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IN VIAGGIO SULLE NOTE DEL JAZZ Tutto è iniziato a New Orleans, ma il jazz in seguito si è diffuso in ogni angolo del mondo. Eccoci nei luoghi simbolo della sua storia. MILES DAVIS, 152 ASCENSEUR POUR L’ÉCHAFAUD (PARIGI, FRANCIA) 1958
xx Il regista Louis Malle ebbe
senz’altro fiuto invitando Miles Davis, accompagnato da Kenny Clarke (alla batteria), Barney Willen (al sax tenore) e Pierre Michelot (al contrabbasso), a incidere la colonna sonora del suo primo film, Ascensore per il patibolo, utilizzando una tecnica di composizione istantanea, con i musicisti che improvvisavano mentre guardavano le scene del film. Il post-bop usciva come un genio ammaliatore dalla tromba di Miles, che pure ebbe grandi difficoltà a seguire i passi di Jeanne Moreau, la cui camminata mancava di ritmo! Ma infine fu vera magia. Per Louis Malle le sequenze armoniche di Miles Davis fecero ‘decollare il film’. Laceranti o avvolgenti, ææ
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i temi del Motel, del Bar du Petit Bac e quello, celeberrimo, della camminata di Jeanne Moreau sugli Champs-Élysées, sono il più bell’accompagnamento delle notti parigine dell’epoca. Un notturno jazzistico, trapassato da fanali di auto e luci di semafori, bagnato di pioggia e di riflessi lucenti.
Passeggiare sulla Rive Droite davanti ai dehors illuminati, prendere l’ascensore di un palazzo haussmaniano con le inferriate e i rivestimenti in legno originali, infilarsi un impermeabile stretto in vita, tacchi che battono sul selciato. Un po’ il genere di uscita che uno si concede quando va a cercare sigarette all’una di notte, magari in rue de Penthièvre. Alla fine degli anni ’50 Parigi divenne una delle capitali del jazz e i più grandi artisti dell’epoca si esibivano negli scantinati della Rive Gauche, come il Caveau de la Huchette, ancora aperto dopo più di 60 anni di attività. Oggi è rue des Lombards, sull’altra riva della Senna, il polo jazzistico della capitale, con tre club dedicati a questo genere musicale.
Bechet, che la compose nella sua seconda patria, la Francia, incarnava insieme a Louis Armstrong il jazz di New Orleans. Con più brio e meno asprezza. Nato a ‘Big Easy’, questo creolo battagliero che amava la bella vita, dalla voce calda e dallo swing impeccabile, aveva firmato nell’anteguerra un rifacimento d’antologia di Summertime, la nenia tinta di spiritual nero creata da George Gershwin per l’opera Porgy and Bess. Per quanto la città di Juan-les-Pins e il suo festival del jazz abbiano eretto una statua in suo onore, Sidney Bechet resta un puro prodotto di New Orleans. La sua è una musica accattivante, ma uscire vincitore dal confronto è stato l’uomo, per il sentimento e il fiato che vi ha infuso. Il Vieux Carré, o French Quarter, ææ
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SIDNEY BECHET, PETITE FLEUR (NEW ORLEANS, STATI UNITI) 1952
xx La versione strumentale,
suonata al sax soprano, ricevette un testo nel 1959 per diventare un classico mondiale e il lento più gettonato nelle feste a sorpresa degli anni ’60. Conosciutissima, dunque, e usata di conseguenza, ma Sidney
di New Orleans è scampato per miracolo all’uragano Katrina nell’agosto del 2005. La città, culla del Dixieland o Hot jazz, è diventata quasi un parco di divertimenti. Bourbon Street e Royal Street, il French Market, le facciate coloniali (che in realtà sono in stile ispanico) e le famose frittelle attirano numerosi turisti. Ma New Orleans, culla del vudù della Louisiana, è tuttora sede di un Carnevale pieno di brio. I suoi cimiteri, le Cités des Morts