Riflessioni sulla guerra Michele Nardelli
«… Oggi siamo alla mancanza del limite e alla caduta della logica, sotto il mito del prodotto interno lordo: che deve crescere sempre, non si sa perché. Procedendo così, la moltiplicazione geometrica non basterà più ed entreremo in un’iperbole… il progresso scorsoio» Andrea Zanzotto
La recente scomparsa di Andrea Zanzotto, grande poeta ma anche attento e critico osservatore della sua terra, ci priva di quel suo sorriso ironico sulle cose della vita che solo chi ha vissuto amandola porta con sé. Con la stessa leggerezza, ci lascia in eredità il monito inquietante che possiamo ritrovare nelle parole di quello che potremmo forse considerare il suo testamento politico, il dialogo con il giornalista Marzio Breda e diventato un libro: “In questo progresso scorsoio”. Ho un nitido ricordo di quel passaggio televisivo in cui ne parlava: “In questo progresso scorsoio – diceva con lo sguardo sornione dei suoi gatti – non so se vengo ingoiato o ingoio”. Il “poeta della natura” poneva così, semplicemente, il tema del limite. Quel limite oltre il quale il futuro diventa incerto, fino ad essere messo in discussione, che ci rincorre fin dentro le nostre esistenze individuali, laddove nelle scelte quotidiane possiamo sperimentare come fra fini e mezzi non ci sia differenza. Oltre il limite, c’è guerra per accaparrasi le risorse, scontro di civiltà per giustificarla, accelerazione nei cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, omologazione e banalizzazione nei consumi, impoverimento dei paesaggi (naturali e della mente), abbandono delle campagne e inurbamento selvaggio, il si salvi chi può nella lotta fra generazioni, la follia di una ricerca funzionale all’inclusione di pochi e all’esclusione di molti. E molto altro ancora… Quell’ultimo mezzo minuto… Quello del limite non è un tema fra gli altri. L’assenza di una cultura della finitezza umana e delle cose che ne accompagnano il cammino ha fatto sì che il mito del progresso diventasse nel tempo proprio un nodo scorsoio che l’umanità si è messa al collo da sola in nome del proprio dominio sulla natura. L’uomo si è pensato in conflitto con la natura o nella posizione di poterla addomesticare piuttosto che in alleanza, “come parte del tutto e non sopra le parti”. Non sempre, per la verità. La parola humanitas nemmeno esisteva nella lingua e nel pensiero dei greci, i quali non hanno mai creduto – a differenza dei romani – che l’uomo fosse l’indiscusso signore dell’universo. Viene in mente quella nota simulazione compiuta da un astronomo che provò a comprimere la storia della Terra lungo i suoi circa 4miliardi e mezzo di anni sulla scala di un solo anno. «…secondo questa simulazione, se a gennaio, su un braccio esterno della Via Lattea, si forma il Sole, a febbraio si forma la Terra, ad aprile i continenti emergono dalle acque, a novembre appare la vegetazione, a Natale si estingue il regno dei grandi rettili, alle 23 del 31 dicembre compare l’uomo di Pechino, a mezzanotte meno dieci l’uomo di Neanderthal, nell’ultimo mezzo minuto si svolge l’intera storia umana conosciuta, nell’ultimo secondo di questo mezzo minuto gli uomini si moltiplicano per tre o quattro volte e consumano quasi tutto quello che si era accumulato nei millenni precedenti…». Penso che nulla meglio di questo gioco possa far comprendere il significato del concetto di limite. Il fatto è che ci siamo affidati alle “magnifiche sorti e progressive”, verso le cui insidie Giacomo Leopardi ammoniva quel “secol superbo e sciocco” che aveva imboccato la strada delirante di un progresso senza limiti. E così, nell’ultimo secolo che da poco ci siamo messi alle spalle, in realtà una frazione di secondo nella nostra simulazione, l’uomo ha saputo e potuto applicare la scienza e la tec-
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La pace nella sobrietà, ovvero la ricerca di un limite al troppo