Renzo Piano
Ho passato la quarantena nella mia casa di Parigi, due mesi e mezzo di confinement, praticamente chiuso in casa, come tutti. Guardavo fuori dalla finestra e vedevo una città vuota, ferita. Dalla mia finestra si vede il Beaubourg, che naturalmente era vuoto. La mia carriera al 90% è fatta di edifici pubblici: ho costruito scuole, biblioteche, musei, teatri, sale da concerto, università… pensavo a tutti questi edifici, alla Fondazione Beyeler a Basilea, al Whitney di New York, a tutti questi edifici pubblici vuoti, una tristezza enorme. E inoltre vedevo anche che la città stessa era vuota. Io credo nella città, credo nel valore della città, nella città come luogo di incontro. I luoghi iconici della città sono le piazze, le strade, i ponti. Da casa mia intravvedevo i ponti, ma anche i ponti di Parigi erano vuoti. Questo virus, così cattivo, così diabolico, così perverso, riesce in una cosa che è esattamente l’opposto di quello che noi come architetti cerchiamo di fare: fare incontrare la gente. Proprio 131