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Educazione civica
Produzione agroalimentare e sostenibilità: i costi ambientali della produzione alimentare Ogni prodotto alimentare si contraddistingue per un preciso ciclo di vita che comprende la progettazione, la ricerca, lo sviluppo, la selezione e l’acquisto delle materie prime, il loro trasporto e il loro stoccaggio, la produzione vera e propria, l’assemblaggio, la finitura, la distribuzione (logistica e vendita) e il consumo (acquisto e impiego). Oltre a comprendere la gestione e l’organizzazione dell’azienda produttrice e di quella che lo distribuisce, il ciclo di vita include anche la fase di smaltimento, che può portare talora al recupero, al riutilizzo o al riciclaggio. Ogni prodotto che giunge al consumatore segue quindi un percorso ben preciso, durante il quale sono impiegate non solo materie prime, ma anche energia. Ogni prodotto e ogni filiera produttiva portano quindi, sulle proprie spalle, uno zaino ecologico (ecological rucksack), ossia un carico costituito dall’energia e dalle risorse impiegate. Questo indicatore, elaborato dal Wuppertal Institute misura, esprimendolo in chilogrammi, il peso dei consumi riferendosi alle fasi di produzione, trasporto, distribuzione, uso, smaltimento e/o riciclo, quindi all’intero ciclo di vita del prodotto. Il global warming potential Tutte le attività che partecipano alla produzione di prodotti alimentari consumano risorse naturali e producono scarti e rifiuti, in particolare i ben noti gas serra che contribuiscono al surriscaldamento globale. Gli studiosi attribuiscono al settore agroalimentare la produzione di 1/3 delle emissioni totali di gas serra. Tutti i prodotti si caratterizzano infatti per un determinato global warming potential, ossia un potere di riscaldamento globale che corrisponde alla quantità di CO2 equivalente generata dal processo produttivo di riferimento. Parlare di agricoltura o di allevamento significa riferirsi, oltre che alla specifica attività in senso stretto, anche a tutte quelle attività ad essa collegate, per esempio per la produzione delle sostanze (pesticidi, fertilizzanti, mangimi, combustibili) e delle attrezzature impiegate, senza contare l’impiego di risorse naturali (suolo e acqua). L’ecological footprint L’ecological footprint (impronta ambientale) è un indicatore che misura la domanda da parte delle comunità umane nei confronti degli ecosistemi di aree terrestri e marine necessarie per la produzione delle risorse consumate e per l’assorbimento dei rifiuti. In pratica, l’impronta ecologica di un Paese, secondo il WWF (World Wildlife Found), “è costituita dalla somma di tutti i terreni agricoli, i pascoli, le foreste e gli stock ittici necessari a produrre il cibo, le fibre e il legname che il paese consuma, ad assorbire i materiali di scarto che emette nel momento in cui utilizza l’energia e a fornire lo spazio sufficiente per le infrastrutture che realizza”. Dagli studi effettuati, risulta che l’impronta ecologica dell’intera umanità ha ormai superato del 50% la capacità biologica della Terra. In pratica, l’umanità usa le risorse a disposizione molto più in fretta di quanto il pianeta sia in grado di rigenerarle e produce nel contempo molti più scarti e rifiuti di quanti la Terra sia in grado di assorbire.
CLASSE CAPOVOLTA
Il WWF
A casa: visita il sito del WWF (www.wwf.it) e ricava le informazioni principali relative a questa associazione, rispondendo alle domande. Ricorda che la prima fonte di informazioni affidabili è il sito ufficiale dell’associazione stessa. 1 Che cosa significa l’acronimo WWF? 2 Su quali valori e princìpi si basa la missione del WWF? 3 Di che cosa si occupa il WWF? A scuola: relaziona al resto della classe quanto scaturito dalla ricerca.