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Bolzano, un altro Passo delle Palade e Bolzano, un altro in giro per Merano e alla fine ritorno a Vicenza: ero andato per il Passo della Fricca, tornavo per la Valsugana. A pensarci ora fu poco meno di una pazzia. Ma quello che ancora ricordo per la sofferenza è la mia prima visita a Venezia, quando avevo da poco la bici. Non è lontana da Vicenza, pensavo: una trentina di Km e sono a Padova, più o meno altrettanti e sono a Venezia. Semplicissimo. Allora non c’erano contachilometri elettronici, non avevo idea della mia velocità di crociera, non sapevo quanta strada potevo fare e in quanto tempo: un’occhiata alla carta stradale di mio padre, un calcolo approssimativo della distanza e considerato che i corridori ciclisti facevano molta più strada in tempi ragionevoli ho pensato che se per loro era facilissimo per me non doveva essere impossibile. Salito in bici e via, calzoncini corti e maglietta di tutti i giorni, cento lire in tasca. Arrivo a Venezia nel tempo che mi è voluto e comincio a girare per la città, in bici (non sapevo che fosse vietato). Forse non siamo in molti ad averlo fatto, escludendo i ciclisti che vi sono giunti in un giro d’Italia. Dopo avere girato un bel po’ per Venezia penso sia ora di tornare a casa. Ovviamente non sapevo quale strada avevo fatto e non avevo cartina, così un po’ a naso prendevo una via, poi un’altra e poi mi trovavo davanti un canale: frenata, dietro front e di nuovo strada, stradina, canale. Finalmente mi decido di chiedere a qualcuno la via per andare a Padova, per tornare a Vicenza: e mi dicono che devo andare a Piazzale Roma, passare il