Niccolò di Segna e suo fratello Francesco
7. Niccolò di Segna
Croce Bibbiena, propositura dei Santi Ippolito e Donato 1325-1330 ca. Tempera, oro e argento su tavola Cm 190 x 185 Provenienza: Bibbiena, Sant’Andrea a Lontrina; Bibbiena, San Lorenzo.
A fronte di una struttura discretamente conservata, priva dei soli elementi del clipeo apicale e del golgota nel suppedaneo, oltre che della cornice originale, la superficie pittorica della Croce risulta compromessa da svelature e lacune. Come emerso dalle indagini per il restauro effettuato da Andrea Rothe a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, la Croce fu sottoposta in passato a puliture aggressive che hanno abraso il colore fino a far emergere la preparazione a verdaccio degli incarnati1. Dell’originario blu di lapislazzuli della croce sono state trovate solo alcune tracce sulla preparazione nera, che adesso è preponderante, e poco resta anche dell’argento che decorava le geometrie del tabellone (fig. 84). L’opera è ricordata nel XIX secolo nella chiesa del monastero camaldolese femminile di Sant’Andrea a Lontrina, poco fuori Bibbiena. Da qui la Croce venne trasferita verso la fine del secolo, quando la chiesa fu sconsacrata, in quella del convento francescano di San Lorenzo della stessa città2 e successivamente, negli anni Ottanta del secolo scorso, è giunta nella propositura dei Santi Ippolito e Donato, dov’è attualmente conservata. Non se ne conosce la collocazione originaria, che non è probabilmente da individuare nel monastero extra moenia di Lontrina, disabitato dall’epoca della battaglia di Campaldino (1289) fino al 1361, quando le camaldolesi rientrarono a Bibbiena da Firenze, dove si erano trasferite nel monastero di Sant’Agata in via San Gallo3. È legittimo dunque chiedersi se l’opera non possa provenire dal capoluogo toscano, dove Niccolò si trovava probabilmente al seguito di Ugolino di Nerio verso la metà del terzo decennio del Trecento (secondo l’ipotesi espressa in questo volume)4. Raimond van Marle ha proposto di attribuire l’opera a un artista molto vicino a Segna di Bonaventura, accostandola alle Croci di San Francesco a Pienza e n. 21 della Pinacoteca Nazionale di Siena e ad altre opere ad esse affini5, confluite poi nel corpus del cosiddetto Maestro di San Polo in Rosso, riunito da Enzo Carli nel 1955 attorno alla Croce proveniente dalla chiesa chiantigiana eponima (ora in Pinacoteca a Siena). Al catalogo di questo anonimo lo studioso accostava, sulla scorta di van Marle, anche la Croce di Bibbiena6. Con questa attribuzione Anna Maria Maetzke presentava l’opera restaurata nel 1974, sottolineandone l’affinità con la Croce del Museo della Collegiata di San Giovanni Battista di Chianciano (fig. 30), con la quale avrebbe rappresentato la fase più antica dell’attività di questo pittore, insieme anche alla Croce n. 21 (fig. 64) e a quella di San Polo7. L’accostamento all’anonimo viene riproposto nel 2000
1 Maetzke, in Arte nell’Aretino 1974, pp. 39-41. In occasione di questo restauro si è provveduto al consolidamento del supporto, fortemente aggredito dai tarli; i tabelloni a stella dei Dolenti sono stati reintegrati della cuspide laterale, perduta in entrambi i casi; sono state rimosse antiche ridipinture in corrispondenza degli spacchi nei tabelloni laterali e alla base del collo del Cristo e sono stati effettuati una generale pulitura e un leggero restauro pittorico a velature. 2 Niccolini [1966], p. 103. L’autore vede la Croce nella sacrestia di San Lorenzo. Ancora presso questa chiesa la cita Stubblebine nel 1979 (I, p. 154). 3 Chiodo 2005, p. 69 nota 47. Per il trasferimento nel monastero di Sant’Agata si veda Benvenuti Papi 1990, pp. 605-606 nota 47. 4 Cfr. infra §3. 5 Van Marle 1926, p. 6. Così anche Berenson 1968, I, p. 392. 6 Carli 1955a, p. 58. L’affinità con tra la Croce di Bibbiena e quella da San Polo in Rosso era già stata segnalata da Salmi 1951, p. 169 nota 2. 7 Maetzke, in Arte nell’Aretino 1974, ibidem.
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