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45. Cirrosi
8) Nelle forme insensibili alla terapia sopradetta si può ricorrere alla depurazione extracorporea con dializzatori a membrane di poliacrilonitrile o all’exanguinotrasfusione più dialisi peritoneale. Sono state tentate circolazioni crociate, con volontari o con maiali o con il fegato di questi, ma con risultati deludenti. 9) I cortisonici non sono soltanto inutili ma anche dannosi.
Emorragia da varici esofagee Le varici esofagee si sviluppano nel 50% dei cirrotici e rappresentano il 90% delle cause di sanguinamento gastrico in questi pazienti (Carrion, Current Therapy 2020) e sanguinano nel 30%. La mortalità è oggi del 30% rispetto al 50% di 20 anni fa e rappresenta il 20% delle emorragie digestive superiori (vedi cap 47 par 19). Il 60% dei sopravvissuti, senza terapia, presenta recidive entro 1 anno con una mortalità del 15-20%. 1) Ricoverare tutti i casi anche sospetti. Nel 60-80% l’emorragia si arresta spontaneamente, ma non è possibile prevedere in quali casi e nel 50% recidiva in una settimana. Sebbene l’emorragia da varici esofagee sia la causa più frequente di sanguinamento nei pazienti cirrotici, vanno comunque escluse altre cause di sanguinamento, come ad esempio la presenza di ulcera (Azar, Current Therapy 2017). 2) Il paziente andrà sempre intubato (specialmente se affetto da encefalopatia) per un’adeguata ventilazione, per il rischio di polmonite ab ingestis, soffocamento e per facilitare l’endoscopia. 3) Terapia dello shock ipovolemico (vedi cap 28). Una pressione arteriosa sistolica < 100 mmHg e una frequenza cardiaca > 100 btt/min abitualmente indicano una perdita > 20% del volume ematico. È bene mantenere la PVC attorno a 5 cm di acqua e l’Ematocrito > 30. Antiemorragici (vedi cap 11). Sangue fresco o suoi derivati, tipo plasma fresco congelato, ed eventualmente antifibrinolitici (Caprolisin, Ugurol) e, se il tempo di protrombina è allungato, Vit. K 10-25 mg ev o im (spesso sono associati deficit coagulativi). Sconsigliabili i «Coagulanti» (vedi cap 11). 4) Inserire un sondino naso-gastrico per controllare l’emorragia e per fare lavaggi con soluzioni a temperatura ambiente (quelle fredde alterano la coagulazione). Questo primo approccio è semplice, praticamente privo di complicanze e facilita la visione. La sua presenza non determina emorragie. Un catetere vescicale permette di controllare la diuresi oraria e quindi lo stato cardiocircolatorio. 5) Terapia endoscopica. Utile l’endoscopia per confermare la diagnosi, infatti nel 50% dei sospettati, quali portatori di varici, non c’è sanguinamento dalle varici esofagee ma dallo stomaco o duodeno. La legatura endoscopica risulta più sicura ed efficace e con meno recidive della scleroterapia. Da impiegare non appena risolto lo shock e il paziente è stabile. Avrebbe un’efficacia pari allo shunt porto-cava. Non aggrava la disfunzione epatica e l’encefalopatia. Viene considerata di prima scelta ma richiede personale particolarmente esperto. La somministrazione di Eritromicina prima dell’endoscopia, si è rivelata utile per migliorare la visibilità durante la procedura (Azar, Current Therapy 2017). I risultati sono positivi nell’80-90% dei casi e si può salire fino al 100% se viene ripetuta (Azar, Current Therapy 2017). Nei casi nei quali la visione non è adeguata per un banding si ricorrerà alla scleroterapia della varice sanguinante con uguale efficacia ma maggiori complicanze: ulcerazioni, stenosi, perforazioni, versamento pleurico, distress respiratorio e sepsi. Alcuni preferiscono in prima fase la scleroterapia e poi la legatura, che è gravata da minori complicanze ma richiede una seconda intubazione dopo quella diagnostica. Una volta controllata l’emorragia il trattamento endoscopico viene ripetuto dopo 7-10 gg, dopo un mese e quindi ogni 3 mesi finché tutte le varici sono state trattate. Le recidive si riducono dall’80% al 50% e la mortalità si riduce del 25%. 6) Terapia medica: L’efficacia è inferiore a quella dell’endoscopia ma la