infatti, purché sia un uomo incline all’onestà, non aspira ad una giusta fatica e non è disposto a incarichi anche rischiosi? Per quale uomo operoso l’inerzia non è una pena? Vediamo gli atleti, che 5 Le proposizioni subordinate © Casa Editrice G. Principato
127
coltivano il vigore fisico, combattere con i più forti e andare in cerca di quelli con cui si allenino alla gara, scegliendoli fra quelli che impegneranno tutte le loro forze; sopportano di essere fatti a pezzi e tormentati, e se non trovano competitori di forze pari, combattono contro più avversari contemporaneamente. Il valore marcisce se non trova un avversario: dimostra quanto è forte e quanto vigore ha, quando la sopportazione mostra il suo potere.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Il passo è tratto dal dialogo senecano che affronta il tema della Provvidenza, tipico della riflessione stoica, sottolineando il paradosso per cui non esiste corrispondenza tra virtù e fortuna, ma, al contrario, le avversità che colpiscono l’uomo buono sono un dono, un’occasione di dimostrare la propria virtù. Tutto il dialogo è condotto nella confutazione del senso comune e nel rovesciamento delle opinioni diffuse, la sola strada che consenta di giustificare l’apparente contraddizione tra virtù e fortuna, fino a giungere ad affermare che proprio ciò che di male accade si verifica per volere degli dei, che osservano come l’uomo virtuoso sia in grado di affrontare le avversità ed essere, perciò, un vir fortis, un eroe.
La morfo-sintassi
2. Il passo è caratterizzato da una sintassi lineare, segnata da proposizioni interrogative dirette, che simulano l’andamento dialogico, e si risolve in affermazioni decise, prevalentemente espresse da proposizioni principali o subordinate all’indicativo (quemadmodum... non mutant; cum... ostendit; si non inveniunt), per concludersi con la sentenza finale, anch’essa espressa con efficace sintesi.
Lo stile
3. L’andamento delle frasi è molto secco, le affermazioni sono sintetiche, ma segnate da alcune figure retoriche: l’anafora tot... tantum... tanta, che organizza simmetricamente il periodo, l’anastrofe di est nella frase est enim omnibus externis potentior, l’antitesi singulos/ plurimis, e, in chiusura, ancora un’anastrofe: Marcet sine adversario virtus, a sottolineare sia il valore metaforico del verbo marcet, sia l’enfasi sul termine conclusivo, virtus.
128
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
V1 Giustino
Coraggio e disinteresse In una sintesi piuttosto approssimativa, Giustino sottolinea come i re dei tempi antichi fossero mossi dal desiderio del bene comune anche quando muovevano guerra.
PREREQUISITI abl. ass., coniug. anomala, cum narrativo, prop. relativa, gerundio, prop. causale
Principio rerum gentium nationumque imperium penes reges erat, quod ad fastigium huius maiestatis non ambitio popularis, sed spectata inter bonos moderatio provehebat. Populus nullis legibus tenebatur, arbitria principum pro legibus erant. Fines imperii tueri magis quam proferre mos erat; intra suam cuique patriam regna finiebantur. Primus omnium Ninus, rex Assyriorum, veterem et quasi avitum gentibus morem nova imperii cupiditate mutavit. Hic primus intulit bella finitimis et rudes adhuc ad resistendum populos terminos usque Libyae perdomuit1. Fuere quidem temporibus antiquiores Vezosis Aegyptius et Scythiae rex Tanaus, quorum alter in Pontum, alter usque Aegyptum excessit. Sed longinqua, non finitima bella gerebant nec imperium sibi, sed populis suis gloriam quaerebant continentique victoria imperio abstinebant. Ninus magnitudine quaesitae dominationis continua possessione firmavit. Domitis igitur proximis, cum accessione virium fortior ad alios transiret et proxima quaeque victoria instrumentum sequentis esset, totius Orientis populos subegit. Postremum bellum illi fuit cum Zoroastre, rege Bactrianorum, qui primus dicitur2 artes magicas invenisse et mundi principia siderumque motus diligentissime spectasse. Hoc occiso et ipse decessit, relicto adhuc impubere filio Ninia et uxore Semiramide. 1. rudes… perdomuit: costruisci perdomuit populos adhuc rudes ad resistendum uspque terminos Lybiae; e rendi rudes adhuc ad resistendum con “che avevano resistito duramente”.
V2 Eutropio
2. qui primus dicitur: traduci in forma impersonale, “si dice che....”
Guerre “periferiche” Mentre l’Italia è in guerra contro Annibale, nuovi conflitti si aprono su altri fronti, con esiti alterni.
PREREQUISITI abl. ass., coniug. anomala, prop. relativa
Decimo anno postquam Hannibal in Italiam venerat, P. Sulpicio Cn. Fulvio consulibus, Hannibal usque ad quartum miliarium urbis accessit, equites eius usque ad portam. Mox consulum cum exercitu venientium metu Hannibal ad Campaniam se recepit. In Hispania a fratre eius Hasdrubale ambo Scipiones, qui per multos annos victores fuerant, interficiuntur, exercitus tamen integer mansit; casu enim magis erant quam virtute decepti. Quo tempore etiam a consule Marcello Siciliae magna pars capta est, quam tenere Afri coeperant, et nobilissima urbs Syracusana; praeda ingens Romam perlata est. Laevinus in Macedonia cum Philippo et multis Graeciae populis et rege Asiae Attalo amicitiam fecit, et ad Siciliam profectus Hannonem quendam, Afrorum ducem, apud Agrigentum civitatem cum ipso oppido cepit eumque Romam cum captivis nobilibus misit. XL civitates in deditionem accepit, XXVI expugnavit. Ita omnis Sicilia recepta et Macedonia fracta (est); ingenti gloria Romam regressus est. Hannibal in Italia Cn. Fulvium consulem subito adgressus cum octo milibus hominum interfecit. 5 Le proposizioni subordinate © Casa Editrice G. Principato
129
V3 Eutropio
Un timore... annibalico! La paura provocata dall’invasione di Annibale è tale da diventare un termine di paragone per le vicende successive, nelle quali si profila la figura di Gaio Mario.
PREREQUISITI coniug. anomala, prop. temporale, completiva, causale, relativa
Dum bellum in Numidia contra Iugurtham geritur, Romani consules M. Manlius et Q. Caepio a Cimbris et Teutonis et Tugurinis et Ambronibus, quae erant Germanorum et Gallorum gentes, victi sunt iuxta flumen Rhodanum et ingenti internicione; etiam castra sua et magnam partem exercitus perdiderunt. Timor Romae grandis fuit, quantus vix Hannibalis tempore Punicis bellis, ne iterum Galli Romam venirent1. Ergo Marius post victoriam Iugurthinam secundo consul est factus bellumque ei contra Cimbros et Teutones decretum est. Tertio quoque ei et quarto delatus est consulatus, quia bellum Cimbricum protrahebatur. Sed in quarto consulatu collegam habuit Q. Lutatium Catulum. Cum Cimbris itaque conflixit et duobus proeliis CC milia hostium cecidit, LXXX milia cepit et ducem eorum Teutobodum, propter quod meritum absens quinto consul est factus. 1. Timor… fuit, … ne iterum Galli Romam venirent: “ci fu grande timore che i Galli di nuovo giungessero a Roma”.
V4 Irzio
Di Cesare si fidano anche gli Africani… Fu probabilmente un ufficiale dell’esercito di Cesare a scrivere la cronaca degli avvenimenti in Africa durante la guerra civile tra Cesare e Pompeo proseguendo il racconto lasciato incompiuto nel De bello civili al 48 a.C. con la battaglia di Farsalo.
PREREQUISITI coniug. anomala, prop. completiva e finale, relativa, infinitiva
Dum haec ad Ruspinam geruntur, M. Cato qui Uticae praeerat, delectus cotidie libertinorum, Afrorum, servorum denique et cuiusquemodi generis hominum qui modo per aetatem arma ferre poterant, habere non intermittit. Legati interim ex oppido Thysdrae, in quod tritici modium milia CCC comportata fuerant a negotiatoribus Italicis aratoribusque, ad Caesarem veniunt, quantaque copia frumenti apud se sit docent, simulque orant ut sibi praesidium mittat, quo facilius et frumentum et copiae suae conserventur. Quibus Caesar in praesentia gratias egit praesidiumque brevi tempore se missurum dixit et iubet proficisci.
130
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
V5 Irzio
Schieramento di forze Dopo lunghe esitazioni, Cesare schiera la sua flotta e altrettanto fanno gli abitanti di Alessandria, che cercano in ogni modo di spaventare il nemico.
PREREQUISITI gerundivo, coniug. anomala, prop. consec., relativa, causale
Postquam eo ventum est ut sibi uterque eorum confideret, Caesar Pharon classe circumvehitur adversasque naves hostibus constituit: in dextro cornu Rhodias collocat, in sinistro Ponticas. Inter has spatium CCCC passuum relinquit, quod satis esse ad explicandas naves videbatur. Post hunc ordinem reliquas naves subsidio distribuit; quae quamque earum sequatur et cui subveniat constituit atque imperat. Non dubitanter Alexandrini classem producunt atque instruunt: in fronte collocant XXII, reliquas subsidiarias in secundo ordine constituunt. Magnum praeterea numerum minorum navigiorum et scapharum producunt cum malleolis ignibusque, si quid ipsa multitudo et clamor et flamma nostris terroris adferre possent1. Erant inter duas classis vada transitu angusto, quae pertinent ad regionem Africae – sic enim praedicant, partem esse Alexandreae dimidiam Africae – satisque diu inter ipsos est exspectatum ab utris transeundi fieret initium2, propterea quod ei qui intrassent3 et ad explicandam classem et ad receptum, si durior accidisset casus4, impeditiores fore videbantur5. 1. si quid... possent: proposizione condizionale; riferisci il genitivo timoris, che ha valore partitivo, a quid: “se mai la moltitudine stessa, il rumore e l’incendio potessero fare paura...”. 2. ab utris transeundi fieret initium: interrogativa indiretta, introdotta dal pronome interrogativo utris,
“da quale dei due” (schieramenti). 3. qui intrassent: proposizione relativa con sfumatura eventuale; traduci con l’indicativo. 4. Si durior accidisset casus: proposizione condizionale, “se si verificasse una circostanza...” 5. videbantur: “sembravano”.
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Questioni di umanità L’humanitas caratterizza l’uomo, in quanto essere terreno (cfr. humus, “terra”), in opposizione agli dei, esseri celesti. Homo non è tanto un termine generico, quanto la designazione più ampia del concetto di questa opposizione; accanto a homo, il termine vir, -i, che designa invece l’uomo in quanto valoroso, talvolta anche l’eroe, è connesso al termine vis, che indica appunto la forza: è un termine meno ampio nel suo significato, dal quale non si elabora un concetto altrettanto forte come quello che nasce da homo. Accanto a questi termini mas, maris indica in modo più specifico la distinzione di genere, il “maschio”, che si contrappone a femina, -ae, la femmina.
Nella tradizione letteraria latina, l’humanitas è il segno che contraddistingue l’uomo colto, solidale, consapevole della sua natura umana, appunto, e testimonia una fiducia nell’uomo e nelle sue possibilità, soprattutto legate alle realizzazioni pratiche. Homo sum, nihil humani alienum puto: è la celebre frase pronunciata da un personaggio di una commedia di Terenzio (I secolo a.C.), Cremete, che giustifica così la sua disponibilità ad aiutare anche una persona che quasi non conosce; ancor oggi si sente talvolta citata anche solo in forma allusive, per indicare la solidarietà come sentimento che dovrebbe caratterizzare l’uomo.
5 Le proposizioni subordinate © Casa Editrice G. Principato
131
In teoria
6 Usi di cum Cum può avere valore di • preposizione con l’ablativo • congiunzione con l’indicativo e con il congiuntivo. Preposizione con l’ablativo: esprime i complementi di modo, di compagnia e di unione, ma ha anche il significato di “contro”: multo cum gaudio, “con molta gioia”; cum amicis, “con gli amici”; cum exercitu, “con l’esercito”, cum inimicis, “contro gli avversari”. Congiunzione con l’indicativo: si trova nella proposizione temporale che esprime una circostanza reale, o con valore iterativo: De his etiam rebus, otiosi cum erimus, loquemur, (Cicerone) “Quando saremo liberi da impegni, parleremo anche di questi argomenti”. Verres, cum rosas viderat, tum incipere ver arbitrabatur (Cicerone), “Verre, ogni volta che vedeva le rose, credeva che avesse inizio la primavera”. Congiunzione con il congiuntivo: è un costrutto molto frequente, cui si dà il nome di cum narrativo perché è impiegato soprattutto nei passi di impronta narrativa.
1. Cum + congiuntivo e il gerundio italiano La proposizione espressa da cum + congiuntivo si può tradurre preliminarmente con il gerundio italiano, secondo il seguente schema: Congiuntivo
presente imperfetto
gerundio presente (o semplice)
Congiuntivo
perfetto p.perfetto
gerundio passato (o composto)
Trovi il presente e il perfetto congiuntivo quando la proposizione reggente contiene un tempo principale (presente o futuro); l’imperfetto e il piuccheperfetto quando la proposizione reggente ha un tempo storico (imperfetto, perfetto ecc.); questo impiego rispecchia la norma della consecutio temporum. Cum Hannibal in urbem veniat, multos inimicos inveniet, “Venendo Annibale in città, troverà molti nemici”. Cum Hannibal in urbem veniret, multos inimicos invenit, “Venendo Annibale in città, trovò molti nemici”. Cum probus civis fuerit, Cicero celeber est, “Essendo stato un cittadino onesto, Cicerone è celebre”. Cum probus civis fuisset, Cicero a probis amatus est, “Essendo stato un cittadino onesto, Cicerone fu amato dalle persone oneste”.
132
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
Fai attenzione a non confondere il gerundio italiano, modo indefinito del verbo, con il gerundio latino che è invece una forma nominale del verbo, declinabile come un sostantivo e che corrisponde all’infinito sostantivato, non a una proposizione subordinata. La proposizione tradotta preliminarmente col gerundio può essere trasformata in proposizioni subordinate esplicite di diversa natura, soprattutto temporali, causali o concessive, in rapporto al contesto; a questo proposito ricorda che i tempi semplici del congiuntivo (presente e imperfetto) esprimono azioni contemporanee al verbo della reggente, mentre i tempi composti esprimono azioni anteriori. Conviene sempre tradurre prima con il gerundio, poi passare alla forma esplicita, perché in questo modo si può scegliere più facilmente il tempo giusto in italiano e la proposizione corretta, perché solo il contesto consente di decidere quale tipo di proposizione esplicita corrisponde al gerundio. Cum Athenas intravissent, Persae urbem desertam invenerunt, “Quando furono entrati in Atene (essendo entrati in Atene), i Persiani trovarono la città deserta.” Cum malus sis, omnes te amant, “Sebbene tu sia malvagio (Pur essendo malvagio), tutti ti amano.”
nota
bene
Nella traduzione è consigliabile utilizzare il gerundio solo se ha lo stesso soggetto della reggente: se la reggente ha un soggetto diverso, il gerundio deve essere reso in forma esplicita: Cum Senatus cunctaretur, Hannibal Saguntum expugnavit, “Mentre il Senato esitava, Annibale espugnò Sagunto” e non “Esitando il Senato, Annibale espugnò Sagunto”. Cum... tum: presta attenzione alla costruzione delle particelle correlative cum... tum, che si rendono “sia... sia”, “come... così”: Cum te amavi dilexique, tum mei amantissimum cognovi (Cic.), “Come (sia) ti ho amato e prediletto, così (sia) ti seppi molto affezionato a me”.
6 Usi di cum © Casa Editrice G. Principato
133
In TRADUZIONE pratica 6 M. Belponer
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
Usi di cum
Versioni V0
Un ozio amaro
Cicerone, costretto al ritiro dalla vita pubblica dall’avvento di Antonio al consolato, paragona il suo otium a quello di Scipione Africano, ma riconosce, con una certa amarezza, che le mutate le condizioni dello Stato e la sua sostanziale inutilità alla vita politica lo confinano in una condizione ben diversa da quella dei grandi modelli, Scipione appunto e Catone il censore.
Cicerone De officiis III, 1
P. Scipionem, Marce fili, eum, qui primus Africanus appellatus est, dicere solitum scripsit Cato, qui fuit eius fere aequalis, numquam se minus otiosum esse, quam cum otiosus, nec minus solum, quam cum solus esset. Magnifica vero vox et magno viro ac sapiente digna; quae declarat illum et in otio de negotiis cogitare et in solitudine secum loqui solitum, ut neque cessaret umquam et interdum conloquio alterius non egeret. Ita duae res, quae languorem adferunt ceteris, illum acuebant, otium et solitudo. Vellem nobis hoc idem vere dicere liceret, sed si minus imitatione tantam ingenii praestantiam consequi possumus, voluntate certe proxime accedimus. Nam et a re publica forensibusque negotiis armis impiis vique prohibiti otium persequimur et ob eam causam urbe relicta rura peragrantes saepe soli sumus. Sed nec hoc otium cum Africani otio nec haec solitudo cum illa comparanda est. Ille enim requiescens a rei publicae pulcherrimis muneribus otium sibi sumebat aliquando et coetu hominum frequentiaque interdum tamquam in portum se in solitudinem recipiebat, nostrum autem otium negotii inopia, non requiescendi studio constitutum est.
TRADUZIONE Maria Belponer
Catone, che ne era quasi coetaneo, scrisse che P. Cornelio Scipione, il primo che fu chiamato Africano, era solito affermare che mai egli era meno ozioso di quando era ozioso e mai meno solo di quando era solo. Affermazione magnifica e davvero degna di un sapiente, che dimostra che egli anche nell’inoperosità pensava alle sue occupazioni e nella solitudine era solito parlare con se stesso, tanto che non era mai inoperoso e non sentiva la mancanza di un dialogo con un altro. Così due condizioni, l’ozio e la solitudine, che indeboliscono tutti gli altri, lo rendevano più attivo. Vorrei che fosse possibile anche a me dire ciò, ma, se non posso ottenere con l’imitazione simile eccellenza d’ingegno, tuttavia mi avvicino ad essa con la volontà. Infatti, allontanato dalla vita politica e dalle attività giudiziarie da armi empie, coltivo l’ozio, e, abbandonata la città per questo motivo, sono spesso solo, a passeggiare in campagna. Ma né questo ozio né questa solitudine devono essere paragonati con l’ozio e la solitudine dell’Africano: infatti egli si prendeva talvolta un momento di riposo dalle bellissime e numerosissime occupazioni dello Stato e si ritirava in solitudine, come in un porto, lontano dalla folla delle persone; invece il mio ozio deriva dalla mancanza di occupazione, non dal desiderio di riposo.
134
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
Rifletti sul testo
Il contesto
1. In queste parole dedicate al figlio, Cicerone traccia un ritratto di Scipione e di sé stesso: in realtà afferma che l’Africano, solo pur nella sua solitudine, non era davvero solo e nemmeno ozioso, perché il suo ritiro dalla vita politica era temporaneo e volontario, mentre la condizione di Cicerone è obbligata e non conosce alternative, quindi, le sue attività, pur rappresentando un momento di realizzazione dal punto di vista intellettuale, gli lasciano un senso di insoddisfazione e di frustrazione.
La morfo-sintassi
2. Il passo si articola in strutture piuttosto brevi, legate all’antitesi tra la condizione di Cicerone e quella di Scipione: nella prima parte proposizioni relative e cum narrativo scandiscono la definizione delle circostanze, in un andamento lineare; nella seconda, in cui Cicerone tratteggia la sua vita, prevalgono le proposizioni principali, con cui sono espresse le affermazioni. Le due parti sono separate dall’affermazione Vellem nobis hoc idem vere dicere liceret, nella quale, tramite il congiuntivo ottativo irreale, si esprime la contrapposizione tra le diverse sorti.
Lo stile
3. Il passo, che rappresenta il proemio del III libro del De officiis, ha una struttura lineare dal punto di vista sintattico, se si eccettua la forte inversione tra la frase principale, scripsit Cato, e l’infinitiva introdotta da essa, con la sottolineatura del personaggio d’apertura, Scipione Africano, visto in opposizione a Cicerone. Tuttavia, a questa semplicità sintattica, si affianca la complessità lessicale, in quanto ricorrono spesso coppie di termini coordinati tra loro: a re publica forensibusque negotiis armis impiis vique; coetu hominum frequentiaque, che illustrano in modo esauriente sia la condizione di Cicerone, escluso dalle attività politiche e civili, sia la scelta di Scipione, che talvolta si ritirava dalla folla. Il concetto di solitudine è espresso in formulazioni ricche di allitterazioni, a sottolinearne l’enunciazione: in solitudine secum solitum/ saepe soli sumus. Inoltre, il luogo in cui Scipione si rifugia è definito tamquam portu, con tamquam a segnalare che si sta usando una metafora, figura sempre usata con parsimonia e “segnalata” quando viene impiegata in latino, lingua normalmente concreta e poco incline, almeno in età classica, all’uso del traslato. Infine, Cicerone parla di sé al plurale: non è una forma di superbia, ma al contrario di modestia, il cosiddetto pluralis modestiae, che serve a parlare di sé con un certo pudore, senza dire esplicitamente “io”.
6 Usi di cum © Casa Editrice G. Principato
135
V1 Res gestae divi Augusti
Pace e libertà Augusto ricorda le sue imprese, muovendo dalla restituzione, per così dire, della libertà a Roma e sottolineando come la sua azione si svolse sempre nell’ambito dei poteri legittimi.
PREREQUISITI prop. relativa, participio, prop. completiva, gerundivo
Annos undeviginti natus exercitum privato consilio et privata impensa comparavi, per quem rem publicam a dominatione factionis oppressam in libertatem vindicavi. [Ob quae] senatus decretis honorificis in ordinem suum me adlegit, C. Pansa et A. Hirtio consulibus, consularem locum sententiae dicendae tribuens, et imperium mihi dedit. Res publica ne quid detrimenti caperet, me propraetore simul cum consulibus providere iussit. Populus autem eodem anno me consulem, cum cos. uterque bello cecidisset, et triumvirum rei publicae constituendae creavit. Qui parentem meum trucidaverunt, eos in exilium expuli iudiciis legitimis ultus eorum facinus, et postea bellum inferentis rei publicae vici bis acie. Bella terra et mari civilia externaque toto in orbe terrarum saepe gessi, victorque omnibus veniam petentibus civibus peperci. Externas gentes, quibus tuto ignosci potuit1, conservare quam excidere malui. 1. quibus tuto ignosci potuit: il verbo ignosco, intransitivo, è costruito in forma impersonale nel passivo, “che si poterono perdonare”.
V2 Eutropio
Una caduta ingloriosa Un episodio gratuito di violenza pone fine al regime monarchico in Roma, travolgendo la dinastia dei Tarquini. È opinione diffusa, in realtà, che dietro il racconto leggendario si celi il tramonto dell’egemonia etrusca in Roma, rappresentata appunto dalla famiglia dei Tarquini.
PREREQUISITI prop. relativa, participio, cum narrativo
L. Tarquinius Superbus, septimus atque ultimus regum, Volscos, quae gens ad Campaniam euntibus1 non longe ab urbe est, vicit, Gabios civitatem et Suessam Pometiam subegit, cum Tuscis pacem fecit et templum Jovis in Capitolio aedificavit. Postea Ardeam oppugnans, in octavo decimo miliario ab urbe Roma positam civitatem, imperium perdidit. Nam cum filius eius, et ipse Tarquinius iunior, nobilissimam feminam Lucretiam eandemque pudicissimam, Collatini uxorem, stuprasset eaque de iniuria marito et patri et amicis questa fuisset2, in omnium conspectu se occidit. Propter quam causam Brutus, parens et ipse Tarquinii, populum concitavit et Tarquinio ademit imperium. Mox exercitus quoque eum, qui civitatem Ardeam cum ipso rege oppugnabat, reliquit; veniensque ad urbem rex portis clausis exclusus est, cumque imperasset annos quattuor et viginti cum uxore et liberis suis fugit. Ita Romae regnatum est per septem reges annis ducentis quadraginta tribus, cum adhuc Roma, ubi plurimum, vix usque ad quintum decimum miliarium possideret. 1. ad Campaniam euntibus: il participio sostantivato esprime un dativo di relazione, “per coloro che vanno...”
136
2. questa fuisset: equivale a questa esset.
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
V3 Eutropio
Vittoria di Pirro
PREREQUISITI prop. rel., causale, infinitiva, nesso relativo
Avvalendosi degli elefanti che, sconosciuti ai Romani, seminarono il panico, Pirro riporta la vittoria, quando già è sul punto di essere sconfitto; tuttavia il suo successo sarà di breve durata: una vittoria di Pirro, appunto!
Eodem tempore Tarentinis, qui iam in ultima Italia sunt, bellum indictum est, quia legatis Romanorum iniuriam fecissent. Hi Pyrrum, Epiri regem, contra Romanos in auxilium poposcerunt, qui ex genere Achillis originem trahebat. Is mox ad Italiam venit, tumque primum Romani cum transmarino hoste dimicaverunt. Missus est contra eum consul P. Valerius Laevinus, qui cum exploratores Pyrri cepisset, iussit eos per castra duci, ostendi omnem exercitum tumque dimitti, ut renuntiarent Pyrro quaecumque a Romanis agerentur. Commissa mox pugna, cum iam Pyrrus fugeret, elephantorum auxilio vicit, quos incognitos Romani expaverunt. Sed nox proelio finem dedit; Laevinus tamen per noctem fugit, Pyrrus Romanos mille octingentos cepit et eos summo honore tractavit, occisos sepelivit. Quos cum adverso vulnere et truci vultu etiam mortuos iacere vidisset, tulisse ad caelum manus dicitur cum hac voce: se totius orbis dominum esse potuisse, si tales sibi milites contigissent.
V4 Livio
Aspirazione delusa Nonostante l’esito positivo della sua impresa, Elvio si vede negato il trionfo, che viene invece concesso al suo successore nell’amministrazione della provincia.
PREREQUISITI participio, prop. infinitiva, causale, temporale, coniug. anomala, abl. assoluto, gerundivo, prop. dichiarativa
Eodem tempore M. Helvio decedenti ex ulteriore Hispania cum praesidio sex milium dato ab Ap. Claudio praetore Celtiberi agmine ingenti ad oppidum Iliturgi occurrunt. Viginti milia armatorum fuisse Valerius scribit, duodecim milia ex iis caesa, oppidum Iliturgi receptum (esse) et puberes omnes interfectos (esse). Inde ad castra Catonis Helvius pervenit et, quia tuta iam ab hostibus regio erat, praesidio in ulteriorem Hispaniam remisso Romam est profectus et ob rem feliciter gestam ovans urbem est ingressus. Argenti infecti tulit in aerarium quattuordecim milia pondo septingenta triginta duo et signati bigatorum septemdecim milia viginti tres et Oscensis argenti centum undeviginti milia quadringentos undequadraginta. Causa triumphi negandi1 senatui fuit quod alieno auspicio et in aliena provincia pugnasset; ceterum biennio post redierat, cum provincia successori Q. Minucio tradita annum insequentem retentus ibi longo et gravi fuisset morbo. Itaque duobus modo mensibus ante Helvius ovans urbem est ingressus quam successor eius Q. Minucius triumpharet2. 1. triumphi negandi: genitivo del gerundivo; puoi rendere liberamente, “il motivo per negare il trionfo...”
2. ante Helvius... est ingressus quam... triumpharet: ricostruisci il nesso temporale legando ante a quam, “era entrato... prima che...”
6 Usi di cum © Casa Editrice G. Principato
137
V5 Cicerone Pro Murena
Due pesi e due misure? Cicerone, che ha assunto la difesa di Murena, accusato di brogli elettorali, si difende dall’accusa che gli muove Catone, di usare un metro di valutazione diverso per lui rispetto a quello che usò per Catilina.
PREREQUISITI prop. infinitiva, relativa, int. diretta, per. ipotetico, cum narrativo, perifr. passiva
(Cato) Negat esse eiusdem severitatis1 Catilinam exitium rei publicae intra moenia molientem verbis et paene imperio ex urbe expulisse et nunc pro L. Murena dicere. Ego autem has partis lenitatis et misericordiae quas me natura ipsa docuit2 semper egi libenter, illam vero gravitatis severitatisque personam non appetivi, sed ab re publica mihi impositam sustinui, sicut huius imperi dignitas in summo periculo civium postulabat. Quod si tum, cum res publica vim et severitatem desiderabat, vici naturam et tam vehemens fui quam cogebar, non quam volebam, nunc cum omnes me causae ad misericordiam atque ad humanitatem vocent, quanto tandem studio debeo naturae meae consuetudinique servire? Ac de officio defensionis meae ac de ratione accusationis tuae fortasse etiam alia in parte orationis dicendum nobis erit. 1. eiusdem severitatis: “è proprio della stessa severità”.
2. quas me natura ipsa docuit: il verbo doceo regge il doppio accusativo, quindi rendi me con “mi”.
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Un ozio operoso Nel testo d’apertura ricorrono parole emblematiche della condizione dell’individuo estraneo alla società: otium e solitudo; in particolare Cicerone contrappone esplicitamente otium a negotium e li vede, nella figura di Scipione, come due momenti che si alternano senza che l’uno escluda l’altro definitivamente. Il termine otium,
138
che ha assunto nell’italiano “ozio” un significato spesso negativo, è invece impiegato soprattutto a designare l’attività intellettuale, lo studio e l’esercizio della filosofia e della letteratura, ed è appunto un’attività spirituale propria degli animi nobili, cui gli uomini colti, pur impegnati nell’attività politica e nelle incombenze quotidiane, si dedicano nei momenti liberi, e per questo oziosi, nel senso alto della parola.
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
In teoria
7 La consecutio temporum Il congiuntivo impiegato nelle proposizioni dipendenti segue di norma la consecutio temporum (concatenazione dei tempi), che regola il tempo della proposizione dipendente in rapporto alla principale. Questo rapporto temporale si può realizzare con due tipi diversi di dipendenza.
1. Dipendenza diretta o di I grado Si verifica quando una proposizione al congiuntivo dipende dalla frase reggente, nella quale troviamo un tempo principale o un tempo storico. Lo schema rappresenta tutte le possibilità di rapporto temporale tra reggente e frase al congiuntivo: nella sua completezza esso si riscontra nelle proposizioni interrogative indirette e nelle completive introdotte da formule del tipo non dubito quin. Tempo della reggente
Rapporto temporale
Tempo della subordinata
PRINCIPALE
contemporaneità
congiuntivo presente
PRINCIPALE
anteriorità
congiuntivo perfetto
PRINCIPALE
posteriorità
participio futuro + presente congiuntivo del verbo esse
STORICO
contemporaneità
congiuntivo imperfetto
STORICO
anteriorità
congiuntivo piuccheperfetto
STORICO
posteriorità
participio futuro + imperfetto congiuntivo del verbo esse
Esempio
quaero quid dicat “chiedo che cosa dica” quaero quid dixerit “chiedo che cosa abbia detto” quaero quid dicturus sit “chiedo che cosa dirà” quaerebam quid diceret “chiedevo cosa dicesse” quaerebam quid dixisset “chiedevo cosa avesse detto” quaerebam quid dicturum esset “chiedevo cosa avrebbe detto”
2. Dipendenza indiretta o di II grado Si verifica quando una proposizione al congiuntivo non dipende direttamente dalla reggente, ma da una sua subordinata che abbia un infinito o un congiuntivo. In particolare: • in dipendenza dall’infinito presente e futuro il tempo del congiuntivo si regola su quello della frase reggente: 7 La consecutio temporum © Casa Editrice G. Principato
139
In teoria
Profecto etiam sine meis litteris intelliges te aliquis habere quod speres (Cic.), “Capirai certamente, anche senza che io ti scriva, che hai qualcosa in cui sperare”: speres dipende da habere, quindi si regola su intelliges, esprime un’azione contemporanea a un verbo reggente presente, quindi è presente congiuntivo. Cato mirari se aiebat quod non rideret haruspex cum haruspicem vidisset (Cic.), “Catone diceva di stupirsi del fatto che un indovino non si mettesse a ridere quando vedeva un indovino”: rideret, dipendente da mirari, è regolato su videbat, esprime un’azione contemporanea a un verbo reggente storico, quindi è imperfetto congiuntivo. • In dipendenza dall’infinito perfetto il tempo del congiuntivo si regola di norma sull’infinito stesso da cui dipende: Aristides quaesisse ab eo dicitur quare id faceret (Nep.), “Si dice che Aristide gli chiese perché facesse ciò”: faceret dipende da quaesisse ed è regolato su di esso, esprime un’azione contemporanea a un tempo storico, quindi è imperfetto congiuntivo. • In dipendenza dal congiuntivo, se c’è un tempo principale nella proposizione reggente al congiuntivo troviamo il presente congiuntivo per esprimere il rapporto di contemporaneità, il perfetto per l’anteriorità, il participio futuro + sim, sis, ecc. per la posteriorità: principale
Non dubito quin
reggente al congiuntivo scias
dipendente dal congiuntivo
rapporto
quid fecerim
anteriorità
quid faciam
contemporaneità
quid facturus sim
posteriorità
• In dipendenza dal congiuntivo, se c’è un tempo storico nella proposizione dipendente al congiuntivo troviamo il congiuntivo imperfetto per il rapporto di contemporaneità, il piuccheperfetto per l’anteriorità, il participio futuro + essem, esses, ecc. per la posteriorità: principale Non dubitabam quin
reggente al congiuntivo scires
dipendente dal congiuntivo
rapporto
quid fecissem
anteriorità
quid facerem
contemporaneità
quid facturus essem
posteriorità
• In dipendenza da un gerundio, supino o participio, la proposizione al congiuntivo regola il suo tempo su quello della proposizione a cui appartiene il gerundio, supino o participio: Incredibile memoratu est quam facile coaluerint (Sall.), “È incredibile a dirsi quanto facilmente formarono un unico popolo”. Navigatio perdifficilis fuit, et ille incertus ubi ego essem, fortasse alium cursum petivit (Cic.), “Il viaggio per mare è stato molto difficile, ed egli, forse incerto ove io mi trovassi, ha cambiato rotta”.
140
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
nota
bene
L’utilizzo del congiuntivo ricorre sistematicamente in alcune proposizioni, mentre in altre, quali le temporali, le causali, le relative, la scelta di utilizzare l’indicativo o il congiuntivo dipende dalla sfumatura di significato, come già ricordato. In generale si può dire che dove prevale la certezza dell’affermazione, o l’autore esprime il proprio pensiero, si trova l’indicativo; nei casi in cui si riporta un pensiero altrui, oppure si indica una circostanza non del tutto reale, ricorre il congiuntivo. Utilizzo dei modi nelle proposizioni subordinate
con il congiuntivo
congiunzioni pronomi
con il congiuntivo
con l’indicativo
completive interrogative indirette
cur, “quando” ecc.; pron. e aggettivi interr.
volitive
ut/ne
x
dichiarative
ut/ut non
x x
quod verba timendi
ut/ne
x
verba dubitandi
quin
x
verba impediendi e recusandi
quominus/ quin
x
finali
ut/ne
x
consecutive
ut/ut/non
x
narrative
cum
x
circostanziali
condizionali (realtà)
si
condizionali (possib./irr.)
si
x
x
temporali
cum, antequam, postquam ecc.
x
x
causali
quod, quia, cur
x
x
concessive
quamvis, cum, ut
x x
quamquam, tametsi etsi, etiamsi
x
x
comparative
quam
x
relative
qui, quae, quod
x
relative improprie
qui, quae, quod
attributive x
3. La cosiddetta attrazione modale Il congiuntivo e l’infinito retto da un verbum dicendi o sentiendi, o da espressioni come necesse est, mos est, esprimono un pensiero soggettivo, che si può rispecchiare nelle proposizioni che dipendano da essi: Caesar milites hortatus est ne ea, quae accidissent, graviter ferrent (Ces.), “Cesare esortò i soldati a non affliggersi troppo per quello che era accaduto”. Socrates dicere solebat omnes in eo quod scirent satis esse eloquentes (Cic.), “Socrate era solito dire che tutti sono abbastanza eloquenti in ciò che conoscono”. 7 La consecutio temporum © Casa Editrice G. Principato
141
Questa costruzione si definisce attrazione modale, in quanto il modo della proposizione relativa, normalmente indicativo, assume il congiuntivo, per esprimere la dipendenza da un congiuntivo o un infinito; in realtà questi congiuntivi si possono spiegare come congiuntivi obliqui, mentre in altri casi si può parlare di congiuntivi eventuali o caratterizzanti: Quamquam omnis virtus nos ad se adliciat facitque ut eos diligamus in quibus ipsa inesse videantur, tamen iustitia et liberalitas id maxime efficit (Cic.), “Benché ogni virtù ci attiri a sé e faccia sì che amiamo coloro nei quali essa sembri trovarsi, tuttavia ottengono questo effetto soprattutto la giustizia e la liberalità” (cong. eventuale). Tanta huius belli apud barbaros pinio perlata est, ut ab iis nationibus, quae trans Rhenum incolerent, legationes mitterentur (Ces.), “Si diffuse tra i barabri una così grande fama di questa guerra, che furono mandate ambascerie a Cesare dalle popolazioni che abitavano al di là del Reno” (cong. caratterizzante). Se però le proposizioni dipendenti dal congiuntivo o dall’infinito esprimono una realtà oggettiva, non troviamo il congiuntivo: Sciunt ii qui me norunt, me id maxime defendisse ut ii vincerent qui vicerunt (Cic.), “Coloro che mi conosco sanno che io ho lottato soprattutto per questo, perché vincessero quelli che hanno vinto”.
142
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
In pratica 7 La consecutio temporum TRADUZIONE M. Belponer
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
Versioni V0
Un’occasione di riscatto
Leggiamo insieme l’inizio della celebre orazione che Cicerone pronunciò contro Verre, in occasione del processo intentato contro di lui dai Siciliani, che aveva derubato in ogni modo: si tratta di un’esortazione vibrante a prendere provvedimenti decisi contro di lui, riabilitando così il buon nome della nobilitas romana.
Cicerone In Verrem I,1
Quod erat optandum maxime, iudices, et quod unum ad invidiam vestri ordinis infamiamque iudiciorum sedandam maxime pertinebat, id non humano consilio, sed prope divinitus datum atque oblatum vobis summo rei publicae tempore videtur. Inveteravit enim iam opinio perniciosa rei publicae, vobisque periculosa, quae non modo apud populum Romanum, sed etiam apud exteras nationes, omnium sermone percrebruit: his iudiciis quae nunc sunt, pecuniosum hominem, quamvis sit nocens, neminem posse damnari. Nunc, in ipso discrimine ordinis iudiciorumque vestrorum, cum sint parati qui contionibus et legibus hanc invidiam senatus inflammare conentur, [reus] in iudicium adductus est [C. Verres], homo vita atque factis omnium iam opinione damnatus, pecuniae magnitudine sua spe et praedicatione absolutus. Huic ego causae, iudices, cum summa voluntate et expectatione populi Romani, actor accessi, non ut augerem invidiam ordinis, sed ut infamiae communi succurrerem. Adduxi enim hominem in quo reconciliare existimationem iudiciorum amissam, redire in gratiam cum populo Romano, satis facere exteris nationibus, possetis; depeculatorem aerari, vexatorem Asiae atque Pamphyliae, praedonem iuris urbani, labem atque perniciem provinciae Siciliae.
TRADUZIONE Maria Belponer
Ciò che si doveva desiderare in sommo grado, giudici, e che solo era necessario a placare l’ostilità nei confronti della vostra classe e il discredito dei tribunali, questo sembra che sia stato concesso ed offerto non da una decisione umana, ma quasi per volere divino, in una circostanza gravissima dello Stato. Si è infatti già radicata un’opinione dannosa per lo Stato e pericolosa per voi, che si è rafforzata con le voci di tutti non solo tra il popolo romano, ma anche nelle popolazioni straniere: ovvero che con questi tribunali, così come sono ora, nessun uomo ricco, sebbene colpevole, possa essere condannato. Ora, nel momento stesso di maggior rischio per la vostra classe e per i tribunali, mentre sono già pronti quelli che tenteranno di scatenare con assemblee e leggi questo odio contro il senato, è portato in giudizio C. Verre, un uomo già condannato per la vita e le azioni nella valutazione di tutti, assolto, secondo quanto si aspetta e va dicendo in giro, grazie al suo cospicuo patrimonio. Io mi presento nella veste di accusatore in questa causa, con il massimo consenso e 7 La consecutio temporum © Casa Editrice G. Principato
143
la massima aspettativa del popolo romano, non per accrescere l’ostilità verso il senato, ma per intervenire contro un’infamia comune a tutti. Ho portato in tribunale, infatti, un uomo grazie al quale vi fosse possibile trovare modo di riconquistare la fiducia perduta nei processi, di riconciliarvi con il popolo romano, di soddisfare le richieste dei popoli stranieri, un dilapidatore dell’erario, vessatore dell’Asia e della Panfilia, predone del diritto civile, peste e rovina della provincia di Sicilia.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Le orazioni contro Verre, pronunciate da Cicerone in qualità di patrono dei Siciliani, rappresentano nello stesso tempo un esordio dal punto di vista retorico, perché l’autore si confronta con un oratore di grande successo, Quinto Ortensio Ortalo, impostando una modalità forense e inaugurando uno stile innovativo, e dal punto di vista politico, perché Cicerone, pur essendo un simpatizzante dello schieramento conservatore, coglieva questa occasione per mettere in luce gli aspetti negativi di alcuni rappresentanti di esso, con l’intenzione di rafforzarne il prestigio, una volta denunciate le iniquità. Proprio questa finalità è chiaramente espressa nell’esordio riportato.
La morfo-sintassi
2. Il passo si apre con l’anafora del pronome quod, in posizione prolettica, e quindi con particolare sottolineatura; l’enfasi continua nel secondo periodo, che si apre con il verbo in prima sede, seguito dal soggetto e quindi dalla spiegazione dell’affermazione iniziale con una proposizione infinitiva lungamente preparata, che coglie il cuore dell’argomentazione: il sospetto di corruzione dei giudici nell’esercizio delle loro funzioni, diffuso sia a Roma che nelle province. Viceversa, il processo a Verre costituisce un’occasione per rovesciare questa opinione: Verre, che si ritiene già absolutus grazie al denaro, ma è damnatus vita atque factis, sarà l’opportunità per dimostrare che l’opinione comune è falsa, come illustrano le due proposizioni finali contrapposte, nelle quali il soggetto parlante è Cicerone stesso: non ut augerem invidiam ordinis, sed ut infamiae communi succurrerem. L’ultimo periodo si chiude con una sequenza di infiniti, retti dalla relativa in quo possetis, al congiuntivo perché assume sfumatura finale, e con una sequenza simmetrica di apposizioni, tutte riferite all’oggetto del verbo principale, adduxi, che definiscono Verre in una climax ascendente.
Lo stile
3. Il passo è caratterizzato, nella parte iniziale, dalle antitesi, su cui si articolano le aspettative del popolo e, al contrario, le affermazioni di Cicerone, la figura negativa di Verre, e l’assunzione del compito di moralizzatore da parte del suo accusatore. Nella seconda parte, invece, assume maggiore rilievo la figura di Cicerone, che parla in prima persona, e sottolinea le sue azioni a favore della legge e della fama dello Stato: infatti, se i giudici condanneranno Verre, costituiranno una garanzia non solo per i Siciliani, sue vittime dirette, ma per la fama di Roma, nelle persone dei suoi magistrati. Dal punto di vista lessicale, il passo è caratterizzato dalla presenza dei termini giuridici, quali iudicium e actor; iudicium indica non solo il “giudizio”, ma anche il “tribunale” e ricorre analogamente in italiano nell’espressione “addurre in giudizio”; actor è sostantivo deverbativo dal verbo ago, da cui deriva anche il termine actio, che indica l’azione giudiziaria; le definizioni di Verre sono tutte improntate al giudizio morale, eccetto il termine depeculator, l’unico specificamente appartenente al lessico giuridico. 144
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
V1 Eutropio
Un’ascesa inarrestabile Eutropio, ammirato, narra la rapida ascesa di Roma e le sue conquiste a danno dei popoli confinanti.
PREREQUISITI prop. relativa, abl. ass., cum narrativo
Romanum imperium, quo neque ab exordio ullum fere minus neque incrementis toto orbe amplius humana potest memoria recordari, a Romulo exordium habet, qui Reae Silviae, Vestalis virginis, filius et, quantum putatus est, Martis cum Remo fratre uno partu editus est. Is cum inter pastores latrocinaretur, decem et octo annos natus urbem exiguam in Palatino monte constituit XI Kal. Maias, Olympiadis sextae anno tertio, post Troiae excidium, ut qui plurimum minimumque tradunt, anno trecentesimo nonagesimo quarto. Condita civitate, quam ex nomine suo Romam vocavit, haec fere egit. Multitudinem finitimorum in civitatem recepit, centum ex senioribus legit, quorum consilio omnia ageret, quos senatores nominavit propter senectutem. Tum, cum uxores ipse et populus suus non haberent, invitavit ad spectaculum ludorum vicinas urbi Romae nationes atque earum virgines rapuit. Commotis bellis propter raptarum iniuriam Caeninenses vicit, Antemnates, Crustuminos, Sabinos, Fidenates, Veientes.
V2 Cornelio Nepote
Imprese marittime decisive Timoteo, con vittoriose imprese per mare, restituisce ad Atene la supremazia navale e induce gli Spartani alla pace.
PREREQUISITI prop. relativa, abl. ass., participio, gerundivo, prop. completiva
Timotheus, Cononis filius, Atheniensis. Hic a patre acceptam gloriam multis auxit virtutibus. Fuit enim disertus, impiger, laboriosus, rei militaris peritus neque minus civitatis regendae. Multa huius sunt praeclare facta, sed haec maxime illustria. Olynthios et Byzantios bello subegit. Samum cepit; in quo oppugnando superiori bello Athenienses mille et CC talenta consumpserant, id ille sine ulla publica impensa populo restituit; adversus Cotum bella gessit ab eoque mille et CC talenta praedae in publicum rettulit. Cyzicum obsidione liberavit. Ariobarzani simul cum Agesilao auxilio profectus est; a quo cum Laco pecuniam numeratam accepisset, ille civis suos agro atque urbibus augeri maluit quam id sumere, cuius partem domum suam ferre posset. Itaque accepit Crithoten et Sestum. Idem classi praefectus, circumvehens Peloponnesum Laconicen populatus, classem eorum fugavit, Corcyram sub imperium Atheniensium redegit, sociosque idem adiunxit Epirotas, Athamanas, Chaonas omnesque eas gentes, quae mare illud adiacent. Quo facto Lacedaemonii de diutina contentione destiterunt et sua sponte Atheniensibus imperii maritimi principatum concesserunt pacemque his legibus constituerunt, ut Athenienses mari duces essent.
7 La consecutio temporum © Casa Editrice G. Principato
145
V3 Livio
Un comportamento indiscriminato e... discriminante!
PREREQUISITI prop. relativa, finale, infinitiva, interr. indir., periodo ipotetico, gerundivo, abl. ass.
Numerosi legati romani vengono mandati in Grecia a cercare alleanze contro Perseo, ma non tengono conto delle precedenti dimostrazioni di fedeltà delle popolazioni, scatenando così le loro rimostranze.
aucis post diebus Q. Marcius <et> A. Atilius et P. et Ser. Cornelii Lentuli et L. Decimius, legati in Graeciam missi, Corcyram peditum mille secum aduexerunt; ibi inter se et regiones, quas obirent, et milites diviserunt. L. Decimius missus est ad Gentium regem Illyriorum, quem si aliquem respectum amicitiae cum <populo Romano> habere cerneret, retentare aut etiam ad belli societatem perlicere iussus. Lentuli in Cephallaniam missi, ut in Peloponnesum traicerent oramque maris in occidentem versi ante hiemem circumirent. Marcio et Atilio Epirus, Aetolia, Thessalia circumeundae adsignantur; inde Boeotiam atque Euboeam adspicere iussi, tum in Peloponnesum traicere; ibi congressuros se cum Lentulis constituunt. [...] Lentuli circumeuntes Peloponnesi oppida, cum sine discrimine omnes civitates adhortarentur, ut, quo animo, qua fide adiuvissent Romanos Philippi primum, deinde Antiochi bello, eodem adversus Persea iuvarent, fremitum in contionibus movebant, Achaeis indignantibus eodem se loco esse, qui omnia a principiis Macedonici belli praestitissent Romanis, quo Messenii atque Elii, qui et Macedonis Philippi bello hostes fuissent Romanis et pro Antiocho postea arma adversus populum Romanum tulissent.
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Giudizio e questioni Il testo iniziale di Cicerone riporta più volte il termine iudicium, riferendosi al processo contro Verre; esso coglie il cuore dell’azione giuridica, in quanto deriva dall’unione dei due termini, il sostantivo ius, iuris, “diritto”, e il verbo dico, che significa “pronunciare”: il “pronunciare” appunto è costitutivo del diritto, e a questo gesto si connette tutta l’attività che riguarda la vita giudiziaria: iudex, iudicis, il “giudice”; iudicare, “giudicare”, “emettere una sentenza”; iurisdictio, -onis, “giurisdizione”, l’area in cui si esercita il diritto da parte del magistrato, sia in senso territorile che in quanto sfera di competenza. Nella parola quaestio, -onis che deriva da quaero, “cerco”, “chiedo”, è implicita l’azione dell’indagare per ricercare il colpevole di un reato, come è compito del quaestor svolgere tale inchiesta. In generale le indagini
146
erano definite quaestiones e seguite da de e ablativo a indicare l’oggetto dell’indagine: quaestio de repetundis, de maiestate, ecc. Da quaestio deriva l’italiano “inchiesta”, un’indagine per conoscere qualcosa; da un altro verbo latino che significare “chiedere”, ma di solito si usa per avere qualcosa, peto, -is, petivi, petitum, petere, deriva “petizione”, che designa una richiesta per ottenere qualcosa. Osserva le espressioni: Nemo iudex in causa sua sancisce un principio fondamentale del diritto, ovvero la terzietà del giudice rispetto all’oggetto della lite, cioè il fatto che il giudice non sia coinvolto nella causa stessa. In dubio pro reo: è il principio più importante del diritto penale italiano, per cui non si può essere condannati se esiste anche un solo piccolo dubbio sulla nostra colpevolezza.
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
In teoria
8 Le proposizioni completive Le proposizioni completive o complementari dirette sono subordinate che completano il significato della reggente e svolgono le stesse funzioni di un sostantivo in caso diretto in una frase semplice, cioè fungono da soggetto, complemento oggetto o apposizione rispetto alla reggente. Possono essere esplicite e avere il verbo al congiuntivo, o implicite, con il verbo all’infinito.
1. Completive introdotte da ut 1.1 Proposizioni dichiarative Hanno una funzione soggettiva, oggettiva o epesegetica rispetto alla reggente. Sono introdotte da: • verbi di accadimento, alla 3ª persona singolare con valore impersonale: fit, accidit, evenit, contigit, “accade”, “avviene”; fieri non potest “non può accadere”; • verbi che indicano una conseguenza: facio, efficio, “faccio sì che”; sequitur, “consegue che”, con valore impersonale; • espressioni impersonali: reliquum est, restat, relinquitur, “resta che”; espressioni idiomatiche quali mos, lex est, “è legge”, “è abitudine che”; • pronomi neutri (hoc, id, ecc.) o espressioni che vengono spiegate ulteriormente. In questi casi il congiuntivo è introdotto da ut, negazione ut non, con rapporto di contemporaneità e di anteriorità: Fit ut Caesaris sententia non probetur / probata sit, “Accade che la proposta di Cesare non è / fu approvata”. Accidit ut una nocte omnes coniurati caperentur / capti essent, “Accadde che in una sola notte tutti i congiurati fossero/fossero stati catturati”. Caesar hoc / sententiam dicit, ut exercitum secum habere in animo sibi esset, “Cesare espose ciò / il (suo) parere, cioè che aveva in animo di tenere con sé l’esercito”.
1.2 Proposizioni volitive Sono introdotte da: • rogo, peto, postulo, operam do ecc. “chiedo”, “mi adopero”; • suadeo, hortor, impello, “persuado”, “esorto”; • iubeo, impero, “ordino”. In questi casi il congiuntivo è introdotto da ut, negazione ne, normalmente con rapporto di contemporaneità: Legati postulabant ne urbs deleretur, “Gli ambasciatori chiedevano che la città non fosse distrutta”. Consul imperat ut milites impetum repente faciant, “Il console comanda che i soldati facciano subito un attacco”. 8 Le proposizioni completive © Casa Editrice G. Principato
147
In teoria
1.3 Proposizioni introdotte da espressioni e verba timendi I verbi e le espressioni di timore sono seguiti da una completiva introdotta dalle congiunzioni ut/ne: • timeo, metuo, vereor, “temo” • periculum est, “c’è il pericolo” • anxius, sollicitus sum, “sono in ansia” Ricorre la congiunzione ut se si teme che non avvenga, o non sia avvenuta una cosa che si desidera: Vereor ut contentus sit (Cic.), “Temo che non sia contento” Ricorre la congiunzione ne se si teme che avvenga, o sia avvenuta una cosa che non si desidera: Vereor ne longior fuerim (Cic.), “Temo di essere stato troppo lungo”. Si trova ne non se il verbum timendi è in forma negativa, oppure in alternativa a ut: Non vereor ne non scribendo te expleam (Cic.), “Non temo di non appagarti con le mie lettere”. Vereor ne exercitum firmum habere non possit (Cic.), “Temo che non possa avere un esercito forte”.
2. Proposizioni introdotte da quin e quominus Hanno funzione soggettiva o oggettiva e completano il senso di verbi o espressioni che significano “dubitare”, “impedire”, “rifiutare”.
2.1 Proposizioni introdotte da verba dubitandi I verbi o le espressioni che indicano dubbio in forma negativa o interrogativa sono seguiti da una completiva introdotta dalla congiunzione quin: Non dubito, “non dubito”, dubium non est, “non c’è dubbio” quis dubitat?, “chi dubita?” Non dubitabat quin ei crederemus, (Cic.), “Non dubitava che gli credessimo” e introdotte dalle espressioni: facere non possum, “non posso fare a meno”, praetermittere non possum, “non posso tralasciare”, fieri non potest, “non può accadere”, nihil, paulum abest , “manca nulla, poco che”, nulla causa est, “non c’è alcun motivo”, quid causae est quin, “che motivo c’è”. Prorsus nihil abest quin sim miserrimus, “Non ci manca proprio nulla che io sia infelicissimo”.
nota
bene 148
Sia i verbi di timore che i verbi che esprimono dubbio possono introdurre l’infinito, ma con diverso significato: Dubito haec dicere, “Esito a dire queste cose”. Veritus sum deesse Pompei saluti, “Temevo di venir meno al bene di Pompeo”.
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
2.2 Proposizioni introdotte da verba impediendi e recusandi Le congiunzioni ne, quominus e quin possono essere usate con verbi che esprimono impedimento (verba impediendi) quali impedio, “impedisco”, prohibeo, “proibisco”, deterreo, “distolgo” e verbi che indicano l’idea di “opposizione, resistenza” (verba recusandi) obsto, “ostacolo”, recuso, “rifiuto”, resisto, “oppongo resistenza” ed espressioni come nihil, paulum abest, “nulla/poco manca che”; nulla est causa quin, “non c’è alcun motivo che”; nulla est mora quin, “non c’è alcun indugio perché” ecc.; di solito si trovano le congiunzioni quominus o quin se il verbo reggente è di senso negativo; quominus o ne se il verbo reggente è di senso positivo. Plura ne scribam dolore impedior, “Il dolore mi impedisce di scrivere di più”. Non possumus recusare quin alii a nobis dissentiant, “Non possiamo rifiutare che altri dissentano da noi”.
3. Proposizioni completive dichiarative con l’indicativo Si trovano espresse con l’indicativo le proposizioni dichiarative introdotte da quod, di solito in dipendenza da questi verbi ed espressioni: • verba affectuum, quali gaudeo, laetor, “mi rallegro”, doleo, maereor, “mi addoloro”, “sono triste”, moleste/aequo animo fero, “sopporto a fatica”, “sopporto serenamente”, irascor, “mi adiro”, laudo, “lodo”, reprehendo, “biasimo”, accuso, “accuso”. Gaudeo quod spectant oculi te mille loquentem (Orazio), “Mi rallegro per il fatto che mille sguardi ti fissino mentre declami”. • verbi che significano “aggiungere”, “tralasciare”, quali accedit, adde, adice, “si aggiunge”, “aggiungi”, mitto, omitto, taceo, praetereo, taccio, ometto, tralascio Accedebat huc, quod in concilio Haeduorum Dumnorix dixerat sibi a Caesare regnum civitatis deferri, “Si aggiungeva a ciò il fatto che Dumnorige aveva detto nell’assemblea degli Edui che gli era offerto da Cesare il potere supremo sulla sua tribù” (Ces.) • verbi di accadimento preceduti da un avverbio: bene, opportune fit, evenit, accidit, “accade opportunamente”; molestum est, “è sgradevole” Recte fecisti quod gladiatorium munusVeronensibus nostris promisisti (Pl.G.), Hai fatto bene a promettere ai nostri Veronesi degli spettacoli di gladiatori. • con funzione esplicativa di un pronome neutro nella proposizione principale: Quem fugis? extremum quod te alloquor hoc est (Virg.), “Chi fuggi? Questa è l’ultima volta che ti rivolgo la parola”. Osserva infine l’uso di quod dichiarativo in inizio di periodo, con la funzione di segnare il passaggio ad altra argomentazione: Quod Silius te cum Clodio loqui vult, potes id mea voluntate facere (Cic.), “Quanto al fatto che Silio vuole parlare con te, puoi farlo con il mio consenso”.
nota
bene
Queste proposizioni completive, quando esprimono un pensiero altrui, ricadono nel congiuntivo obliquo: Laudat Africanum Panaetius quod fuerit abstinens (Cic.), “Panezio loda l’Africano, per il fatto che fu moderato”. 8 Le proposizioni completive © Casa Editrice G. Principato
149
In pratica 8 Le proposizioni completive TRADUZIONE M. Belponer
Esercizi e Versioni
Traduci le frasi seguenti. 1. Quibus cognitis quis est qui dubitet quin hic quoque motus animi sit totus opinabilis ac voluntarius? (Cic.) 2. Saepe accidit, ut nihil interesse nostra fateamur (Cic.) 3. Hoc ita praeter exspectationem accidit, ut testem omnium risus obrueret (Cic.). 4. Etenim mihi ipsi accidit ut cum duobus patriciis, altero improbissimo atque audacissimo, altero modestissimo atque optimo viro, peterem (Cic.). 5. Quis autem dubitet quin belli duces ex hac una civitate praestantissimos paene innumerabilis, in dicendo autem excellentis vix paucos proferre possimus? (Cic.) 6. Quis est qui dubitet, quin hac re comperta manifestoque deprehensa aut obeunda mors Cluentio aut suscipienda accusatio fuerit? (Cic.) 7. Caesar monet ut in reliquum tempus omnes suspiciones vitet (Ces.) 8. Censuit pecunias eorum publicandas, ipsos per municipia in custodiis habendos, videlicet timens, ne, si Romae sint, aut a popularibus coniurationis aut a multitudine conducta per vim eripiantur (Sall.) 9. Tamen tu indignaris aliquid aut quereris et non intellegis nihil esse in istis mali nisi hoc unum quod indignaris et quereris? (Sen.) 10. Danda opera erat ut magis gauderes quod habueras quam maereres quod amiseras. (Sen.)
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
Il saggio è pronto all’imprevisto
Cicerone narra un episodio esemplare, del quale sono protagonisti alcuni famosi uomini vissuti ad Atene, tra cui il filosofo Anassagora, che dimostra, con la sua reazione composta alla notizia della morte del figlio, come gli eventi naturali, anche più tristi, possono essere sopportati se previsti.
Cicerone Tusculanae Disputationes, 3, 30
Quod autem Theseus a docto se audisse dicit, id de se ipso loquitur Euripides. Fuerat enim auditor Anassagora, quem ferunt nuntiata morte filii dixisse: ‘sciebam me genuisse mortalem.’ Quae vox declarat iis esse haec acerba, quibus non fuerint cogitata. Ergo id quidem non dubium, quin omnia, quae mala putentur, sint inprovisa graviora. Itaque quamquam non haec una res efficit maximam aegritudinem, tamen, quoniam multum potest provisio animi et praeparatio ad minuendum dolorem, sint semper omnia homini humana meditata. Et nimirum haec est illa praestans et divina sapientia, et perceptas penitus et pertractatas res humanas habere, nihil admirari, cum acciderit, nihil, ante quam evenerit, non evenire posse arbitrari.
TRADUZIONE Maria Belponer
Ciò che Teseo dice di aver sentito da un sapiente, lo dice di se stesso Euripide. Infatti aveva ascoltato le lezioni di Anassagora, di cui si racconta che, quando gli fu annunciata la morte del figlio, disse: «Sapevo di aver generato un mortale». E questa risposta dimostra che gli eventi sono difficili da sopportare per coloro che non li hanno previsti. Perciò non c’è dubbio che le cose che si ritengono cattive, sono peggiori se inaspettate. Così, se non questo solo aspetto rende grandissima la tristezza, tuttavia, poiché la previsione e la preparazione dell’animo contribuiscono molto alla sopportazione del dolore, le vicende umane siano sempre presenti alla riflessione
150
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
dell’uomo. E certamente questa è una forma di saggezza eccellente e divina, avere consapevolezza delle vicende umane profondamente indagate e esaminate, non stupirsi di nulla, quando sia accaduto, non escludere che si possa verificare nulla, prima che si sia verificato.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Nell’ambito di un’opera filosofica destinata a discutere le teorie delle principali scuole greche, e ad attaccare soprattutto l’Epicureismo, Cicerone traccia il ritratto del sapiente posto di fronte all’evento più drammatico: la morte di un figlio, sottolineando come egli possa e sappia fare fronte a ciò richiamandosi alla consapevolezza della caducità umana.
La morfo-sintassi
2. Il passo si apre con una prolessi del relativo, che sottolinea l’affermazione iniziale, istituendo una sorta di catena logica tra il mitico sovrano ateniese Teseo e il tragico Euripide, a cui viene attribuito il ricordo dell’affermazione di Anassagora, il quale a sua volta esplicita l’affermazione di Teseo e la focalizza sulla riflessione intorno alla morte. Al centro del passo si colloca l’enunciazione teorica, secondo cui ciò che è improvviso si sopporta con maggior fatica, ma, essendo la morte un evento naturale, essa non può mai essere improvvisa. 3. L’argomentazione si sviluppa successivamente mediante alcune proposizioni, concessiva – causale – principale (quamquam… efficit/ quoniam... potest/...tamen… sint), che riproducono l’andamento retorico nel succedersi di osservazioni e obiezioni; si chiude, infine, con una proposizione principale Et nimirum haec est illa praestans et divina sapientia, cui seguono le proposizioni infinitive esplicative, et ... res humanas habere, nihil admirari, non evenire posse arbitrari, a loro volta ampliate da ulteriori subordinate temporali.
Lo stile
4. Il passo si snoda secondo la modalità dell’argomentazione filosofica e fa ricorso a termini astratti, tra cui aegritudo e dolor, che appartengono alla stessa sfera semantica, ma esprimono due concetti diversi: l’aegritudo è l’espressione del dolore come sofferenza morale, la “tristezza”, il dolor è in senso generale la sofferenza in quanto tale, che può essere anche fisica, sebbene in questa accezione ricorra più spesso il termine labor. 5. Il periodo conclusivo è scandito dal polisindeto introdotto da et che definisce la sapientia, dapprima con due attributi, praestans et divina, enfatizzati dal determinativo illa, quindi specificandone le azioni; la prima di queste azioni della sapientia è, a sua volta, sottolineata dall’allitterazione perceptas penitus pertractatas, con l’insistenza sulla preposizione per-, che sottolinea l’indagine in profondità, e dalla successiva anafora di nihil.
8 Le proposizioni completive © Casa Editrice G. Principato
151
V1 Eutropio
Un’importante riforma istituzionale Il comportamento violento ed arrogante dei Tarquini provoca la cacciata dei re e l’istituzione del consolato, con precise garanzie istituzionali.
PREREQUISITI prop. finale, periodo ipotetico, prop. relativa, infinitiva, abl. ass.
Hinc consules coepere, pro uno rege duo, hac causa creati, ut, si unus malus esse voluisset, alter eum, habens potestatem similem, coerceret. Et placuit, ne imperium longius quam annuum haberent, ne per diuturnitatem potestatis insolentiores redderentur, sed civiles semper essent, qui se post annum scirent futuros esse privatos. Fuerunt igitur anno primo ab expulsis regibus consules L. Iunius Brutus, qui maxime egerat, ut Tarquinius pelleretur, et Tarquinius Collatinus, maritus Lucretiae. Sed Tarquinio Collatino statim sublata est dignitas. Placuerat enim, ne quisquam in urbe remaneret, qui Tarquinius vocaretur. Ergo accepto omni patrimonio suo ex urbe migravit, et loco ipsius factus est L. Valerius Publicola consul. Commovit tamen bellum urbi Romae rex Tarquinius, qui fuerat expulsus, et collectis multis gentibus, ut in regnum posset restitui, dimicavit.
V2 Valerio Massimo
Contro il trionfo facile... Valerio Massimo riferisce le misure stabilite per evitare l’abuso della celebrazione del trionfo.
PREREQUISITI dativo, prop. finale, prop. relativa, infinitiva
Ob levia proelia quidam imperatores triumphos sibi decerni desiderabant. Quibus ut occurreretur, lege cautum est ne quis triumpharet, nisi qui V milia hostium una acie cecidisset: non enim numero, sed gloria triumphorum excelsius urbis nostrae futurum decus maiores existimabant. Ceterum ne tam praeclara lex cupiditate laureae oblitteraretur, legis alterius adiutorio fulta est, quam L. Marcius et M. Cato tribuni plebei tulerunt: poenam enim imperatoribus minatur, qui aut hostium occisorum in proelio aut amissorum civium falsum numerum litteris senatui ausi essent referre, iubetque eos, cum primum urbem intrassent, apud quaestores urbanos iurare de utroque numero vere ab iis senatui esse scriptum.
V3 Cesare
Iniziative di Pompeo Cesare illustra le iniziative di Pompeo, ormai chiaramente intenzionato ad opporsi duramente a lui, senza rispetto per le antiche consuetudini repubblicane.
PREREQUISITI dativo, prop. relativa, infinitiva
Proximis diebus habetur extra urbem senatus. Pompeius eadem illa, quae per Scipionem ostenderat agit; senatus virtutem constantiamque collaudat; copias suas exponit; legiones habere1 sese paratas X; praeterea cognitum compertumque sibi alieno esse animo in Caesarem milites neque eis posse persuaderi, uti (= ut) eum defendant aut sequantur. Statim de reliquis rebus ad senatum refertur: tota Italia delectus habeatur; Faustus Sulla propere in Mauretaniam mittatur; pecunia ut ex aerario Pompeio detur. Refertur etiam de rege Iuba, ut socius sit atque amicus; Marcellus vero passurum se in praesentia negat. De Fausto impedit Philippus, 152
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
tribunus plebis. De reliquis rebus senatusconsulta perscribuntur. Provinciae privatis decernuntur duae consulares, reliquae praetoriae. Scipioni obvenit Syria, L. Domitio Gallia; Philippus et Cotta privato consilio praetereuntur, neque eorum sortes deiciuntur. In reliquas provincias praetores mittuntur. Neque exspectant, quod superioribus annis acciderat, ut de eorum imperio ad populum feratur paludatique votis nuncupatis exeant. 1. legiones habere: sottintendi a questa e alle infinitive successive un verbo di dire.
V4 Cesare
Conferme immediate Cesare ottiene con un vibrante discorso la pronta risposta delle legioni che erano sembrate esitanti di fronte alle necessità della guerra.
PREREQUISITI abl. ass., gerundivo, dativo, prop. relativa, finale, infinitiva
Hac oratione habita mirum in modum conversae sunt omnium mentes summaque alacritas et cupiditas belli gerendi innata est, princepsque X. legio per tribunos militum ei gratias egit quod de se optimum iudicium fecisset, seque esse ad bellum gerendum paratissimam confirmavit. Deinde reliquae legiones cum tribunis militum et primorum ordinum centurionibus egerunt uti (= ut) Caesari satis facerent: se neque umquam dubitasse neque timuisse neque de summa belli suum iudicium sed imperatoris esse existimavisse. Eorum satisfactione accepta et itinere exquisito per Diviciacum, quod ex Gallis ei maximam fidem habebat, ut milium amplius quinquaginta circuitu locis apertis exercitum duceret, de quarta vigilia, ut dixerat, profectus est. Septimo die, cum iter non intermitteret, ab exploratoribus certior factus est Ariovisti copias a nostris milia passuum IIII et XX abesse.
V5 Cesare
Blocco del porto di Brindisi Cesare, giunto di fronte a Brindisi, dove Pompeo è rimasto con una schiera nutrita di uomini, ne blocca il porto per evitare che il suo avversario possa dominare il mare Adriatico, con l’appoggio dei consoli, che tengono Durazzo.
PREREQUISITI abl. ass., gerundivo, prop. relativa, finale, infinitiva, int. indiretta
His datis mandatis Brundisium cum legionibus VI pervenit, veteranis III et reliquis, quas ex novo dilectu confecerat atque in itinere compleverat; Domitianas enim cohortes protinus a Corfinio in Siciliam miserat. Reperit consules Dyrrachium profectos cum magna parte exercitus, Pompeium remanere Brundisii cum cohortibus viginti; neque certum inveniri poterat, obtinendine Brundisii2 causa ibi remansisset, quo facilius omne Hadriaticum mare ex ultimis Italiae partibus regionibusque Graeciae in potestate haberet atque ex utraque parte bellum administrare posset, an inopia navium ibi restitisset1, veritusque ne ille Italiam dimittendam non existimaret, exitus administrationesque Brundisini portus impedire instituit. Quorum operum haec erat ratio. Qua fauces erant angustissimae portus, moles atque aggerem ab utraque parte 1. obtinendine Brundisii... remansisset... an inopia navium ibi restitisset: proposizioni interrogative disgiuntive introdotte dal -ne enclitico e da an:
“se fosse rimasto... o se...”. 2. obtinendi Brundisii: è gerundivo legato a causa. 8 Le proposizioni completive
© Casa Editrice G. Principato
153
litoris iaciebat, quod his locis erat vadosum mare. A fronte atque ab utroque latere cratibus ac pluteis protegebat; in quarta quaque earum turres binorum tabulatorum excitabat, quo commodius ab impetu navium incendiisque defenderet.
V6 Cicerone
Attenzione ai simpatizzanti! Nel manualetto che Quinto Tullio Cicerone scrive per istruire il più famoso fratello Marco, candidato al consolato, leggiamo questi significativi consigli per lusingare i simpatizzanti.
PREREQUISITI gerundivo, prop. causale, relativa, infinitiva, int. indiretta
Et, quoniam adsectationis mentio facta est, id quoque curandum est ut cottidiana cuiusque generis et ordinis et aetatis utare; nam ex ea ipsa copia coniectura fieri poterit quantum sis in ipso campo virium ac facultatis habiturus. Huius autem rei tres partes sunt: una salutatorum [cum domum veniunt], altera deductorum, tertia adsectatorum. In salutatoribus, qui magis vulgares sunt et hac consuetudine quae nunc est ad pluris veniunt, hoc efficiendum est ut hoc ipsum minimum officium eorum tibi gratissimum esse videatur; qui domum tuam venient, iis significato te animadvertere (eorum amicis qui illis renuntient ostendito, saepe ipsis dicito); sic homines saepe, cum obeunt plures competitores et vident unum esse aliquem qui haec officia maxime animadvertat, ei se dedunt, deserunt ceteros, minutatim ex communibus proprii, ex fucosis firmi suffragatores evadunt.
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Campagna elettorale
significa: oro vos faciatis, “vi prego di fare”; l’iscrizione significa:
Nell’ultimo passo di questa sezione hai letto i consigli che Quinto Tullio Cicerone dà al fratello Marco alla vigilia delle elezioni: in particolare egli distingue diversi tipi di simpatizzanti, i salutatores, quelli che non hanno ancora scelto, e quindi possono cambiare campo all’ultimo momento, i deductores, coloro che accompagnano il candidato, che non deve mai presentarsi in pubblico da solo e gli adsentatores, che seguono in massa il candidato ovunque vada, per mettersi in mostra, poiché essere visti insieme ad un uomo politico importante garantisce anche a loro un ruolo.
“Votate, o vicini, Lucio Stazio Recetto/come duoviro giusdicente/ ne è degno./Ha dipinto Emilio Celere che abita vicino./ Invidioso che cancelli/ che ti venga un accidente!”
Il sistema elettorale latino era una macchina complessa, che si basava su una importante propaganda, sul ruolo del seguito di ogni uomo politico, che legava a sé i simpatizzanti con regali e favori; protagonisti importanti della propaganda elettorale erano gli scriptores, che realizzavano gli annunci di veri e propri manifesti elettorali, realizzati con scritte a vernice rossa o nera sui muri. Un famoso scriptor pompeiano realizzò questa scritta a Pompei, vicino alla casa del Centenario: L. Statium Receptum/…vir… i. d. OVF/ vicini. Dignus/ scr. Aemilius Celer vic./ Invidiose/ qui deles/ aegrotes. L’abbreviazione OVF è tipica dei manifesti elettorali e
154
Molti modi di dire latini sono arrivati fino a noi praticamente inalterati. Tra questi troviamo, per esempio, il “ministro ad interim” cioè provvisorio, in attesa del ministro definitivo; par condicio: espressione assai diffusa che indica la necessità di garantire a tutti i candidati la stessa “visibilità” nella propaganda; nel nostro contesto allude soprattutto ad un uguale porzione garantita negli spazi televisivi. Per definire un’importante riunione politica, poi, si usa ancora la parola plenum, che in origine definiva i cittadini che godevano appieno dei diritti e doveri della cittadinanza romana. Osserva, infine, l’origine del termine “candidato”: esso indica l’aspirante a una carica politica e deriva dall’usanza latina di indossare una toga candida, di particolare eleganza, per ottenere maggiore visibilità. Lo storico Livio racconta che nel 432 a.C. una legge proibì che le vesti dei candidati fossero sbiancate in modo eccessivo: «Si stabilì che per reprimere gli abusi della propaganda elettorale, i tribuni presentassero una legge che vietava di rendere più candida la toga».
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
In teoria
9 Le proposizioni interrogative indirette Le proposizioni interrogative indirette sono completive complementari dirette che esprimono una domanda in dipendenza da una reggente, quindi da un verbo che significa “chiedere”, “dire”, “rispondere”, “sapere”, “essere incerto”, “pensare”. Utilizzano il congiuntivo secondo la norma della consecutio temporum per indicare un rapporto di contemporaneità, anteriorità o posteriorità rispetto alla reggente. Possono essere semplici o disgiuntive.
1. Interrogative indirette semplici Sono introdotte da: • pronomi e aggettivi interrogativi come quis, quid, “chi”, “che cosa”, quot, “quanto”, “quanti”, quantus, -a, -um, “quanto grande”, uter, utra, utrum, “quale dei due” ecc. • particelle, congiunzioni o avverbi interrogativi come -ne (enclitica), nonne, num; cur, “perché”, quando, “quando”, ubi, “dove”, quo, “verso dove”, quomodo, “come” ecc. Ex te quaero quid censeas/ censueris/censurus sis, “Ti chiedo cosa pensi, hai pensato, penserai”. Ex te quaerebam quid censeres/censuisses/ censurus esses, “Ti chiedevo cosa pensassi/ avessi pensato/ avresti pensato”. Vides ut nudus inopsque domum redeam, “Vedi come ritorno a casa nudo e povero”. Nemo Romanorum quaerebat cur Catilina contra rem publicam movisset, “Nessuno dei Romani chiedeva perché Catilina avesse mosso contro lo Stato”.
2. Interrogative indirette disgiuntive Le proposizioni interrogative indirette possono essere disgiuntive, introdotte da: utrum… an -ne… an an, solo nella seconda proposizione -ne, solo nella seconda proposizione Ex te quaero utrum Romanus sis an Graecus /Ex te quaero Romanusne sis an Graecus/ Ex te quaero Romanus an Graecus sis /Ex te quaero Romanus Graecusne sis “Ti chiedo se sei Romano o Greco”. 9 Le proposizioni interrogative indirette © Casa Editrice G. Principato
155
In teoria
Se la seconda disgiuntiva è negata in forma breve, si usa necne o an non: Ex te quaero utrum Romam venturus sis an non/ necne, “Ti chiedo se verrai a Roma o no”.
3. Uso del congiuntivo nelle interrogative Nelle proposizioni interrogative indirette puoi trovare anche il congiuntivo potenziale, dubitativo o irreale, che può non coincidere con il tempo impiegato nella consecutio temporum: Cato saepe quaerit quid faceret contra Carthaginem, “Catone chiede spesso cosa avrebbe dovuto fare contro Cartagine”. Rogas quid faceret, “Chiedi cosa avrebbe dovuto / potuto fare”. Haec opinio violentior est quam vellem, “Questo parere è più violento di quanto avrei voluto”. Analogamente, il congiuntivo nelle interrogative dirette rientra nella categoria dei congiuntivi indipendenti, di solito potenziale o dubitativo: Quid faciam? “Che cosa potrei/ dovrei fare?” Si definiscono dubitative le proposizioni in cui non è rivolta una vera domanda, ma piuttosto espresso un dubbio; esse sono introdotte da espressioni quali haud scio, nescio, “non so”, dubito, “dubito”, incertum est, “è incerto”, seguiti da an, con significato di “se non”, e da an non, an minus ecc. con significato di “se”. Haud scio an minus hoc vobis probaturus sim, “Non so se riuscirò a provarvi ciò”. Haud scio an hoc fieri possit, “Non so se ciò non può accadere”.
156
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
In TRADUZIONE pratica 9 Le proposizioni interrogative indirette M. Belponer
Esercizi e Versioni 1.
Traduci le seguenti frasi.
1. Hi suos notos hospitesque quaerebant, per quem quisque eorum aditum commendationis haberet ad Caesarem (Ces.). 2. Caesar quaesitvit cur hunc tam temere quisquam ab officio discessurum iudicaret (Ces.). 3. Ex me audies quid in oratione tua desiderem (Cic.). 4. Nec tamen didici ex oratione tua, istam ipsam rem publicam quam laudas qua disciplina quibus moribus aut legibus constituere vel conservare possimus (Cic). 5. Ille saepius appellatus aspexit ac restitit et, quis esset et quid vellet, quaesivit. (Ces.) 6. Quaerendum est enim, ubi sit illud summum bonum, quod reperire volumus. (Cic.) 7. Illud forsitan quaerendum sit, num haec communitas, quae maxime est apta naturae ea sit etiam moderationi modestiaeque semper anteponenda (Cic.). 8. Sed quaerendum est satisne id quod volumus (oratores) effecerint (Cic.). 9. Cum interrogaretur, utrum pluris, patrem matremne, faceret, Matrem inquit (Nepote). 10. Conveniunt duces; quaeritur, quid opus sit facto (Nepote). 11. Lysander petiit a Pharnabazo, ut ad ephoros sibi testimonium daret, quanta sanctitate bellum gessisset sociosque tractasset (Nepote). 12. In Eumene quanta omnium fuerit opinio eorum, qui post Alexandrum Magnum reges sunt appellati, ex hoc facillime potest iudicari, quod nemo Eumene vivo rex appellatus est, sed praefectus (Nepote).
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
Perché non fidarsi di Marco Bruto?
Cicerone rivendica il diritto di Marco Bruto, uno degli uccisori di Cesare, di guidare un esercito che ristabilisca la legittimità repubblicana contro le manovre di Antonio e dei suoi seguaci.
Cicerone, Filippiche, X, 23
Ad has pestis opprimendas cur moleste feramus quod M. Bruti accessit exercitus? Inmoderati, credo, hominis et turbulenti; videte ne nimium paene patientis. Etsi in illius viri consiliis atque factis nihil nec nimium nec parum umquam fuit. Omnis voluntas M. Bruti, patres conscripti, omnis cogitatio, tota mens auctoritatem senatus, libertatem populi Romani intuetur; haec habet proposita, haec tueri vult. Temptavit, quid patientia perficere posset; nihil cum proficeret, vi contra vim experiendum putavit. Cui quidem, patres conscripti, vos idem hoc tempore tribuere debetis, quod a.d. XIII Kalendas Ian. D. Bruto, C. Caesari me auctore tribuistis, quorum privatum de re publica consilium et factum auctoritate vestra est comprobatum atque laudatum. Quod idem in M. Bruto facere debetis, a quo insperatum et repentinum rei publicae praesidium legionum, equitatus, auxiliorum magnae et firmae copiae comparatae sunt. Adiungendus est Q. Hortensius, qui cum Macedoniam obtineret, adiutorem se Bruto ad comparandum exercitum fidissimum et constantissimum praebuit.
TRADUZIONE Maria Belponer
Perché dovrebbe dispiacerci che anche l’esercito di Marco Bruto si aggiunga ad estirpare questi uomini rovinosi? L’esercito di un uomo ambizioso e turbolento, lo so; riconoscete piuttosto che è anche troppo paziente. Eppure nelle decisioni e nelle 9 Le proposizioni interrogative indirette © Casa Editrice G. Principato
157
azioni di quell’uomo non ci fu mai nulla di troppo né di troppo poco. Ogni volere di Marco Bruto, senatori, ogni riflessione, tutto il suo pensiero mira all’autorità del Senato, alla libertà del popolo romano: si pone questi scopi, questi scopi vuole tutelare. Ha verificato che cosa potesse ottenere con la pazienza: poiché non otteneva nulla, ritenne di dover ricorrere alla forza contro la forza. E certamente anche a lui, senatori, dovete concedere ora ciò che, su mia proposta, riconosceste il 20 dicembre a Decimo Bruto e a Gaio Cesare, dei quali avete convalidato ed elogiato con una vostra deliberazione decisioni ed azioni private compiute per lo Stato. Questo stesso comportamento dovete tenere nei confronti di Marco Bruto, che ha fornito grandi e valide forze, con un presidio del tutto insperato di legioni per lo Stato. Bisogna inoltre riconoscere l’apporto di Quinto Ortensio, che, mentre governava la Macedonia, si rese collaboratore fedelissimo e saldissimo di Bruto per predisporre l’esercito.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Il passo appartiene alla decima Filippica di Cicerone ed è volto a sostenere la legittimità dell’intervento di Bruto, che si trovava in Oriente, contro Antonio e i suoi seguaci, tra cui i veterani di Cesare, per ristabilire la piena legalità della repubblica e l’autorità del Senato, messi in crisi da Cesare prima e, ai tempi delle Filippiche, dal suo erede Antonio. Se in un primo momento Bruto aveva cercato una soluzione pacifica, in disaccordo con Cicerone, che pure gli era profondamente amico, in questa fase condivide con l’anziano oratore la necessità di dare una svolta militare alla vicenda del potere conteso a Roma, come poi accadrà nello scontro decisivo di Filippi.
La morfo-sintassi
2. Il passo si apre con una interrogativa diretta rivolta all’assemblea, espressa con un congiuntivo dubitativo, un espediente retorico volto ad ottenere consenso, e prosegue tratteggiando un ritratto in qualche modo esemplare di Marco Bruto: le caratteristiche negative, infatti (immoderati et turbulenti) sono rovesciate nel contrario, e all’uomo viene attribuita un’eccessiva pazienza, quella che lo ha dissuaso, fino a quel momento, dall’intervento militare. La modulazione retorica si esplica nelle coppie dei termini (consiliis atque factis) e nelle coordinazioni, costruite in allitterazione: nihil nec nimium nec parum, in cui gioca anche l’opposizione nimium/parum, da cui discende l’affermazione di un sostanziale equilibrio del personaggio. L’andamento sintattico è lineare: proposizioni principali cui si legano rare subordinate (l’interrogativa indiretta quid... posset, il cum narrativo), con la ricorrenza più frequente delle proposizioni relative, anche in posizione prolettica, ad enfatizzare l’affermazione, e delle forme di gerundivo, ad indicare la necessità ormai cogente.
Lo stile
3. L’andamento del passo è naturalmente scandito dagli artifici retorici: le allitterazioni e le antitesi già ricordate, le anafore, l’endiadi insperatum et repentinum, il ricorrere dell’espressione consiliis atque factis, consilium et factum, che assume nel contesto il valore di un’azione privata finalizzata al bene dello Stato, esemplificata sul passato. L’andamento veloce, privo di particolari complessità sintattiche, rende l’eloquio efficace e immediato, al fine di ottenere la persuasione dell’assemblea. 158
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
V1 Livio
L’appello di una madre Coriolano va incontro alla madre, che lo convince a desistere dall’attacco a Roma con un fortissimo appello.
PREREQUISITI cum narrativo, participio, prop. finale, relativa, per. ipotetico,
Coriolanus prope ut amens consternatus ab sede sua cum ferret matri obviae complexum, mulier in iram ex precibus versa ‘sine, priusquam complexum accipio, sciam’ inquit, ‘ad hostem an ad filium venerim, captiva materne in castris tuis sim. In hoc me longa vita et infelix senecta traxit ut exsulem te deinde hostem viderem? potuisti populari hanc terram quae te genuit atque aluit? non tibi, quamvis infesto animo et minaci perveneras, ingredienti fines ira cecidit? non, cum in conspectu Roma fuit, succurrit: intra illa moenia domus ac penates mei sunt, mater coniunx liberique? ergo ego nisi peperissem, Roma non oppugnaretur; nisi filium haberem, libera in libera patria mortua essem. Sed ego mihi miserius nihil iam pati nec tibi turpius usquam possum, nec ut sum miserrima, diu futura sum: de his videris, quos, si pergis, aut immatura mors aut longa servitus manet.’ Uxor deinde ac liberi amplexi, fletusque ob omni turba mulierum ortus et comploratio sui patriaeque fregere tandem virum. Complexus inde suos dimittit: ipse retro ab urbe castra movit.
V2 Cicerone
Impossibile godere dell’otium In un momento di grande difficoltà dello Stato, Cicerone rimpiange di non potersi dedicare all’ozio letterario e guarda con rimpianto a coloro che poterono ritirarsi dalla vita pubblica.
PREREQUISITI cum narrativo, prop. completive, concessiva, relativa, infinitiva
Ita nobismet ipsis accidit ut, quamquam essent multo magis alia lugenda, tamen hoc doleremus quod, quo tempore aetas nostra perfuncta rebus amplissimis tamquam in portum confugere deberet non inertiae neque desidiae, sed oti moderati atque honesti, cumque ipsa oratio iam nostra canesceret haberetque suam quandam maturitatem et quasi senectutem, tum arma sunt ea sumpta, quibus illi ipsi, qui didicerant eis uti gloriose, quem ad modum salutariter uterentur non reperiebant. Itaque ei mihi videntur fortunate beateque vixisse cum in ceteris civitatibus tum maxume in nostra, quibus cum auctoritate rerumque gestarum gloria tum etiam sapientiae laude perfrui licuit. Quorum memoria et recordatio in maxumis nostris gravissimisque curis iucunda sane fuit, cum in eam nuper ex sermone quodam incidissemus.
9 Le proposizioni interrogative indirette © Casa Editrice G. Principato
159
V3 Sallustio
Un malcontento da sfruttare Catilina è fuggito da Roma e i suoi complici Cetego e Lentulo cercano di far leva sul malcontento degli Allobrogi, una popolazione gallica che si riteneva vessata dai Romani, affidando il compito a Umbreno, che era stato in Gallia.
PREREQUISITI cum narrativo, participio, prop. completive, concessiva, relativa, infinitiva, temporale, causale
Igitur P. Umbreno cuidam negotium dat, uti (= ut) legatos Allobrogum requirat eosque, si possit, inpellat ad societatem belli, existumans publice privatimque aere alieno oppressos, praeterea quod natura gens Gallica bellicosa esset, facile eos ad tale consilium adduci posse. Umbrenus, quod in Gallia negotiatus erat, plerisque principibus civitatum notus erat atque eos noverat. Itaque sine mora, ubi primum legatos in foro conspexit, percontatus pauca de statu civitatis et quasi dolens eius casum requirere coepit, quem exitum tantis malis sperarent. Postquam illos videt queri de avaritia magistratuum, accusare senatum, quod in eo auxili nihil esset, miseriis suis remedium mortem exspectare: “At ego”, inquit, “vobis, si modo viri esse voltis (= vultis), rationem ostendam, qua tanta ista mala effugiatis.” Haec ubi dixit, Allobroges in maxumam spem adducti Umbrenum orare1, ut sui misereretur: nihil tam asperum neque tam difficile esse, quod non cupidissume facturi essent, dum ea res civitatem aere alieno liberaret2. 1. Allobroges... orare: infinito storico.
2. dum... liberaret: traduci dum con “pur di” + infinito.
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Arte diplomatica La patientia di Bruto, che Cicerone menziona, ma di cui vede il limite, esprime non solo la capacità di sopportare, da patior, ma anche, e soprattutto in questo caso, la “diplomazia”, termine che non ha corrispondenza etimologica in latino, il desiderio di esercitare la mediazione, fino a quando essa non si rivela fallimentare. Il termine “diplomazia” ha invece origine greca, e deriva dalla radice del verbo dyploo, che significa “raddoppio”; la prima accezione del vocabolo, infatti, è “doppiezza”, requisito che un buon diplomatico, evidentemente, deve
160
possedere. Nelle parole di Cicerone, la patientia, che si può intendere con “diplomazia”, è invece senz’altro una dote positiva, perché esprime il tentativo di Bruto di risparmiare alla res publica la prova delle armi; essa si è espressa, fino al momento in cui Cicerone scrive, tramite consilia et facta, ma deve infine cedere il passo alla vis, perché solo con l’esercito è possibile contrapporsi ad un esercito ormai schierato. Le azioni di Bruto sono espresse con i due verbi temptavit ed experiendum: essi indicano entrambi il tentativo, con una sfumatura che si maniene in italiano; “tentare” significa esplorare una possibilità, “sperimentare” mettere alla prova concretamente, in modalità pratica, per ottenere un risultato tangibile.
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
In teoria
10 Le proposizioni circostanziali 1 1. Proposizioni finali Le proposizioni finali esprimono il fine dell’azione; in latino le finali esplicite sono espresse dal congiuntivo presente, se nella reggente c’è un tempo principale, imperfetto, se nella reggente c’è un tempo storico, quindi in accordo con l’articolazione della consecutio temporum; sono introdotte dalla congiunzione ut nella finale positiva, da ne nella finale negativa, tradotte con le congiunzioni “affinché”, “affinché non” o, meglio, “perché”, “perché non” nella forma esplicita; “per”, “per non” con l’infinito nella forma implicita, cui si può ricorrere solo se c’è identità di soggetto tra la frase reggente e la subordinata finale: Non ut edam vivo, sed ut vivam edo (Quintiliano), “Non vivo per mangiare, mangio per vivere”. Codrus se in medios immisit hostes veste famulari, ne posset agnosci (Cicerone), “Codro, per non essere riconosciuto, si gettò in mezzo ai nemici vestito da servo”. Saguntini urbem muniunt ne Hannibal templa evertat, “I Saguntini rafforzano le difese della città, perché (affinché) Annibale non distrugga i templi”. Saguntini urbem muniverunt ne Hannibal templa everteret, “I Saguntini rafforzarono le difese della città, perché (affinché) Annibale non distruggesse i templi”.
nota
bene
■ In presenza di un comparativo, di norma ut è sostituito da quo: Acastum retine, quo commodius tibi ministretur (Cicerone), “Trattieni Acasto, perché (affinché) tu sia assistito in modo più adeguato”. ■ Con ne si nega l’intera proposizioni, con ut non solo un termine: Ne dolere quidem possum ut non ingratus videar (Cicerone), “Non posso nemmeno dolermi, per sembrare non ingrato”.
1.2 Altri modi di esprimere le proposizioni finali Relative con valore finale, introdotte quindi da pronomi relativi: Ranae regem petiere a Iove, qui dissolutos mores vi compesceret (Fedro), “Le rane chiesero a Giove un re, perché frenasse con la forza i loro comportamenti dissoluti”. Relative implicite, espresse con: • ad e il gerundio o gerundivo accusativo: Caesar in Italiam ad conventus habendos proficiscitur (Cesare), “Cesare parte per l’Italia per tenervi le sessioni giudiziarie” • causa o gratia e il genitivo del gerundio o gerundivo: Ubii purgandi sui causa ad Caesarem legatos mittunt (Cesare), “Gli Ubi mandano ambasciatori a Cesare per giustificarsi”.
10 Le proposizioni circostanziali 1 © Casa Editrice G. Principato
161
In teoria
• col supino in -um, in dipendenza da verbo di moto: Haedui legatos ad Caesarem mittunt rogatum auxilium (Cesare), “Gli Edui mandano a Cesare ambasciatori per chiedere aiuto. • con il participio futuro o, meno frequentemente, presente: Hannibal mare Inferum petit, oppugnaturus Neapolim (Livio), Annibale si dirige verso il mar Tirreno, per assalire Napoli
2. Proposizioni consecutive Le proposizioni consecutive esprimono una conseguenza della proposizione principale; in latino si trovano espresse in tutti i tempi del congiuntivo, che si rendono in italiano con i corrispondenti tempi dell’indicativo, nella forma esplicita, con l’infinito nella forma implicita; la traduzione in forma implicita è possibile solo se il soggetto della frase reggente coincide con quello della consecutiva. Esse sono introdotte dalla congiunzione ut, nella forma positiva, ut non nella forma negativa, e sono spesso anticipate da un elemento prolettico, o “spia”, come sic, tam, eo, oppure il pronome is, ea, id nella proposizione principale: Quis est tam demens ut sua voluntate maereat? (Cic.), “Chi è tanto insensato da affliggersi volontariamente?” Alcibiades erat ea sagacitate ut decipi non posset (Nepote), “Alcibiade aveva una tale astuzia che non poteva essere ingannato”. Hannibal adeo gravi morbo afficitur oculorum, ut postea numquam dextro aeque bene usus est (Nepote), “Annibale fu colpito da una così grave malattia agli occhi, che in seguito non poté mai più fare uso del destro adeguatamente”. Caesar tam clemens erga inimicos fuit ut etiam hodie fama humanitatis habeat, “Cesare fu tanto clemente verso gli avversari che ancor oggi ha fama di umanità”.
nota
bene
■ La congiunzione ut introduce diversi tipi di proposizioni, distinguibili innanzitutto in proposizioni completive e complementari indirette o circostanziali. ■ Per distinguerne l’uso e quindi il significato, si deve innanzitutto operare la prima distinzione tra queste due ampie categorie: le proposizioni complementari dirette introducono il soggetto o il complemento oggetto del verbo reggente, quindi sono necessarie al significato del verbo stesso. Aedui Caesarem rogaverunt ut sibi liceret provinciae limes transire, “Gli Edui chiesero a Cesare che fosse loro possibile attraversare il confine della provincia” (c. oggetto: chiesero il passaggio). Accidit ut nocte moenia obsessa sint, “Si verificò che di notte le mura furono assediate” (sogg..: si verificò l’assedio delle mura) ■ Le proposizioni circostanziali invece introducono una circostanza accessoria, non indispensabile a completare il senso del verbo principale: Hannibal Capuae mansit ut vires reficeret, “Annibale si fermò a Capua per ristorare le forze: la frase reggente ha senso compiuto indipendentemente dalla finale. ■ Inoltre, in presenza della congiunzione ut se c’è un elemento prolettico (la spia!) nella principale per evitare l’equivoco con la proposizione finale. Talvolta l’elemento che precede la proposizione consecutiva è un aggettivo che esprime un eccesso, quindi di grado superlativo o comparativo: Hostes turrim elatissimam aedificaverunt, ut Romani ascendere non possent, “I nemici costruirono una torre altissima, tanto che i Romani non potevano scalarla”. Clades asperior fuit ut sine fletu acciperetur, la sconfitta fu troppo grande per essere accolta senza lacrime.
162
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
In TRADUZIONE pratica 10 Le proposizioni circostanziali 1 M. Belponer
Esercizi e Versioni 1.
Nelle frasi seguenti distingui i valori di ut e ne e poi traduci: 1. Cicero brevissime locutus est ut perfidiam Catilinae incusaret. 2. Universa urbs ad arma tanta contentione cucurrit ut hostes statim vererentur ne vincerentur. 3. In maximo urbis discrimine omnes cives arma capiunt ut libertas servetur. 4. Prima luce Caesar pugna committit verens ne ab hostibus castra circumirentur. 5. Ex multis amicis pauci modo Labienum secuti sunt ut contra Caesarem pugnarent. 6. Universi hostes urbem adorti sunt ut facillime et brevissime delerent. 7. Tanta eloquentia Caesar milites monuit ut exercitus retineri non poterit ab armis. 8. In confertissimos hostes Catilina se iecit, ut virtus plane eniteret. 9. Ut hostes vidit, Catilina acerrime impetum fecit ut strenue moriretur. 10. Ut Sallustius locutus est,antiquitus tanta Romae virtus ut civitatem ex parva maximam fecerit. 11. Apud maiores nostros tanta erat concordia ut semper contra hostes bellarent, numquam cives adorti sint. 12. Caesar, ut vidit acerrimos hostes, exercitum hortatus est ut paratus esset ad atrocissimam pugnam.
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
Favorire il singolo o lo Stato?
Cicerone, nel De officiis, l’opera filosofica che è considerata il suo testamento spirituale, nella forma di una lunga lettera indirizzata al figlio Marco, afferma che l’interesse dello Stato è da privilegiare rispetto a quello del singolo a cui, però, bisogna far fronte.
Cicerone De officiis, II, 72
Sed quoniam de eo genere beneficiorum dictum est, quae ad singulos spectant, deinceps de iis, quae ad universos quaeque ad rem publicam pertinent, disputandum est. Eorum autem ipsorum partim eius modi sunt, ut ad universos cives pertineant, partim, singulos ut attingant, quae sunt etiam gratiora. Danda opera est omnino, si possit, utrisque, nec minus, ut etiam singulis consulatur, sed ita, ut ea res aut prosit aut certe ne obsit rei publicae. C. Gracchi frumentaria magna largitio, exhauriebat igitur aerarium; modica M. Octavii et rei publicae tolerabilis et plebi necessaria, ergo et civibus et rei publicae salutaris. In primis autem videndum erit ei, qui rem publicam administrabit, ut suum quisque teneat neque de bonis privatorum publice deminutio fiat. [...] Hanc enim ob causam maxime, ut sua tenerentur, res publicae civitatesque constitutae sunt.
TRADUZIONE Maria Belponer
Poiché si è detto di quel genere di vantaggi che riguardano le singole persone, a questo punto bisogna passare in rassegna quelli che riguardano tutti e soprattutto lo Stato. Tra questi stessi, alcuni sono di tal natura che appartengono a tutti i citta10 Le proposizioni circostanziali 1 © Casa Editrice G. Principato
163
dini, altri sono tali da riguardare solo i singoli, e sono ancora più graditi. Si faccia in modo, se è possibile, di giovare agli uni e agli altri, ma in modo tale che il vantaggio giovi, o almeno non danneggi, lo Stato. La distribuzione di grano voluta da Gaio Gracco fu troppo grande, e impoverì l’erario, quella moderata di Marco Antonio fu tollerabile per lo Stato e adeguata alle necessità della plebe: quindi salutare per i cittadini e per lo Stato. L’uomo di Stato dovrà soprattutto badare che ciascuno conservi il suo e che le proprietà dei privati non siano diminuite da parte dello Stato [...] Gli Stati e le comunità cittadine furono costituiti soprattutto a questo scopo, affinché ciascuno mantenesse le sue proprietà.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Il De officiis, l’opera da cui è tratto questo brano, definisce i doveri del buon cittadino, nella prospettiva di una rifondazione dei costumi romani, che mirasse a ripristinare le virtù dell’antica Res publica, attingendo agli esempi negativi del passato e proponendo, di quello stesso passato, comportamenti e personalità esemplari. Nell’ambito della riflessione sulla liberalità, emerge il giudizio politico negativo sulla figura di Gaio Gracco, accusato di non avere avuto consapevolezza del limite nell’usufruire delle risorse dello Stato, rivelandosi così, per questo motivo, oltre che per altri, un uomo di Stato dannoso, la cui azione si espresse troppo a favore della plebe; Cicerone, quindi, con un passaggio piuttosto brusco, tende a inserire il propgramma agrario di Gaio in una minaccia per la proprietà privata, attribuendogli una volontà storicamente non corretta.
La morfo-sintassi
2. Il passo è esemplare per il ricorrere di numerose congiunzioni ut, con valori differenti. Le due proposizioni ut ad universos cives pertineant, ..., singulos ut attingant, anticipate da eiusmodi, sono consecutive. Nel periodo Danda opera est omnino, si possit, utrisque, nec minus, ut etiam singulis consulatur, sed ita, ut ea res aut prosit aut certe ne obsit rei publicae, incontriamo invece una proposizione completiva, ut etiam singulis consulatur e due proposizioni che, anticipate da ita, assumono una sfumatura consecutiva, sebbene nell’ultima la congiunzione ne accentui il valore volitivo, rendendo quindi difficile una definizione esatta dal punto di vista sintattico. Le proposizioni ut suum quisque teneat neque ... deminutio fiat, dipendenti da videndum erit, sono senz’altro proposizioni completive volitive, mentre nell’ultimo periodo ut sua tenerentur è una proposizione finale, che illustra il complemento hanc ob causam.
Lo stile
3. L’andamento del testo è lineare, caratterizzato dallo stile argomentativo, che rinuncia agli espedienti retorici dell’oratoria, ma si snoda muovendo dall’affermazione teorica, subito convalidata da un esempio attinto alla storia della città, attraverso le anafore (partim... partim; aut prosit aut ne obsit), le contrapposizioni (magna largitio... modica), il polisindeto (et rei publicae... et plebi/ et civibus et rei publicae) costruito in chiasmo.
164
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
V1 Eutropio
Rapide decisioni di guerra Con poche efficaci parole Eutropio narra alcuni eventi particolarmente gravi, tra cui l’inizio della seconda guerra punica.
PREREQUISITI prop. causale, relativa, completiva, finale, abl. ass.
M. Minucio Rufo P. Cornelio consulibus Histris bellum inlatum est, quia latrocinati navibus Romanorum fuerant, quae frumenta exhibebant, perdomitique sunt omnes. Eodem anno bellum Punicum secundum Romanis inlatum est per Hannibalem, Carthaginiensium ducem, qui Saguntum, Hispaniae civitatem Romanis amicam, obpugnare adgressus est, annum agens vicesimum aetatis, copiis congregatis CL milium. Huic Romani per legatos denuntiaverunt, ut bello abstineret. Is legatos admittere noluit. Romani etiam Carthaginem miserunt, ut mandaretur Hannibali, ne bellum contra socios populi Romani gereret. Dura responsa a Carthaginiensibus data sunt. Saguntini interea fame victi sunt, captique ab Hannibale ultimis poenis adficiuntur.
V2 Cornelio Nepote
Un comandante... riformatore Breve descrizione delle innovazioni di un comandante valoroso e attento alle esigenze dell’armamento.
PREREQUISITI cum narrativo, abl. ass., prop. relativa
Iphicrates Atheniensis non tam magnitudine rerum gestarum quam disciplina militari nobilitatus est. Fuit enim talis dux, ut non solum aetatis suae cum primis compararetur, sed ne de maioribus natu quidem quisquam anteponeretur. Multum vero in bello est versatus, saepe exercitibus praefuit; nusquam culpa male rem gessit, semper consilio vicit tantumque eo valuit, ut multa in re militari partim nova attulerit, partim meliora fecerit. Namque ille pedestria arma mutavit. Cum ante illum imperatorem maximis clipeis, brevibus hastis, minutis gladiis uterentur, ille e contrario peltam pro parma fecit - a quo postea peltastae pedites appellantur -, ut ad motus concursusque essent leviores; hastae modum duplicavit, gladios longiores fecit. Idem genus loricarum et pro sertis atque aenis linteas dedit. Quo facto expeditiores milites reddidit: nam pondere detracto, quod aeque corpus tegeret et leve esset, curavit.
V3 Cicerone
Come addolcire un avversario… Nel 63 a.C., lo stesso anno in cui Cicerone fronteggia Catilina, Catone il Censore accusa Murena di brogli elettorali, mentre lo stesso Cicerone lo difende perché una sua condanna avrebbe favorito Catilina.
PREREQUISITI congiuntivi indipendenti, prop. infinitiva, relativa, comparativa
Ego tuum consilium, Cato, propter singulare animi mei de tua virtute iudicium vituperare non possum; non nulla forsitan conformare et leviter emendare possim. ‘Non multa peccas,’ inquit ille fortissimo viro senior magister, ‘sed peccas; te regere possum.’ At ego non te; verissime dixerim peccare te nihil neque ulla in re te esse 10 Le proposizioni circostanziali 1 © Casa Editrice G. Principato
165
huius modi ut corrigendus potius quam leviter inflectendus esse videare. Finxit enim te ipsa natura ad honestatem, gravitatem, temperantiam, magnitudinem animi, iustitiam, ad omnis denique virtutes magnum hominem et excelsum. Accessit istuc doctrina non moderata nec mitis sed, ut mihi videtur, paulo asperior et durior quam aut veritas aut natura patitur. In M. Catone, iudices, haec bona quae videmus divina et egregia ipsius scitote esse propria; quae non numquam requirimus, ea sunt omnia non a natura verum a magistro.
V4 Seneca
I piaceri del corpo sono falsi piaceri Seneca si rivolge all’amico Lucilio in una lettera in cui spiega che l’uomo è sottomesso ai piaceri del corpo e soffre se non può goderne. È necessario imparare a distinguere i veri e i falsi piaceri.
PREREQUISITI acc. esclamativo, videor, congiuntivo esortativo, prop. causale, finale, interrogativa diretta, indiretta, relativa
Praeterea duo genera sunt voluptatum. Corpolares morbus inhibet, non tamen tollit; immo, si verum aestimes, incitat. Magis iuvat bibere sitientem, gratior est esurienti cibus; quidquid ex abstinentia contingit avidius excipitur. Illas vero animi voluptates, quae maiores certioresque sunt, nemo medicus aegro negat. Has quisquis sequitur et bene intellegit omnia sensuum blandimenta contemnit. “O infelicem aegrum!” Quare? Quia non vino nivem diluit? Quia non rigorem potionis suae, quam capaci scypho miscuit, renovat fractaˉ insuper glacie? Quia non ostrea illi Lucrina in ipsa mensa aperiuntur? Quia non circa cenationem eius tumultus cocorum est ipsos cum opsoniis focos transferentium? Hoc enim iam luxuria commenta est: ne quis intepescat cibus, ne quid palato iam calloso parum ferveat, cenam culina prosequitur. “O infelicem aegrum!” Edet quantum concoquat; non iacebit in conspectu aper ut vilis caro a mensa relegatus, nec in repositorio eius pectora avium (totas enim videre fastidium est) congesta ponentur. Quid tibi mali factum est? Cenabis tamquam aeger, immo aliquando tamquam sanus. Sed omnia ista facile perferemus, sorbitionem, aquam calidam, et quidquid aliud intolerabile videtur delicatis et luxu fluentibus magisque animo quam corpore morbidis: tantum mortem desinamus horrere. Desinemus autem, si fines bonorum ac malorum cognoverimus; ita demum nec vita taedio erit nec mors timori.
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Il tesoro dello Stato La parola aerarium, che si incontra nel passo tradotto, indica la “cassa dello Stato” che era custodita nel tempio di Saturno e da cui deriva l’italiano “erario” che ha un significato analogo, poiché designa l’amministrazione dello Stato, il suo “tesoro”, per cui si definisce “danno
166
erariale” quello che, amministrando in modo illecito i beni dello Stato, ne danneggia le risorse finanziarie. La radice è aes, aeris, che significa “rame” e, per metonimia, nel mondo latino aes è il denaro. Con la parola fiscus, invece, il cui primo significato è “cesta”, in età imperiale si indicò la cassa privata dell’imperatore e passa nell’italiano con il significato attuale di “fisco”.
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
In teoria
11 Le proposizioni circostanziali 2 1. Le proposizioni concessive Le proposizioni concessive esprimono una condizione nonostante la quale si verifica ciò che è espresso nella proposizione principale. In italiano sono introdotte da “sebbene”, “nonostante”, “malgrado”, con il congiuntivo; da “anche se” con l’indicativo; in forma implicita con “pure” e il gerundio. In latino sono introdotte da etsi, tametsi, quamquam, quamvis, spesso in correlazione con tamen o nihilominus nella frase reggente; sono negate con la congiunzione non e sono espresse con l’indicativo (soprattutto in dipendenza da quamquam) o il congiuntivo; il cum narrativo può avere valore concessivo. Mihi quidem Scipio, quamquam est subito ereptus, vivit tamen vivetque semper (Cic.), “Per me Scipione, benché mi sia stato strappato all’improvviso, vive e vivrà sempre”. Quod turpe est, id, quamvis occultetur, tamen honestum fieri nullo modo potest (Cic.), “Ciò che è disonesto, per quanto lo si nasconda, non può divenire in nessun modo onesto”. Socrates, cum facile posset educi e custodia, noluit (Cic.), “Socrate, nonostante potesse facilmente essere fatto uscire di prigione, non volle”.
2. Le proposizioni avversative Le proposizioni avversative esprimono un pensiero opposto alla reggente; in italiano sono introdotte da “mentre”, “invece”, con indicativo o congiuntivo; in latino sono espresse dal cum avversativo, negazione non, con il congiuntivo. Cur igitur Lysias et Hyperides amatur, cum penitus ignoretur Cato? (Cic.), “Perché dunque Lisia e Iperide sono tenuti in considerazione, mentre Catone è del tutto ignorato?”
3. Le proposizioni comparative La proposizione comparativa rappresenta l’espressione di un secondo termine di paragone tramite un’intera proposizione, anziché mediante un nome, aggettivo o pronome; si definiscono comparative semplici quelle che esprimono il paragone tra due fatti reali, comparative ipotetiche quelle in cui il paragone implica un’eventualità. Le comparative semplici hanno l’indicativo, quando esprimono una circostanza del tutto reale, oppure il congiuntivo ad esprimere una condizione soggettiva: Plura dixi quam volui (Cic.), “Ho detto più di quelle che volevo”. Alcibiades timebatur non minus quam amabatur (Nepote), “Alcibiade era temuto non meno di quanto fosse amato”. 11 Le proposizioni circostanziali 2 © Casa Editrice G. Principato
167
In teoria
Zeno perpessus est omnia potius quam conscios indicaret (Cic.), “Zenone sopportò ogni tormento piuttosto che denunciare i complici”. Le comparative ipotetiche, espresse in italiano da “come se”, “quasi che”, sono introdotte in latino da tamquam, quasi, ut, velut, velut si, aeque ac si con il congiuntivo: Tamquam clausa sit Asia, sic nhil perfertur ad nos (Cic.), “Non ci arriva nessuna notizia, come se l’Asia (Minore) fosse chiusa”. Adsimulato quasi gubernator sis (Plauto), “Fingi, come se tu fossi un governatore”.
4. Il discorso indiretto Il discorso indiretto (oratio obliqua), è una formulazione del pensiero che ricorre ogni volta che il pensiero è introdotto da un qualsiasi verbo di dire: Dico te bonum esse, “Dico che tu sei buono”, è un esempio semplicissimo di discorso indiretto. Esso però si può presentare in periodi più “complessi”, nei quali si possono osservare questi comportamenti: • assumono l’infinito le proposizioni che esprimono un’affermazione, cioè sono puramente enunciative: Tota Italia dilectus haberi, civitatem esse in armis (Caes.), “(Disse) che si facevano leve in tutta Italia, i cittadini erano in armi”. • assumono il congiuntivo le proposizioni volitive, cioè espresse in forma diretta con il congiuntivo esortativo o l’imperativo; di solito le proposizioni volitive dipendenti nel discorso indiretto non sono accompagnate da ut, ma hanno regolarmente ne se sono negative, le interrogative introdotte da ne, num, nonne possono trovarsi all’infinito o al congiuntivo: Iret, ea consulibus renuntiaret, “Andasse e annunciasse queste cose ai consoli”. Postulatis obstabat, quid attineret hoc perficere ostinate quaerens, “Si opponeva alle richieste, domandando ostinatamente che senso avesse portare a termine ciò”. Quando, si tum non sint, pares hostibus fore (Liv.), “Quando sarebbero stati all’altezza dei nemici, se non lo erano allora?” • I pronomi personali assumono la terza persona, se sono riferiti al soggetto del verbo di dire, diventano riflessivi: Ego civis Romanus sum Ait se civem Romanum esse = “Io sono cittadino romano” “Disse di essere cittadino romano”.
nota
bene
■ Talvolta il verbo che introduce il discorso indiretto è lontano da questo o addirittura sottinteso: la presenza di congiuntivi e infiniti, senza immediata presenza del verbo reggente, deve quindi far pensare a un discorso indiretto; in tal caso è opportuno sottintendere un verbo di dire: Non sese Saguntinis, sed Hannibalem sibi bellum intulisse: eum foedera violavisse, pacem fregisse, “(Disse che) non loro avevano portato guerra ai Saguntini, ma Annibale: egli aveva violato i patti, infranto la pace”. ■ Talvolta è sottinteso il pronome soggetto dell’infinitiva: Num etiam recentium iniuriarum memoriam deponere (se) posse? “Poteva cancellare il ricordo delle offese anche recenti?” (ma è sottinteso un verbo del tipo quaesivit, “chiese”). ■ Assumono il congiuntivo le proposizioni causali e relative che, per il fatto di trovarsi in un’oratio obliqua, riferiscono semplicemente un pensiero e non esprimono una constatazione di fatto. ■ I congiuntivi indipendenti assumono l’infinito; se si tratta di un congiuntivo irreale, esso passa all’infinito irreale: Invitum se dicere, nec dicturum fuisse, ni caritas rei publicae vinceret, “Parlava contro voglia, e non avrebbe parlato, se l’amore per la patria non fosse prevalso”.
168
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
In TRADUZIONE pratica 11 Le proposizioni circostanziali 2 M. Belponer
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
Versioni V0
Pretese inaccettabili
Uno scambio di ambascerie tra Cesare e Pompeo dimostra che la via diplomatica non ha alcuna possibilità di successo.
Cesare De bello civili, 1,10-11
Acceptis mandatis Roscius cum L. Caesare Capuam pervenit ibique consules Pompeiumque invenit; postulata Caesaris renuntiat. Illi deliberata re respondent scriptaque ad eum mandata per eos remittunt; quorum haec erat summa: Caesar in Galliam reverteretur, Arimino excederet, exercitus dimitteret; quae si fecisset, Pompeium in Hispanias iturum. Interea, quoad fides esset data Caesarem facturum, quae polliceretur, non intermissuros consules Pompeiumque delectus. Erat iniqua condicio postulare, ut Caesar Arimino excederet atque in provinciam reverteretur, ipsum et provincias et legiones alienas tenere; exercitum Caesaris velle dimitti, delectus habere; polliceri se in provinciam iturum neque, ante quem diem iturus sit, definire, ut, si peracto consulatu Caesar non profectus esset, nulla tamen mendacii religione obstrictus videretur; tempus vero colloquio non dare neque accessurum polliceri magnam pacis desperationem afferebat.
TRADUZIONE Maria Belponer
Ricevuta questa indicazione, Roscio insieme a Lucio Cesare si reca a Capua, dove trova i consoli con Pompeo; espone dunque le richieste di Cesare. Essi, presa una decisione, mandano, per loro tramite, la risposta scritta. La sostanza era questa: Cesare doveva ritornare in Gallia, andarsene da Rimini, congedare l’esercito; se avesse fatto ciò, Pompeo sarebbe andato in Spagna. Nel frattempo, finché Cesare non avesse dato assicurazione che avrebbe soddisfatto a queste condizioni, i consoli e Pompeo non avrebbero interrotto la coscrizione di soldati. Era una richiesta ingiusta richiedere che Cesare abbandonasse Rimini e tornasse nella provincia, mentre Pompeo teneva per sé province e legioni altrui; pretendere che Cesare congedasse l’esercito e continuare a fare leve; promettere che sarebbe andato nella provincia e non fissare la data entro la quale vi si sarebbe recato; in tal modo, se, concluso il consolato di Cesare, Pompeo non fosse partito, non sarebbe sembrato colpevole di alcuno spergiuro; infine, il fatto che non veniva fissato un giorno per un incontro ed egli non prometteva di parteciparvi, annullava qualsiasi aspettativa di pace.
11 Le proposizioni circostanziali 2 © Casa Editrice G. Principato
169
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Il passo riporta, in un serrato confronto di richieste e obiezioni, l’esito della missione di pace di Roscio e Lucio Cesare a Capua, in un momento in cui, in realtà, i margini di mediazione sono ormai esauriti e ogni richiesta di Pompeo è accolta con la riserva, centrale nel passo, Erat iniqua condicio postulare. Di fatto, a Cesare preme dimostrare che si pretendeva una sorta di resa senza condizioni, dato che il suo ritorno in Gallia e il congedo dell’esercito avrebbero dovuto precedere analoghe mosse da parte di Pompeo, mosse assolutamente non garantite, e tali da porre il suo avversario in una condizione di assoluta superiorità. In nome di ciò, egli può rifiutare la mediazione, del tutto fittizia, e accingersi a trascinare la città in una guerra civile, evento da sempre considerato rovinoso per lo Stato.
La morfo-sintassi
2. Il passo riportato è caratterizzato da una specie di doppio registro comunicativo. La prima parte è costituita da frasi brevi ed espressioni sintetiche, ablativi assoluti, proposizioni principali. Segue una seconda parte ben più complessa, nella quale sono elencate, con un’espressione sintetica che introduce il discorso indiretto (quorum haec erat summa) dapprima le richieste di Pompeo, espresse con proposizioni volitive con ut sottinteso, e una sorta di clausola temporale (quoad fides esset data Caesarem facturum, quae polliceretur, non intermissuros consules Pompeiumque delectus), ancora retta dalla precedente reggente e quindi in forma di discorso indiretto. Le risposte di Cesare sono precedute da una valutazione esplicita: Erat iniqua condicio, che chiarisce la posizione di Cesare stesso ancor prima dell’elenco delle obiezioni. Le osservazioni di Cesare, quindi, sono esposte in coppie oppositive, sempre costruite come discorso indiretto, nelle quali alla richiesta di Pompeo viene contrapposta l’obiezione di Cesare, in una sorta di dialogo tra i contendenti, volto a dimostrare ciò che appunto è affermato in apertura, ovvero l’ingiustizia delle pretese. In questo modo il punto di vista di Cesare orienta il dialogo fittizio, e nello stesso tempo risponde a eventuali critiche, mettendo in evidenza il comportamento scorretto dell’avversario e additandolo, nella chiusa, come il vero responsabile del fallimento della trattativa: la frase magnam pacis desperationem afferebat suggella in modo grave la vicenda, attribuendo di fatto la responsabilità dell’incipiente guerra civile a Pompeo.
Lo stile
3. In prossimità dello scontro armato, ormai inevitabile, tutto il passo è caratterizzato dal lessico militare: exercitum dimittere, con il significato di “congedare l’esercito”, cui corrisponde per opposizione dilectus non intermittere, “non interrompere le coscrizioni”, o le leve, di soldati, analogo al positivo dilectus facere o habere, appunto “fare leve di soldati”, cosa che avveniva frequentemente per iniziativa dei comandanti, soprattutto in tempi di crisi degli ordinamenti repubblicani. L’impostazione sintattica, tutta segnata dal discorso indiretto, rappresenta il resoconto, orientato dal punto di vista di Cesare, ma sorretto da fatti precisi, in un dialogo serrato, con una sintetica esposizione di ragioni e torti, che non lascia spazio a spiragli di conciliazione.
170
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
V1 Valerio Massimo
V2 Cesare
L’eloquenza è meglio delle armi L’eloquenza di Valerio risolve un momento di estrema difficoltà dello Stato, riconciliando la plebe con il Senato.
PREREQUISITI prop. finale, relativa, periodo ipotetico, ablativo assoluto, infinitiva, gerundivo
Potentiam vero eloquentiae, etsi plurimum valere animadvertimus, tamen sub propriis exemplis, quo scilicet vires eius testatiores fiant, recognosci convenit. Regibus exactis plebs dissidens a patribus iuxta ripam fluminis Anienis in colle, qui sacer appellatur, armata consedit, eratque non solum deformis, sed etiam miserrimus rei publicae status, a capite eius cetera parte corporis pestifera seditione divisa. Ac ni Valeri subvenisset eloquentia, spes tanti imperii in ipso paene ortu suo corruisset: is namque populum nova et insolita libertate temere gaudentem oratione ad meliora et saniora consilia revocatum senatui subiecit, id est urbem urbi iunxit. Verbis ergo facundis ira, consternatio, arma cesserunt.
Quasi una provocazione! Cesare invia un’ulteriore richiesta a Pompeo, facendo chiaramente capire che considera i gesti e le parole dell’avversario una provocazione, oltre che un’iniziativa dannosa per la sua posizione militare e il suo prestigio personale.
PREREQUISITI prop. relativa, completiva, causale, infinitiva, gerundivo, abl. ass., cum narrativo
Quae res etsi nihil ad levandas iniurias pertinere videbantur, tamen idoneos nactus1 homines, per quos ea, quae vellet, ad eum perferrentur, petit ab utroque, quoniam Pompei mandata ad se detulerint, ne graventur sua quoque ad eum postulata deferre, si parvo labore magnas controversias tollere atque omnem Italiam metu liberare possint. Sibi semper primam rei publicae fuisse dignitatem vitaque potiorem. Doluisse se, quod populi Romani beneficium sibi per contumeliam ab inimicis extorqueretur, ereptoque semenstri imperio in urbem retraheretur, cuius absentis rationem haberi proximis comitiis populus iussisset. Tamen hanc iacturam honoris sui rei publicae causa aequo animo tulisse; cum litteras ad senatum miserit, ut omnes ab exercitibus discederent, ne id quidem impetravisse. Tota Italia delectus haberi, retineri legiones II, quae ab se simulatione Parthici belli sint abductae, civitatem esse in armis. Quonam haec omnia nisi ad suam perniciem pertinere? 1. nactus: participio riferito al soggetto sottinteso, Caesar.
V3 Livio
Se i patrizi assumono cariche plebee... I capi della plebe, radunati in casa dei tribuni, si lamentano del fatto che anche il tribunato viene assegnato ai nobili ed essi sono disprezzati dagli appartenenti al loro stesso ceto.
PREREQUISITI prop. temp., infinito storico, prop. completiva, infinitiva, relativa, gerundivo, periodo ipotetico
Interim Romae principes plebis, iam diu nequiquam imminentes spei maioris honoris, dum foris otium esset, coetus indicere in domos tribunorum plebis; ibi secreta consilia agitare; queri se a plebe adeo spretos, ut cum per tot annos tribuni militum consulari potestate creentur, nulli unquam plebeio ad eum honorem aditus fuerit. Multum providisse suos maiores qui caverint ne cui patricio plebeii magistra11 Le proposizioni circostanziali 2 © Casa Editrice G. Principato
171
tus paterent; aut patricios habendos fuisse tribunos plebi; adeo se suis etiam sordere nec a plebe minus quam a patribus contemni. Alii purgare plebem, culpam in patres vertere: eorum ambitione artibusque fieri ut obsaeptum plebi sit ad honorem iter; si plebi respirare ab eorum mixtis precibus minisque liceat, memorem eam suorum inituram suffragia esse et parto auxilio imperium quoque adscituram.
V4 Livio
Destini simmetrici Alla vigilia della battaglia decisiva, Annibale e Scipione, rientrati nell’accampamento dopo un tentativo fallito di accordo, si rivolgono ai loro soldati con discorsi il cui senso è riportato da Livio in modo indiretto ed estremamente conciso.
PREREQUISITI prop. temporale, interrogativa indiretta, infinitiva, relativa, ablativo assoluto, gerundio, periodo ipotetico
In castra ut est ventum, pronuntiant ambo arma expedirent milites animosque ad supremum certamen, non in unum diem sed in perpetuum, si felicitas adesset, victores. Roma an Carthago iura gentibus daret ante crastinam noctem scituros; neque enim Africam aut Italiam sed orbem terrarum victoriae praemium fore; par periculum praemio quibus adversa pugnae fortuna fuisset. Nam neque Romanis effugium ullum patebat in aliena ignotaque terra, et Carthagini, supremo auxilio effuso, adesse videbatur praesens excidium. Ad hoc discrimen procedunt postero die duorum opulentissimorum populorum duo longe clarissimi duces, duo fortissimi exercitus, multa ante parta decora aut cumulaturi eo die aut eversuri. Anceps igitur spes et metus miscebant animos; contemplantibusque modo suam, modo hostium aciem, cum oculis magis quam ratione pensarent vires, simul laeta, simul tristia obversabantur: quae ipsis sua sponte non succurrebant, ea duces admonendo atque hortando subiciebant.
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Comizi antichi Il passo di Cesare riportato in apertura fa riferimento alla richiesta di partecipare alle elezioni consolari nonostante egli non fosse presente in città: questo beneficium, che gli era stato riconosciuto dal popolo, gli era stato invece negato dal senato e da Pompeo. Da ciò la decisione di trasgredire la legge, che proibiva di oltrepassare il pomerium in armi e, di fatto, l’inizio della guerra civile. L’elezione dei consoli era riservata ai comizi centuriati, cui i cittadini partecipavano divisi in centurie, donde il nome, ed erano l’assemblea più importante di Roma, oggetto di numerose pressioni politiche, nonostante l’apparente equilibrio che dovevano rappresentare. Essi eleggevano i magistrati cum imperio, cioè con potere decisionale, come appunto i consoli, il pretore, il proconsole e il propretore; inoltre votavano leggi, approvavano la guerra e la pace, infliggevano la pena di morte per reati di natura politica. I comizi centuriati avevano altresì la funzione di
172
tribunale quando un cittadino, appellandosi al popolo con la provocatio ad populum, ricorreva ad essi contro la sentenza di un magistrato. Nei passi riportati ricorrono alcuni termini tecnici per indicare le richieste presentate al senato, postulata, e le indicazioni considerate indiscutibili, mandata, trasgrediti i quali si apre una contesa insanabile. Nel linguaggio moderno ricorrono, con significati diversi, alcuni dei termini indicati: parliamo correntemente di mandato per indicare il compito assegnato a chi è responsabile di una determinata azione o incarico, mentre il termine comizio ricorre soprattutto per indicare il discorso, di solito di un uomo politico, rivolto ad un’assemblea. In questo senso, nonostante si perda l’etimologia di cumire, trovarsi insieme, che è del sostantivo latino, il senso è conservato: perché si tenga un comizio, ci vuole una riunione di persone che ascoltano. Il postulato, inoltre, è un termine matematico: esso rappresenta un’affermazione che, pur non essendo dimostrata, è assunta come vera e si impiega nelle dimostrazioni.
Elementi di sintassi del verbo e del periodo © Casa Editrice G. Principato
In teoria
12 Il periodo ipotetico 1. Il periodo ipotetico indipendente È composto dall’apodosi, cioè una proposizione principale, e dalla protasi, una proposizione subordinata condizionale, introdotta dalla congiunzione si o dalla negazione nisi, che spiega la situazione che si deve verificare per poter realizzare quanto espresso dalla principale. In latino esistono tre tipi di periodi ipotetici: tipo
apodosi
protasi
esempio
1° realtà
indicativo
indicativo
Si hoc dicit, errat “Se dice ciò, sbaglia”
2° possibilità
congiuntivo presente e perfetto
congiuntivo presente e perfetto
Si hoc dicat/dixerit, erret/erraverit, “Qualora egli dica/abbia detto ciò, sbaglierebbe/avrebbe sbagliato”
3° irrealtà
congiuntivo imperfetto e ppftto
congiuntivo imperfetto e ppftto
Si hoc diceret/dixisset, erraret/erravisset “Se egli dicesse/avesse detto ciò, sbaglierebbe/avrebbe sbagliato”
I periodi ipotetici latini corrispondono a quelli italiani; il primo tipo è la constatazione di una realtà oggettiva: Si vales, bene est, “Se tu stai bene, va bene”. Si Q. Ligarus est in esilio, sicuti est, quid amplius postulatis (Cic.), “Se Quinto Ligario è in esilio, come in effetti è, cosa pretendete di più?” Il secondo esprime una possibilità, cioè una condizione che è pensata come realizzabile: Ego si philosophus verum non sequatur, eum ipsum falsum putem, “Io, qualora un filosofo non ricerchi la verità, considererei falso lui stesso”. Rientrano in questo tipo di periodo ipotetico anche i cosiddetti exempla ficta, cioè quelle ipotesi, chiaramente impossibili, che vengono formulate come esempi in un discorso: Si quis deus largiatur ut Cato repuerascat, ille certe recuset, “Qualora un dio conceda, (se un dio conceda) a Catone di tornare bambino, egli rifiuterebbe”. Infine, il periodo ipotetico di terzo tipo esprime un’ipotesi sentita come irrealizzabile in sé o in rapporto al contesto: Si Antonius pro re publica ageret, Cicero numquam eum incusaret, “Se Antonio agisse a favore dello Stato, Cicerone non lo accuserebbe mai”. Si Hannibal post pugnam Cannensem Romam ivisset, hodie imperium non staret, “Se Annibale dopo la battaglia di Canne fosse andato a Roma, oggi non ci sarebbe l’impero”. Si res publica loqueretur, hoc diceret, “Se lo stato potesse parlare, direbbe ciò”.
nota
bene
■ Si può trovare un congiuntivo dubitativo in un’apodosi costituita da un’interrogativa diretta: Cur igitur Cicero haec doleret, si pro re publica fecisset, “Perché dunque Cicerone si sarebbe dovuto addolorare di queste azioni, se le avesse fatte in difesa dello Stato?” ■ L’apodosi può essere costituita da un cosiddetto falso condizionale, cioè da un indicativo che corrisponde al condizionale italiano: Rem publicam adiuvare quomodo potui, nisi coniuratos pepulissem? “In che modo avrei potuto aiutare lo Stato, se non avessi cacciato i congiurati?” 12 Il periodo ipotetico © Casa Editrice G. Principato
173
In teoria
2. Il periodo ipotetico dipendente Il periodo ipotetico si definisce dipendente quando l’apodosi è costituita da una proposizione infinitiva (dipendente all’infinito) o da una proposizione al congiuntivo (dipendente al congiuntivo). Il modo della protasi, in questi periodi ipotetici, è sempre il congiuntivo; il tempo si regola secondo le modalità riassunte nella tabella seguente: 1° TIPO REALTÀ Apodosi infinito
Apodosi congiuntivo
presente, perfetto, futuro
Protasi
Esempio
congiuntivo secondo Puto te, si hoc dicas/dixeris, errare/ la consecutio erravisse/ erraturum esse temporum “Penso che se dici/ hai detto ciò, sbagli/ hai sbagliato/ sbaglierai” Putabam te, si hoc diceres/dixisses, errare/ erravisse/erraturum esse “Pensavo che tu, qualora dicessi/avessi detto ciò, sbagliassi, /avessi sbagliato/ avresti sbagliato” congiuntivo secondo la consecutio temporum
congiuntivo secondo Dubium non est quin si hoc dicas/ la consecutio dixeris, erres/erraveris/ erraturus sis temporum “Non c’è dubbio che se dici /hai detto ciò, sbagli/ hai sbagliato/ sbaglierai” Dubium non erat quin si hoc diceres/ dixisses, errares/ erravisses/ erraturus esse “Non c’era dubbio che qualora dicessi/ avessi detto ciò, sbagliassi/avessi sbagliato/ avresti sbagliato”
2° TIPO POSSIBILITÀ Apodosi infinito
Apodosi congiuntivo
infinito futuro, raramente il presente
Protasi
Esempio
congiuntivo secondo Puto te erraturum esse/(errare), si hoc la consecutio dicas/ dixeris temporum “Penso che sbaglieresti se dicessi/ avessi detto ciò” Putabam te erraturum esse, si hoc diceres/dixisses “Pensavo che avresti sbagliato, qualora dicessi/ avessi detto ciò” congiuntivo secondo la consecutio temporum
174
congiuntivo secondo Dubium non est/erat quin si hoc dicas/ la consecutio diceres, erres/errares, erraturus sis/ temporum esse “Non c’è/ c’era dubbio che qualora tu dica/ dicessi ciò, sbagli/sbagliassi”
Sintassi verbo e periodo © Casa Editrice G. Principato
3° TIPO IRREALTÀ Apodosi infinito
Apodosi congiuntivo
infinito irreale = participio futuro + fuisse congiuntivo imperfetto e piuccheperfetto
nota
bene
Protasi
Esempio
congiuntivo imperfetto e piuccheperfetto
Puto/putabam te erraturum fuisse, si hoc diceres/ dixisses “Penso/pensavo che avresti sbagliato, qualora dicessi/ avessi detto ciò”
congiuntivo imperfetto e piuccheperfetto
Dubium non est/erat quin si hoc diceres/ dixisses, errares/erravisses “Non c’è / c’era dubbio che se dicessi/ avessi detto ciò, sbaglieresti/ avresti sbagliato”
Nel periodo ipotetico di terzo tipo, con l’apodosi al congiuntivo, in luogo del congiuntivo piuccheperfetto attivo, si trova spesso la costruzione perifrastica, come in questo esempio: Non dubito (dubitabam) quin, si hoc dixisses, erraturus fueris, “Non dubito (dubitavo) che, se avessi detto questo, avresti sbagliato”. Ciò avviene solo se il verbo dell’apodosi è attivo e se ha il participio futuro.
12 Il periodo ipotetico © Casa Editrice G. Principato
175
In TRADUZIONE pratica 12 Il periodo ipotetico M. Belponer
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
Versioni V0
Viviamo per il futuro
Catone il Censore (234-149 a.C.), protagonista del dialogo ciceroniano De senectute, conclude il suo elogio della vecchiaia sottolineando che le azioni degli uomini eccellenti non mirano al tempo in cui vengono compiute, ma aspirano a conservare la memoria nel futuro, e quindi la posterità è il vero compimento della vita.
Cicerone De senectute, XXIII, 82
Nemo umquam mihi, Scipio, persuadebit aut patrem tuum Paulum, aut duos avos, Paulum et Africanum, aut Africani patrem, aut patruum, aut multos praestantis viros quos enumerare non est necesse, tanta esse conatos, quae ad posteritatis memoriam pertinerent, nisi animo cernerent posteritatem ad se ipsos pertinere. Anne censes, ut de me ipse aliquid more senum glorier, me tantos labores diurnos nocturnosque domi militiaeque suscepturum fuisse, si eisdem finibus gloriam meam, quibus vitam, essem terminaturus? Nonne melius multo fuisset otiosam et quietam aetatem sine ullo labore et contentione traducere? Sed nescio quo modo animus erigens se posteritatem ita semper prospiciebat, quasi, cum excessisset e vita, tum denique victurus esset. Quod quidem ni ita se haberet, ut animi inmortales essent, haud optimi cuiusque animus maxime ad inmortalitatem et gloriam niteretur.
TRADUZIONE Maria Belponer
Nessuno mai mi convincerà, Scipione, che o tuo padre Paolo, o i tuoi due avi, Paolo e l’Africano, o il padre dell’Africano, o lo zio paterno, o molti uomini importanti, che non serve elencare, avrebbero intrapreso iniziative tanto significative, delle quali restasse memoria presso i posteri, qualora non fossero convinti in animo che la posterità riguardasse anche loro. Oppure credi (per vantarmi un po’ come è abitudine degli anziani) che io avrei sopportato tante fatiche di giorno e di notte, in pace e in guerra, se avessi dovuto porre alla mia gloria lo stesso limite che definisce la mia vita? Non sarebbe stato molto meglio trascorrere una vita inoperosa e tranquilla senza alcuna fatica né difficoltà? Tuttavia non so in che modo la mia anima, sollevandosi, mirava sempre alla posterità, quasi come se proprio allora, nel momento in cui avesse abbandonato la vita, allora avrebbe iniziato a vivere. E se non fosse proprio così, che l’anima è immortale, l’anima degli uomini migliori non si sforzerebbe in sommo grado di raggiungere l’immortalità e la gloria.
176
Sintassi verbo e periodo © Casa Editrice G. Principato
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Il passo appartiene a una breve opera in forma di dialogo, il Cato maior de senectute. In essa Cicerone immagina che Catone il Censore condivida con gli amici Scipione Emiliano e Gaio Lelio alcune considerazioni sulla vecchiaia. I dialoganti riscattano la vecchaia dai limiti che l’opinione comune le attribuisce e le assegnano prerogative fondamentali, soprattutto dal punto di vista della vita politica, nella quale, al tempo di Catone e dell’antica Res publica, la figura dell’anziano era preziosa, per la sua autorevolezza e saggezza. Catone si configura quasi come un alter ego di Cicerone, che guarda con rimpianto a quell’età ormai lontana e alle figure degli antichi uomini politici, virtuosi e saggi.
La morfo-sintassi
2. Il passo si apre con un ampio periodo, scandito dall’anafora aut, che introduce i soggetti dell’infinitiva tanta esse conatos, con funzione di apodosi dipendente all’infinito del periodo ipotetico della possibilità la cui protasi è costituita dalla proposizione nisi animo cernerent. 3. Al centro del passo si colloca la proposizione interrogativa diretta, con forte intonazione retorica, che riproduce una struttura analoga, con un’apodosi dipendente all’infinito, me tantos labores... suscepturum fuisse, e la protasi si eisdem finibus... essem terminaturus, che costituiscono un periodo ipotetico dell’irrealtà. 4. La successiva interrogativa diretta, introdotta da nonne, avvalorerebbe la risposta positiva solo se fosse vera l’ipotesi precedente, formulata con il periodo ipotetico dell’irrealtà. 5. Il passo si chiude con un’ulteriore protasi irreale negata, legata all’apodosi che ribadisce l’assunto iniziale, il valore della memoria e dell’immortalità.
Lo stile
6. Il breve passo riportato presenta un elenco di personaggi illustri, addotti a esempio da Catone per dimostrare il suo assunto, cioè che gli uomini “grandi” aspirano, nelle loro azioni, a lasciare memoria di sé. Questo è infatti il senso della parola posteritas, che indica l’eredità esemplare consegnata da ogni uomo nobile ai successori. 7. Il cuore dell’argomentazione è costituito dalle due interrogative dirette, entrambe puramente retoriche: è evidente, infatti, che sia la prima sia la seconda prevedono risposta positiva; infine è sottolineata l’affermazione paradossale, per cui proprio quando esce dalla vita, l’anima è destinata a vivere, con quel participio victurus, che si contrappone, richiamandone la morfologia, a terminaturus.
Il lessico
8. Il lessico insiste sul concetto di confine, inteso come limite che si pone alla vita, ma che viene superato nella gloria, ed espresso dai termini finibus e terminaturus; in particolare, il verbo termino, che significa “porre limite”, indica anche l’operazione con cui si pongono i confini. Inoltre è rilevante l’impiego dei termini astratti, posteritas, memoria e immortalitas, che in un certo senso rappresentano una gradazione all’interno del testo. A livello lessicale si possono individuare due poli opposti: quello del termine, del confine che è inevitabilmente posto alla vita dalla morte, e quello dell’immortalità, cui si arriva attraverso la memoria consegnata alla posterità. 12 Il periodo ipotetico © Casa Editrice G. Principato
177
V1 Seneca
Trai un insegnamento da ciò che leggi! Seneca consiglia all’amico Lucilio di trarre sempre un insegnamento da ciò che legge e gli espone l’ultimo prezioso consiglio che ha letto in Epicuro.
PREREQUISITI cum narrativo, prop. relativa, interrogativa
Distringit librorum multitudo; itaque cum legere non possis quantum habueris, satis est habere quantum legas. ‘Sed modo’ inquis ‘hunc librum evolvere volo, modo illum.’ Fastidientis stomachi est multa degustare; quae ubi varia sunt et diversa, inquinant non alunt. Probatos itaque semper lege, et si quando ad alios deverti libuerit, ad priores redi. Aliquid cotidie adversus paupertatem, aliquid adversus mortem auxili compara, nec minus adversus ceteras pestes; et cum multa percurreris, unum excerpe quod illo die concoquas. Hoc ipse quoque facio; ex pluribus quae legi aliquid apprehendo. Hodiernum hoc est quod apud Epicurum nanctus sum - soleo enim et in aliena castra transire, non tamquam transfuga, sed tamquam explorator -: ‘honesta’ inquit ‘res est laeta paupertas’. Illa vero non est paupertas, si laeta est; non qui parum habet, sed qui plus cupit, pauper est. Quid enim refert quantum illi in arca, quantum in horreis iaceat, quantum pascat aut feneret, si alieno imminet, si non acquisita sed acquirenda computat? Quis sit divitiarum modus quaeris? Primus habere quod necesse est, proximus quod sat est. Vale.
V2 Cicerone
Un liberto di grande pregio Cicerone elogia Fania, liberto di un amico: uno è in grado di spiegare la situazione politica di Roma con precisione, l’altro ha saputo riferirgli i discorsi del padrone con tanta eleganza che diventare quasi un amico.
PREREQUISITI prop. interr., concessiva, infinitiva, relativa, completiva
Si ipsa res publica tibi narrare posset, quomodo sese haberet, non facilius ex ea cognoscere posses, quam ex liberto tuo Phania: ita est homo non modo prudens, verum etiam, quod iuvet, curiosus; quapropter ille tibi omnia explanabit, id enim mihi et ad brevitatem est aptius et ad reliquas res providentius. De mea autem benevolentia erga te, etsi potes ex eodem Phania cognoscere, tamen evidenter, etiam aliquae meae partes: sic enim tibi persuade, carissimum te mihi esse cum propter multas suavitates ingenii, officii, humanitatis tuae, tum quod ex tuis litteris et ex multorum sermonibus intelligo omnia, quae a me profecta sunt in te, tibi accidisse gratissima; quod cum ita sit, perficiam profecto, ut longi temporis usuram, qua caruimus intermissa nostra consuetudine, et gratia et crebritate et magnitudine officiorum meorum sarciam.
178
Sintassi verbo e periodo © Casa Editrice G. Principato
V3 Livio
Un’esitazione fatale Il ferimento di Scipione costringe i Romani a ritirarsi proprio in un momento decisivo per la vittoria.
PREREQUISITI ablativo assoluto, prop. causale, finale, infinitiva, completiva
Ad Mundam exinde castra Punica mota et Romani eo confestim secuti sunt. Ibi signis conlatis pugnatum per quattuor ferme horas egregieque vincentibus Romanis signum receptui est datum, quod Cn. Scipionis femur tragula confixum erat pavorque circa eum ceperat milites ne mortiferum esset volnus. Ceterum haud dubium fuit quin, nisi ea mora intervenisset, castra eo die Punica capi potuerint; nam non milites solum sed elephanti etiam usque ad vallum acti erant, superque ipsas fossas novem et triginta elephanti pilis confixi. Hoc quoque proelio ad duodecim milia hominum dicuntur caesa, prope tria capta cum signis militaribus septem et quinquaginta. Ad Auringem inde urbem Poeni recessere et, ut territis instaret, secutus Romanus. Ibi iterum Scipio lecticula in aciem inlatus conflixit nec dubia victoria fuit.
V4 Cicerone
La gioia di rivedere gli amici di un tempo Chi muore con la coscienza di avere ben operato muore felice, perché sa di ricongiungersi a uomini onesti e gloriosi, dai quali la vita l’ha separato.
PREREQUISITI prop. interrogativa, relativa, completiva, infinitiva, consecutiva, cum narrativo, gerundio
Quid, quod sapientissimus quisque aequissimo animo moritur, stultissimus iniquissimo, nonne vobis videtur is animus qui plus cernat et longius, videre se ad meliora proficisci, ille autem cuius obtusior sit acies, non videre? Equidem efferor studio patres vestros, quos colui et dilexi, videndi, neque vero eos solos convenire aveo quos ipse cognovi, sed illos etiam de quibus audivi et legi et ipse conscripsi; quo quidem me proficiscentem haud sane quid facile retraxerit, nec tamquam Peliam recoxerit. Et si quis deus mihi largiatur, ut ex hac aetate repuerascam et in cunis vagiam, valde recusem, nec vero velim quasi decurso spatio ad carceres a calce revocari. Quid habet enim vita commodi? Quid non potius laboris? Sed habeat sane, habet certe tamen aut satietatem aut modum. Non lubet enim mihi deplorare vitam, quod multi, et ei docti, saepe fecerunt, neque me vixisse paenitet, quoniam ita vixi, ut non frustra me natum existimem, ut ex vita ita discedo tamquam ex hospitio, non tamquam e domo. Commorandi enim natura devorsorium nobis, non habitandi dedit. O praeclarum diem, cum in illud divinum animorum concilium coetumque proficiscar cumque ex hac turba et conluvione discedam!
12 Il periodo ipotetico © Casa Editrice G. Principato
179
V5 Seneca
Le sventure sono occasioni di virtù Le disgrazie che toccano agli uomini sono occasioni per mettere in evidenza la loro virtù, perciò gli dei le inviano proprio agli uomini di cui vogliono potenziare il valore.
PREREQUISITI prop. relativa, interrogativa diretta, indiretta, concessiva, periodo ipotetico
Militares viri gloriantur vulneribus, laeti fluentem e lorica suum sanguinem ostentant: idem licet fecerint qui integri revertuntur ex acie, magis spectatur qui saucius redit. Ipsis, inquam, deus consulit quos esse quam honestissimos cupit, quotiens illis materiam praebet aliquid animose fortiterque faciendi, ad quam rem opus est aliqua rerum difficultate: gubernatorem in tempestate, in acie militem intellegas. Unde possum scire quantum adversus paupertatem tibi animi sit, si divitiis diffluis? Unde possum scire quantum adversus ignominiam et infamiam odiumque populare constantiae habeas, si inter plausus senescis, si te inexpugnabilis et inclinatione quadam mentium pronus favor sequitur?
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Limiti e confini Nel passo di Cicerone con cui si apre questo capitolo abbiamo visto ricorrere alcuni termini con i qual sono definiti i confini e il limite: fines e il verbo termino. Il termine fines, pluralia tantum, indica sia il territorio che i confini di esso, a seconda che lo si consideri nella sua estensione o nella sua delimitazione geografica e politica. Il verbo terminare indica, nel suo primo significato, proprio “delimitare i confini” e termini sono i cippi di confine che si trovano lungo le proprietà terriere, oltre che, in senso traslato il limite oltre il quale non si può andare. Terminus era in origine un epiteto di Giove, inteso come garante del diritto, e divenne successivamente la divinità tutelare dei confini e dei limiti territoriali dei poderi, cui era dedicata una cappella nel tempio di Giove Ottimo massimo sul Campidoglio. Il termine “limite”, invece, deriva da limes, che appunto segna, come in italiano, la soglia che non si può oltrepassare, quindi il confine inteso in senso geografico, oltre che in senso figurato. Il limes che, per eccellenza, definiva i fines romani, era il pomerium, un solco tracciato con l’aratro che delimitava il cuore della città, e oltre il quale non era lecito portare
180
armi. La tradizione narra che Remo fu ucciso da Romolo per avere oltrepassato il pomerio, profanandone la sacralità, che era sancita da riti ben precisi, la cui istituzione sembra adombrata proprio in questo episodio. Probabilmente il pomerio era costituito da due cerchi paralleli, all’interno dei quali si trovava una striscia di terra “franca”, sulla quale potevano essere edificate le mura. In effetti, il primo pomerio di Roma sembra coincidere con le mura serviane, attribuite a Servio Tullio. Fu Silla ad allargare il pomerio di Roma, con lo spostamento di esso fino al Rubicone, il fiume che Cesare varcò quando iniziò la guerra civile: oltrepassando, appunto, il pomerio con l’esercito. Gli storici impiegano le espressioni terminus ante quem e post quem per indicare la data prima o dopo la quale si può definire un fenomeno storico, impiegando in senso temporale un’espressione che ha originariamente lo scopo di delimitare uno spazio. Osserva inoltre l’uso di terminal, come aggettivo sostantivato tratto dall’inglese per indicare il punto d’arrivo di un viaggio aereo: sostanzialmente la “stazione” dove si concludono i voli. Un’ ultima osservazione riguarda l’uso linguistico di termine: esso è ciò che determina il significato di una parola e in questa accezione sembra l’uso più vicino all’originale latino.
Sintassi verbo e periodo © Casa Editrice G. Principato
GLI AUTORI 1. Cornelio Nepote 2. Cesare 3. Sallustio 4. Cicerone 5. Livio 6. Seneca 7. Petronio 8. Quintiliano 9. Tacito 10. Svetonio 11. Apuleio 12. Il latino dopo l’impero romano 13. Il latino della scienza
© Casa Editrice G. Principato
1 Cornelio Nepote (100-27-25 a.C.)
Biografo per scelta consapevole, Cornelio, di cultura ellenistica, si pone l’obiettivo di raccontare la vita di personaggi illustri, romani e stranieri, per farne esempi di virtù. Moderatamente aperto alle altre culture, ricerca aneddoti che racconta in uno stile accessibile e piano.
Versioni V0
TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
L’implacabile nemico dei Romani
Il ritratto di Annibale è uno dei più benevoli tra quelli che gli hanno riservato gli storici latini, segno di una visione non rigidamente nazionalistica di Nepote. Nemmeno lui, però, si sottrae all’orgoglio della grandezza di Roma e del suo mos maiorum.
De viris illustribus XXIII, 1-3
Hannibal, Hamilcaris filius, Carthaginiensis. Si verum est, quod nemo dubitat, ut populus Romanus omnes gentes virtute superarit, non est infitiandum Hannibalem tanto praestitisse ceteros imperatores prudentia, quanto populus Romanus antecedat fortitudine cunctas nationes. Nam quotienscumque cum eo congressus est in Italia, semper discessit superior. Quod nisi domi civium suorum invidia debilitatus esset, Romanos videtur superare potuisse. Sed multorum obtrectatio devicit unius virtutem. Hic autem velut hereditate relictum odium paternum erga Romanos sic conservavit, ut prius animam quam id deposuerit, qui quidem, cum patria pulsus esset et alienarum opum indigeret, numquam destiterit animo bellare cum Romanis.
TRADUZIONE Carlo Vitali
Annibale, figlio di Amilcare, cartaginese. Se è cosa certa, e nessuno lo mette in dubbio, che il popolo romano ha superato tutti gli altri popoli in valore, non si può tuttavia negare che Annibale si distinse su tutti gli altri comandanti in abilità, quanto il popolo romano sta al di sopra tutte le genti in forza. Ogniqualvolta, infatti, Annibale si batté con essi in Italia, ne riportò vittoria. E se l’invidia dei suoi concittadini non lo avesse esautorato, con probabilità avrebbe potuto vincere definitivamente i Romani. Invece la maligna ostilità dei molti fu più forte del valore di quell’uno. Egli perdurò così tenacemente nell’odio contro i Romani, lasciatogli come eredità dal padre, che lo portò seco, si può dire, nella tomba, e, cacciato dalla patria, bisognoso degli aiuti altrui, non cessò mai, almeno con la forza dell’intelligenza, di far loro guerra.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Romanos videtur superare potuisse è tradotto “con probabilità avrebbe potuto vincere definitivamente i Romani”. La parola “definitivamente” non trova riscontro nel testo latino. Evidentemente Carlo Vitali ha tenuto conto della storia. Quale evidenza storica giustifica tale aggiunta?
182
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
La morfo-sintassi
2. Semper discessit superior è tradotto con “ne riportò vittoria”. Traduci letteralmente e considera quale complemento esprime superior. 3. Ut prius animam quam id (odium) deposuerit: traduci letteralmente. L’espressione “si può dire” ha corrispondenza nel testo? 4. Traduci animo in un modo diverso da come ti è stato proposto. 5. Ut populus Romanus omnes gentes virtute superarit = superaverit: di che proposizione si tratta? 6. Procedi all’analisi del periodo del paragrafo 3. Quali tipo di proposizione subordinate riconosci?
Lo stile
7. Osserva la posizione dei verbi – ad esempio di antecedat, congressus est, discessit – forse come nella catena parlata del latino, almeno nell’area della Gallia Cisalpina: perché hanno una posizione diversa da quella classica? 8. Nel periodo Sed multorum obtrectatio devicit unius virtutem quale figura retorica è impiegata? La volontà è creare un’opposizione tra la virtù di Annibale e l’insipienza del suo popolo.
Il lessico
9. Per esprimere il concetto dei verbi italiani “superare”, “precedere”, il latino utilizza diversi verbi alcuni dei quali, a dimostrare la volontà di .............................. (variatio / concinnitas / pregnanza) lessicale da parte di Cornelio Nepote, troviamo in questo testo: supero, praesto, antecedo. Insieme a excello, anteeo, antisto, praecedo, praecurro, che hanno significato analogo, si chiamano “verbi di eccellenza”. Ripassa la loro costruzione.
V1 Dal De viris illustribus
Un’impresa eccezionale Il passaggio delle Alpi non è facile nemmeno per un uomo inermis, “senz’armi”. Come può realizzarlo un esercito con al seguito anche elefanti? Solo se alla sua testa c’è un capo temerario come Annibale.
Sic Hannibal, minor V et XX annis natus imperator factus proximo triennio, omnes gentes Hispaniae bello subegit; Saguntum, foederatam civitatem, vi expugnavit; tres exercitus maximos comparavit. Ex his unum in Africam misit, alterum cum Hasdrubale fratre in Hispania reliquit, tertium in Italiam secum duxit. Saltum Pyrenaeum transiit. Quacumque1 iter fecit, cum omnibus incolis conflixit: neminem nisi victum dimisit. Ad Alpes posteaquam venit, quae Italiam ab Gallia seiungunt, quas2 nemo umquam cum exercitu ante eum praeter Herculem Graium transierat, quo facto is hodie saltus Graius appellatur, Alpicos3 conantes prohibere transitu concidit; loca patefecit, itinera muniit, effecit, ut ea4 elephantus ornatus ire posset, qua antea unus homo inermis vix poterat repere. Hac copias traduxit in Italiamque pervenit. 1. Quacumque è un avverbio relativo indefinito da tradurre “dovunque”. 2. quas si riferisce ad Alpes.
3. Alpicos sono gli abitanti delle Alpi. Al sostantivo si collega il participio congiunto conantes. 4. ea è un avverbio di moto per luogo come qua e hac. 1 Cornelio Nepote
© Casa Editrice G. Principato
183
Esercizi di morfo-sintassi 1.
Costruisci lo schema del periodo del paragrafo 4 e indica il grado di subordinazione delle proposizioni che lo compongono: Ad Alpes posteaquam venit/quae Italiam... seiungunt/quas nemo... transierat/loca patefecit/itinera muniit/effecit/ut ea... posset/qua repere.
Esercizi di lessico 2. 3.
V2 Dal De viris illustribus
Quale parola italiana deriva dal verbo repo, -is, repsi, reptum, -ere, “strisciare”? Spiega l’origine del toponimo Alpi Graie deducendo l’informazione dal testo.
Determinazione fino alla morte Annibale finì i suoi giorni abbandonato dal suo popolo e, di fatto, tradito dal re Prusia che lo aveva accolto nel suo regno in Bitinia, regione dell’attuale Turchia. Il racconto asciutto di Cornelio Nepote è un omaggio al nemico. Nessun aggettivo esprime un giudizio aperto: i fatti parlano da sé.
Quae1 dum in Asia geruntur, accidit casu, ut legati Prusiae Romae apud T. Quintium Flamininum consularem cenarent atque ibi de Hannibale mentione facta2 ex his unus diceret eum in Prusiae regno esse. Id postero die Flamininus senatui detulit. Patres conscripti, qui Hannibale vivo numquam se sine insidiis futuros existimarent, legatos in Bithyniam miserunt, in his Flamininum, qui ab rege peterent3, ne inimicissimum suum secum haberet sibique4 dederet. His Prusia negare ausus non est: illud recusavit, ne id a se fieri postularent, quod adversus ius hospitii esset5: ipsi, si possent, comprehenderent; locum ubi esset, facile inventuros. Hannibal enim uno loco se tenebat, in castello, quod ei a rege datum erat muneri, idque sic aedificarat6, ut in omnibus partibus aedificii exitus haberet, scilicet verens7, ne usu veniret8, quod accidit. Huc cum legati Romanorum venissent ac multitudine domum eius circumdedissent, puer ab ianua prospiciens Hannibali dixit plures praeter consuetudinem armatos apparere. Qui imperavit ei, ut omnes fores aedificii circumiret ac propere sibi nuntiaret, num eodem modo undique obsideretur. Puer cum celeriter, quid esset, renuntiasset omnisque exitus occupatos ostendisset, sensit id non fortuito factum, sed se peti neque sibi diutius vitam esse retinendam. Quam ne alieno arbitrio dimitteret9, memor pristinarum virtutum venenum, quod semper secum habere consueverat, sumpsit. 1. Quae: è un nesso relativo; le cose a cui si riferisce sono i successi di Annibale in Asia contro il re di Pergamo. 2. de Hannibale mentione facta: è un ablativo assoluto come Hannibale vivo. 3. qui ab rege peterent: relativa impropria con valore finale, “per chiedere al re”. 4. suum… sibique: “loro… a loro”.
184
5. illud recusavit… esset: “rifiutò ciò che era contro la legge dell’ospitalità: non gli chiedessero di farlo lui”. 6. aedificarat = aedificaverat. 7. verens: vereo ne, “temo che”. 8. usu veniret: usu venit, “accade”. 9. Quam … dimitteret: vitam dimitteret.
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
Esercizi di comprensione 1. 2. 3. 4.
Per quale motivo i senatori romani decidono di eliminare Annibale? Quale fatto rivela la potenza dei Romani? Quale verbo ne è indicatore? Che cosa dimostra la previdenza di Annibale? E la sua sagacia? E il suo coraggio? Conosci altri personaggi della storia latina che si sono suicidati? Ti sembra che il suicidio nell’antichità fosse valutato come lo è oggi?
Esercizi di morfo-sintassi
V3 Dal De viris illustribus
5.
Id postero die senatui detulit: trasforma con un nesso relativo e al presente indicativo
6.
Quod ei a rege datum erat muneri: riconosci a. un complemento di termine b. uno di fine c. uno d’agente
7.
Individua i complementi di luogo, compresi gli avverbi, inserendoli nella tabella:
Stato in luogo
Moto a luogo
Moto da luogo
In Asia
In Bithyniam
Ab ianua
Moto per luogo
Un’operosità al servizio dello Stato Catone il Censore è esempio di moralità, ma non di doctrina.
At Cato, censor factus, severe praefuit ei potestati. Nam et in complures nobiles animadvertit et multas res novas in edictum1 addidit, qua re luxuria reprimeretur, quae iam tum incipiebat pullulare. Circiter annos octoginta, usque ad extremam aetatem ab adulescentia, rei publicae causa suscipere inimicitias non destitit.In omnibus rebus singulari fuit industria. Nam et agricola sollers et peritus iuris consultus et magnus imperator et probabilis orator et cupidissimus litterarum fuit. Quarum studium etsi senior arripuerat, tamen tantum progressum fecit, ut non facile reperiri possit neque de Graecis neque de Italicis rebus, quod ei fuerit incognitum. Ab adulescentia confecit orationes. Senex historias scribere instituit. Earum sunt libri VII. (...) In quibus multa industria et diligentia2 comparet, nulla doctrina.
1. edictum: è la legge suntuaria del 215 a.C. che colpiva il lusso soprattutto femminile e che Catone difese, senza successo, da coloro che, soprattutto le donne, ne chiesero l’abolizione sino a ottenerla nel 195 a.C. Si tratta della famosa lex Oppia dal nome del suo presentatore.
2. industria et diligentia: puoi tradurre con un’endiadi, con un aggettivo e un sostantivo cioè, come se le due parole costituissero un unico concetto. A suggerire questa traduzione c’è il verbo al singolare. 1 Cornelio Nepote
© Casa Editrice G. Principato
185
V4 Dal De viris illustribus
Relativismo culturale: gli esempi Nel I secolo a.C., nel momento in cui la relazione culturale tra Greci e Romani viene recepita come fondamentale, Cornelio Nepote, nell’affermare la grandezza del mondo romano, mette in evidenza, con il distacco critico dell’intellettuale, le diverse tradizioni dei due popoli.
Neque enim Cimoni fuit turpe, Atheniensium summo viro, sororem germanam habere in matrimonio, quippe cum cives eius eodem uterentur instituto. At id quidem nostris moribus nefas habetur. Magnis in laudibus tota fere fuit Graecia victorem Olympiae citari1; in scaenam vero prodire2 ac populo esse spectaculo nemini in eisdem gentibus fuit turpitudini3. Quae omnia apud nos partim infamia, partim humilia atque ab honestate remota ponuntur. Contra ea pleraque nostris moribus sunt decora, quae apud illos turpia putantur. Quem enim Romanorum pudet4 uxorem ducere in convivium? 1. victorem… citari: è il soggetto di fuit. 2. in scaenam… prodire: “salire sulla scena” 3. nemini… fuit turpitudini: doppio dativo: “nessuno considerò vergognoso”.
4. Quem… pudet?: “Chi si vergogna?” Quem è pronome interrogativo all’accusativo retto dal verbo impersonale pudet.
NON SOLO LATINO Differenze e imitazioni
e fa riferimento all’eccesso che connota ogni storpiatura.
La familiarità del latino con l’italiano, che nella maggioranza dei casi è per i parlanti italiani un elemento facilitante, può costituire un rischio quando la traduzione procede assecondando la somiglianza dei suoni senza verificare la coincidenza dei significati. Osserviamo il testo 3. La parola luxuria, per esempio, ha come primo significato “lusso”, mentre la coincidente parola italiana, “lussuria”, indica uno smodato desiderio sessuale. In comune i due significati hanno il riferimento al concetto di eccesso. La parola italiana “lussare”, in latino luxare, ha la stessa radice
186
Un altro esempio è la parola industria che, ovviamente, non può corrispondere all’odierna industria, ma connota l’“operosità” e tutte le parole legate ad essa nello stesso insieme semantico. Leggi in italiano, con testo a fronte, la vita di Attico. Un elemento di originalità è che Nepote scrive, a morte avvenuta, di una persona conosciuta personalmente e riferisce fatti politici da lui stesso vissuti. Su questo modello, scrivi una biografia di un amico che si è trasferito all’estero e che ha condiviso con te gli studi o qualche importante momento della vita. Tu immaginalo nel futuro: che cosa farà da grande?
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
2 Cesare
(100-44 a.C.)
Figura fondamentale nella storia di Roma e d’Europa per il valore simbolico della sua vicenda politica che ha anticipato il principato, Cesare è autore di due Commentarii, il primo sulla campagna di Gallia e il secondo sulla guerra civile contro Pompeo, di grande valore letterario, oltre che storico, per la qualità della scrittura tersa e regolare.
Versioni TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
Guerra preventiva e umanitaria
Nel De bello Gallico, Cesare deve giustificare la guerra a chi a Roma vede nell’intervento militare uno strumento per la sua affermazione personale. Sobrio e distaccato, dimostra come corrisponda alla necessità di prevenire aggressioni e di tutelare gli alleati Edui.
De bello Gallico I, 11
Helvetii iam per angustias et fines Sequanorum suas copias traduxerant et in Haeduorum fines pervenerant eorumque agros populabantur. Haedui, cum se suaque ab iis defendere non possent, legatos ad Caesarem mittunt rogatum auxilium: ita se omni tempore de populo Romano meritos esse ut paene in conspectu exercitus nostri agri vastari, liberi [eorum] in servitutem abduci, oppida expugnari non debuerint. Eodem tempore Ambarri, necessarii et consanguinei Haeduorum, Caesarem certiorem faciunt sese depopulatis agris non facile ab oppidis vim hostium prohibere. Item Allobroges, qui trans Rhodanum vicos possessionesque habebant, fuga se ad Caesarem recipiunt et demonstrant sibi praeter agri solum nihil esse reliqui. Quibus rebus adductus Caesar non expectandum sibi statuit, dum omnibus fortunis sociorum consumptis in Santonos Helvetii pervenirent.
TRADUZIONE Carlo Carena
Frattanto gli Elvezi avevano fatto superare alle loro forze le gole e le terre dei Sequani, erano giunti fra gli Edui e ne razziavano le campagne. Gli Edui non erano in grado di difendere se stessi e i propri beni da quella gente; perciò mandano una delegazione a Cesare in cerca d’aiuto: in ogni tempo, dicono, si erano meritata la riconoscenza del popolo romano tanto che non si sarebbe dovuto lasciar devastare quasi sotto gli occhi del nostro esercito le loro campagne, portare via in schiavitù i loro figli, demolire le loro città. Contemporaneamente gli Ambarri, associati e consanguinei degli Edui, avvertono Cesare che, dopo aver avuto razziati i campi, non riuscivano facilmente a respingere dalle città l’irruenza dei nemici. Ugualmente gli Allobrogi che avevano villaggi e possedimenti oltre il Rodano si rifugiano presso Cesare, protestando che nient’altro rimaneva loro oltre la nuda terra. Sotto l’incalzare di questi avvenimenti, Cesare decise di non dover aspettare l’annientamento di tutte le risorse degli alleati e l’arrivo degli Elvezi fra i Santoni. 2 Cesare © Casa Editrice G. Principato
187
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Da chi sono minacciati gli Edui? I Galli si dimostrano compatti? Come Cesare può sfruttare la situazione? 2. Spiega il titolo assegnato al testo e assegnane uno diverso, possibilmente utilizzando parole latine.
La morfo-sintassi
3. Rogatum corrisponde a una finale con il supino. Trasformala in almeno altri due modi. 4. Meritos esse, ............, ..........., sono .......... (quale modo) retti da un verbo dicendi sottinteso. 5. Ut … non debuerint: che proposizione è? La traduzione rende la natura sintattica della proposizione? 6. Non expectandum è un gerundivo con sottinteso il verbo esse. A che costrutto corrisponde?
Lo stile
7. Participi congiunti (....................) e ablativi assoluti (........................... e .............................) ricorrono nella prosa di Cesare perché sono costrutti.................... (sintetici, analitici, retorici) 8. Quante volte compare il nome di Cesare? Che effetto produce? 9. La lingua di Cesare è descrittiva, non valutativa e non scopertamente letteraria: pochi gli aggettivi e poche le figure retoriche. L’intento è quello di raccontare con semplicità e far emergere i giudizi dalla forza dei fatti. Quali sono i fatti che Cesare ricorda? 10. Quibus rebus adductus, “spinto da queste circostanze”: quale idea trasmette? Perché il verbo statuit corregge, in un certo senso, questa resa alle circostanze?
Il lessico
11. Completa lo schema con i verbi che indicano le azioni di Cesare e degli Elvezi: Azioni di Cesare
Azioni degli Elvezi
I verbi relativi agli Elvezi rivelano .............................. (pericolosità o attendismo), mentre quelli relativi a Cesare il suo immobilismo determinato. 12. L’espressione certiorem facere aliquem de aliqua re significa “informare qualcuno di qualcosa”. Certiorem è un comparativo di certus, -a, -um che significa ................................ e riproduce una gamma di significati equivalenti a quelli dell’aggettivo italiano certo. 13. La parola fortuna, -ae = “sorte, favorevole o avversa” è una vox media, un vocabolo cioè che ....................................................................... Al plurale, come in questo testo, ha spesso il significato di ......................... Con la lettera maiuscola indica la Fortuna come divinità.
188
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
V1 Dal De bello Gallico
Un esercito autodisciplinato All’avanzata dei nemici, Cesare oppone il racconto di scientia atque usus militum, “la perizia e l’esperienza dei suoi soldati”, che spesso chiama commilitones per sottolineare la sua partecipazione alle vicende umili, ma eroiche del suo esercito.
Caesari omnia uno tempore erant agenda: vexillum proponendum1, quod erat insigne, cum ad arma concurri oporteret; signum tuba dandum; ab opere revocandi milites, qui paulo longius aggeris petendi causa processerant arcessendi; acies instruenda; milites cohortandi; signum dandum. Quarum rerum magnam partem temporis brevitas et incursus hostium impediebat. His difficultatibus duae res erant subsidio2, scientia atque usus militum, quod superioribus proeliis exercitati quid fieri oporteret3 non minus commode ipsi sibi praescribere quam ab aliis doceri poterant, et quod ab opere singulisque legionibus singulos legatos Caesar discedere nisi munitis castris vetuerat. Hi propter propinquitatem et celeritatem hostium nihil iam Caesaris imperium expectabant, sed per se quae videbantur4 administrabant. 1. proponendum: come i seguenti dandum, revocandi, instruenda, cohortandi, dandum sono tutti gerundivi con funzione di aggettivi. Puoi tradurre con l’infinito: “innalzare il vessillo…” 2. subsidio: è un dativo di fine.
3. quid fieri oporteret: interrogativa indiretta retta da poterant praescribere. 4. videbantur: ha valore di “sembrare bene”, “sembrare opportuno”.
Esercizi di morfo-sintassi 1.
Aggeris petendi causa è una finale con il ..................... (gerundio o il gerundivo?). Trasformala con ad e accusativo.
2.
A traduzione avvenuta, per verificare se hai proceduto rispettando la struttura morfo-sintattica, completa questa tabella secondo l’esempio:
omnia
parte del discorso
caso, genere, numero modo, tempo, persona
funzione logica
aggettivo
nom., neutro, pl.
sogg. perifr. pass.
longius quarum quid vetuerant
V2 Dal De bello Gallico
Sterminio misericordioso Cesare racconta impassibilmente la strage dei Nervi e la loro richiesta di resa. La sua risposta è la misericordia, una scelta parallela a quella della clementia che costituisce, oltre che una lodevole scelta di umanità, un’intelligente strategia politica.
Hoc proelio1 facto et prope ad internecionem gente ac nomine Nerviorum redacto, maiores natu, quos una cum pueris mulieribusque in aestuaria ac paludes coniectos dixeramus, hac pugna nuntiata, cum victoribus nihil impeditum, victis nihil tutum arbitrarentur2, omnium qui supererant consensu legatos ad Caesarem miserunt seque ei dediderunt et in commemoranda civitatis calamitate3 ex DC ad tres sena2 Cesare © Casa Editrice G. Principato
189
tores, ex hominum milibus LX vix ad D, qui arma ferre possent, sese redactos esse dixerunt. Quos Caesar, ut in miseros ac supplices usus misericordia videretur, diligentissime conservavit suisque finibus atque oppidis uti iussit et finitimis (populis) imperavit ut ab iniuria et maleficio se suosque prohiberent. 1. Hoc proelio…: nel primo periodo, insolitamente lungo per la prosa di Cesare, la principale è maiores natu… omnium… consensu legatos ad Caesarem miserunt.
2. cum victoribus nihil impeditum, victis nihil tutum arbitrarentur: è una narrativa. 3. in commemoranda civitatis calamitate: è un gerundivo: traduci calamitate come complemento oggetto di commemorare.
Esercizi di morfo-sintassi 1. 2.
Qui arma ferre possent è una relativa con il congiuntivo. Sai spiegare perché? Ut in miseros ac supplices usus misericordia videretur: che proposizione è? Videor ha costruzione personale o impersonale? Giustifica la risposta.
Esercizi di stile
V3 Dal De bello civili
3.
L’indicazione precisa di numeri contribuisce a rendere oggettiva la comunicazione e a sottolineare la forza dell’esercito romano. Spiega questa affermazione.
4.
Victoribus nihil impeditum, victis nihil tutum, “ai vincitori niente è precluso, mentre per i vinti niente è sicuro”. Puoi considerlo un amaro aforisma? In che senso?
Pompeo fugge, ma Cesare vuole un colloquio Pompeo fugge a Brindisi, i suoi alleati scappano e alcuni vengono intercettati da Cesare a cui si uniscono: il giudizio sui due contendenti è suggerito in modo implicito, ma chiaro.
Pompeius, his rebus cognitis, quae erant ad Corfinium gestae, Luceria proficiscitur Canusium atque inde Brundisium. Copias undique omnes ex novis dilectibus1 ad se cogi iubet; servos, pastores armat atque eis equos attribuit; ex his circiter CCC equites conficit. L. Manlius praetor Alba cum cohortibus sex profugit, Rutilius Lupus praetor Tarracina cum tribus; quae2, procul equitatum Caesaris conspicatae, cui praeerat Vibius Curius, relicto praetore signa ad Curium transferunt atque ad eum transeunt. Item reliquis itineribus nonnullae cohortes in agmen Caesaris, aliae in equites incidunt. Reducitur ad eum deprensus ex itinere N. Magius Cremona, praefectus fabrum Cn. Pompei. Quem Caesar ad eum remittit cum mandatis: quoniam ad id tempus facultas colloquendi non fuerit atque ipse Brundisium sit venturus, interesse rei publicae et communis salutis se cum Pompeio colloqui3. 1. dilectibus: è termine militare, “truppe (scelte)”. 2. quae: si riferisce a tribus.
190
3. interesse… colloqui: il periodo è retto da un verbum dicendi sottinteso.
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
Esercizi di morfo-sintassi 1.
Definisci le forme verbali scegliendo l’alternativa data:
verbo
attivo
deponente
passivo
proficiscitur cogi iubet conspicatae transferunt deprensus colloqui
2.
Analizza i pronomi e aggettivi contenuti nel testo compilando la seguente griglia:
voce
pronome o aggettivo?
tipo?
caso, gen., num.
traduzione
his cui eum quem id ipse se
3.
V4 Dal De bello civili
Motiva il congiuntivo nelle proposizioni quoniam... non fuerit atque ipse... sit venturus.
La situazione precipita! A Roma, ormai sull’orlo della guerra civile, viene portata e letta in senato una missiva con le richieste di Cesare: essa non viene discussa, ma suscita comunque le accese reazioni dei consoli.
Litteris C. Caesaris consulibus redditis aegre ab his impetratum est summa tribunorum plebis contentione, ut in senatu recitarentur; ut vero ex litteris ad senatum referretur, impetrari non potuit. Referunt consules de re publica in civitate. L. Lentulus consul senatui reique publicae se non defuturum pollicetur, si audacter ac fortiter sententias dicere velint1; sin Caesarem respiciant atque eius gratiam sequantur, ut superioribus fecerint2 temporibus, se sibi consilium capturum neque senatus auctoritati obtemperaturum: habere se quoque ad Caesaris gratiam atque amicitiam receptum. In eandem sententiam loquitur Scipio: Pompeio esse in animo rei publicae non deesse3, si senatus sequatur; si cunctetur atque agat lenius, nequiquam eius auxilium, si postea velit, senatum imploraturum. Haec Scipionis oratio, quod senatus in urbe habebatur Pompeiusque aberat, ex ipsius ore Pompei mitti videbatur. 1. si... velint: è protasi di un periodo ipotetico di II tipo; è meglio tradurre si con “qualora” e sin con “se invece”. 2. ut... fecerint: va tradotto con l’indicativo, il congiuntivo è dovuto al discorso indiretto latino.
3. Pompeio esse... deesse: è sottinteso un verbum dicendi; nella traduzione puoi esplicitarlo, o rendere principale questa proposizione. Lo stesso è per nequiquam... imploraturum (esse). 2 Cesare
© Casa Editrice G. Principato
191
3 Sallustio (86-34 a.C.)
Storico tra i più potenti narratori e moralisti della letteratura latina, indaga le cause della decadenza della repubblica romana attraverso il racconto di fatti esemplari come la congiura di Catilina del 63 a.C. e la guerra contro Giugurta tra il 111 e il 105 a.C. Scrive le sue opere dopo essersi ritirato dalla vita politica in seguito alla morte di Cesare, suo referente politico.
Versioni TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
Il benessere produce divisioni
La sconfitta di Cartagine con la fine del metus hostilis, quella paura del nemico capace di mantenere unita la collettività, è uno dei momenti cruciali della storia di Roma: al benessere che le conquiste consentono si accompagnano il malcostume politico e il conflitto tra cittadini.
De bello Iugurthino XLI, 1-6
Ceterum mos partium et factionum ac deinde omnium malarum artium paucis ante annis Romae ortus est otio atque abundantia earum rerum, quae prima mortales ducunt. Nam ante Carthaginem deletam populus et senatus Romanus placide modesteque inter se rem publicam tractabant, neque gloriae neque dominationis certamen inter civis erat: metus hostilis in bonis artibus civitatem retinebat. Sed ubi illa formido mentibus decessit, scilicet ea, quae res secundae amant, lascivia atque superbia incessere. Ita quod in advorsis rebus optaverant otium, postquam adepti sunt, asperius acerbiusque fuit. Namque coepere nobilitas dignitatem, populus libertatem in libidinem vertere, sibi quisque ducere trahere rapere. Ita omnia in duas partis abstracta sunt, res publica, quae media fuerat, dilacerata. Ceterum nobilitas factione magis pollebat, plebis vis soluta atque dispersa in multitudine minus poterat.
TRADUZIONE Laura Forcella
Del resto da pochi anni a Roma diventarono consueti partiti politici e gruppi di potere in lotta tra loro e tutto il malcostume che ne deriva. L’origine è da far risalire all’inattività e all’abbondanza delle ricchezze che dominano la condotta degli uomini. Infatti prima della distruzione di Cartagine il popolo e il senato romano si occupavano dello Stato collaborando tra loro con serenità e misura e non c’era tra i cittadini nessuna gara per la gloria o il potere: la paura nei confronti del nemico manteneva la cittadinanza tra oneste occupazioni. Ma quando quel terrore abbandonò gli animi, si diffusero evidentemente quei vizi che la fortuna asseconda, la sfrenatezza e la superbia. Così l’inattività che (i Romani) avevano desiderato nelle avversità, dopo che la conseguirono, si rivelò troppo dolorosa ed amara. Infatti la nobiltà cominciò a trasformare la sua autorità e il popolo la sua libertà in arbitrio;
192
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
ciascuno cominciò a comandare, rubare, saccheggiare per il proprio interesse. Così tutto fu conteso tra due partiti e lo Stato, che era posto nel mezzo, fu lacerato. Del resto la nobiltà aveva più potere per rango sociale; la forza della plebe, dispersa e dissolta nella massa, poteva meno.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Qual è l’effetto negativo della ricchezza secondo Sallustio? Perché proprio la distruzione di Cartagine è stata da lui individuata come fatto storico decisivo nel produrre tale effetto? 2. Ti sembra che Sallustio usi la parola otium con una connotazione positiva o negativa? Ricorda che Cicerone usa la parola anche con un significato positivo di tempo libero per le attività culturali. 3. Con partium e factionum Sallustio indica i populares e gli ottimati: ti ricordi come si distinguono?
La morfo-sintassi
4. Il primo periodo è chiaro nella struttura: una principale con il verbo ortus est e una relativa con il verbo ducunt. È, però, molto denso dal punto di vista del significato: è per questo che è stato tradotto distinto in due periodi. 5. vertere, ducere, trahere, rapere sono retti da coepere (coeperunt): quali sono i soggetti? 6. Che tipo di dativo è sibi? E che pronome è quisque?
Lo stile
7. Paucis ante annis è un complemento di tempo con ante in anastrofe = ante paucis annis, pochi anni prima, da pochi anni. Ricordi la differenza tra anastrofe e iperbato? 8. Civis è un arcaismo per cives. Ne individui altri? 9. Nell’ultimo periodo vediamo realizzata la variatio: il verbo polleo è espresso con possum. Sapresti definirla?
Il lessico
10. La paura si esprime in latino con metus, -us, timor, -oris, formido, -inis, pavor, -oris, tutte parole collegabili ai rispettivi verbi metuo, timeo, formido, paveo. Completa il seguente specchietto inserendo le parole derivate da ognuna di esse. Quale non è sopravvissuta in italiano in nessuna forma? Latino
Italiano
metus, -us timor, timoris formido, -inis pavor, -oris
3 Sallustio © Casa Editrice G. Principato
193
V1 Dal De bello Iugurthino
Giugurta folle di paura L’analisi psicologica di Giugurta, il re della Numidia contro cui Roma combatte, viene affidata ai racconti di vicende come il tradimento dei suoi fedelissimi. La propensione di Sallustio per la descrizione quasi romanzesca, ricca di pathos, qui appare evidente.
Ad ea1 rex, aliter atque animo gerebat, placide respondit. Bomilcare aliisque multis, quos socios insidiarum cognoverat, interfectis iram oppresserat, ne qua ex eo negotio seditio oreretur. Neque post id locorum2 Iugurthae dies aut nox ulla quieta fuit: neque loco neque mortali cuiquam aut tempori satis credere3, civis hostisque iuxta metuere, circumspectare omnia et omni strepitu pavescere, alio atque alio loco, saepe contra decus regium, noctu requiescere, interdum somno excitus arreptis armis tumultum facere: ita formidine quasi vecordia exagitari. 1. Ad ea: le parole a cui risponde il re Giugurta sono quelle di Nabdalsa che, insieme a Bomilcare, ha ideato un piano per ucciderlo. 2. post id locorum: è una locuzione avverbiale che significa “in seguito”.
3. Credere: anche i successivi metuere, circumspectare, pavescere, requiescere, facere, exagitari sono tutti infiniti storici da tradurre con un indicativo passato remoto.
Esercizi di morfo-sintassi 1.
A traduzione avvenuta, per verificare se hai proceduto rispettando la struttura morfo-sintattica, completa questa tabella:
Parte del discorso
Caso, genere, numero Funzione logica Modo, tempo, persona
interfectis
verbo
part. pass. abl. m. pl.
qua
agg. indefinito
pred. verbale abl. ass.
oreretur nome del predicato
quieta regium
Esercizi di stile 2. 3.
V2 Dal De bello Iugurthino
neque… neque… aut è un caso di ………… (asindeto, variatio, ipotassi) circumspectare omnia et omni strepitu pavescere è un ………… (chiasmo, climax, endiadi). L’accostamento di omnia e omni, ovvero della stessa parola declinata in modo diverso, dà origine a un poliptoto.
Il caso non domina la vita dell’uomo La storia per Sallustio è anche spazio di riflessione morale e filosofica: l’uomo diventa immortale se agisce con virtù. La fortuna non condiziona chi si impegna nella vita e nell’arte con costanza.
Falso queritur de natura sua genus humanum, quod inbecilla1 atque aevi brevis forte2 potius quam virtute regatur. Nam contra reputando neque maius aliud neque praestabilius invenias magisque naturae industriam hominum quam vim aut tempus deesse3. Sed dux atque imperator vitae mortalium animus est. Qui ubi ad 194
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
gloriam virtutis via grassatur, abunde pollens potensque et clarus est neque fortuna eget, quippe4 probitatem, industriam aliasque artis5 bonas neque dare neque eripere cuiquam potest. Sin captus pravis cupidinibus ad inertiam et voluptates corporis pessum datus est, perniciosa libidine paulisper usus, ubi per socordiam vires tempus ingenium diffluxere, naturae infirmitas accusatur: suam quisque culpam auctores6 ad negotia transferunt. Quod si7 hominibus bonarum rerum tanta cura esset, quanto studio aliena ac nihil profutura multaque etiam periculosa ac perniciosa petunt, neque regerentur magis quam regerent casus et eo magnitudinis procederent, ubi8 pro mortalibus9 gloria aeterni fierent. 1. inbecilla: puoi tradurlo come attributo del soggetto sottinteso natura sua. 2. forte: è un sostantivo da tradurre “dal caso”. 3. naturae… deesse: è retto da un altro invenias. 4. quippe: introduce una causale, “poiché”. 5. artis: equivale ad artes; è un arcaismo che puoi tradurre con l’aggettivo bonas “doti morali”.
6. quisque… auctores: “ciascuno”. 7. Quod si: “e se”. 8. et eo magnitudinis procederent, ubi: e “acquisirebbero tanto di grandezza da...” 9. pro mortalibus: “da mortali”.
Esercizi di morfo-sintassi 1. 2. 3. 4.
Che tipo di genitivo è aevi brevis? In quale altro modo si può esprimere lo stesso complemento? Reputando è un ......... (modo e caso). Declinalo al genitivo: .......... Declina nihil. Hominibus: che tipo di dativo è?
Esercizi di stile
V3 Dal De coniuratione Catilinae
5.
Oltre a artes bonas che altri arcaismi sono presenti nella versione? Come giustifichi questa scelta stilistica di Sallustio?
6.
Captus e usus sono due participi congiunti. La proposizione che segue come è costruita? È un caso di concinnitas o di inconcinnitas?
Cicerone console tra invidia e superbia In questo brano troviamo un accenno alle resistenze nobiliari nei confronti dell’homo novus Cicerone, le stesse resistenze che probabilmente Sallustio, homo novus lui stesso, sentì nei suoi confronti.
Sed in ea coniuratione fuit Q. Curius, natus haud obscuro loco, flagitiis atque facinoribus coopertus. Huic homini non minor vanitas inerat quam audacia. Erat ei cum Fulvia, muliere nobili, stupri vetus consuetudo. At Fulvia insolentiae Curi1 causa cognita2 tale periculum rei publicae haud occultum habuit, sed sublato auctore de Catilinae coniuratione, quae quoque modo audierat, compluribus narravit. 1. Fulvia… Curi: Curio aveva rivelato spavaldamente a Fulvia la congiura.
2. causa cognita: ablativo assoluto come il seguente sublato auctore. 3 Sallustio
© Casa Editrice G. Principato
195
Ea res in primis studia hominum accendit ad consulatum mandandum M. Tullio Ciceroni. Namque antea pleraque nobilitas invidia3 aestuabat et quasi pollui consulatum credebant, si eum quamvis egregius homo novus adeptus foret 4. Sed ubi periculum advenit, invidia atque superbia post fuere5. 3. invidia: è un ablativo di causa. 4. adeptus foret: è il congiuntivo piuccheperfetto di adipiscor, -eris, adeptus sum, adipisci.
V4 Dal De coniuratione Catilinae
5. fuere: è un arcaismo, equivale a fuerunt.
Cicerone non sta a guardare La congiura di Catilina del 63 a.C. non esplode imprevista. Cicerone cerca di premunirsi, ma deve dichiarare la guerra come si fa con i nemici.
His rebus conparatis, Catilina nihilo minus1 in proxumum annum consulatum petebat, sperans, si designatus foret, facile se ex voluntate Antonio usurum. Neque interea quietus erat, sed omnibus modis insidias parabat Ciceroni. Neque illi tamen ad cavendum dolus aut astutiae deerant. Namque a principio consulatus sui multa pollicendo per Fulviam effecerat ut Q. Curius, de quo paulo ante memoravi, consilia Catilinae sibi proderet. Ad hoc collegam suum Antonium pactione provinciae perpulerat ne contra rem publicam sentiret; circum se praesidia amicorum atque clientium occulte habebat. Postquam dies comitiorum2 venit, et Catilinae neque petitio neque insidiae quas consulibus in Campo fecerat prospere cessere, constituit bellum facere et extrema omnia experiri, quoniam quae occulte temptaverat aspera foedaque evenerant.
1. nihilo minus: “nondimeno”. Gaio Antonio ottenne il consolato insieme a Cicerone nell’anno della congiura. È un ablativo retto da usurum (esse).
2. dies comitiorum: è il “giorno delle elezioni”.
NON SOLO LATINO L’eterna lotta tra bene e male È nell’esperienza di molti il fascino che, anche letterariamente, esercita il male: l’Inferno di Dante è comunemente più amato del Purgatorio e del Paradiso e autori come Dostoevskij che si addentrano nelle ragioni profonde anche di chi uccide, guadagnano successo tra i lettori. Sallustio è assimilabile a questi scrittori anche se lo sfondo politico nel quale l’azione dei personaggi si pone è in lui dominante. In Catilina e in Giugurta non c’è redenzione. Un autore come Manzoni, invece, riscatta i suoi personaggi negativi come l’Innominato che si converte al cristianesimo. Sallustio ricostruisce il dibattito in senato sulla condanna da infliggere ai catilinari arrestati presentando la posizione di due grandi uomini politici, Cesare, contrario alla pena di morte, e Catone che la sostiene.
196
Leggi la traduzione dei capitoli LI e LII del De coniuratione Catilinae che trovi on line nel libro di letteratura, il primo dedicato al discorso di Cesare e il secondo a quello di Catone, e raccogli in forma sintetica le rispettive argomentazioni che, al di là della contingenza storica, acquisiscono un valore universale. Discutine in classe come se foste in senato per arrivare a una decisione di voto per l’una o l’altra mozione. Ti renderai conto che la logica dei due ragionamenti è ancora quella che oppone gli schieramenti politici attuali. Cesare fa appello alla razionalità, Catone all’emotività, il primo pensa che l’azione dello Stato debba essere moralmente esemplare per i comportamenti privati, il secondo le attribuisce innanzi tutto il compito di tutelare gli interessi e la libertà dei cittadini possidenti.
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
4 Cicerone (106- 43 a.C.)
Figura emergente nella letteratura latina come modello di classicismo e di humanitas, Cicerone è oratore, politico, scrittore di cui è rimasta una vasta produzione anche filosofica. Difensore della res publica, è protagonista delle sue ultime drammatiche vicende di scontri politici e guerre civili, sempre assertore del mos maiorum nello schieramento degli optimates.
Versioni TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
Cicerone sarà in grado di difendere lo Stato
Nell’affermare la sua disponibilità a mettere in gioco la vita per difendere lo Stato dalle minacce di Catilina, Cicerone traccia un ritratto di sé, chiedendo, come unica controparte al suo impegno, una memoria del suo consolato e di sé. È la chiusa della IV e ultima Catilinaria.
In Catilinam orationes IV, XI, 23
Quae cum ita sint, pro imperio, pro exercitu, pro provincia, quam neglexi, pro triumpho ceterisque laudis insignibus, quae sunt a me propter urbis vestraeque salutis custodiam repudiata, pro clientelis hospitiisque provincialibus, quae tamen urbanis opibus non minore labore tueor quam comparo, pro his igitur omnibus rebus, pro meis in vos singularibus studiis proque hac, quam perspicitis, ad conservandam rem publicam diligentia nihil a vobis nisi huius temporis totiusque mei consulatus memoriam postulo; quae dum erit in vestris fixa mentibus, tutissimo me muro saeptum esse arbitrabor. Quodsi meam spem vis inproborum fefellerit atque superaverit, commendo vobis parvum meum filium, cui profecto satis erit praesidii non solum ad salutem, verum etiam ad dignitatem, si eius, qui haec omnia suo solius periculo conservarit, illum filium esse memineritis. Quapropter de summa salute vestra populique Romani, de vestris coniugibus ac liberis, de aris ac focis, de fanis atque templis de totius urbis tectis ac sedibus, de imperio ac libertate, de salute Italiae, de universa re publica decernite diligenter, ut instituistis, ac fortiter. Habetis eum consulem, qui et parere vestris decretis non dubitet et ea, quae statueritis, quoad vivet, defendere et per se ipsum praestare possit.
TRADUZIONE Laura Forcella
Se la situazione è questa, in cambio del potere, dell’esercito, della provincia, che ho trascurato, in cambio del trionfo e di tutte le altre onorificenze illustri, a cui ho rinunciato in nome della tutela della città e della nostra salvezza, in cambio delle clientele e dei vincoli di ospitalità nelle province, che difendo tuttavia con le attività che svolgo in città con fatica non minore di quella con cui le procuro, in cambio di tutte queste cose, dunque, in cambio delle mie straordinarie attenzioni nei vostri confronti e in cambio di questo scrupolo, che è davanti ai vostri occhi, nel salvare 4 Cicerone © Casa Editrice G. Principato
197
lo Stato, non vi chiedo nulla se non il ricordo di questa circostanza e di tutto il mio consolato; e finché esso resterà costante nelle vostre menti, riterrò di essere difeso da un muro saldissimo. E se la violenza di uomini disonesti travolgerà le mie aspettative, vi affido mio figlio piccolo: sarà difesa sufficiente non solo per la sua salvezza, ma anche per il suo onore, se vi ricorderete che egli è figlio di chi ha salvaguardato, con il rischio della sua stessa vita, tutto lo Stato. Perciò prendete una decisione saggia e coraggiosa, ora, come già avete fatto, sulla definitiva salvezza vostra e del popolo romano, sulle vostre spose e i vostri figli, sugli altari e i focolari, sugli edifici sacri e i templi di tutta quanta la città, sulle case e sugli edifici pubblici, sull’impero e sulla libertà, sulla salvezza dell’Italia, sullo Stato nella sua totalità. Avete un console che non esiterà ad obbedire ai vostri ordini, a difendere le vostre decisioni, finché vivrà, e lo può fare da sé solo.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Ti sembra che queste parole conclusive siano coerenti con i fatti esposti nell’orazione e con l’immagine di sé che Cicerone ha veicolato? In che senso? 2. In che aspetti il testo può esemplificare i caratteri dell’oratoria di Cicerone? 3. Cicerone fa riferimento alle clientele: sai ricostruire il loro ruolo nella vita politica di Roma?
La morfo-sintassi
4. Quae cum ita sint: individua la traduzione di questa espressione e rendila in forma letterale: quali elementi risultano differenti? Il pronome iniziale identifica la costruzione del ........ relativo. 5. Propter... custodiam che complemento è? 6. Dum erit in vestris fixa mentibus: cerca sul dizionario il significato di fixa. Da quale verbo deriva? Di che genere è? 7. Quodsi... fefellerit atque superaverit: i verbi sono indicativi o congiuntivi? Perché? 8. Ad salutem... ad dignitatem: che complementi sono? Verifica nella traduzione il significato del termine dignitatem. 9. Qui... possit: giustifica il congiuntivo in questa proposizione.
Lo stile
10. Riconosci le seguenti figure retoriche: – la ripetizione della ........................... (quale parte del discorso?) pro è un ........................... – la memoria dei meriti di Cicerone è indicata con la parola muro: si tratta di una .............. – tra la solitudine dell’opera meritoria del console e la nefandezza dei tanti suoi nemici si crea un’.......... – tectis è una ..................... 11. Ricorrono nel testo pronomi e aggettivi di 1ª persona. Quali? Qual è l’effetto comunicativo? Nell’ultima parte di questa apostrofe al senato, però, Cicerone parla di sé in 3ª persona: habetis eum consulem. Perché, secondo te, abbandona la 1ª persona? 198
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
Il lessico
12 . In questo brano ricorrono i verbi e le parole che indicano la funzione del console. Individuiamo tueor da cui deriva la parola italiana ....................... e che ha la stessa radice dell’aggettivo latino tutus che significa .......................... La custodia designa la difesa di un luogo, anche con un’accezione militare, poiché con questo termine si indicano anche ............................ Il console si avvale della diligentia, che è cura e attenzione prestate con l’inclinazione di chi è legato affettivamente a ciò di cui si occupa: la parola, infatti, appartiene alla famiglia del verbo.................... che esprime l’affetto riservato ai figli, alle spose, alla famiglia. Nel brano il senato è invitato a valutare diligenter, un .................... (quale parte del discorso?) che ha la stessa radice.
V1 Dal De officiis
Slanci eccessivi Il coraggio deve essere finalizzato al bene comune e ispirato dalla moderazione, cioè non deve mettere in gioco la vita dell’uomo: in tal caso non è virtù, ma vizio, e diventa audacia.
Sed ea animi elatio, quae cernitur in periculis et laboribus, si iustitia vacat pugnatque non pro salute communi, sed pro suis commodis, in vitio est; non modo enim id virtutis non est, sed est potius immanitatis omnem humanitatem repellentis1. Itaque probe definitur a Stoicis fortitudo, cum eam virtutem esse dicunt propugnantem pro aequitate. Quocirca nemo, qui fortitudinis gloriam consecutus est insidiis et malitia, laudem est adeptus: nihil enim honestum esse potest, quod iustitia vacat. Praeclarum igitur illud2 Platonis: “Non,” inquit, “solum scientia, quae est remota ab iustitia calliditas potius quam sapientia est appellanda, verum etiam animus paratus ad periculum3, si sua cupiditate, non utilitate communi impellitur, audaciae potius nomen habeat, quam fortitudinis.” Itaque viros fortes et magnanimos eosdem bonos et simplices, veritatis amicos minimeque fallaces esse volumus. 1. repellentis: participio congiunto a immanitatis. 2. Praeclarum igitur illud: “quell’affermazione”.
V2 Dal Laelius de amicitia
3. animus paratus ad periculum: rendi con “l’inclinazione al pericolo”.
Forza dell’amicizia La vita, per essere davvero tale, deve essere arricchita dall’amicizia, che deve essere disinteressata e libera, perseguita senza alcun fine che non sia l’affetto tra gli amici.
Talis igitur inter viros amicitia tantas opportunitates habet quantas vix queo dicere. Principio qui1 potest esse vita ‘vitalis’, ut ait Ennius2, quae non in amici mutua benevolentia conquiescit? Quid dulcius quam habere quicum3 omnia audeas sic loqui 1. Principio qui: “prima di tutto in che modo”.
2. Ennius: poeta di età arcaica. 4 Cicerone © Casa Editrice G. Principato
199
ut tecum? Qui esset tantus fructus in prosperis rebus, nisi haberes, qui illis aeque ac tu ipse gauderet? Adversas vero ferre difficile esset sine eo qui illas gravius etiam quam tu ferret. Denique ceterae res quae expetuntur opportunae sunt singulae rebus fere singulis: divitiae, ut utare, opes, ut colare, honores, ut laudere4, voluptates, ut gaudeas, valetudo, ut dolore careas et muneribus fungare corporis; amicitia res plurimas continet; quoquo te verteris, praesto est, nullo loco excluditur, numquam intempestiva, numquam molesta est; itaque non aqua, non igni, ut aiunt, locis pluribus utimur quam amicitia. 3. quicum: “con il quale”. 4. utare, colare, laudere: utaris, colaris, lauderis, cong. presenti alla 2ª pers. sing. retti dall’ut finale.
V3 Dalle In Catilinam orationes
5. te verteris: passivo con valore riflessivo, “ti diriga”.
Quale pena per Catilina e i suoi? Cicerone interviene nel dibattito del 5 dicembre 63, nel quale si deve decidere la pena per i catilinari, passando in rassegna le proposte di Silano, favorevole alla pena di morte, e di Cesare, che la rifiuta con motivazioni anche filosofiche.
Video duas adhuc esse sententias, unam D. Silani, qui censet eos, qui haec delere conati sunt, morte esse multandos, alteram C. Caesaris, qui mortis poenam removet, ceterorum suppliciorum omnes acerbitates amplectitur. Uterque et pro sua dignitate et pro rerum magnitudine1 in summa severitate versatur. Alter2 eos, qui nos omnes, qui populum Romanum vita privare conati sunt3, qui delere imperium, qui populi Romani nomen extinguere, punctum temporis4 frui vita et hoc communi spiritu non putat oportere atque hoc genus poenae saepe in inprobos cives in hac re publica esse usurpatum recordatur. Alter intellegit mortem ab dis inmortalibus non esse supplicii causa constitutam, sed aut necessitatem naturae aut laborum ac miseriarum quietem esse. Itaque eam sapientes numquam inviti, fortes saepe etiam lubenter5 oppetiverunt. Vincula vero et ea sempiterna certe ad singularem poenam nefarii sceleris inventa est. 1. pro sua dignitate et pro rerum magnitudine: rendi “in rapporto a”. 2. Alter: è soggetto di putat e di recordatur in coordinata.
3. conati sunt: regge privare ed è sottinteso nelle relative successive dove regge delere, extinguere. 4. punctum temporis: “istante”. 5. lubenter: arcaismo in luogo di libenter.
Esercizi di morfo-sintassi 1. 2. 3. 4.
Multandos esse: qual è il soggetto di questa infinitiva. Qual è il costrutto? Alter ed eos: sono due pronomi diversi con diverse funzioni. Quali? Conosci altri verbi che reggono l’ablativo come fruor? Di che tipo di ablativo si tratta? Analizza esse usurpatum.
Esercizi di stile 5. 6. 200
Individua due esempi di concinnitas. Questo costrutto, invece, corrisponde a una variatio: eam (mortem) sapientes numquam inviti, fortes saepe etiam lubenter oppetiverunt. Spiega il perché.
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
V4 Dal De inventione
Utilità dell’eloquenza, ma di quella vera... L’eloquenza deve essere sostenuta dalla cultura, finalizzata all’utile comune e ispirata dalla giustizia: l’uomo eloquente deve essere vir bonus cioè possedere virtù morali.
Saepe et multum hoc mecum cogitavi, bonine an mali plus attulerit hominibus et civitatibus copia dicendi ac summum eloquentiae studium. Nam cum et nostrae rei publicae detrimenta considero et maximarum civitatum veteres animo calamitates colligo1, non minimam video per disertissimos homines invectam partem incommodorum; cum autem res ab nostra memoria propter vetustatem remotas2 ex litterarum monumentis repetere instituo, multas urbes constitutas, plurima bella restincta, firmissimas societates, sanctissimas amicitias intellego cum animi ratione tum facilius eloquentia comparatas. Ac me quidem diu cogitantem ratio ipsa in hanc potissimum sententiam ducit, ut existimem sapientiam sine eloquentia parum prodesse civitatibus, eloquentiam vero sine sapientia nimium obesse plerumque, prodesse numquam. Quare si quis3 omissis rectissimis atque honestissimis studiis rationis et officii consumit omnem operam in exercitatione dicendi, is inutilis sibi, perniciosus patriae civis alitur; qui vero ita sese armat eloquentia, ut non oppugnare commoda patriae, sed pro his4 propugnare possit, is mihi vir et suis et publicis rationibus utilissimus atque amicissimus civis fore videtur. 1. animo... colligo: espressione enfatica, che puoi tradurre “passo mentalmente in rassegna”. 2. res... remotas: le due parole in iperbato vanno tradotte insieme.
3. si quis: “se qualcuno”. 4. pro his: “per il bene della patria” (si riferisce a commoda).
Esercizi di morfo-sintassi 1. 2. 3.
Bonine an mali plus attulerit: di che proposizione si tratta? E ut existimem? Omissis rectissimis atque honestissimis studiis: definisci e spiega il costrutto. Individua un gerundio latino e trasformalo in una finale.
Esercizi di lessico 4. 5.
La parola studiis non si traduce con “studio”. Come spieghi il significato italiano considerando quello originario latino? Osserva nel testo la contrapposizione tra copia dicendi, proprietà dei disertissimi homines, e l’eloquentia: quali diversi esiti producono? Qual è il significato delle due espressioni?
4 Cicerone © Casa Editrice G. Principato
201
V5 Dal De oratore
La verità innanzitutto Eloquenza e storiografia sono in dialogo e l’una alimenta l’altra fondandosi sugli stessi principi: Cicerone ne parla da esperto.
Sed illuc redeo: videtisne, quantum munus sit oratoris historia? Haud scio an flumine1 orationis et varietate maximum; neque eam reperio usquam separatim instructam rhetorum praeceptis; sita sunt enim ante oculos. Nam quis nescit primam esse historiae legem, ne quid falsi dicere audeat? Deinde ne quid veri non audeat? Ne quae suspicio gratiae sit in scribendo? Ne quae simultatis2? Haec scilicet fundamenta nota sunt omnibus, ipsa autem exaedificatio posita est in rebus et verbis: rerum ratio3 ordinem temporum desiderat, regionum descriptionem; vult etiam, quoniam in rebus magnis memoriaque dignis consilia primum, deinde acta, postea eventus exspectentur, et de consiliis significari quid scriptor probet et in rebus gestis declarari non solum quid actum aut dictum sit, sed etiam quo modo. 1. flumine: è impiegato in senso metaforico e puoi rendere “per la ricchezza”.
2. Ne quae simultatis: è sottinteso il precedente suspicio. 3. rerum ratio: “l’esposizione degli argomenti”.
NON SOLO LATINO Lessico filosofico Nelle opere filosofiche Cicerone utilizza spesso, come è necessario in rapporto al genere letterario, il linguaggio astratto e modifica, talvolta, il significato più diffuso dei termini nel lessico latino: per esempio amicitia, che indicava il rapporto di potere e di reciproco vantaggio che lega le persone soprattutto se appartenenti a ceti sociali diversi, viene proposto e impiegato, nel De amicitia, con il significato che noi oggi attribuiamo al termine e che i Parola latina
Parola greca corrispondente
humanitas
philanthropía, paideía
ratio
lògos
medietas
metriótes
virtus
areté
moralis
èthos
Con l’aiuto di un dizionario filosofico e di materiali sicuri reperibili in Internet come il vocabolario Treccani, completa lo specchietto ricordando che la corrispondenza con le parole italiane non è garanzia di identico significato. Discutine in classe.
Parola italiana corrispondente
Significato in Cicerone
Significato generale
(p. 383 del libro di letteratura)
In alternativa leggi in italiano il De amicitia e raccogli le diverse definizioni del concetto per rilevare coincidenze e
202
Greci attribuivano alla parola philía. Cicerone, di fronte alla patrii sermonis egestas, “povertà della lingua latina”, già denunciata da Lucrezio, fornì al vocabolario latino il lessico filosofico, di fatto inventandolo, traducendolo dal greco per lo più con parole latine già esistenti.
diversità rispetto alla concezione odierna comunemente accolta.
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
5 Livio
(59 a.C.-17 d.C.)
Storico di età augustea, di orientamento repubblicano, è considerato il corrispettivo in prosa di Virgilio per l’esaltazione della grandezza di Roma che si dimostra dalla sua storia passata. La sua monumentale opera annalistica, Ab urbe condita libri CXLII, non ci è giunta integrale. Il suo periodare ampio e sostenuto, organizzato per lo più in simmetrie, si colora di pathos.
Versioni TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
L’ultima impresa terrena di Enea
Livio racconta la sua versione della guerra contro i Rutuli, muovendo dallo stesso argomento scelto dal poeta Virgilio: il torto subito da Turno che si vede privato della promessa sposa e si allea agli Etruschi guidati da Mezenzio.
Ab urbe condita 1, 2
Bello deinde Aborigines Troianique simul petiti. Turnus rex Rutulorum, cui pacta Lavinia ante adventum Aeneae fuerat, praelatum sibi advenam aegre patiens simul Aeneae Latinoque bellum intulerat. Neutra acies laeta ex eo certamine abiit: victi Rutuli: victores Aborigines Troianique ducem Latinum amisere. Inde Turnus Rutulique diffisi rebus ad florentes opes Etruscorum Mezentiumque regem eorum confugiunt, qui Caere opulento tum oppido imperitans, iam inde ab initio minime laetus novae origine urbis et tum nimio plus quam satis tutum esset accolis rem Troianam crescere ratus, haud gravatim socia arma Rutulis iunxit. Aeneas adversus tanti belli terrorem ut animos Aboriginum sibi conciliaret nec sub eodem iure solum sed etiam nomine omnes essent, Latinos utramque gentem appellavit; nec deinde Aborigines Troianis studio ac fide erga regem Aeneam cessere. Fretusque his animis coalescentium in dies magis duorum populorum Aeneas, quamquam tanta opibus Etruria erat ut iam non terras solum sed mare etiam per totam Italiae longitudinem ab Alpibus ad fretum Siculum fama nominis sui implesset, tamen cum moenibus bellum propulsare posset in aciem copias eduxit. Secundum inde proelium Latinis, Aeneae etiam ultimum operum mortalium fuit.
TRADUZIONE Laura Forcella
Aborigeni e Troiani, poi, furono coinvolti insieme in una guerra. Il re dei Rutuli Turno, cui era stata promessa in sposa Lavinia prima dell’arrivo di Enea, poiché non gradiva che gli fosse stato preferito uno straniero, entrò in guerra contemporaneamente con Enea e con Latino. Nessuna delle due parti poté rallegrarsi dell’esito di quello scontro: i Rutuli furono vinti, ma Troiani e Aborigeni, benché vincitori, persero Latino, il loro comandante. Turno e i Rutuli, in seguito, scoraggiati per la situazione, ricorsero alle floride risorse degli Etruschi e del loro re Mezenzio, signore dell’allora ricca città di Cere. Questi, poiché già sin dagli inizi non aveva per 5 Livio © Casa Editrice G. Principato
203
nulla gradito la fondazione della nuova città e pensava che la crescita della potenza troiana fosse una minaccia per i popoli vicini, si alleò, senza difficoltà, ai Rutuli. Enea, terrorizzato di una simile guerra, per accattivarsi il favore degli Aborigeni e perché tutti risultassero uniti non solo sotto la stessa autorità ma anche sotto lo stesso nome, chiamò Latini l’uno e l’altro popolo; né, d’allora in poi, gli Aborigeni si dimostrarono inferiori ai Troiani quanto a devozione e lealtà verso il re Enea. Enea, confidando su questi sentimenti e sull’affiatamento che di giorno in giorno cresceva tra i due popoli, nonostante l’Etruria avesse una tale disponibilità di mezzi da raggiungere con la sua fama non solo la terra ma anche il mare per tutta l’estensione dell’Italia – dalle Alpi allo stretto di Sicilia –, fece scendere ugualmente in campo le sue truppe pur potendo respingere l’attacco dalle mura. La battaglia fu la seconda per i Latini. Per Enea, invece, rappresentò l’ultima delle sue imprese da mortale.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Livio racconta la storia delle origini di Roma servendosi del mito narrato da Virgilio nell’Eneide. Ricostruiscilo: chi era Turno? E Lavinia? Quale il ruolo degli Etruschi? 2. Come nasce il nome dei Latini? Sai spiegarlo con l’etimologia?
La morfo-sintassi
3. Praelatum sibi advenam aegre patiens: da quale elemento si deduce il genere di advena? Analizzalo morfologicamente e sintatticamente. 4. Novae origine urbis: che complemento è origine? 5. A quale parola si congiungono i participi imperitans e ratus? 6. Ut ... imple(vi)sset: che proposizione è? Perché non potrebbe essere una finale?
Lo stile
7. Completa il seguente testo riferendoti a questa versione: Il primo periodo è costituito da .................. (quante?) proposizione/i, ma lo stile di Livio si caratterizza per una .................. (sintassi o morfologia) ampia sul modello .................. (sallustiano o ciceroniano). È una prosa .................. (densa o povera) di informazioni che fluisce dolcemente in modo .................. (chiaro o oscuro): come dice Quintiliano i suoi testi si caratterizzano per lactea ubertas. Una certa predilezione per forme participiali come .................. .................. .................. avvicina la sua prosa a modelli post-classici.
L’uso di .................. come amisere e cessere per amiserunt e cesserunt è più frequente nella
trattazione riferita alla storia più antica così come quella di parole poetiche come mortales al posto del più comune ..................
Il lessico
8. Aborigines: ricerca l’etimologia e traduci la parola in modo diverso da come ti è stato proposto. Elenca le parole appartenenti al lessico militare qui presenti. 204
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
V1 Dai libri Ab Urbe condita
Una misteriosa grotta I Romani non rimangono inoperosi anche in tempo di pace: fondano colonie, puniscono i ribelli e, dopo essere stati assaliti, stanano uomini armati senza pietà.
L. Genucio Ser. Cornelio consulibus ab externis ferme bellis otium fuit. Soram atque Albam coloniae deductae1. Albam in Aequos sex milia colonorum scripta: Sora agri Volsci fuerat sed possederant Samnites; eo quattuor milia hominum missa. Eodem anno Arpinatibus Trebulanisque civitas data. Frusinates tertia parte agri2 damnati, quod Hernicos ab eis sollicitatos compertum, capitaque coniurationis eius quaestione ab consulibus ex senatus consulto habita virgis caesi ac securi percussi. Tamen ne prorsus imbellem agerent annum, parva expeditio in Umbria facta est, quod nuntiabatur ex spelunca quadam excursiones armatorum in agros fieri. In eam speluncam penetratum cum signis est et ex ea, loco obscuro, multa volnera accepta maximeque lapidum ictu, donec altero specus eius ore – nam pervius erat – invento utraeque fauces congestis lignis accensae. Ita intus fumo ac vapore ad duo milia armatorum, ruentia novissime in ipsas flammas, dum evadere tendunt, absumpta. 1. coloniae deductae: sott. sunt. Il verbo esse è sottinteso anche con scripta, missa, data, damnati, sollicitatos, compertum, caesi, percussi, accepta, accensae, absumpta.
2. tertia parte agri: “a consegnare la terza parte del territorio”.
Esercizi di comprensione 1.
In che modo questo aneddoto si colloca all’interno della visione di Livio sulla storia di Roma? Quali azioni di controllo del territorio da parte dei Romani si distinguono?
Esercizi di morfo-sintassi 2. 3. 4. 5.
V2 Dai libri Ab Urbe condita
L. Genucio Ser. Cornelio consulibus: definisci il costrutto e individuane un altro analogo. Soram atque Albam coloniae deductae: che complemento esprimono i due accusativi? Ne... agerent: definisci la proposizione e trasformala con un costrutto al gerundivo. Ruentia novissime in ipsas flammas: a quale termine è riferito il participio ruentia?
Una notizia devastante La notizia della sconfitta al Trasimeno da parte di Annibale si diffonde gettando nello sconforto i Romani che non conoscono la sorte dei loro cari, ma temono il peggio, anche a causa di informazioni imprecise. Il testo è un esempio di descrizione patetica: si concentra sulle reazioni femminili.
Romae ad primum nuntium cladis eius cum ingenti terrore ac tumultu concursus in forum populi est factus. Matronae vagae per vias, quae repens clades allata quaeve fortuna exercitus esset1, obvios percontantur; et cum frequentis contionis modo2 turba in comitium et curiam3 versa magistratus vocaret, tandem haud multo 1. quae repens… esset: interrogative indirette rette da percontantur.
2. frequentis contionis modo: “come (secondo il modo di) un’affollata assemblea”. 5 Livio
© Casa Editrice G. Principato
205
ante solis occasum M. Pomponius praetor “pugna” inquit “magna victi sumus”. Et quamquam nihil certius ex eo auditum est, tamen alius ab alio impleti rumoribus domos referunt4: consulem cum magna parte copiarum caesum; superesse paucos aut fuga passim per Etruriam sparsos aut captos ab hoste. Quot casus exercitus victi fuerant, tot in curas distracti animi eorum erant quorum propinqui sub C. Flaminio consule meruerant, ignorantium5 quae cuiusque suorum fortuna esset; nec quisquam satis certum habet quid aut speret aut timeat. Postero ac deinceps aliquot diebus ad portas maior prope mulierum quam virorum multitudo stetit, aut suorum aliquem aut nuntios de iis opperiens (…). Inde varios voltus digredientium ab nuntiis cerneres (...). Feminarum praecipue et gaudia insignia erant et luctus. Unam in ipsa porta sospiti filio repente oblatam in complexu eius exspirasse ferunt; alteram, cui mors filii falso nuntiata erat, maestam sedentem domi, ad primum conspectum redeuntis filii gaudio nimio exanimatam. 3. in comitium et curiam: nella parte del Foro dedicata alle assemblee popolari e al senato. 4. alius ab alio... referunt: il verbo è concordato a senso con il
soggetto, “riempiendosi l’un l’altro di dicerie”. 5. ignorantium: riferito al precedente quorum.
Esercizi di morfo-sintassi 1. 2. 3. 4.
Consulem cum magna parte copiarum caesum: che proposizione è? Da quale verbo è introdotta? Quid aut speret aut timeat: di che proposizioni si tratta? Opperiens: a quale nome è congiunto? Cerneres: è un congiuntivo potenziale del passato. E come sarebbe se fosse negativo e nel presente?
Esercizi di stile 5. 6. 7.
V3 Dai libri Ab Urbe condita
Individua i passi in cui è impiegato il presente indicativo: che effetto produce? Matronae vagae per vias: di che figura retorica si tratta? Che funzione espressiva ha? Argomenta perché il brano esemplifichi la prosa patetica di Livio.
Annibale non sa vincere Maarbale, capo della cavalleria punica, sprona Annibale ad approfittare subito della vittoria di Canne e a dirigersi verso Roma, ma si scontra con l’esitazione del comandante, la cui incertezza ha forse salvato Roma da una tragica disfatta.
Hannibali victori1 cum ceteri circumfusi gratularentur suaderentque ut, tanto perfunctus bello, diei quod reliquum esset noctisque insequentis quietem et ipse sibi sumeret et fessis daret militibus, Maharbal praefectus equitum, minime cessandum2 ratus, “Immo ut quid hac pugna sit actum scias, die quinto” inquit, “victor in Capitolio epulaberis. Sequere; cum equite, ut prius venisse quam venturum sciant3, praecedam.” Hannibali nimis laeta res est visa maiorque quam ut eam statim capere animo posset. Itaque voluntatem se laudare Maharbalis ait; ad consilium pensandum temporis opus esse. Tum Maharbal: “Non omnia nimirum eidem di dedere. Vincere scis, Hannibal; victoria uti nescis.” Mora eius diei satis creditur saluti fuisse 206
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
urbi atque imperio4. Postero die ubi primum inluxit, ad spolia legenda foedamque etiam hostibus spectandam stragem insistunt. Iacebant tot Romanorum milia, pedites passim equitesque, ut quem cuique fors aut pugna iunxerat aut fuga; (...) inventi quidam sunt mersis in effossam terram capitibus quos sibi ipsos fecisse foveas obruentesque ora superiecta humo interclusisse spiritum5 apparebat. 1. Hannibali victori: il dativo è retto dal verbo gratularentur. 2. cessandum: sott. esse. 3. ut prius venisse quam venturum sciant: lega prius a quam.
V4 Dai libri Ab Urbe condita
4. saluti fuisse urbi atque imperio: è un doppio dativo. 5. interclusisse spiritum: “fossero morti coprendo” (obruentes).
Morte di Annibale Annibale, tradito da Prusia, capisce che la morte è inevitabile e decide di suicidarsi. In un passaggio qui cancellato ricorda il suo passato e sottolinea quanto i costumi romani siano decaduti, dal momento che devono ricorrere a un traditore per sconfiggere un nemico.
Ad Prusiam regem legatus T. Quinctius Flamininus venit (...). Ibi seu quia a Flaminino inter cetera obiectum Prusiae erat1 hominem omnium, qui viverent, infestissimum populo Romano apud eum esse (...); seu quia ipse Prusias, ut gratificaretur praesenti Flaminino Romanisque, per se necandi aut tradendi eius in potestatem consilium cepit; a primo colloquio Flaminini milites extemplo ad domum Hannibalis custodiendam missi sunt. Semper talem exitum vitae suae Hannibal prospexerat animo et Romanorum inexpiabile odium in se cernens, et fidei regum nihil sane confisus: Prusiae vero levitatem etiam expertus erat; Flaminini quoque adventum velut fatalem sibi horruerat. Ad omnia undique infesta ut iter semper aliquod praeparatum fugae haberet, septem exitus e domo fecerat, et ex iis quosdam occultos2, ne custodia saepirentur. Sed grave imperium regum nihil inexploratum, quod vestigari volunt, efficit3. Totius circuitum domus ita custodiis complexi sunt4, ut nemo inde elabi posset. Hannibal, postquam est nuntiatum milites regios in vestibulo esse, (...) fugere conatus, (...) venenum, quod multo ante praeparatum ad tales habebat casus, poposcit. (…) Exsecratus deinde in caput regnumque Prusiae, et hospitales deos violatae ab eo fidei testes invocans, poculum exhausit. Hic vitae exitus fuit Hannibalis. 1. obiectum… erat: “era stato rimproverato”. 2. quosdam occultos: è sottinteso exitus. 3. Sed grave imperium… efficit: è un’amara consi-
derazione sulla potenza dei re a cui non sfugge nulla di ciò che vogliono controllare. 4. complexi sunt: ha come soggetto sottinteso milites. 5 Livio
© Casa Editrice G. Principato
207
V5 Dal Ab urbe condita
Emilio Paolo muore a Canne con coraggio Emilio Paolo, trascinato alla battaglia dall’altro console, preferisce morire a Canne con i suoi soldati piuttosto che rientrare a Roma e dover accusare il collega, vero responsabile della disfatta.
Cn. Lentulus tribunus militum cum praetervehens equo sedentem in saxo cruore oppletum consulem vidisset, “L. Aemili” inquit, “quem unum insontem culpae cladis hodiernae dei respicere debent, cape hunc equum, dum et tibi virium aliquid superest et comes ego te tollere possum ac protegere. Ne funestam hanc pugnam morte consulis feceris; etiam sine hoc lacrimarum satis luctusque est”. Ad ea consul: “Tu quidem, Cn. Corneli, macte virtute esto1; sed cave, frustra miserando exiguum tempus e manibus hostium evadendi absumas2. Abi, nuntia publice patribus urbem Romanam muniant ac priusquam victor hostis adveniat praesidiis firment; privatim Q. Fabio L. Aemilium praeceptorum eius memorem et vixisse [et] adhuc et mori. Me in hac strage militum meorum patere exspirare, ne aut reus iterum e consulatu sim aut accusator collegae exsistam ut alieno crimine innocentiam meam protegam. ”Haec eos agentes prius turba fugientium civium, deinde hostes oppressere; consulem ignorantes quis esset obruere3 telis, Lentulum in tumultu abripuit equus. 1. macte virtute esto: formula esclamativa, “gloria a te”. 2. cave... absumas: sottinteso ne nella costruzione dei verba cavendi.
3. Oppressere... obruere: forme arcaiche in luogo di oppresserunt e obruerunt.
NON SOLO LATINO Exempla anche oggi La storiografia liviana ebbe grande successo soprattutto nel Rinascimento italiano, periodo nel quale essa era letta come testimonianza della storia di Roma e come grande patrimonio documentario, di exempla e di documenti sulla vita e la cultura romana. L’autore che maggiormente studiò e risultò impressionato da Livio è senz’altro Niccolò Machiavelli, che compose un’opera intitolata Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, finalizzata a dedurre dallo studio della sua opera quegli insegnamenti fondamentali sull’arte della politica che gli uomini a lui contemporanei sembrano ignorare. Infatti egli afferma che, mentre gli esempi degli antichi sono seguiti nelle arti e in attività quali il diritto e la medicina, essi sono trascurati «nello ordinare le republiche, nel mantenere li stati, nel governare e’ regni, nello ordinare la
208
milizia ed amministrare la guerra, nel iudicare e’ sudditi, nello accrescere l’imperio». Giudica necessario, quindi, condurre un’analisi dei libri liviani conservati, sia per darne corretta interpretazione, sia perché i suoi lettori possano trarrne «quella utilità per la quale si debbe cercare la cognizione delle istorie». A questo utilizzo politico delle storie di Livio ne corrisponde uno privato: i suoi protagonisti sono spesso exempla di come morire con dignità. Lo dimostra anche il testo sulla morte di Annibale. Leggi, in Internet, come Livio ha descritto la morte di Cicerone che ha ispirato, insieme a Plutarco, il “racconto sceneggiato” di Fruttero e Lucentini, edito da il Melangolo nel 1995, intitolato appunto La morte di Cicerone: sarà l’occasione per verificare come l’antichità alimenti pensieri contemporanei. Un gruppo di lettura in classe aprirà inedite prospettive di riflessione.
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
6 Seneca
(4 ca a.C.-65 d.C.)
Filosofo e letterato, fu coinvolto nella turbolenta vita politica romana di età giulio-claudia con incarichi pubblici che lo portarono a condividere imbarazzanti scelte di potere. L’imperatore Nerone gli ordinò il suicidio. La sua ampia riflessione filosofica, non sistematica e rivolta principalmente a temi legati all’interiorità, si svolge in una forma letteraria avvolgente e persuasiva.
Versioni TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
La vita come acqua che scorre
Con la forza delle immagini e del pensiero, Seneca demolisce un luogo comune: la vita non è breve. In questo errore sono incorsi anche il grande medico greco Ippocrate (460-380 a.C.) e lo stesso filosofo Aristotele (384-322 a.C). Dobbiamo imparare a gestire il tempo perché sia sempre tempo di vita.
De brevitate vitae I
Maior pars mortalium, Pauline, de naturae malignitate conqueritur, quod in exiguum aevi gignimur, quod haec tam velociter, tam rapide dati nobis temporis spatia decurrunt, adeo ut exceptis admodum paucis ceteros in ipso vitae adparatu vita destituat. Nec huic publico, ut opinantur, malo turba tantum et imprudens vulgus ingemuit: clarorum quoque virorum hic adfectus querellas evocavit. Inde illa maximi medicorum exclamatio est: “Vitam brevem esse, longam artem”. Inde Aristotelis cum rerum natura exigentis minime conveniens sapienti viro lis: “Aetatis illam animalibus tantum indulsisse, ut quina aut dena saecula educerent, homini in tam multa ac magna genito tanto citeriorem terminum stare”. Non exiguum temporis habemus, sed multum perdidimus. Satis longa vita et in maximarum rerum consummationem: large data est, si tota bene collocaretur. Sed ubi per luxum ac neglegentiam diffluit, ubi nullae bonae rei inpenditur, ultima demum necessitate cogente, quam ire non intelleximus, transisse sentimus. Ia est, non accipimus brevem vitam, sed facimus, nec inopes eius, sed prodigi sumus. Sicut amplae et regiae opes ubi ad malum dominum pervenerunt, momento dissipantur, at quamvis modicae, si bono custodi traditae sunt, usu crescunt: ita aetas nostra bene disponenti multum patet.
TRADUZIONE Alfonso Traina
La maggior parte degli uomini, Paolino, protesta per l’avarizia della natura, perché siamo messi al mondo per un briciolo di tempo, perché i giorni a noi concessi scorrono così veloci e travolgenti che, eccetto pochissimi, gli altri sono abbandonati dalla vita proprio mentre si preparano a vivere. E di questa disgrazia, che credono comune, non si dolse solo la folla e il volgo sciocco: tale stato d’animo provocò la protesta anche di grandi uomini. Di qui l’esclamazione del più grande dei me6 Seneca © Casa Editrice G. Principato
209
dici, che la vita è breve, l’arte lunga; di qui l’accusa di Aristotele alle prese con la natura, indegna di un saggio, perché essa ha concesso agli animali di poter vivere cinque o dieci generazioni, e all’uomo, nato a tante e così grandi cose, è fissato un termine tanto più breve. Non abbiamo poco tempo, ma ne abbiamo perso molto. Abbastanza lunga è la vita e data con larghezza per la realizzazione delle cose più grandi, se fosse tutta messa bene a frutto; ma quando si perde nella dissipazione e nell’inerzia, quando non si spende per nulla di buono, costretti dall’ultima necessità, ci accorgiamo che è passata senza averne avvertito il passare. Sì: non riceviamo una vita breve, ma tale l’abbiamo resa, e non siamo poveri di essa, ma prodighi. Come ricchezze grandi e regali in mano ad un cattivo padrone si volatizzano in un attimo, ma, per quanto modeste, se affidate ad un buon amministratore, aumentano con l’impiego, così la durata della nostra vita per chi sa bene gestirla è molto estesa.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. La tesi di Seneca sulla brevità della vita appare paradossale come altre sue posizioni. Ne ricordi qualcuna? In che senso anche, per questa tesi, si può parlare di “etica della responsabilità”? 2. Il paragone finale ha natura economica. Spiegalo e mettilo in relazione con la biografia e il pensiero dell’autore.
La morfo-sintassi
3. I due quod del primo periodo sono simmetrici perché introducono due causali, ma sono costruiti con modi diversi: gignimur e decurrant. Sai spiegare perché? 4. L’affermazione di Aristotele è espressa nella forma di quale proposizione? Il suo soggetto è illam e i suoi verbi indulsisse e stare. Che proposizione è ut… educeret? Considera il valore di tantum. 5. Si tota bene collocaretur è la protasi al congiuntivo imperfetto (irrealtà) di un’apodosi all’indicativo (realtà): si tratta di un periodo ipotetico misto, un po’ anomalo, che trova la sua spiegazione nel significato dei due verbi. Sapresti spiegarlo?
Lo stile
6. L’argomento è introdotto da considerazioni preparatorie o è presentato ex abrupto, direttamente? Qual è l’effetto sul lettore? 7. La parola mortalium, in questo contesto, è più efficae di hominum. Perché? 8. Poche righe dopo, vita ricorre due volte declinata in modo diverso: come si chiama questa figura retorica? 9. La tesi, non accipimus brevem vitam, sed fecimus, è espressa in forma aforismatica. Che risultato realizza in questo modo Seneca? 10. La prosa di Seneca è ravvivata da metafore che sanno rendere concreti e fisici concetti astratti. Quali metafore riguardano il tempo? Considera i verbi decurrunt (scorrere), collocaretur (investire) e inpenditur (spendere) così come il paragone finale. Ti sembra che la connessione tra il denaro e il tempo abbia avuto fortuna? Conosci degli aforismi in italiano e in altre lingue europee che lo confermino? 210
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
Il lessico
11. Collocare è un verbo che ha, come primo significato “porre”, “collocare”, con un’accezione sovrapponibile a quella italiana. Possiede, però, anche un significato tecnico nell’ambito finanziario: “investire”. È curioso che lo stesso verbo ricorra nell’espressione in matrimonio (o matrimonium) collocare, “dare in matrimonio”, in uso per le figlie, a dimostrazione di come il matrimonio fosse considerato in ogni famiglia un investimento e di come in esso fosse ininfluente la volontà della donna. Ricerca altre parole ed espressioni che si riferiscano al tema del matrimonio.
V1 Dal De ira
L’ira si vede con gli occhi! Ancora in disaccordo con Aristotele, Seneca crede che l’ira non possa mai avere un’utilità sociale. Chi è in preda all’ira è riconoscibile così come lo è il folle.
Quidam itaque e sapientibus viris iram dixerunt brevem insaniam; aeque1 enim inpotens sui est, decoris oblita, necessitudinum immemor, in quod coepit pertinax et intenta, rationi consiliisque praeclusa, vanis agitata causis2, ad dispectum aequi verique inhabilis, ruinis simillima quae super id quod oppressere3 franguntur. Ut scias autem non esse sanos quos ira possedit, ipsum illorum habitum intuere4; nam ut furentium certa indicia sunt audax et minax vultus, tristis frons, torva facies, citatus gradus, inquietae manus, color versus, crebra et vehementius acta suspiria, ita irascentium5 eadem signa sunt: flagrant ac micant oculi, multus ore toto rubor exaestuante ab imis praecordiis sanguine, labra quatiuntur, dentes comprimuntur, horrent ac surriguntur capilli, spiritus coactus ac stridens. 1. aeque: è un avverbio che significa “nello stesso modo”. Il soggetto sottinteso è ira. 2. vanis agitata causis: anastrofe per agitata vanis causis. 3. oppressere: equivale a oppresserunt.
V2 Dal Ad Marciam de consolatione
4. intuere: è un imperativo. 5. ut furentium… ita irascentium: “come ci sono segni certi per indentificare i folli…, così…”
Anche nel dolore c’è piacere Marcia è una donna coraggiosa, prostrata dal dolore per la morte del figlio. Seneca si propone di consolarla da un dolore profondo e non ha ritegno ad affermare che ci può essere nel lutto un colpevole compiacimento.
Tertius iam praeterit annus, cum interim nihil ex primo illo impetu cecidit: renovat se et corroborat cotidie luctus et iam sibi ius mora1 fecit eoque adductus est ut putet turpe desinere. Quemadmodum omnia vitia penitus insidunt nisi dum surgunt oppressa sunt, ita2 haec quoque tristia et misera et in se saevientia ipsa novissime acerbitate pascuntur et fit infelicis animi prava voluptas dolor3. Cupissem itaque primis temporibus ad istam curationem accedere; leniore medicina4 fuisset oriens adhuc restringenda vis5: vehementius contra inveterata pu1. mora: è il perdurare (del lutto): “ne ha fatto un diritto per sé”. 2. Quemadmodum… ita: “così… come”. 3. et fit… dolor: costruisci dolor fit prava voluptas infelicis animi.
4. leniore medicina: è ablativo. 5. vis: la “forza” del male, è il soggetto a cui è collegato il participio oriens e il gerundivo restringenda. 6 Seneca
© Casa Editrice G. Principato
211
gnandum est. Nam vulnerum quoque sanitas facilis est, dum a sanguine recentia sunt: tunc et uruntur et in altum revocantur6 et digitos scrutantium recipiunt, ubi corrupta in malum ulcus verterunt. Non possum nunc per obsequium nec molliter adgredi tam durum dolorem: frangendus est. 6. in altum revocantur: “sono fatte rientrare in profondità”. Il soggetto sottinteso è vulnera.
Esercizi di morfo-sintassi 1.
Dopo aver tradotto, completa il seguente specchietto:
annus
Parte del discorso
Caso, genere, numero Funziona logica Modo, tempo, persona
nome
Nom., m., sing.
soggetto
putet omnia acerbitate frangendus est
2.
Cupissem è un congiuntivo ........................ (quale tempo?) di una proposizione principale. Di che tipo? Trasformalo con un significato di realizzabilità nel presente.
Esercizi di stile 3. 4.
V3 Dal De otio
Ricorrono delle metafore per indicare il dolore del lutto: quali? Spiega il loro significato. Fa’ un esempio di periodo rapido e spiegane l’effetto sulla prosa di Seneca sulla base di quanto hai studiato in letteratura.
Testimoniare la grandezza del creato nell’otium Tra lo stoicismo che raccomanda l’impegno nella vita pubblica e l’epicureismo che, invece, teorizza il disimpegno, c’è una terza via, quella che indica Seneca: portare beneficio alla grande comunità umana, la magna res publica, a cui tutti apparteniamo.
Duas res publicas animo complectamur, alteram magnam et vere publicam qua di atque homines continentur, in qua non ad hunc angulum respicimus aut ad illum sed terminos civitatis nostrae cum sole metimur, alteram cui nos adscripsit condicio nascendi; haec aut Atheniensium erit aut Carthaginiensium aut alterius alicuius urbis quae non ad omnes pertineat homines sed ad certos. Quidam eodem tempore utrique rei publicae dant operam, maiori minorique, quidam tantum minori, quidam tantum maiori. Huic maiori rei publicae et in otio deservire possumus, immo vero nescio an in otio melius, ut quaeramus quid sit virtus, una pluresne sint, natura an ars bonos viros faciat. (...) Haec qui contemplatur, quid deo praestat? Ne tanta eius opera sine teste sint. Solemus dicere summum bonum esse secundum naturam vivere: natura nos ad utrumque genuit, et contemplationi rerum et actioni. 212
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
V4 Dal De tranquillitate animi
Contraddizioni vitali L’epicureo Sereno si interroga su come il lusso lo affascini e fa intendere come le cariche pubbliche possano essere utili. Seneca gli attribuisce queste parole che dimostrano come l’adesione a una filosofia non cancelli dubbi e contraddizioni.
Circumfudit me ex longo frugalitatis situ venientem multo splendore luxuria et undique circumsonuit: paulum titubat acies, facilius adversus illam1 animum quam oculos attollo; recedo itaque non peior, sed tristior, nec inter illa frivola mea tam altus2 incedo, tacitusque morsus subit et dubitatio numquid illa meliora sint. Nihil horum3 me mutat, nihil tamen non concutit. Placet4 imperia praeceptorum sequi et in mediam ire rem publicam; placet honores fascesque non scilicet purpura aut virgis abductum capessere, sed ut amicis propinquisque et omnibus civibus, omnibus deinde mortalibus paratior utiliorque sim. 1. adversus illam: “verso il lusso”. 2. altus: è un complemento predicativo del soggetto con il significato di “orgoglioso”, “a testa alta”.
V5 Dal Ad Helviam matrem de consolatione
3. horum: “di queste cose”. 4. Placet: sottintende sempre me.
La nostra felicità dipende da noi Seneca, relegato in Corsica in esilio dal 41 al 49, consola la madre dichiarando di poter essere felice contando sulle proprie risorse interiori e, soprattutto, sugli insegnamenti dei saggi.
Bona condicione geniti sumus, si eam non deseruerimus. Id egit rerum natura ut ad bene vivendum non magno apparatu opus esset: unusquisque facere se beatum potest. Leve momentum in adventiciis rebus est et quod in neutram partem magnas vires habeat1: nec secunda sapientem evehunt nec adversa demittunt; laboravit2 enim semper ut in se plurimum poneret, ut a se omne gaudium peteret. Quid ergo? Sapientem esse me dico? Minime; nam id quidem si profiteri possem, non tantum negarem miserum esse me, sed omnium fortunatissimum et in vicinum deo perductum (esse) praedicarem: nunc, quod satis est ad omnes miserias leniendas3, sapientibus me viris dedi et nondum in auxilium mei validus in aliena castra confugi, eorum scilicet qui facile se ac suos tuentur. Illi me iusserunt stare adsidue velut in praesidio positum et omnes conatus fortunae4, omnes impetus prospicere multo ante quam incurrant.
1. et quod… habeat: è una relativa impropria riferita a momentum, “tale da non attribuire loro grandi forze”. 2. laboravit: ha come soggetto sottinteso il sapiens.
3. quod satis… leniendas: è un’incidentale, “cosa che...”. 4. fortunae: è complemento di specificazione sia di conatus sia di impetus. 6 Seneca
© Casa Editrice G. Principato
213
Esercizi di morfo-sintassi 1.
Individua il periodo ipotetico della irrealtà e trasformalo in uno della possibilità spiegando il diverso significato.
2.
Perductum e positum si presentano morfologicamente identici, ma in realtà uno è un infinito, il secondo un participio. Giustifica sintatticamente questa affermazione.
3.
Incurrant spiega l’uso del congiuntivo.
Esercizi di comprensione 4.
La premessa del ragionamento di Seneca è che la natura sia una forza provvidenziale. Sottolinea l’affermazione che corrisponde a tale convinzione di origine stoica. Conosci un’altra filosofia antica che sostiene, invece, l’indifferenza della natura?
5. 6.
Individua un aforisma che possa costituire il titolo del brano e spiegalo. Nel raccontare di sé, Seneca utilizza metafore militari. Individuale e spiega la novità del messaggio in una società militarista come quella romana.
NON SOLO LATINO Il ritmo del pensiero nelle parole
piano, anche se non la cancella, la dimensione pubblica e politica.
È lo stesso Seneca che in una bellissima lettera a Lucilio, la 59, afferma come lo stile sia rivelatore di un modo di essere: anche il suo non sfugge a questa regola. La sua prosa, che il retore Quintiliano ha definito di minutissimae sententiae e, polemicamente, l’imperatore Caligola harena sine calce, “sabbia senza cemento”, è specchio di una filosofia molto moderna che non si nutre di sistemi architettonici rigorosi, ma esplora, assecondando il flusso dei pensieri e le urgenze morali, l’animo umano: Seneca, a livello filosofico, con la sua prosa antitetica e anticlassica, scopre i trasalimenti dell’interiorità come orizzonte di indagine del pensiero, in una rivoluzione copernicana che mette in secondo
La lettura integrale di un’opera di Seneca è utile per la vita: o scegli uno dei suoi brevi dialoghi filosofici, lasciandoti guidare dai tuoi interessi, o ti metti sul comodino le Epistulae ad Lucilium, un’opera di 124 lettere che si possono leggere anche in modo intermittente. In Seneca riconosciamo la risolutezza di chi intende vivere la vita senza sprecarla, ma anche l’incertezza e l’umanità di chi sa di non esserci pienamente riuscito.
214
Da indagatore razionale della mente umana Seneca, con le sue dieci tragedie, si fa commosso spettatore della follia dei comportamenti umani. La lettura in traduzione con testo a fronte di Medea prospetta l’idea che l’inferno è nelle viscere non della terra, ma della psiche.
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
7 Petronio (m. 66 d.C.)
Petronio Arbitro, un uomo raffinato ed eccentrico, anticonformista e colto, vissuto in età neroniana e descritto da Tacito, è il probabile autore del Satyricon, un ampio e misterioso romanzo che ci è giunto frammentario e che illustra, con potente realismo, una società malata e volgare, solo apparentemente spensierata, in realtà votata alla morte.
Versioni TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
Invito a cena con sorpresa
La sequenza narrativa più lunga del Satyricon è relativa alla cena presso il ricco liberto Trimalchione che compare per la prima volta in questo brano. Encolpio, Ascilto e Gitone sono i tre a cui si riferisce il nos del narratore.
Dal Satyricon 26
Unus servus interpellavit trepidantes et: “Quid? Vos, inquit, nescitis hodie apud quem fiat? Trimalchio, lautissimus homo. Horologium in triclinio et bucinatorem habet subornatum, ut subinde sciat quantum de vita perdiderit!” Amicimur ergo diligenter obliti omnium malorum et Gitona libentissime servile officium tuentem iubemus in balneum sequi. Nos interim vestiti errare coepimus, immo iocari magis et circulis accedere, cum subito videmus senem calvum, tunica vestitum russea, inter pueros capillatos ludentem pila. Nec tam pueri nos, quamquam erat operae pretium, ad spectaculum duxerant, quam ipse pater familiae, qui soleatus pila prasina exercebatur. Nec amplius eam repetebat quae terram contigerat, sed follem plenum habebat servus sufficiebatque ludentibus. Notavimus etiam res novas: nam duo spadones in diversa parte circuli stabant, quorum alter matellam tenebat argenteam, alter numerabat pilas, non quidem eas quae inter manus lusu expellente vibrabant, sed eas quae in terram decidebant. (...) Trimalchio digitos concrepuit, ad quod signum matellam spado ludenti subiecit. Exonerata ille vesica aquam poposcit ad manus, digitosque paululum adspersos in capite pueri tersit.
TRADUZIONE Ugo Dèttore
Uno schiavo venne a interrompere la nostra perplessità. “Come?” dice “Non vi ricordate più da chi siamo invitati stasera? Da Trimalchione, un uomo che non bada a spese, cari miei. Un tipo che ha nel triclinio un orologio e un trombettiere sempre pronto a segnargli l’ora per fargli sapere quanto tempo della sua vita se n’è andato”. Allora dimentichiamo i nostri mali, ci azzimiamo con tutta cura e ordiniamo a Gitone, che disimpegnava molto volentieri la sua parte di valletto, di seguirci al bagno. Giunti colà, senza spogliarci, cominciammo a passeggiare o meglio a bighellonare e ad avvicinarsi ai vari gruppi, quando a un tratto vediamo un vecchio calvo vestito di una tunica vermiglia, che giocava a palla con degli schiavetti dai lunghi capelli. Ma 7 Petronio 215 © Casa Editrice G. Principato
non tanto attrassero la nostra attenzione gli schiavetti – benché ne valessero la pena – quanto il padrone stesso che, in pantofole, si divertiva con delle palle verdi. E non raccattava mai quella che era caduta a terra, ché c’era lì uno schiavo con un sacco pieno e riforniva di volta in volta i giocatori. Notammo poi altre novità: ai due capi del gioco stavano due eunuchi l’uno dei quali teneva un pitale d’argento e l’altro contava le palle, non quelle che saltavano di mano in mano ma quelle che cadevano a terra. (...) Trimalchione fece schioccare le dita e, a quel segnale, accorse subito l’eunuco col pitale e lo mette sotto al giocatore. Quello, sgravatasi la vescica, chiede acqua per le mani, vi immerge la punta delle dita e se le asciuga nei capelli di uno schiavetto.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. La scena testimonia grande ricchezza, ma anche degradazione. Giustifica l’affermazione con esempi tratti dal testo. 2. Non mancano elementi comici. Quali? L’orologio e il trombettiere che scandisce il passare delle ore, invece, a quale tema alludono?
La morfo-sintassi
3. Gitona è un accusativo: che funzione sintattica svolge? E il participio tuentem? 4. Quamquam erat: che proposizione è? Con quale modo si costruisce in italiano? 5. Nella traduzione di Ugo Dèttore ci sono almeno due passaggi aggiunti per costruire un ritmo narrativo popolare: li sai individuare?
Lo stile
6. Ti sembra che prevalgano periodi sintatticamente complessi? Qual è effetto comunicativo di questa scelta? 7. Il nome Trimalchione deriva da Malchio, costruito con una radice semitica che sta ad indicare il “potente”: che effetto ha il prefisso tri, “tre volte potente”? In che modo Trimalchione viene qui descritto: paradossale, grottesco, caricaturale, realistico? Spiega ognuno di questi aggettivi e giustificali con un esempio tratto dal testo.
Il lessico
8. Pater familias è Trimalchione, padrone degli schiavi. Verifica il significato latino di familia: in che senso non è coincidente con quello italiano? 9. Il romanzo di Petronio ci mette a contatto con un lessico poco presente nella maggioranza degli altri autori latini perché legato ad aspetti della vita esclusi dall’orizzonte della letteratura classica. Di queste parole di uso quotidiano presenti nel testo, indica il significato latino e il loro eventuale passaggio in italiano compilando questa tabella:
216
parola latina
significato
passaggio in italiano?
horologium triclinium balneum tunica solea pila follis matella vesica
“orologio”
Sì no Sì no Sì no Sì no Sì no Sì no Sì no Sì no Sì no
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
V1 Dal Satyricon
Una lupastra di donna… Fortunata, di nome e di fatto, è la moglie di Trimalchione. La descrive all’incuriosito Encolpio, con una lingua popolare, un commensale.
Coepi sciscitari quae esset mulier illa quae huc atque illuc discurreret. “Uxor, inquit, Trimalchionis, Fortunata appellatur, quae nummos modio metitur. Et modo, modo quid fuit? Ignoscet mihi genius tuus, noluisses de manu illius panem accipere. Nunc, nec quid nec quare, in caelum abiit et Trimalchionis topanta1 est. Ad summam, mero meridie si dixerit illi tenebras esse, credet. Ipse nescit quid habeat, adeo saplutus est; sed haec lupatria providet omnia, et ubi non putes. Est sicca, sobria, bonorum consiliorum: tantum auri vides2. Est tamen malae linguae, pica pulvinaris. Quem amat, amat; quem non amat, non amat. Ipse Trimalchio fundos habet, quantum milvi volant, nummorum nummos. Argentum in ostiarii illius cella plus iacet, quam quisquam in fortunis habet. Familia vero – babae babae! – non mehercules puto decumam partem esse quae dominum suum noverit. Ad summam, quemvis ex istis babaecalis in rutae folium coniciet3. 1. topanta: è un grecismo traducibile con l’espressione latina “factotum”. 2. tantum auri vides: puoi rendere con “vale tanto oro quanto pesa”.
3. in rutae folium coniciet: è un’espressione idiomatica, “ridurrà in poltiglia”.
Esercizi di morfo-sintassi 1.
Trascrivi sul quaderno i congiuntivi e spiegane l’uso come nell’esempio: - esset verbo dell’interrogativa indiretta, in rapporto di contemporaneità con una principale al tempo storico.
2.
Fa’ lo stesso con i pronomi relativi come nell’esempio: quae soggetto della relativa, concordato con mulier.
Esercizio di lessico 3.
V2 Dal Satyricon
Ricostruisci l’etimologia della parola genius e il suo significato. Ricerca sul vocabolario locuzioni particolari che contengano la parola genius e trascrivile con la loro traduzione.
Una portata spettacolare Tutto nella cena di Trimalchione è eccessivo, sorprendente, memorabile. La descrizione che segue si riferisce ad uno dei cibi e dimostra la sontuosità dei mezzi del padrone di casa.
Donec advenerunt ministri ac toralia praeposuerunt toris, in quibus retia erant picta subsessoresque cum venabulis et totus venationis apparatus. Necdum sciebamus <quo> mitteremus suspiciones nostras, cum extra triclinium clamor sublatus est ingens, et ecce canes Laconici etiam circa mensam discurrere coeperunt. Secutum est hos repositorium, in quo positus erat primae magnitudinis aper, et quidem pilleatus1, e cuius dentibus sportellae dependebant duae palmulis textae, altera caryatis, altera thebaicis repleta. Circa autem minores porcelli ex coptopla7 Petronio © Casa Editrice G. Principato
217
centis facti, quasi uberibus imminerent, scrofam esse positam significabant2. Et hi quidem apophoreti3 fuerunt. Ad scindendum aprum accessit barbatus ingens, fasciis cruralibus alligatus et alicula subornatus polymita, strictoque venatorio cultro latus4 apri vehementer percussit, ex cuius plaga turdi evolaverunt. Parati aucupes5 cum harundinibus fuerunt, et eos circa triclinium volitantes momento exceperunt. Inde cum suum cuique iussisset referri, Trimalchio adiecit: “Etiam videte, quam porcus ille silvaticus lotam6 comederit glandem.” 1. pilleatus: “con un cappello da liberto”. 2. significabant: “facevano capire”. 3. apophoreti: “regali da portare via”.
4. latus: è il complemento oggetto di percussit. 5. aucupes: “uccellatori”. 6. lotam = lautam.
Esercizi di morfo-sintassi 1. 2.
Individua una finale e spiega come è costruita. Individua un ablativo assoluto e due participi congiunti. Spiega i due costrutti ponendoli a confronto.
Esercizi di lessico 3.
Il sostantivo apophoretha, -orum e l’aggettivo corrispondente apophoretus, -a, -um derivano dal verbo greco, phèro, lo stesso verbo latino fero che significa “porto”, e dalla preposizione apò, che significa “via”: il sostantivo indica i doni che era abitudine offrire ai commensali perché se li portassero via come ricordo, spesso per sorteggio. Ricerca quale autore latino ha dato questo titolo a una sua opera e spiega il perché.
NON SOLO LATINO Teatro e cinema da pagine letterarie Il romanzo di Petronio ha suscitato e suscita grandi amori e grandi rifiuti: chi lo ama ne apprezza la libertà di narrazione, non vincolata dall’urgenza di comunicare messaggi o da censure di carattere morale e chi lo rifiuta condanna proprio questa libertà che è in implicita polemica nei confronti della poetica classica i cui canoni sono la selezione e la misura. Sembra letteratura di puro spettacolo con naturali esiti teatrali e cinematografici.
218
Leggi in traduzione i capitoli relativi alla cena di Trimalchione (cap. 26-78) e riscrivila, anche solo a stralci, trasformandola in un dialogo teatrale: potresti trovare qualcuno della tua classe interessato a farne una piccola rappresentazione. Ti consigliamo la visione dell’episodio della cena tratto dal film Satyricon del grande regista Federico Fellini: nel 1969, nel clima delle contestazioni studentesche, il viaggio dei tre protagonisti appare un viaggio di iniziazione e di ricerca, in un percorso labirintico, di perdizione e di redenzione.
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
8 Quintiliano (35/40-ca 100 d.C.)
Di origine spagnola, ottiene per primo a Roma una cattedra pubblica di retorica dall’imperatore Vespasiano e scrive l’Institutio oratoria, un monumentale trattato, pervenuto integralmente, in cui illustra la formazione dell’oratore, con idee pedagogiche fondate sulla fiducia nella capacità di apprendimento e nel ruolo della scuola pubblica. Il suo modello di stile è Cicerone, ma il nuovo gusto di una prosa meno artificiosa e armonica influenza anche la sua scrittura.
Versioni TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
Ottimismo educativo
Quintiliano, in apertura del suo trattato retorico, un originale curriculum verticale del buon oratore, riflette su come tutti possano imparare.
Dalle Institutiones oratoriae
Igitur nato filio pater spem de illo primum quam optimam capiat: ita diligentior a principiis fiet. Falsa enim est querela, paucissimis hominibus vim percipiendi quae tradantur esse concessam, plerosque vero laborem ac tempora tarditate ingenii perdere. Nam contra plures reperias et faciles in excogitando et ad discendum promptos. Quippe id est homini naturale, ac sicut aves ad volatum, equi ad cursum, ad saevitiam ferae gignuntur, ita nobis propria est mentis agitatio atque sollertia: unde origo animi caelestis creditur. Hebetes vero et indociles non magis secundum naturam hominis eduntur quam prodigiosa corpora et monstris insignia, sed hi pauci admodum fuerunt. Argumentum, quod in pueris elucet spes plurimorum: quae cum emoritur aetate, manifestum est non naturam defecisse sed curam. “Praestat tamen ingenio alius alium”. Concedo; sed plus efficiet aut minus: nemo reperitur qui sit studio nihil consecutus. Hoc qui perviderit, protinus ut erit parens factus, acrem quam maxime datur curam spei futuri oratoris inpendat.
TRADUZIONE Laura Forcella
Alla nascita di un figlio, dunque, il padre abbia quanto prima le migliori speranze su di lui: così gli riserverà maggior attenzione fin dagli inizi. È infatti falsa l’idea pessimistica che a pochissimi uomini sia stata concessa la facoltà di imparare ciò che è degno di essere tramandato e che la maggior parte perda tempo e fatica per lentezza intellettuale. Al contrario, infatti, troverai la maggior parte degli uomini disponibili alla ricerca e pronti ad imparare. Senza dubbio ciò è naturale per l’uomo e come gli uccelli sono generati per il volo, i cavalli per la corsa, le belve per la ferocia così a noi uomini è connaturata l’attiva sollecitudine della mente, per cui si ritiene che sia divina l’origine dell’anima. In realtà gli stupidi e coloro che non imparano vengono partoriti secondo la natura dell’uomo non più di quanto lo siano i corpi 8 Quintiliano © Casa Editrice G. Principato
219
mostruosi e deformi, che sono davvero pochi. La prova potrebbe essere il fatto che nei ragazzi risplende la speranza di moltissimi e che, quando questa svanisce con l’età, è chiaro che non sia venuta meno la natura, ma lo studio sollecito. “Non siamo tutti uguali per intelligenza”. Lo ammetto, ma ognuno avrà più o meno successo: non si trova nessuno che non abbia ottenuto nulla con l’applicazione. Chi capirà ciò, non appena sarà padre, si prodighi il più possibile per alimentare la speranza nei confronti del futuro oratore.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Perché è stato attribuito al testo il titolo Ottimismo educativo? Condividi la tesi di Quintiliano? Argomenta spiegando perché questa posizione si concili con una visione democratica della pedagogia. 2. Perché per Quintiliano l’oratoria è la materia portante del curriculum? Per rispondere puoi consultare il tuo libro di letteratura latina. 3. Quintiliano si rivolge anche al pater. Che cosa raccomanda e che cosa presuppone tale appello?
La morfo-sintassi
4. In che senso nel primo periodo la traduzione di nato filio e spem optimam appare libera? Perché queste scelte da parte del traduttore? 5. Quae tradantur è una relativa al congiuntivo: come lo spieghi? 6. Reperias: di che tipo di congiuntivo si tratta? 7. Agitatio et sollertia come sono state tradotte? Quali figura retorica viene messa in evidenza? 8. Come tradurresti in modo letterale monstris? E “Praestat tamen ingenio alius alium”? 9. Quae… emoritur: a quale parola del periodo precedente si riferisce quae?
Lo stile
10. La presenza dei congiuntivi esortativi (capiat, inpendat) indica che Quintiliano ha un interlocutore da istruire. Quale effetto diverso avrebbe avuto l’uso dell’imperativo? 11. Quali paragoni utilizza Quintiliano per riflettere sulla naturale inclinazione dell’uomo all’apprendimento? 12. Quale verbo in prima persona rivela un elemento di soggettività nell’argomentazione?
Il lessico
13. La parola indociles in latino indica “coloro ai quali non può essere insegnato” essendo costruita con il prefisso negativo e privativo in e il verbo doceo accompagnato dal suffisso ilis che rende passiva l’azione del verbo. L’aggettivo al positivo è docilis, “che impara facilmente”: solo come secondo significato ha quello dell’italiano “docile”. Quali altre parole derivano dallo stesso verbo?
220
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
V1 Dalle Institutiones oratoriae
Per un buon oratore, quanto contano le donne! Nella scelta delle nutrici i genitori devono pensare all’uomo futuro: una nutrice deve essere non solo moralmente onesta, ma anche parlare bene. Anche la cultura della madre è importante!
Ante omnia ne sit vitiosus sermo nutricibus: quas, si fieri posset, sapientes Chrysippus1 optavit, certe quantum res pateretur2 optimas eligi voluit. Et morum quidem in his haud dubie prior ratio est, recte tamen etiam loquantur. Has primum audiet puer, harum verba effingere imitando conabitur, et natura tenacissimi sumus eorum quae rudibus animis3 percepimus: ut sapor quo nova inbuas durat, nec lanarum colores quibus simplex ille candor mutatus est elui possunt. Et haec ipsa magis pertinaciter haerent quae deteriora sunt. Nam bona facile mutantur in peius: quando in bonum verteris4 vitia? Non adsuescat ergo, ne dum infans quidem est, sermoni qui dediscendus sit. In parentibus vero quam plurimum esse eruditionis optaverim. Nec de patribus tantum loquor: nam Gracchorum eloquentiae multum contulisse accepimus Corneliam5 matrem, cuius doctissimus sermo in posteros quoque est epistulis traditus, et Laelia6 C. filia reddidisse in loquendo paternam elegantiam dicitur, et Hortensiae7 Q. filiae oratio apud triumviros habita legitur non tantum in sexus honorem. Nec tamen ii quibus discere ipsis non contigit minorem curam docendi liberos habeant, sed sint propter hoc ipsum ad cetera magis diligentes. 1. Chrysippus: Crisippo è un filosofo greco stoico del III sec. a.C. 2. quantum res pateretur: “per quanto concesso dalle circostanze”. 3. rudibus animis: “con l’animo non ancora educato”. 4. verteris: è un congiuntivo potenziale.
5. Corneliam: fu la celebre figlia di Scipione l’Africano e madre dei Gracchi. 6. Laelia: fu figlia di Caio Lelio del circolo degli Scipioni che Cicerone rende protagonista del dialogo De amicitia. 7. Hortensiae: Ortensia fu figlia di Quinto Ortensio Ortalo, amico di Cicerone.
Esercizi di morfo-sintassi 1.
Completa il seguente schema con l’analisi dei seguenti verbi del testo:
diatesi
modo
tempo
persona
traduzione letterale
posset
--------
congiuntivo
Imperfetto
3ª sing.
“potesse”, “potrebbe”
optavit
attiva
pateretur
deponente -------------
eligi loquantur audiet imitando
---------------
---------------
conabitur percepimus imbuas durat
8 Quintiliano © Casa Editrice G. Principato
221
diatesi
modo
tempo
persona
traduzione letterale
mutatus est verteris adsuescat Nom., m., sing. con cong. pr. di esse
dediscendus sit
• Trasforma il congiuntivo potenziale verteris in uno per la possibilità nel passato e traducilo. • Attribuisci ai seguenti sintagmi la corretta definizione tra quelle scritte disordinatamente e in sovrabbondanza qui di seguito: genitivo partitivo, soggetto di un’infinitiva, complemento di argomento, genitivo di pertinenza, complemento di causa, complemento di mezzo, costruzione personale, genitivo partitivo, participio congiunto, costruzione impersonale, accusativo di relazione, predicato verbale dell’ablativo assoluto Corneliam
……………………………………………………
eruditionis
……………………………………………………
habita
……………………………………………………
epistulis
……………………………………………………
propter hoc …………………………………………………… dicitur
V2 Dalle Institutiones oratoriae
……………………………………………………
La lingua greca va imparata… senza esagerare! Al tempo di Quintiliano, Roma era bilingue: al latino si associava il greco parlato da ceti sociali diversi. Bisognava evitare che i giovani assumessero pratiche linguistiche straniere.
A sermone Graeco puerum incipere malo1, quia Latinum, qui pluribus in usu est, vel nobis nolentibus2 perbibet, simul quia disciplinis quoque Graecis prius instituendus est, unde et nostrae fluxerunt. Non tamen hoc adeo superstitiose fieri velim ut diu tantum Graece loquatur aut discat3, sicut plerisque moris est. Hoc enim accidunt et oris plurima vitia in peregrinum sonum corrupti et sermonis4, cui cum Graecae figurae adsidua consuetudine haeserunt, in diversa quoque loquendi ratione pertinacissime durant. Non longe itaque Latina subsequi debent et cito pariter ire. Ita fiet ut, cum aequali cura linguam utramque tueri coeperimus, neutra alteri officiat. 1. malo: puoi tradurlo con un condizionale. 2. nobis nolentibus: è un ablativo assoluto, “che ci piaccia o no”.
222
3. ut diu tantum Graece loquatur aut discat: è una consecutiva il cui soggetto sottinteso è puer. 4. Hoc… sermonis: hoc enim plurima vitia et oris corrupti in peregrinum sonum et (vitia) sermonis accidunt.
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
V3 Dalle Institutiones oratoriae
Scuola pubblica o precettore privato? Come insegnante di scuola pubblica, Quintiliano ne difende il valore, senza tacere le ragioni di chi ne denuncia i rischi.
Sed nobis1 iam paulatim adcrescere puer et exire de gremio et discere serio incipiat. Hoc igitur potissimum loco tractanda quaestio est, utiliusne sit domi atque intra privatos parietes studentem continere, an frequentiae scholarum et velut publicatis praeceptoribus tradere. Quod2 quidem cum iis a quibus clarissimarum civitatium mores sunt instituti, tum eminentissimis auctoribus video placuisse. Non est tamen dissimulandum esse nonnullos qui ab hoc prope publico more privata quadam persuasione dissentiant. Hi duas praecipue rationes sequi videntur: unam, quod moribus magis consulant fugiendo turbam hominum eius aetatis quae sit ad vitia maxime prona: alteram, quod, quisquis futurus est ille praeceptor3, liberalius tempora sua inpensurus uni videtur quam si eadem in pluris partiatur. Prior causa prorsus gravis: nam si studiis quidem scholas prodesse, moribus autem nocere constaret, potior mihi ratio vivendi honeste quam vel optime dicendi videretur. Sed mea quidem sententia iuncta ista atque indiscreta sunt: neque enim esse oratorem nisi bonum virum iudico et fieri, etiam si potest, nolo.
1. nobis: è un dativo etico che può essere tradotto in associazione con puer, “il nostro ragazzo”. 2. Quod: è un nesso relativo che sta per hoc, “quest’ultima posizione” (a difesa dell’istruzione pubblica).
V4 Dalle Institutiones oratoriae
3. quisque futurus est ille praeceptor: “chiunque farà poi da insegnante”.
Il professore ideale Il buon insegnante non è solo colui che applica tecniche per potenziare l’apprendimento, ma soprattutto è una persona moralmente irreprensibile.
Sumat igitur ante omnia parentis1 erga discipulos suos animum, ac succedere se in eorum locum a quibus sibi liberi tradantur existimet. Ipse nec habeat vitia nec ferat. Non austeritas eius tristis, non dissoluta sit comitas, ne inde odium, hinc contemptus oriatur. Plurimus ei de honesto ac bono sermo sit: nam quo saepius2 monuerit, hoc rarius castigabit; minime iracundus, nec tamen eorum quae emendanda erunt dissimulator, simplex in docendo, patiens laboris, adsiduus potius quam inmodicus. Interrogantibus libenter respondeat, non interrogantes percontetur ultro. In laudandis discipulorum dictionibus nec malignus nec effusus, quia res altera taedium laboris, altera securitatem parit. In emendando quae corrigenda erunt non acerbus minimeque contumeliosus3; nam id quidem multos a proposito studendi fugat, quod quidam4 sic obiurgant quasi oderint. Ipse aliquid, immo multa cotidie dicat quae secum auditores5 referant. Licet6 enim satis exemplorum ad imitandum ex lectione suppeditet, tamen viva illa, ut dicitur, vox alit plenius, praecipueque praeceptoris quem discipuli, si modo recte sunt instituti, et amant et verentur. Vix autem dici potest quanto libentius imitemur eos quibus favemus.
1. parentis: è il genitivo collegato ad animum. 2. quo saepius…: è una prolessi della relativa. L’antecedente è hoc. 3. malignus nec effusus… acerbus minimeque contumeliosus: il verbo sit è sottinteso.
4. id… quod quidam: “il fatto che qualcuno”. 5. auditores: sono gli studenti identificati come “coloro che ascoltano”. 6. Licet: “sebbene”. 8 Quintiliano
© Casa Editrice G. Principato
223
Esercizi di comprensione 1.
Il ritratto del buon insegnante che si delinea dalle esortazioni di Quintiliano è in parte un modello che mantiene valore anche oggi. Elenca quali siano, secondo Quintiliano, le virtù richieste a un buon insegnante e rifletti, in particolare, su quelle che la pedagogia di oggi troverebbe più contestabili: ti sembra accettabile la coincidenza tra la figura del maestro e quella del padre o l’assenza totale di vizi come presupposto per un fecondo rapporto educativo?
Esercizi di morfo-sintassi 2. 3. 4.
Elenca i congiuntivi esortativi presenti nel testo. Elenca i gerundi e un gerundivo. Qual è la loro differenza? Il verbo faveo regge il caso....... Conosci un altro verbo che regge lo stesso caso?
NON SOLO LATINO A scuola con divertimento In latino la scuola era designata con le parole schola o ludus: la prima, di derivazione greca (scholé), indica il “tempo libero”, quello da dedicare allo studio, la seconda, di origine forse etrusca, il “gioco” o il “divertimento”. Il passaggio al significato di “luogo o occasione di apprendimento” si spiega facilmente: il tempo dello studio dovrebbe essere quello che realizza una propria aspirazione (studere significa “desiderare”) e, come argomenta lo stesso Quintiliano, anche il gioco è uno strumento di crescita culturale (I, 3, 8-12). Interessante è l’etimologia della parola magister da far risalire a magis, “più”, “colui che vale di più” da cui si genera anche magus, “mago” e magistratus,
224
“magistrato”. Curiosamente il contrario di magister è la parola minister, costruita con minus, “meno”, “colui che vale meno”: il minister in latino era un servitore così come servitore dello stato e della collettività dovrebbe essere ogni “ministro”. Altri modi per indicare il maestro è praeceptor, “colui che dà precetti ed anticipa” (prae+capio, “metto davanti”) nel senso che insegna a prevenire le necessità. Queste parole suggeriscono piste di ricerca in campo pedagogico per mettere a confronto le idee di Quintiliano con quelle odierne: discuti in classe su alcune delle sue posizioni sulla base di alcuni articoli di giornale o di un film. Ti suggeriamo La melodie, un film di Rachid Hami del 2017.
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
9 Tacito
(55-120 ca d.C.)
Partecipa alla vita politica sotto i Flavi e nel delicato momento di passaggio al principato adottivo. Si dedica poi alla scrittura della storia sia a carattere monografico che annalistico con forte impronta morale e ideale nella difesa della libertas. Il suo stile, scarno e irregolare, scandaglia, con forte incisività e concentrazione, le ombre cupe della psicologia individuale e di gruppo.
Versioni TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
Il proemio degli Annales
Tacito fornisce un conciso giudizio sugli storici precedenti, con riferimenti ai sentimenti che li hanno ispirati, ed enuncia il suo programma.
Annales I, 1
Urbem Romam a principio reges habuere; libertatem et consulatum L. Brutus instituit. Dictaturae ad tempus sumebantur; neque decemviralis potestas ultra biennium, neque tribunorum militum consulare ius diu valuit. Non Cinnae, non Sullae longa dominatio; et Pompei Crassique potentia cito in Caesarem, Lepidi atque Antonii arma in Augustum cessere, qui cuncta discordiis civilibus fessa nomine principis sub imperium accepit. Sed veteris populi Romani prospera vel adversa claris scriptoribus memorata sunt; temporibusque Augusti dicendis non defuere decora ingenia, donec gliscente adulatione deterrerentur. Tiberii Gaique et Claudii ac Neronis res florentibus ipsis ob metum falsae, postquam occiderant, recentibus odiis compositae sunt. Inde consilium mihi pauca de Augusto et extrema tradere, mox Tiberii principatum et cetera, sine ira et studio, quorum causas procul habeo.
TRADUZIONE Laura Forcella
In origine Roma fu governata dai re; Lucio Bruto diede inizio al consolato e alla libertà. Il potere del dittatore era limitato nel tempo, quello dei decemviri non durava più di un anno, il potere consolare dei tribuni militari non durò a lungo. Né il dominio di Cinna, né quello di Silla furono duraturi; analogamente la potenza di Pompeo e di Crasso passò ben presto a Cesare, come le armi di Lepido e di Antonio passarono ad Augusto, che assunse sotto il suo potere tutte le prerogative, nel momento in cui lo stato era ormai sfinito dalle discordie civili, e prese il nome di Princeps. Tuttavia, le vicende ora fortunate ora infauste del popolo romano ai tempi antichi sono state scritte da illustri storici; non mancarono intelligenze capaci di narrare le vicende del tempo di Augusto, finché l’adulazione crescente non li dissuase. Le vicende inerenti Tiberio, Gaio, Claudio e Nerone sono state narrate in modo fallace, mentre essi erano vivi e al colmo del potere, a causa del timore, dopo che morirono, sono state scritte sotto l’effetto dell’odio ancora fresco. Perciò ho deciso di narrare gli ultimi atti di Augusto, quindi il principato di Tiberio e gli altri eventi, senza particolare avversione o inclinazione verso nessuno, poiché i motivi di questi sentimenti sono ormai lontani da me. 9 Tacito © Casa Editrice G. Principato
225
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Tacito sembra istituire un nesso preciso tra libertas e consolatus: perché? 2. Quali personaggi della storia romana cita Tacito in questo breve proemio? Che caratteristica li accomuna? 3. Da cosa è contraddistinta la storiografia in età imperiale? Ci sono giudizi di valore sugli storici di età repubblicana? Perché Tacito ritiene necessario tornare a scrivere la storia dell’impero?
La morfo-sintassi
4. Nel passo prevale la paratassi o l’ipotassi? Quale massimo grado di subordinazione individui? 5. Che tipo di proposizioni subordinate sono contenute nel passo? 6. Tiberii... florentibus ipsis ob metum falsae, postquam occiderant, recentibus odiis compositae sunt: i due ablativi hanno la stessa funzione sintattica? Motiva la tua risposta.
Lo stile
7. Completa il seguente testo scegliendo l’alternativa corretta: La prosa tacitiana che caratterizza anche questo brano è estremamente .............................. (sintetica o ridondante), scandita da proposizioni .................. (subordinate o coordinate) e ......................... (povera o ricca) di congiunzioni. L’austerità dell’espressione è confermata dalle forme verbali: ............. (arcaismi o infiniti storici) come habuere, cessere, defuere, alludono a un modello di Tacito, ................. (Cicerone o Sallustio). Nell’ultimo periodo ricorre un costrutto tipico dello stile tacitiano, la .......................... (concinnitas o variatio). 8. Il testo originale consta di 120 parole, la traduzione di 212. Completa la tabella riportando la traduzione dei passi elencati. Verifica gli ampliamenti del testo originale e traduci in modo letterale, secondo l’esempio. Ti sarà chiaro come l’ampliamento sia necessario alla resa italiana. Dictaturae ad tempus sumebantur
Traduzione proposta
Traduzione letterale
Il potere del dittatore era limitato nel tempo
Le dittature erano soggette al tempo
Non Cinnae, non Sullae longa dominatio cuncta discordiis civilibus fessa florentibus ipsis recentibus odiis sine ira et studio quorum causas procul habeo
Il lessico
9. Che significato acquisisce in Tacito la parola libertas? In che senso è usata in termini polemici nei confronti della sua contemporaneità? Il Principatus, secondo l’autore, si concilia con la libertas? 10. Qual è la differenza tra potestas e potentia? 11. Adulatio e il verbo ad esso connesso, adulator, indicano nel lessico latino propriamente le moine che i cani fanno ai padroni: è una pesante accusa o ammissione di colpa? 226
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
V1 Dalla Germania
Costumi austeri dei Germani I Germani hanno particolare rispetto dei sacerdoti. Le donne e i figli assistono alle battaglie con coraggio esemplare: è implicito un paragone con le donne romane.
Reges ex nobilitate, duces ex virtute sumunt. Nec regibus infinita aut libera potestas, et duces exemplo potius quam imperio, si prompti, si conspicui, si ante aciem agant, admiratione praesunt. Ceterum neque animadvertere neque vincire, ne verberare quidem nisi sacerdotibus permissum, non quasi in poenam nec ducis iussu, sed velut deo imperante, quem1 adesse bellantibus credunt. Effigiesque et signa quaedam detracta lucis2 in proelium ferunt; quodque praecipuum fortitudinis incitamentum est, non casus, nec fortuita conglobatio turmam aut cuneum facit, sed familiae et propinquitates; et in proximo pignora, unde3 feminarum ululatus audiri, unde vagitus infantium. Hi cuique sanctissimi testes, hi maximi laudatores. Ad matres, ad coniuges vulnera ferunt; nec illae numerare aut exigere plagas pavent, cibosque et hortamina pugnantibus gestant. 1. quem: si riferisce a deo. 2. lucis: “dai boschi”.
V2 Dalla Germania
3. unde: è retto da in proximo e pignora, “gli affetti”, è il soggetto di un verbo sottinteso con il significato di “stare”.
Le assemblee dei Germani Tacito descrive le assemblee dei Germani, sottolineando come la loro eccessiva libertà pregiudichi un buon funzionamento degli organismi collettivi.
De minoribus rebus principes consultant; de maioribus omnes, ita tamen, ut ea quoque, quorum penes plebem arbitrium est, apud principes pertractentur. Coeunt1, nisi quid fortuitum et subitum incidit, certis diebus, cum aut incohatur luna aut impletur; nam agendis rebus hoc auspicatissimum initium credunt. Nec dierum numerum, ut nos, sed noctium computant. Sic constituunt, sic condicunt: nox ducere diem videtur. Illud ex libertate vitium2, quod non simul nec ut iussi conveniunt, sed et alter et tertius dies cunctatione coeuntium absumitur. Ut turbae placuit, considunt armati. Silentium per sacerdotes, quibus tum et coercendi ius est, imperatur. Mox rex vel princeps, prout aetas cuique, prout nobilitas, prout decus bellorum, prout facundia est, audiuntur, auctoritate suadendi magis quam iubendi potestate. Si displicuit sententia, fremitu aspernantur; sin placuit, frameas concutiunt. Honoratissimum adsensus genus est armis laudare. 1. Coeunt: in senso assoluto, “si riuniscono”. 2. Illud ex libertate vitium: è sott. est, “è uno svantaggio che
dipende dalla libertà”. Lo “svantaggio” a cui si riferisce è introdotto da quod, “il fatto che”.
Esercizi di morfo-sintassi 1. 2. 3. 4.
Agendis rebus: definisci la struttura sintattica e il complemento espresso. Nox ducere diem videtur: come è costruito il verbo videor in questo caso? Auctoritate suadendi magis quam iubendi potestate: che complemento esprimono i due ablativi? Suadendi et iubendi sono due gerundi latini. Quale la differenza tra gerundio latino e italiano? Honoratissimum adsensus genus est armis laudare: in questa frase quale è il soggetto? 9 Tacito © Casa Editrice G. Principato
227
Esercizi di stile
V3 Dall’Agricola
5.
In Tacito sono frequenti i verbi sottintesi: rintraccia in questo brano un altro caso oltre all’est già indicato.
6.
Quale figura retorica riconosci in questa espressione: auctoritate suadendi magis quam iubendi potestate? Rintraccia almeno un’altra figura retorica.
Ritratto di un uomo di rara sensibilità Tacito traccia il ritratto del suocero Agricola, desumendolo dai suoi comportamenti e ripercorrendo alcune tappe importanti della sua carriera militare e civile.
Revertentem1 ab legatione legionis divus Vespasianus inter patricios adscivit; ac deinde provinciae Aquitaniae praeposuit, splendidae inprimis dignitatis administratione ac spe consulatus, cui destinarat2. Credunt plerique militaribus ingeniis subtilitatem deesse, quia castrensis iurisdictio secura et obtusior ac plura manu agens calliditatem fori3 non exerceat: Agricola naturali prudentia, quamvis inter togatos4, facile iusteque agebat. Iam vero tempora curarum remissionumque divisa: ubi conventus ac iudicia poscerent, gravis intentus, severus et saepius misericors: ubi officio satis factum, nulla ultra potestatis persona; tristitiam et adrogantiam et avaritiam exuerat. Nec illi, quod est rarissimum, aut facilitas auctoritatem aut severitas amorem deminuit. Integritatem atque abstinentiam in tanto viro referre iniuria virtutum fuerit. Ne famam quidem, cui saepe etiam boni indulgent, ostentanda virtute aut per artem quaesivit; procul ab aemulatione adversus collegas, procul a contentione adversus procuratores, et vincere inglorium et atteri sordidum arbitrabatur. Minus triennium in ea legatione detentus ac statim ad spem consulatus revocatus est, comitante opinione Britanniam ei provinciam dari, nullis in hoc ipsius sermonibus, sed quia par videbatur. Haud semper errat fama; aliquando et eligit5. Consul egregiae tum spei filiam iuveni mihi despondit6 ac post consulatum collocavit, et statim Britaniae praepositus est, adiecto pontificatus sacerdotio. 1. Revertentem: sottintendi Agricolam. 2. destinarat = destinaverat. 3. fori: “del foro”. 4. quamvis inter togatos: “sebbene tra civili”.
5. aliquando et eligit: “talvolta guida la scelta”. 6. Consul... despondit: costruisci Consul despondit filiam mihi iuveni spei egregiae.
Esercizi di morfo-sintassi
228
1.
Quia castrensis iurisdictio... non exerceat: perché la proposizione è espressa con il congiuntivo? Trasformala con l’indicativo e spiega il suo diverso significato.
2. 3.
Iniuria virtutum fuerit: che valore ha questo congiuntivo?
4. 5.
Mihi despondit: che tipo di dativo è mihi?
Ostentanda virtute aut per artem: di che complementi si tratta? Individua e definisci la figura retorica rappresentata da questa espressione. Scrivi un piccolo testo di tre righe in cui, riprendendo le parole di Tacito, sintetizzi in latino le qualità di Agricola. Ecco il primo periodo: Agricola suis virtutibus destinaverat consulatui: ingenii subtilitas, ...
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
V4 Dagli Annales
La congiura di Pisone: adesioni discutibili! Gli aderenti alla congiura di Pisone, nella quale fu coinvolto anche Seneca, non avevano per lo più, secondo Tacito, un preciso piano politico né grandi idealità.
Initium coniurationi non a cupidine ipsius1 fuit; nec tamen facile memoraverim2, qui primus auctor, cuius instinctu concitum sit quod tam multi sumpserunt. Promptissimos Subrium Flavum tribunum praetoriae cohortis et Sulpicium Asprum centurionem extitisse constantia exitus3 docuit. Et Lucanus Annaeus Plautiusque Lateranus [consul designatus] vivida odia intulere4. Lucanum propriae causae accendebant, quod famam carminum eius premebat Nero prohibueratque ostentare, vana adsimulatione: Lateranum consulem designatum nulla iniuria, sed amor rei publicae sociavit. At Flavius Scaevinus et Afranius Quintianus, uterque senatorii ordinis, contra famam sui principium tanti facinoris capessivere: nam Scaevino dissoluta luxu mens et proinde vita somno languida; Quintianus mollitia corporis infamis et a Nerone probroso carmine diffamatus contumeliam ultum ibat5. 1. a cupidine ipsius: sottintendi Pisonis. 2. nec tamen facile memoraverim: è un congiuntivo potenziale. 3. exitus: nel significato di “morte”.
4. intulere: intulerunt. 5. contumeliam ultum ibat: “si accingeva a vendicarsi dell’offesa”. - ultum è supino di ulciscor, con valore finale.
NON SOLO LATINO Diritto di interpretare? La prosa di Tacito tende all’inconcinnitas, cioè all’irregolarità della costruzione sintattica, che talvolta costituisce una vera e propria sfida alla comprensione del testo, quasi come se la difficoltà della realtà storica e dell’indagine di essa si trasferisse sulla struttura sintattica. Questa difficoltà si riflette anche nell’interpretazione che l’opera di Tacito ha sollecitato nei secoli: se, per esempio, nell’età dell’assolutismo è stata considerata esemplare
per l’educazione dei sovrani, dalla rivoluzione francese ne è stato enfatizzato il motivo anti-tirannico. In epoca nazista, invece, alcuni dei suoi testi (Germania, II, IV, Annales, II, 88) sono stato piegati a sostenere teorie sulla purezza della razza ariana. È molto interessante questo uso ideologico della storia antica sul quale ti puoi documentare leggendo in traduzione, con il latino a fronte per un puntuale rimando alle espressioni originali, i testi indicati: ne può nascere una discussione in classe sul diritto all’interpretazione e il suo limite. 9 Tacito
© Casa Editrice G. Principato
229
10 Svetonio
(70 ca – dopo il 126 o il 132 d.C.)
Studioso ed erudito di età flavia, frequenta gli ambienti imperiali con incarichi burocratici e politici. Di lui sono rimaste, non integrali, due raccolte biografiche, De viris illustribus e De vita Caesarum: attento al dettaglio che suscita curiosità e scalpore, traccia ritratti vivaci di imperatori e scrittori con una lingua chiara e semplice.
Versioni TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
Un’autorevole posizione isolata
Svetonio rievoca le circostanze, testimoniate anche da Sallustio, del discorso di Cesare contrario alla condanna a morte dei catilinari e ricorda l’effetto che produsse in Senato.
Vita Caesaris 14
Praetor creatus, detecta coniuratione Catilinae senatuque universo in socios facinoris ultimam statuente poenam, (Caesar) solus municipatim dividendos custodiendosque publicatis bonis censuit. Quin et tantum metum iniecit asperiora suadentibus, identidem ostentans quanta eos in posterum a plebe Romana maneret invidia, ut Decimum Silanum consulem designatum non piguerit sententiam suam, quia mutare turpe erat, interpretatione lenire, velut gravius atque ipse sensisset exceptam. Obtinuisset adeo transductis iam ad se pluribus et in his Cicerone consulis fratre, nisi labantem ordinem confirmasset M. Catonis oratio. Ac ne sic quidem impedire rem destitit, quoad manus equitum Romanorum, quae armata praesidii causa circumstabat, inmoderatius perseveranti necem comminata est, etiam strictos gladios usque eo intentans, ut sedentem una proximi deseruerint, vix pauci complexu togaque obiecta protexerint. Tunc plane deterritus non modo cessit, sed et in reliquum anni tempus curia abstinuit.
TRADUZIONE Laura Forcella
Designato pretore, scoperta la congiura di Catilina, mentre tutto il Senato decideva la pena di morte per i complici di quella trama, Cesare solo propose di confiscare i loro beni e di confinarli nei municipi. Ed anzi, destò tanto timore in coloro che parteggiavano per la punizione più severa, mostrando nello stesso tempo quanto odio sarebbe rimasto contro di loro da parte della plebe romana, che Decio Silano, console designato, non ebbe ritegno di attenuare la sua dichiarazione con una rettifica, dal momento che era vergognoso mutarla, come se le sue parole fossero state interpretate in modo più rigoroso di quanto egli stesso aveva voluto dire. E Cesare avrebbe anche ottenuto di far valere il parere più mite, dal momento che gran parte dei senatori, tra cui il fratello di Cicerone, era passata dalla sua parte, se il discorso di Catone non avesse rinsaldato il senato incerto. Ma neanche in queste condizioni desistette dal fare opposizione, finché una schiera di cavalieri romani, che stava
230
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
intorno alla curia in armi, lo minacciò di morte mentre continuava ad insistere, addirittura presentandoglisi davanti con le armi in pugno tanto che alcuni vicini di seggio gli fecero il vuoto intorno e pochi lo protessero abbracciandolo e coprendolo con la toga. Allora, davvero spaventato, non solo desistette, ma per tutto l’arco dell’anno non si presentò più nella curia.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Che carica ricopriva Cesare ai tempi della congiura di Catilina? Quali i poteri di questa magistratura? Ricordi quale ruolo giocassero i principali attori, Catilina, Cicerone, Catone? 2. L’espressione senatu universo… statuente indica un’unanimità in contraddizione con labantem… ordinem: in che senso? Come si spiega? 3. Velut gravius atque ipse sensisset exceptam: individua la traduzione di questo passo e spiega in che senso esprima una strategia politica. Chi ammira Svetonio? Quali le parole indicative del suo giudizio?
La morfo-sintassi
4. Che differenza intercorre tra i participi detecta e statuente? 5. Nel testo ricorrono due comparativi con valore avverbiale, gravius e immoderatius: sono perfettamente equivalenti? Motiva la tua risposta. 6. Dividendos custodiendosque publicatis bonis censuit: individua e definisci due strutture sintattiche rilevanti contenute nel periodo riportato. 7. Quanta eos in posterum a plebe Romana maneret invidia: di che proposizione si tratta? Che significato ha invidia? 8. Decimum Silanum consulem designatum non piguerit: che costruzione ha in questo passo il verbo piguerit? Perché è espresso al congiuntivo? Ripassa la costruzione dei verbi impersonali costruiti con l’accusativo. 9. Obtinuisset..., nisi labantem ordinem confirmasset: di quale tipo di periodo ipotetico si tratta?
Lo stile
10. Valuta se queste affermazioni siano vere o false: Il testo è redatto con un linguaggio semplice e una sintassi scorrevole
V
F
Sono ricorrenti i costrutti participiali
V
F
Svetonio mette in rilievo una qualità di Cesare, la resilienza
V
F
In confronto a Sallustio che narra gli stessi fatti, Svetonio dettaglia i sentimenti dei protagonisti V
F
I particolari narrativi servono per suscitare la curiosità del lettore
V
F
Prevale un tono severo nella condanna della violenza politica
V
F
la biografia è un genere letterario che mira a tracciare un quadro storico rigoroso
V
F
Il lessico
11. Il lessico impiegato è privo di preziosismi e si avvale di termini piuttosto consueti. Osserva il frequente impiego di parole che descrivono i sentimenti come metus, invidia, deterritus. Indica a quali verbi risalgano e spiega la loro differenza di significato costruendo, con l’aiuto del vocabolario, una piccola frase in latino per ognuno come nell’esempio: Belli metus communis est. 10 Svetonio © Casa Editrice G. Principato
231
V1 Dal De vita Caesarum
Inerzia di Cesare di fronte alla morte Secondo alcune voci, Cesare non tenne conto delle allusioni a probabili congiure contro di lui perché già malato oppure convinto di aver già avuto sufficiente gloria.
Suspicionem Caesar quibusdam suorum reliquit neque voluisse se diutius vivere neque curavisse quod valitudine minus prospera uteretur, ideoque et quae religiones monerent et quae renuntiarent amici neglexisse. Sunt qui putent1, confisum eum novissimo illo senatus consulto ac iure iurando etiam custodias Hispanorum cum gladiis adinspectantium2 se removisse. Alii e diverso opinantur insidias undique imminentis3 subire semel quam cavere (... maluisse): ferunt non tam sua quam rei publicae interesse, ut salvus esset: se iam pridem potentiae gloriaeque abunde adeptum; rem publicam, si quid sibi eveniret, neque quietam fore et aliquanto deteriore condicione civilia bella subituram. 1. Sunt qui putent: si tratta di un congiuntivo caratterizzante da rendere con l’indicativo italiano. 2. adinspectantium: il testo è corrotto; rendi con “che lo scortavano”, riferito al precedente Hispanorum.
3. imminentis: è un arcaismo per imminentes. Anche la parte successiva del testo è corrotta: maluisse è un’aggiunta della redazione.
Esercizi di morfo-sintassi
V2 Dal De vita Caesarum
1.
Quod valitudine minus prospera uteretur: di che proposizione si tratta? Motiva il congiuntivo e la presenza dell’ablativo.
2.
Non tam sua quam rei publicae interesse, ut salvus esset: a chi può essere attribuito questo pensiero? Ti sembra riconducibile alle modalità espressive del discorso indiretto? Motiva la tua risposta. Ripassa la costruzione di interest.
Un carattere austero Con alcune brevi annotazioni Svetonio traccia un ritratto efficace dell’imperatore Vespasiano, sottolineandone la stanchezza, tutta umana, in una cerimonia troppo lunga.
Ceteris in rebus statim ab initio principatus usque ad exitum civilis et clemens, mediocritatem pristinam neque dissimulavit umquam ac frequenter etiam prae se tulit. Quin et conantes quosdam originem Flavii generis ad conditores Reatinos comitemque Herculis, cuius monimentum exstat Salaria via, referre irrisit ultro. Adeoque nihil ornamentorum extrinsecus cupide appetivit, ut triumphi die fatigatus tarditate et taedio pompae non reticuerit, merito se plecti, qui triumphum, quasi aut debitum maioribus suis aut speratum umquam sibi, tam inepte senex concupisset. Ac ne tribuniciam quidem potestatem et patris patriae appellationem nisi sero recepit. Nam consuetudinem scrutandi salutantes manente adhuc bello civili omiserat. 232
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
V3 Dal De vita Caesarum
Un dubbio fondato? È incerto se davvero Augusto volesse riportare lo stato all’antica situazione repubblicana: certamente nutrì il progetto di renderlo stabile e si prese cura di Roma con grande attenzione.
De reddenda re publica bis cogitavit: primum post oppressum statim Antonium1, memor obiectum sibi ab eo saepius, quasi per ipsum staret ne redderetur2; ac rursus taedio diuturnae valitudinis, cum etiam magistratibus ac senatu domum accitis rationarium imperii tradidit. Sed reputans et se privatum non sine periculo fore et illam plurium arbitrio temere committi, in retinenda perseveravit, dubium eventu meliore an voluntate3. Quam voluntatem, cum prae se identidem ferret, quodam etiam edicto his verbis testatus est: “Ita mihi salvam ac sospitem rem publicam sistere in sua sede liceat atque eius rei fructum percipere, quem peto, ut optimi status auctor dicar et moriens ut feram mecum spem, mansura in vestigio suo fundamenta rei publicae quae iecero.” Fecitque ipse se compotem voti nisus omni modo, ne quem novi status paeniteret. Urbem neque pro maiestate imperii ornatam et inundationibus incendiisque obnoxiam excoluit adeo, ut iure sit gloriatus marmoream se relinquere, quam latericiam accepisset. Tutam vero, quantum provideri humana ratione potuit, etiam in posterum praestitit. 1. post oppressum statim Antonium: costruzione con il participio congiunto con valore temporale; rendi “subito dopo la sconfitta di Antonio”. 2. quasi per ipsum staret ne redderetur: è una proposizione comparativa ipotetica cui segue la completiva, “come se dipen-
desse da lui che non fosse ristabilita (la repubblica)”. 3. dubium eventu meliore an voluntate: sott. est a dubium e fuerit nella proposizione interrogativa indiretta disgiuntiva introdotta da an.
Esercizi di morfo-sintassi 1. 2. 3.
De reddenda re publica: di che complemento si tratta? Come è costruito?
4.
Ne quem novi status paeniteret: di che proposizione si tratta? Spiega la costruzione di paeniteret.
Ut optimi status auctor dicar et moriens ut feram mecum spem: che proposizioni introduce ut? Mansura in vestigio suo fondamenta: sottintendi esse; da quale termine è retta questa proposizione?
Esercizi di lessico 5. 6. 7.
V4 Dal De vita Caesarum
Valitudinis: ricorda che valetudo è vox media; in questo caso ha significato positivo o negativo? Quali sono le parole latine, in campo giuridico e non, che hanno la stessa radice di testatus est? Marmoream... latericiam: spiega l’opposizione tra i due termini, con riferimenti all’architettura antica.
Augusto e l’amicizia Augusto era incline all’amicizia, ma selezionava accuratamente gli amici e avvertiva, anche nei loro confronti, i limiti che la sua condizione di responsabilità gli imponeva. Il testo permette di conoscere una dimensione privata del princeps.
Amicitias neque facile (Augustus) admisit et constantissime retinuit, non tantum virtutes ac merita cuiusque digne prosecutus, sed vitia quoque et delicta, dum taxat 10 Svetonio © Casa Editrice G. Principato
233
modica, perpessus. Neque enim temere ex omni numero in amicitia eius afflicti reperientur praeter Salvidienum Rufum1, quem ad consulatum usque, et Cornelium Gallum, quem ad praefecturam Aegypti, ex infima utrumque fortuna provexerat. Quorum alterum res novas molientem damnandum senatui tradidit, alteri ob ingratum et malivolum animum domo et provinciis suis interdixit. Sed Gallo quoque et accusatorum denuntiationibus et senatus consultis ad necem conpulso laudavit quidem pietatem tanto opere pro se indignantium2, ceterum3 et inlacrimavit et vicem suam conquestus est, quod sibi soli non liceret amicis, quatenus vellet, irasci. Reliqui potentia atque opibus ad finem vitae sui quisque ordinis principes floruerunt, quanquam et offensis intervenientibus. Desideravit enim nonnumquam, ne de pluribus referam4, et M. Agrippae patientiam et Maecenatis taciturnitatem, cum ille5 ex levi frigoris suspicione et quod Marcellus sibi anteferretur, Mytilenas se relictis omnibus contulisset, hic6 secretum de comperta Murenae coniuratione uxori Terentiae prodidisset. Exegit et ipse in vicem ab amicis benivolentiam mutuam, tam a defunctis quam a vivis. Nam quamvis minime appeteret hereditates, ut numquam ex ignoti testamento capere quicquam sustinuerit, amicorum tamen suprema iudicia morosissime pensitavit, neque dolore dissimulato, si parcius aut citra honorem verborum7, neque gaudio (dissimulato), si grate pieque quis se prosecutus fuisset. Legata vel partes hereditatium a quibuscumque parentibus relicta sibi aut statim liberis eorum concedere aut, si pupillari aetate essent, die virilis togae vel nuptiarum cum incremento restituere consueverat. 1. Salvidienum Rufum: Ottaviano lo designò alla carica di console, ma, saputo che stava trattando segretamente con Antonio, lo fece condannare a morte dal Senato. 2. pro se indignatium: “di coloro che si mostravano indignati per lui”. 3. ceterum: avverbio “del resto”.
4. ne de pluribus referam: è un’incidentale, “per non dire di altri”. 5. ille: Agrippa, fedele generale e genero di Augusto, in conflitto con Marcello, nipote dell’imperatore. 6. hic: Maecenas, consigliere di Augusto. 7. citra honorem verborum: sottintendi un fuisset “avaro di lodi”.
NON SOLO LATINO Biografia e storia dal latino a noi Un interessante esperimento consiste nel condurre letture parallele dei testi di Svetonio a confronto con altri storici: puoi provare a confrontare i già citati capitoli LI e LII dedicati ai discorsi di Catone e Cesare nella Congiura di Catilina di Sallustio e il passo riportato in apertura di questo capitolo: su quali particolari indulge il testo del biografo, rispetto a quello dello storico? Svetonio fissa, in un certo senso, il canone della biografia, che è un genere molto coltivato, e di un certo successo,
234
soprattutto nel Medioevo e nell’Umanesimo, quando il desiderio di far rivivere l’antichità fu particolarmente incline a questo genere letterario, tanto che egli è una fonte di ispirazione, se non proprio un modello, del De viris illustribus di Francesco Petrarca. Se hai ben chiara la differenza tra scrittura storica e biografia, ti proponiamo la lettura, anche solo di qualche capitolo, del testo di Antonio Spinosa Augusto, il grande baro: potrai verificare come il modello di Svetonio sopravviva, anche se non dichiarato, e verificare la coincidenza tra quanto hai appreso e quanto raccontato.
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
11 Apuleio
(125 ca – 170 ca)
Di origine africana, viaggia a lungo spinto dalla curiositas che è cifra distintiva della sua personalità, scrittura ed epoca. Interessato alla filosofia e ad altri saperi, scrive l’unico romanzo in lingua latina giunto integrale, Metamorfosi, un’estesa e avventurosa narrazione dal forte spessore culturale e religioso. Si difende da un’accusa di magia con un’Apologia. Conosce bene anche il greco.
Versioni TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
Bisogna credere anche all’impossibile
Siamo all’inizio della narrazione: il protagonista del romanzo, che è il narratore in prima persona, Lucio, incontra per caso due compagni di viaggio. Uno dei due irride l’altro perché racconta verba absurda, “parole assurde”, ma Lucio afferma la necessità di non farsi ostacolare dai pregiudizi.
Metamorphoseon libri I, 2-3
Ac dum is ientaculum ambulatorium prata quae praeterit ore in latus detorto pronus adfectat, duobus comitum qui forte paululum processerant tertium me facio. Ac dum ausculto quid sermonibus agitarent, alter exserto cachinno: “Parce – inquit – in verba ista haec tam absurda tamque immania mentiendo”. Isto accepto sitior alioquin novitatis: “Immo vero – inquam – impertite sermonem non quidem curiosum sed qui velim scire vel cuncta vel certe plurima; simul iugi quod insurgimus aspritudinem fabularum lepida iucunditas levigabit”. At ille qui coeperat: “Ne – inquit – istud mendacium tam verum est quam siqui velit dicere magico susurramine amnes agiles reverti, mare pigrum conligari, ventos inanimes exspirare, solem inhiberi, lunam despumari, stellas evelli, diem tolli, noctem teneri”. Tunc ego in verba fidentior: “Heus tu – inquam – qui sermonem ieceras priorem, ne pigeat te vel taedeat reliqua pertexere”. Et ad alium: “Tu vero crassus et obstinato corde respuis quae forsitan vere perhibeantur. Minus hercule calles pravissimis opinionibus ea putari mendacia quae vel auditu nova vel visu rudia vel certe supra captum cogitationis ardua videantur; quae si paulo accuratius exploraris, non modo compertu evidentia verum etiam factu facilia senties”.
TRADUZIONE Laura Forcella
E mentre lui (un cavallo) cerca prono di brucare uno spuntino ambulante per i prati che attraversa, con il muso rivolto in un lato, mi aggrego come terzo a due compagni che per caso camminavano poco innanzi. E mentre ascolto di che cosa parlano, uno dei due dice all’altro con una fragorosa risata: “Piantala di mentire con parole così assurde e così esagerate”. Udito ciò, dico, sempre assetato di novità: “Anzi! Fatemi partecipare alla conversazione, non solo da curioso perché io vorrei sapere o tutto o quanto più posso; la graziosa piacevolezza delle storie alleggerirà l’asprezza 11 Apuleio © Casa Editrice G. Principato
235
del monte che saliamo”. Ma quello che aveva cominciato: “Codesta panzana è vera quanto se qualcuno voglia dire che i fiumi ritornano agili indietro con una formula magica, che il mare sia messo in ceppi immobile, che i venti spirino senza fiato, che il sole sia fermato, che la luna si sia tolta i vapori, che le stelle siano estirpate, che il giorno sia tolto di mezzo, che la notte sia mantenuta”. Allora io, più fiducioso nelle mie parole, dico: “Ehi tu, che hai parlato per primo, non ti dispiaccia né ti dia noia finire di raccontare il resto” e all’altro: “Rifiuti, con le orecchie tappate e con mente ostinata, le cose che forse sono da considerarsi vere. Per Ercole, non sai che per idee molto sbagliate sono considerate false quelle cose che sembrano o nuove ad udirsi, o inconsuete a vedersi o ardue oltre la comprensione umana, quelle cose che se indaghi in modo un po’ accurato, non solo saprai evidenti a scoprirsi, ma anche facile a farsi”.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Individua con quali parole Lucio si presenta dal punto di vista caratteriale. 2. Quale dei due occasionali compagni di viaggio è più congeniale a Lucio? Perché? 3. L’incontro casuale è coerente con il tipo di ricerca del protagonista? La risposta può essere più motivata se conosci almeno la trama del romanzo.
La morfo-sintassi
4. Qual è l’antecedente di qui velim? 5. siquid = si (ali)quid velit dicere. Che tipo di proposizioni seguono? 6. auditu, visu, compertu, factu sono supini passivi: definisci il supino passivo distinguendolo da quello attivo. 7. Completa questa tabella secondo l’esempio:
prata
Parte del discorso
Caso, genere, numero Modo, tempo, persona
Funzione logica
nome
acc., neutro, pl.
Compl. di moto retto dal verbo con prep. ad
detorto haec mentiendo velim amnes pigeat
Lo stile
8. Nel discorso di ille qui coeperat, si riconosce la figura retorica dell’adynaton. La sai definire? In questa elencazione si riconosce un andamento poetico: in che senso? Vi è possibile riconoscere anche una “barocca” abundantia, secondo una felice definizione di G. Pontiggia: perché “barocca”? 9. Il testo presenta un carattere teatrale. Perché? Teatro comico o di pensiero? Argomenta la tua risposta. 236
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
Il lessico
10. Lepidus, -a, -um, “grazioso”, è un aggettivo derivato dal sostantivo lepos, -oris, “grazia”, particolarmente pregnante in termini letterari: lepidus, per esempio, è il libellus dei Carmina di Catullo secondo la stessa definizione del poeta e il lepos è lo strumento che utilizza Lucrezio per addolcire la sua poesia e farne mezzo di educazione. Nella poesia ellenistica il lepos è un elemento caratterizzante che oppone la raffinatezza e la levigatezza della forma all’approssimazione compositiva e alla rozzezza formale dell’età arcaica. In quale espressione l’aggettivo è usato in questo brano? Quali sono le parole italiane che da esso derivano? Appartengono a un registro formale o quotidiano? 12. Lucio è sì curiosus, ma anche sitior novitatis: spiega questa espressione considerando anche il tipo di comparativo.
V1 Dalle Metamorfosi
Il vantaggio di essere asino La paura di finire come gli altri animali da soma, sfruttati e malati, è grande, ma c’è per Lucio un elemento positivo nell’essere asino-uomo...
Iam de meo iumentario contubernio quidvel ad quem modum memorem? 1 Quales illi muli senes vel cantherii debiles. Circa praesepium capita demersi2 contruncabant moles palearum, cervices cariosa vulnerum putredine follicantes. Talis familiae funestum mihi etiam metuens exemplum3 veterisque Lucii fortunam recordatus et ad ultimam salutis metam detrusus summisso capite maerebam. Nec ullum uspiam cruciabilis vitate solacium aderat, nisi quod4 ingentia mihi curiositate recreabat, dum praesentiam meam parvi5 facientes libere, quae volunt, omne et agunt et loquuntur. Nam et ipse gratas gratias asino meo memini, quod me suo celatum tegmine variisque fortunis exercitatum, etsi minus prudentem, multiscium reddidit. 1. quid… memorem?: l’espressione quid ad…? corrisponde all’inglese What about?; memorem è un congiuntivo dubitativo. 2. capita demersi: participio congiunto con accusativo di relazione. Puoi tradurre “con i musi immersi”.
3. funestum… exemplum: è un iperbato. 4. nisi quod: “se non per il fatto che”. 5. parvi: è un genitivo di stima.
Esercizi di morfo-sintassi 1. 2.
Elenca i participi e analizzali. Quod reddidit me: trasforma con il congiuntivo e spiega quale sarebbe il diverso significato.
Esercizi di stile 3.
Scrivi un testo di analisi stilistica del brano, riflettendo, nell’ordine che ritieni opportuno, su: – la struttura sintattica: valuta l’uso del participio, della coordinazione, le ellissi del verbo – le figure retoriche: considera, per esempio, la figura etimologica gratas gratias – il tipo di lessico: considera che l’aggettivo multiscius, -a, -um è attestato solo in Apuleio e individua parole chiave all’interno del romanzo. 11 Apuleio © Casa Editrice G. Principato
237
V2 Da De magia
Apologia del dentifricio Apuleio, accusato di aver usato la magia per sedurre una ricca vedova e indurla a sposarlo, pronuncia l’orazione di autodifesa. In questa divertente argomentazione deve giustificare di avere diffuso exotico pulvere, “polverina esotica”, per lavarsi i denti.
Velim igitur censor meus Aemilianus respondeat, unquamne ipse soleat pedes lavare; vel, si id non negat, contendat maiorem curam munditiarum pedibus quam dentibus inpertiendam. Plane quidem, si quis ita ut tu, Aemiliane1, nunquam ferme os suum nisi maledictis et calumniis aperiat, censeo ne ulla cura os percolat neque ille exotico pulvere dentes emaculet, quos iustius carbone de rogo obteruerit, neque saltem communi aqua perluat: quin2 ei nocens lingua mendaciorum et amaritudinum praeministra semper in fetutinis et olenticetis suis iaceat. Nam quae malum ratio est3 linguam mundam et laetam, vocem contra4 spurcam et tetram possidere, viperae ritu niveo denticulo atrum venenum inspirare? Ceterum qui sese sciat orationem prompturum neque inutilem neque iniucundam, eius merito os, ut5 bono potui poculum, praelavitur. Et quid ego de homine nato diutius6? Belua immanis, crocodillus ille qui in Nilo gignitur, ea7 quoque, ut comperior, purgandos sibi dentes innoxio hiatu praebet. Nam quod est ore amplo, sed elingui et plerumque in aqua recluso, multae hirundines dentibus implectuntur; eas illi, cum egressus in praeripia fluminis hiavit, una ex avibus fluvialibus amica avis8 iniecto rostro sine noxae periculo exculpit. 1. Aemiliane: l’autore si rivolge al suo accusatore (censor) con un’apostrofe. 2. quin: “anzi”. 3. quae malum ratio est: traduci “per quale assurda ragione”. 4. contra: avverbio, “invece”.
5. ut: “come”. 6. diutius: “troppo a lungo”; il verbo sottinteso ha il significato di “soffermarsi”. 7. ea: belua. 8. amica avis: “suo amico”.
Esercizi di morfo-sintassi
238
1.
Velim... respondeat: Velim è la proposizione ........................ (che tipo?) e respondeat è il verbo di una .................................... (quale tipo di proposizione?): ci si aspetterebbe ...................... (una congiunzione o un avverbio?) per introdurla. Queste costruzioni sintetiche ................ (sono o non sono?) comuni nella prosa del periodo.
2. 3.
Iaceat che tipo di congiuntivo è?
4.
Nell’ultima parte vengono nominati tre animali esotici e si fa riferimento a un comportamento che è confermato anche dai moderni zoologi. Utilizzando le parole latine di questo testo, descrivilo in modo sintetico.
Sese orationem prompturum (esse): spiega per quali ragioni è chiaro che il soggetto della ........................... (quale proposizione?) sia sese e non orationem.
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
Il latino dopo l’impero romano Non solo il latino vive nelle lingue romanze in cui si è trasformato, ma ha vita autonoma anche quando finisce l’impero romano d’Occidente. Il latino è tuttora la lingua ufficiale della Santa Sede ed è stato utilizzato in Europa, in modo parallelo alle lingue nazionali, anche in ambito letterario e scientifico, modificandosi in relazione ai tempi, ai luoghi, agli autori, alle finalità.
Versioni TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
Una lingua come una pantera
Dante paragona la ricerca del volgare illustre italiano alla caccia infruttuosa di una pantera che lascia il suo profumo ovunque, ma non si fa scovare: non esiste una lingua nazionale, ma si sente nell’aria. L’Italia non c’è ancora politicamente, ma culturalmente sì. Dante lo argomenta in latino.
Dante Alighieri De vulgari eloquentia, I, XVI
Postquam venati saltus et pascua sumus Italie nec panteram quam sequimur adinvenimus, ut ipsam reperire possimus, rationabilius investigemus de illa ut solerti studio redolentem ubique et necubi apparentem nostris penitus irretiamus tenticulis. Que quidem nobilissima sunt earum que Latinorum sunt actiones, hec nullius civitatis Italie propria sunt et in omnibus comunia sunt: inter que nunc potest illud discerni vulgare quod superius venabamur, quod in qualibet redolet civitate nec cubat in ulla. Potest tamen magis in una quam in alia redolere; sicut simplicissima substantiarum, que Deus est, in homine magis redolet quam in bruto animali; in bruto animali quam in planta; in hac quam in minera; in hac quam in elemento; in igne quam in terra. Et simplicissima quantitas, quod est unum, in impari numero redolet magis quam in pari; et simplicissimus color, qui albus est, magis in citrino quam in viride redolet. Itaque, adepti quod querebamus, dicimus illustre, cardinale, aulicum et curiale vulgare in Latio, quod omnis latie civitatis est et nullius esse videtur, et quo municipalia vulgaria omnia Latinorum mensurantur, ponderantur, et comparantur.
TRADUZIONE Laura Forcella
Dopo che abbiamo cacciato per monti boscosi e pascoli d’Italia e non abbiamo trovato la pantera che inseguiamo, per poterla scovare, proseguiamo la sua ricerca più razionalmente, così da catturare totalmente coi nostri lacci, impegnandoci molto, la creatura che fa sentire il suo profumo ovunque e non si manifesta in nessun luogo. Ma le operazioni più nobili di quelle che compiono gli italiani non sono specifiche di nessuna città d’Italia, bensì comuni a tutte; fra queste si può a questo punto indi Il latino dopo l’impero romano © Casa Editrice G. Principato
239
viduare quel volgare di cui più sopra andavamo a caccia, che fa sentire il suo profumo in ogni città, ma non si ferma in alcuna. Tuttavia può far sentire il suo profumo più in una città che in un’altra, come la sostanza più semplice, cioè Dio, dà sentore di sé più nell’uomo che nella bestia, più nell’animale che nella pianta, più in questa che nel minerale, più in quest’ultimo che nell’elemento semplice, più nel fuoco che nella terra. E la quantità più semplice, cioè l’unità, fa sentire il suo profumo più nei numeri dispari che nei pari; e il colore più semplice, cioè il bianco, fa sentire il suo profumo più nel giallo che nel verde. Ecco dunque che abbiamo raggiunto ciò che cercavamo: definiamo in Italia volgare illustre, cardinale, regale e curiale quello che è di ogni città italiana e non sembra esserci in nessuna, in base al quale tutti i volgari municipali degli italiani vengono misurati, soppesati e comparati.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Secondo te, perché la pantera viene assimilata alla lingua volgare illustre: che cosa hanno in comune? 2. Come questo testo si inserisce nella prospettiva letteraria e culturale di Dante? 3. L’appartenenza del testo al periodo medievale è deducibile, oltre che dal nome dell’autore, dal modo in cui si presenta la lingua. Una delle più evidenti trasformazioni del latino classico in quello medievale è a livello di grafia: spariscono i dittonghi ae e oe risolti in e. Quali esempi rintracciabili in questo testo?
La morfo-sintassi
4. Saltus et pascua sono tradotti con un complemento diverso da quello latino. Anche la traduzione di solerti studio non è letterale. In che senso? 5. Investigemus: che tipo di congiuntivo indipendente è? 6. Que: un pronome relativo all’inizio di un periodo è un ......................., di genere ........... e di numero......... 7. Adepti: quale parte del discorso è? Che funzione logica svolge? 8. Videtur è costruito personalmente o impersonalmente?
Lo stile
9. L’immagine della pantera, particolarmente potente, a quale figura retorica corrisponde? In che senso è usato il verbo redoleo? 10. Dante vuole rendere chiaro il suo pensiero ai saggi d’Europa che avevano nel latino la loro lingua. Come costruisce i periodi? In modo semplice e regolare o artificioso e virtuosistico? 11. È proprio Dante, nel De vulgari eloquentia, riprendendo concetti dell’Ars poetica di Orazio, a stabilire il nesso tra contenuto e stile. Qui la simmetria delle costruzioni – quam… quam ed est… est – a quale ordine fa riferimento?
240
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
Il lessico
12. Il ricorrere dell’aggettivo Latinus nel senso di “italiano” suggerisce l’idea, forte in epoca medievale, che l’età contemporanea fosse erede della civiltà classica. È uno dei casi in cui il significato della parola nel latino classico era diverso. Individua un’altra parola con diverso significato nei due momenti storici. Ricorda che fides, “lealtà”, assume nel lessico cristiano quello di “fede”. 13. In questo brano, l’aggettivo simplicissima diventa un attributo della divinità. Ricerca l’etimologia ricordando che sim è equivalente all’alfa privativa e al concetto di “una sola volta”.
V1 Giovanni di Salisbury Metalogicon
Sulle spalle dei giganti Giovanni di Salisbury (1120-1180) ci trasmette questa immagine molto celebre che visivamente traduce il concetto di come i grandi autori del mondo classico ci consentano di vedere lontano.
Dicebat Bernardus Carnotensis1 nos esse quasi nanos gigantium humeris insidentes, ut possimus plura eis et remotiora videre, non utique2 proprii visus acumine, aut eminentia corporis, sed quia in altum subvehimur et extollimur magnitudine gigantea. 1. Carnotensis: “di Chartres”, una città francese.
V2 Pico della Mirandola Oratio de hominum dignitate
2. Utique: “certamente”.
La responsabilità di essere liberi Questo testo di Pico della Mirandola (1463-1494) è fondamentale per comprendere il pensiero dell’umanesimo, un inno alla libertà dell’uomo e alla sua autodeterminazione.
Statuit tandem optimus opifex1, ut cui dari nihil proprium poterat commune esset quicquid privatum singulis fuerat2. Igitur hominem accepit indiscretae opus imaginis atque in mundi positum meditullio3 sic est alloquutus: «Nec certam sedem, nec propriam faciem, nec munus ullum peculiare tibi dedimus, o Adam, ut quam sedem, quam faciem, quae munera tute4 optaveris, ea, pro voto, pro tua sententia, habeas et possideas. Definita caeteris natura5 intra praescriptas a nobis leges cohercetur. Tu, nullis angustiis cohercitus, pro tuo arbitrio, in cuius manu te posui, tibi illam6 prefinies. Medium te mundi posui, ut circumspiceres inde comodius quicquid est in mundo. Nec te celestem neque terrenum, neque mortalem neque immortalem fecimus, ut tui ipsius quasi arbitrarius honorariusque plastes et fictor, in quam malueris tute formam effingas. Poteris in inferiora quae sunt bruta degenerare; poteris in superiora quae sunt divina ex tui animi sententia regenerari».
1. optimus opifex: è Dio, il sommo Creatore. 2. cui dari… singulis fuerat: “a quello a cui non poteva essere dato nulla di proprio, l’uomo, fosse comune tutto ciò che alle singole creature era stato dato in particolare”.
3. in mundi positum meditullio: “postolo al centro del mondo”. 4. tute: è un rafforzativo del pronome personale. 5. Definita… natura: è soggetto. 6. illam: sottintende naturam. Il latino dopo l’impero romano
© Casa Editrice G. Principato
241
Esercizi di morfo-sintassi 1.
Definisci le diverse proposizioni:
Tipo di proposizione
Tipo di proposizione
Ut... commune esset
Nullis angustiis cohercitus
Ut... habeas
In cuius manu te posui
Esercizi di stile 2.
Il testo, esemplare anche dal punto di vista stilistico, condensa alcuni caratteri del latino umanistico. Ti invitiamo a rintracciarli, scegliendo, tra le seguenti, le affermazioni corrette: i periodi sono elementari dal punto di vista sintattico così che prevale la paratassi i periodi sono costruiti in modo regolare, con proposizioni varie nel tipo, come relative, finali, complementari dirette le forme participiali sono molto estese il lessico corrisponde a quello del sermo cotidianus il lessico è colto e letterario e si modella su quello degli autori dell’età classica il lessico è ricercato sul modello di quello medievale la simmetria delle costruzioni è indice di concinnitas, secondo un tipico gusto classico domina la varietas secondo il modello di Seneca i numerosi iperbati conferiscono al testo uno stile bizzarro.
V3 Paolo VI Populorum progressio
Dovere di solidarietà del cristiano È gravissimum officium, “doverosissimo compito” del cristiano, la solidarietà tra persone e tra popoli: nel 1967 l’enciclica Populorum progressio di papa Paolo VI (18971978) riprende alcuni temi dibattuti nel Concilio Vaticano II con attenzione agli squilibri internazionali.
Cum officium coniunctionis inter homines etiam inter populos obtineat, gentium ... progressarum officium gravissimum est progredientes populos adiuvandi1. Hoc sane documentum Concilii ad effectum est adducendum. Quod si consentaneum est, ut gens aliqua ante ceteras donis fruatur a providenti Deo sibi concessis quasi operae suae proventu, nullus tamen populus audeat ad suum tantum usum divitias sibi seponere. Singuli populi plura et meliora opera et artificia edere debent, ut cunctorum civium vita dignitate vere humana sit praedita, et auxilia afferantur ad generis humani progressionem communiter assequendam. Cum in regionibus humanitatis cultu minus provectis2 egestas augeatur, consentaneum est, ut civitas aliqua opibus affluens partem bonorum, quae pepererit, cedat ad illarum sublevandas necessitates, consentaneum quoque est, ut instruat educatores, machinarios, technicos, sapientes, qui scientia et peritia sua illis ministrent. 1. gentium… adiuvandi: la citazione in corsivo è una ripresa di dichiarazioni relative al Concilio Vaticano II.
242
2. in regionibus humanitatis cultu minus provectis: “nei Paesi in via di sviluppo”.
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
Esercizi di morfo-sintassi 1.
Trascrivi i gerundi e i gerundivi e analizzali.
Gerundio o gerundivo?
Caso
Costrutto o quale complemento?
adiuvandi adducendum assequandam sublevandas
2.
Trasforma la seguente espressione con una perifrastica passiva: Singuli populi plura et meliora opera et artificia edere debent.
3.
Individua nel testo una complementare diretta, una finale, una condizionale, causale, una relativa.
Esercizi di lessico
V4 Harrius Potter et philosophi lapis traduttore: Peter Needham
4.
Usare il latino per temi contemporanei comporta un problema di vocabolario: traduci in modo letterale l’espressione con cui l’enciclica indica i “Paesi in via di sviluppo”: in regionibus humanitatis cultu minus provectis.
5.
La parola coniuctio che in latino classico significa per lo più “vincolo, unione, rapporto di parentela”, in questo testo esprime il concetto moderno di “solidarietà”. Indaga l’etimologia di questa parola: scoprirai che è connessa, in modo interessante, anche al “matrimonio”.
Dall’inglese al latino Se un best seller mondiale come Harry Potter and the Philosopher’s stone della scrittrice britannica J. K. Rowling (1965 - vivente) viene tradotto anche in latino, significa che si è costituto un pubblico di cultori di questa lingua.
CAPUT PRIMUM - Dominus et Domina1 Dursley, qui vivebant in aedibus Gestationis Ligustrorum numero quattuor signatis, non sine superbia dicebant se ratione ordinaria vivendi uti neque se paenitere illius rationis. In toto orbe terrarum vix credas quemquam esse minus deditum rebus novis et arcanis, quod ineptias tales omnino spernebant. Dominus Dursley praeerat societati nomine Grunnings, quae terebras fecit. Vir erat amplus et corpulentus nullo fere collo, maxima tamen mystace2. Domina Dursley erat macra et flava et prope alterum tantum colli habebat quam alii homines, quod magno ei usui fuit quod tantum tempus consumebat in collo super saepes hortorum porrigendo, finitimos inspiciens. Durslei filium parvum nomine Dudley habebant nec usquam, eorum sententia, erat puer splendidior. Durslei omnia habebant quae volebant, sed rem quandam occultam tenebant, et maxime timebant ne quis hoc secretum cognosceret. Putabant enim id fore intole-
1. Dominus et Domina: “Mr.” e “Mrs.” sono tradotti impropriamente, in quanto in latino non ne esiste un uso corrispondente, con dominus e domina.
2. mystace: è un calco dall’inglese americano mustache, “baffi”; i Latini non usavano i baffi e, quindi, non avevano la parola per designarli. Il latino dopo l’impero romano
© Casa Editrice G. Principato
243
rabile si quis de Potteris certior fieret. Domina Potter erat soror Dominae Dursley, sed aliquot iam annos altera cum altera non convenerat; re vera Domina Dursley simulabat se non habere sororem, quod soror et coniunx eius, vir nefarius, erant omnibus modis dissimiles Dursleis. Durslei horrescebant rati quid dicturi essent finitimi si in viam suam advenirent Potteri. Durslei sciebant Potteros quoque filium parvum habere, sed eum ne viderant quidem. Hic puer erat alia causa cur Potteros arcerent; nolebant enim filium suum Dudleum puero tali familiarem esse.
NON SOLO LATINO Una lingua antica per un mondo nuovo Nell’Europa del Medioevo il latino rimane lo strumento di diffusione di una nuova visione del mondo, in primo luogo del cristianesimo. Si dice che nell’UmanesimoRinascimento si riscopra la cultura classica: l’espressione è imprecisa perché il mondo classico non è mai stato dimenticato. Gli uomini del Medioevo, come Dante, lo avevano incluso nel loro orizzonte e non ne sentivano la distanza, mentre gli intellettuali del Rinascimento lo percepiscono lontano e vi attingono esempi per imitarlo. Fino al Settecento, il latino è ancora lingua della scienza, ma viene marginalizzata in letteratura. Non mancano, però, esempi in controtendenza: la produzione latina di Pascoli è uno dei tanti esempi. L’istituzione che più ha contribuito a mantenere viva la lingua latina nei secoli, insieme alla scuola, è stata
244
la Chiesa cattolica che ha celebrato in latino tutti i riti sacri, compresa la messa, fino al 1969. I pronunciamenti dottrinali della Chiesa, come le encicliche, sono stati in latino. Papa Francesco usa, però, anche per questi autorevoli documenti, l’italiano. Ti proponiamo una ricerca nel web sul latino di oggi a cominciare da Franco Battiato e la sua Delenda Carthago o la canzone techno, Party’s deorum della band musicale Kronos. In Finlandia da vent’anni trasmette una radio, Nuntii Latini, “Notizie in latino”, che pubblica anche Ephemeris, “giornale”, dove potrai leggere news rigorosamente nella lingua di Roma antica, anche in ambito culturale e cinematografico. Utilizza i materiali recuperati per un breve discorso in inglese in cui racconti a un amico straniero l’importanza dello studio del latino.
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
Il latino della scienza Nelle lezioni universitarie l’italiano sostituisce il latino – suscitando notevole scalpore – solo nel 1754, a Napoli. Fino al Settecento, anche in Europa, il latino rimane, dunque, la lingua della comunità internazionale degli scienziati e dei filosofi che scrivono in latino le loro opere così che è enorme il contributo di questa lingua alla ricerca scientifica e, in generale, alla cultura europea.
Versioni TESTO ESEMPLARE TRADOTTO
V0
L’emozione di uno scienziato
Nel 1610 Galileo (1564-1642) annuncia di aver visto la Luna come non era mai stata vista da occhio umano grazie al cannocchiale. Il resoconto è vibrante di meraviglia per la bellezza del creato e di ammirazione per la potenza indagatrice dell’uomo.
Galileo Galilei Sidereus nuncius
Magna equidem in hac exigua tractatione singulis de natura speculantibus inspicienda contemplandaque propono. Magna, inquam, tum ob rei ipsius prêstantiam, tum ob inauditam per êvum novitatem, tum etiam propter Organum, cuius beneficio eadem sensui nostro obviam sese fecerunt. Magnum sane est, supra numerosam inerrantium Stellarum multitudinem, quê naturali facultate in hunc usque diem conspici potuerunt, alias innumeras superaddere oculisque palam exponere, antehac conspectas nunquam, et quê veteres ac notas plusquam supra decuplam multiplicitatem superent. Pulcherrimum atque visu iucundissimum est, lunare corpus, per sex denas fere terrestres semidiametros a nobis remotum, tam ex propinquo intueri, ac si per duas tantum easdem dimensiones distaret; adeo ut eiusdem Lunê diameter vicibus quasi terdenis, superficies vero noningentis, solidum autem corpus vicibus proxime viginti septem millibus, maius appareat, quam dum libera tantum oculorum acie spectatur: ex quo deinde sensata certitudine quispiam intelligat, Lunam superficie leni et perpolita nequaquam esse indutam, sed aspera et inêquali; ac, veluti ipsiusmet Telluris facies, ingentibus tumoribus, profundis lacunis atque anfractibus undiquaque confertam existere.
TRADUZIONE Laura Forcella
Grandi cose per verità in questo breve trattato propongo all’osservazione e alla contemplazione di quanti studiano la natura. Grandi, dico, e per l’eccellenza della materia stessa, e per la novità non mai udita nei secoli, e infine per lo strumento mediante il quale queste cose stesse si sono fatte incontro al nostro senso. Grande cosa è, certamente, aggiungere altre stelle all’immensa moltitudine delle stelle fisse, che fino a oggi si potevano scorgere con la facoltà naturale, e rendere manifeste all’occhio umano altre innumerevoli, non mai vedute prima, il cui numero supera più di dieci volte quello delle antiche e note. Il latino della scienza © Casa Editrice G. Principato
245
Bellissima cosa e mirabilmente piacevole, vedere il corpo della Luna, lontano da noi quasi sessanta raggi terrestri, così da vicino come distasse solo due di queste dimensioni così che si mostrano il diametro stesso della Luna quasi trenta volte, la sua superficie quasi novecento, il volume quasi ventisettemila volte maggiori di quando si guardano a occhio nudo: quindi con la certezza della sensata esperienza chiunque può comprendere che la Luna non è ricoperta da una superficie liscia e levigata, ma scabra e ineguale, e, proprio come la faccia della Terra, è piena zeppa di grandi sporgenze, profonde cavità e anfratti.
Rifletti sul testo
Il contesto
1. Perché Galileo sceglie di scrivere in latino? 2. Le informazioni scientifiche sono trasmesse con partecipazione emotiva. Quali elementi del testo ti permettono di riconoscerla? 3. Ti sembra che questo trattato potrebbe ascriversi tra le opere letterarie? Motiva la tua risposta ricordando che la letteratura non è mai determinata da un quid, un argomento, ma sempre da un quomodo, la capacità di elaborarlo con uno stile che permetta al testo di trasmettere più del suo significato oggettivo.
La morfo-sintassi
4. Dal punto di vista grafico, i dittonghi sono scritti chiusi, ma segnalati come nell’esempio: prêstantiam per praestantiam. Avviene lo stesso nel latino medievale? 5. Qual è il soggetto di magnum sane est? 6. Perché Galileo usa il congiuntivo nella relativa quê veteres ac notas plusquam supra decuplam multiplicitatem superent? L’intelligat che ha come soggetto quispiam è un congiuntivo questa volta indipendente. Di che tipo? 7. Indutam esse: analizza il verbo, indica quale parola ne è il soggetto e quale caso regge.
Lo stile
8. Che cosa permette di ascrivere il testo al genere del trattato scientifico? 9. La struttura sintattica regolare è coerente con il rigore dello scienziato. Domina la simmetria: riconosci qualche esempio? 10. Ti sembra che le figure retoriche siano numerose? Potresti definire questa prosa barocca, in sintonia con il tempo in cui è stata elaborata? Motiva la risposta.
Il lessico
11. Sensata certitudine: è una callida iunctura di difficile resa. Che cosa significa callida iunctura? Sai proporre una traduzione diversa da quella che ti è stata proposta? 12. Prêstantiam, novitatem, multitudinem, oculis sono parole di uso comune che si integrano con quelle scientifiche. Quali? 13. L’organum, lo strumento che consente alle cose cosmiche di venire sensui nostro obviam, “incontro alla nostra percezione”, il cannocchiale, è simbolo di quella rivoluzione metodologica che ha al centro la fiducia nella capacità dell’uomo di inspicere, “guardare dentro” alle cose che Dio gli ha donato perché le decifri. In questo Galileo è erede della grande lezione umanistica. Ricerca l’etimologia della parola organum e ricorda che l’inglese Bacone, contemporaneo di Galileo, intitola Novum Organum, la sua opera filosofica che costituisce la base teorica per l’elaborazione del nuovo metodo scientifico sperimentale. 246
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
V1 Isaac Newton Lectiones opticae
La ricerca sulla luce continua! Nel 1669 Newton (1642-1727) viene nominato professore di matematica all’università di Cambridge per studi di ottica. In questa sua prima lezione afferma la necessità di approfondire i principia di questa scienza: le sue analisi porteranno a unificare la teoria della luce, che ancora era considerata incolore, con quella dei colori.
Inventio telescopiorum nupera plerosque geometras ita exercuit ut nihil in Optica non tritum, nullum inventioni praeterea locum reliquisse videantur1. Et insuper, cum Dissertationes, quas hic non ita pridem audivistis, tanta rerum opticarum varietate, novarum copia et accuratissimis earundem demonstrationibus fuerint compositae, frustranei forte videantur conatus et labor inutilis2, si ego scientiam hanc iterum tractandam suscepero. Verum cum geometras in quadam lucis proprietate, quae ad reflectationes spectat, hucusque hallucinantes videam, demonstrationes suas in hypothesi quadam phisyca haud bene stabilita tacite fundantes, non ingratum me facturum3 iudico, si principia scientiae huius examini severiori subjiciam, et, quae ego de iis simul excogitavi, et experientia multiplici habeo comperta4, subnectam iis, quae Reverendus meus Antecessor hic loci postrema dixit. 1. videantur: il soggetto sottinteso sono i plerique geometrae, da intendere come “matematici esperti in geometria”. 2. frustranei… conatus et labor inutilis: sono i soggetti del secondo videantur. Frustaneus, -a, -um è un aggettivo non documentato in età classica e collegato all’avverbio frustra, “in errore, invano”, da tradurre con “vano” (l’espressione va resa
al singolare); videantur è un congiuntivo potenziale: “potrebbe sembrare”. 3. me facturum: sottinteso esse; è l’infinitiva retta da iudico. 4. excogitavi e habeo comperta: identificano rispettivamente la scoperta teorica e quella experientia multiplici.
Esercizi di morfo-sintassi 1.
Completa lo specchietto relativamente a queste forme verbali. Per la funzione logica, scegli tra queste possibilità: participio congiunto, nome del predicato, funzione attributiva, predicato verbale con perifrastica passiva.
Modo (e tempo)
Caso, genere, numero
Funzione logica
tritum compositae tractandas (esse) fundantes
2.
V2 De revolutionibus orbium coelestium
Classifica le seguenti proposizioni: ut .... videantur / quas .... audivistis / cum..... fuerint / si .... subjiciam.
Qual è il dovere di uno scienziato? L’astronomo polacco Njkolaj Kopernik (1473-1543), consapevole che la dimostrazione della sua teoria sarebbe stata accolta con ostilità, scrive al papa Paolo III questa lettera, che costituisce la prefazione della sua opera.
AD SANCTISSIMUM DOMINUM PAULUM III, PONTIFICEM MAXIMUM. Satis equidem, Sanctissime Pater, æstimare possum futurum esse ut simul atque quidam acceperint, me hisce meis libris, quos de Revolutionibus sphærarum mundi scripsi, terræ globo tribuere quosdam motus, statim me explodendum cum tali Il latino della scienza © Casa Editrice G. Principato
247
opinione clamitentque enim ita mihi mea placent, ut non perpendam, quid alii de illis iudicaturi sint1. Et quamvis sciam hominis philosophi cogitationes esse remotas a iudicio vulgi, propterea quod illius studium sit2 veritatem omnibus in rebus, quatenus id a Deo rationi humanæ permissum est, inquirere, tamen alienas prorsus a rectitudine opiniones fugiendas censeo. Itaque cum mecum ipse cogitarem, quam absurdum ἀκρόαμα3 existimaturi essent illi, qui multorum seculorum iudiciis hanc opinionem confirmatam norunt4, quod terra immobilis in medio cœli, tanquam centrum illius posita sit, si ego contra assererem terram moveri, diu mecum hæsi, an meos commentarios in eius motus demonstrationem conscriptos in lucem darem, an vero satius esset, Pythagoreorum et quorundam aliorum sequi exemplum, qui non per literas, sed per manus5 tradere soliti sunt mysteria philosophiæ propinquis et amicis duntaxat. 1. Satis… sint: per tradurre il primo periodo è necessario individuare le diverse proposizioni dipendenti dalla principale, possum aestimare, e renderle in italiano risolvendo qualche subordinata in coordinata: ut regge la complementare diretta con clamitent che, a sua volta, regge un’infinitiva (me explodendum esse) e la temporale con acceperint che a sua volta regge l’infinitiva con me tribuere. Da questa infinitiva dipende la relativa con
quos. -que enim ita mihi mea placent, ut non perpendam, quid alii de illis iudicaturi sint costituisce un altro periodo. 2. sit: il soggetto è veritatem inquirere. 3. ἀκρόαμα: in greco, “discorso”. 4. norunt: sta per noverunt. 5. non per literas, sed per manus: “non per iscritto, ma oralmente”.
Esercizi di comprensione 1.
Il De revolutionibus orbium coelestium fu pubblicato il 24 maggio 1543, proprio il giorno della morte dell’autore. Copernico lavorò all’opera per molti anni, ma fu molto tormentato rispetto alla possibilità di darla alle stampe come rivela lo stesso testo tradotto. Spiega il motivo di questa incertezza.
2.
Confronta questo testo con quello di Galileo e schematizza i pochi elementi di somiglianza e i molti di diversità a cominciare dallo stile.
NON SOLO LATINO Nomenclatura scientifica e latina Il nomenclator nell’antica Roma era uno schiavo con il compito di ricordare al suo proprietario il nome dei dignitari che gli si avvicinavano durante cerimonie o feste ufficiali. In tempi recenti, da nomenclator, “colui che rende chiaro un nome”, è derivata la parola “nomenclatura”, il complesso sistematico dei nomi di una certa disciplina o di un determinato settore. La
248
nomenclatura delle specie viventi, dovuta al naturalista svedese Carlo Linneo (1707-1778), deriva principalmente dal latino. Studia la biografia, la personalità e l’opera di Linneo con attenzione alla sua formazione umanista e scrivi un breve saggio che rifletta su come la lingua latina sia stata e per certi è ancora lingua della scienza, soppiantata oggi dall’inglese nei consessi internazionali.
Gli autori © Casa Editrice G. Principato
PROVA DI CERTIFICAZIONE LINGUISTICA LATINA Livello A Summarium
Euclides, Megaris civis, tantum audire Socratem Athenis studebat ut in urbem nocte pedem inferret, tunica longa muliebri indutus, non curans poenam capitis quae Athenienses, odio finitimorum Megarensium, decretaverant: is vitam periclitabatur quod philosophiam amabat. In Gellii temporibus philosophi currunt ad fores iuvenum ut doceant eosdem qui ad meridiem dormiunt et discere nolunt.
Euclide di Megara
5
10
Decreto suo Athenienses caverant, ut, qui Megaris civis esset, si intulisse Athenas pedem prensus esset, ut ea res ei homini capitalis esset; tanto Athenienses odio flagrabant finitimorum hominum Megarensium. Tum Euclides, qui indidem Megaris erat quique ante id decretum et esse Athenis et audire Socratem consueverat, postquam id decretum sanxerunt, sub noctem, cum advesperasceret, tunica longa muliebri indutus et pallio versicolore amictus et caput rica velatus e domo sua Megaris Athenas ad Socratem commeabat, ut vel noctis aliquo tempore consiliorum sermonumque eius fieret particeps, rursusque sub lucem milia passuum paulo amplius viginti eadem veste illa tectus redibat. At nunc videre est philosophos ultro currere, ut doceant, ad fores iuvenum divitum eosque ibi sedere atque opperiri ad meridiem, donec discipuli nocturnum omne vinum edormiant. Aulo Gellio, Noctes Atticae
Prova di certificazione linguistica © Casa Editrice G. Principato
249
PROVA DI CERTIFICAZIONE LINGUISTICA LATINA 1 Nella parafrasi proposta sono omesse otto parole: individuale tra quelle elencate nella tabella e inserisci il numero corrispondente nel testo, ove è lasciato lo spazio vuoto: Athenienses sanxerunt ut Megarenses non possent inferre Athenas quod
vicinos homines
Megarenses. Quivis Megaris civis Athenis inventus damnandus est capitis. Tum philosophus Euclides, qui consueverat ante id
ire Athenas ut audiret Socratis sermones, cepit callidum
consilium: sub noctem, cum umbrae omnia
, muliebriter indutus, ingrediebatur Athenas e
domo …. Megaris et rursus sub lucem percurrebat paulo amplius viginti milia passuum ut in suam urbem, feminae eadem veste tectus,
Qui in mortis periculo versabatur quod ei Socratis
philosophia esse maioris momenti quam vita videbatur. Ubi Gellius hanc fabulam scribit, non permanet idem priscus
amor: Romae iuvenes divites
multum vinum nocte bibunt et eis non libet ex somno excitari mane ad discendam philosophiam magistris suis. Philosophi eunt
discipulorum ultro et opperiuntur eos velle audire
sermones cum vinum edormiverint. 1. suos 2. Socratem 3. rediret 4. domum
2
5. sua 6. tegerent 7. eorum 8. eius
9. urbem 10. domi 11. redisset 12. amant
13. oderant 14. decretum 15. vivant 16. philosophiae
Leggi le seguenti affermazioni e indica se sono vere o false, segnando la risposta a fianco.
1. Athenienses oderunt Megarenses qui erant eis remoti 2. Atheniense decretum fuit dura lex 3. Euclides, Megaris civis, solebat ire Athenas ad audiendum Socratem ante id decretum 4. Euclides malebat exire nocte quod amabat tenebras 5. Socrates Megarensis philosophus erat 6. Euclides sibi vestem muliebrem induebat ne inveniretur 7. Megara distat plus quam viginti milia passuum ab Athenis 8. Euclides redibat in suam urbem meridie 9. Romani iuvenes divites libenter audiunt philosophorum sermones 10. Magistri debent opperiri discipulos fessos vino nocturno
3 Leggi le domande e scegli la risposta corretta tra quelle proposte. 1. Cur Athenienses decretaverunt contra Megarenses? a. odio remotorum hominum b. amore Socratis c. odio proximae urbis d. amore Euclidis 2. Quae poena petita est a Athenienbus contra Megarenses? a. capitis b. exsilium c. decretum d. calces pedibus
250
Prova di certificazione linguistica © Casa Editrice G. Principato
V|F V|F V|F V|F V|F V|F V|F V|F V|F V|F
3. Cur Euclides volebat ire Athenas? a. quod erat civis Megaris b. quod amabat induere veste muliebri c. quod volebat fieri particeps Socratis consiliorum d. quod malebat se moveri 4. Cur Euclides induebat tunica longa, pallio versicolore, rica? a. quod volebat se occultare b. quod nox tegebat eum c. quod erat inter mulieres d. quod Socrates iubebat id 5. Quando Euclides redibat in suam urbem? a. post viginti milia passuum b. sub lucem, ante solem c. sub lucem, cum dies erat clarus d. cum advesperasceret 6. Cur Gellius indicat Athenas distare viginti milia passuum? a. quod Gellius certiores facit nos de propinquitate duarum urbium b. quod Gellius vult laudare Euclidem c. quod Gellius erat geographus d. quod Euclides vivebat Athenis 7. Quomodo iuvenes divites Romani student philosophiam? a. ii philosophiam non student b. mane cum magistris c. post meridiem cum magistris d. magno cum fructu
4 Trasforma le proposizioni, seguendo il modello suggerito. 1. Tum Euclides, qui ante id decretum et esse Athenis et audire Socratem consueverat… Cum Euclides ante id decretum et esse Athenis et audire Socratem 2. Postquam id decretum sanxerunt, sub noctem e domo sua Megaris Athenas ad Socratem commeabat. Cum id decretum , sub noctem dicunt eum 3. At nunc videre est philosophos ultro currere, ut doceant, ad fores iuvenum divitum. At nunc videre est philosophos ultro currere ad iuvenes divites domi.
5 Scegli la riposta esatta tra quelle proposte, compilando la tabella sottostante e considerando attentamente il contesto. 1. Suo è usato come a. pronome possessivo singolare b. aggettivo possessivo con significato plurale c. aggettivo personale singolare d. pronome possessivo plurale 2. Prensus esset è a. congiuntivo imperfetto passivo b. congiuntivo piuccheperfetto passivo c. congiuntivo imperfetto di un verbo deponente d. congiuntivo perfetto di un verbo deponente Prova di certificazione linguistica © Casa Editrice G. Principato
251
PROVA DI CERTIFICAZIONE LINGUISTICA LATINA 3. Ut ... esset è a. finale b. consecutiva c. completiva d. temporale 4. Ei homini è a. un dativo di possesso b. un dativo di fine c. un dativo di svantaggio d. un complemento di termine 5. Caput rica velatus a. è un complemento di mezzo b. caput è un accusativo alla greca c. velatus è un participio passato di un verbo deponente d. rica è un accusativo di relazione 6. Cum advesperasceret è il costrutto del cum con congiuntivo a. esprime contemporaneità con un verbo passato della principale b. esprime anteriorità con un verbo passato della principale c. esprime contemporaneità con un verbo presente o futuro della principale d. esprime anteriorità con un verbo passato della principale 7. Ut vel noctis … particeps è a. una finale b. una consecutiva c. una completiva d. una comparativa 8. Fieret è l’imperfetto congiuntivo del verbo fio che è a. deponente b. difettivo c. impersonale d. atematico o irregolare 9. Particeps è a. avverbio b. nome del predicato c. complemento di modo d. complemento predicativo del soggetto 10. Viginti passuum: a. viginti è un numerale cardinale indeclinabile b. passuum è concordato con viginti c. viginti è un numerale ordinale declinato al genitivo d. passuum è un genitivo di qualità 11. Tectus a. concorda con un soggetto sottinteso b. è un sostantivo della seconda declinazione c. è costruito con l’ablativo strumentale d. è un participio di un verbo deponente.
1
252
2
3
4
5
6
Prova di certificazione linguistica © Casa Editrice G. Principato
7
8
9
10
11
PROVA DI CERTIFICAZIONE LINGUISTICA LATINA Livello B1 Summarium
Menenius Agrippa, facundus orator, plebeio ordine natus, acuto sermone plebis iram in patres flexit: plebis seditio terminavit quod Menenius Agrippa demonstravit ut civitas esset sicut corpus humanum quod valet dummodo suae omnes partes intersint in communi salute.
Menenio Agrippa
5
10
Placuit igitur oratorem ad plebem mitti Menenium Agrippam, facundum virum et quod inde oriundus erat plebi carum. Is intromissus in castra prisco illo dicendi et horrido modo nihil aliud quam hoc narrasse fertur: tempore quo in homine non ut nunc omnia in unum consentiant, sed singulis membris suum cuique consilium, suus sermo fuerit, indignatas reliquas partes sua cura, suo labore ac ministerio ventri omnia quaeri, ventrem in medio quietum nihil aliud quam datis voluptatibus frui; conspirasse inde ne manus ad os cibum ferrent, nec os acciperet datum, nec dentes quae acciperent conficerent. Hac ira, dum ventrem fame domare vellent, ipsa una membra totumque corpus ad extremam tabem venisse. Inde apparuisse ventris quoque haud segne ministerium esse, nec magis ali quam alere eum, reddentem in omnes corporis partes hunc quo vivimus vigemusque, divisum pariter in venas maturum confecto cibo sanguinem. Comparando hinc quam intestina corporis seditio similis esset irae plebis in patres, flexisse mentes hominum. (da Livio, Ab urbe condita, II, 32)
Prova di certificazione linguistica © Casa Editrice G. Principato
253
PROVA DI CERTIFICAZIONE LINGUISTICA LATINA 1 Nella parafrasi proposta sono omesse otto parole: individuale tra quelle elencate nella tabella e inserisci il numero corrispondente nel testo, ove è lasciato lo spazio vuoto. Senatus consulem Menenium Agrippam misit ad castra ubi plebs a patribus
Menenius aptus
ad illam legationem esse videbatur quod facundus orator et plebi carus esset: a plebe oriundus, utebatur sermone sincero, facili, rapido. Dicunt hoc
optime ad suadendam plebem ne
protraheret seditionem: ubi in homine nondum corporis singulae partes consentiebant, sed singulariter agebant,
a corporis reliquis partibus accusatus est quod in medio staret quietus
sine labore fruendo aliorum operis. Manus, os, dentes contra ventrem ira conspiraverunt: manus non ferebat cibum ad os,
non eum accipiebat. Dentes non manducabant. Exitus inopinatus
fuit: fames non solum ventrem extremam tabem venit. Hic
, sed etiam singulas partes usque adeo totum corpus ad corporis morbus demonstravit ventris officium esse nec magis
cibum accipere quam eum distribuere: vivimus et vigemus maturo sanguine captato ex nutrimento et diviso pariter in venas. Venter habet ministerium simile plebi. Haec fabula narrat 1. totius 2. secesserunt 3. narravisse 4. domuit
2
et corporis aliae partes simile
auxilium esse necessarium ad vivendum salubriter. 5. venter 6. quod 7. domaret 8. patribus
9. toti 10. secesserat 11. capitem 12. narrare
13. mutuum 14. sanguinem 15. qui 16. plebi
Leggi le affermazioni e indica se sono vere o false, segnando la risposta a fianco.
1. Menenius Agrippa ivit ad plebis castra sine mandato 2. Menenius erat orator dicendi bonus 3. Plebs non amabat Menenium quod erat horridus 4. Menenius exitum felicem obtinuit 5. Fabula narrat humanum corpus humanae civitatis speculum esse 6. In fabula venter esse inimicus corporis reliquis partibus videtur 7. Ira contra ventrem nascitur ex iustis argumentis 8. Venter non solum nutrimentum accipit, sed etiam distribuit eum sanguine 9. In fabula intestina seditio plebis seditioni similis est 10. Fabula demonstrat ventrem vivere posse sine aliis partibus quod est in medio
3 Leggi le domande e scegli la risposta corretta tra quelle proposte. 1. Cur Menenius Agrippa eligitur a Senato ad hoc ministerium? a. est notus pater b. cognoscit plebis castra c. existimatur a plebe d. est elegans orator 2. Ubi Menenius habet suum sermonem? a. in castris plebis b. in Senato c. mane coram plebem d. Livius non scripsit locum
254
Prova di certificazione linguistica © Casa Editrice G. Principato
V|F V|F V|F V|F V|F V|F V|F V|F V|F V|F
3. In fabula a. corporis partes intersunt sine problema in communi salute b. venter est caput intestinae seditionis c. intestina seditio est contra ventrem d. aliae partes corporis sunt contra caput 4. Qui affectus movunt partes corporis contra ventrem? a. voluptas et gaudium b. ira et indignatio c. cura et labor d. fames 5. Quem exitum intestina seditio obtinuit? a. victoria b. morbus mortalis c. aequatio d. mors 6. Quod est officium ventris? a. ali et alere b. minus alere quam ali c. plus alere quam ali d. ali et non alere 7. In fabula corporis salus est a. excellentia ventris b. manus, os, dentes contra ventrem c. pax et auxilium inter corporis partes d. extrema tabes 8. Cur haec fabula flexit humanas mentes? a. est mire ornata b. discit ut necessarium sit omnium auxilio uti c. Menenius tetigit cordem plebis mollibus verbis d. plebs intellegit solum sermonem de corpore.
4
Trasforma le proposizioni, seguendo il modello suggerito.
1. (Narrant) indignatas reliquas partes sua cura, suo labore ac ministerio ventri omnia quaeri. (Narrant) indignatas (esse) reliquas partes quod sua cura, suo labore ac ministerio ventri omnia 2. (Narrant) conspirasse inde ne manus ad os cibum ferrent, nec os acciperet datum, nec dentes quae acciperent conficerent. Manus, os, dentes conspiraverunt: manus ad os cibum non , os non datum, nec dentes quae . 3. Comparando hinc quam intestina corporis seditio similis esset irae plebis in patres. Plebs intellexit intestinam corporis esse irae plebis in patres.
5 Scegli la riposta esatta tra quelle proposte, compilando la tabella sottostante e considerando attentamente il contesto. 1. Oratorem è a. complemento oggetto b. complemento predicativo del soggetto dell’infinitiva c. soggetto di un’infinitiva d. accusativo di relazione Prova di certificazione linguistica © Casa Editrice G. Principato
255
PROVA DI CERTIFICAZIONE LINGUISTICA LATINA 2. Intromissus è a. participio congiunto a un soggetto sottinteso b. participio congiunto a un soggetto espresso c. aggettivo d. proposizione completiva implicita 3. Dicendi è a. un genitivo del gerundio b. un genitivo del gerundivo c. un genitivo di un nome della seconda d. una locuzione 4. Narrasse a. è un solecismo b. è una forma sincopata per narravisse c. è un infinito passato passivo d. ha come soggetto quam 5. Fertur a. è un verbo difettivo b. ha costruzione impersonale c. ha un soggetto sottinteso d. ha costruzione personale 6. Il testo, dopo fertur, è costruito a. in modalità mista: discorso diretto e indiretto b. secondo la consueta modalità narrativa c. secondo la modalità dell’oratio obliqua d. secondo la modalità del discorso diretto 7. Singulis membris è a. dativo di termine b. ablativo di mezzo c. ablativo di modo d. dativo di possesso 8. In sua cura, sua si riferisce a. al ventre b. alle singole parti del corpo c. a tutto il corpo d. a niente di questo 9. Haud è a. preposizione b. corrispettivo di sic c. sostantivo indeclinabile d. avverbio negativo 10. Confecto cibo a. ablativo assoluto b. espressione idiomatica c. participio congiunto a compl. di mezzo d. compl. di mezzo con aggettivo.
1
256
2
3
4
5
Prova di certificazione linguistica © Casa Editrice G. Principato
6
7
8
9
10