Niccolò di Segna e suo fratello Francesco
15. Niccolò di Segna
Madonna col Bambino Chiusdino, Museo Civico e Diocesano d’Arte Sacra di San Galgano 1336 Tempera e oro su tavola Cm 102 x 74 Provenienza: Chiusdino, Rotonda di San Galgano a Montesiepi; Chiusdino, cappella dei conti Spalletti Frosini (1924-1934); Chiusdino, San Michele Arcangelo. Iscrizioni: “AVE MARIA GRATIA PLENA DOMINUS TECUM”, in basso.
Una testimonianza del 1645 di Antonio Libanori, abate di San Galgano nel 1641-1642, ricorda sull’altare della sacrestia della Rotonda di Montesiepi un dipinto con funzione di armadio per vesti e suppellettili liturgiche. Il religioso descrive una Crocifissione, San Galgano e San Michele Arcangelo e la Madonna col Bambino sullo sportello dell’armadio al centro. Il complesso era rifinito da una predella con le figure degli Apostoli, su cui si trovava la firma “Nicolaus Segre”; la data 1336 e il nome del committente, Ristoro da Selvatella, erano riportati in un’iscrizione “nella cornice del Crocifisso di mezzo”1. Di questo complesso nel 1862 non restava che la Madonna col Bambino, ricordata da Francesco Brogi nel “coretto” della chiesa di Montesiepi2; successivamente, nel 1910, la tavola è citata “in cornu epistolae, sopra una mensola di fianco all’altare della chiesa”3. Si deve a Pèleo Bacci l’identificazione della Madonna col Bambino citata dal Libanori con la tavola qui schedata4, che da quel momento costituisce uno dei cardini su cui la critica ha cercato negli anni di ricostruire il corpus di Niccolò di Segna5, al cui nome corrisponde la versione corrotta della firma riportata dal Libanori6. Prima di allora l’opera era stata assegnata da Brogi alla cerchia di Barna7 e da Berenson a Segna di Bonaventura8. Dalle notizie collazionate da Bacci risulta che nel 1924 la tavola fu trasferita per motivi di sicurezza nella vicina cappella della tenuta dei conti Spalletti Frosini (già Niccolini)9, da dove fu prelevata il 15 novembre 1934 dalla Soprintendenza di Siena per provvedere a un restauro, più volte sollecitato, che ponesse rimedio al degrado dell’opera segnalato a partire dall’intervento di Brogi10. Secondo la testimonianza di Bacci la tavola era notevolmente tarlata, la tela dell’incamottatura
1 Libanori 1645, p. 130. “Anche nella Sagrestia della Cappella sul Monte Siepi vi è un’Altare, nella cui tavola a oro vi è dipinto un Crocifisso, l’Angelo Michele, e S. Galgano, e nel gradino di lei alcuni degli Apostoli. Serve questa tavola al di dietro per Armario di riporvi i paramenti dell’Altare, e Messa, e’l Quadro di mezzo si apre verso la porta, e vi è dipinto l’Immagine della Regina del Cielo con Giesù nelle braccia, pittura molto bella, antica, e divota. Questa Tavola, e Sagrestia a spese proprie fece fare un tale da Selvatella, come dimostrano le seguenti parole a oro poste nella Cornice del Crocifisso di mezzo: ‘Questa tavola, con la Cappella fece fare ristoro da Selvatella, MCCCXXXVI’. La pittura è assai bella, e molto artifiziosa, fù d’un tale, che vi pose il suo nome nel gradino della Tavola: ‘Nicolaus Segre me pinxit’”. 2 Brogi 1897, p. 128. 3 SABAP-Si, Archivio, Catalogo generale ms. degli Oggetti d’Arte, 5 febbraio 1910. La notizia è fornita da don Alessandro Movilli. 4 Bacci 1935, pp. 1-13. 5 La critica concorda unanimemente con l’attribuzione di Bacci: cfr. bibliografia specifica. Tuttavia Ladis e Schmidt, come già Rowley, che identificava erroneamente la Madonna col Bambino con quella allora in collezione Platt (Rowley 1929, pp. 107-127), hanno creduto che la pala citata da Libanori fosse dispersa e non identificata: Ladis 1992, p. 198 nota 3; Schmidt 1992, p. 136. 6 Già Rowley (1927, ibidem) aveva, seppur con qualche incertezza, arguito che il nome “Segre” fosse una cattiva trascrizione di “Segne”. 7 Brogi 1897, ibidem. 8 Berenson 1932, p. 524. 9 Prima del trasferimento la tavola era stata per un certo periodo riposta in una cassa (Bacci 1935, p. 6). 10 Brogi 1897, ibidem. SABAP-Si, Archivio, Catalogo generale ms. degli Oggetti d’Arte, 5 febbraio 1910. De Nicola 1911, p. 437. Cfr. Bacci 1935, pp. 5-6 per altre citazioni del genere fino al 1924, tra cui quella di Corrado Ricci in una lettera del settembre 1914 (SABAP-Si, Archivio, pos. H-113: cfr. Bagnoli, in Ambrogio 2017, pp. 228-231, cat. 16).
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