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I GRANDI MONUMENTI SULLO SCHERMO Andare in India e non vedere il Taj Mahal? Impensabile! Fedeli a questo principio, numerosi registi hanno girato scene memorabili intorno a monumenti emblematici. Vi offriamo qui l’occasione di osservarli più da vicino senza le folle di turisti! INDIANA JONES 096 E L’ULTIMA CROCIATA (PETRA, GIORDANIA) Steven Spielberg, 1989, Stati Uniti
yyEsiste forse immagine del
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viaggio più bella di quella di un aereo in volo la cui rotta viene indicata da una linea tratteggiata che avanza su una carta geografica? È l’immagine che ricorre in tutti i film di Indiana Jones e che ha fatto nascere in più di uno spettatore il desiderio di attraversare mari e oceani per scoprire nuove terre. Indiana Jones e l’ultima crociata, la pellicola che doveva concludere la saga, affida non a caso il ruolo del padre dell’archeologo a Sean Connery e prepara un gran finale di avventure e paesaggi epici, all’altezza della posta in gioco. La ricerca del Santo Graal spinge Harrison Ford a scendere nelle catacombe di Venezia e a imitare Tarzan sugli spalti di un castello austriaco per scoprire infine, in fondo alla gola del Sîq, il più famoso tempio intagliato nella roccia di Petra. Non c’è traccia del Santo Graal ÌÌ
all’interno dell’El Khazneh – almeno questo è quanto si dice – ma una sala grande e tre piccole, vuote. La
facciata del più celebre monumento della Giordania merita da sola il viaggio, soprattutto se ammirata al termine di una camminata di una ventina di minuti nella gola del Sîq; Hergé, l’autore delle avventure di Tintin, lo sapeva bene e infatti aveva raffigurato il tempio nell’episodio Coke in stock. A fare da suggestivo sfondo al film di Spielberg è anche la splendida Venezia; la chiesa sotto la quale si trova la tomba del cavaliere è quella di San Barnaba a Dorsoduro. Evitate però di fare buchi nel pavimento, un comportamento non tollerato ai nostri giorni.
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LORD JIM (ANGKOR, CAMBOGIA)
Richard Brooks, 1965, Gran Bretagna/ Stati Uniti
yyPrima di condurre il lettore
in mari remoti a bordo dei suoi racconti cupi ed epici, Joseph Conrad era stato egli stesso marinaio e poi comandante di navi, il che gli permise di infondere nella sua scrittura un realismo e un esotismo poco comuni. Nell’adattamento cinematografico del suo più celebre romanzo, diretto da Richard Brooks,
il sito di Angkor Vat, in Cambogia, appariva idoneo a trasporre sul grande schermo queste due caratteristiche. Affidando la parte di Jim, l’ufficiale di marina radiato per aver abbandonato la propria nave durante una tempesta, a Peter O’Toole, attore all’apice della fama per l’interpretazione fornita due anni prima in Lawrence d’Arabia, Brooks concepì un racconto più lineare rispetto all’originale, ma sempre intriso di sudore e febbri malsane. La pellicola non ebbe successo, ma è proprio questo a fare del film una delle gemme meno note del cinema d’avventura. Oggi non sarebbe più possibile ÌÌ
utilizzare, come fece Brooks, il sito di Angkor Vat per rappresentare la Malesia: le tre inconfondibili cupole del tempio sono ormai talmente associate alla Cambogia da figurare persino sulla bandiera nazionale. Angkor, uno dei più vasti complessi urbani e religiosi del mondo medievale, è attualmente una delle destinazioni preferite dal turismo di massa; l’enorme afflusso di visitatori finanzia in parte il restauro del sito, che dunque non appare più così romanticamente sperduto nella giungla come nel film.