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PELLICOLE MESSICANE Prendete un paese caldo con la ricchezza di una cultura plurimillenaria. Aggiungete dei colori accesi e il fervore delle feste tradizionali. Non c’è neanche bisogno di aggiungere una goccia di tequila per ottenere quell’atmosfera esplosiva che impregna di sé molti dei film girati in Messico.
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I FIGLI DELLA VIOLENZA (CITTÀ DEL MESSICO)
Luis Buñuel, 1950, Messico
yyLa vicenda si svolge a Città
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del Messico ma potrebbe svolgersi altrove. Le prime immagini del film, delle vedute di New York, Parigi e Londra, associano in maniera stringente lo sviluppo delle grandi città moderne alla miseria dei ‘dimenticati’ che sprofondano nelle loro periferie. Tra il neorealismo che nel cinema italiano denunciava la povertà sociale all’indomani della seconda guerra mondiale e il surrealismo, di cui Luis Buñuel fu il più illustre interprete con pellicole come Un Chien andalou e L’Âge d’or, c’è solo una differenza di prefisso, che il regista spagnolo è riuscito facilmente a cancellare. Cospargendo di immagini oniriche e terrificanti la sua descrizione senza fioriture di una gioventù ridotta al circolo vizioso della criminalità, Buñuel svela la profondità del male provocato negli emarginati, fin dalla loro infanzia, da una società ingiusta. Città del Messico è suddivisa ÌÌ in sedici delegaciónes (distretti
amministrativi), a loro volta ripartite in colonias (quartieri). Buñuel girò gran parte degli esterni nella colonia Roma, dove vissero Fidel Castro, William S. Burroughs, Jack Kerouac e Carlos Fuentes, in particolare nel cuore storico del quartiere chiamato La Romita. È una delle zone della città più ricche di storia, piena di caffè e piazze ombreggiate, edifici neocoloniali e della Belle Époque.
L’ASSASSINIO 389 DI TROTSKY (CITTÀ DEL MESSICO) Joseph Losey, 1972, Francia/Italia/ Gran Bretagna
yyDopo essere stati in Turchia
e Francia, Lev Trotsky e sua moglie trovarono rifugio a Città del Messico, il che però non bastò a far desistere Iosif Stalin dall’intento di far sopprimere il suo rivale più scomodo. Il regista americano Joseph Losey narra gli ultimi tre mesi della vita di Trotsky nella calura messicana affidando il ruolo del rivoluzionario a Richard
Burton e ricostituendo sullo schermo la coppia Romy Schneider/ Alain Delon: il risultato è un glaciale dramma psicologico. Nel film si consumano in realtà ÌÌ due uccisioni. Joseph Losey ha voluto filmare la più importante, quella di Trotsky, nel luogo dove effettivamente avvenne, cioè nella dimora in cui il rivoluzionario passò i quattro anni del suo esilio messicano. Situata nella delegación di Coyoacán, a sud del centro di Città del Messico e non lontano dalla Casa Azul di Frida Kahlo e Diego Rivera, questa casa è oggi un museo che conserva intatto l’ufficio di Trotsky, macabra scena del crimine. La seconda uccisione è quella di un toro, filmata nell’arena di Città del Messico – la più grande del mondo. Per questa scena dalla forte portata simbolica, dove la vera natura del personaggio interpretato da Alain Delon emerge da sotto la maschera, Losey ha ripreso una vera corrida e si è concesso un piccolo anacronismo, dato che la Plaza de Toros è stata inaugurata soltanto nel 1946.