Atlante delle Guerre - terza edizione

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Speciale svolta Islam Roberto Zichittella UNHCR/A. Duclos

Quanto ha pesato, nel successo delle rivoluzione arabe in Tunisia e in Egitto, il ruolo di social network come Facebook e Twitter? Ha davvero senso parlare di “Rivoluzione Facebook” per definire le rivolte che nello spazio di poche settimane hanno scalzato dal potere personaggi come Ben Ali e Mubarak? La sensazione è che si sia esagerato nell’enfatizzare il ruolo avuto dai social network. Indubbiamente Facebook, Twitter, gli sms, i blog, i filmati fatti girare su YouTube hanno aiutato a far circolare le informazioni e a mettere in comunicazione fra di loro i protagonisti della rivolta. Tuttavia, a Tunisi così come al Cairo, i regimi sono caduti soprattutto dopo giorni di piazze piene, di barricate, di scontri nelle strade e purtroppo dopo decine e decine di morti. Le rivoluzioni, insomma, sono state di carne, ossa e sangue. Come è sempre accaduto. Anche prima che ci fosse internet, fin dalla rivoluzione francese. Interessante, a questo proposito, l’analisi del politologo egiziano Adel Rifaat, riportata dall’Osservatorio geostrategico dell’informazione. “La rivoluzione”, dice Rifaat, “è prima di tutto il desiderio di libertà del popolo egiziano e la perdita totale di legittimità da parte del potere di Mubarak. Facebook e Twitter hanno giocato un ruolo importante per accendere la miccia, poi si è aggiunta Al Jazeera una volta che la fiamma era stata accesa. Ma non si devono confondere gli attori politici e i mezzi tecnici a loro disposizione. Se milioni di cuori e di spiriti non fossero stati pronti a rispondere all’appello dei giovani blogger, non sarebbe accaduto nulla”. È più o meno la stessa opinione di Mark Zuckerberg, l’ideatore di Facebook. Nel maggio del 2011, durante l’e-G8 Forum di Parigi, Zuckerberg ha dichiarato: “Credo che Facebook non sia stato necessario e neppure sufficiente per far accadere questi fatti. È vero che col tempo internet aiuta le persone a comunicare sempre di più in un modo più efficace, ma se non ci fosse stato Facebook ci sarebbe stato anche qualcos’altro”. La conferma che internet non basta lo si è visto in Bahrein, un Paese del Golfo ad alto tasso di penetrazione di internet, simile a quello dei Paesi occidentali. Nonostante questo, qui la rivolta si è spenta. Invece resta inquieto lo Yemen, dove metà della popolazione è analfabeta e gli accessi a internet sono molto limitati.

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Che bello Facebook, ma è stata la piazza a battere i dittatori


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Fonti

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Nel mondo islamico è tempo di cambiamento Amedeo Ricucci

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