V5 Seneca
Le sventure sono occasioni di virtù Le disgrazie che toccano agli uomini sono occasioni per mettere in evidenza la loro virtù, perciò gli dei le inviano proprio agli uomini di cui vogliono potenziare il valore.
PREREQUISITI prop. relativa, interrogativa diretta, indiretta, concessiva, periodo ipotetico
Militares viri gloriantur vulneribus, laeti fluentem e lorica suum sanguinem ostentant: idem licet fecerint qui integri revertuntur ex acie, magis spectatur qui saucius redit. Ipsis, inquam, deus consulit quos esse quam honestissimos cupit, quotiens illis materiam praebet aliquid animose fortiterque faciendi, ad quam rem opus est aliqua rerum difficultate: gubernatorem in tempestate, in acie militem intellegas. Unde possum scire quantum adversus paupertatem tibi animi sit, si divitiis diffluis? Unde possum scire quantum adversus ignominiam et infamiam odiumque populare constantiae habeas, si inter plausus senescis, si te inexpugnabilis et inclinatione quadam mentium pronus favor sequitur?
PAROLE di IERI, PAROLE di OGGI Limiti e confini Nel passo di Cicerone con cui si apre questo capitolo abbiamo visto ricorrere alcuni termini con i qual sono definiti i confini e il limite: fines e il verbo termino. Il termine fines, pluralia tantum, indica sia il territorio che i confini di esso, a seconda che lo si consideri nella sua estensione o nella sua delimitazione geografica e politica. Il verbo terminare indica, nel suo primo significato, proprio “delimitare i confini” e termini sono i cippi di confine che si trovano lungo le proprietà terriere, oltre che, in senso traslato il limite oltre il quale non si può andare. Terminus era in origine un epiteto di Giove, inteso come garante del diritto, e divenne successivamente la divinità tutelare dei confini e dei limiti territoriali dei poderi, cui era dedicata una cappella nel tempio di Giove Ottimo massimo sul Campidoglio. Il termine “limite”, invece, deriva da limes, che appunto segna, come in italiano, la soglia che non si può oltrepassare, quindi il confine inteso in senso geografico, oltre che in senso figurato. Il limes che, per eccellenza, definiva i fines romani, era il pomerium, un solco tracciato con l’aratro che delimitava il cuore della città, e oltre il quale non era lecito portare
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armi. La tradizione narra che Remo fu ucciso da Romolo per avere oltrepassato il pomerio, profanandone la sacralità, che era sancita da riti ben precisi, la cui istituzione sembra adombrata proprio in questo episodio. Probabilmente il pomerio era costituito da due cerchi paralleli, all’interno dei quali si trovava una striscia di terra “franca”, sulla quale potevano essere edificate le mura. In effetti, il primo pomerio di Roma sembra coincidere con le mura serviane, attribuite a Servio Tullio. Fu Silla ad allargare il pomerio di Roma, con lo spostamento di esso fino al Rubicone, il fiume che Cesare varcò quando iniziò la guerra civile: oltrepassando, appunto, il pomerio con l’esercito. Gli storici impiegano le espressioni terminus ante quem e post quem per indicare la data prima o dopo la quale si può definire un fenomeno storico, impiegando in senso temporale un’espressione che ha originariamente lo scopo di delimitare uno spazio. Osserva inoltre l’uso di terminal, come aggettivo sostantivato tratto dall’inglese per indicare il punto d’arrivo di un viaggio aereo: sostanzialmente la “stazione” dove si concludono i voli. Un’ ultima osservazione riguarda l’uso linguistico di termine: esso è ciò che determina il significato di una parola e in questa accezione sembra l’uso più vicino all’originale latino.
Sintassi verbo e periodo © Casa Editrice G. Principato