OPERA OMNIA VOL XV

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VOLUME XV

OPERA ,OMNIA DI BENITO

MUSSOLINI

A CUA/1 Dl
EDOARDO E DUILIO SUSMEL LA FENICE - F IR E NZE

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI

AL TRATTATO DI RAPALLO

(26 .MAGGIO 1920 -12 NOVE.MB RE 1920)

OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
xv.
LA FENICE· FIRENZE

Tutti i diritti di traduzione e di riproduzione (anche di semplici brani, riprodotti a mezzo di radiodiffusione) sono riservati per tu~ti i paesi, compresi i Regni di Norvegia, Svezia e Olanda.

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I titoli fra parentesi quadra degli scritti e dei di~rorsi sono stati dati dai curatori perché g li originali ne ·erano privi.

G li scritti anonimi o non Armati con il nome dell'Autore contrasSegnati con ( o) sono pubblicati in: BENITO MUSSOLINI M euaggi e proclami. Italia N uova. Pag\ne di politica fascista scelte d a Aug usto Turati. Volume terzoLibreria d'Italia, Milano, 1929.

Lo scritto anonimo contrassegnato con (q) è attribuito a Benito Mussolini da Gu"ido Mattioli in: Aflmolini aviatore - Casa editrice Pinciana, Roma 1936,

Il numero di seguito alla lettera indica la pagina del voJWJJe ndl.a quale si trova 1'.attribU2ione.

I.a paternità degli scritti .anonimi contrassegnati da un asterisèo ,isulterà di Benito Mussolini dal confronto con quelli cui si fa richiamo in n ota.

l.. xv.

DAL .2 • CONGRESSO DEI FASCI AL ·PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI

(26 MAGGIO 1920 - 12 SETTEMBRE 1920)

Dal 26 maggio a[ 22 lug lio, Mussolini si occupa dei fatti accaduti a Roma il 24 masgio: durante una manifestazione patriottica era .avvenuto un conflitto nel quale erano rimaste uccise quattro g uardie regie e feriti numerosi cittadini ; si erano arrestati, senza alcun motivo, tre delegati del consiglio di Fiume e circ.1 settanta fra cittadini di Fiume e d ella Dalmazia, che erano stati però i mmediatamente liberati (disordini si erano verificati anche in altre città d 'Italia) (}, 7); esamina un'intervista concessa da Giolitti alla Tribuna e un articolo della Stampa (9); partecipa ad un'assemblea del fascio milanese di combattimento (30); scrive sul conflitto russo-polacco (12); sul volo Osaka-Tokio compiuto da Ferrarin e Masiero il 31 maggio (D); sulla questione adriat ica (19); sul problema del Vene-to ( 22); sulle dimissioni presentate dal terzo ministero Nitti il 9 giugno (25); sull'insurrezione di Valona del 5-6 giugno e sugli sviluppi e le conseguenze della · rivolta (28, 33, , 36, 64, 95}; su u n ordi ne del g iorno di Michele Bianchi ap provato dall'assemblea del fascio milanese di combattimento la sera dell' ll giugno ( 31); sui fatti di Trieste dell'll gi ug no : essendosi sparsa la falsa notizia che in porto ,·i siano due piroscafi per imbarc.are truppe e mwiizioni per l'Albania, socialisti e una sessantina di arditi fanno una dimostrazione con abbon~ante sparo di moschetti e di rivoltelle e con getto di bombe a mano; alla caserma «Rossetti » sono mortalmente feriti un ufficiale ed. un sergente che cercano di allontanare un gruppo di arditi; ex-combattenti e fascisti fanno una grande controdimostrazione (38); sul nuovo ministero, composto daU'on. Gi.olitti il 16 giugno (40); sul risultato de!Je elezioni pol itiche in Germania ( 42); su un articolo di Rinaldo Rigola relativo allo sciopero ferroviario p roclamato a Milano 1'11 giugno (44); su questo sciopero, che cesser~ il 23 giugno (47, }1); sui sanguinosi incidenti prO\'OCati a Milano dagli anarchici e dai socialisti il 22 e il 23 giugno (}3, 57); sul ,discorso pron~nciato alla camera d ei deputati dall'on. Giolitti il 2.f giugno ( 55); sul problema del t rasporto ferroviario di materiale bellico (60); sulrammutinarnento di un grup po di soldati dell'undicesimo reggimento bersag lieri (di stanza ad Ancona) , appoggiato da diverse migliaia di _operai anarchici, avvenuto il 26 giugno: si lamentano morti e feriti, si sacchèggiano negozi, si mitragliano treni; sui gravi disordini di Piombino d el 26 g iugno e sulla sollevazione romagnola del 28 giugno (62, 66, 68, 71); sugli orientamenti t eorici del fascismo in materia di politica estera (7 5); sul discorso pronunciato al senato dal generale Caviglia il 30 gi ugno (78); sugli interessi dell'Italia alla conferenza int_eralleata di Spa apertasi il 6 luglio (80); su una interrogazione p resentata da un deputato ing lese circa la situuione italiana (82); sul discorso tenuto dall'on. Giolitti il 9 luglio alla camera dei deputati, che approva, con voti 264 contro 146, un ordine di fiducia del ministero e respinge, con voti 220 contro 116, una mozione dei socialist i sul la questione adriatica di Fiume (84); su l regime politico italiano (86); s ul contegno della stampa jugoslava (89); sul regime russo (91); sul· punto di vista dei socialisti circe. .il problema adriatico ( 103); commenta uno scritto del comu. nista ungherese Eugenio Varga (49); una lettera di Kropotkin (97); un articolo d i Camillo Prampolini ( 105); redige N o n è la. gN em, ( 17) e AmariJJimo. Re· 1pon1nbilira (100). ·

Il 23 e il 24 , lug lio, si occupa dei fatti avvenuti a Roma i l 2().21 luglio: il 20 lug lio - dopo alcuni giorni d i $CÌOpero - i tranvieri avevano ripreso il lavo ro inalberanJo sulle vetture bandierine rosse; i cittadini a vevano assalito le vetture strappando le band ierine e malmenando .i t ranvieri e g ruppi di opi:-rai armati di .randi:-lli che li difendevano; le vettu.re erano state pavesate col tricolore e per le vi e si erano fatte dimost razioni p atriottiche ; era stata d~aslata la tipografia dell'A vanJi!; il consiglio d elle leghe aveva proclamato lo sciopero generale sin e dit; il 21, duran te un comizio nel quale si era d eliberata la ripresa del servizio tranvi ario, erano avvenuti disordini e conflitti fra cittadini, tranvieri e operai ed erano stati malmenati dai cittadini i deputati sodali_sti Modigliani, D ella Se ta e Reina (1 08, 11 1).

Dal 25 lug lio al 7 agosto, scrive sulla crisi d 'autorità dello stato «borghese>> e dello stato « proletario» (113); sull'esposizione circa la gravissima situazione alimentare dell'Italia fatta, alla camera dei d eputati il 30 luglio dalron Soleri , commissario dei consumi ( 116); sulla questione delle pensioni operaie ( 118, 128); s ull'abbandono definitivo di Valona da parte dell'Ha lia (3 agos to) (1 20); 5ul confli tto russo-polacco (123); su l discorso in materia di politica estera tenuto alla camera d ei deputati dal conte Sforza il 6 agOsto (1 26).

Dal1'8 agosto al LO sett('fT'lbre, compila d ue manifes ti per conto d ei Fasci Italiani di Combattimento ( 131 , 158); commenta un articolo di Giuseppe Bclluzzo relativo a p,roblemi metallurgici ( 133) e postilla d ue lettere in argomento (138); ha una vertenza - con Gaetano Salvemini (143, 147); $!:rive sul convc-gno avvenuto a Luce rna i l 22 agosto tra Ll oyd George e l'on. Giolitti (160); redige L'intesa e la R1mii1 (141); Firtis Pol onùu? (148); Il noslro d overe (150); L'ora del fauhmo (152); Vtm.ivia e il «puù> Jrieslino (155); D opo il dùasJro boluevico. An,11ra il «pur» triestina (162); In margine al/'0Jlr11z,ionismo dri metdlurgùi. La /etJera d el un,:1t o re St1lmoirt1ghi ( 164); Moniti ai p olt1uhi ( 170); Fiume t il «pus» (172); Mar S u·iney ago nizz a Viva la repubbliu irland eu! (175); si occupa de l movimento metallurgico dei primi giorni di settemb re, movimento che porta gli opera i all'occupazione di alcune fabbriche ( 178, 192); dello 5ciopc-ro genera le politico ad oltranza proclamato a Trieste il 2 set· tembre ( 190); partecipa a l convegno lombardo dei Fasci Italiani di Comb attimento (182)

L' 11 settembre, celebra il primo a nniversario della marcia di Ro ncbi (l'S settembre, a Fiume, Gàbriele d'Annunzio aveva Jlroclamato la reg&en:z.a. i taliana d el Carnaro) (195); il 12, pubblica Oubio "; confini! (197) e parla d urante una manifestazione indetta p er celebrare il primo anniversario dell'im presa fiumana (199) .

DAL
SECONDO CONGRESSO DE I FASCI, ECC.

Quello che è ~ccaduto a Roma è stato voluto da N itti. Il sangue versato in via Nazionale nella ricorrenza del 24 maggio r icade su lla testa di questo ministro degli stranieri, non degli itaJ iani Nitti non p uò soffrire manifestazioni patriottiche. Tutto ciò che appartiene al nazionalismo Io irrita. 11 r icor do della g uerra e della vittoria g li è particolarmente molesto. Nitti professa la sua amicizia per i socialisti ( e semb ra in verità che da taluni di Joro tale amicizia sia molto cordialmente ricambiata), ma qualifica << orticaria nazionalista )} la passione deg li ita· l iani per Fiume e p er la Dalmazia. Perché p roibire un innocuo corteo studentesco per le st rade di Roma? Si era dato l'ordine di proibirlo, allo scopo di dare una sanguinosa lezione agli element i nazionali.

Occorreva il fattaccio di sangue per dare parvenza di serietà al famoso complotto d i cui avevarlo già parlato i giornali Nitti , da Pietralata a ieri, è dominato paurosamente, idiotamente e grottescamente da una ossessione : il complotto degl i estremisti del nazionalismo. Egli ricorre a queste basse manovre di polizia sud-americana nell'inutile sman ia di" conci liars i i socialisti e di appari re il salvatore della Patria min acciata dai putscb.r· militaristi e nazionalisti. ll trucco ignobile è apparso evidente nelle ore immediatamente success ive all'eccidio, quando si è dato ordine d i ar restare tutti i fiumani e i d almati res idcilti in Roma, comprese le donne. · ·

Q uesto gesto riabilita fAustria ! Quèsto gesto immortala Nitti fra i più abbietti poliziotti dell'ex- impe ro d 'Absburgo! ·

Non esistono com plotti! Né di elementi nazionali, né d i fuorusciti adriatici.

I fi umani e i dalmati non vengono in Italia per congiurare, ma per trovare un po" di solidarietà morale e per sostçnere la loro c ausa. Ritenerli capaci d i complottare è una ignominia.

La manovra nittiana h a obiettivi più lontan i. Quest' uomo è oramai deciso a dare all' Ital ia .una pace di mortificazione e di viltà. Quest'uomo è o ramai pronto a tutte le rinunce. Quest'uomo, peggio del suo amico

Modigliani, che 1a voleva nel 1917, vuole nel 1920, dopo V itto rio Veneto, una paix q11e/um q11e, tanto ad or iente come al nord. Per p ote r consumue il suo crimine, Nitti ha bisogno di sbarazzarsi deg li elementi

INAUDITO!

che all'interno gli danno fastidio. Ci vantiamo d i essere fra costoro. Quando non ci saranno in circoJaziooe che dei socialisti ufi"iciali e dei rin unciatari, Cagoil oserà il grande colpo: fa rà attaccare Fiume per cac• ciare D'Annunzio. Sì vuole ripetere Aspromonte, ma in proporzioni infi nitamente maggiori. Fascisti d' Italia, vigilate.

MUSSOLINI

Da Il PoP,alo d'Italid, N. 1n, 26 maggio 1920, Vll.

OPERA OMN IA DI
BENITO MUSS OLINI

LA COPIA E L'ORIGINALE

Il ininistero Nitti non ha ancora debuttato nella sua terza reincarnazione e già suonano lug ubremente le campane da morto. Eccezion fat ta pel Messaggero e per akuni fogli minori senza importanza, Nitti è, i n materia di politica interna, condannato all'unanimità. Le difese degli ufficiosi sono molto imbarazzate. 11 sangue sparso in via Nazionale e - soprattutto -le ignobili persecuzioni ai fuorusciti adriatici han~o creato il vuoto attorno a Nìtti. Lo stesso Seà,lo, che aveva un commento odioso, det tato da quello spirito acid~ di Garzia Cassala, ha sentito il bisogno e il pudore di deplorare i fattacci della polizia nittiana e l'uomo ch e la regge e l'ì~pìra. .

Nitti trova, ancora, dei difensori in materia di ~litica estera, A sentire certi nittianì, egli avrebbe inaugurato la politica della pacificazione e della resurrezione europea. Noi troviamo che queste apologie sono leggermente ridicole. Il fatto è che, colla sua sedicente politica europea , Nitti si è fatto prendere bellamente in giro, mentre la soluzione del problema adriatico è rimandata alle calende jugoslave. Non s i esàgera - per partito preso - dicendo che anche in tema di politica estera N itti è un fallito, Ma i nittiani non si danno per vinti e rico~rono all'arma sup rema 01i combatte Nitti, prepara i] ritorno 'di G iolitti. Ora, noi non abbiamo disarmato contro Giolitti e non intend iamo di disarmare (antro Nitt i Facciamo osse rvar~ ai nostri contradditto ri ch e s i lavora scmpi e per qualcuno. Anch'essi lavorano per Giolitti, sostenendo un uomo e u na politica ·ch e è giolittiana nel peggior senso t radizional e, camorristico della parola. Se giolittismo significa, come significava, vivere alla g iornata , di spedienti, senza ideali, il ministero Nitti è giolittiano per eccellenza.

C'è poco da scegliere fra la copia Nitti e l'originale Giolitti. D el resto, Nitti è stato sempre un grande amico e ·ammiratore di Giolitti. Ognuno ricorda che nel famoso discorso di Muro Lucano, Nitti giust ificò fa tesi delia neutralità g iolittiana. Né sono dimenticati i biglietti· da visita lasciati da Nitti nell'anticamera di Giolitti, prima e dopo il viaggio in America. L'attuale ministero è giolittiano. Ci sono dentco, e non ai por· tafogli minori, 1'00 Peano, quello cui fu indirizzata la famosa lettera dura nte la nostra neutralità, e l ' on. Falcioni. Due giolittiani p er la p elle.

Ci sono i d1:1e clericali Rodinò e Miche1i, ch e pendono, come tutti i clericali, verso Giolitti. C'è Schanzer, che può essere annoverato fra i giolittian i. Continuando questa indagin_ç, si finirebbe per trovare che quindici su quattordici ministri sono di tendenze, di temperamento o d i idee giolittiane. NessW1a meraviglia se l'impressione generale è che questo è un ministero d'anticamera o di transizione. Si pensa che questo ministero, colle sue avanguardie o pattuglie di punta giolittiane, prepari il ritorno del capintesta di Dronero. Il quale, a mezzo della fida TribHna, ha già lanciato il suo programma, con questi dlle capisaldi fondamentali: ristabi lire il prestigio del Parlamento; risanare la finanza con l'imposta sui patrimoni, previa la nominatività di tutti i titoli. Niente da obiettare su ciò: Cogli attuali d eputati è assai difficile far risorgere il prestigio parlamentare Ma questi due punti non sono Sufficenti per un programma di ricostruzione nazionale

E Ja politica estera? E la politica interna, specie nei confronti dei funzionari dello Stato?

A Roma accade un fenom eno singolare. Gruppi di uomini, che fu . rono gli interve ntisti battaglieri della vigi lia , che f ecero la guerra, che contribuirono alla vittoria e -che la vittoria non intendono svalutare, uomini come Peppino Garibaldi, si adopran? a varare il ministero Giolitti. Lo schifo de lla politica nittiana è giunto in taluni interventisti a tal segno che a Nitti si preferisce Giolitti.

Non sappiamo quello che succederà domani. Ma la nostra opposizione a Nitti si esaspera di più attraverso questa constatazione: è stata la politica nittiana che, giorno per giorno, ha ricreato una popolarità al l'uomo che pareva tramontato per senipre. I veri preparatori del ritorno di Giolitti sono gli uomini e i g iornali che hanno sostenuto Nitti e la sua politica di dedizione all'estero e all'foterno. Comunque, 3.1 disopra di Nitti e di Giolitti, Ja speranza dell'Italia vittoriosa fiammeggia sulle rive del Quarnaro ed ha un nome : D'Annunzio!

Da Il PQp()lo d'Italia, N 127, 28 maggio 1920, VII.

OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
MUSSO LINI

LA MONTAGNA E I TOPI

Gli avvenimenti delle ultime quarantott'ore ci consigliano a non mu• tare la n ostra linea di condotta.. che è quella di non disarmare né cont ro Nitti, né contro G iol itti, e di attendere l'ulte riore svolgimento d ella situazione, senza le precipitazioni che affannano e compromettono una parte d ell'interventismo romano. Noi ci sentiamo in obbligo d i ripetere ch e Nitti e la sua politica sono detestabili e che senza N itti e nittismo - impe!\'ersanti da dicci mes i -non ci troveremmo, oggi, r idotti a q uesto punto . Il Lazzaro che g rida il 1Jeni fora.s a G iolitti è precisamente Nittì, e gli fan da coro i rinunciatari di tutte le specie. Ripetuto e precisato tutto ciò, noi ci domandiamo se l'intervista concessa da Giolitti al la T1·ib1111a sia q uel monumento di sapienza politica che j soliti turiferari vanno esaltando Jn· questi ultimi tempi la montagna giolittiana era stata siffatt'amente iperbolizzata che aveva finito per assumere le proporzioni dell' Himalaia. Ora da questa gigantesca montagna è 'uscito un topo, due topi. Perc hé, insomma, volere o no, questa oramai famosa intervista g iolittiana è una povera cosa, e, se no n l'avesse data Giolitti, sarebbe passata inosservata, come un articolo çli giornale, Coloro che salutavano in Gio litt i una specie di medico sovrano capace di indicare ed applicare * per far risorgere Ja nazione, sono rimasti amaramente delus i. Il « prestigio del Parlamento» è una frase vuota di senso. La crisi del parl amentarismo -rapp resentanza pol it icaè generale e profonda, e quanto a noi pens iamo che il miglior mezzo per ripristinare il prestigio del Parlamento tradizionale è quello di abolirlo pe r dar luogo a forme più moderne, rea/; e oneste d i rappresen• tanza popolare. E lasciamo impregiudicata la questione se Giolitti sia, per i suoi precedenti ed il suo t emperamento, l'individuo_ più adatto a ristabilire il prestigio delle istituzioni parlame ntari. Quanto al secondo poStulato giolittiano, quello finanziario, Giolitti invoca· provvedimenti universalmente accettati e che, fra l'altro, figurano nel programma fondam entale dei Fasci Italiani di Corr:battimento: confisca dei sopraprofitti di guerra; leva sui patrimoni; tassazione one rosa delle eredità .

Va da sé che noi non siamo - in materia fiscale - scett ici come

" L:l.cuna del testo,

alcuni econom isti di grido'. Un fatto deve avere, soprattutto, colpito gli zelatori giolittiani che fanno capo a quello strano· dalmatico e fiumano del la sesta giornata che risponde a l nome di Filippo Naldi: l'assoluto mutismo' di Giolitti in materia dì politica estera.' C'è gente, che, sulla sua parola d'onore, d ha assicurato che il programma adriatico dell'on. Giolitti è tale da soddisfare il più intransigente na"zionalista, Può darsi ; tutto è possibile a questo mondo; ma Giolitti, dal momento che si lasciava intervistare, perché non ha d etto niente in tema di politica estera? Se è vero che Giolitti ha posto la sua candidatura alla presidenza del Consiglio, egli deve avere un programma anche in politica estera. Perché non accennarvi, sia pure vagamente?

Questo silenzio di Gjolitti è inqu ietante, soprattutto quando sia messo in rapporto coll'attività dei suoi partigiani, i quali continuano a fare il processo alla guerra e quindi a coloro che l'hanno voluta. In un articolo pubblicato sulla Stampa di ieri, il signor Salvatorelli esce in considerazioni che ci riportano sul terreno della più acerba polemica. Quel signore ha l'aria di negare oggi l'esistenza nel 1914 di un imperialismo teutonico ( e questo è un colmo idiota!), e fa seguire (1Uesta negazione dalle seguenti considerazioni : ·

« Essi - dice lo scrittore della S1ampa - ripetono che la guerra distruttrice, la guerra mondiale combattuta sino in fondo era o~e5saria per salvare l' umanità da "una egemonia teutonica nettamente imperialista ed antidemocrat ica", e che fautore di una simile egemonia era chi alla guerra, all a guerra sino in fondo, non era stato favorC"Yo le. L'Inghilterra, che già prima del 1914, per chiunque 110/esu vedere, era la p otenza egemonica che dominava la vita italiana, oggi è la padrona assoluta delJ' Euro pa continentale e del mondo mediterraneo, da Gibilterra all'India, da Rcval al Golfo Persico. Ess,1 può impe· dire i nostri commerci, fermare le nostre fabbriche e le nostre ferrovi e, alfa. marci, ricattarci col chiedere i mi liardi in oro che le dobbiamo e non possiamo pagarle; e da lei dipendono altresl, in varia misura, i destini di quasi t utto il resto d'Europa, mentre! due terzi d'Africa e un terzo d'Asia costituiscono un ininterrotto dominio britannico»

Anche ammesso che tutto ciò sia vero, res tano da fare le seguenti considerazioni che smontano ia tesi artifiCiosa· della Stampa.

I. Sino a guando l'Inghilterra .rimarrà padrona assoluta deJl' Europa continentale e del mondo mediterraneo?

2. L'Inghilterra dominatrice p11ò ricattarci (da notare quel può); ma quale destino sai:ebbe toccato all'Italia se l'imperialismo tedesco avesse trionfato? Quale indennità avremmo dovuto pagare? Colla Germania e l'Austria ad Ala, a Trieste e a Salon icco, in quale situazione sarebbe venuta a trovarsi l'Jtalia?

3. Dato e non concesso che l'Italia avesse potuto rimanere neu-

IO OPERA OMNIA · DI BENITO MUSSOLINI

trale sino alla fine, tanto nel caso di una vittoria del blocco tedesco, come nel caso opposto, la sit~azione dell' Jtalia q uale sarebbe stata?

Avremmo avuto più carbone durante Ja neutralità o dopo o non ne avremmo avuto nemmeno un grammo? La nostra .sudditanza economica non dipende dal fatto guerra, ma da fatti p recedenti la guerra; un'altra politica interna - e la poteva fare Giolitti, ma non la fece - ci avrebbe potuto liberare almeno in parte dalla nostra fam e di carbone e di materie prime. ·

O ra, se coll'avvento di Giolitti i gìolittiani vog liono vedere t rionfare una tesi, quella del 1920, è un conto; ma se invece si ripromettono di vedere, si'a pu re postumamente, trionfare la loro tesi del_ 191 5, . è un altro caso. Nel 1915 i giolittiani furono battuti. Per g overnare nel 1920, bisogna riconoscere l'errore del 1915. Ed è tempo di finirla col far credere che la gu erra sia stata imposta da pochi scalmanati d i piazza. Questa spiegazione è bambinesca. Pochi energ umeni non avrebbero trasci nato un popolo. II popolo si lasciò trascina re p erché u nti va la bontà delJa causa. E i primi interventisti non furonO pescicani o magnaccia, signor Berg eret stampaiolo, ma un gruppo di sin dacalist i, uomini di pensiero, di fede e di ingeg no almeno uguale a quello di tutti i collaboratori ordinari e straordinari della Stampa.

Ognuno assuma in questo momento le sue responsabilità Se G io• littì significa un tentativo di rivincita della fazione che fu battuta da una insurrezione di popolo nel maggio, si voglia o no, sempre radioso (e questo è il tono della campagna giolittiana), non sperino Gio litti e i suoi amici di avere una t regua da noi e meno ancora dai leg ionari, migliaia oggi, ma esercito domani, che a Fiume difendono, contro i parecchisti del . ' 15 e quelli del ' 20, la santità e la g randezza della vit· toria italiana.

Da Il Popolo d' Italia, N . 129, 30 magg io 1920, VII.

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, E CC, 11
M USSOLINI

LA NUOVA BABELE

I socialisti ufficiali italia~i si agitano - è il loro mestiere! - _contro l'invio di materiale bellico alla Polonia in guerra contro la Russia. Le cronache sono piene di « fermi » di treni e di piroscafi; tutti i « colli » diretti all'estero sono sospettati, anche se contengono dei vasi da n otte, fabbricati a Caltagirone, patria, per chi non lo sapesse, di Arturo Velia. Difatti, volendo spingere le cose all'estremo de!Ja logica, bisognerebbe" sospendere qualsiasi esportazione, perché tutto può servire ad usi Dellici: dalle mitrag liatrici alla carta da scrivere; e, se non direttamente, tu tto, per vie t raverse, può giungere a Varsavi.a.

Diciamo subito e lo facciamo stampare io grassetto, perché non ci sorride la prospettiva di passare - ahimè ancora una volta! - per « venduti allo straniero», che, secondo noi, l 'Italia deve rimanere rigidamente r,e~tràle r,el conflitto ruuo-polacco:

1. perché l'avanzata in Ucraina sembra ispirata da motivi d'imperialismo territoriale;

2. perché la guerra all'esterno finisce per consolidare all'interno della Russia il bolscevismo e la demagogia bolscevica in tutto il mondo;

3, perché vaste zone d ella popolazione ucraina sono ostili ·alla << liberazione» da parte dei polacchi.

Per tutte queste ragioni, l'Italia deve mantenersi estranea al conflitto o agire per condurlo ad una rapida soddisfacente composizione.

Detto ciò, quale dovrebbe essere l'atteggiamento deì socialisti polacchi ?

Se, ad esempio, l'opposizione alla guerra polacca da parte dei sociaJisti italiani ha una intensità di· dieci, quella dei polacchi, direttamente interessiiti, dovrebbe essere dì mille. Se, continuiamo nelJ'esempio, in Italia si fermano i treni e i piroscafi, in Polonia ci dovrebbe essere, da parte dei socialisti, almeno l'insurrezione contro la . guerra. Niente di tutto ciò. In Polonia il Partito Socialista è favorevole alla guerra. Non è vero, come dice una dichiarazione del spcialismo francese, che la :Polonia sia feudale. Storie. .B più feudale la Francia!

Presidente della Repubblica Polacca è P ilsuldski, fondatore del Partito Socialista PoJaccoj e, in materia sociale, la Polonia ha risolto il problema d ella terra, assegnandola a chi la lavora. La Polonia è una re-

pubblica socialista o quasi. Fatto è che i socialisti polacch~ sono favorevoli a lla guerra contro . la Russia. Non si tratta di « rinnegat~ » isolati, ma del Partito.

Il LworaJqre, q uotidiano socia li sta di Trieste, pubblica alcune notizie interessanti circa l' atteggiamento dei socialisti polacchi.

« Il Na przod (À vanti.f) del 14 maggio pubblica il testo di un "telegramma che il LJlbo,tr PrzrtJ ha d iretto al Partito Socialista Polacco:

«" Il L1bo11r Pnrl y è inquietato dalle notizie dei giornali secondo le quali il Partito Socialista Polacco appoggia !"attuale offensiva polacca contro la Russia.

MIDDLETON".

« Il capo del P . S. P., Daszynsk i, a nome del Comitato ttntrale, ha risposto telegraficamente:

«" Vi preghiamo <li leggere i giornali del nost ro Partito e<l i d ocwnenti che vi sono pubblicati a favore della causa della pace. N oi propugnamo l'indipendenza dell' Ucraina e la poniamo come condizione per le trattative di ~ace " » .

Il corrispondente d el lavtJt'atore traccia un profilo del Daszynsk i, dal q uale risulta che costui è stato ed è un ferocissimo guerrafondaio, che vuole la guerra in permanenza, contro russi, boemi, ucra ini. Nessun dubbio in materia, ma è straflo che un uomo di tal calibro sia niente po' po' di meno che il presidente del fàrtito Socialista Polacco. Sempre secondo Il Lavo ratore, quotidiano socialista di Trieste, i giornali socialisti polacchi sono tutti uno squillo di guerra.

« li R.obolnik (/..411or.rlort), organo centra le del Partito Socialista Polacco a Varsavia, finora, non ha scritto neppure una parola contro l'offensiva polacca; airopposto, esso ha dichiarato che si. tratta di una campagna necessaria, perché la Polonia vuol salvare .. l'indipendenza della nazione ucraina" . In un altro uticolo, però, lo stesso giornale ha avuto cura di dire che questa indipendt"Oza è bensì de-siderata da certi circoli politici della n a:r.ione ucraina, ma che le grandi masse dei. contadini vedono con preoccupazione e con diffidenza l'invasione po· lacca. I circoli politici ai q uali accenna il R obotnik si riducono all'avventu riero politico Petljura e ad una ventina di suoi amici .... a Varsavia. Le masse dei contadini, invece, che vedo no con diffidenza l'invasione polacca, costiluiscono il settantacinque per cento di tutta la popolazione ucraina, la quale sa che, assieme ai "liberatori" polacchi, verranno in paese i latifondisti polacchi, che ritoglie• ranno loro i terreni espropriati. ·

« Ancora più chiara è l'attitudine favorevole alla guerra del già citato Nap rzod, organo centrale di Cracovia del Partito Socia.lista Galiziano

« Anche il N'1t,,zod scrisse in passa.lo a favore della pace colla Russia, ma solo affinché le truppe polacche pote-ssero c·ssere mandate cont ro la Germania· per ··liberare " la Slesia superiore. In un articolo (Ki ,ff o T,uh,11), ·comparso il 10 maggio, il Naprzod si ri volge .all'Intesa e p articolarmente alla Francia, dicendo che si dovrebbe concedere, .in compenso per Ja conqui sta di Kieff, la città di T<"sch<'n a lla Polonia, addimostratasi, nella lotta contro i bolscevichi,

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 13

come il più valido sostegno della società occidentale, assicurando che in 1ico. noscerua i polacchi saranno i più fidi alleati dell'lntesa ne lla lotta comune contro i bolscevichi.

« N on passa giorno in cu.i ìl Na prz od n on l evi a l cielo la genialità dei generali polacchi, l'eroismo dei gen erali polacchi. In u n articolo (intitolato Ki,ff) del 14 maggio, questo bel giornale socialista, preso da sentimentalismo sang uinario, scriveva : "E siccome siamo in primavera, le donne di Kieff dovranno spargere fior i al passaggio dei valorosi posnani " . Notate che i soldati posnani sono gli ex-prussiani d elJa Posnania, temuti ed odiati: dagli ucraini p er gli atti di ferocia da essi comm~i l'anno scorso nella Galizia orientale

« Nel Parlamento polacco, il sociali_sta Liebermann ha votato la fiducia al ministero. Ebbene, non è caratteristico il fatto che la stampa·socialista polacca ha sottaci uto ai suoi lettori quel voto, mentre esso è menzionato n ella borghese Nowa Refo rm1t di Cracovia del 14 maggio?

« I " socialisti " polacchi no n sono sazi di sangue: vogliono ,·edem e scorrere anche in occidente, Quind i D aszynski, fra gli applausi di lutti i p artiti borghesi, ha già minacciato una guerra ai tedeschi e particolarmente ag li czechi. L'organo dei socialisti p o lacchi nel territorio del plebiscito di 1'eschai, Rob oJnik. Slatki, continua ad insulta.re i czechi con i p eggiori epiteti ; ed eccita g li operai polacchi a viofenze contro g li opera.i czechi. Questo giornale è cosl pieno di vo lgarità che a ripeterle vi farei venire la nausea Per questa ,·o lta bast a i>.

E diciamo basta anche noi: Soltanto rèsta stabilito che i· socialisti italiani,_ impedendo ogni rifornime nto alla Polonia, giovano ai bolscevichi russi, ma danneggiano i socia listi polacchi.

Posti d inna·nzi a questa constatazione di fatto, i nostri puss ìsti gr ideranno che il Partito Socialista Polacco ... non è socialista. Ma alla stessa stregua i socialisti polacchi p otrebbero contestare a quelli ita· liani il diritto di chiamarsi socialisti . « La verità. socia lista è con noi! », g ridano gli ·uni a Varsavia. « Fa lso ! La verità sociali sta è dall a nostra · parte!», ~ibattono g li altri a Milano. , C'è, n ell'un iverso, un supersocìalista é'h e possa giudica re _ e mandare ? Sceve rare i reprobi dai virtuos i ? G li autentici dai contraffatt i ? M a che cosà è la verità in genere e la ver ità socialist a in ispecie? Tutte domande legittima te dal contegno dei socialisti polacchi e da quello d ei socialisti ita lia ni.

14 OPERA OMN IA DI BEN ITO MUSSOLINI
MUSSOLINI Da Il Popolo d'Italia, N . Hl, 2 gi ugno 1920, VII.

IL VOLO

Un nastro di seta tricolore mette in festa il mondo anche al cospetto dell'infinito; l'un capo del nastro è stato trattenuto in mano ferma da due volatori italiani attraverso l'Arabia, l'India, la Cina, sui bordi dell'Oceano Pacifico: ed è stato ieri legato strettamente intorno al palo dì bronzo della vittoria che salutava l'Italia da Tokio.

Un brivido di luce tricolore rimane, come una parabola d i un ra zzo ; attraverso il cielo, segnala all'infinito il valore d'Italia, chiudendo il mondo in un cerchio italiano, confondendosi e ricongiungendoci al solco di Colombo.

Un volo al di là delle stelle, verso l'Oriente, solleverà le fronti prone delle moltitudini intese a imbestialire nelie contese dei propri scambi e nella g rigia e sorda uniformità delle proprie aspirazioni ch e impantana e sommerge la forza dell'individuo, per guardare al mira· colo di due u omini soli, validi e giovani, fascisti di ·vento e di luce, che strappano al sacrilegio quotidiano i propri cuori di combattenti e di italiani, ·e perpetuano la vittoria vilipesa, conta.minata· e sbertucciata nelle pia..z2e, Masiero e Ferr?- rin sono partiti da Oslka il giorno 30 maggio 1920 alle 10. Masiero arrivato a Tokio alle ore 13 ,30 ; Fe rra rin all e ore 14,30.

Dalla capitale del mondo 1a volata superba è part ita ad una nuova conquista del mondo per le sue vie più di ffici li , e segna il principio di un nuovo evo , con cifre e con nomi ital iani.

Inasp ettatamente, dal clamore baSso del -popolo, che s'arruffa nel buio delle sue taverne, è partito il volo lirico del più grande poema moderno. E· questo poema è ancora nostro, è ancora italiano, oasce miracolosamente come fa Commedia Divina, tra l'ansimare delle contese · guelfe e ghibelline, e a l di sopra di tutto e di tutti, padrone cos) delJ o spazio come del tempo, limp ido e acceso come l'aria di tutte Je aurore.

11 rombo che c'è nel nostro tu~ulto festante e glorioso è il rombo di quei motori; e lo stupore v:ivido di tutti quegli occhi obl iqui ch e han no guatato n ei cieli di Tokio le nuove aquile romane scendere ro· teando, non rapaci, ma f estose, Hlwnina la nostra ind imenticabile a urora .

Un n astro tricolore , buttato per il cielo come u n razzo dì trincea,

2 • XY

è scoccato dalle solide e f erme mani di due combattenti ed è caduto nel cuore d i Tokio.

Abbi amo portato oltre il valo re d ell a nostra vittor ia; l' abbiamo veduta rinascere d'un tratto, quando più pareva sommersa e Jimenticata, con un impeto lirico che non s i spegnerà mai p iù.

M asiero e Ferrarin, con le ali italiane del Carso e del Piave, sono calati roteando su Tokio !

Da Il Popolo d'Italiff, N 131, 2 g iugno 1920, VII (-I--, 66),

16 OP.ERA
OMNlA DI BEN )TO MU SSOLINI

NON li LA GUERRA !

Glì scandal i delle terre ljberate, e noi siamo stati fra i primi ad occupa rcene ( ch iediamo, naturalrpente, che la più severa giust izia sia fatta), offrono motivo all'o rgano quotidiano del Pus per diffamare an· cara una volta la guerra o, per intenderci, la g uerra nazionale. Tutto quello che accade o non accade, vien rigettato sulla guerra. Un ladro ruba: è la guerra! Un assassino uccide: è la guerra! Un pazzo va al manicomio: è la guerra! Ma domandiamo· ai pussisti: i ladri sono sorti soltanto e durante la guerra? Non si rubava anche pr ima? Non ci sono stati scandali colossali - in tutte le nazioni - ancor prima del fatale agosto 1914? Era la pace, allora? Questo ridu rre il fatto gue rra - grandioso e terribile - alle ruberie di Castelfranco Veneto è bambinesco e cretino. la guerra non è soltanto Cirmeni e Pironti, e qual· che altro farabutto del genere, come vogliono far credere nella loro diffamazione e speculazione i socialisti; la guerra ha altri nomi, che si chiamano Battisti e Sauro e Toti e Corridoni e mille altri - vecchi e adolescenti - che sono corsi al sacrificio con maravigliosa purità di fede,. benedicendola nella vita e nella morte. Come tutti i g randi fe~ nomeni della natura, la guerra mette alla prova g li uòmini; li denuda nelle loro qualità fondamentali; divide i deboli dai forti; quelli ch e res istono da quelli che cedono; quelli ·che riempiono il sacco da quelli che muoiono; gli eroi dai disertori.

I catàclismì della natura provocano la stessa cernita: non c'era la guerra all'indoman i del terremoto di M essina, ma ci furono i lad ri ripugnanti che si diedero al saccheggio delle case ed alla depredazione dei morti. L'Avanti! avrebbe stampato:« :i:. il terremoto! ».

Nella guerra come nella rivoluzione, non· tutto è bello e n obi le. Accanto a coloro che muoiono suUe barricate, innamorati di un' idea, ci sono quelli delle retrovie, che aspettano - -con sapiente prudenzadi spartire il bottino della sesta giornata. Anche la rivoluzione come la guerra ha i .suoi speculatori, i suoi p"escicani, coloro che ci vedono J'affare. [n Russia i membri dei Sovièts commettono quotidianamente furti e truffe d'ogni genere. A pagina 67 del libro di Slonim si legge che « Lenin ha dovuto confessare che troppa canaglia è penetrata n ei

S0 vièt1 e che molti delinquenti, approfittando della situazione, seppero salire ad alti posti e mettere la mano sulle casse dello Stato ».

Nella Pravda di Mosca ecco in qual modo viene descritta la vita dei commissari del Sovièt di T saritsì ne:

« I commissari andavano per tutto il distretto in vetture sontuose a tre e sci cavalli. Un'infinità di aiutanti, una scorta numerosa, molti bauli . Atteggiamenti da governatori, insulti, offeSt', bestemmie, e bastonate contro il popolo lavo ratore. E po; 11no spe,pe'ro del d enaro del popolo, In certe case di malaffare, i commissari spendevano somme m ormi a bere ed a giocare ».

Questa documentazione del << pescecanismo >> bolscevico potrebbe conti nuare, ma non è necessario. Noi, davanti agli sperperi e alle malversazioni dei·commissari sovietisti del distretto di Tsaritsine, ci guardiamo bene dal dire: è la rivoluzione! Ma questa specie di « probità intellettuale» è' totalmente sconosciuta ai socialisti, quando, davanti agli scandali di Castelfranco, Veneto, sentenziano balordamente: è la guerra!

Infine i ~ocialisti ufficiali· italian i hanno meno di chiunque diritto d i lagnarsi della guerra e di impreca re alla guerra. Che cosa pretendevano? E che cosa pretendono? La· guerra, che ha, per ammissione stessa dell'Avanti/, trasfor~atò grandi cose, ha portato formidabili vanlaggi al Partito. I socialisti italiani erano poveri; adesso sono ricchi a milioni. 11 Partito aveva quarantamila iscritti ; ne ha oggi centocinquantamila. I deputati da cinquantadue sono sal iti a centocinquantasei; i voti da un milione sono saliti quasi a due Centinaia e migliaia di socialisti si sono arricchiti durante Ja guerra. Il Gruppo parlamentare socialista è pieno di milionari. Attraverso una corrispondenza di Umanilà Nova , siamo venuti a sapere ch e anche l'on. Targetti è un miliona rio, che fa compagnia agli altri numerosi milionari d ello stato maggiore socialista.

:B. un fatto innegabi le ch e si no ad oggi gli unici, i veri, i grassi profittatori _ materiali e morali della guerra sono stati i socialisti ufficiali italiani. E come 1a I}lassima parte dei nuovi ricchi, anche i socialist i ital ian i mancano di stile e _di pudore!

Da J/ Popofo d'llalid, N. 132, 3 giugno 1920, VII.

18 OPERA OMNIA
DI BENITO MUSSOLINI
MUSSOLINI

Il Corriet·e della Sera, giornale europeo a tendenze nettamente, oramai, bolsceviche, attraversa, fra le molte crisi, anch e una crisi d'ordin e mora le, che lo ha gettato nella più profonda· costernazione. Nel suo numero di ieri ha dovuto constatare che « il nazionalismo è di nuovo in piena». Evidente mente non giova dare certe ò.ot izie e cest in arne altre; non giova ridurre a dieci righe di cronaca insulsa il comizio affo llatiss imo del « Lirico »; non giova ignorare completamente o quasi, come è stato fatto precisamente dal Corriere, l'adunata nazionale dei Fasci dì Combattimento: ad un dato momento si è « forzati » a riconoscere - perché la realtà è la r ealtà e g li struzzi, a nch e quando si nascondono, la documentano - che il nazionalismo è di nuovo in piena. Siete pregati anzitutto di ammi ra re_ l'abilità lojolesca colla quale è presentata la nuova realtà della vita italiana: si parlà di nazionalismo, all'intento di identificare il vasto movimento nazionale con un determinato Partito politico, mentre invece il Partito Nazionalista non è che una unità nl:lla collettività. Quel che ·più angoscia il Corriere, che parla di «recidiva», è il fatto che quest'anno la ripresa degli elementi nazionali non è stata provocata da atteggiame nti clamorosi, come avvenne l'anno scorso all 'epoca dei raid! diplomatici Roma-Parigi e viceversa. In questo periodo di tempo abbiamò assistito a questo vario ord ine di fenomeni: l'avvento al potere di un uomo che ha mortificato in ogni senso la dignità nazionale e osteggiato gli elementi interventisti; una grande vittoria elettorale dei due Partiti favorevoli alla neutral ità e la campagna schifosa dei rinunciatari 4i tutte le specie. L'interventismo non rinunciatario, a quest'ora doveva essere ben morto e discretamente putrefatto, mentre invece sembra tanto vivo da gettare neJle più nere gramaglie . gli « esperti » di politica estera del CtJrriere della Sera

Prima sconfitta del Corriere Seconda disfatta: il fallimento sempre più pietoso delle trattative adri;i.tiche dirette e indirette. Si capisce: chi mostra di volere la pace a qualunque costo non avrà la pace mai , specialmente nei confronti dei si8nori jugoslavi.

N ella chiacchierata del Cordere è sottaciuto un fatto: lo ricordiamo noi . Voi dite che è imposs ibile applicare il patto di Londra? -~ falso. Falsissimo. .All'epoca degli ultimatum del gennaio e febbraio - si ~rat-

LA PIENA

t:tva proprio di indecenti burlette? - gli Alleati riconobbero che, ove gli jugoslavi non avessero accettato il compromesso loyd-georgiano, l'Italia avrebbe potuto applicare il patto di Londra. :E inutile ricordare come Trumbié e soci prendessero bellamente in g iro g li 11ltima111m e coloro che li Janciavano. Quel capitolo della nostra recente storia diplomatica è tale da coprirci di ridicolo e di vergogna. Non riprendiamo la polemica sull'antitesi Fiume-patto di Londra, antitesi che non esiste, né stando alla lettera del trattato, né basandosi sulla realtà ddle cose. E questo è stato dimostrato miJle volte.

Ma domandiamo piuttosto ai signori del Corrie re: se non si è con- ' elusa la pace adriatica, di chi la colpa? La cosiddetta diplomazia italiana si è negli interminabili convegni dimostrata proclive ad ogni genere di rinunce. L'ultimo compromesso - quello che mutila J"Istria, rinu ncia a tutta la .Dalmazia e aU'arcipelago e non salva FiUme - è semplicemente mostruoso. Eppure gli jugçslavi lo hanno respinto. Perché la verità è questa e ar Corriere lo sanno: che gli. jugoslavi sono intransigentissimi. Non sono Zara o Fiume che rivendicano, ma Trieste, ma Gorizia, ma Cividale, ~a Udine! Dal Tagliamento al Vardar: questa è la formula dcJl'insaziabile imperialismo di Belgrado. Per cui , se si ,,uole la pace a qualunque costo, come la vogliono i neo-bolscevichi del Con-iere (la pace a qualunque costo! fu la formula bolscevica a Brest-Lito.vsk), bisogna dare agli jugoslavl. l:t linea dell'Isonzo, e, se brontoleranno, anche quella del P iave. Ora è un fatto innegabile che Ia campagna rinunciataria, inscenata dal Corriere e perpetrata per mesi e mesi, ha forlificato enormemente l'intransigenza irriducibile degli jugoslavi, i quali, siamo sinceri, come- non dovrebbero essere intrans igenti e prenderci in g iro, quando, olt re che da Wilson e da Millerand o Lloyd George, sono cosi paternamente incoraggiati dagli italiani del Corriere?

L'ultima disfatta che att ende il g iornale di via Solferino è l' assai probabile avvento al potere di Giovanni Giolitti. L'aberra2io ne a cui è giunto ~uel giornale è tale che deplora, di fronte al problema adriatico, l'indifferentismo del proletariato italiano. Ma cosa pretendono aJ Corriere? Che il proletariato ita liano faccia uno, sciopero generale con relativo sterminio degli interventisti, che non si vergognano di essere stati t:ili, semplicemente per imporre all'Italia la pace di .Trumbié e di Nitti, per cavare dal focherello rinunciatario 1a castagna jugoslava? li ritorno di Giolitti spaventa quelli del Corriere; noi, no. Perché noi non siamo « per aria >> come il giornale europeo, il quale ha puntato tutto sul neut rali sta e disfattista Nitti.

Con Giolitti o senza Giolitti, noi, ripetiamolo perché è necessario, non siamo « per aria», ma siamo poggiati solidamente su l terreno del

20 OPERA OMNIA
DI BENITO MUSSOLINI

Quarnaro. là sono le nostre forze e le nostre riserve. t inutile che la diplomazia tessa faticosamente le sue tele di rag no e che il C orriere si distenda in lamentazioni f~mmin esche: l'arbitro della situazione non è oggi Nitti e non sarà domani Giolitti. L'arbitro assoluto della situazione adriatica è D'Annun zio. Questa la grande e i;randiosa realtà . Un" soluzione di comprome sso del problema adriatico mm passerà se D'Amumzi.o vi oppm-,à il suo veto; sarà accetlato, se D' Anmmzio l'accetterà, Intanto il fi ume nazionale che pareva isterilito è nuovamente in piena

MUSSOLINI

Da Il Popolo d' Italia, N . 13 ), 6 giugno 1920, VII.

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI,
21
.ECC

IL PROBLEMA DEL VENETO

Al di là, ed anche al di qua del Piave, le provincie dt;l Veneto attravecsano un periodo di crisi acuta, d'ordine mateé_le e morale. I fatti sono noti. Lo scandalo di Castelfranco Veneto è scoppiato come l' indice rivelatore di una situazione, che si sintetizza in queste constatazioni non confutabili: stato di miseria generale, aggravato dalla · disoccupa.iione, specialmente n el Friuli e nella Carnia; niente o quasi ·niente d i fatto nella ricostmzione delle t erre liberate; e - finalmente - incompetenza di buroc rati e miserie su larga scala e in g rande stile. Bisogna riconoscere che c'è quanto basta per esasperare una popolazione, anche se ha· fama di essere paziente come quella del Veneto. Le pOpolazioni del Veneto hanno pienamente ragione ed hanno il diritto d i porre il loro· problema davanti alla coscienza nazionale. 1L Veneto è stato duramente provato dalla guerra. Chi ha visto Treviso e molti altri pa esi e città all'indomani deJl'armìstizio ne ha un'idea. Tutta la zona dell' Isonzo, a un anno data dall'armistizio, non offriva ancora alcun segno, sia pure lieve, di rinascita. Ovunque macerie. Anche le città non toccate dall'invasione, come Padova, Venezia, Vicenza, hanno sofferto dann i ingentissimi. Il te rritorio fra il Piave e l'Isonzo è stato il campo , di battaglia della guerra italo.aust riaca . E opportuno inoltre ricordare che gli alpin i delle Alpi Venete hanno - in .particolare - dato un prezioso contributo di sangue e di eroismi alla vittoria. Scacciati gli invasori austro-tedeschi, il Veneto ha dovuto subire un'alt r a invasione: quella dei burocratici di Roma, che h anno accumulato rovine sulle ro· v in e. Per diciotto mesi il Veneto ha pazientato o ha manifestato il suo malcontento con movimenti d' indole locale, che avevano la virtù di «sorprendere-» il resto degl~ italiani, ignari e lontani; finalmente, i recenti moti d'insieme, per territorio è per classi, hanno voluto dire che la misura era colma e che s'imponeva una soluzione al problema. Jl giornale che è stato la bandiera del movimento, La Riscoua, e alla cui campagna pro-Veneto pienamente consentiamo, salvo certe a ff ermazioni d'ordine massimalistico, ha già ottenuto vari importanti risul tat i, e cioè: ·

1. è. resa obbligatoria la pubblicità dell e denunce <lei danni di guerra;

2. finanziam ento graduale, ma prestabilito dalla legge sui danni di guerra, mediante un prestito di pross ima emissione ;

3. trasformazione del cosiddetto « ininisterino » di Treviso, mediante l'allargamento delle competenze locali;

4. inchlesta ·a fondo sulla gestione ministeriale, sottoministerial e, burocratica, tecnica ed amministrativa del dicastero e « dicasteri no » delle Terre Liberate ;

5. finanziamento g raduale e progressivo dei Consorzi zootecnici per il ~ipopolamento equino e bovino delle nost re campagne. Sono i primi accenni alla soluzione del problema del Veneto . e noi Ii notiamo con viva soddisfazione, perché ci sentiamo solidali col movimento. Ma, g iunti a q~esto ·punto, rivendichiamo -il diritto d i dichiarare che la causa del Veneto - giusta e santa - non dev'essere guastata da grottesche c-sagcrazioni. A questo s enere di pessima lette• ratu ra appartiene un articolo che ci viene segnalato da Vicen za e nel quale, a g uisa di conclusione, si tenta il r icatto r idico lo del separatismo:

« Si vorrà - tuona un ignoto sull a Provitu ia di V ire-nza - da Roma tentare le sorti dell'unità, cominciand o a darci quella effettiva libertà regionale, cbe solo può fard recede re da ll'id~ separatista? G auguriamo che così sia. Ma in ogni modo si ·pag hi prima un debito che si ha verso di noi. Libertà chiedevamo e libertà avremo; denari chiedevamò e se non ce li danno penserffll o a p rea·· derceli!

« Attenta Roma!... • .

Queste sono scemp iaggini e fanno un male enorme alla causa d el Veneto. Non è agitando il / 0 1 11011 R om da Vicenza che si conciliano alla causa del Veneto le simpati e degli itali ani. Lanciare la parola « separati smo )) q uando altre g enti venete abitanti all' opposta sponda dell'Adriatico lottano e soffrono per ricong iungers i con Roma, equivale a commettere una malvagi a azione. Un con to è la burocrazia, che non è soltanto romana, ma che ha - anche - il suo contingente di veneti , e un conto è l'Italia. Ci sono delle regioni in Italia _che attendonò da cinquant'anni la soluiion e del loro problema; ci sono ·delle regi oni in Italia che da mezzo secolo chiedono invano strade e ferro vie e scuole e ospedali e luce e acqua. Né si dica che, essendo lontane dal teatro della guerra, che fu il Veneto, queste regioni non abbfano sentit o la guerra. L'hanno « sentita » n eUa maniera più viva e più sacra: col numero altissimo dei loro morti. Nqn bisogna dimenticare il sacrificio di sangue che st:.lle terre ·del Veneto e per liberare il Veneto fu dato g enerosamente d a sardi, siciliani, calabresi e pugliesi. Se tutto ciò fosse ricordato, certe stddule voci separatiste non si farebbero sentire e ce rt i luoghi comuni anti-roma.ni, residui deUa letteratura pap iniana d i u n

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 23

tempo, passerebbero al loro posto naturale, che è il cestino. E non crediamo sia necessario dimostrare l'assurdità della tesi separatista dal punto di vista economico, perché le tendenze dell'economia contemporanea non lasciano dubbi circa la vitalità delle economie in formato minore. Per concludere, procurino i veneti di non forzare la nota; di non turbare, con spropositi di forma, la coscienza nazionale, già in ansie per molte altre questioni; di non pregiudicare, insomma, la loro causa, che, essendo giusta, dev'essere e sarà sposata da tutta quanta la nazione.

24 OPERA OMNIA DI BENITO
MUSSOLINI
Da Il Popolo d'forlia, N. 136, 8 giugno 1920, VII.

Nitti è cad uto Questa la notizia che sarà accolta con in6nita sodd isfazione dalla quasi totalità degli italiani. Soddisfazione che si accresce, al pensiero che la caduta è irreparabile, senza speranza di resurrezione.

Non avremo la vergogna di un quarto ministero N itti, anche se ciò dispi acerà moltissimo agli ultimi residui del rinunciata.risma p iù o meno europeo.

Nitti è caduto nel modo più ig nominioso che si possa im mag inare : non affrontando la tempesta ch'egli coscientemente o incoscientemente . aveva scatenato. Che ci sia sotto un trucco Nitti-Mod igliani? Valgono a g iustificare l'interrogativo dubitoso questi precedenti. 1l decreto- legge sul pane è stato lanciato di sorpresa alla vigilia della r iap ertu ra della Camera. Grande; nonché si~nulata, emozione fra. ì cattivi pastori del socialismo. Il decreto si metamorfosa in un progetto di legge, ma nelle ventiquatt ro: ore successive si trasforma ancora in decreto-legge con la firma del re e la p ubblicazione sulla Gazzet/a Ufficia/e. Contorcimenti degli ufficiosi che annunciano come e qua.lmente il decrcto.leggc ·sarà discusso.

Finalmente ieri, questa specie di aborto mezzo legislat ivo, mezzo burocratico, viene ri tirato per sempre dalla circolazione.

Ma intanto l'immondo Cagoia, dandosi alla latitanza prima del tempo , ottiene questo du plice scopo:

1. evita di cadere su una questione d i politica estera;

2. fa il gioco dei suoi amici socialisti, i quali, per bocca d eH'on. Modigliani , menano vanto di avere accoppato il ministero e si rinverginano la loro_ un po' scossa popolarità, apparendo alle masse elct· torali come i -salvato ri del pane proletario, nonché quotidiano.

Bisogna insistere su questo punto. Le vicende di questi ultimi mesi avevano di molto attenuato gli entusiasmi delle masse per l'azione po· litica e parlam~ntare del Partito Socialista Ufficiale. Ci voleva un fat to clamoroso per dimost rare che i socialisti -i quindicimila - sono sempre fieri campioni dei d iritto p roletario e che al Parlamento non ci sono andati soltanto per g raziosamente triplicare la loro indennità.

NEFASTO!

Cagoia, col suo improvviso, idiota, ass urdo decreto-enigma sul pane ha voluto rendere un ultimo servizio ai « suoi » cari socialisti. .

A prescindere da questo aspetto dctla situazione politica, quale vasto panorama di rovine si stende ·dinnanzi ai nostri occhi e tutte accumu· late dall'uomo nefasto, precipitato· finalmente dal potere indegrlamente tenuto per ben undici mesi!

In Tripo1itania e Cirenaica, malgrado certo statuto conceSso or norl è molto agli ara@; siamo ridotti alla spiaggia. Gli albanesi ci r icompensano attaccando Valona. Gh Alleati ci fanno Ja ··forca e l'elemento tedesco nell'Alto Adige tratta l'Ita lia dall'alto in basso. Quanto a F iume e al resto, siamo sempre in .... Alto Adriatico.

All'interno, situazione enormemente peggiorata. Crisi, anzi abdica· zione dell'autorità statale; non un principio di soluzione ai prob lemi fondamentali, che sono : il caro-viveri, la mancanza di case e lo svalu. tamento della lira, invenzioni di complott i, dedizione a ch i più grida, opposizione agli elementi nazional i giunta sino a l massacro, scandali e ruberie in alto e in basso, aggravamento della crisi morale.

Questo il bilancio di governo· del nefasto Nitti. I socialisti, che lo hanno sempre larvatamente e apertamente appoggiato, non hanno il diritto di cantare vittoria. Quanto ai «popolaci», essi perdono, nella rovina nittiana, molta della loro reputaz ione e del loro prestigio. Il fatto che non si può negare è questo: il primo ministero combinato in Italia colla partecipazione ufficiale del nuovo Partito Popolare, è morto ancora prima di nascere.

Il Pipi ha dimostrato di essere a ncora un povero e infelice appren· dista in materia di lotte politiche. Basta ricordare che il Partito Popola re ha precipitato la crisi; che non h a osato assumere il potere col suo lt-ttder, che è l'on. Meda; che non ha osato, dando esempio di vera pusillanimità morale, coilaborare col Bonomi per via del fatto guerra; e che, infine, ha dato due modeste comparse - come un notaio e un pompiere - alla terza incarnazione N itti.

Queste Ie recentj vicende del Pipi.

Volere o no, il Partito Pppolare si è fatto far fesso, pe[ dirla in gergo, ed esèe malamente compromesso, specie nei confronti del P art ito concorrente, che è qu.eIIo Socialista Ufficiale.

Questi gli elementi essenziali che si p resentano a un primo rapido esame della situazione.

Quanto alla soluzione, ci piace riportare l'ordi ne del giorno vo· tato alla recente adunata dei Fasci d i Combattimento, nel .quale, « constatata di fronte alle ri valità e alla concorrenza delle <lue demagogie, - la rossa e la nera - l'impossibilità del funzionamento norma le e ricostruttivo del Parlamento e la pacificazione del paese, s'invitano i

I ! ! 26 OPERA OMNIA D1 BENITO MUSSOUNI

fascis ti ad agita ce la necessità dello scioglimento della Camer a e a p repa ra re an imi e mezzi p~r u na n uova consultazione dd popolo italiano».

E evidente che co ll'attuale Camera n on c'è mezzo di governa re. Presto o tardi, bisogna riportare la cr isi da l Parla mento al Paese .

MUSSOLIN I

Da il Pop olo d'Italia, N . 138, 10: g iugno 19 20, VII.

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI , ECC. 27

ITALIA E ALBANIA

VIA DA VALO N A ? NO !

Nel nostro primo commento alle vicende albanesi, sulle qua.li bisognerà fare presto amplissima luce per assodare le eventuali, anzi certe responsabilità del Governo, osavamo sperare che i socialisti stessi avrebbero ammesso che l'Italia non può abbandonare Valona. Ci siamo ingan nati e questo dimostra che fra noi e quella gente esiste una vera e propria e insuperabile incompatjbilità morale e mentale, nonché politica , per cui, fra noi e loro, sarà lotta aspriss ima e fino all'estremo.

La nota che il foglio pussista ha dedicato agli avvenimenti d'Alban ia dimostra ancora una volta che il socialismo italiano è sempre e soprattutto e pregiudizialmente anti-italiano.

« Via dall'Albania!», grida l'organone pussista. Grido inutile ormai, perché la nostra occupazione albanese è limitata a Valona. Lasciamo pure agli albanesi le scuole, le strade, i ponti, le case, gli ospedali che i soldati italiani h anno costruito durante 1a loro pacifica occupazione; lasciamo pure tutta l'Albania ai cosiddetti albanesi; ma Valona no! Non si può, finché il regno della fratellanza universale non sia giunto, privare l'Italia della base navale di Valona L'A vanti.I giustifica tutte le guerre nazionali, specialmente quando s iano dirette contro l'Italia, Giusto è che gli elementi egiziani facciano la guerra agl i inglesi; i tu rchi ai greci; g li albanesi agli.... ital ian i; ma non era giusto ~he g li· italiani facessero la g uerra agli austriaci. Perché la stigmata obbrobriosa del pussismo italiano è quella di esaltare tutte le guerre nazionali degli altri popoli e di v ituperare la guerra nazionale degli italiani.

« Gli albanesi - stride l'A vanJi! - ricacciando in mare gli invasori i taliani, sono dalla parte d ella giustizia; mentre l' Italia, tentando di imporre il suo giogo .i. una nazione europea, illustre per t radizioni e per amore di libertà, comp ie un' opt"ra infame, un atto di brigantaggio e di rapina».

Se gli albanesi sono dalla parte della giustizia .perché ricacciano gli invasori italiani, a filo della stessa logica erano dalla p arte della giu· stizia gli ita lian i quando r icacciavano g li ,invasori austriaci; salvo che,

trattandosi dell'Italia, l'Avanti! era - naturalmente ..- dalla parte dell' Austria.

Quanto poi all'illustre nazione albanese, coloro che sono stati in Alban ia: e si contano a migliaia, hanno visto che razza di nazione e di civiltà fosse e sia quella albanese. Ma lo stesso Avantì!, ne lla stessa colonna, toglie il IU5tro all'illustre Albania, narrando come sia ben for. nìta « di armi da g reci e da serbi>>. Per cui l'Albania illustre, che fu già strumento, a volta a volta, di austriaci e di turchi, è, oggi, strumento di g reci e di serbi. Me la saluta lei, inverecondo ciarlatano dell'Avanti /, la coscienza nazionale dell'illustre Albania?

' Il giuocq dell'Avanti! è questo : confondere l'Alban ia, tutta l'Alban ia, con Valona, che è una città - o villaggio - dell'Albania, base riconosciutaci dal trattato di pace. Ammesso per bocca dello stesso

A v,,mti! che i cosiddetti ribelli albanesi sono al soldo dei g reci e dei serbi, quindi degli inglesi e dei francesi, emerge una ragione di più per legittimare la n ostra resistenZ.'.l. a V alona.

L'Inghi lterra sta a Gibilterra, che è spag nola ; a Malta, che è italiana; a Cipro, che è greca. La Francia sta - per suo conto - sulle coste mediterranee del Marocco, dell'Algeria e della Tunisia. E non è mai passato per l'anticamera del cervello del più estremista lavoratore britannico o francese l'idea di reclamare lo sgombero di quelle terre e di quelle basi. Avete mai sentito che dei lavoratori inglesi abbiano lanciato jl grido « Via da Cipro! Via da M alta! Via d a Gibilterra ! ». Eh no. I lavorato ri inglesi ci tengono a quelle basi, perché sanno che da esse dipende l'egemonia ·inglese nel Mediterraneo. Solo i socialist i italiani - nella lo ro imbecille fobia anti-nazionale - g ri dano « V ia da Valona!».

Si capisce! Bisogna favori re e serbi e g reci e francesi e inglesi, pur di danneggiare l'Italia, pur di farla accerchiare nel suo mare. T utt i i popoli e tutte le tribù hanno diritto di vita e d'ind ipendenza; l'Ital ia, no. I socialisti ita liani vivono e prosper ano sulle rovine e le umili azioni della naz ione, simili ai corvi repelle nti ch e mangiano i morti!

DAL SECONDO CONGRESSO DEI
ECC, 29
FASC[,
Da li Popoln d ' Italia, N. 139, 11 ,11:iugno 1920, V II
MU SSO LINI

LA SITUAZIONE POLITICA*

J\fusJOlini parla brevemenJe per dire che concorda con il disc orso Bianchi.

Il . voto che emetteremo questa sera è il voto di una falange di uomini che tiene più a lla difesa del Paese che alla alimentazione dei ranco ri politici, ·

Comm1q11e pemtJ che lo s/euo Giolitti non abbia in1ere11e a provocare la no stra osiilitJ. (A que~Jo punto il presidente legge l'ordine del giomo compilalo da Bianchi e che i lei/ori pouono leggere nell'articolo di fondo di qu esto st eu o numero•*. L'a.uemblea l'appro va, fra grandi applausi, all'ummimità).

* Riassunto delle dichiarazioni fatte a Milano, nella sede dell'Alleanza industriale e commerciale sita in piana San Sepolcro 9, la sera dell'll giugno 1920, durante l'assemblea d el Fascio Milanese di Combattimento. Prima di Mussolini, avevano parlato Michele Bianchi, Ronconi e Fraschini. (Da li Popolo d'/1aJia, N. 140, 12 i;iugno 1920, VII).

•• (.H).

••• Indi, « Mussolini presenta ed illustra il seguente ordine del giorno:

«" Il Pauiq Milàn N e di Co1f}bauimettlo riliene ,he per le daui /avora1,ìd e impiega1i11irhe non debbdJlo euere aJ1m en1a1i gli aJIJlali prezzi del pane e d ell, /)4.!I, e , he il deficit del ,onurvtJ.Jo prezzo polùiro del ptt11e deve euere atlenualf'o:

«" 1) Da ,ma inJemifirazione fino al pouihi/e delle noJ/rl rof111re u reali/ert;

«" 2) D11ll'aJ1J1azione immed141a di q11e/ romp/euo di misPre finali rùhieste nn poJ/11/ati d'ordin e finanziario dei Pa.Jri llaUani di Co mba11imtnto ".

« L'ordine d el giorno risulta approvato ~r acclamuione o (Da Il Popolo d'Italia , N. 140, 12 giug no 1920, VJJ}

*"'"'

IL RITORNO

In una assemblea affollata del Fascio Milanese dì Combattimento, è stato, ieri sera, votato all'unanimità il seguente ordine del giorno:

« L'assemblea del Fa.scio Milanese di Combattimento saluta con soddisfa. :zione la caduta irreparabile del ministro Nltti, l'uomo ne fasto delle ded izioni all'interno e delle r inunce al l'estero; riconferma il voto d ell' ad unata nu.ional e circa la n ecessità d i una nuovti prossima consultazione dd popolo italiano~ e, di fronte alla possibilità d i un ministero Gi olitti, non dimentica il recente ed il passato dell'uomo, e lo attende, senza issarsi in atteggiamenti aprioristici, alla p rova d ei fatti » .

Quest'ordine del giorno risponde al nostro atteggiamento e alla situazione re.1.le; né ha bisogno di un lungo commento illustrativo. t posit ivo che in noi interventisti durante la neutr:1lità, oltranzisti durante la guerra e antirinunciatari durante l'armistizio, l'avvento dì Giolitti al potere provoca -un' imp ressione irresistibile di ripulsa, paugonabile a quella di colui che deve a forza tracannare µna medicina ingrata.

Ma noi si::tmo troppo spregiudicati per fermarci su questa imp ressione soggettiva di disgusto. Non partecipiamo, perciò, al coro unanime di laudi e di speranze che saluta il ritorno al potere d i G iovanni Giolitti e ch e viene intonato a gran voce da .molti amici ch e si battero no bravamente con noi contro la neu~ralità e il «parecchio». AncJ,c queste laudi feriscono non poco la nostra sensibilità. Ciò d etto, ·ci rifi utiamo, in nome del fascismo, di fissarci in un atteggiamen to ap rio rist ico pro o contro G iolitti. 11 fascismo non ha di queste malinconie.

N é si veste a l utto per il fatto che Giolitti ritorna, dopo essere stato lapidato e ostracizzato. 1:. il destino degli uomini pubblici quell o di passare dalla polvere agli altari e viceversa.

Le circostanze del 1915 schiantarono Giolitti; le circostanze del 1920 · lo richiamano all'orizzonte. Anche il Partito Socialista frantuma i suoi ìdoli e poi torna ad adorarli. Gli uomini politici non sono mai morti, nemmeno quando ricevono sul ventre Je quattro rituali palate di ter ra; perché anche allora, e talvolta a distanza di secoli e di decenni, vengono esaltati e demoliti. N~ il ritorno di Giolitti può significare sconfessione della guerra. Il fatto storico non si cancella. La guerra è stata. l a vittoria è stata. Giolitti non può ignorare la guerra, non può p assare la

B. · X V.

spugna su Vittorio Veneto. B assurdo. Per questo, bisognerebbe t occare u na nota che Giolitti, intelligentemente, non toccherà mai, per quante suggestioni g li vengano dalle sue t ri bù. Ciò ch e è avvenuto dopo il 24 maggio recente, dimostra c~e. nonostante i centocinquantasei deputati social isti, le correnti nazionali sòno ancora fortissime e non soltanto a Roma. ·Jl nostro atteggiamento sarà, come si dice n ell'ordine del giorno, d eterm inato dai fatti. Se Giolitti si deciderà ad applica re il patto di Londra - e oramai non c'è altro da fare (gli stessi più accaniti rinunciatari dovrebbero confessarlo) - egli, g ià contrario alla guerra, si troverà a rnnsacrare, per un paradosso sig ni ficativo, Ia vittoria. Un'oscur.:i. intuizione fa sperare che, come Salandra nel 1915 ci liberò dalla opprimente tutela del blocco austro-tedesco, Ja p olit ica giolittiana ci libererà un p oco daJJa oramai asfissiante egemon ia anglosassone. Giusta o avventata questa previsione, s i vedrà dai fatti.

· Passando a ll'i nterno, se Giolitti parrà mano alla soluzione d ei proble mi interni ch e oramai tutti conoscono nei loro termini essenziali, una op posizione « apriori stica » sarebbe assurda. Non ci fa cc iamo troppe illusioni. N on si deve giudicare la situazione odierna riportandosi all'anteguerra, pe rché molti elementi sono cambiati. Non bisogna crede re al miracolo immediato, né puntare sulrinsuccesso altrettanto immed iato. Attendiamo coffarma al piede.

La riserva mprema, per la 1alvezz(, d'Italia, oggi e d,0111a11i, s/11 a Fillm e MUSSOLINI

32 OPE.RA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
D a Il Popol o d'IJal//1, N 140, 12 giui;:no 19:?0, VII.

RESTARE A VALONA !

Roma tace, Le alte sferè miljtari, diplomatiche, politiche, al paese angosciato che attende, non hanno ancora saputo dire una parola. Non si tratta tanto d i sapere « perché » gli albanesi, che hanno ricevuto dall'Italia a iuti materiali e morali d'ogni specie, ci ricompensino in tale squisita maniera balca nica; ma è lecito chiedere e si è in dir itto di sapere «come» è avvenuto che i nostri presidi siano stati sorpresi; come è avvenuto che per le belle strade camionabili costru it e dag li italiani, i cosiddetti inso rt i albanesi siano g iunti sino alle case di Va lona.

Le domand e che noi ponenuno sin dal primo momento sono rimaste senza risposta. Il Comand o delle nostre truppe in A lba.nia dov'era ? Cosa faceva? Quella dozzina di generali che risiedevano a Valona, in quale mai beata incoscienza vivevano? Assodare le responsabilità e punire immediatamente e severamente i colpevoli - a,rche colla fucilazùmeè il mezzo che si impone perché i soldati partano volentieri a difendere Valona e 1a v ita dei loro compagni assediati.

:E! palese oramai che il Comando militare e civile non funzio nava e che il famoso cam}X> trincerato di Valona non aveva trincee e non aveva uomini. Chi ha mancato, Qeve pagare. Gli incoscienti e gli imprevidenti devono pagare. Non basta ristabilire la situazione attorno a Valona e salvare la città: bisogna punire duramente i colpevoli .

Siamo l ieti intanto di constatare che la nostra tesi sull:l. necessità assoluta, fondamentale di non abbandonare Valona, trova consensi anche in altri campi. ] eri l'Italia, organo milanese del Partito Pololare, av~va una nota molto energica sull' argomento. La riportiamo, perché a noi fa molto piacere - a noi che non intendiamo fare dell'anticlericalismo idiota vecchio stile - constatare che la tutela dei vitali interessi della nazione si impone a h 1tti i cittadini, al disopra dei singoli P artit i.

Dopo aver n:1rrato i prcced cnti, l'Italia così scrive:

« A parie questa d ivagazione, è importante ora fissare un punlo essenziale . La questione di Valona non è questione coloniale, come facilmente alle moltitudini si tenta dare a bere; essa è cosa vitale e connessa al minimum di vita e di respiro internaziona le per il popolo .italiano.

« Messa fu ori d iscus sione 1.1 inùipenùen:za albrnese, n essun Governo italiano, degno di questo nome, a qualsiasi Partito o conce:zione socia le app artenga, potrà

mai consentire nelle attuali condizioni internazionali a ll'abbandono di V alona, se non abdicando a lle necessità, nOn solo morali, ma ben an co materiali del popolò nostro.

« Va lona si potrebbe abbandonare solo se una organizzazione superiore agli egoismi e agli interessi di t utti g li Stati ci garantisse la sicurezza dell'Adriatico, sia nei tempi tranquilli, s ia in quelli turbinosi, Tale organizzazione oggi manca assolutamente Le "inte!nazionali " , che si tentano, sono ancora allo stato di abbozzo; certo i tentati vi sono l odevolissimi e tali da meritare plauso, consenso unani me e fattiva operosità.; ma, oggi come oggi, non vi è organismo s uperiore capace di impor si nelle questioni politiche internazionali.

e< Perciò, abbandonare Valona equivarrebbe a tradire l'avvenire d'Ital ia. Ci pensino capipopolo e agitatori oggi trincerati dietro criminose irresponsabilità; d ~nsi il Governo, che deve essere forza animatrice e rcSponsabile )),

Cosl l'Italia. M a gli stessi sociali st i, davanti alla rea ltà accecante, m odificano un -po' l'indecente atteggiamento albancsofilo assunto dal· l'organo quotidiano d el Partito. Cosl dev'essere interpretato l'ordine· del giorno votato·dal Comitato direttivo del Gruppo parlamentare pus· sista. Lasc iamo andare lo sc herno sul « vano e grottesco sforio dcll'imperiaJìsmo italiano in Albania». Il che rientra nell'abitu dine dei. socialisti italiani - abitudine inveterata - che consiste nello sputare, Con particolare voluttà, sulritalia. Ma chi è stato in Albania, nella zona già occupata dalle nostre truppe - e nessuno dei socia.listi autori dell'ordine del giorno c'è stato - sa quali mirabili opere di bon ifica, d i risanamento, di viabilità sono state compi ut~ dal « vano e grottesco sforzo» dell'imperialismo italiano. C'è, nell'ordine del g iorno socialpussista, un'affermazione notevole, che smentisce in pieno i zelatori che sull'A vanti! ca.ritarono la laude all'illustre nazione albanese.

« Pur convinto - dice l'ordine de l giorno - che dietro al g rosso bri• gantaggio politico dei feud:1tari a lbanesi ammantati da patriottismo si muovono influenze strani ere e riva lità capitalist iche »

Oh, a llora ! Non è dunque vero che l'illustre naz ione alb:JI1ese lotta per fa sua indipendenza, come tentava di dare a bere l'organone SO· cialista; è vero, invece, che le bande ribelli sono agli ordini e al soldo d'influenze st raniere e di rivalità capitalistiche, Domandiamo: l'Italia, nazione proletaria, perché deve sempre ed invariabilmente subire le influenze straniere e il gioco delle rivalità capitalistiche?

L'ordine del giorno socialista conclude con un invito generico:

<1. Al Governo ìtaliano per il sollecito abbandono in Albania e ovunque di ogni po litica di conqui sfe militari, non -solo inutili ma anzi esiziali alle legittime espansioni dei traffici ed alla libe ra ricerca d i lavoro da patte di og ni proletariato in ogni terra».

34 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

Siamo perfettamente d'accordo circa l'abbandono da parte dell'Italia di ogni politica di conquiste militari; ma dove mai l'Italia, fa, oggi, questa politica? In Albania? No. Ma noi poniamo ai Socialisti un quesito molto chiaro, molto semplice e al quale essi devono dare Wla risposta altrettanto chiara e monosiilabica: nelle altudì , ondizioni del mondo, nelle attuali condizioni del Mediterraneo e dell'Adriatico, può /' Italia, deve l'Jtalia abbandonare Valona? ·

MUSSOLI NI

Da Il Popolo d'llalid, N. 141, 13 giugno 1920, VH

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 35

RESTARE A VALONA !

Oggi, a Milano, si riuniranno i sommi prelati della chiesa rossa, per di scutere sulle vicende albanesi e per vedere se ci sia il p retesto sufficente per inscenare un' altn~. speculazione politica, assai profittevole nell 'imminenza delle efozioni amministfative. Per fortuna il p retesto sembra cadere. Gli alpini, i fanti e gli operai che lavoravano ne i din• torni di Valona e insegnarono come si lavora agli albanesi, che di Ja. vorace non hanno mai avuta voglia, non hanno atteso, per d ifendersi e difendere Valona, l'autorizzazione del professore Egidio Gennari e deiron. Mi siano. Un comunicato ufficiale dice che il punto critico dell~ situazione è passato. Crediamo anche noi che i rinforzi di t ruppa finiranno per disperdere le bande e garantire, per sempre, Valona, Quanto agli ispiratori del moto, non c'è dubbio che s i tratti di serbi e anche di g reci Lo stesso Avanti.' è costretto - dalla insopprimibile realtà dei fatt iad ammctterlo più o meno esplicitamente.

« Siamo convinti - dice 1'Ava11ti . ' - anche noi che non solo l'Italia è col· pevole di queste mire affaristiche e ìmp,:rialistiche, ma che laggiù c'è una gara di appetiti internazionali. Possiamo anche ammettere che greci e jugoslavi profittino del r isentimento del popolo albant'Se per sban zzarsi di un concorrente lontano che ha minori di ritti degli altri di occuparsi delle cose albanesi Ma queste- sono ragioni che- rafforzano in noi il proposito di non impegnarci in avventure che sono gravi e pericolose, 11ppunto perché più contrastate. Tutto ciò però ha un valore secondario di fronte a questa afferma zione recisa e categorica: il popolo italiano n on vuole più saperne di avventure di guerra. Per nessuna ragione eJ a q ualunque costo Se le tru ppe italiane si trovano m:ile a Va lona, se ne vadano via, perché quella non ! casa loro. Ved iamo già intanto una ripresa. di sintomi guerreschi, che p rovano come in Certa gente la lezione ultima della guCrra, con le .sue consegumze, niente ha servito».

n umiliante veder. della gente che ragiona in siffatto modo. I fa. cile dire che « se le truppe italiane si trovano male a Valona, se ne vadano » . Questi sono grotteschi luoghi comuni. Nemmeno un Governo di socialist i presieduto da Serrati pot rebbe disinteressarSi delle sorti d i Valona, come Lenin, del resto, non si è disinteressato di n essuno d ei territori che appartene'vano a ll:ex-imi,ero; o là dove i diritti della Russia - come a Bacu - es ì~tcvano. Lenin li ha rivendicati, dichiaran-

dosi in istato di guerra colla Turchia. La questione alla quale i socialisti non possono sfuggire, si pone in questi preèisi termini: Valona deve diventare un aJtro anello della catena di ostilità che circonda l'ltalia nel Mediterraneo? Valona devè diventare unà pistola jugoslava p u n, tata contro l'Italia? Ora, parlare di avventure di gU.erra, è un'esagerazione e un falso. Nessuno in ltalia sogna queste avventure. Nessuno ha interesse a queste avventure. Nemmeno i pescìcani, i qualì si propongono di digerire il bottino, non di comprometterlo, attraverso nuo\'i, imprevedibili risch i di guerra. Se un imperialismo militare italiano èsist e, noi siamo pront i a combatterlo. Se c'è qualcuno che vagheggia nuove gesta di guerra, è un nemico da isolare e da condannare. A questo p roposito c'è una unanimità riazionale. Ma, salvo taluni socialisti, un'altra unanimità nazionale esiste: quella che impone di rimanere a Valona . Combattere, se esiste, il nostro imperialismo va benissimo; m a bisogna guardarsi dal fa re gli interessi di un altro imperialismo, più vorace e pericoloso del nostro: quello jugoslavo. Ora, difendere Valona, presidiare Valona, fare di Valona un inespugnabi le ca mpo trincerato - abbia mo migliaia d ì cannoni e decine di migliaia d i m it ragliatrici disponibil inon significa imbarcarsi in nuove avventure mil itari, come , ,ogliono dare ad intendere i socialisti; significa invece garantire la nostra tranquillità nell'Adriatico, significa allontanare i pericoli di nuove guerre. La lotta anti-imperiaHsta impone la recipro~nza; altrimenti si r isolve nel favoreggia mento dell 'imperialismo più aggressivo, com"è il caso attuale. La verità è che l'ltalia stava sgombrando l'Alban ia; applicava, dunque, il principio d ell'Albania agli albanesi. Ma questo sgombro è stato interpretato - balcanicamente - come un atto di debolezza e l' imperialismo jugoslavo ne ha profittato.

A Valonà d siamo e a Valona bisogna restare a qualunque cost o Se fosse necessario s i troverebbero decine di migliaia di volontari. Abbandoneremo Valona quando i proletari ing lesi ( ch e non ci p ensano nemmeno!) avèanno imposto al lo ro Governo d i abban donare G ibilterra e Malta e Cipro e g li innwncrevoli punti strategici che in tutti i continenti garantiscono gli affari e il dominio della metropoli.

MUSSOLINI

DAL SECONDO CONGRESSO DEI
FASCI, ECC. 37
Da." Il P.opolo d'llalia , N. 142, lS giugno 1920, Vll.

DOPO I FATn DI TRIESTE

ANNETTERE E RIPULIRE !

Nei fatti di Trieste ci sono due elementi da prendere in considerazione: l'ammutinamento di alcuni g ruppi di arditi e il tentativo di ri\'olta da parte del popolino più o meno tesserato del pus.

Lungi da noi il proposito di g iustificare l'ammutinamento degli arditi. Crediamo tuttavia necessario spiegarlo a ch i ignora o dimentica.

Gli arditi furono esaltati durante l'ultima fase della guerra e l'esaltazione fu meritata. A loro si deve, in gran parte, il capovolgimento della nostra situazione sul Piave. Furono. i nostri magnifici battaglioni d'assalto ch e sfondarono le lince nemiche e permisero l'avanzata travolgente al grosso delle fanterie. « Viva gli arditi!», si gridava, dunque, allora; ed era g iusto. Tale ondata d'entusiasmo durò anche dopo l'armistizio. Poi, Je cose cambiarono. Talune delle supreme autorità militari cominciarono a sfottere gli arditi; quasi a punizione la prima divisione. d'assalto fu mandata in Libia. Gli altri battaglioni furono disciolti al b chetichella. Nessuno celebrò come si doveva il trionfo militare degli arditi Poi, cominciarono, da parte d ei socialisti, le diffamazioni e le calunnie.

Jn quest i ultimi mesi, gli arditi disseminati neJJa Veneiia Giulia erano circondati dall'antipatia di tutti g li elementi anti-italiani, ~entre dalle alte sfere si continuava nella solita tattica di sfottimento.

Con questo stato d'animo e con Ja sobillazione degli estremisti triestin i - che sono i p iù odiosi d'Italia - sì g iunse all' ammutinamento. n stato un attimO di follia. Dopo poche ore, allegramente, gli arditi, inquadrati, sOno partiti per l'Albania e l'ep isodio di Trieste non può oscurare b splendida storia di eroismo e di sacrificio degli arditi italiani.

Quanto alla rivolta del popolino bisogna tener presente:

1. che il p11s triestino è anti-i taliano e austriacante per eccellenza;

2. che la condotta de lle autorità italiane, da Petitti a Mosconi, è stata così in certa, così idiota, cosi debole da scoraggiare i patrioti e da incoraggiare g li altri;

,. che a Trieste vivono, prosperano e tramano contro l'Jtalia migliaia di austriacanti jugoslavi .

Ne consegue, da tutto dò, Wl imperativo catego rico. Questo: Bisogna ripulire energicamente Trieste. E per ripulire bisogna cominciare con quello che si doveva fare siO: dal principio: annettere la città. Finirla col regime d'armistizio, che scontenta tutti e insid ia la ripresa di affari dell'emporio triestino.

Dopo diciotto mesi dalla vittoria, è tempo di gridare e d'imporre l'annessione!

I fascisti triestini devono cominciare l'agitazione annessionista, inscenarla in grande stile e non desistere sino a quando da Roma non sia partita la parola che renderà definitivo il fatto compiuto di rticstc italiana.

Da Il Popolo d' /Jt:1/ia, N. 112, 15 giugno 1920, VII.

DAL SHCONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 39
" ·

PATRIA E FAZIONE

Se la composizione del nuovo ministero può essere - com'è certamente! - un indice delle direttive che seguirà e degli intendimenti con cui fu formato, non v 'è dubbio che i nomi dcl!a lista g iustificano l'agnost icismo nostro e dei fasci sti m ilanesi Giolitti, l'uomo della n eutralità nel 19 15, si circonda di molti uomini che furono co:n noi nelle battaglie dell 'inte rve nto e che, dopo l'armist izio, non ebbero mai i contorcimenti' penosi dei maddaleni pentiti. Se si vuole attribuire ancora un senso alle vecchie parole di neutralisti e ~i interventisti, si può stabi lire che il ministero Giolitti è piuttosto interven tista; non certo n eutralisla B isogna convincersi, però, che queste parole hanno oramai un senso retrospettivo. L' intervento è stato. La vittoria c'è stata Ora si tratta di realizza rla. Tra Nitti e Giolitti, quest'ultimo ha certamente attitudini per real izzarla. Un ministero dove al Tesoro c'C l'on. 1..feda; alla Giustizia l'on. Fera; alla Guerra l'on. Bonom i; al Lavoro Arturo Labriola, è un ministero che non si può condannare a prio,;, Si d eve attenderlo alla prova dei fatti.

Non v'è dubbio che qualitativamente - in fatto di uominiil nuo,•o min istero si presenta bene. I valori personali abbondano. lo Sforza ha una preparazione di plom:it ica che g li permette di affrontare immediatamente j problemi che interessano l'Itali a : l'Adriatico e Jc riparazioni. Tutti gli altri ministri h anno, nel complesso, le attitud ini tecniche e il vig ore mentale per affron tare la difficile situaz ione. La base su rui poggia il nuovo min istero è sufficentemente vasta per garan-. tirgli una discreta maggioranza. Finora p er l'opposizione s i sono pronunciati i socialisti, i cosiddetti rinnovato ri, coi quali finiranno per confondersi i dieci o dodici repubbl icani: un complesso di centottanta vot i, salvo gli squagliamenti inevitabili dei socialisti. Sosterranno, invece, il ministero Giolitti i popolari e le frazioni democratiche e costituzionali, con un complesso di voti che varia dai duecento ai duecentotrenta. 11 ministero ha dunque garantita la maggioran2a. Quanto al programma, l'attesa sarà breve. :E inutile riportarsi al discorso di Dronero del 13 ot tobre ed è anche insufficente rievocare la troppo sommaria intervista concessa recentemente d:1 G iolitti aila Tribmut. Il programma del nuovo mini stero non potrà ignorare le voci, gli interess i e la pas-

sione del popolo italiano. ln materia di politica estera, il popolo italiano vuole risolta fa questione adriatica coll'applica.zione del patto di Londra e l'annessione di Fiume; vuole iniziare una politica di autonomia nei riguardi dei nostri Alleati; una politica di riavvicinamento nei confronti degli ex-nemici (con particolare attenzione all'Ungheria e alla Bulgaria); una politica dì contatto e d'intesa con tutti i popoli dell'Oriente europeo.

In materia di politica interna è urgente sistemare i muti.lati e i combattenti; spezzare Je tirannie dei gruppi in seno ai servizi pubblici; risolvere, insomma, il conAìtto d'autorità, affrontando, non eludendo, l'inevitabile necessaria battaglia; è urgente l'applicazione di rigorose misure li.scali, secondo ì postulati fascisti che contemplano la confisca dei sopraprofitti di guerra, la leva dei patrimoni, la tassazione d elle eredità; è urgente affrontare il problema delle case e queHo del caro-v iveri, combattendo la speculazione, ma sopratt utto togl iendo alle industrie, a i commerci, a lla vita economica Ja pesante, nonché collettivistica ba rdatura di guerra.

Questi, p er sommi capi, sono i problemi p resenti alla coscienza n azionale, in quest'ora c ritica della nostra storia. Noi non ci culliamo nell'attesa del miracolo. I compiti della ricostruzione post-bellica sono immensi.

Occorrono volontà di ferro e ostinata tenacia di propositi. In olt re, una fede - come la nostra - incrollabile nei destini d'Ita lia.

MUSSOLINI

Da Il Pop olo d' Italia, N . 143, 16 giugno 1920, VU.

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI,
--i.I
ECC,

IN GERMANIA ELEZIONI E CRISI

Abbiamo, finalmente, il comp~to esatto dei voti riport:iti, dai partiti politici tedeschi scesi in lotta nelle recenti elezioni e il numero dei deputati e letti , Ll troviamo nel numero del 9 giugno del V orwaerls.

.:E. g ià stato detto, ed è vero, che queste el ezioni hanno schiacciato i partiti intermed i e rafforzato i partiti estremi, esclusi gli estremiss imi o comunisti spartachiani, che mandano due deputati al Reichstag ed hànno riportato un numero esiguo di voti. Alcuni confronti fra i risultati dell e elezioni del 1919 e q uell i del 1920, sono eloquenti e dispensano da lunghe postille illustrative.

I votanti furono 25 .719.067 . Nel 1919 il Partito Nazionale Popolare Tedesco riportò 2,739.196 voti cd ebbe 42 d eputati. Nel 1920 h:i. ottenuto 3.638.857 voti con 65 deputati. Aumento: un mil ione circa di vot i Per essere esatti 899.661.

Aumento notevolissimo, perché il Part ito Nazionale Popolare Tedesco è il Partito ch e r accoglie g ran parte degli elementi fautori dell'ancien régime !! il più destro fra i partiti di destra.

Il Partito Popolare Tedesco (D e11tuhe VQ/l:1par1e1) è un po' meno destro, ma è di tendenze conservatrici e non ama la repubblica. Anche questo P artito h a fatto un formidabile ba lzo innanzi.

Nel 1919 ebbe voti 1.1 06.408 e 21 deputati. Nel 1920 ha raccolto ben 3.456. 131 voti con 61 deputati. Aumento esatto: 2.349.723.

Il Centro, che corrisponde rebbe - in parte -al nostro Pipi, è stato sconfitto. , E si· capisce. Faceva pàrte della coalizione governa tiva .

Nel 1919 ebbe voti 5.368.804 con 88 deputati. Nel 1920 è disceso a 3.500.800 con 67 deputati. Un balzo all'indietro di due milioni di voti.

Un altro Partito della coalizione a ncora più duramente p rovato nella recente lotta è quello Democratico. Nel 19 19 raccolse 5.5 52 .936 vot i e mandò a Weimar 73 deputati. Nel 1920 è disceso a 2.152. 509 con 44 deputati

U na vera e propria disfatta elettora le ha riportato il Partito Socialista M aggioritario, che reggeva il timone della coalizione governativa. D a ll.112.450 voti con 16 3 deputati, ottenuti nel 1919, il Partitò, che

ha. ~r organo il VorwaertJ, è precipitato a 5.531.157 voti con 110 deputati.

Il Partito che ha guadagnato il favore delle masse è sta.to quello dei socialisti indipendenti, che da 2.186.305 voti raccolti nel 1919 con 22 deputati è salito al doppio con 4,809.862 voti e 80 deputati.

Trascuriamo i Partiti minori, compresi i comunisti sovietisti, sui quali potremmo esercitare' la facile ironia che quei signori dell'Avanti! usa· rono contro i fascisti e tiriamo le somme.

I due Partiti socialisti organizzati_ hanno raccolto un totale di voti imponente: 9 ,941.000 voti.

I tre Partiti che chiameremo, e sono, borghesi - il Partito Nazionale Popolare Tedesco (Deutsche Natiomt!e Volk sparter), il Partito Popolare Tedesco (D eutuhe V olksp(lrle1), e il Centro - supera.no il totale dei voti socialisti, raggiungendo ben 10.595 .782 voti.

Se si aggiungono a questi i voti dei democratici, che sono in g ran parte borghesi, tepidamente repubblicani, i Partiti dell'ordine sono in maggioranza di due milioni di voti.

Il risultato delle elezioni t edesche ci mostra che la Germania non è bolscevica e non può essere bolscèvizzata, nemmeno pe[ disperazione. Poiché anche i maggioritari sono antì-bolsccvichi e fedeli al socialismo democratico, il totale dei suffragi anti-bolscevichi sale all'enorme cifra di D milioni di voti.

Si consideri, poi, che gli indipendenti sono divisi in tre tendenze, dì cui solo una è bolscevizzante e si vedrà come sia lecito afferma re che non c'è pericolo di assistere in Germania ad un:'applica zione _ di quello che Kautsky h :i. chiamato socialismo asiatico. La Germania è refrattaria al bolscevismo e non potrebbe essere altrimenti.

Quanto alla sìtuazione politica, dato l'atteggia.mento negativo degli indipendenti e dei maggioritari, un solo Governo è poss ibile: quello della coali2 ione borghese.

Né si deve escludere un altro appello alle urne, preceduto forse da qualche p111!ch.

MÙSSOLINI

Da li Popolo d'Italia, N. 144, 17 giugno 1920, VII.

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 43

UN «REAZION ARIO»

RINALDO RIGOLA

Roma, 16.

L'on. Rinaldo Rigola, già segretario generale della Confederazione del L1Yoro, scrive sullo sciopero di .Milano questo articolo.

o: Tutti convengono n el riconoscere che vi è sproporzi one tra lo sciopero cronico dei pubbli ci servizi e le cause d a cui è orig inato. G li stessi attori sono convinti di ciò Eppure sembra che non vi sia più forza d i inibiz.ione negli uomini e che tutti corrano verso l' ignoto, come sospint i da un fa to cui non si possa resistere

« Prendiamo Io sciopero f erroviario di Mi lano. La causa è nota I fr rrovieri milanesi ha nno voluto rendersi solida.Ji co i compag ni di Cremona e portare nella vertenza il p eso dd loro sciopero Ora, finché questa tattica viene applicata a ll' industria privata, il danno generale può essere grande, ma non irrepara bi le. Trattandosi di pubblico scr Vi2io cosl indispensabile, chi ne sopporta le conseguenze è la cittadinanu e più :tncon la parte meno facoltosa della cittadina nu stessa. ·

« Cosl non la può durare Lo dicono tu tti, conservatori e rivoluzionar i Meglio cento volte sopportare un cataclisma sociale, piuttosto che sopportare le t ormentose ansie di un lento e prog ressiv o disfacimento delle pi ù supe rbe conq uiste della civilt:i..

4 La r ivolu zione non è che la sostituzione di un nuovo o rdine nell'ord ine esistente. Essa suppone una mente direttiva ed un a preformata volontl nelreser• cito ri voluzion ario d i realizzare un dato disegno. M a gui cosa abbiamo? Cerca e cerca, in fondo non c'è nulla. Ossia c'è de ll'esasperazione, dd ma lcontento sp:1· smodico, fo rse una indefin ita e indefinibile aspi razione ad un rivolg imento, senza che tutto ciò si colori di un programma. I: i l peggio che possa toccare a u n paese.

t< lo mi d ispenso dall'obbligo d i fa re le solite recriminazioni contro i Governi. I G ove rni h anno certamente de i to rt i imperdonabili, ma sarebbe vano far ris:ilire a questi soli la responsabilìtà de l generale smarrimento.

Non dobbiamo dimenticare che la salve zza è in noi, specie quando i G overni falliscono alla prova. Orsù, cosa d obbiamo fare?

t< Cè s tata la guerra, grande iattura in verità, poiché ha ridotto i popoli alla miseria. M a forse questo un motivo perché ì lavoratori si faccian o nemici di se stessi e aggravino sempre più le loro g ià mh ere condizioni? Si riflet1:1 che noi noo abbiamo a ncora toccato il fondo d ell' ab isso. Il peggio per la classe o~r:aia potrà venire quando la domanda di consumo sani mo:-no g rande di gue-1 che oggi non sia, anche senza atte ndere la ctisi d i sovrap roduzione. O ispttdere le forze de l lavoro in queste condizioni è preparare la r ovina del prolctarfa to insieme a quella della borghesia. ·

« Io sono quindi sempre del parere che non convenga ii.busuc d ello sciopero economico. Non conviene quando lo sciopero è fatto contro il privato i mprendi1ore e conviene assai meno quando è rivolto contro un pubblico servizio di primissima necessità. N on c'è dubbio che lo sciopero · ferroviario che co lpisce in questo rnomen10 la regione lombarda, è uno sciopero economico, anzi sindaca le, poiché si tratta, in sostanza, a l dire dei dirigenti più autorevoli, della difcs :a della dignilà ·dcll"organizznione. Pretesa rispett:ibilissim:i. Gli operai debbono essere gelosi del prestigio delle loro organizzazioni e non debbono m:ii permettere ad a lcuno di c:dpestarlo. Ma, insomma, l'organi22azione si può difenJ cre anche senza ricorrere alla ex1rnna Mtio dello sciopero 1

« Questione di misura e di proporzione; questione di tenere anche un po' conto d egli inleressi del pubblico. lo non dirò che q uesti scioperi t roppo frequenti scatenino la. r eazione; ma non dubito mcnomame;nte che un'arma così formidabile fin irà per essere resa pressoché inservibile dall'abuso ».,

Caro Rigola! Questo si chiama rubare il mestiere. Il mio mestiere. Ed io protesto nel modo più energico. lo credevo lino ad ie ri di essere l'unico .reazion:irio esiste-nte in It.lli a, o, per essere più esatti, l'un ico reazionario che ha il cor aggio di procb marsi tale sul grngno dì chi capisce, di chi non capisce e di chi fa finta di non capi re di che genere e specie sia. la mia «reazione». La mia reazione è quella del medi co, che, a un dato moment o, vedendo l 'inesorabile progredire della cancrena , pianta il coltello nell a pi:lga; la mia r e:lzionc è quella dell'uomo , che, vedendo i l carro correre a precipizio senza più guida, si getta ai freni, onde evitare Ia c:1.t:tstrofc; la mia reazione è il tentativo di st rappare a.Ila estrema follia i cervelli infetti di tabe mitica; la mia reazione è la vera rì,•oluzione, se è vero che non già la Vandea è rivoluzionaria, ma Parigi che schiaccia la Vandea. Ah!, finché lo dice,·o io, l'interventista non maddaleno, cervello d i eretico insofferente di dogmi e sp regiatore dei v end itori di fumo in malafede, e ra facile e relativament e p rofittevole g ridare al venduto! Ma adesso il nume ro dei re:tzionari aumenta E sono di qualità sopraffina. Reazionario è stato il d iscorso dell'on. B uozz i al congresso di G enova, tanto «reaz iona rio» ch e ha p romesso perfino le fucilate ai fa nnullon i ch e in regime socia lista credessero di spassar· scia invece di lavorare; «reazionario)> an cora di pi~ è questo a rticolo deJl'on, Rigola.

Non s i può d ire che l'on. Rigola sia l'ultimo venuto nel movimento, sindacale. Per chi non' lo sap<?Sse, l'on. Rigola è stato, per u n decennio circa, segretario della Confederazione Generale del Lavoro; oggi di rige una rivista (/ Problemi del Lavoro), dov'egli rivela le sue qua lità di tecnico e di pratico delle questioni operaie. L'on. Rigola vede, come vediamo noi; giudica, come giudichiamo noi. ·Se noi foss imo d ei veri reazionari, nel senso antiquato e mettern ichiano dell a p arola, noi do· vrcmmo, nel segreto nostro, compiace rci di questa corsa a ll'abisso, in

DAL SEC ONDO CONGR ESSO DEI FASCI, ECC. 45

fondo alla quale - per necessità di cose - no n ci può essere che una « restaurazione» feroce; ma il nostro reazionarismo è ispir~to da un grande, quasi disperato amore per la classe lavoratrice, intesa q uesta parola nel suo significato più vasto e più umano, classe che vorremmo vedere libera, autonoma, canuninare verso un regime di maggiore benessere e di maggiore ljbeità, mentre inve<e la. vediamo bal~are la tarantella degli schiavi ubriachi.

A furia di disastri, più che a furia di articoli o di ordini del giorno, la classe operaia si accorgerà di essere stata or~ibilmente mistificata da coloro che si riempiono la bocca della parola rivoluzione_ e non sanno nemmeno che cosa sia. AIIora può darsi che i « reazionari » che dissero ..:_ senza avvilenti piaggerie demagogiche - la dura puola dell:1 verità, siano ricercati come punti di salvezza e di appoggio nell'ora del disastro.

f?,rcmo anche allora, come oggi, il nostro dovere, senza chiedere nulla. Nemmeno t:1n g razie! · ·

46 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
M
Da Il Popolo d'Italia, N. 144, 17 giugno 1920, VII.

«COME. PRIMA, MEGLIO DI PRIMA ! »

Non sappiamo se queste linee usciranno ·a sciopero finito o a sciopero in continuazione, limitatamente a Milano, o allargato a qu alche altra compartimento. T utto è possibile: soprattutto sul terreno della bestialità demagogica, terreno prediletto da coloro che VÌ\'Ono sugli scioperi, mentre il << povero cristo » dell'operaio finisce per rimetterci il pa ne, la tranquillità e qualche volta la pelle

L'episod io di Milano non è il primo e non sarà l'ultimo. Qua lcuno ci ha chiesto perché ci siamo tenuti in u na specie d i assenteismo di fronte a questa nuova pa.2.2i.1. La ragione c'è. Ricordate lo sciopero di genna io? Allora qualche giornale cagoiesco, che oggi articoleggia di fondo contro l'anarchia crimin:ile dei ferrovieri, li lisciava, li accarezzava, si strofinava - democraticamente -a loro, nella speranza inutile di vendere qualche centinaio di copie in più. 11 nostro atteggiamento fu aUora chiaro e preciso e si riassunse in questi capis:i.1di:

1. appoggio alle richieste legittime dei ferrovieri, tanto a quelle d'ordine economii:o, come a queJle d'ordine morale;

2. a sciopero scopp iato: solidarietà colle categorie che non ave• vano disertato il lavoro;

3, a minacce a\1anzate: richiesta che fossero applica te le legg i e i regolamenti, anche se si fossero dovute applica.re su larga scala, come è avvenuto recentemente nella repubblicana Francia. ·

Ma ì giornal i cagoieschi consiglia rono al lardoso Saverio di << molfare », bruciando l'a rticolo 56 col pretesto della sua inapplica bilità. Di 9ui ebbe origine il movimento dissolntorio delle ferrovie italiane. Quando il personale si accorse che l'articolo 56 era uno schioppo scarico o un'arma che il Governo no n aveva il coraggio di adoperare, ogni freno fu rotto. Peggio ancora ! n Governo dell'ignobile Nitti imperversò contro coloro che avevano compiuto il loro dovere, mentre premiava i sabotatori della disciplina e delle ferrovie. Non si volle affrontare e risolvere, allora, jl conflitto d' autorità ; oggi lo stesso conflitto si è aggravato e risolverlo è assa i più difficile. Col volere vivere alla giornata si sbocca in quest i vicoli ciechi. ·

Bisogna decide rs i: o le f errovie appartengono al Sindacato o appa:r· tengono allo Stato, in rappresentanza della nazione. O i ferrovieri pos-4.•• xv.

sono fare i loro comodi o non d eve essere loro permesso di facli. La faccenda dei « fermi » alle armi e ag li armati è ben più g rave _ di quanto non semb ri. L'interpretazi one di questo «veto» può condur re assa i lontano. Chi vi d ice che i dittatori del Sindacato non emanino domani un 11ka,e che inibisca l'uso delle fe rrovie a coloro che non h anno la tessera del Partito Socialista in tasca?

La lista dei « controrivoluzionari » può essere allungata smisu ratamente. Anche g1i «indifferenti», q uelli che non fanno politica, Cl p ossono entrare. Va da sé che quando l e cose giungessero a q uesto estremo, si scatenerebbe la reazion e dei singo li e dei g ruppi, come è avvenuto qua e là , in ciuesti g iorni, con sin tomatica e simpatica anticipazione. Si applicherebbe 1a legge del tag lione.

Altra ipotesi. Oggi è il Sindacato rosso che fa la forca agli altri che non la pensano come i suoi grotteschi padre tern i; ma domani pot rebbe essere u n Sindacato bianco o ve rde - o anch e un semplice gruppo di ferrovieri - a fare la forca ai ross i.

Alt ra ipotesi. l a rappresaglia immediata a reYolverate Quando non c'è più una legge comune che vincola, i g rupp i e i singoli s i fanno g iustizia d a sé. Un ritorno al pili autentico cannibal ismo.

Rinaldo Rigola ha ragione -e in ciò conferma le prevision i di un filosofo teoretico qual è il Renzì - quando afferma che in fondo a tutto ciò c'è il nu lla e lo sfasci:1mento non d i un regime, ma di t utta la civiltà uma na. n da un p ezzo che noi avvertia mo questo pericolo. Rag ione per cui siamo stati d efiniti «reazionari ». Cominci:mo a capire a Roma ch e non si tratta soltanto di risolvere l'episodio Bergonzoni, ma di r ist;1.bili re certi valori o di abdicare ?

In questo semplice interrogat ivo c'è il desti no della naz ione MUSSOLINI

Da Il P(lf,clo d' Jt,1/ia, N. 146, 19 giugno 1920, VII.

48 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

DIITATURA E MISERIA

IL MONITO DI UN COMUNISTA UNGHERESE

II Peuple, quotidiano socialista belga, che esce a Bruxelles, reca in prima pagina, nel suo numero del 13 giugno 1920, sotto il titolo I.A dillttllmt del prolelttrùtlo conduce a 1m aggravamento della mùerù1 po.po· lare, il sunto d i uno studio di Eugenio Varga sulla dittatura proletaria e i problemi dell'economia. Chi è Varga? :e un uomo che durante l'effimera Repubblica dei Consigli in Ungheria ebbe il compito p iù difftcile : quello di trasforma re l'economia magiara da individualista a comunista. Non ci rìusd e lo confessa lealmente, L'esper imento fu disastroso. In Ungheria, come dovunque dopo la guerrà, si ebbe una « crisi di autorità e un rilass:imcnto della· disciplina del lavoro».

« Nelle fabb(icho sì formarono dei consigli di azienda, che, capricciosamente, fissarono la cifra dei sa lari, licem..i:irono i dirigmti che non garbavano e socializzarono certe imprese, dichiarandole proprietà degli operai. l e prestazioni di hvoro diminuirono di siorno in giorno e tntta la pro<lmione se n'andò in rovina. li capit3lismo, non avendo più forze :innate a sua Ji~posizione, assisteva impotente a quesla rovina ».

Il quad ro è esatto e ricorda assai da vicino la situazìonc italiana. Davanti a questo caos, Eugenio Varg a credette nell'efficacia della dittatu ra prokl'aria per ristabil ire l'ordine e r icom incia re a lavorare Oggi egli è guarito da questa illu sione e afferma - basandosi sulla sua personale esperienza - che questo regime provoca un abbassamento del livello della vita operaia.

« Pare - dice Varg.a - che la dittatura dehba accrescere immediatamen te il benessere dell'operaio, perché comincia col sopprimere la proprietà privata dei mezzi di produzione e confisca miliardi cli redditi non · guadagnati , Ora, l' espropriazione dei capita li sti non aumenta di una sola unita i beni disponibili Anzi, nel suo rrimo tempo, la ditt~tura non offre alcuna po$sibi lità di accre• scerc il numero di questi beni. Tutto l'apparato produttore non 5j trasform a da un giorno all'"altro per p rodurre gli oggetti di cui ha bisogno la. classe operaia. Questa operazione ~ige un lungo lavoro ,li trasformazione e di spostamento delle forze opera.ie verso i rami che occorre svi luppare•.

J1 Varga passa, p oi, ad illustrare l'atteggiam ento del proletariato agr"icolo, che fu nettamente ostile al proletariato urbano e si rifiutò di approvvig ionare le città e in p a rticola r modo Budapest.

Ma p erché, si domanda jl Varga, la dittatura, invece di aumentare il benessere, fa piombare il proletariato nella più atroce miseria? Gli è perché si confonde, qua si sempre, la « socializzazione d ella proprietà colla socializzazione della produzione » . La prima, può, dice il Varga, r ealizzarsi con un colpo di violen za, per mezzo di decreti; ma la seconda non può essere che il risultato di lungh i mesi di lavoro metodico e d i riorgan izzazione razionale della produzione. Poi ché i comunisti avevano promesso ìl paradiso agli operai di Budapest, costoro non vollero fasciarsi m orire di . fame per salva re la dittatura del .proletariato.

« T utte Ie difficoltà della d ittatun - conclude il Varga - provengono d al fatto che la proprietà d ei mezzi di proJu2ione toccò ad una gcncra?.ione operai:i corrotta da llo spirito capitalista ed a llevata in una ideologia di a rid ità e di egoismo • ·

Riportando qùesta testimonianza del V arg a, non Ci facciamo ilJu sione di guarire gli infetti; tutto al più d i salva re quelli che non son o ancora contagiati. Se questi sono i ris ultati della dittatura in Ungheria, paese che può nutrire se stesso, che cosa ·avverrebb e in Italia, che nel prossimo anno avrà bisogno d'importare almeno un terzo dei cereali necessari alla vita? E le condizioni p s icologiche d eH'Italia? Gli stessi socialisti non possonò iIIudersi d'imprimere una form a unitaria al loro movimento . In molte località i socialisti sarebbero sopraffatti da altri elementi più rossi e ·d ovrebbero vin cere le res istenze dei bianchi (pipiJtt), scnu contare le altre forze in gioco a ll'interno e all'este ro.

A quando - o mai ? - il contatto co lla realtà e il rito rno alla rag io ne ?

D a TI Pop ol o d ' Italia, N . 148, 22 giugno 1920, VII.

50 OPERA OMNIA D[
BENITO MUSSOLINI
MUSSOLINI

POSTILLE ALLO SCIOPERO

Sì dice che nei comizi biquotidiani dei ferrovieri scioperanti il pezzo forte dcll'or1toria dei capi sia il contegno anti-scioperistico della stampa cosiddetta borghese. ~isogna intendersi a questo proposito e non creare eccezioni. Diciamo subito che l'Avanti! dev'essere compreso fra i giornali che non approvano il movimento. Leggetelo attentamente, l'orga no quotidiano del P111, frggetelo con intelligenza, leggetelo tra le righe e vi salterà agli occhi J'imb:i.razzo in cui sono q uest i difensori d ' ufficio di una caus:l assolut1mcntc sballata. Che cosa significa quell;i diffida contro i gruppi e g li individu i irresponsabili ? E avete letto l' articolo pubblicato ieri (La no1lra loffa)? t una flebile campwa a morto. O sservate.

La potenza - dice l' /111,mti! - raggiunta dall'organizzazione ferroviaria e dalla d:isse lavor.itrice in genere, è tale che oggi, lungi d :i.ll'abbandonarci agli isterismi inconcludmti che sono propri dei dC'boli, possiamo invece, con tranquillo mC'todo e con minimo sforzo, far p esare e f:i.r trionfare la nostra volontà, senza battere la testa nel muro, ché così facendo faremmo il gioco dell'avversario borghese, il quale a.specU: nppu nto che noi perdiamo il senso della misura e del momento In tal caso, su certo pubblico grosso e superficiale, il qua le vede pili. l'apparenza delle cose che la sostanza; in tal caso, diciamo, su siffatt.1 specie di pubblico, la stampa borghese potrebbe avere facile presa.

« Perciò, al punto attuale della nostra forza materiale e dell.1 nostr:i. volont à cosciente. non ci soccorre più soltanto l'entusiasmo, che sempre vivo, srande e inesauribi le, ma ci abbisogna anche un tantino di abilità. Spieghiamo senza treg ua le cause J ei m:i.li, propago.ndfamo il concetto della complessità del problçma, ma evìti:i..mo che la stampa borghese posu fru:e volgari spc<ulazioni a nostro danno».

Che cosa significa quegli « jsterismi inconcludenti »? A chi si allude? Forse al cittad ino-dittatore Soriani? E a chi si vuole cons igliare un (( tantino di abilità»? Ai ferrovieri milanesi? Tutte domande pienamente legittimate dalla prosa ambigua dell'Avanti!

Docce fredd e sugli entusiasmi scioperaioli.

Pompicrate, insomma.

11 tentativo hacco de ll'A vanti / di legittimare lo sciopero m ilanese è un trucco. Verissimo che Parlamento e Opinione pubblica - noi _ com-

...

presi - vogliono la pace con tutti i popoli, non esclusa la Russia d ei S0vìèt1. Ma i « fermi» dei fe rrovi~ri non si limitano alle armi che si presumono destinate all'estero, bensl anche alle armi e agli armati che si muovono nell'interno. Si possono comprendere dei «fermi» alle staz.ioni di corifine ( e non arrivano alla dozzina queste stazioni) o ai porti di imbarco; non si comprendono in ogni piccola stazione all'interno. J « fermi » non si sono limitati alle armi, ma anche ad altre merci.... innocue anche alle persone.

Ora, tutto ciò è ridicolo, grottesco e criminoso. Le ferrovie appartengono alla collettività. nazionale, non alle categorie dei ferrovieri, il cui contegno è nettamente anti-socialistico, coine i socialisti di pensiero e di coraggio pensano e dicono onestamente.

I «fascisti>>, gl i odiati, calunniati e temuti fascisti (d ei Fasci ltl· Jian i di Combattimento) non erano dunque tutti rimlst i morti, schiacciati sotto la valanga cartacea del 16 novembre? Secondo il fog lio pussista, noi siamo una minoranza trascurabile, pochi « soliti >> b:mdìti, ccc. I pussisti non hanno l'obbligo di sapere che g li iscritti al solo Fascio Milanese eguagliano gli iscritti alla sezione del P11s; ma quel che più conta è che il riconoscimento della nostra vitalità ci viene dal famoso, famigerato, terribile Sindacato fe rrovieri italiani, il quale, in un suo VO· ·fantino, parla di « un'ope ra subdola e tenace dei Fasci di Combattimento». ·Subdola, no, perché noi parliamo, scriviamo e kgnia.mo sulle pubbliche piazze, ma tenace, sl. Ten.'.l:cissima. li Bcrgonzoni è un fascista; a Cremona e in altre città ci sono - orrore! - d ei nuclei di ferrovieri fas cisti! Pochi, ma in numero sufficcnte per turbare i sonni e le digestioni ai demagoghi del Sindac:ito.

Anche questo sciopero è stato proclamato co i sistemi d' incoscienza che caratterizzano il movimento sind.'.l:cale italiano. Altrove, dove il sindacalismo rion è una buffonata, lo sciopero è sempre prcceduto da un referend11m; la durata di uno sciopero è subordinata al rc/erend11m. Ora , perché i dirigenti dei ferrovie ri non consulta no la massa a mezzo del referendmn? I signod dirigenti sono dei capi o dei padroni?

Interroghino onestamente la massa e vedranno se la massa è con loro o non è stufa delle loro chiacchiere e dei loro disastri.

52 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
MUSSOLINI D a // Popolo d'Italia, N, 149, 23 giugno 1920, VH.

SPACCIO DELLA BESTIA

Non ancora i camposanli cittadini hanno raccolto le vittime dei conflitti di questi giorni, e già gli sciacalli del Partito Socialista allungano il muso adunco e Je zanne adllnche per accende~e l'ipoteca sui morti. L'ignobile m an ifesto pubblic:ito ieri dall'Avanti.' comincia colla solita spccubzione: qudh di far credere che i morti siano stati t utt i di parte proletaria o tcsseca.t i del Partito. Ce ne sono due le cui famiglie h an no g ià dichiu3tO di non voler prestarsi alb t riste insccnatura dei fune rali rossi. A questa prim.1 menzogna ne segue immedi:ito.mcnte un'altra: quella di far crede re a ipotet iche « imboscaturc » borghesi per commettere nuove violeme e per provocn e altre guerre Falso! Falsissimo ! La borghesia italiana si può dividere - grosso modo - in due categorie. Q uella rhe ha fott o la guerra e ha dato fior di sangue alla v_ittoria e J°altra che s'è imboscata o arricchita. Tanto la prima, come la seconda - sia pure per motivi lntitctici - sono contt·.uìc a nuove avventure di guerra. Questa è b. \'etìtà genuina e sacros:1.nta che gli stessi socialisti con oscono; come conoscono che fa causa dell'intervento nd 1915 fu sostenuta dal popolo e niente o pochissimo dei cosidde tti borghesi. A queste due p a· tenti men zogne, fo seguito il solito appello alla d isciplina , con siderata come un:i. suprema netcssid. Rich ilmo ,·ano, oumai, e Io si è v isto, con evidenza plastica, nclb mattinab di ieri , quando pochi gruppi di ultra -est remìsti hanno imposto quello sciope ro generale che sezione del Pa rtito e Camera del Lavoro avevano respinto. Eterna sto ria della biscia che morde il ciarlat ano! Eterna consegu enza dell a m iseranda corsa al p iù rosso! N on c'è un puro che n on trovi uno più puro di lui ch e lo epur i; non c'è un C5lr<'mista che non abbìa al suo .fianco uno o più ·estremisti. E cosl via - demJgogicamente - all'infinito. Legittimare l' appello alla disciplina coll' inventare la reazione in agguato è stupido. Di reazionario in Italia - e in senso chimico, cioè di reagenti o reazion isti - non ci siamo che noi , Che abbiamo anche lo spudorato coraggio di g r ida rlo dai tdti sulla grint:1 dei rammolliti, degli akoolizut i, de i vig liacch i e di tutti sii lnimali della stessa corte cosiddetta « rivoluzionaria » !

Agguati o reazione no~ esistono; esistono invece a mig liaia, a milio ni, uomini e donne, combattenti e non combattenti, borghesi e ape· rai, che si ritrovano in u na imp ressionante un animità ; questa : che bi·

sogna farla finita, che così non si può andare avanti. Chi, colle sue follie demagogiche, ha creato questo diffuso stato d'animo di ·esasperazione, quegli è veramente il reaz:ionario, poiché ha preparato le condizioni necessarie e sufficcnti per la reazione. Non noi.

Ma quel che più ci rivolta - dal punto di vista morale e polit ico - è l' ambiguità del Partito, questo gioco d'ombre e di luci, fra il riformismo e la rivoluzione.

« Tornate al lavoro - dice il manifesto cameral-pussista - per la più intensa prep arazione, per Ja rivoluzione del domani ».

La vita comincia domani.... Gli a narchici - logici nella loro cond otta - obiettano che questo eterno rinviare a domani dura da oramai . due anni e che bisogna decidersi: o per la riforma o per la rivoluzione, che si tenta tutti i giorni, in tutte Je occasioni. L'enorme responsabilità che grava sul Partito Socialista è appunto questa: che non sa assumere un atteggiamento né pro, né contro. Sbraita di rivoluzione fino a quando non crepitano le fucilate ; ma ai pr imi morti, alle prime scaramucce, ai primi accenni elTLmeri di quella che sarebbe (o sarà) la spavente1,·ole guerra civile di domani, i capi s i d ileguano, o s'imboscano, coi più banali pretesti; e, invece di alimentare l'incendio, azionano le pompe e rinviano il tutto al domani.

E il J onum l a.spetta ancor!~

1:. in questo lacrimevole, turpissimo g ioco - sulla pelle degli illusi proletari - che oscilla e si cs:i.urisce oramai la bagologi:i. teorica e l' impotenza pratica del Pus.

Rinunciamo a constatare che g li avvenimenti ci danno r:igione contro tutto e contro tutti. La dern:i.gogia inghiotte il Partito, lo esautora, lo ridicoleggia. La sua « crisi d'autori tà» è ben più grave di quella che attraversa lo Stato, perché g li organi di quelli che dovrebbero esse re i «poteri» socia listi sono rudimentali e non dispongono di forze inqua• drate. Questa crisi dell'autorità socialista avrà sviluppi ulteriori, se non si avrà il coraf!gio di delineare i campi, di precisare Jc tattiche e le mète.

Noi guardiamo, intanto, coll'occhio fatto straordinadamente lucido dalla nostra certezza e dalla nostra speranza, Jo sprofondare, a p ezzi, di questo scenario grottesco, di questo palcoscenico di commedianti sinistri, mentre il coro salmodiante s i disperde nel fondo e finirà - anch e di questo ne siamo certi - per legnare a sa ngue i suoi cattivi pastori. MUSSOLINI

. 54 ' OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
Da li Popolo d'ltrtU(I, N. 150, 24 g iugno 1920, VI1.

PROBLEMI E SOLUZIONI

Nelh polit ica estera, noi dei Fasci Italiani di Combattimento chiediamo precisamente: l'annessione di Fiume e della Dalmazia contemplata dal p:i.tto di Londra ; una politica il più possibilmente autonoma nei r iguardi delle all ea nze di guerra; una politica di riavvicinamento a i paesi ex-nemici; una politica d'intesa economica e diplomatica con tutti i Governi sorti dallo sfacelo dell'impero czarista, non escluso quello cosiddetto comunista ; una politica coloniale aliena da av\'enture guerresche, ma che sia in rapporto ;dle necessità nazionali; infine, la revisione del tr:itt:i.to di Versailles in quelle p:irti di cui si è dimostrata l'in applicabilità.

Nel discorso Giolitti, troviamo della indcterminate2za per ciò che riguarda il nostro problema adriatico; ma non c'è traccia di quella tcn· denza rinunciataria a priori e a qu1lun9.ue costo che caratterizzava i di scorsi nittian i. Per tutto il resto, il discorso Giolitti coincide quasi lette· ralmente coi postulati fascisti. Chìedi:imo, però, che sì proceda subito all'annessione del Trentino e dell'Alto Adige, oramai non p iù conte· stati, prima che ci siano delle complicàz.ioni penose Per i problemi d 'jq. dole interna, quelli d encati da Giolitti sono g li urgentissimi che bisogna affrontare e risolvere. Fine dei decreti.legge, Gli aumenti degli st ipendi o Je modificazioni d'org.1nico dc\'ono · essere approvati dal Parlamento. n il P;1damento che deve decidere. Il ministero esegu ìsce. Sviluppo delle forme cooperative d i produzione e di lavoro e inizio della realizzazione della rappresentanza professionale nel Consiglio Nazionale del Lavoro. C'è, al riguardo, un articolo molto impo rtante di Rigola. Vasta autonomia ai Comuni. Falcidia delle troppe scuole classiche e aumento di quelle tecniche. Non dimentichiamo gli Istituti nautici , che devono dare le future generazioni della grande Italia marinara che noi sogniamo. Leggi speciali per talune provincie del mezzogiorno d'Italia, per le terre liberate e rede nte. Provvidenze per i combattenti; necessità di economie; na· zione armata.

Quanto ai provvedimenti d'ordine finanziario, i Fasci Italiani di Com· battimento chiedevano, sino dal marzo 19.19, 1a con6sca dei sop rapròfitti di guerra, la leva 9ei pa trimoni, la tassazione delle eredità, la revisione dei contratti di guerra, la nominatività dì tutti i titoli e alt re

tasse su oggetti non indispensabili. Giolitti ha ricordato Ie automobili N on dimentichiamo i pianoforti.

Compiuti questi raffronti, dobbi.1mo subito aggiungere che il programma di Giolitti è, nel complesso, all'altezza Jella situazione e in relazìone colle imperiose necessità del .momento. Nemmeno nei paesi sorti da poco a repubblica e governati in parte dai socialisti, è stato mai avanzat_o un così vasto programma di r iforme sociali e politiche. Questa è la verità e bisogna riconosccr b. Noi crediamo che il ministero composto da Giolitti possa, per la capacità degli uomini, assolvere il compito grave. La Camera deve metters i al lavoro. Noi siamo disposti a coopera re con tutte le nostre forze alla realizzazione di questo programma. Anche il paese deve mettersi al lavoro . Se la Camera non potrà funzio nace per l'ostruzionismo socialista, Giolitti sarà costretto a indire nuove elezioni. Bisogna prepararsi a questa non remota eventualità.

56 OPERA OMNIA Dl BE N ITO MUSSOLINI
MUSS0L1Nl 03 li Po pol o d 'Italia, N. 1'1, ·2'.i gi ugno 1920, VJI.

DOPO I TUMULTI COCCODRILLI !

.8 ass;1i interesswte seguire in questi giorni le manifesta zioni degli organi del Partito Soci:.ilista Mihncsc. Non v'è dubbio che l'eccid io di martcdl sera e il barbarico linciaggio dd brig1diere Ugolini ha nno suscitato un a profo nd:1. impression e negli ambienti soc ial isti e operai. Non sono pochi i cittadini che- si donund:mo: è questa, d unque la t anto d ecan tau. civiltà di pace e di amore predicata dal socialismo?

Il giorna le d el P.:1.rtito s i trova nel p iù evidente imbarazzo. Chi lo scrive doveva avere un s icuro presagio di quanto sarebbe accaduto nel comizio di martcdl se alla mattina compl.rc sull'Ava111i! la diffida contro gli agenti provocatori e gli irresponsabili. Il contegno di costoro è stato scand:dosamente vile.

Ora l'A l:<111ti.l si abbandona a considerazioni um.m itarie, come n on fece mai in preced e nti consimili occasioni.

« Certo qu:1nto mli doloroso (e forse soltanto noi siamo sinceri!)dice l',fr,1111i! nd suo c1.pocronaca Ji ieri - questo imbest i;1mcnto del l' uomo contro l' uo mo I: un acclnirsi che rn.cc:i.pricci.1 k anime equilibrate. Sono episodi r,cnosi >).

Vcr;i.mente. La storia itaJiana non ha ep isod i così atroci come quello del piazza le· Loreto. N emmeno 1c tribù antropofaghe infieriscono sui mo rti. Bisogn:1 dire che quei linciator i noÌl rappresentano l'avvenire, m a i ritorni all'uomo ancestrale ( che, forse, era moralmente più san o del· l'uomo civil izzato). Né giova ributtare sulla guerra l'origine un ica di questa feroc ia. I l inciatori di piazzale Loreto non videro mai una trincea: si tratta di imbosc:1ti o di minorenni che non hanno fatto la guecra. I reduci d i guerra sono, in genere, alieni dalle violenze .

D'altra parte ci si domanda se la dottrina socialista abbìa un qualche potere di rede nz ione o non abbia invece un potere g ravissimo di imbestiarncnto.

E, sa ltJndo dalla dottri na astratta alla pre dicazione conc reta, non sono i socialist i che dall'armistizio in qua ha nno adottato linguaggio da in-

cendiari e persino il gergo di guerra? Sono i socialisti che cercano· di mantenere fra le masse la psicologia di guerra.

Coccodrmesco è l'A vanti! _ quando scrive:

« Invano si cercano simili insegnamenti nel socialismo, che, indirizzando il proletariato attraverso le lotte civili, a supe riori finalità di benessere collettivo, vuol dire perciò e soprattutto educazione ed elevazione di animi e dì intelletti. [Sic] Soltanto la fegatosità e la malafede · avversarie possono r itorcett' su di noi i dolorosi episodi che invece in genere sono provocati indirettamente dall'oppressione borghese e talvolta persino voluti direttamente dalla prepotenza autoritaria».

Che una volta il socialismo si proponesse. soprattutto, educazione cd elevazione di animi e di intelletti, è verissimo; ma quei tempi sono remoti; Oggi la predicazione socialista s'impegna sull'odio e sulla vioJen2:a; eccita tutti gli istinti più egoistici delie masse e cerca di ebborare gli organi del terrore rosso di domani. _

Non mettiamo in dubbio. la sincerità del prof. Mondolfo quando al cjmitero di Musacea cosl si è espresso:

« Noi vorremmo, a qualunque 1enJenza apparteniamo, che fa via che d('Vc condurci alla mèta non avesse chiazze di sangue ed orrore di stra,s:i. Noi vorremmo poter anticipare fin d 'ora, nel cuore di tutti, quel trionfo di umanità e Ji amore in cui è l'essenza morale della nostr:i. idealìt:ì.. Se questo non ci è consentito, possi:uno però proclamare che non hanno diritto di parlare di idc-ali di pace e muovere accuse coiÌ.tro di noi coloro che h:mno scatenato nel mondo le più torbide passioni, che applaudono alla forza pubblica qu:tndo_ ha ucciso e si dolgono che non sia stato maggiore il numero dei morti.

« Neppure dalla ferocia di costoro n oi dobbiamo però trarre arsomento a rinfocolare odi ».

Belle parole! Inutili chiacchiere! Nella stessa pagina dcll'A vanli! , si dice che coll~ morte del pompiere Gussoni i morti sono otto e si dimentièa - con perfidia macabra ! - di mettere nel totale il carabi· niere linciato di piaz2ale Loreto.

Ecco perc~é noi, sino a quando non ci vengano date altre prove conqete, non crediamo alla sincerità di queste postume lamentazioni. Noi continueremo ad essere indicati alle folle come « sicari », « venduti», ecc., e non ci sarà possibilità di tregua civile.

Più volte noi ci siamo dimostrati pronti a incamminarci sulla strada delle pacifiche competi2ioni, ma dall'altra parte non si è mai cambiato atteggiament'? nei nostri confronti. Ora noi non temiamo in nessun modo il bluff rivoluzionario socialista,

Il proletariato è intimamente, profondamente pacifondaio. Non si batte. ·

l8 OPERA OMNIA Dr BENITO MUSSOLINI

. I capi sono dei vigliacchi che si rintanano dietro i portoni. Lasciano il compito di attaccare a minoranze di irregolari, che noi dominiamo nettamente.

Contro di noi non c'è niente da fare! Meno ancora, contro Je ingenti forze repressive dello Stato. E tempo di cessare di fare ·del sovversivismo sulle spalle degli altri, come sì fa dell'arte per l'arte. Le prediche « umanitose » dei socialisti sono il prodotto della loro coscienza inquieta e della loro impotente v"iltà.

MUSSOLINI

Da II Pop olo d' Italia, N. 152, 26 giugno 1920, VII.

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 59

« MATERIALE BELLICO»

la questione dei trasporti militari e della fabbricazione d.el materiale bellico, questione posta sul tappeto dai ferrovieri e da gruppi di operai, è di una gravità estrema. Sta di fatto che i ferrovieri si rifiutano di t raspo rtare il materiale , dai fucili alle polveri, e che in talune officine gli operai hanno sospeso la fa bbricazione di armi o di accessori dell'armamento. Bisogna che il Governo affronti questa situazione, che può determinare, 3. lungo andare, una catastrofe nazionale. P rescindiamo d al fatto che il termine di « materiale bellico » è di una latitudine e di una elasticità g randissima. Anche il pane può essere considerato materiale bellico; anche g li oggetti più innocenti possono - a un dato momento - diventare strumenti di guerra. Sta bene che si sopprima la fabbricazione dei cannoni e delle granate, ma poiché in guerra si im· pìegano telefoni e telegrafi e radiotelegrafi, bisognerebbe sospendere anche 1a fabbricazione di questi apparecchi. E non parliamo degli aeroplani. Queste considerazioni., che sono state ava nzate, in un congresso operaio, da un organizzatore dotato ancora di una testa sulle spalle, possono apparire bizantine ai nostri pacifondai; e sia. Ma la rcciprocanza dov'è?

D omandiamo ai ferrovieri: N elle alt re nazioni d'Europa, e più specialmente in quelle che circondano l'Italia, i treni trasportano o no nu.teriale bellico?

Cas i come quelli che si ve rificano da alcuni mesi in qua sulle ferrovie ita lian e non sono mai accadut i nelle nazioni li mi trofe all'It:alia .

Domandiamo agli operai: Nelle altre nazioni d'Europa, c più specialmente in quelle d1e circond:1.no I'Jt.11ia, è st.1ta sospesa 13 fabb ricazione d el materiale beUico?

No. Si fabbrica ancora.

la Francia ha dichiarato, per bocca del suo ministro, che mantcrd la ferma biennale; il che significa continuare a fabbricare armi di tutti i generi.

Non risulta che la Svizzera abbia chiuso i suoi arsenali di guerra

E Ja Germania? N essuno può garantire con' sicurezza che ogni produzione di materiale beJJico sia finita

Jugoslavia e G recia sono in discreta cffirenza militare.

L'Inghilterra lavora in pieno nei suoi arsenali di terra e di mare.

Gli Stati Uniti hanno un programma « navalistico » cosl imponente che dovrebbe portarli al primo posto fra le marine mil itari del mondo. Non parl iamo del Giappon e, dove le fisime pacifondaie d egli ita. Iiani sono completamente ignote. Questa rassegna delle nazioni vecchie e nuo".e potrebbe conti nuare e si , ·edrebbe che nessuna offre lo spetta. colo dell'Italia.

In fatto di disarma a c'è la reciprocanza e allora si capisce; o non c'è e allora il disarmo dell'uno awncnta l'aggressività dell'altro, il che significa esporre il ga lantuomo all'assalto del ladro.

Che cosa si vuole, infine: disarmare l'Italia e soltanto l'Italia?

03 li Popolo d'ltalù,, N. 153, 27 giugno 1920, VII.

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 61

« PUTSCHISMO »

La Germania non è più la terra classica del putsch, cioè del movimento rivoltoso locale, localizzato e senza scopo; questo « primato » cade, oramai, sull'Italia. I fatti d i Milano, di Piombino e di Ancona , vanno numerati nella categoria del p11uch , cioè di una rivolta nella quaJe · ent ra no element i di esasperazione, di fede, di dilettantismo e di spe· culazione, Piani e obiett ivi m ancano; c' è soltanto un oscuro ist into d i demolizione, nel quale si accomunano uomini della più disparata mcntalit:ì e c.1tegor ia; uomini, che, domani, a macerie accumubte, si se.tonerebbero fra di loro, perché discordi nell' opera assa i difficile d ella ricostruzione. 01i vuole fa repubblica; chi vuole il soc ialismo accentratore e unitario dei Sovièts; chi vuole la fluidità f ederalistica e inafferr:i.bile dell' anarchia. Né mancano i disoccupati in cerca di emozioni v iolente, che vogliono la rivoluzione per la rivol uzion e, così, per un capriccio di bambini ma lati, E costoro sono i più detestabili. Ora, « se fa ri volu· zione proletaria - come si legge nell' ultimo man ifesto socialista e confedera lista - non può essere l'opera d i un gruppo di uomini, né com· p iu ta in un'ora, ma è il risultato di una formidabile preparazione, compiuta attraverso immani Sforzi e disciplin1 ferrea» , tutto ciò che accade in Italia non può rientrare nei quadri dclb concezione rivoluziona ria del divenire soc ial ista

Ci sono , a proposito dei fatt i di Ancona, ril iev i che s' impongono. Primo d i tutti, che questa d isintegrazione nazi onale, il cui processo dovr.ì. essere a qoalunque costo fe rmato , è Ja conseguenza della politica ni ttiana. Lo slabbramento e sprofondamento d i og ni senso di discipli na nazionale e sociale, è stato portato alle sue più acute esp ressioni dalla politica rovinosa e traditrice di N itti. Costui intendeva di abdica re g rado grado; costui faceva jJ Kàroly a spizzico, nell'attesa di compiere il grnnde gesto dell'ex-Premier ungherese. Ora ch e lo Stato non intende abdicare, si trOva di fronte a un compito più difficile e alla necess ità di una più vasta rcp ress'ione. La responsabilità fondamentale ricade su Nitti.

E quel Simeone Schneidcr, sedicente comunista .fiuman o, che circolava liber.1mente in Italia per diffamare nel modo più atroce D'Annunzio e i dannunzian i, per quale caso si t rovava ad Ancorla a cap itanare la ri volta? N on sare mmo di fronte ad una complessa, diabolica manovra

di un gruppo di potenze - non soltanto adriatiche - che hanno interesse a indebolire e a rovina re l'Italia? Questa frenesia « putschista » dell'Italia non ha riscontri in nessun altro paese d'E uropa. In Francia, in Inghilteua, n egli Stati Uniti si sono svolti giganteschi conflitti economìci, ma « sparatorie » come quelle che si tentano ed eseguiscono in Italia non ci sono state Là si cammina; qui si balla. Le condizioni politiche obiettive dell' Italia giustificano il « putschismo »? No.. L'Italia è il paese più democratico del mondo. Ci sono tutte le libertà. Cer ta· mente, ce ne sono assai di meno in Russi:i. Il programma del nuovo Governo fu, sino ad ieri, il programma dei socialisti. Chi crede, but· tando giù la baracca ( e quale: le istituzioni politiche o il ·sistema eco· nomico?), di andare a.I paradiso, è un imbecille o un illuso. ·

La realtà è fa re:iltà. La realtà sì esprime in queste_ cifre tenibili ( che la g rottesca bagologia non rivoluzionaria, ma reazionariuima, n on può rifi utarsi di prendere in conside razione) : quind ici miliardi, dicons i quindici miliardi, di deficit sul bilancio dello StJto; mancanza di materie prime e di tonnellaggio; necessità d ' importare dlll'estefo per l'anno venturo dai Yenti ai venticinque milioni di quintali di grano. Il mondo che ci circonda ci è ostile. Il proletariato fran cese, inglese, o svizzero, non muoverebbe un dito per aiutare l'Italia. E, d'altronde, come lo fa. rcbbe? And1e ·in questi p1csi la produzione è deficitaria. Qualsia.s i nuovo potere - repubblic1no o socialista - non farebbe che precipitare la nazione nel fallimento più catJStrofico. Non per niente i socialisti respingono la dura croce del potere! Ma, domani, alle chiacchiere del periodo pre-rivolu.zionario, bisognerebbe sostìtuire dei fatti e sostituirl i in un periodo più o meno lungo di guerra civ ile.

C'è qualcuno, in Italia, che pu~ allegrJmente e incoscientemente augurarsi questa cventuJlità?

No! No! Sino all'ultimo!

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASC[, ECC, 63
MUSSO LINI
5 • J:V.
Da Il Popolo d'lr11/i11, N. 1)4, 29 ·giugno 1920, VII.

NELL'ORA DELLE RESPONSABILITA

RESTARE A VALONA!

Lo spettacolo che il Gruppo parlamentare del P111 offre all' Italia e al mondo è semplicemente ignobile. Non tutti, a vero dire, i deputati socia1isti si danno in braccio alla demagogia più vile, ma i silenziosi o gl i assenti hanno torto. Ecco un deputato, Salvadori, che, durante i moti d i Viareggìo, si affannò in tutti i modi a fare il pompiere ( a llora era la sua sporca pellaccia di rètorc farabutto ch e correva qualch e rischio!), gridare due volte dal Parlamento: « Viva la rivo lta di An· cona ! ». Poi, sarà andato a cena, tranqui!Jamentc, :li i\kirinese, mentre i rivoltos i si facevano massacrare!

Ecco I'on. Fa brizio Maffi, medico tagliacalli e fifone colendissimo, presentare questo ordine del giorno:

« I.a Camera., interprete del pmsiero un:mime dd Paese, che si è manifestato contrario ad ogni guerra e ad ogni avventura militare, anche a mezzo d cll:i rivolta dei soldati, considen.ta d'altra parte b più apt'rtà contraJdizione fr a le dichia razioni dd Governo circa la indipendenz.1 dell'Albania e l:i pe rmanenza colà di truppe italiane di occupazione, delibera senz'altro il ritiro dd!e truppe dislocate in Albania o. ·

Bene per dio! Se avverrà che dom:ini l'esercito rosso debba battersi cont ro un ese rcito bianco, borghese, strn.nicro, noi faremo la propaganda per la diserzione e fa ri volta in base a questo ordine del giorno, in cui è condannata e deprecata ogni e qualsiasi gue rra

:E: tempo di precisare le responsabilità. Di sceglierne una. Ma per la storia fissiamo:

1. che riessuno in Italia è desideroso di nuove guerre o di nuove avventure di guerra; nemmeno c;uclli che sì sono, attraverso la guerra, arricchiti, perché temono di perdere tutto;

2. che nessuno in Italia vuole occupare l'Albania, anche in un.1 zona limitata;

3. che lo sgombero dcll' Alb:i.ni.1 è già stato effettu:ito e - purtroppo! - è stato l'origine prima dei nostri guai;

4. che non bisogna confondere l 'A lbania con Valona.

U scire dall'ambiguità, bisogn.1.

L' Italia deve restare a Valona?

Noi ci assumiamo fa responsabilit:\ di dire JÌ !

L'Italia dc,•e abbandonare Valona?

1 socialisti si assumano h responsabilità di dire fuori dai denti un sì o un 110.

Tutto il resto è dettaglio o speculazione politica.

Come noi ci assumiamo b grave responsabilità di affermare che l'lta!il. non può - senza andare incontro a malì tremendì - abbandonare Valona, così i . socialisti devono assumersi 1a responsabilità di chiedere lo sgombro non dell'Alb:rnia, che è già sgombrati, ma di Valona!

MUSSOLINI

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCl, ECC. 65
Da Il Popolo d'ltafid, N. D4, 29 g iugno 1920, VII.

MOTI E IL RESTO

La sollevazione di Ancona si presta ad un complesso ordine di considerazioni, che ci proponiamo di fare in una o più volte, Anzitutto giova p recisare che la rivolta è a fondo anarch ico, con adesione degli elementi repubblicani delle March~ e della Romagna. In q uesti u ltimi tempi, noi abbiamo seguito le fasi del riavvicinamento anarchico-repubblicano in q uelle region i. Riavvicinamento reso possibile dal fatto che gli ana rchici, d ietro l'ispirazione di Ma latesta, non hanno troppo ins istito sulle vecchie questioni dell'intervento . e d ella guerra, questioni che dividevano da cinque anni i due Partit i. Aggiungasi che in quest i u ltimi tempi il Partito Repubblicano ha ·poggiato fortem ente a sin istra, staccandosi dagli elementi nazionali, coi quali aveva fatto blocco dur~te fa. guerra e fino alla vittoria. Giova ricordare, infine, che fra repubblicani e itnarchici c" è sempre stata una « corrispondenza d 'amorosi sensi» per affinità mentali e simpatiche, se non programmatiche. Questi stati d'animo hanno prodotto prima una détenle, po i una specie d'alleanza fra gli elementi repubblicani e anarchici, con l'adesione un po' riservata dei socialisti locali; tanto dle, recen temente, ad Ancona, tutti i Part iti c6siddetti sovversivi celebrarono l'anniversario deUa « settimana rossa)>. Con questa preparazione psicologica e co n altri elementi che ap paiono anco ra con fusi nella cronaca tumultua ria di questi giorni , si spiega il mo to anconetano, Questo moto ha cacciato nell'imbarazzo più crudele i soda listi L'esa ltazione puramellte verbale, fatta alla Camera, dai deputati socia- · listi, è stato un alibi nemmeno decentemente simulato Quando si è trattato di passare al concreto, cioè di allargare il movimento, di capeg· giarlo, di dargli un obiettivo, l a Direzione del Partito l'ha.... rinviato, colla debole maggioranza di un voto. Questo voto in più, può n on avere l'importanza storica che ebbe queJio di Vergn iaud, ma non è privo di significazione. Il Partito non poteva ag ire diversamente e la sua condotta è stata ispirata da motivi di conservazione nel ·senso personale e collettivo. Il Partito non ha osato d i unirsi al fnovimento, perché si è trovato serrato fra i corni di questo atroce dilemmi: o L'insu rrezione riesce e il P.irtito Socialista, fattosi r imorchiare dagli avvenimenti e dagli elementi anarchico-repubblicani, non può imp rimere al movimento il suo sig illo, la sua impronta, i suoi obiettivi, la sua tessera; nel caso contrari<_>!.

que11o cioè verificatosi, del fallimento insurrezionale, il P 111 ne w ci rebbe colle ossa fracassate. ·

La lezione d i Ancona dice al Partito Socialista ch'e sso non può dominare le m asse e imprimere caratte re «unitario» a un eventuale movimento rivoluzionario, che qu i satà anarchico, là repubblicano, altrove socialista, ccc., ecc. Questo pericolo è stato avvertito dai ditigent i del Partito, ma soprattutto dagli elementi confederali. Baldesi è stato esplicito. Un dissidio netto si è rivelato. La Confederazione, che si considera, in un certo senso, la depositaria dell'avvenire operaio, si è sch ierata contro le illusioni insurrezioriistiche del Partito. Noi ci spieghiamo perfettamente l'atteggiamento confederale e anche quello dei socialisti. Con la diffe renza che quest i ultimi si trovano in istato di patente disagio. Le occas ioni giungono e passano e il Pus non le afferra mai. Finché si tratta d i minacciare verbalmente e soprattutto a Montecitorio, il Partito Socialista è terribilmente ri voluzionario; quando si t ratta di agire, tornano in gioco i prudenziali istint i di conservazione. N oi ci spieghiamo questo f enomeno d i conservazi one, anch e pCrché accanto al Partito c'è tutta una fioritura di istituzioni economiche ch e vivono, prosperano e profittano, malgrado il reg ime borghese; ma aggiungiamo che è ora di finirla coll'inconclud ente rivoluzionarismo verbale, se -non si vuole procurare reclute all'anarchismo e cacciare in un vicolo cieco il social ismo.

Intanto, accuse di tradimento fischiano all'orizzonte. Assistiamo ilnpassibili e ten iamo fermo nel nost ro atteggiamento di schietta sincerità anti-demagogica. I fatti ci danno e ci daranno ragione.

DAL SECONDO CONGRE SSO DEI FASCI, ECC 67
Da Il Popolo d'Italù,, N 155, 30 g iugno 1920, VJI.

MORTIFICAZIONE

Un invjato speciale del Re1to del C,trlì110 narra in questo modo l' ult ima fase del moto romagnolo : '

« Ieri mattina il popolo di ~ena ebbe però una grande delusione. L' attesa confe rma della rivoluzione trionfante in tut ta Italia non arrivò. Ed arrivò, anzi, la notizia che anche jl moto d i Ancona agonizzava, che i b ersaglieri s i erano arresi, che le grandi città proletarie - Torino, Milano, Bologna - erano tranquillissime ! E più stupi il fotto che la stessa Romagna fosse, nella s ua maggior parte, in con<l izioni normali.

o: .Allora, i dirig enti dei Paniti estremi si adunarono nuov:uncnte, deplorando con parole d i fu oco i c1pi che due volte a l giorno predicano la rivolta e che non osano prendere le redini di n ess un movimento pratico, e risol\'ettero di decidere!' la cessazione dello sciopero p er la mezzanotte.

« Uno dei dirigenti il movimento repubblicano ci dicMTa:

« '' Vi preghiamo di scrivere esattamente cosl : i .repubblicani, i socialisti e g li anarchici di Cesena sono stupiti del contegno dei loro organizzatori centrali, i quali h an lasciato il popolo in balia di se stesso, s enza dargli né i nformazioni, né istruzioni"».

C'è molta ingenuità jn queste rcquisjtorie contro i capi. Oh, non lo sapevano, t ra le rive del. Savio e la Rocca Malatestiana, che i << capi » predicano la rivolta, ma lasciano ai «fessi» il compito di praticarla?

A nche qui bisogna · distinguere tra «fessi» e « fessi». I p rimi sbraitano all a Camera, g li ultimi si fanno allegramente mas sacrare sulle p iazze. Div isione del lavoro, signo ri!

Ahbia~o creduto sino a ieri che la guerra avesse aIIargato un po' i polmoni dell'Italietta provincialotta d'un tempo e il ~oz:zo, asmatico respiro campanilistico avesse ceduto il posto al respiro' mondiale. Ci siamo ingannati. Per il romagnolo il mondo comincia esattamente dal punto in cui si vede la cima del campan ile di San Mercuriale e termina a l punto dal quale la cima non si vede più. Egocentrismo grottesco! Ma il mondo si vendica e manda in malora la povera lira italiana in tutte le borse del vecchio e nuovo continente. Le più o meno tragiche tartarinate romagnole e marchig iane ·Sono colpi infe rti 'al prestigio morale

* ••
l

69 e alla riputazione economica dell'Italia e autorizzano l'Hom me li bre, gioroaJc del signor Clemenceau, a scrivere che << l'Italia è un paese completamente squilibrato, con prospettive di disordini anche più gravi e forse di rivoluzione».

Nel quadro della politica estera, 1a recente sollevazione anconetana e romagnola equivale a una catastrofe. Oramai è p alese a tu tti, com· presi gli jugoslavi che hanno portato in trionfo a Lubiana il principe ereditario di Serbia; la cu i italofobia è nota; oramai si dice a tutti che il popolo italiano e i soldati italiani non vogliono battersi più per n essun motivO. Né per salvaçe Valona , né - vedi A vanti/ di ieri - per salvare la Dalmazia italiana. Questa sconcia esibi zione di vigliaccheria nazionale non evita, ma provocherà fatalmente una nuova guerra . Accusi3.0lo sin da questo momento i socialisti di eccitare alla guerra contro di noi la Jugoslavia. Quando i serbi ci attaccheranno e tenteranno di buttarci in mare in Dalmazia, essi potranno contare sull'aiuto dell'Avanti! e del suo pubblico. M;a !"appetito jugoslavo aumenterà in proporzione geometrica colla nostra pasSiva rassegnazione. Oggi si grida: « Via da V.i.Iona ! » Domani si griderà: « Via da 2.ara ! » Ma poiché questo non placherà ancora i croati, al primo imbarazzo, non appena si delineerà anche soltanto l'ombra di un perkolo, si g riderà in Italia : « Via da Fiume! Via da T r ieste ! Via da Gorizia! Via da Udine!» E se gli jugoslavi sbarcheranno - puta caso - ad Ancona, a Ravenna o a Venezia, ci sarà· qualcuno pronto a gridare: « Via da Ancona! Via d a Ravenna! Via da Venezia!».

'!< * *

E questa ch e, lo ripetiamo, è una mortificante esibizione di vigliac· cheria nazionale, avviene in un momento in cui nessuno del vecchio o nuovo mondo intona il « via » da città o territori non nazionali o contestati. C'è nessuno in F rancia che gridi, ad esemp io, « Via dalla Saar! ». Eh, not A vete mai inteso guakhe socialista inglese g r id are il: « Via da ll'Egitto! ». Mai più. La Francia, che ha avuto un milione e m ezzo di morti , e altrettanti stroncati,. votava l'altro g iorno un miliardo, dicesi un mi liardo, per mantenere l'occupazione militare della Siria con 90 mila uomini. In Francia non si fermano treqi, -non si sospende la fabbricazione del mate riale bellico e l'opposizione socialista si limita a un discorso assai t emperato del p iù dott rinario dei .deputat i socia~ listi: Leone Blum. Cosi il Mediterraneo, salvo il tratto l ibico, dal quale

DA L SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC.
...

i rinunciatari vorrebbero togliere l'Ìtalia, sta diventando . un mare francese. Grecia e Serbia compiono l'accerchiamento in Adriatico. Che cosa significhi ciò lo vedremo un giorno. Ma Sarà troppo tardi.

Bisogna decidersi, cari italiani. Scegliere: o la politica mondiale o ritirarsi a vita privata, sul })iede di casa; e diventare, se è possibile, una colonia di sfruttamento e di d ivertimroto nord-americana.

All'in domani di Porta Pia, Teodoro Mommsen sentenziò: non si resta a Roma senza un'idea universale! L'Italia laica non ha dato idee univ~rsali a l mondo e adesso - pavida - appare Come non più capace di reggere il peso glorioso della sua guerra. Si affioscia. Si « invacua ». Si sputa addosso. Ha un disertore al Parlam ento e vagheggia di disertare dalla storia d'Europa. Ma poiché vivere bisogna - e vivere di pane! - cari italiani, bisogna saper sfruttare le nostre risorse. Giosue Carducci, una ·volta, in un rovesciamento di nervi, voleva vendere· l'aug usta carcassa dell'Italia a un lord archeologo ing lese. Mediocre affare! Molto meglio affittare l'Italia per 99 anni a un trust di miliardari americani, c~e ne facciano una Montecarlo gigantesca, enorme, che va·da da Stresa a Taormina, da Venezia a Posillipo. Una formidabile organizzazione dell'industria del forestiero darà da vivere a tutti, compresi i letterati e i ruffiani .... Milioni di americani, uomini e donne, verranno a distendersi sulle nostre città, sui mari, fra i monti e ci saranno le greal actr~tiom vecchie e nuove, i venerabili e noiosi calcinacci dell'antichità e i casino , spettacolo~i. Tutta Ja gente sarà pasciuta e tranquilla. Credevamo di diventare un popolo g rande. Sche rzi della Storia! Diventeremo invece un popolo «grasso>>. Anche l'adipe può essere un idea le.

MUSSOLINI

Da li Popo!G d' Italia, N. 156, 1 lug lio 1920, VII .

70 OPERA OMNIA DJ BENITO MUSSOLINI

L' IGNOBILE « BLUFF »

A proposito della sollevazione anconetana, c'è una grave responsabilità, che è necessario individuare immed iatamente; e questa responsabilità ricade sull'Agenzia Stefani. Più volte, durante e dopo 1a guerra, noi e non soltanto noi, ci siamo lagnati per le deficenze di quest' Agenzia ufficiosa; ma, oggi, più che di deficenze, si tratta di un vero e proprio delitto perseguibile e punibile a termine del codice pena le.

Sta di fatto che il primo dispaccio annunciante il preteso ammutinamento dei bersaglieri era un Stefani e cominciava con queste precise parole:

« Stamane all'alba un battaglione dell'Undicesimo bersaglieri, che d oveva partire per l'Albania, s i è ammutinato alla Caserma Villar ey », ecc., ecc.

Questa notizia catastrofica e falsa veniva diffusa in Italia e all'estero dall'Agenzia ufficiosa del Governo italiano. Se ci sorìo _degli incoscienti o dei malvagi, siano puniti, severamente, per insegnar l~ro che il giornalismo non è una fantasia e che le notizie non si debbono inventare! A questo bel servizio iniziale, reso· dall'Agenzia Stefan i alla n~zione che la paga, è seguito l'ignobi le bl,,fj dei socialisti uffici ali. N otiamolo giorno per giorno, per frustarlo a sangue e svergognarlo per sempre. N ell' A vami! del 27 giugno si narra di una « vera tempesta ». scatenatasi alla Camera dopo il disrnrso Bonomi, al grido d i « I soldati no n vogliono morire ! N on vogliamo altre gue rre !». L' on. Boccon i, « con gran forza », aggiun se :

« Anche se i benaglieri di Ancona non avesser o dovuto andare in _Albania, la loro rivolta ind ica che Sono stanchi dd servizio. Bisogna smobili tare! Ma invece dovevano proprio andare in Albania cd erano perciò pronti due piroscafi nel porto. Orbene, i sold ati non vogliono partire per nuove guerre ». ·

NelJ'A vanti! dello stesso giorno, in una nota redazionale, è detto :

« Anche i soldati, dopo la terribile prova della guerra, non sono allatto disposti a farsi macellare ancora e, specialmmte, in imprese contro la libcrt.à di altri popoli».

OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

Su questo tema dei bersaglieri anconetani decisi a non partire per l'Albania e scesi a far causa comune coi rivoluzionari, insiste il mani· festo conf ederal-pussista pubblicato sull'Avanti! del 29 giugno:

« Il proletariato - dice il manifesto - non intende supinamente farsi tril.SCinare ancora al macello. Ed i soldati, che, malgr~do le menzogne e le calunnie contro i loro fratelli operai sparse a piene mani nelle caserme, conservano intatta l'anima di proletari; i soldati, che sentono vivo ancora tutto l'orrore cd il ricordo dei patimenti di guerra; i soldati, che vogliono finalmente lasciare le caserme, essere restituiti alle loro famiglie ed al lavoro utile e fecondo-, i soldati si rifiutano di partire».

Il tas;liacalli on. Maffi Fabrizio,. nel suo sproloquio, ripete :

« li popolo è stanco di guerra e di avventure militari e i fatti di Ancona altro non sono che u n episodio di q uesta stanchezza e di questa recisa volontà di non voler altre guerre ed altre avventure. E ciò è tanto vero, che fatti con~imili si sono oggi verificati altrove».

Ma nell'A vanti/ del 30 giugno, in quarta pagina, prìma colonna, si nota un ripiegamento in buon· ordine. Non si tratta di ammutinamento, diremo cosl1 anti -albanese o sovversivo. I fatti · sono assa i più modesti.

« Lo stesso episodio della caserma Villarey deve essere messo nella giusta luce e nella g iusta portata, affinché l'osservazione psicologica della situuione non sia sorgente di grandi illusioni e di grandi speranze.

« I.a prima più profonda radice del movimento va rice rcata in una idiota propaganda professata da alcuni ufficiali ai bersaglieri perché non fosse sciolto il battaglione alloggiato in quella caserma. Si diceva che tale battagliori.e aveva il diritto a ·rappr esentare il corpo dei bersaglieri a preferenza di altri battaglioni per le spe<:iali benemerenze patriottiche. Si era così diffuso ne l reparto un malcontento altre ttanto profondo quanto cretino.

« A llorché si seppe che gli uomini de l battaglione dov~ano p assare ad altri reparti in partenza per J'Albania, a ltro malcontento si aggiunge al p rimo.

« In città tutti sapevano che nella caserma Villarey esisteva del malumore, come tutti conoscevano che i soldati si dovevano arrunutinare. Allorché venne l'annunzio -della partenza, l':unmutinamento, di cui tutti parlavano ed a cui po· chi credevano, scoppiò con la partecipazione di limitato numero di militari e di un:i. ventina di borghesi penetrati nella caserma, nel momento in cui i soldati si sollevavano.

« Per altro è necessariò notare che questi borghesi non rappresentavano ness un partito, ma che .erano amici d ei. soldati sollevatisi. Questa la v~a portata dei fatti della caserma, la quale era trincerata ·all'intorno; le trincee erano p erò senza difensori ».

Da questo brano si deduce c:he se ammutinamento vi fu, ebbe orisine da un esagerato « spirito di corpo»; che il numero dei militari parte-

72

c,ipanti fu l imitato; e che il numero dei borghesi penetrato nella caserma era esiguo e non rapp resentava nessun partito.

F inal mente ne ll'A vanti! d i ieri1 prima pagina, qu inta colonna 1 l' inviato sp eciale ad Ancona è costretto, dall' evidenzà dei fa tti, a « smontare » del tutto l'ammutinamen to nella sua genesi, che non fu rivoluzionari a, e nel suo svolg imento, che fu anti-rivo luzionario.

« L"an.imo dei sold ati - scrive l'Avanlil - era stato p reparato alla ribellione con una son.la ed attiva propaganda degli ufficiali, propaganda mirante ad impeòire lo sciog/imffito del battaglione. Infatti gli steS5i bersaglieri che si erano asserragliati nella caserma, esclusi pochi elementi che sono ora incarcerati nella cittad ella, mossero all'assalto del forte Savio, che J'autorita milit:ue credeva ancora occup ato J ai borg hes i, al grido di "urrah" e di "viva i bersaglieri!''..

I medesimi bersaglieri, iltnne, prima che fo55ero a llontanat i da Ancon.1., cooperarono con g randissimo zelo al cosiddetto ristabi limento dell'ordine, guidati d ai loro ufficia li, che, pieni di baldanza, sedev:ino negli a utocarri, innanzi all e mi· tragliatrici Q uindi nulla di rivoluzionario, nuUa. d i sovversivo in qu~ti militari. Ess i avevano chiamato i borghesi - forse anche questi sobillati da.gli uffi cialinell a speranza che la presenza dei borg hesi nella faccenda avesse i ndotta l'autorità a mantenere il battaglione in Ancona.. Conforta q uesta ipotesi i l fatto che una ventina Ji borghesi, sino dalla sera innanzi, erano ent rati nella caserma, t rattenendovisi tutta la notte, e, cosa strana, né l"ufiiciale di picchetto, né i sottufficiali, né i marescialli, ecc , avevano visto nulla. Evidentemente fin tesa era quella di essere provvi soriamente ciechi; allorché la rivolta prese car.utere sovversivo, i ciechi riacq uistarono la. vista e diressero molto bene le pa llottole delle mitragliatrici sui lavo rato ri , al g rido di ''viva i bersaglieri!'' ».

Dinanzi a questa prosa d el loro organo uffic~oso ch e cosa p enscu nno i p roletari u t ili, n on tanto paz ienti e contin~amente turlupinati ?

Gli si era dato a bere che u n battaglione di bersaglieri si era ammutinato per non andare a Valoria Il battag lione si riduce a quindici uomi ni e io realtà a quattro, dei quali due automobilisti. Gli si eca dato a bere, al proletariato, che queste truppe erano passate dalla parte d egl i inso rti, e, fr a parentesi, che qualche cosa di simil e sarebbe accaduto a M ilano, e, invece, i « bersaglieri dell'Undicesimo hanno cooperato con grandissimo zelo al rist abilimento dell'ordine». « Con grandissimo zelo», p erché « volonta riamente » !

Di più e meglio. Si annuncia da Ancona « che i bersaglieri d ei tre battaglioni ch e hanno sede nella caserma V illarey hanno chiesto di essere inviati tutti volontariamente nelle primissime linee d el fronte albanese , perché la gloria del reggimento splenda anco ra una volta ».

Oggi l'Avant i .', e con lui la frateria dei minori sovversivi, è costretta a buttare l'acqua fredda della delusione su lle « g randi speranie », concep ite cd esaltate col fracassoso contegno del G ruppo Parlamentare p ussista

DAL S ECONDO CONGRESSO DEI FAS CI, ECC. 73

Povero proletariato! Io che ti voglio bene, perché riconosco e apprezzo la tua utilità sociale e credo anche n ella tua capacità di progredire, io ti compiango molto, perché ti lasci menare per il naso da una camarilla di ex-borghesi o di borghesi politicanti che ti ubriacano d i parole per succhiarti il san'gue !

MUSSOLINI

Da li Popolo d'Italia, N. 157, 2 luglio 1920, VH.

74 OPERA OMNIA DI BENITO
MUSSOLINI

IN TEMA DI POLITICA ESTERA

11 fasdsmo gode fama di essere «imperialista». Questa accusa fa il paio coll'altra del «reazionarismo». Il fasc ismo è anti-rinunciatario, quando « rinunciare » significa umiliarsi e d iminuirsi. A paragrafi:

1. Jl fascismo non crede alla vitalità e ai pr inc ipi che isp irano 1a cos iddetta Società dclJe nazion i. In questa società le o.azioni n on sono affatto su di uri p iede di eguaglianza. 'S una specie di santa all eanza ddle nazioni plutocratiche di gruppo fran co-anglo-sas~ne per garantirs i - malgrado inevitabili urti di interesse -lo sfru ttamento della massima parte del mondo.

2. ll fascismo non crede alle Internazionali rosse, che muo iono, si riproducono, si moltiplicano, tornano a morire. Si t.ratta di costru zioni artificiali e fo rmalistiche, che raccolgono piccole minoranze, in confronto alle masse di popolazioni, che, vivendo, muovendosi e prog redendo o regredendo, finiscono per determinare quegli spostamenti d ' inte ressi davanti ai quali vanno a pezzi le costruzioni internazionalistiche di p r ima, seconda, terza maniera,

3. Ii fascismo non crede alla immediata possibilità. del d isarmo universale. ·

·

4. ll fascismo pensa ch e l'ltalia debba fare, nell'attuale p er iodo storico, una politica europea d i equilibrio e di concil iazione fr a le diverse _potenze,

Da queste premesse generali consegue che i Fa.sci Italiani di Combattimento chiedono:

a) che il trattato di Versailles sia rivedqto e mod ificato in quelle parti che si appaJesano inapplicabili o 1a cl.li applicazione p uò essere fonte di odi formidabili e fomite di nuove guerre;

b) l'app licazione effettiva del patto di Londra e l'annessione di Fiwne alJ' Jtal ia e la tutela degli italiani residenti nelle terre non comprese nel patto di Londra;

ç) lo svincolamento graduale dell'Italia dal gruppo d elle n azioni plutocratiche occidentali, attraverso lo sviluppo delle nostre forze pro· duttive interne;

d) il riavvicinamènto alle nazioni nemiche ( Austria , G erma nia,

Bulg aria, Turchia, Ungheria), ma con atteggiamento di dignità e tenendo fermo alle necessità supreme dei nostri confini settentrionali ed orientali;

e) creazione ed intensificazione di relazioni amichevoli con tutti i popoli dell'Oriente, non esclusi quelli governati dai S()vihs, e del sud-Oriente europeo;

f) rive ndicazione, nei riguardi coloniali, dei diritti e delle necessità della nazione,

TATI!CA E MEZZI D'AZIONE

Per la tattica da adottare in di fesa del programma sopra enunciato, i Fasci Italiani di Combattiment o mantengono il contatto e l'accordo, caso per caso, con tutti quei gruppi e partiti che si battono sullo stesso terreno di opposizione a.nti-demagogica, anti-burocratica, anti-plul ocratica e di creazione di tu tte le forze ricostrut trici del paese.

I Fasci non sono legalitari ad ogni costo, né ilkgalitari a p,riod. In tempi norinali, mezzi legali; ìn tempi anormali, mezzi adatti alle circostanzè Non predicano la viole nza per la viole nza. Ma resping ono ogni violenza passando al contrattacco.

Anche in materia elettorale i Fasci non hanno pregiudiziali astens ionistiche o elczionistiche: la loro partecipazione alle lotte elettorali è dettata da ragioni contingenti, non da motivi trascendenti.

Clii PUO DIVENTARE FASCISTA

Tutti coloro - uomini e donne - eh~ accettano le idee suesposte, possono iscrive rsi ai Fasci Italiani d i Combattimento.. Non è necessario cssère stato combattente. Sono accettati anche quelli che per rag ioni legittime non poterono partecipare alla guerra. :6 relativamente facile diventare fasc isti; è p iuttosto difficile riman ere, Occorre, p er essere fa. scisti, essere completamente sp regiud icati; occorre sapersi muovere, elasti· camente, nella realtà, adattandosi alla realtà e adattando la realtà ai nostri sforzi; occorre .se ntirsi nel sangue l'aristocrazia delle minoranze, che non cercano popolarità, leggera prima, pesantissima poi; che vanno contro corrente; che non hanno paura dei nomi e dispregiano i luoghi comuni.

11 fascismo è movimento, non è stasi. :e battaglia continua, non attesa infeconda, Il fascismo dicemmo già che non vuole « durare>> oltre il tempo strettamente necessario ad assolvere il compito prefissasi.

Rileggendo questo programma, chi potrà in buona fede dirci « rea:

2.iona ci », soltanto perché ci opponiamo alle tragicommedie di un Partito sedicent e rivoluzionario; perché ci opporremo a una dittatura d i

76 OPERA OMNlA
DI BENITO MUSSOLINI
,

nuovi politicanti, d ittatura non « dei » proletari, ma « sui » proletari; perché cons ideriamo la rivoluzione come un'elaborazione di nuove forze e di nuovi valori dal profondo, non g ià come un disfrenamento d' istinti e di egoismi precipitanti nella disintegrazione sociale, nella miseéia o nel caos?

Ma più che le nostre parole, sono i fatti che da due anni a questa parte danno matematicamente ragione ai fascisti. L'ora del fascismo è venuta!

MUSSOLINI

Da Il Pop olo d' Italit:r, N 158, 3 luglio 1920, Vll.

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 77

LA TESI DI CAVIGLIA

La tesi del generale Caviglia, quale si. desume. dal suo recente discorso al Senato, è - schemàtizzata - la seguente. Primo: l'Italia deve realizzare sulle Alpi Giulie il confine geografico, delimitato dal patto di Lolldra. Non, quindi, mutilazione dell'Istria; non, quindi, soluzione wilsoniana o compromesso Uoydgeorgiano; non, quindi, confine al Monte Maggiore ma confine al Monte Nevoso. Secondo: eretta in Stato indipendente, ma, beninteso, Fiume integra è integrata col suo porto, che può essere diviso, colle sue f e rrovie e coi suoi sobborghi. N oi diciamo subito che, se l'anness ione più o meno larvata di Fiume, col famoso contatto, budello terminale, dovesse costarci la mutilazione dell'Istria, vale la pena di rinunciare all'annessione di Fiume e di salvare l'Istria.

Terzo : il generale Caviglia crede di sa lvare l'Istria e l'indipendenza di Fiume transigendo in Dalmazia.

Non d sembra che il ge~erale abbia idee molto chiare sull'argomento.

Dobbiamo ridurci al litorale Zara-Sebenico, rinunciando a tutto il retroterra, o dobblamo limitarci a salvare Zara, abbandonando anche Sebenico?

Un punto fermo però bisogna stabilire: che il confine a l Monte Maggiore equ ivarrebbe a un disastro nazionale. L'Istria non può essere mutilata: Essa è una inscindibile unità geografica ed etnica, malgrado gli elementi slavi d'immigrazione. Arcangelo Ghislcri, ch e non può essere accusato di imperiaÌismo, in una sua n on lontana e documentata p ubblicazione, ha dimostrato che l'Istria non può essere che italia na. Al confine sicuro del Brennero deve corrispondere il Confine sicuro del Nevoso. Non è soltanto una necessità, ma un diritto. Non bisogna fermarsi alla "situazione odierna: flon sappiamo ciò che d può serbare il domani. Il sud-Oriente è ancora un'incog nita. Confiniamo con un popolo slavo che conta dai dodici ai quindici milioni di abitanti, circondato da nemici, è ve~o, ma appoggiato agli slavi del nord, i quali si appoggiano a loro volta al grande mondo slavo.

Anche la Russia può serbarci delle sorprese.

Ora, tutte le manifestazioni , anche ufficiali, degli slavi confinanti con noi, non sono tali da incoraggiarci a rinunciare a confini sicuri come quelli segnati dalla natura e consacrati nella storia.

Transazioni sul patto di. Londra possono, se sarà inevitabile, ~sere sublte o accettate nel retroterra dalmatico, non g ià nell'Istria orientale. Il confine al Nevoso deve essere un postu lato incrollabile della nostra politica per ciò che riguarda la soluzione dèl problema adriatico.

Quanto a Fiume, il suo destino è nelle mani di D'Annunzio. Egli è l'arbitro della situazione, arbitro anche di accettare una « soluzione di necessità» per Fiume e la Dalmazia, se non ci sarà altra via da scegliere. Noi ci rimettiamo a lui, con fiducia inalterata. La sua pas~ sion·e, la sua chiaroveggenza, il suo equilibrio e la forza armata di cui dispone e quella ancora maggiore di rui potrebbe disporre, se domani lanciasse . un appello alla gioventù italiana, sono gli elementi di fatto che confortano la nostra speranza.

Finché D ' Annunzio è a Fiwne noi sentiamo che l'Italia non sarà tradita nell'Adriatico.

MUSSOLINI

Da li Popolo d' JtaHa, N. 159, 4 luglio 1920, VII.

DAL S ECONDO CONGRESSO DEI Ì"ASCl, ECC. 79
6. · xv.

I nos~ri cari Alleati inglesi e francesi, col « previo concetto >> di H ythe, ci avevano assegnato l'elemosina del sette per cento sul totale d 'indennità da imporre alla Germania. La meschinità della cifra non aveva suscitato emozioni eccessive nel nostro beato paese, che è sempre inchiodato ai formidabili problemi di politica interna per via dell'estremismo scemo e Semplicione che fa là repubblica a intermittenze nelle città e nei vilJaggi della vecchia rete adriatica, in particolar modo sulla « tratta >> Bologna-Ancona. Può anche darsi che in fondo a questa olimpica od olimpi onica indifferenza, esistesse un interrogativo: che cosa vale il sette o il settanta per cento, quando non è ben certo che l'orso tedesco voglia acconciarsi alla spartizione delia sua pellaccia? Alcune voci si levarono all'estero: due o tre giornali, non più, illustrando le tragiche giornate marchigiane, trovarono che la percentuale stabilita per l' Italia era uno scherzo di pessimo genere, una di quelle freddure pesanti, in uso presso le genti del nord. E invocavano, quei giornali: fate Ja carità di qualche altro centesimo all'Italietta che si trova in fieri guai bolscevichi o quasi. Non conviene spingerla nell'abisso, spingerla, corile avvenne a Budapest, al bolscevismo per disperazione nazionale, perché ciò sa rebbe pericoloso per tutti.

I nostri cari Alleati non sono stati sensibili all'espressione di cotanto nobili sentimenti e il loro gelido cuore «finanziario» si è leggermente intenerito: il sette è diventato il dieci per cento. 11 che significa che se la Germania prometterà di pagare, putacaso, ·cento miliardi, noi non avremo il dieci per cento d ei suoi miliardi, ma il dieci per cento della sua promessa.... ·

Ci sono dei diritti di priorità, che riconosciamo legittimi, nei confront i della Francia e del Belgio. Campa, dunque, mio caro, vecchio ronzino italiano, ché l'erba sarà di nuovo cresciuta - alta - sulle doline del Carso, - prima che un marco d'oro prenda la Gotthardbahn o la Brennerbahn ! A questo punto, dobbiamo, per l'esattezza della ero· naca, aggiungere che l'Italia avrà « compens i >> di varià natura in altre parti del globo terracqueo. Si dice - dai maligni che queste « parti >> del globo di futuro dominio economico italiano siano una pura induzione di geografi. e che debbano ancora essere scoperte dai nav igatori ....

ROCCACANNUCC!A E SPA
,

Qualche cosa come l'araba fenice. Gran discorrere, un giorno, su queste e su .altre colonne, del carbone di Eraclea. In verità, Eraclea esiste, il carbone anche, ma l'unico bacino dal q uale si potrebbe ricavare subito, e non fra un sècolo, un po' di ·carbone, appartiene ai francesi, i quali non lo mollano.... per i nostri begli occhi di fratelli lati ni. Ci fanno balenare dinanzi i « compensi » lontani e ci negano quelli vicini.

I nostri cari Alleati tentano strapparci le miniere di merrnrio d 'Id ria; hanno tentato di tog lierci il bacino carbonifero istriano di Albona e ci strapperanno quello dalmatico di Knin. Poca cosa un milione d i tonnellate . di carbone annuali per... l' Inghilterra, ma vantaggio non disprezzabile per l' Italia !... Oh, generosa Albi one, che si contenta di un miserabile sette per cento! Dov'è un poeta societario, magari a scarta- · mento rid otto, che intoni un inno al tuo immarcescibile idealismo?

E dov'è un altro poeta che canti le tue gesta squisitamente sororali, o Francia, non d imenticando i colpi mancini della H avas ?

Non guastiamoci il sangue - quel po' che ci è rimasto ! - jn maniera irreparabile. L'ultima parola non fu ancora detta. Il signor Fehren· bach ha chiesto la parola. E in sieme cOn lui ben vcntitre luminari della scienza e dell'economia t edesca Prof esJ.O-ren, con tanto di occhiali, di barba e d i Ku/Jur! E dietro ai Pr.ofeswren c'è il popolo e il popolino tedesco, che dovrebbe, in definitiva, portare la soma Tutto è incerto, tutto è possibile. Chi vi dice, ad esempio, che se Fehrenbach riuscisse a dimostrare l'impossibilità per la Germania di pagare 300 miliardi, ma soltanto'78, l'Ing hilterra non faccia il bel gesto di r inunciare ai suoi 222 . (t più probabile che l'Irlanda si porti nel Mediterraneo....).

Eppu re, anche dopo Spa, il nostro destino non può essere inesorabilmen te segnato. L'elemosina umiliante inflit taci dagli Alleati potrebbe e dovrebbe sostituire un fermento di vita, un punto di riferimento e di parten za per la nostra politica estera di doman i. Illusioni! Gli Alleati ci conoscono bene Sanno che rtoi non possiamo guardare oltre monte e oltre ·mare, perché c'è sempre u na Roccaca nnuccia qualsiasi che impazza e gioca alla rivolu zione e diventa, per qualche giorno, il centro dell'attenzione nazionale, mentre al di là dei confini gli altri, diciamolo plebeamente, ci « fregano » in p ieno.

Cara, car1!{1val-nation ! Canta che ti passa! Canta « Band iera rossa:... ».

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC, 81
MUSSOLINI Da // Pcpol-o d' Iu1/i11, N. 160, 6 luglio 1920, VII

DALL' INTERNO E DALL' ESTERNO

VARIAZIONI SULLO STESSO TEMA

Corre voce nei nostri ambienti parlamentari che un deputato presenterà, in una delle prossime sedute della Camera, la seguente interrogazione al ministro degli Esteri o a chi per lui: « Chiedo d'interrogare S. E. il ministro deg li Affari Esteri del Regno d'Italia sulla situ azione generale deil'impero ing lese. E precisamente chiedo notizie ·sulla portata degli ammutinamenti di militari irla ndesi nelle InQ.ìe; chiedo qualche informazione sulla battaglia di Londondercy e sullo stato d'a nimo deg li egiz iani.. .. ».

Fantasia. Un deputato capace di questo gesto di legittima r itorsione non esiste al Parlamento italia no. Alla Camera dei Comuni si è svo lt o questo episodio che· la SJefrmi ci t rasmette con una inconsueta rapidità:

« Londra., 5. - Alla "Camera dei Comuni, Walter Smith domanda se il sotto'segretario per gli Affari Esteri può fare dichiarazioni sulla sitlla2ione pol itica dell' Italia. Harusworth risponde che è fuo r di dubbio che delle forze ana rchiche in Italia si sian() date da fare p er provocare un moviment() .rivoluzionario. Perb esse hanno fallito lo scopo. Soltanto ad Ancona riuscirono a persuade re un pic_colo reparto di truppe a far ousa comune con loro. l'ordine stato ristabilito in quella città col concorso dello stesso suddetto reparto I socialisti ita liani sono contra ri a q uesti metodi di violenza e il Governo ha l'appoggio di .tutto il paese n el suo atteggiamento fermo ma conciliante • .

Chissà quali voci catastrofi che d ovevano correre i n questi giorni a Londra, se un deputato ha creduto di dover interpellare il Governo inglese suita situazione in Italia, I.a tradizione non ha, in siffatto modo, soluzioni d i continuità: all'estero ci credono sempre alla vigilia del bolsce vismo. Questa credenza è, in p a rte, giustificata. Nessun paese d' Europa offre lo spettacolo di una permanen te agitazione convulsionaria come l'Italia! Esiste dovunque una crisi p sicologica ed economica; ma in nessun paese essa si manifesta in cosl acute forme di violenza e di guerra come avviene in I talia. Chi legge all'estero i g iornali italia ni e scorre la quotidiana: lunga lista dei morti, n on può non aver l'impressione che l'Italia a ttraversa un periodo di guerra civile ! N e consegue la forse irre-

parabile decadenza del nostro · prestigio morale e la rovina, non meno fatale, del nostro c red ito economico.

Chi si azzarda a prestarci d enaro o a mandarci materie prime, quando continuiamo a giocare alla rivoluzione? S.e la nostra reputazione di pò· polo non migliora, giorni bui ci attendono. Su chi 1icadono le più gravi responsabilità del disastro che sta su di noi? Il sottosegretario inglese degli Esteri ha forto di accusare gli anarchici. la colpa di costoro è minima. La responsabilità enorme ricade sul mi}ione e ottocentotrentadnquemila elettori che mandàrono alla Camera centocinquantasei deputati socialisti, Dopo questa clamorosa e impressionante ri velazione d i for ze elettorali, il credito morale dell'Italia non poteva che deca dere, specialmente in paesi dove l'elezionismo più che uno spediente o u n si· sterna è una sp ecie di religione. All'estero apparve questa realtà : dalla prova delle urne usciva trionfante il Partito Sci:cialista e precisamente quel Pa~ti~o Socialista ch e ·aveva pcllegrinato, durante Ja guerra, a Zimmerwald e a Kienthal; e, dopo la guerra, aveva - coi partiti socialisti dell'occidente - ostentat o ad esasperato i l suo bolscevismo Con questi precedent ì1 nessu na meraviglia se 1a più innocua delle sparatorie viene interpretata a Parigi e a Londra come l'inizio della 1ivoluzione. I so· cialisti non meri tano affatto l'elogio del sottosegretario inglese. Ciò che è accaduto in queste ultime settimane è il portato della loro p re· dicazionc, anche se all'atto pratico essi scantonano e Iascfano nei guai gli anarch ici e gli irregolari.

Quali si siano i movimenti che hanno provocato l'interrogazion e del deputato inglese, il fatto rimane e la sua gravità politica e morale è palese a ch iuOque. Per la prima volta in un grande Parlamento alleato si è discusso non della situazione inte rnaziona le dell' Italia o dei suoi rapporti con altre _potenze, ma della sua situazione interna. Vi spiegate, senza difficoltà, tutto l'atteggiamento degli Alleat i e le miserie con su· mate contro di noi. Ci considerano come un popolo d ìsccntrato, che si

· agita contì nuamente, sen za scopo; un popolo che non obbedisce più a nessuno; un popolo che h a rinunciato ad essere un'entità internazionale.

Grazie, in gran parte, ai cosiddetti rivoluzionari delle Marche e della Romagna, da protagonisti della storia siamo stati retrocessi a comparse che si << dimenano » nel fondo, suscitando un po' di curiosità, un po' di noia e qualche spicciolo di pietà.

DA L SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 83
MUSSOLINI
Da il Popofo d' Italit1, N. 161, 7 luglio 1920, VIC.

DOPO IL VOTO

La p rima parola di commento al voto della, Camera è un avverbio: finalmente! Non se ne poteva più, D a l 24 giugno durava H comizio di Montecit orio. Per due settimane intere, dozzine e dozzine di oratori - per tre quarti socialisti - h anno sputato l'an imaccia loro su tutto e su tutti. A completare l'orchèstra non è mancata la chitarrata melanconica di Pirolini, maddaleno anche lui ! Se la discussione non si fosse chiusa, certamente qualcuno sarebbe andato a Montecitorio ad imporre, con un g esto energico, la chiusu ra. 1! orama i sempre più ev idente ch e i deputati socialisti, vigliacconi in p iazza, fanno a Montecitorio i l eoni. n più igienico ed e più estetico.

Quanto al voto, era atteso. Il ministero Giolitti dispone di una maggioranza ragguardevole. Quanto alle dichiarazioni di Giolitti, quc(ie ri· g uardanti la politica este ra, ci lasciano molt o incerti, per via del loro « gcnericismo » ecccs~ivo. Sta b ene che il Governo non voglia imp egnarsi e preferisca rimettersi alla Camera; sta bene che la nostra politica estera deve essere ispirata dal p ostulato ideale della pace da raggi ungere e da mantenere, ma gualche « precisione » doveva essere data.

Sul problema adriatico, G iolitti ci assicura che è facile accordarsi cogli jugoslavi e noi non lo cred iamo così facilmente ; su l problema al· banese, Giolitti ritorna sull' indipen denza , che deve essere gara ntita agli a lbanesi, ma non dice verbo su Valona. Né ci soddisfa 1a ragione avan · ' zata da Giol itti p er spiegare l'evanescenza delle sue d ich iaraz ioni in ma· teria di politica estera. I problemi adriatico, albanese e mediterra neo, sono nuovi p er Giolitti mi nistro; non nuovi per Giolitti deputato o uomo politico. Egli Ii conosce perfettamente, come, del resto, dopo due ann i di a rdenti pùlemiche e di vana diplomazia, li conosce qualsiasi cittadino italiano. Giolitti non può non avere un «suo» punto di vista, che potrà co~ncidere o non coincidere con quello della Camera. Noi ci rifiutiamo di credere a un Giolitti ace fa,lo e abuJico in materia di politica estera. Preferiamo credere ,che le « precisazioni)> richieste dall'opinione pu bblica non tarderanno a venire. L'opinione pubblica domanda se e quando saranno riprese le trattative adriatiche cogli j ugoslavi e su qua li basi; che cosa accadrà di Valona; e qua li compensi riceverà l'Italia, oltre la meschina indennità fi ssat a dai maggiori Alleati

In materia d i politica interna, il discorso di Giolitti è più soddisfacente. Il suo proposito di mantenere i provvedimenti fiscali enunciati, servirà a sm entire certe voci e a sventare certe manovre. Ma i p roventi fiscali non basteranno a sanare il bilancio; di q ui la necessità di voler accelerare la smobilitazione ( e si smobiliti pure il 9g e anche il '99, non dimenticando però che la Jugoslavia ha parecchie centinaia di migliaia di uomin i sotto le armi). Mandiamo pure a casa , fra l'estate e l'autunno, le ultime due classi di soldati, ma ci vorranno ben altre economìe prima d i arrivare. al pareggio: bisognerà diminuire, soprattutto, il deficit enorme provocato dal prezzo politico del pane

L'on. Giolitti ha conchiuso richiamando il Parlamento al dovere di legiferare. Ci sono in cantie!e una dozzina di progetti di legge p resentati d'urgenza. Bisogna discuterli. Dopo tante «accademie», è tempo di concretare qualche cosa. Se ciò apparirà impossibile, data la costituzione attua le del Parlamento italiano, l'on. Giolitti deve affrontare la situazione, sciogliere le Camere e indire le elezioni generali.

M USSOLINI

Da li Popolo d'llafla, N. 164, 10 lug lio 1920, VJI .

DAL SECONDO CONGRESSO DEI F ASCI, ECC, 85

TRA L'OGGI E IL DOMANI

L'aùone a doppio .fondo del Partito Socialista Ufficiale - che tanto ha scandalizzato i repubblicani delle Ma rch e e della Romagna in occasione delle recenti sommosse - continua e con tinua a far schifo. Tutta la ' bag-:.,logia socialista, da Barberis vìnattiere a Modigliani leguleio, è diretta a mantenere nelle masse uno stato d'animo d 'aspettazione mcssianica; e quando le masse, tenute sòtto Ja pressione parolaia, t entano d i passare ai fatti, gli organ i dirigenti ripetono, noiosamente, il vecchio gioco del rinviare a doman i. Ecco una interruzione di deputati socialist i, non bene identificati, nemmeno dal resocontista dell'Avanti!: «Presto avremo i Sovihs! ». Giolitti h a ri battuto dicendo che li ritiene remoti assai ancora, non fosse a1tro p erché dove nacquero non esistono 'p iù

Anche i repubblicani , attraverso l'orazione funebre del melanconico Pirolini, hanno voluto insistere sulla inevitabile crisi del regime, cont ribuendo a mantenere l'aspettaz ione apocalittica o miracolistica delle masse in un evento che nessuno definisce, in una rivoluzione insurrezionista che nessuno, Salvo qualche anarchico, prepara· sul serio. Questo è un fenomeno « parusistico ». Pe r chi non lo sapesse, par11Jia sig ni~ca l'aspettazio ne deJJa fine del mondo. Il fe no meno « parusistico » più inte ressante n ella storia delle religioni e delle e resie è stato quello che accompagnò la predicazion e di Cristo. Che va le, - pensavano Je turbe igna re e inquiete che seguivano Gesù - che vale lavorare, vivere, lottare? F ra poco sarà la fine di tutto e di tutti .... Lo stesso sembrano d ire a l Parlamento ·e fu~ri i « parusistici » dell'epoca nost ra: che vale, oramai, discutere, p olem izza re, combattere? la fine di questo reg ime è segnata: la catastrofe approssima e i maddalcni lanciano il loro <<si· salvi chi può ! »

Niente è eterno nell 'un iverso: non un regime politico, no n una costituzione èconomica, non un s istema di idee, Tutto si forma, s i tra·

«PARUSIA»
.. .. ...

sforma, muore, rinasce, ron perpetua vicenda nei secoli e nei millenni. Noi non soffriamc> di as.pettazioni messianiche o di allucinazioni apocal ittiche. N oi non siamo di coloro che attendono da un giorno all'alt ro la rivoluziçme. Costoro identificano ·la rivoluzine col fatto clamoroso, coreografico e sangui noso dell'insurrezione. Ora, una rivoluzione p uò svolgersi senza episodi insurrezionali; oppure l'insurrezione può essere u n momento di una rivoluzione. Se per rivoluzione si intende, come deve intendersi, un acceletamentci di ritmo dell'evoluzione, un abbreviazione di distanze, una risoluzione di antitesi che parevano irriducibili, non v'è dubbio che la rivoluzione bisogna' aspettarla domani o dopo, per la semplice ragione ch'è già in corso da oramai sei anni e p uò durare sessanta an ni ancora e concludcrsiin modo tutt'affatto opposto alle sue origin! ideali. Ma venendo dalle considerazioni generali al fatto concreto nazionale. il quesito va posto in questi termini: « Il regime politico ital iano è reazionario? )> . Nessuno in buona f ede p ùò rispo ndere affermativamente a questa domanda. Il regime politico italiano è « democratico » per eccellenza. Un confronto pbstìco giova più che u na lunga dissertazione. La repubblica nord-americana - dove, fra l'altro, il candidato socialista alla presidenza è in galera da parecchio tempoha espulso, or non è molto, ben cinquemila estremisti, anarchici e bolscevichi; in Italia si è potuto tenere liberamente un congresso anarchico. C'è chi afferma che quèsta libertà viene poi pagata a caro prezzo. Noi non entriamo nel merito; constatiamo. Le istituzioni p olitiche italiane sono, forse, immodifica bili? No. Senza bisogno d'insurrezioni, l'Italia ha applicato, in materia di. rappresentanza; i postulati estrem i della democrazia, come il suffrag io universale, la rappresentanza_p roporzionale e darà il voto alle donne. La Corona ha rinunciato a g ran parte dei suoi beni. Non importa se passivi Più importante ancora , la Corona ha rinunciato a qualcuna delle sue prerogative pecul iari, cOme all'articolo ·quinto dello Statuto e al diritto d'indulto e d' amn istia. Dal punto di vista sociale, l'Italia h a g ià al potere i socialisti, sia pure irregolari; e, in materia di legislazione fiscale o sodale, l'Italia è alla t esta di tutte le nazioni, comprese quelle·che - ben a malincuore, come la Germania o l'Austria - hanno dovuto sogg~acere alla croce della rivoluzione. L'esistenza deJla mona rchia cosi vaporizzata, non impedisce !a realizzazione di alcuni dei postulati massimi del socialismo, come la nazionalizzazione delle miniere, delle forze idro-elettriche, ecc.

L'abbattimento di questo regime - ampia cornice, che ha d imostrato di contenere e può contenere, sino a pcova contraria, quasi tutto il programma economico dei repubblicani o dei socialisti - g ioverebbe a da re p iù libe rtà al popolo? Più benessere, forse? Il regime è già in corso, nel senso che si adatterà ai tempi; o ra, vale la pena d i compiere uno

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, .ECC. 87

sforzo insurrezionale - con tutti gli incèrti annessi a un tentativo del g enere - quando nessuna « utilità » è in vista?

· ~Ile du e l'una:· o ci si ferma a una repubblica socialdemocratica.: e allora il gioco, nelle attuali condizioni, non vale la candela ; o si va -come è pili probabile, sia pure transitorjamente - alla dìttahua proletar ia, cioè a un regime oppressivo dal punto di _vista politico e distruttivo dal punto di vista economico, con relativo isolamento dell' Ital ia all'estero e relativa guerra civile aJI'interno.

Può darsi che domani si renda necessario suggellare, con Ùn'ultima formal ità, un complesso di trasformaz io ni già compiute, e allora si potrà assistere a un « placido tramonto>>; può darsi che sia necessario mutare talune condizioni di stabilità, con un urto violento; ma, prcscin· deodo da queste che ·sono le ipotesi di d omani, rimane Ia realtà d'oggi. Ed è questa: . senza concede rsi a fat ui, inutili. e sanguinosi estet ismi insurrezionali, bisogna - con probità, con semplicità e con fede - Ja. vòrare a « ricostruire » la nazione.

Vaste masse di popolo n on chiedono altro. Si vuol torna re a vivere o a riv ivere Semplicemen te

MUSSOLINI

D a Il Popolo d'Italia, N. 165, 11 h:g lio 1920, VII.

88 OPERA O.MNIA
DI BEN lTO MUSSOLINI

ANCONA E BELGRADO

L'Ufficio Stampa di Zara ci man da le seguenti notizie sul contegno della stampa jugoslava:

« La stam pa jugoslava si abbandona c:on evidente compiacimento alla narrazione minuta ed in g ran parte fantas tica <lei famosi fa tti di Anrona, affennando, per i:sempio, che le vittime ascendono ad alcune migliaia, che il movimento , ir:ol11zion11rio si estende per ogni d ove in modo allarmante, che i moti, anziché cessare, si estendono e getta no l'I tali a in un mare di fuoco, che !,,jà si può dire: "finalmente la tan to attesa rivol uzione in Itali.a è scoppiata "

« Li stamp a ex-austriaca coglie inoltre l'occasione per ammonire l'Ital ia dicendole che orma.i no n le è rimasta ch e un'ancora d i salvezza d i fronte a tanta rovina: Rin11ndare ml o g ni a1pirazione .111! mare A driatico, d alfAlbania a Triest e, da Go rb.ia 1ino .J/'IJonzo, altrimenti i giorni del regno sono contati. Gli stessi giornali conducono una grottesca campagna di denigrazione dell'Italia, sfruttando con ogni b;ilcanico espediente ogni discussion e alla Camera o il più piccolo incid ente per la partçnza delle t ruppe. Così ad esempio il g iornale Novi IJ1t del 6 corrente, il quale, dopo aver guazzato fra le esagerazion i e le menzogne, conclude, come del resto g ran parte della stampa jugoslava, con un chiaro g rido di guerra dicMdo che l'a llegorico cavallo dell'eroe nazionale serbo si sente li.n:tlmente pronto .i correre su Trieste e Gorizia per gettare la 1p,rd,1 nelle n<que dei/'JJon zo».

Che nel regno S, H. S. ci sia un violento rifermentare di passion i anti-italiane ·e un rigurgito di propositi aggressivi e g uerreschi contro d i noi, ci viene confermato da varie parti e, d'a ltronde, si spiega perfettamen te. QueUo che è accaduto in Albania ha il carattere, se non le proporzioni, di una seconda Caporetto militare dell'Italia. Le ripercussioni morali di ciò devono essere state disastrose per il prestig io dell'Italia in tutti i paesi bakanici. La realtà è che bande d ' insorti hanno rcspin'to gli italiani sin quasi in mare. La realtà è che gli italiani non hanno saputo liberare Valona dalla stretta immediata degli insorti , i quali accampano ancora a q uattro chilometri dalla città. L' interpretazione non del tutto illogica, che nei Balcani e dovunque si d à dei fatt i; è questa : u na. grande nazione come l'Italia ha capitolato davanti a. poche migliaia di uomini e ha consacrato questa sua capit0Iaz1one mandando un messo diplomatico speciale per trattare l' accordo cogli albanesi. Se poi questo accordo c'imporrà di sgombrare Valona, la scònfitta dell'Italia non potrà

più essere vc!ata da eufemismi perché apparirà palese e completa a chiunque.

C'è di più e di peggio. L'Italia non h a potuto allargare il resp iro d i Valona, né spezzare il cerchio dell'assedio, perché non ha mandato rinforzi agli assediati e si è impegnata solennemente a non mandarne, abbandonando - fatto nuovo e inaudito n ella storia! - migliaia d i soldati italiani assediati al loro incerto destino. Né questo è t utto. Si è d ato al mondo l'impressione che" il Governo non mandav'a rinforzi in Albania, perché i soldati si rifiutava no di partire. T aluni episodi ÌSO· lati, come quelli di Ancona, Trieste, Brindisi e sopratt ut to la ignob ile cagnara dei socialisti1 h anno convalidato questa impressione sull'imp o· tenza del Governo nei riguardi dell' esercito.

Tracciato questo quadro. le SC?,lma.ne guerraiole jugoslave si comprendon o Nei circoli mil itari jug o slavi si fa questo rag ionamento: se poche migliaia di frrego1ari albanesi hanno ri buttato gl i italiani quasi in mare, la stessa cosa non succederebbe in Dalma:z.ia o in Istria se invece ch e da pochi irregolari gli i tal iani fossero attaccati da truppe re· golari serbe? L' episodio di Bistcrza è Sintomatico. I serbi credono fa . cil issimà la partita, poiché ,;_ grazie ai socialisti! - ritengono ch e il Governo non potrebbe mandare rinfo rzi e che in Italia tutta la stalla sovversiva comincerebbe a gridare il « Via dalla D almazia!», « Vià dal· l'Istria ! », o - perché rio? - il « Via da Udine o da Cividale!». Che la imbecillità demagogica del cosiddetto ridicolo sovversivismo italiano incoraggi l'imperialismo militarista degli jugoslavi_è u n fatto accertato e le voci della stampa S. H. S. non lasciano alcun dubbio in p roposito .

Per fo rtuna, per somma fortuna d' Italia, in Dalmazia c' è Milio e a Fiume c'è D'Annunz io! Se, domani, gli jugoslavi tentassero di ripete re l'aggressione deg l i a lbanesi, un appello di D' Annunzio alla gioventù italiana basterebbe p er far convergere sul confine minacciato forze sufficenti a sc~iantire l'aggressione. Ma se nuovo sangue sarà versato, lo d ovremo in g ran p arte ai filodrammatici dil ettanti del cos iddetto sovversivismo italiano. n Ancona che ha svegl iato Belgrado.

OPERA OMNIA DI BEN ITO MUS SOLINI
I
M USSOLI N I
D a. Il Popolo d'Italia, N. 166, 13 luglio 1920, VII.

L'ARTEFICE E LA MATERIA

Accade un fatto strano e illogico, almeno nelle apparenze: mentre i socialisti d 'occidentè che vanno in Russia se ne ~ornano in Europa mediocremente o niente affatto entusiasti del regime bolscevico, i giornalisti borghesi, nella !oro quasi totalità, s'infiammano d'entusiasmo per la repubblica dei Soviètt. Se il fenomeno appare assurdo, la spiegazione di esso è logica. I socialisti vanno in Russia n ella certezza o nella spe· ranza di trovarvi il verbo fatto carne, l 'ideale tramutato in sensibil e e tangibile realtà, e quando s'avvedono che L'ideale resta ancora e sempre fra le nu vole, mentr e la rea ltà non differisce da q uella di una volta, diventano prudenti nei loro giudizi e rettificano il tiro. I giornalisti d'origine e di menta lità borghese arrivano in Russia coll'illusione di trovarvi il socialismo in pieno, e quando s'accorgono che il socialismo vero è ancora di Jà da venire,_ finiscono per entusiasmarsi di un regime che ,,.-non ha più difetti, ma possiede ancora tutti i pregi degli Stati borghesi.

Un borghese fuoruscito d alle nazioni democratiche dell'occidente, dove lo Stato attraversa la crisi paurosa dclJa sua « autorità » , appena s i presenta alle soglie della Russia che cosa vede? Uno Stato che ha superato la sua crisi d'autorità. Uno Stato nell'espressione p iù concreta della parola. Uno Stato~ c,ioè un Governo, composto di uom ini che esercitano il polere, imponendo ai singoli e ai gruppi una d isciplina di ferro, facendo, quando occorre, della <<reazione».

Nelle nazioni dell'occidente, lo Stato è ormai una «nozione>> filosofica e lastica ed evanescente; non si sa dove comincia, n on si sa dove finisce; non si sa se possa anco ra comandare o se trovi ancora qualcuno pronto ad _ubbidirlo.

Pensate a lla lamentevole faccenda dell'ora legale in ItaJia: C'è, in molti degli Stati democratici, all'ora attuale, un continuo urto fra autorità vec:chie e nuove; una intcrfere~za o coesistenza di poteri contradditori.

Ceri tuera cela. Nella Russia di Lenin, invece, non c'è che un'autorità: la sua. Non c' è che una libertà: la sua. Non v'è che una legge : la sua. O piega rsi o perire. 11 pittoresco caos politico occide nta le lassù si è

· geometrizzato in una espressione lineare che h a µn nome solo: Lenin.

Niente, dunque, crisi dell'autorità statale in Russia: ma uno Stato supcrstato, uno Stato che assorbe e schiaccia l'individuo e rego la tutta la vita. Si capisce che i zelatori deUo Stato «forte)>, o prussiano, o pugno di f erro, trovano lassù realizzato il loro ideale.

Per· mantenere in piena effi.ce nza l'autorità de llo Stato, non ci vo-gliono discorsi, o manifesti, o lacrimogene invocazioni: ci vuole la forza armata.

Lo Stato più potentemente armato, . per l'interno e per l'estero, che ci sia attualmente nel mondo, è precisamente la Russia. L'esercito dei Sovièts è formidabile e quanto alJa polizia non ha nuJla da invidiare aH'Omma d~i tempi dei Rom:i.noff.

Chi dice Stato, dice necessariamente esercito, polizia, magistratura, burocrazia. ·

Lo stato russo è lo Stato per eccellenza e si capisce che avendo statizzato la vita economica nelle sue innumerevoli manifestazioni, si sia formato un most ruoso esercito di burocratici. Alla base d i questa piramide, suUa cui vetta . sta un pugno di uomini, c'è la mol· titud ine, il proletariato, il quale, come n ei vecchi regimi borghesi, obbedisce, lavora, mangia poco e si fa massacrare.· Dittatura del proletariato? In questa credono ancora i soci dei circoli vinicoli neile serate di « bevuta ». '

Ii:i Russia esi ste, sì, una dittatura del proletariato, ma non esercitata dai proletari, bensì - ce Jo dice il signor Cappa,. amico deUa Balabanoff e bolscevico-borghese - esercitata dal Partito Comunista. Il quale Partito Comunista, se conta - come ci dice il Cappa - appena settecentomila membri, rappresenta un'infima minoranza su l totale della popolazione. In realtà sono pochi uomini di questo Partito c~e governano la Russia.

La loro repubblica, con « assoluto e illimitato potere », è una vera e propria autocrazia. -

Politicamente parlando, non esiste socialismo in Russia (altro che regime degli uguali!); ma, economica.mente parlando, di socialismo non c'è nemmeno l'ombra.

Non mettiamo in dubbio la obiettività del signor Cappa, ma il signor Rikoff - commissario del popolo per gli affari economici - è più competente di lui. ·Rikoff nega che il «blocco» sia stata la causa della disorganizzazione o della rovina totale deil' e<onomia

92 OPERA OMNIA 01 BENITO_ MU SSOLINI

industriale _ russ~: Ma d i che « blocco » ci ,,an parlando , questi s ignori ?

11 << blocco » è stato un bluff borghese e socialista. I bloccanti non avevano n iente da· smerciare in Russ ia, se non qualche fondo di magazzeno. Che cosa poteva portare in Russia un'Europa esaurita, ch e è affamata di locomotive, di vagoni , di aratri, di carbone, di fe rro, di cuoi, di stoffe e · di pa11e? Anche a frontiere spalancate, i t ra~ci da e per la Russia non avrebbero raggiunto pròporzìoni di q ualche ri lievo. La verità è ch e l' applicazione precipitata del comunismo ha schia ntato l'economia industriale russa.

C'è u na rinascita, oggi? Possiamo ammetterlo. Ma come si è otten uta ? Questo il signor Cappa si è dimenticato di di rcelo Il leggero migl ioramento della situazione economica russa è .dovuto all ' adozione o al ripristino dei sistemi capitafotici. JJ capitaJiJm.o ha vinJol Questa la veri_tà che emerge Se si vuol produrre, bisogna tornare all'antico , cioè al capitalismo. Niente consigl i, ma dittatori di fabbrica; n iente l ivellazione, ma scala a ventisette gradini di salari; niente libertà di fa re i propri comodi; ma d isciplina, e punizion i per i fa n nullon i; e tutto ciò oltre all' adozione d ei più perfezionati sistemi tecnici di lavoro, come il <<' taylorismo». E quella famosa « armata del lavoro», . tanto celebrata dai bolscevichi, p iù o meno borghesi, dell'occ idente, è, in realtà, il sigillo di condanna del regime len in ista. In occidente, c'è, più o meno effimera, una cosiddetta « schiavitù del salario» ; in Russia, questa schiavitù è infinitamente peggiorata. P er ottenere un po· di lavoro in Russia, è necessario inquadrare milita rmente Je masse, sottoporle a una rigida disciplina: il che significa c:he, .mancando neg li in dividui . lo stimolo egoistico del guadagno, nesSun altro elemento d'ordine morale l'ha sostituito, e i capi si vedorio costretti a ricorrere a terribili misure coercitive, a convertire in caserme le offic: ine e i lavoratori in soldati. Supermil ital'ismo, dunque!

La realtà è questa; e i missionari italiani, se av ranno un briciolo di onestà, lo riconoscera nno. In Russia non esiste n iente che rassomigli , anche da lontano, al socialismo: in Russia, per un complessò di circostanze storiche no te , una frazione del Partito Socialista si è impadronita del potere e ha tentato di anticipare.

Quella di Leni n è una vasta, terribile esperienza i n corpore vili . . Len in è un artista che ha l;ivorato gli uomini, come a ltri artisti lavorano il marmo e i metalli. Ma gli uomin i sorio p iù duri del macigno e meno mal~eabili del fer ro.

Il capolavoro non c'.è. L'artista ha fallito. 11 compito era sup eriore a lle sue forze.

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 93

I nfine, dato e non concesso che in Russia ci sia un regime Perfetto, adatto a fare, nel tempo, la fel icità del genere umano; dato e non concesso che in Russia accadano mirabili eventi, resta una domanda alla quale bisqgna rispondere da parte di coloro che hanno in pastorizia le masse: il regime russo - con annessi e connessi ..:._ è pensabile o tra· . piantabile in I talia? In caso affermativo, quando? E come?

Da Il Popolo d'!Jalia, N. 167, 14 luglio 1920, VII.

94 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI ...
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Basta eufemismi e chiamiamo le cose col loro vero nome. Non importa se gli italiani, inchiodati come sempre alle tragicommedie del cosiddetto sovversivismo, non se ne sono accorti; ma il fatto è che a Valona l'ltalia è stata battuta, «irreparabilmente» battuta.

La Caporetto albanese è infinitamente più grave dell'a ltra che si svolse fra Isonzo e Piave: allora perdcmlllo posizioni, materiali, uomini e due provincie, ma non perdemmo la volontà di ricominciare e di rivincere; · stavolta la nostra disfatta è d 'ordine moraJe e l' abbiamo oramai diplomaticamente sigillata come un fatto accettata e compiuto. Poche migliaia di albanesi, senza artiglierie, ci hanno ributtato, fulmi• neamente, su Valona; e, per evitare Che ci rigettassero in mare, abbiamo aperto delle trattative, senza risultato.

L'on. Giolitti, dopo aver proclamato che l'Albania doveva essere degli albanesi, ma che Valona, nell'attuale situazione adriatica e mediterranea, non poteva essere sgombrata, ha invece subìto l"intimazione albanCSe di sgombrare la città. Perché ? Per.impotenza. Dal momento che Valona non si può tenere col presidio attuale e dal momento che soldati non se ne mandano più, non ci resta che abbqssare il t ricolore. Lo sgombro·dell'Albania e anche di Valona prima del conflitto armato, non avrebbe avuto -ripercussioni nei Balcani; lo sgombro imposto, dopo uno scacco militare, ha avuto e avrà conseguenze grav issime.

Mettete il quadro ·albanese ·nella corn ice della nostra situazione interna; tenete presente i discorsi di Misiano e Maffi; no n dimenticate le sparatorie militari di Ancona e Cervignano, di Trieste e di Brindisi, e· ·non vi stupirete più se g li jugoslavi ci considerano come una nazione esaurita, impotente, condarinata a crollare al primo urto violento. Almeno avesse g iovato la nostra remissività nei confronti degli albanesi! Non ha giovato e non poteva giovare.

Avendo subìto il ricatto socialista, il Governo deve o ra subire il ricatto jugoslavo.

Lo sgombro di Valona noh basta più agli albanesi. Anche Saseno dev'essere sgombrata. Chissà se quèsto sarà sufficente a placarli? Chi può escludere ch'essi non chiedano una testa di sbarco a Brind isi o in q ualche altro punto della costa adriatica? Nel qual caso udremo

AMARISSIMO
7. - xv.

certamente i socialisti italinni intimare il « Via da Brindisi!... ». V ia g li italiani, ben inteso.

La grande esibizione di invigliacchìmc-nto naziona le che dura dal 16 novembre e prende tutti, dal Gove rno al . popolino, non è la t attica migliore per evitare conflitti armati. Volere. la pace a qualunque costo significa tirarsi addosso, in ogni caso, la guerra. I fatt i di Spalato cost ituiscono la successione logica e non soltanto cronologica, delle vicende alb.lnesi, Trieste, che non dimentica, chiamata dai fascisti, risponde superbamente e procede a quel repulisti che noi abbfomo rei~ terate volte invocatò.

Ma il Governo italiano ha una « sua» linea di condotta ? Niente lo fa credere. Il primo atto di politica estera del ministero G iolitti è stato semplicemente disastroso. Uria dedizione all'interno ha provocato una dedizione all'estero. Quando ci si incammina sulla strada dell e dedizioni e delle rinunce, è diffic ile f ermarsi, specie quando l'avversario interp reta i fatti e le parole a.li~ « levantina » e ritiene manifestazioni di viltà quel che pu~ essere cd è spirito di conciliazione.

I serbi ci odiano e questo lo sapevamo; ma da qualche tempo ci disis6mano e ci disprezzano. Hanno ragione. La piccola Serbia non offre al mondo Io spettacolo di sfacelo morale e materiale che offre l'ltalia . Eccettuata la fiamma che D'Annunzio tiene meravigliosamente accesa sul Carnaro e verso Ia- quale si affissano gli sguardi ansiosi della non ancora degenere gioventù, il resto deil'ltalia, borghesia e proletariato, Govtrno e governati, è poltiglia fangosa, incapace ormai di vivere oltre la giornata. Fanno ridere 'quelli che presentano, ne lle oleog rafie, l'Italia come una donna formosa con tanto di corona turrita jn testa. E ora di finirla con questi sciocchi deliri di grinde22.1.. P ratici bisogna essere per chiamare i forest ieri, Mettete-le sulla testa una cuffia da camerie ra di un hOtel ~isperatamente me11b/é, con Giolitti portiere monumental e.

MUSSOLINI

Da li !'opolo d'Italia, N. 168, 15 lug lio 1920, VII.

96 OPERA" OMNIA Di BENITO MUSSOLINI

LA FINE DI UNA ILLUSIONE

« IL BOLSCEVISMO E INCAPACE DI REALIZZARE L' OPERA DI COSTRUZIONE SOCIALE »

DICE KROPOTKIN

N on è stato fo rse affermato che il g rande teorico dell' anarchia Pietro Kropotkin era d'accordo con i bolscevichi; che aveva dato la sua adesione al loro regime e si comp iaceva persino d ei loro metodi di governo? .

La verità però è ben diversa. Ed è u na l ettera dello stesso Kro· potkin che ce lo dice. Questa lettera, p ubblicata dal Times del l O luglio, è stata affidata dal celebre rivoluzionario russo a Miss Margaret Bontfield, che faceva parte d ella delegazione britannica laburista che si recò in Russi~.

Senza soffermarsi sui particolari del (eg ime sovietista, Kropotkin lo giudica nel suo insieme e soprat tutto dal punto di vista deg li inte· ressi della grande massa dei lavo ratori russi.

Kropotkin si chiede che cosa rappresenti il bolscevismo nella marcia dell'umanità verso la l ibertà e la giustizia sociale. 'E. soprattutto questo che Kropot k in vuole fare sapere all'opinione pubblica dell' Europa.

Riproduciamo in extemo questa importante lettera, aggiungendo sol· tanto che l'auto re abita Ja Jocalità d i Dimitrof, nei d intorni di Mosca , e che eÈli non ha mai lasciato la Russia dal tempo della rivoluzione.

« La Russia bolscevica - scrive Kropotkin - ha voluto r iprendere e continuare l'opera d ella Francia rivoluzionaria.

« Disgraziatamente, questo tentati vo è stato fatto in Russia sotto la ditta· tura eccessi vamente accentrata di wi Partito. Secondo me, questo tentativo di costituire una repubblica comunista, basata su un comunismo di Stato stretta• mente aocentratO i n W'I Governo di ferro che corrisponde alla d ittatura d i un Partito, secondo m e, questo tentativo è fallito . Abbiamo constatato cosi che il comunismo n on può essere introdotto in Russia, nonostante le condizioni della popolazione, l a quale, minata dall'antico regime, non oppone una r esistenza attiva agli esperimenti t entati dal nuovo Governo.

« L' idea dei S0 rih1, val e a dire quella dei Consigli degli operai e dei con· tadini, rcal i22ata la prima volta dura nte la rivoluzione del 1917, immediatamente

dopo la cad uta d ei regime czarista, questa idea dei Consigli, che han no il com

pito di controllare la vita poli tica ed economica del paese, è una grande idea. Essa ha come consegllenia r ahra id ea dei Consigli, composti d i t utti coloro, che, con il loro sforzo persona le, p rendo no p arte attiva alla prodUlione della r icchezza nazionale M a, f i n o a che il paeie è 1ot1 c,/)aJtc, alla diJtt111m: di ,m putho, i Con sigli degli operai e d ei «mradi ni p~ d ono e1,1idenU'mMU ogni , ;. gnificato Essi sono ridotti a rapprese11tare la parte passiva, che rappresentarono, in a ltri tempi, gli " Stati generali", e i parlamenti, gu ando erano stati convocati d al re, e dovevano tener fro nte a l potente Consiglio del re

« N on mancano, n ella storia antica e moderna, gli esempi di come ocrorra agire per rovesciare un Governo già indebolito. Ma, quando si tr atta di r ico,. strui re, ex-no vo, forme di vita e soprattutto nu ove form e d.i p roduzione e di scambio senza avere alcun esemp io d a seguire, q ua ndo tutto deve essere i mprov visato, allora un · G overno potentemen te accentrato, il quale desidera forn ire tutti i generi ad ogni abitante, si trova nella assoluta incapacità di comp iere tutto questo lavoro , -valendosi - come intermediari - dei suoi fu nzionari, per quanto essi siano numerosi Poiché a q uesto p unto cominciano g li abusi.

« D a questo s istema t rae origine u na burocrazia cosl formidabile che, al confronto, il sistema burocratico fu ncesc, che r idUede l'intetvento d i qua ran ta funzio nari per vendere u n a lbero rove5Ciato da un urag ano attraverso una strada, divenla un nonnu ll a. A q uesto spellacolo noi assistiamo attualmente i n Russia. Ed ecco q uello che voi, op erai dell'occidente, potrete e dovr ete evitare con tutti i mezzi, n el momento in cui pensate al successo d i u na ricostruzione sociale, e dopo aver inviato qui i vos tri delegati pe r constatare come una r ivoluzione sociale s i pre:.cnta nella r ealtà. L' immensa opera di ricostruzione ch e una ri voluzione sociale esige, non può essere compiuta da un G o'Yerno centrale, n emmeno quando essa può basarsi sul suo lavoro, su qualch e cosa di più sostanziale di poch" p ubblicn ioni sociali o anarc hiche. Per un lavor o simile sono n ecessari la cultura, i l cerve llo e la collaborazione spon tanea ·di tutta una massa d i forze locali e specia lizzate, ch e, sole, possono vi.oce1e le innumer evoli difficoltà dei p roblemi econ omici n ei loro a spetti locali

« Senza qu esta collabor a.z.io ne, e avendo .fiducia soltanto ne ll' ingegno dei d ittato ri di un Par tito, si dist ruggon o tutte le formazioni indipendenti, come le un ioni p rofessionali operaie e le organi mnion i cooperative locali, dopo averle trasfom1.1t e in orga ni burocratici d i un Pulito. Ed è questo che accad e attua i. mente in Russia ».

Questa lettera di K r~potkin è il colpo di g razia inferto al bol· scevismo russo e al scimmi esco bolscevismo occidentale. Si può du· bita re, quand o pacla un riformista come l' on. Dugoni, che ha, fra l'altro, molti fatti personali col massimalismo italiano, per q uanto J'o n. Dugoni sia esplicito e p reciso n elle sue d ich iarazioni re/our de RuSJie; ma nes· suno, sovversivo- o non sovversivo, può dubitare deHa parola di Pietro K ropotkin Si può dissentire dalle idee del grande e intemerato apostolo dell'anarchismo ; ma la sua onestà, la sua p robità, la sua chia roveggenza e la sua fed e son o fuori di dubbio e di discussione. Jo, che quindici ann i fa sono stato, per mezzo del 1:krtoni, i n comunione spirituale con Kropotk in p er il fatto di aver t radot~o i n italiano il suo volwne U pt1role di un ribelle e il primo volume della sua magnifica S/Ot'ÙJ d eJ/a

98 OPERA OMN IA DJ BENITO MUSSOLINI

riv oluzione fran~eie, non mi stupisco molto per il g iudizio stroncatore che Kropotkin dà del bolscev ismo. N ei libri d i Kropotkin l'anarchismo è una .costruzione armoniosa che si elabora od profondo, senza co· striziorli di Governi, senza dittature di partiti o di persone. Utopi a ? Certo. Comunque preferibile, come tendenza al limite, alla terribile reiltà russa. Non pecchiamo d'immodestia se richiamiamo il lettore a meditare sulla testimonianza del Kropotkin, che convalida in pieno quanto scrivemmo nel nostro articolo di ieri l'altro. Il bolscevismo sche· matizzato dal Kropotkin, si riduce, com'è iq realtà, alla dittatura d'un ·pugno d 'uomini, esercitata colla violenza e ·col terrore, a una burocrazia spaventevole e a un passivismo non meno spaventevole da pa rte dclle masse operaie.

A poco a poco il mito splendente nelJa fantasia delle masse, si tra· sforma nella sagoma g rigia di un esperimento fal1ito. Dopo tanto fiammeggiare d'entusiasmi, ecco la fredda cenere. Sino a pochi giorni fa l'Avanti! aveva l'anti·marxistico coraggio di identificare Lenin col socialismo; adesso, fors e, -l'incauto filosofo si vergogna della sua propo· sizione inventata. Dov'è la luce « che veniva, che doveva vé nire dall'oriente»? L'ombra scende all'orizzonte...

MUSSOLINI

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 99
Da Il Popolo d' Italia, N. 169, 16 luglio 1920, VJI.

AMARISSIMO

RESPONSABILITA

Ah no! Questa volta se i signori jugoslavi ci faranno, come ne hanno l'intenzione, la guerra, la colpa non sarà di Mussolini, come si è dato ad intendere aila « vasta tribù» per quella del 1915; non sarà la colpa degli interventisti ridotti a un pugno d'uomini; non . sarà dei guerrafondai la colpa, ma dei pacifondai. Questo sia ben chiaro, onde ognuno si abbia le rispettive responsabilità. Avete voi incontrato, p er le strade infocate dì Milano, cortei di popolo acclamanti alla guerra, · come- nel maggio 1915? Ci sono forse, sui muri, i manifesti famosi del « o guerra o repubblica »? Nemmeno. Nessuna eccitazione da pàrtc nostra.

Non un grido, sia pure flebile, di (( Abbasso i croati! ». Il contegno del popolo italiano non potrebbe essere più remissivo e mentce per le piazze di Lubiana e di 2.agabria si chiede l'immediata dichiarazione di guerra all'Italia, gli italiani pensano ai « ferrovieri secondari» e all'ennesimo nonché inevitabile sciopero generale.

Ebbene, se i signori jugoslavi ti insolentiscono, ci ricattano, ci minacciano, ci sparano addosso e sconfinano, lo si deve alla grande non mai vista esibizione di vigliaccheria nazionale dei pacifondai nostrani. Oh le iron ie d ella storia! Una g11erra prowcata dai pacifondai. La pace a qualunque costo chiama la guerra a qualunque. costo I serbi non hanno mai pen sato sul serio di attaq:arci, finché ci teneva no in quakhe considera zione, finché ci ritenevano capaci di stare almeno in piedi, ma da quando. si sono convinti che noi siamo frolli e infrolliti, che l'Italia è barcoUante come una prostituta ubriaca, i servi hanno ritenuto giunto il momento opportuno per precipitare la situazione. Signori, una volta tanto non rubiamo il mestiere a Ferravilla: 1a colpa non è dei Crapotti d 'oltre Adriatico. '.n nostra. Totalmente nostra.

Limitandoci a questi ultimi giorni, la prima esibizione di vigl iacch eria nazionale è stata fatta dal Governo di 1 Giolitti, quando, per p lacare l e carogne del pussismo, s'è impegnato a sgombrare Valona e a non mandare pili. truppe. Con questo gesto ci siamo squalificati non soltanto in faccia agli alban es i, ma in faccia al mondo. Cagnare d i pus-

sisti, pronunciamenti di soldati, scioperi su tutta la linea, linguaggio tremebondo della stampa (basta leggere le pisciate romane che compaiono su l quotidiano diretto da quell'inciprignito rachitizzato immalinconico filosofesso che risponde al nome di Missiroli) e vi convincerete Che tanto sfacelo non poteva che provocare l' aggressività dei serbi. L'Italia dei Misiano non fa p iù paura ai croati e alle stirpi guerriere jugoslave.

:n giusto! Ed è giusto che l'Italia, per troppo pacifondaismo, si ti ri addosso una nuova guerra.

Tutto ciò che accade da molto tempo a questa parte suscita un dubbio angoscioso nelle nostre anime. Nel 1915 noi contribuimmo ad inserire la storia d'Italia nella storia mondiale. Da parecchi secoli, la storia d'Italia era stata appena p rovinciale. Riuscimmo ? Formalmente, sl. Intimamente, no. L'Italia è ancorà quella dì ieri. Un uomo è a Spa, non l'Italia. L'Italia ha sempre 1a faccia rivolta su se stessa, a rimirarsi. Questo si chiama << politica interna ». Per fare una pol itica mondiale, bisogna essere tagliati anche per lo stile tragico. Bisogna, cioè, aver dimostrato di reggere a una catastrofe oazionale, come quella della Russia ai tempi di Napoleone, come quella della Francia ai tempi di Bismarck, come quella della Germania ai tempi di Foch. È attraverso a queste forrriidabili prove che si forgia l'anima di un popolo. Nella nostra storia non ci sono. Il dramma solo ci atterrisce. Abba Garima? Via dall'Africa! Valona? Via dall'Albania! Spalato? Via d alla D àlmaz ia!

Non appena un rischio si delinea oltre il campanile, l'anima perdutamente provinciale d ell'Italia affiora ed esplode. Cavour, soltanto perché rappresentava il Piemonte, poté mandare dei battaglioni in Crimea, ma l'uomo che in fatto di politica .estera rappresenta veramente l'Italia, è Benedetto Cairoli. Anche Francesco Crispi sentl che l'Italia non poteva rassegnarsi ad essere soltanto una specie di « grande prin· cipato di Monaco», ma si fece contro di lui una« questione moràle... », in un paese come il nostro, che non ha mai conosciuto la zoologia tediosa dei moralisti e non ha mai avuto una «morale». Dove si vede che le nostre spalle non reggono il peso di una « politica estera » : sono appena sufficenti a quella « interna ».

E allora, àncora una volta, decidiamoci. Se si è ancora in tempo, decidiamoci.

Se Decìo Raggi non è 1riai esistito, se Cesare Battisti pon è mai

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FAS CI, ECC. 101

stato impiccato, se a mig liaia uomini e adolescenti non sono éa.duti con un grido di amore sulle pietraie delle Alpi o del Carso, se G rappa e Piave sono una favola, se tutto ciò noi_\ esiste più, o .no n è mai esistito, ~-1n:10 .1'1tal~a a Miglioli e a !"fisiano. Spalanchiamo le frontiere. M i. s1amzz1amoc1.

L' Italia diserti dalla storia e si riduca alla cronaca. Sia misianizzata . Pensate! La stagione dei dolci fichi approssima.

E siano salve le panèe per i fichi!

E siano i fichi salvi per la panc ia !

Alleluia!

MUSSOLINI

102 OPERA OMNIA DI BE N ITO MUSSOLINI
D a J/ Popolo d'Italia, N. 170, 17 lug lio 1920, VII. ..

I SOCIALISTI E ILPROBLEMA ADRIATICO

I socialisti ufficiali italiani, che si vantano di essere stati e di continuare ad essere gli u nici depositari d elle fortune e d ell'avvenire dell'Italia, hanno un « loro )> punto di vista per ciò che riguarda la soluzione del problema adriatico? O brancolano nel buio? O, quel ch'è peggio, non sanno muoversi dalla zona dei più banali luoghi comuni? A questi interrogativi si può dare oggi fin:dmentC una risposta ·e, \ia pure col metodo d elle successive elim inazioni, si p uò giungere ad individuare e a fissare il punto d i vista dei socialisti sul problema adriatico. I recenti gravi episodi di Spalato e di Trieste hanno costretto i socialisti a uscire dal terreno dell'indeterminato e a mettersi su quelio deJle affermazioni co.r;icrete.

L'Av,mtil di domenica recava una n ota politica, nella qua le a un certo punto e ra detto :

« A questo punto il proletariato italiano interviene e grida che è ora di fi.nirla con l e spavalderie degli incoscienti è degli irresponsabili. li popolo ha. liano ha manifestato nelle elezioni del 16 novembre con grande chiarei u la sua volontà di pace con tu tti, di rinunzia completa a ogni ambizione di conquista. di avversionè a l mil itarismo e all' impe rialismo vestiti d i qualsiasi forma e arrunan tati di qualsiasi pretesto» .

Salvo la for ma , noi non abbiamo nulla da eccepire circa la sost anza, che è identica ai postulati di polit ica estera d ei fasci sti, come si può documentare da u n facile confronto.

« I[ soldato ita liano non si batterà né p er Valona né per Sebenico: Perché Valona è città di albanesi e Sebenico è città di sla\'i. L'infima minoranza italiana ~tabilitasi nella balcanica Dalmazia n on ha p otuto creare a sé i l di ritto di dominio su quella terra, né all'Italia il dovere di appropriarsela. NessW10 degli autori del Risorgimento italiano pensò mai a includere la D almazia entro i confini geografici od etnici ita liani; e una guerra per quella regio~, etnicamente e geogra· ficamente jugoslava, sarebbe niente altro che una guerra di conquista, una guerra imperialista Chi ritiene, a questi lumi di luna, di potersi valere dell'eser cito ita liano per una guerra di conquista, o è matto o vive fuori d ella ro:altà.

« Per oggi basta ~. ·

Osserviamo brevemente:

L che Valona non può essere abbandonata agli albanesi, per le stesse st cssissime ragion i per cui - sic .rtant;bus rebus, nel Med iterraneo - l'Ingh ilte rra non abbandona Malta agli italiani o Gibilterra agli spagnoli; per la stessa stessissima ragione per cui il bolscevico Ciccrin ri v.endica le isole Aaland,. che non sono affatto russe, ma che, per il ~atto di trovarsi sul golfo di Botnia, possono soffocare il respiro marittimo di Pietrogrado e di tutta la Russ ia del nord. _ Valona sarà data agli albanesi quando le altre nazioni plutocratiche si metteranno sul terreno dclJe rinunce,

2. che la Dalmazia sia « balcanica » resta da di~ostrare, Mazzini e Tommaseo la chiamarono italo-sla\'._a. Circa la geografia e l'etnografia dalmatica ci sarebbe da discutere all'i nfinito. Ricordiamo all'Avanli! che un geogra.fo rinunciatario dalmatico della prima ora come il prof. Ricchieri, dopo un viaggio in Dalmazia, ha messo molt'acqua nel suo aceto ri nunciatario (vedi articolo sul Secolo di alcune settimane fa) . Quanto alla minoranza degli italian i, essa non è così « infima» come vuol dare ad intende re l'A vanti .' Gli italiani in Dalmazia, da Zaza a Cattaro, sono certamente 120 mila. Ma fra gli altri 500 mila abitanti delJa Dalmazia ci sono 200 mila mauro-va lacchi o morlacchi, che non sono affatto di stirpe serbo-croata,

3. per quanto Ja Dalmazia non sia, etnografica.mente e geograficamente, jugoslava, nessuno pensa di fare una guerra per rivendicarla.

I cosiddetti «imperialisti», fra i quali siamo noi, si limitano a rivend icare il patto di Londra, né sono alien i da transazioni circa il re troterra dalmatico nel tratto da . Zara a Punta Planca, se ciò si rendesse necessario pc-r ottenere l'annessione di Fiume.

Procedendo, come si disse, per eliminazione,- si può affermare :

I. che per i socialisti ita lia ni. il confine orientale dell'Italia al Monte Nevoso è fuori di discussione;

2. che la questione di Fiume non può essere risolta contro o ~l dì fuori del diritto italiano e di auto-decisione della città;

3. che le rinunce dalmatiche debbono limitarsi a Sebenico.

Desidere~emmo sapere se ·questa nostra' interpretazione della nota dell'Avanti! è arbitraria o risponde a.ila verità.

104 OPERA OMNIA Dr BENITO MUSSouNr
MUSSOLINI Da. li Po polo d'ltaUa, N. 173, 21 luglio 1920, VII.

IL LAMENTO DEL PASTORE

C'è una profonda malinconia nell'ultimo scritto di Camillo Prampolini dedicato a i « socialisti di guerra». C'è una cocente tristezza in quella serie d'inte r rogativi dubitasi, che danno impressione di una fede che oscilla e declina! Qual'è la vera verità socialista ? Qual' è la via? Ch i è il vero, l'autentico socialista? Dove vanno le masse? Queste le domande che inquietano la coscienza di un uomo che ha dato quarant'anni di vita a un'idea e, g iunto al crepuscolo, s' accorge che il suo lavoro fu vano o qu asi. Visto un po' da lonta no, Prampoli ni vi appa re come un sacerdote sulla soglia d i un tempio che Je turbe han no abbandonato per correre in cerca di un dio pi.ù comodo e di un paradiso più facile. Né discorsi, né lamentazioni giovano ormai a fa r tornare all'ovile le pecorelle sbandate e fantasiose.

« Dove vanno? )>, chiede a sé e agli altri il vecchio pastore. E rispònde: « Vanno rapidamente verso l'anarchismo».

i'? precisamente questa la realtà delle cose. Non ci sorprende. Questa « corsa al più rosso» è stata per molto tempo un ·motivo dominante dei nostri scritti. Abbiamo denunciato più volte quello che si delineava come pericolo del « più rosso». Il massimalismo fa tuo e chiacchierone doveva lavorare p er l'anarchismo. Il massimalismo doveva scivolare nell'anarchismo, p er successione ~ogica di fattì e di sentiment i. Non c'è una frazione astensionista in seno al Partito Socialista Italiano? Le masse vanno verso chi g rida di più, chi promette di più. Fra una· rivoluzione a scadenza imm~diata, quale progettano gli ana rchici, e una rivoluzione a scad enza eternamente rinviata, com'è quella dei socialisti ufficiali massimalisti, le moltitudini « simpatizzano » colla prima, istintivamente. Ma chi, più di qualunque altro, ha piantato l'aculeo di questa precipitazione massimalista nelle carni e neH':m ima del ·proletariato 'italiano? Il socialismo ufficiale. Dall'esaltazione biennale del mito russo. il proletariato si è od~ntato verso l'anarchismo.

Il socialismo, che aveva avuto, sempre,· un respiro vastamente umano, quasi un ritmo oceanico, fu ridotto all'angust~a di un camminàmento di trincea. Una indescrivibile confusione sconvolse le idee. li socialismo abol izione di classi diventò dittatura di classe; un'idealità di giustizia s i tramutò in un desiderio d i vendetta; il volontarismo sostituì

completamente il . determinismo economico; la rivoluzione socialista, intesa come profonda alterazione di rapporto economico, p rovocata e preparata dal capitalismo, fu ridotta a l concetto puramente insurrezionale, che può modificare una situazione politica, non g ià capovolgere un sistema d'interessi elaborati nei secoli.

A Iato di questo ·caos ideologico, ecco manifestazioni pratiche di autentico anarchismo. Ecco le masse che non obbediscono p iù. Gli Ordini cadono dall'alto su schiere che non li accolgono. L'indisciplina trionfa. Gli « scacchi » socialisti e confederali, in materia di disciplina operaia, non si contano più. In questi ultimi tempi, i socialisti ufficiali s i sono accorti di questo pericolo che viene da sinistra e che compromette ogni loco movimento. la preoccupazione dominante del Part ito Social ista sembra que11a di non « fa re il gioco degli an archici ». In taluni c'è l'ossess ione dell'anarchismo. C'è, ·in molti socia listi, una sorda gelosia contro i cugin i che non hanno lavorato, ma vendemmiano proficuamente nella vigna del P11s. ·

Sono ancora i~ tempo i sociali sti ufficiali a· frena re la corsa delle masse verso l'anarchismo?

'I! lecito dubitarne. La tattica degli anarchici è stata, in un primo tempo. abilissima. Preoccupazione dei malatestiani è stata quella d i non p à de_re il contatto colle masse che seguivano il Partito Socialista. Le polemiche furibonde dopo i fatti di piazza Missori furono smorza te e interrotte dopo le prime battute. Bisognava procedere a gradi. D istingue re fra capi e folle. Polemizzare con cavalleria, quasi con umiltà Qualche stoccatina antiparlamentare, ma n ient'altro. O ggi, invece, gli anarchici passano all'attacco: Si se ntono forti abbastanza. Non siamo ancora alla guerra guerreggiata, ma u n preludio di guerra c'è.

Nell'Umanità Nuova di ieri si dà, in seconda pagina, dell' « infame e del traditore» a quel Bruno Buozzi, che è il massimo esponente della Federazione operai metallurgic i italiani; in terza pagina si dice ch e i « massimalisti della Venezia Giulia sono dei perfett i commedianti»; in quinta pagina c'è un attacco f eroce contro il « camerone confederale di Torino e .contro l'Avanti.'» per la sua sconcia propaganda contro gli anarch ici; in settima pagina si p arla, in una CO[rispondenza da Vo· ghera, di <( pompieri della Camera- del Lavoro » che si sono astenuti dal movimento e lo hanno sabotato in tutti i modi, incitando finanè:o al crumi raggio ; finalmente, nell'ottava pagina, oltre alle solite allus ioni ai « p astori » e <( fonzion;ui » deUa mastodontica Camera del Lavoro di Milano, c'è un ordine d el giorno della Unione sindacale italiana, nel q ua le . è detto che « la ripresa delle violenze reazionarie è il risultato dell'indifferenza con cui g li organismi proletari riformisti ha nno accolto la sollevazione anco netana » e si invitano i · propri soci a « seg nalare

106 · OPERA OMNIA Dl BENITO MUSSOLINI

le responsabilità, che . appartengorio 'ai disfattisti polit icanti del movimento rivoluzionario».

Mentre gli anarchici riprendono Ja ]oro individualità cd approfittano, per il successo della loro propaganda, di quello stato d'animo di messianica attesa rivoluzionaria creato dal Partito Socialista, sempre più contraddittorio e incoerente si appalesa l' atteggiamento del Partito Socialista stesso, che non sa «cogliere» le grandi possibilità realizzatrici di questo periodo storico e non vuole scendere in piazza per non essere rimorchiato dagli anarchici e p er non rischiare la pelle o 1a se"mpl ice tranquillità dei suoi capi.

Povero Prampolini !

Noi ci rendiamo conto dei suoi dubbi e delle sue angosce, perché lo céediamo un sincero. Ma anch'egli, più che un combattente deciso a non lasciare l'agone prima della lotta suprema, ci appare come un deluso o un rassegnato a subire l'ineluttabile evento.

Non è u n grido di raccolta o uno squillo di riscossa il SU!) : è piuttosto un l amento di solitudine.... nell'amara solitudine delJo spirito ·,he vede crollare, in sé, dopo averlo innalzato blocco su blocco, il magico castello dell'ideale.

DAL SECONDO CONGRESSO DEI t'ASCI, ECC. 107
M USSOLINI
Da TI Popolo d'Italia, N. 174, 22 luglio 1920, VII.

SINCERITA E TARTUFERIA

N on c' è dunque più nessuno in questa Italia di commendatori incagoiati, di borghesi rammolliti, di sovversivi svertebrati e di maddaleni pentiti; non c'è dunque più nessuno che abbia il coraggio civil,e e fisico d i dire qu ale è 1a pura, la semplice, la genuina verità? C'è qualcuno ancora: Noi. Questo coro di depioraziolli - troppo unanime! - che si leva per il bi.; di Milano, fatto egregiamente a Roma, è sincero?

O, almeno, è ritenuto sincero d ai socialisti danneggiati? ·

Noi, ad esemp io, da incorreggibili banditi come ci vantiamo di essere, abbì amo 1a cinica impude nza, noi, che non siamo né vili, né ipocriti, di proclamare alto e forte che non d eploriamo nulla , salvo la bastonata a quell'innocuo leguleio gradualista che risponde al nome dell' on. Modìgliani.

L'incendio dell'Avanti! romano è ritenuto da noi come una Jog ica e legittima rappresaglia contro i predicatori quotidiani della violenza. Di quale teppa si va parlando, quando fra la cosiddetta teppa c'è il capitano d egli arditi Enrico Viola, ferito tre volte e decorato di medaglia d'oro? Quella teppa vale più di tutti i commendatori Giordana dell'universo messi insjeme! Ma che cos'è questa commozione che ha preso giornalisti e deputati; che cosa sono questi pianti; queste invocazioni alla civiltà, alla moderaZione; e queste offerte di solidarietà professionale e giorn alistica? Ma sapete che la borg hesia polit icante fa veramente Schifo? O siamo dinanzi alla mani festazione d ella più vile ipocrisia o si tratta di gente in buona f ede, ma di co rta, dì cortissim a .memoria. •

Noi non dimentichiamo. Noi ricordiamo che l'organo del Partito Socialista Italiano è di tendenze· bolsceviche, quindi favorevole alla violenza, al terrore, alla soppressione di qualsiasi libertà, compresa , in primo luogo, quella di stampa. Noi ricordiamo che la campagna elettorale condotta dai socialisti fu un'orgia di inaudite violenze. E quel Giulietti, che ha schitarronato anchC lui la sua deplorazione, dovrebbe ricordare quel che capitò a Savona a due umili operai propagandisti del suo Partito, che era quello ora defunto del Lavoro. A Milano, solo i fascisti poterono tenere indisturbati i loro comiz! nelle pubbliche piazze, perché a « rovesciarli » i pussisti non ci sarebbero riusciti, nemmeno

in centomila. Com'è obliviosa quest'Italia sdolcinata! Ottenuta la loro grande, nonché cartacea vittOria, qua]ç- cOntegno hanno t enuto p er mes i e mesi gli eletti de~ cosiddetto proletariato? Un contegno indecente da bordello e da osteria. Le cronache parlamentari di questi dieci mesi sono zeppe di scenate, schiamazzi, canti, pugilati. I deputati socialisti hanno costantemente sabotato 1a libertà di parola degli altri. La loro condotta è stata una continua scuola dì violenza e di sopraffazione. Questi socialisti, che se avessero avuto il senso della storia e l'intui· zione della grandezza dell'ora, avrebbero dovuto tenere it contegno a lto e solenne dei deputati del Terzo Stato al gioco della Pallacorda, h anno invece offerto uno spettacolo disgustante di bassezza e t rivial ità vinosa . e postribolare. ·

Che diffe renza c'è fra un a folla che brucia un giornale e i deputati socialisti che hanno praticamente tolto og ni. libertà di p arola ai deputati degli altri settori?

NeSsuna di ffer enza In ogni caso, le attenuanti sono per la foJJa. A che cosa ha giovato la deplorazione del liberalismo, che cred e di vivere in t empi di normalità, e della democrazia, che fa la bambocciona tra gli opposti colori? .

La deplorazione degli avversari è stata definita << ipocrita » in un bel titolo d ella prima pag ina dell'Avanti.' o dettata - quel che è peggio - dalla paura. Le deplorazion i del Governo sono state d efinite « cocco-, drillesche » e Giol itti è stato chiamato « manutengolo )) in un bel manifestane social-confederale. '8 inutile, cari stupidissimi borghesi, di lavare la testa al somaro con l'acqua di Parma.

Se domani, per un caso straordinario, crollassero le t ipografie di tutti i giornali, cred ete che l'Avanti.' vi darebbe l'ospita lità nella sua? Voi 1 credete, forse, colle vostre esibizion i, di compera rvi una palanca di considerazione da parte àeì socialisti? Noi siamo odiati dai socialisti - e ce ne vantiamo - come si odiano e si devono odia re i nem ici; ma voi fate schifo a i socialisti, schifo come la v iscida viglia~cheria e l'u ntuosa somioneria di cui date prova.

Noi siamo considerati come dei combattenti ostinati e inesorabili, coi quali bisogna giocare una partita estrema; voi siete considerati come dei tmcchisti che tentano di corrompere e di mistificare o di farsi inutj)m ente perdonare!

Nella seduta stessa in cui la Camera deplorò le violenze contro gli organi dell'opinione pubblica, quale contegno tennero i socialisti ? Un contegno d i sopraffazione. Ecco il resoconto d ell'Avanti! :

«." L'oratore (Federzoni) continua tra le vivaci internlZloni dell' cstrcma socia· lista, che g li lancia feroci invettive. Non g iunge a noi, fra a lti rumori, ·una sola paro la di q uello che egli dice » .

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 109

Sì tralta di un nazionalista; ma un deputato repubblicano, un vecchio galantuomo del buon stampo antico come l'on, Luigi ·oe Andreis, non può aprir bocca.

« Cerca di parlare anche l'on. D e Andreis - dice l'A van ti! - mii. è sepolto dalle urlate dei socialist,i ».

E tutto ciò avveniva durante una seduta in cui si deploravano le violenze della folla.

Ma fin itela una buona volta, commedianti del socialismo e tartufi <{ella borghesia ! Vi ·equivalete!

MUSSOLINI

Da Il Popolo d'lta!ilJ, N 17:$, 23 luglio 1920, VII.

llO OPERA OMNIA Dl BEN l'fO MUSSOLINI

LUCE E N OMI

L'on. Giolitti, associandosi alla p rotesta del P arlamento contro Ie aggressioni agli onorevoli Modiglian i e Della Seta, ha detto testualmente che « se qualcuno credesse, coi m iliard i guadagnati, di potere influire sulla v ita pubbli ca del paese, costui si d isilluda» .

Questa afferm azione d i Giolitti, detta, dice La Slàmpa, -con tono della <e massima energia », ha suscitato una viva emozione nelJ 'opinione ·pubblica. I giornali della cap itale chiedono che il GoVerno esca una buona volta d all 'indeterminato; che se questi << complotti » d i plutocratici esistono, siano sventati e puniti; che si facciano in fine de i nom i, dei cognomi, con relati vo domicilio.

Noi ci rifiutiamo di credere che l'on. Giolitt i abbia parlato a va nvera, senza ben p esare le sue paro le. Ora, _ si deve log icamente concludere:

1. che c'è in Italia q ualcuno che ha guadagnato dei mil iardi;

2. che questo qualcuno cerca di in fl uire sulla vita pubblica;

3 che questo q ualcuno sarà raggiun to dal Governo e costretto a disilludersi, se non p roprio ad andare in ga ler a.

b chiaro? Date queste prem esse, il Governo dell'on. Giolitti deve conseguentemente:

1. fare il nome e cognome di questo qualcu no; .

2, dire in che modo e con q uali mezzi e con quali complici cerca di influ ire sulla vita pubb lica della nazione e con quali obiett ivi precisi. La nazione ha diritto di sapere ; il Governo h a il dovere d i indaga re più a fo n~o.

E qu esto dovere è tanto più u rgente in quanto che il g rosso ·pubblico è indine a con fo n dere i « pescicani » con tutta la borghesia del lavoro O ra, questa borghesia n on si è manifestata affatto contrariaai p rovvedimenti fiscal i escogit ati da G iol itt i. Lo strano, il p a~adosso de1la situazione è q uesto: ch e le opposizioni più tenac i a i pcovvedi0:1enti fiscali d i G iolitti sono pa rt ite dai banchi dei socialisti Dovremo dunque concludere che gli onor evoli Matteotti, Casalini e g li altri sono in com· butta coi pescicani? L'un ico risultato notevole, dal punto d i vista pol itico,

8. · xv.

di t utte qu este manovre, è .stato, fin ora , 1a decisione presa dai socialisti di votare il p ,ogetto per la nominatività dei t itoli, il che significa imboccare la strada del l'odiato collaborazion ismo col ininistero . Giolitti . Che nei di sor dini di qu esti u lt imi tempi, di Milano, Ancona, Piombino , ci sia stato lo zampino dei « pescicani », ci sembra alqua ntosino a prova contraria! - fa ntastico. Le prime voci di questo straor dinario connubio pescecanesco-sovversivo ( anzi anarchico, perché nel T emp<J è stato fatto reiterate volte il nome d i Malatesta) sono partite da Filippo Na ldi, i l quale non può essere assol utamente preso sul serio ·nella sua nuo va veste di « moralista » nazionale. Tuttavia, qualche sordo lavorio di retroscena borsistico, plutoc raticO, ci deve essere stato, in q uesti ultim i tempi e noi lo d esumiamo non da pettegolezzi pa rlame ntari o g iorn al istici, ma dalle cifre, che d enotano un g rave p eggioramento del nostro cambio.

Quando l'o!l. Giolitti, in data 18 g i.ug n o sa lì al potere, le quotazioni de lla nost ra l ira alla borsa d i Genova e r ano le seguenti: Francia, 13 1,75; Svizzera, 295; Inghilter ra, 65 ,40; Stati Un iti, 16,20.

In questo mese di governo g iolit tian o, no n c'è stato un peggiorament o d !=lJa nostra sih1azione interna e nemmeno, malgrado ì fatti di Spalato e di Trieste, della nostra situazione estera. Ora, l'insieme d ei prnvved.imenti fiscali presentat i da Giolitti, invece di rialzare · il nostro credito all'estero, col mostrare che l'Italia si mette sulla strada di t utte le necessarie severità fiscal i pur di sa nare il bilancio, lo ha notevolmente peggio rato.

le q uotazioni dei cambi alla borsa di Milano nella g iornata <li ier i fu rono l e segu enti: Francia, 143,40; Svizzera, 320; Londra, 70,70; Stati Uniti, 18,4l. .

In un mese ;ibbiamo peggiorato costantemente su tutta la linea Si domanda, per spiegarsi il fenomeno : le ·nostre impo rtazion i sQno cresciute d i tan to in questo ·mese? Oppure c'è della gente che butta sul mercato pacchi di valuta italiana, pur d i disfarsene? E pr efer iscepatriotticamente - mille ste rline inglesi a duecentomila lire ita liane?

Il Gove rno h a i mezzi e g l_i uom ini per far luce completa Se d sono, come ha affermato G iolitti, occulti sabotatori dell'economia nazionale, siano scovati e colpiti sen za p ietà.

112 OPERA OMNIA DI BE NITO MUSSOLINI
M US SOLI NI
Da Il Po polo d' Italù,, N. 176, 24 luglio 1920, VlJ.

LA CRISI DELLA «LORO» AUTORITA

Che accanto alla crisi dell'autorità dello Stato borghese, ci sia, p iù grave, una crisi dell'autorità dello «Stato» proletario, noi _ abbiamo docuròentato e iJ,ustrato parecchie volte. Ma, in questi ultim i giorni, un fatto di ·una significazione grandissima viene a prova re che la crisi. delJ'autorità «proleta ria » è tanto acuta da far prevedere una catastrofe. Alludiamo a quanto accade a proposito d el decreto sulle p ensioni ope· raie e sulla rivolta ch'esso decreto ha scatenato in mezzo alle masse che dovevano o dovrebbero esserne beneficate. P recisiamo con ·ordine.

In d ata 1° luglio .1920, i seguenti signod : Ludovico d'Aragona, segretario genera le della Confederazione Generale dei' Lavoro; Felice Quaglino, segretario generale della Federazione edilizia; Nico Gasparini, rappresentante della Federazione nazionale dei lavoratori delJa terra; Emilio Colombino, segretario della Federazione italiana operai metallurgici; Alessandro Galli, segretario generale della Federazione operai tessili; Ludovico Calda, rappresentante del Sindacato dei porti ; Alceste Lanzoni, rappresentante della Società di mutuo s~ccorso e cooperative; Ettore Cipriani, rappresentante . degli Assicurati volontari, lanciano un appello ai lavoratori di tutta I talia, nel quale - sinteticamente - viene annunciato:

1. che il decreto 21 aprile 1919, entrato in vigore il 1° Juglio 1920, è una « prima c·onsacrazione del diritto positivo italia no del p robl ema de1le pensioni italiane»;

2. che il s is~ema del triplice con tributo è stato indicato da assemblee e da congressi proletari « come la forma più idonea» per garantire una dig nitosa assistenza al lavoratore vecchio ed invalido ;

3. che la legge italiana è migliore di tutte le altre di tutti i paesi del mondo;

4. che le masse devono accogliere favorevolmente la legge, della quale beneficerannò undici milioni di lavo ratori fra indust riali ed agricoli.

Trascu riamo il contorno.

Ebbene, quale accoglienza ha avuto la legge e il manifesto che la raccomandava al lavoratori italiani?

Un'accoglienza nettamente ostile. 1n molte loca lità gli operai ha nno rifiutato la lo ro quota. .

A fato di questa ri volta dettata dall'egoismo delle masse e che S<Jualifica in pieno i dirigent i firma ta ri del manifesto,· fa più allegra confusione si è notata negli ' organismi minori M entre la Federazion e metallurgica, ad esempio, ha votato un of'dine del giorno nel quale è ~< fatto obbligo agli organizzati di sottoporsi al contributo » e si progettano comizi per spiegare alla m assa << i motivi che devono spingerla. a guardare con simpatia alle leggi sociali», ecco la Camera confederale del Lavoro di Bologna che emana una. circolare in senso d iametralmen te contrario a quello dei metallurgici e invita i suoi organizzati a « non pagare», tanto che il La11 0t'atol'e di Trieste, nel dare 1a notiz ia, la intitola funereamente cos1 : Un altro- decrefr.,, nal o _ mor to. Piena babele fra le organizzazioni e ambiguità pietosa dell'Avanti/, il q uale, fra il sì e il n o che in capo gli tenzona, sceglie massimalisticamente il nì. ·

Non si arriva a capire se l'A vanti / sia favor evolmente · contr.:i rio o cont rariamente favo revole al p agamento del contr ibuto ope raio. Riassu•

· mendo, fissiamo:

I. l'atteggiamento de lle masse, anche perché sollecitate dagli elementi estremisti e anarchici, suona piena. squalifica di dirigenti firmatari del manifesto; i quali· dirigenti av rebbe ro l'elementare dovere di rassegnare le dimissioni;

2. l'atteggiamento delle masse è squisit_amente egoistico, quindi anti-socialìstico;

3. venti mesi di predicazione imbecille fatta dagli elementi politici del Partito hanno annulbto venti anni dì lavoro, di studi e di propagan da, poiché ·è chiaro che, manc:indo il contributo operaio, la legge va all'aria o perde quel carattere auto-filantropico ch e le avevano voluto conferire i dirigenti operai.

Lo scacco confederale non p uò essere attenuato. :B clamorosissimo ! Ma si spiega.

Gli operai «imboniti » e intontiti, si dividono, « g rosso modo », in d ue g randi zone: quelli che non crr:dono più alla rivoluzione e quelli che ::-- più o meno fermam ente - ci credono ancora. l primi attraversano un periodo di scetticismo e di menimpippismo, per clii si preoccupano soltanto dell'oggi è niente del domani; gli ultimi pensano che se la rivoluzione viene, essa risolverà globalmente tutti i problemi, compreso quello delle pensioni e che è grottesco far causa comune coi borghesi e lo Stato, quando gli uni stanno per essere espropriati e l'altro sta per essere d emolito.

Ri uscirà la Confederaz iqne Gene ra le del Lavoro a. imporre aUe sue masse il rispetto della nuova legge? , Né dubiti amo assa i, per quanto, essendo , in gioco il suo prestigio,

114 · OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

Ja Confederazione Generale del Lavoro farà il possibile per convincere e trascinare i refratt ari.

Comunque, l 'episod io ha una sua morale chiara, delinea delle re• sponsabilità e impone .:_ finalmente - a i confederali e agli e lementi ragionevoli del Pa rtito il dovere di ~ceglierc !

MUSSOLINI

Da Il Popolo d ' l!alia, N. 180, 29 Ìuglio 1920, VII.

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 115

IL DILEMMA DI SOLERI RESTRIZIONI O CARESTIA

La nostra situazione granaria, nelle cifre. progettate dall'on. Soleri, sottosegretario agli Approvvigionamenti, è assai grave. Ecco.

Per dare il pane ai quaranta milion~ di italiani dal lug lio 1920 al luglio 1921, occorrono settanta milioni di qu intali di grano .· Il nost ro raccolto, per cause naturali e artificiali, non escluse, fra queste ult ime, . il sabotaggio leghistico rosso e bianco, arriva appena ai quaranta milioni di quintali.

Occorrono, quindi, trenta milioni di 9,uintali di grano, che bisogna importare dall 'estero.

Da quale «estero·»?

Da uno studio pubblicatO sul numero odierno del Rinnovamento si deduce che ben poche nazioni eu ropee hanno grano in più da esportare e in ogni caso - in misura insufficeritissima ai bisogni generali. l e nazioni esporta~rici di grano del raccolto in corso sono Je seguenti: l'Ungheria per sei milioni di qui.ntali ; la Romania per una quant ità non precisabile; la Bulgaria e la Jugoslav ia.

Queste quattro nazioni potranno esportare dai venti ai venticinque

· qu intali di grano. Nemmeno quanto basta per il fabbisogno italiano ! Tutte le altre nazioni d'Europa hanno una produzione granaria insuf. 6ccnte ai bisogni. La stessa F rància, che ha un raccolto splendido, dovrà, per «saldare», importare da i quindici ai venti milioni dì quin· tali di grano !

L'Europa non basta ai suoi bisogni. Non si possono fare calcoli positivi su( mercato del sud·est russo o su quelli asiatici. ·

Resta il mercato del nord e del sud.America. Negli Stati Uniti il raccolto attuale assonima a 781 milioni di b111hel (un btuhel è uguale a ventisette chilogrammi), con una differenza in meno, in confronto dell'anno scorso, di 160 milioni. Tenuto conto di 200 milioni di b111hel ·accantonati dal raccolto del 19 19, risulta che gli Stati Uniti potranno esportare grano in· qulntità abb~stanza notevole. .

Anche il Canadà può esportare, perché l'attuale raccolte> tocca i 260 milioni di bll!hel , in confronto ai 176 dell'anno scorso.

L'Argentina, secondo mercato mondiale granario, annuncia un raccolto inferiore a quello dell'anno scorso; ma poiché aveva ancora trenta mi lioni _ di quintali di grano, si può calcolare che potrà esportare una forte quantità di granagl ie.

In tutti g li altri continenti la produzione granaria non basta ai bisogni locali.

la massima economia di consumo si impone, se non si vuole piombare nella carestia.

Ammesso che si trovi, un po' in Europa e il resto in America, tutto il grano che occorre agli italiani, resta il problema formidabile del prezzo. Noi _ dovremo comprare la massima parte del nostro g rano in paesi coi quali abbiamo un cambio pessimo. Supponete di d overe importare tjùin• dici milloni di quintali dall'America col dollaro - attualmentea diciotto ( n iente esclude che possa sal ire a vent i e più) e avrete una idea dell'aggravio finanziario che peserà sul bilancio statale. Se il defiàt annuale per l'attuale prezzo politico del pane è calcolato in sei miliardi, n ell'anno prossimo tale cifra ingente sarà sorpassata.

Davanti a questa event ualità, il dilemma si pone in questi chia ri termini : o bancarotta o aumento del prezzo del pane. la questione va · spogliata da tutt_e le imbecilli orpellature demagogiche, care ai pessimi sti.

l sci miliardi di deficit attuale ch i li paga? Soleri, forse? In un modo o nell'alt ro, oggi o domani, è la nazione che dovrà pagare o perire.

Quando la Camera avrà approvato i proget ti fisca li presentati da G iolitti; pot rà, senza smentire il voto del 1° marzo, affronta re e risolvere la questione del p rezzo d el pane. O due tipi di pane a p rezzo diverso, come sosteneva, con chiare argomentazioni, su queste colonne, Angelo Scalzotto, o due prezzi politici per lo stesso tipo d i pane.

Se altre soluzioni più radicali e ragionevol i. esistono, siano adottate. Non abbiamo apriorismi. Ma, dopo la chiara e terribile espos izione dell'on. Soleri, rion si può più dilazionare il problema. Bisogna porlo e risolverlo.

Da Il Pof1olo d' Italia, N. 182, 31 luglio 1920, VII,

DAL S ECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 117

IL GREGGE NON PAGA....

La facce nda delle pensioni operaie ingrossa. I nostri lettori sanno g ià d i _che si tratta. Ne abbiamo diffusamente parlato l' altro giorno . Gli operai rifiutano di versate il loro èontributo, che, unitamente con quello dello Stato e dei datori di lavoro; dovrebbe costituire il fondo per le pensioni in caso d'invalidità e vecchiaia; In tesi di massima noi siamo favorevoli a questa legge Uno dei postulati fascisti d ice appunto: assicurazioni globali per gli operai, contadin i ed impiegat i contro la invalidità e la vecchiaia, con li mite d'età, però, abbassato dai sessantacinque anni ai sessanta o cinquantacinque e con g li altri emendamenti necessa ri a r en dere raz ionale e proficua la g rande riforma.

Si ricordi, sempre per valutare al giusto segno la gravità e la significazione dell'attuale insurrezione delle maestranze· operaie, che la legge ita liana è, malgrado le sue pecche, la migliore di quante siano state promulgate in tutti g li Stati del mondo, compresi quelli a costi· tuzione ultra-democratica; che detta legge fu voluta da lle orga ninazioni operaie, le quali,. a mezzo dei loro dirigenti, collaborarono alla riforma stessa ; che detta legge fu raccomandata alle masse dagli uomini rappresentativi di tutte le Fede razioni aderenti alla Confederazione Generale del Lavoro.

M alg rado ciò, assistiamo al sabotaggio e all'annullamento prat ico deUa riforma I «capi», compromess i dalla loro opera ventennale e dal loro recente lauda.torio ma nifes to, si affannano ad «erud ire » le masse s ulla necessità di pagare ; ma le masse - trattandosi di pagare! - rispondono' ,picch e. A Milano s i è giunti a questo est remo: allo sciopero d i protesta, limitato, per ora, alle officine Bi anchi, 01a con « speranzielle » di un allarga.mento a tutte le maestranze.

Il dissidio fra confederali, socialisti e anarcosindacalisti, è clamoroso, insan.1.biJe. I primi giudicano la riforma come una grande con ~ quista; gli ultimi la bollano semplicemente come una truffa. E gli operai « pendono » da questa parte. annunciato, per dopodomani, un convegno confederale a Fire nze, allo scopo di dipanare questa imbrogliata matassa. Il dilemma si porrà in questi term ini: o rimang iarsi il manifesto e, in conseguenza, dimettersi; o in sistere e scendere in lotta contro i sabotatori. Vedremo.

Se noi gua rdassimo Ie cose d i questo basso mondo cogli occhia li d el cav comm. l u igi Ambrosin i, di rettore in pdrlibus del moralissimo Tempo, dovremmo lanciare u n g ri do d'alla rme o di st agione: « gare aux reqHiml ». « I n g uardia dai pescicani ! ». Che diet ro a questa nuova inqu ietudine delle masse, c he d ietro a questa vera e p ropria e ·para· dossale insu rrezione, la quale declina verso lo sciopero e q u ind i al disord ine, ci sia la lunga mano dei p escìcani ?

Può esser e. Ma, sino a quando non ci verrà d imostrato, noi daremo dell' att uale fenome no una spiegazione più logica, più semp lice, meno macchinosa, m eno romanzesca.

la verità è che la Co nfe derazione G enerale de l Lavoro paga oggi lo scotto della sua sudditanza al Partito Social ista. il Partito Socialista che h a « sv iato » le masse colla sua predicazione mass imalista Se i l signo r Gino Balde-si avesse avuto, un anno fa, il coraggio d i proporre g li «accorciamenti » di t iro ch'egli cons iglia oggi, la situa.zione sar ebbe dive rsa o per lo meno chiari ta. La verità è che le masse \'anno verso l'anarchismo. Che cos'è questa i nsofferenza p er tutto ciò che reca il t imbro statale? Questa i nsur rezione contro le p ensioni operaie è provocata dallo stesso stato d 'an imo _ ch e con d usse a lla ripulsa dell'ora legale : st ato d'a n imo squ isitamente a narchico.

N ella contingenza attuale gli anarchici h an no buon g iuoco: dite a degli italian i d i non paga re e non vi mancherà il successo. Noi seguiamo con m olta attenÌ ione, ma senza comp iacimento, lo svolg ersi d i questa tragi-comica fi nale. Le masse operaie offrono uno spettacolo pietoso : va nno da d estra a sinistra e viceversa ; si afferrano all'una o all'altra illusione; cercano ogni fut ile ramp ino a scopo di scioper ismo; ma è e videntè o ramai che q uesto baUo epilettico sboccherà i:3el caos e, conseguentemente, nella p iù du ra reazione.

Chi l' avrà voluta e imposta? Non noi!

Da li Popofo d' I h1Iù1, N . 183, l agosto 1920, VII.

DAL S ECONDO CONGRE SSO DEI F ASCI , ECC. 119

LA POLITICA DELLE RINUNCE

ADDIO, VALONA !

Per quanto atteso, per ·quanto << scontato » l'annuncio ufficia le ch e l'Italia abbandona definitivamente Valona non può non impressionare, nel modo più penoso, quegli oramai scarsi nuclei italiani che h anno ancora il senso della dignità nazionale. Molti italiani, specialmente quelli ch e vissero e combatterono in Albania, consid eravano Valona come u na città nostra sull'altra sponda. Attorno al mucchio delle case o deJle capànne primitive albanesi, era venuta via via sorgendo una città, con palazzi, alberghi, strade las_tricate, scuole , ospedali, illuminazione elettrica. Le mulattiere impraticabili del retroterra, attraverso l'opera tenace del fante , s i erano a poco a poco tramutate in ampie strade maestre, che facilitavano Je comunicazioni fra villaggi, nei quali il « bono· ta· liano » distribuiva alfabeto e pane, strumenti agricoli e medicine. Non ci sa rà, dunque, nessuno che illustrerà alla nazione l'immensa opera d i civiltà compiuta d~ll'Italia in Alban ia? Valona doveva essere il pre· m io concesso aI1a fatica e ~I sangue ita liano, Valon~ doveva costituire i l vestibolo per la ,:aostra penetrazione pacifica nei Balcani. W ilson stesso aveva riconosciuto.solennemente la l egittimità dell'assoluto possesso ita. liana di Valona, più il mandato su tutta l'Albania; Giolitti dich iarò a sua volta che nell 'attuale situazione del mondo l'Italia non poteva non rimanere a Valona... Ma tutto ciò è orma i storia del passato. Il tricolore itali ano è stato amflla inato .a Valona per sempre,

Eppu re varrebbe la pena di conoscere un po' più da vicino Je vi· cende del nostro disastro albanese. Oh, noi non siamo cosi ingenui da chiedere la pubblicazione di un « libro » albanese. L'Inghilterra lo ha fatto p er il suo esercito d'occupazione in Russia. ma noi ci contenteremmo di q ualche lume che g iovasse a d are w,a linea agli avvenimenti, sia pure soltanto dal punto di vista della cronologia. D omandiamo, così a semplice t itolo di curi osità:

,

Quando e da chi e co n quali modalità fu dato l'ordine ài presid i italiani dell'interno dell'Albania di ritirarsi su Valona?

Come avvenne che le auto rità m..ilitari e politiche di Valona si fa . cessero ·cogliere impreparate dall'attacco degli insorti?

Cè stata o non c'è stata un'opera di sobillazione e d'aiuto materiale agli albanesi da parte dei greci e dei ·serbi?

Come si conciliano le dichiarazioni di Giolitti sulla necessità di mantenere Valona, con l'impegno di non mandare truppe di ri_n forzo al presidio assediato e coll'accordo concluso a Tirana, ·nel quale è imposto all'Italia lo sgombero di Valona?

Come ha pot uto un generale, in un. or.dine de] g iorno, lanciare il « siamo. a Valona e ci 'resteremo» quando le d irettive del Governo erano inclini al l'abd icazione e alla rinuncia?

Se no i volessimo regalarci e rega lare al pubbl ico delle fiches de cont ola1io11, pot remmo sciorinare le opinioni dei te(nici, contradditoric sempre, come le perizie psich iatriche. Noi accettiamo coffie dato di fatto che il possesso di Saseno ci compensi da l punto di vista strategico della perdita di Valona e diamo per concesso che roccupazione delle due pun te di terraferma ci diano il controllo assoluto della baia di Valona. Ammettiamo, inoltre, che ci siano, nel concordato, clausole soddisfacenti dal punto di Vista economico. Ma tutto ciò non attenua la portata della nostra catastrofe albanese, che è di natura essenzialmente politica e morale. Se il patto di Tirana noi lo avessimo concluso pri ma dell'attacco degli insort i; se nòn avessimo ceduto Valona senza tentare d i difendcrJa, noi avremmo comp iuto un bel gesto; l'unico gestodiremo cosl - « wilsoniano », malgré Wilson, di tutta la guerra e di tutta la pace Noi, invece, abbandoniamo Valona ~opo averl a di fesa per due mesi; l'abbandoniamo perché non possiamo più tenerla; perché il capo del Governo italiano ha promesso di non mandare più rinforzi, obbedendo al ricatto del pussismo eternamente antinazionale e antiital iano. Prima dell'attacco degli insorti, noi avremmo, cedendo Valona, potuto fare la figura degli idealisti (o d ei fessi); adesso facciamo là figura. dei vinti che si rassegnano alla loro disfatta. La rèaltà apparirà a i balcanici e non balca nici in questa proposizione schematica, ma giusta : poche migliaia di insorti albanesi ·hanno buttato in mare una cosid,detta gran de Potenz:1 come l'Italia.

* ••

A rendere più plastico e dolorosO il confronto, proprio nei giornali di ieri, comparivano notizie frances i e inglesi di tutt'altro genere.

L'Agenzia H ,wfl.J annunciava che « la situazione fran cese in Ci licia

DAL SEC~NDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 121

è considerevolmente migliçnata e che in Siria è eccellente>). I francesi si battono ncJle terre del Mediterraneo Orientale, conquistano inte re regioni; ma mi sapete voi scova re un francese di Francia, che, d a. vanti ai sacrifici inevitabili .di sangue e di denaro che que Ua politica importa, lanci il g rido d i « via da Damasco» o« via da Ada na ,>? (L'accerchiamento francese nel Mediterraneo è ormai un fatto compiuto). Anche gli ingles i si trovano "in qualche imbarazzo p er via d ella sollevazione araba nel corso infe riore dell'Eufrate; ma. avete voi notizia di inglesi d'Ingh ilterra che si « agitino » per il ritiro delle truppe dalla Mesopota-· mia? Questa lista potrebbe continuare col Belgio che non r inuncia al Congo, colla Russia bolscevica che pone delle ipoteche su \Vilna ( contesa fra polacchi e lituani) e sulle isole Aaland evidentemente svedesi... e perfin o colla repubblica austriaca ch e rivend ica i suoi diritt i te rri toda li nei confronti degli jug oslavi.

Le conseguenze del nostr o disastro albanese possono essere incalcolabili. Non p er ni ente, per ben due volt~. l'agenzi a ufficiosa serba ha annunciato la p resa di V alona. La prima volta, come ripercussion.e, s i ebbero i fatti di Spalato. Bisogna attende rsi qualche al t ro episodio del genere, ma su più vasta scala. L'op inione corrente nella Jugoslavia è che gl i italiani non si battono più, p e r n essun motivo. Se i serbi attacch eranno Sebenico e Zara, avranno dei complici in Ital ia che grideranno il << via da Zara o da Sebenico! >> o anche dall' Istria o da Udine, se sarà necessario. Via! Via semprel E perché non via dal Brennero?

I tedeschi dell'Alto A:dige chiedono << l' istituzione di una milizia territoriale e il contemporaneo ritiro delle t ruppe italiane». Capite il latino o il tedesco? Fra poco, al primo crepità~e delle carabine t irolesi, echeggerà ne l pantano della vigl iaccheria nazionale il « via dall 'Alto Adige!». Avanti, signori di o ltre tutte le frontie re : chi vuol da re , se ci trovate g usto, una pedata all'Italia?

Consoliamoci colla cronaca «i nte rna>~ , che ha al suo primo piano Millesimo e Savona. F inché il popolo italiano darà spettacoli così Jeg· giadri, come la caccia e il linciaggio d egli ufficiali isolati sulla spiaggia di Savona, non gli può mancare un brillante 'destino

Da Il Popolo d'l1alit1, N . 186, agosto 1920, VII.

122 OP.ERA OMNIA DI BEN ITO MUSSOLINI
.MUSSOLINl

BOLSCEVISMO IMPERIALE

Com'è straordinariamente interessante e affascinante - contemplata da un pun tò di vista soprattutto estetico -la storia che ·si svolge sotto g li occh i nostri in questo primo quarto del secolo ventesimo. Ad ogni giorno che passa, il g ioco d iventa sempre pìù diffic ile e complesso Solo, forse, all'epoca delle prime invasioni barbariche, la vita del nostro continente ebbe un ritmo cosl superbamente oceanico. Dramma e para. dosso, attraverso un continuo cambiamento ci nematografico di scene; ecco i due cerchi della parentesi entro la quale si compendia tutto ciò che accade in questi giorni. Com'è piacevole vedere l'Avanti! che dedica quotidianame nte la sua prima pagina inte ra al resoconto delle batracomiomachie pa rlamentari e - relega in quarta pagi na i comunicati vittoriosi dell'esercito rosso. G li è che la storia, il verbo fatto carne, cance1la i luoghi corrÌuni di cu i è infarcita la mentalità -:- obbrobriosamente pacifondaia - dei socialisti ital iani, i quali, poiché ammettere cer te realtà non possono, preferiscono scivola re via, senza d egnare di un commento fatti che p otrebbero capovolgere la pace europea.

Primo paradosso. La guerra fra la Russia e la Polonia non si svolge fra uno Stato socialista e uno Stato borghese. la .Polonia è social ista . L'uomo ch e h a in questo momento nel pugno il destino della Polon ia, è un sociali sta di vecchia data e di vecchia fama, Pilsuldski, iJ fondatore del Partito Socialista Polacco. lo stesso Avanti! ha docunien tato che il Partito Soci~lista Polacco è unanimemente favorevole alla guer ra contro la Russia bolscevica. Salvo una frazione di comunist i, tutto il socialismo e il p roleta riato polacco, compresi, a quanto pare, g li d ementi israelitici, stanno in campo contro Lenin. Dopo i l ciclo ddle guerre fra le nazioni borghesi, ecco inaugurato, sotto ai nostri sguardi, il ciclo delle guerre fra le nazioni socialiste.

In tesi di massima è chia ro che una nazion e che h a instaurato un dato tipo di socialismo può essere tentata d'imporlo sia a una nazione borghese, sia a una naz ione a regime di socialismo più temperato e più scarlatto La guerra dei bolscevichi contro Pilsuldski, socialista, è simu ltanea alla guerra dei bolscevichi contro Makno, anarchico. Poiché è impensabile u n livellamento gen erale dei popoli in una identica uniformità di istituzion i polit iche ed econom iche; poiché disquilibri di

va[io genere si produrranno sempre, ·ecco che il pericolo d i guerre non si scompagna, ma accompagna il socialismo, che J'ur sorse agitando i vecchi e nuovi vangel i . della fratellanza universale. .

Secondo paradosso li bolscevismo russo fa: la guerra al modo <lei Governi borgh esi. Né più, n é meno, La guerra non è socialista, né borghese : è la guerra. Non risulta che sia stato bandito un re ferèndum fra i soldati p er sapere se vogliono o non vogliono battersi. I soldat i obbediscono a un'autorità suprema che impone una discipl ina feroce. Non d iscutono gli o rdini : li eseguiscono. D ov'è andata a fi nire la teoria della frate rnizzazione? P erché i russi no n fraternizzano . coi polacchi ? Perch é versano e fanno versare del sangue umano, mentre con un'opera di persuasione - a mezzo di discorsi ·e di volantini - si potrebbero far. cadere le armi dalle mani dei proletari e "dei. socialisti polacchi ?

T erzo paradosso. La p rima guerra di uno Stato social ista contr~ uno Stato meno soc ialista è di caratte re nettamente imperialista. N o , non è più di difesa la guerra che i russi conducono ·contro i polacch i. la Polonia, oramai, è ricacciata alla sua cap itale. I suoi sogn i imperialist ici ucraioici e lituani sono miscraÌnentc crollati. La Pol onia non può p iù costitu ire una min accia per la repubblica dei Sovièl!, né è pensabile che voglia, in un domani più o meno lontano, tentare la rivincita. La Polonia ha chiesto un _ armistizio ed è p ronta , oramai, ad accettare con· dizioni d i pace assai dure. Eppure Ì bolscevichi continuano ad ·a vanzare in territorio che non è russo. Sono obiettivi d'imperialismo territoriale quell i che l'esercito rosso persegue o si tratta d'obiettivi d 'imperialismo spirituale? Si tratta di affe rmare, con l'umil iazione inflitta alla Polonia di un' occupazione di Varsavia, che Ja Polonia g ià russa deve tornare a lJa Russia ; o si tratta invece di celebrare solen nemente in faccia al mondo stupito (e, nella categoria diplomatica, stupido) l' invinc ibilità delle armate d egli ex.S,ovièts? Certo è cbe all' imperialismo territo riale s i . disposa l'imperialismo de lle idee: nella Polonia occupata si sono instaurate l e istituzion i politich e bolsceviche la legge dei « ri.corSi sto· rici » sembra trovare in quel che acca de un'altra conforma. Ad un d ato momento del_ suo svi luppo, ogn i idea un iversale si arma_ di una spada e diventa g uerriera . Non t rovate un 'evidente analogia tra il proceuus dell'unive rsalismo democratico della ri voluzione francese e il proces.rus dell ' universalismo comunistico della rivoluzione russa? Entramb i sboccano in una guerra di conquista. Seguendo l'analogia riscontrata, è lecito preved ere che l' imperialismo rivolu zionario rnsso, a l pa ri dell'imper ialismo ri voluzionario ftanceSe, può concludersi, dopo i ·conati un iversalistici, in una specie di res taurazione . Ciò che si guadagna in esten· siooe si perde in intensità. Il _ comunismo non può essere soltanto russo, ma, quando d iventa europeo, n on è più comunismo. Cosl il cristiane·

1 24 OPERA OMN IA DI BENITO MUSSOLINI

simo deve uscire dai confini ang usti della Giudea, ina, universalizzandosi, si «corrompe» e si « adatta » nel catto!icismo pagano di Roma.

Quarto paradosso. J socialisti italiani, poveri provinciali della vita e dello spirito, sono sgomenti di ciò che accade. La loro zona spirituale è qUella delle battaglie cartacee. Qui invece si t ratta di. una guerra, condotta con c rite ri rigidamente militari (tedeschi); sì t ratta di battaglie, di sangue, di stragi; tutto ciò ha un movimento, quasi, d'apocalissi, che ro vescia tutti i luoghi comuni del socialismo p adfondaio . La guerra Ji conq11isla per impor,re il .soria!ismo!. Come chi dicesse J'inquisiz.ione per imporre il libero esame. Avevano creato un'antitesi irriducibile fra socialismo è guerrà; avevano sognato un socialismo tolstoiano, aborrente dal sangue, umanitoso e J'ictoso e lacrimogeno ; or ecco, invece, un socialismo che si afferma ed aVanza oltre i confini della sua terra, tra il fragore e il massacro delie battaslie; ed ecco il dilemma che inquieta: è q uesto ancora sociali smo o è, invece, la ma• scheratura socialistica dell'imperialismo slavo?

Questo articolo non ha conclusione, perché non può averne. Non c'è indicazione da dare alla nostra politica, se non quella di conservare la neutralità, di contribuir/! a salvare l'indipendenza_ de11a Polonia e d ì addivenire, se possibile, ad una pace generale. Ma la film spettacolosa - sta svolgendosi e può avere sviluppi imprevisti e imprevedibili.

Assistiamo a un~ lotta d'imperi. Ce ne sono ancora t re sulla scena della storia. Quello inglese, che ha ancora dei territori, ma sembra aver per-duta l'idea; quello russo, che ha un'idea e cerca dei territori ad ovest e ad est; e quello cristiano, che non ha territori, ma ha ancora un'idea, nella quale si raccolgono quattrocento milioni di uomini sparsi sulla faccia della terra. Londra, Mosca, Roma : ecco il _ tripode attuale dell'umanità.

Può darsi che dei tre imperi solo quello di Roma s i salvi . . :C un impero che conta oramai la sua vita a millenni. Sui ·flutti agitati della storia è ancora Ja barca del divino ebreo Gesù quella che galleggia meglio di tutte le altre. Ma può darsi anche che il naufragio sia totale. Può darsi che nell'agosto di sei anni fa non una guerra di popoli sia cominciata, ma un progressivo accelerantesi sprofondamento della civiltà della razza bianca, seguita da un eclissi di rimba rba rimcnto e di caos, che potrà durare alcuni secoli.

Trascurabile incidente, del resto, nella vita dell'Universo.

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 125
MUSSOLINl
Da Il Popolo d'llalia, N . 187 , 6 agosto 1920, VII.

PRECISIONI ED INCERTEZZE

Dal discorso del conte Sforza si può di re quello che si diceva dei discors i dell'on. Orlando: è un bel discorso, ma manca in esso gran parte di quelle precisioni che l'opin ione pubblica ansiosamente attendeva Di preciso non sappiamo che questo : il trattato di Saint Ge rmain sarà imm ed iatamente applicato n ei confronti dell'Alto Adige in tutta 1a sua interezza geografica, per cui la m inoranza tedesca della Venezia

· Trident ina deve convincersi ch e l'Italia non può né deve trascurare quelle che sono le ragioni della sua sicurezza avve nire. Un punto del d iscorso dove l'of?,. Sforza è stàto particolarmente anali tico è quello che riguarda l'accordo Tittoni-Venizc!os. Si può aggiungere che I' on. Sforza è stato fi nanco prolisso. Invece egli è stato particolarmente laconico là dove ha trattato della situazio ne albanese.

Era lecito atten_dcrsi una esposizione completa dell'accordo d i T irana; invece l'on. Sforza si è limitato a delle considerazioni d i ordine generale.

L' opinione pubblica chiedeVa di sapere come e qualmente si. è determ inata la situazione albanese che ha condotto allo sgombero di V alona. L'on. Sforza doveva dirci che prima dell'attacco del 6 giugno il G overno di Tirana ci aveva mandato un rtltimalum.

Ora, una politica previdente non solo avrebbe impedito 1'11/timatum, ma sarebbe addivenuta a quegli acco rdi che si son o reputati n ecessari sul terreno delle trattative p acifiche, se·nza due mesi di guer ra e di assedio.

I.o stesso on, Sforza d eve essere convinto che una nostra spontanea cessio°:e d i yaiona, prima che si fosse a nche lontanamente delineata la rivolta albanesè, avrebbe avuta tutt'altra signi fi cazion e storica e ideale.

Approviamo pienamente le p arole di simpatia che il sen. Sforza ha rivolto a lla Polonia, vittima non tan to dell'imperialismo bolscevico russo quanto deJJa plutoc razia franco-i nglese. Ci piace sottolinea re l'afferma ~ione, nella quale p ienamente concord iamo, che la Polonia uscita dalla d isfatta di t re dispotismi imperiali deve rimanere libera ed indip endente n ei suoi giusti confini.

Quanto al giudizio sul bolscevism o russo il conte Sforza non ci ha detto n iente di originale. Ormai l'opinione p ubblica italiana è unanime

nel ritenere che sia necessario annOdare t rattative .diplomatiche e comn1;erciali con tutti i Governi di fatto sorti dallo sfacelo dell'impero russo, non escluso quindi quello di Lenin.

Ma dove troviamo troppa imprecisione è precisamente nella parte _ del discorso d1e riguarda la questione adriatica. Quel preludio giustificativo degli eccessi a cui si abbandonano gli jugoslav i non ci piace e non p uò convincere nessuno. Che la vecchia Aust ria absbllrgica sia responsabile dell'odio che cova nel cuore degli jugoslavi cont ro gl i italiani è verissimo. Ma è vero che niente si fa dalla parte jugoslava per attenuare questo odio; anzi, e gli episodi recenti informino, si cerca di esasperarlo.

Non bisogna su questo argomento farci troppe illusion i, né lusingarci che i nostri vicini siano disposti a comprendere Je ragioni per cui chiediamo confini sicuri

Il conte Sforza non ha ricordato né Fiume, né la Dalmazia. Dobbiamo interp retare che egli alludesse a Fiume quando ha dich iarato. che è una necessità sacra per l'Italia tutelare il libero volere di città doppiamente italiane di ra.ua e di affetti? Amiamo crederlo.

Circa i nostri confini orientali, il conte Sforzà sembra voglia portarli al Nevoso, non già al monte Maggiore, altrimenti non si comprenderebbe la citai.ione di Danté, di Mazzini e di Cavour, i quali, malgrado le distanze dei·secoli, fecero coincidere unanimemente confine politico e geografico dell' Italia sulle vette delie Alpi Giulie.

Applicheremo il patto di Londra_per ciò che riguarda il nostro confine orientale e la Dalmazia? Pare di sì, altrimenti non si capirebbe l'allus ione fatta dallo Sforza stesso alla soluzione che ci è g arantita da intese e da patti interalleati. Le nostre idee in materia adriatica sono note. Quello che importa ripetere è che è tempo di decidersi, e d i da[e finalmente all'Italia la sua p ace, non dimentican do il Piave, Vittorio Veneto e Gabriele d'A nnunzio.

MUSSOLINI

..: DAL SECONDO CONG'-ESSO DEI FASCI, ECC. 127
9.
Da Il Popol-o d'llalia, N. 188, 7 agosto 1920, VII. - xv.

ETERNA STORIA!

LA BISCIA E IL CIARLATANO

11 Coflsiglio direttjvo della Confederazione Generale del lavoro, riunitosi in questi giorni a Firenze, non _poteva votare, a proposito della legge sulle pensioni operaie e r elati.\•o sabotaggio estreinista, un ordin~ del giorno diverso da quello che è stato votato all'unanimità.

I n esso ordine del giorno, dopo una serie di <<considerando>>, ch e è inutile ri portare, il Consigl io:

<1< invita le organizzazioni aderenti a fare a.ttiva propaganda perché l 'importanza e la portata della legge vengano a ·conoscenza delle masse, e a far sì che non sia rifiutato il pagamento delle quote p er evitare un futuro, ma sicuro d:mno pt'I le classi lavoratrici».

La Confederazione non poteva, dopo venticinque ann i di propaganda, smentire clamorosamente se stessa e, con fermando il suo punto d i vista, rivolge nuovamente agli associ at i l'invito a pagare. Tale sollecitatoria viene rincalzata da un articolo che il segretario della Camera del Lavoro in Intra pubblica nel numero odierno di Bau"glìe Sindacali e che ha questo titolo espress ivo e riassuntivo : Pagare!

Dopo aver constatato che la propaganda dell'Unione sindacale italiana incontra le facili accoglienze, il Maglioni cosi prosegue:

« Per la serietà del nostro movimento e per il successo delle assicurazioni sociali, quali sono richieste dal proletariato orsaniz.zato, che, da trent'anni ne ha fatto un postulato fondamentale, è bene che si stabilisca una linea chiara e precisa.

o: lo dico subito che, nonostante i difetti di costituzione e di fomionamento, nonosta nte il metodo sabotatore di applicare per decreto e sc-nza aver predisposto preventivamente le masse alla comprensione della loro utilità, si deve insistere perché i lavoratori paghino e non con sdegno, non con osti lità, ma con consapevole coscienza g li oneri che ne conseguono.

« Bisogna pure creare la coscienza del sacrificio, se si vuol trarre dalle assicuruioni, oltre i benefi:d materiali, jl grande profitto di ~ducazione e di ema nci· pazione morale.

a Chi intende le assicura.zioni come piccole riformette, è p regato di d imostrard in quale altro modo (e fino all'epoca, che ne$Suno p uò prevedere, della reale e completa comunizzazione dei beni) sia possibile sottra.rre il p roletar iato

dalrasscrvimcnto a forme indecorose e inefficenti <l i beneficenza, ad apprestare gli organi coi quali non solo si assista l'assicurato, ma, soprattutto, si provveda ra· zionalmtt1te ed efficacrmente a prevenirne i mali.

« e con vero dolore che dobbiamo oggi assistere a lJ'insurrezione delle masse meno consapevoli ed alla mancanza di coraggio di molti -dirigenti di organizzazioni.

« In barba alla disciplin a ed alle deliberazioni del convegno confederale di Bologna e di Torino, le organizzazioni e le maestranze di altri centri non si peritano d i esautorar e tutto il nostro movimento, accogliendo, per tema di impopolarità, la facile i mposizione delle masse; le quali non muovono dal presupposto della conquista delle assicurazioni globali, ma dalla disposizione molto meno nobile di non pagare comunque.

« Cj sa.ranno <lei sapienti strateghi, che diranno rispondere ciò alla volontà rivoluzionaria delle masse, il cui spirito ribelle sa superare le caute. riformisticherie dei dirige nti.

« lo dico, i nvece, con sicura coscienza, che se non si è ad ogni costo dei dissolutori del movimento sindacale e socialista e delle sue fatt ive conquiste reafozatrid, non reagendo energicamente contro la imprevidenza delle plebi, si fa opera di reale disfattismo an tirivoluzionario.

« Se si è socialisti, e si bada a svi luppare più le qualità costruttive ed educative nel senso sod:11Je, che non a cogliere o a subire (il che è più d eplorevole) il p lauso delle folle col " motivo " facile ma r epugnante del " non pagale ", q ues ta è la strada.

.- Altrimenti s i aumtt1ted la confusione e il disorientamento; e non sarà certo il proletariato che, in definitiva, ci guadagnerà.

« Ci pensino ì dirigenti delle organizzazioni, e non soltanto gli organizzatori, ma tutti quei lavoratori che hanno responsabilità direttive o rappresentative nel movimento operaio.

« A mmette~ che le masse non p ossano portare il p eso dei contributi ed attaccarsi al cavillo di difetti che non sono neppure sostanziali, è fare opera non degna»

Il senso dell'a rticolo è questo: pagare e premere per emendare la legge. t questo anche - sia detto fra parentesi - il nostro punto di vi sta.

Pagare?

U na parola che suona ost ica alle orecchie dei proleta ri. Il Maglioni è infatt i costretto a constatare che persino oiganizzazioni e Camere del , Lavoro con federali dell'importanza di quelle di Bologna _e d i Torino, si sono schierate dalla parte di chi predica il comodo « non pagare !».

Si ha l'impressione che 1a Confederazione Generale del Lavoro non abbia più controllo o dominio sulle sue stesse· masse. La F.1.0.M., anch'essa, raccomanda d i pagare; ma le commissioni interne degl i stabilimenti meta llurgici di Roma sono di parere nettamente contrario

La crisi confederale, o, per essere più esatti, la crisi d'autorità della Confederazione Generale del Lavoro, è evidentissima. T ale crisi è agg ravata dal fatto che gli organi politici del Pus hanno piantato in asso la Confederazione. Se l'A v~lì ! non avesse fatto, come ha fatto, il pesce in barile, con un contegno di fl emmatica ambig u.ità, g li operai

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FA SC I, ECC, 129

si sarebbero rassegnati o convinti; ma la ve rità è che dall 'A vanti! alla Direzione del. Partito, alle sez ioni, fa Confederazione Generale d el Lavoro è stata isolata. Con un quotidiano, non co.n un settimanale si possono divulgare determi nati punti di vista Ora la Confederazione Generale del Lavòro, .con ~uc milioni d i aderenti, ha un foglio settimanale, mentre h. stess1 Unione sindacale italiana può disporre di un quotid iano. Crediamo che nell'animo di molti confederalisti ci sia un senso di acuta amarezza per via dell' atteggiamento agnostico o di forzata e non convinta solidarietà tenuto i n questa occasione dal Partito pol it ico Socialista.

D 'altronde, abbiamo g ià dimostrato che il P11s, compromesso dalla sua p recedente bagolog ia estremista, no n poteva entusiasmars i d i una riforma sociale.

I.a Confederazione Generale del Lavoro sconta duramente la sua sudditanza a un determ in ato Part ito politico. Gioverà la lezione? Non ci credi amo troppò.

MUSSOLINI

130 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
Da Il Popolo d'It"alia, N. 189, B agos to 1920, VlI.

UN MANIFESTO DEI FASCI DI COMBATTIMENTO SULLA SITUAZIONE

Italiani!

L 'a~ilimento e la deg radazione toccano il colmo! Per l'an ima nazionale, Vittorio Veneto sembra divenuto l'omb ra di un ricordo! In quest'ora ottenebrata dal presagio di . sven~re maggio ri, gett iamo, rampogna e inonito, questo proclama l

:E dovere che incombe a noi, di una Patria divenuta coscienza e fede, ostinati ed ormai solitari· assertori!

Piegherem_o noi, se piegano le grandi masse? Arderemo i nost ri vessilli, perché questo disgraziato popolo, « vecchio titano ignaro», persiste, con trag ica apatia, ad offrire il volto a tutti i ceffoni?

Dura ed eroica opera quella delle minoranze! Ad essa soltanto il Paese deve l'indipendenza e forse il mezzo di una possibile grandezza ! :B storia di ieri.

la_ massa inerte ed ostile non ebbe mai un compiuto senso della libertà. S'accucciò senza rivolta alle scudisciate e si gettò venale sulla piccola moneta. Vide la pace di Villa franca, il delitto d'Aspromonte, la v iltà d i Custoza e dì Lissa, ed il martirio di Menta na, senza un ·sussulto e senza un grido! Preferl raccattare la sua, Unità a nziché con • quistarla; preferl fjntrigo furbo a ll'eroismo diritto, e il mondo ci trattò come si trattano i pezzenti e i disonesti

Vorremmo noi oggi rinnovare simil i fast i ? Vorremmo perpetuare una mentalità di schiavi? Avremmo dimenticato forse l'epica gran· dezza di una guerra vinta? Non siamo scesi a difesa delle libertà na· zionali per libero consenso e, da soli, non abbiamo determinato il crollo del Moloch tedesco? -E da ciò non sorgon dei diritti da imporre, · dei retaggi da difendere? ·

L'indifferenza in quest'ora è diser:done bassa e incosciente . Noi, che nel fulgore di undici rutilanti vittorie non abbiamo soJlevato mai con gioia oscena il ciarpame di Caporetto, vogliamo rivolgervi fronte a fronte, o italia ni, q ueste dure domande, pronti anche a bollarvi fra ciglio e ciglio, se falliste. il responso. ·

Da un anno, dòpo la notte di Ronchi, Fiume arde immut:i.ta nel

suo martirio, abbandonata da tutti, vi lipesa ed insultata da governanti infami e da una plebe mancipia di rinnegati e venduti agli interessi stranieri!

L'Italia, a ventun mes i dalla sua vittoria, è andata mendicando sui mercati deJla politica internazionale considerazione ·e giustizia e non ha raccolto che d erisione e compatimento! Le sue sorti sono cadute in mano a una fazione di mestieranti politici di ogni colore e di ogn i risma , attraverso il succedersi di minist ri e di ,:ninisteri, per g iungere all'ultimo avvilimento di cedere alla t racotanza di poche bande b arbariche, p robabilmente mercenarie d'interessi alt rui.

Garibaldi ammoniva « esser colpa il lasciar fare a chi t occa, poiché nulJa si sarebbe mai tentato in Ital ia, se mancasse la spinta di chi non vuol rimanere pianta inutile >>.

I Governi non si fanno mai iniziatori ; avversano, se cattivi; possono secondare, se buon i.

lltrliani!

La salute è in voi!

Da Il Popol o d 1Italùr, N. 189, 8 agosto 1920, VII _(o, 17).

132 OPERA OMNIA D[ BENITO MUSSOLINI
LA COMMISSIONE ESECUTIVA DEL COMITATO CENTRALE

LA VERTENZA DEI METALLURGICI

LA TERZA CAMPANA

«L'INDUSTRIA MECCANICA ITALIANA HA DA LAVORARE

IN PIENO PER QUALCHE ANNO »

DICE L'ING. BELLUZZO DEL POLITECNICO DI MILANO

. 1 lettori del Pepe/o hanno potuto seguire con .la dovuta attenzione i preludi di questa grande ag itazione operaia, perché abbiamo pub· blicato tutto quello c he le parti in contesa ci hanno mandato~

La pregiudiziale sembra oramai superata. Adesso si è ent rati o si sta per entrare nel merito vivo della vertenza. Il dilemma si pone in questi termini.

Lo stato attuale dell'industria meccanica e metallurgica italiana permette o non permette di accogliere, in tutto o in parte, le richieste di miglioramento contenute nei memoriali operai?

Gli industriali rispondono no. Non permette di concedere neppure un centesimo, pena i l faJJimento e la rovina generale.

I delegati della F.I.O,M. affermano invece sì, e senza che l'in dustria in questione corra il pericolo di and:lre al dis:lstro ·

Dobbiamo subito aggiungere, per la verità, che la nota della F.J.O.M. era molto più elaborata e dimostrativa di quella diramata dagli indu· striali, i quali hanno affermato, sic et sirnpliciter, senza preoccuparsi di dimostrarlo con cifre alla mano, la fondatezza del loro asserto.

Lo faranno oggi, nel contraddittorio coi · delegati operai? Lo vedremo, ma intanto noi ci sentiamo in dovere di far sentire, dopo la campana troppo tleramente pessimista degli industriati e quella relativamente ottimista degli operai, una terza campana: quella dell'ing.

Giuseppe · Belluzzo, professore al Politecnico di Milano e ben noto negli .ambienti industriali di tutta Italia per la sua brillante attività teoretica e pratica. L'ing. Belluzzo ha pubblicato, su un quotidiano del Canton Ticino, il Dovere di Bellinzona, organo del Partito Liberale, due articoli molto importanti sull'industria italiana nel momento attuale e le sue prospettive nell'avvenire. Tali articoli sono evidentemente sfuggiti agli organizzatori operai, ffia il grosso pubblico. - in•

teressato all'a&itazione - non deve ignorarli.' Ora, l'ing. Bclluzzo, che è addentro alle segrete cose dell'in dustria", è francamente .ottimista. Riportiamo dai due articoli la parte che ci interessa in questo momento.

" Alle industrie metallurgiche italiane si prepara - dice l'ing. Belluzzoun notevole sviluppo; sia perché le ricerche eseguite nel sottosuolo italiano hanno dimostrato che le riserve di minerali metalliferi sono superiori a quelle supposte prima della guerra; sia perché si è d3to un grande sviluppo alla utili:z:z.azione dei combustibili na.zion.aJi e della energia elettrica; sia, infine, perché si spera di trovare nel sottosuolo italiano ril,e,vanti depositi di oli: minerali e miniere di c.uhon fossile. Ricerche in questo senso, nelle località che geologicamente si pre~cntano come le più indicate, sono state iniziate con larghezza d i moe-zzi.

u Le ricerche di siadmenti di. mint:rali di ferro effettuate durante la guerra hanno dimostrato che Ja disPonibilità di minera le di ferro è d i quattro volte superiore alle valutazioni di un decennio fa e le .ricerc he continuano e vengono estese anche .alla colo-nia eritrea, dove promeuc.onti miniere di f erro sarebbero state scoper te,

« la grande disponibilità di minerali di alluminio permetterà alrJtali a di diventare un paese esportatore di questo m etallo d estinato ad un g rande av venire.

« Aumentata., e notevolmente, è la disponibilità di minerali misti di ferro e zolfo, onde, utilizzato lo zolfo per la fabbricazione dell'acido solforico, si avrà disponibile un forte quantitativo dì ossido di fer ro.

« I minerali di zinco della Sardeg na, che, prima della guerra, venivano esportati, per poi importare in Italia lo zinco, saranno in misura crescente t rat• tati in Italia. •

« fn segu"ito alle ricerche effettuate, sono pure aumentate le disponibilità d i minerali di piombo, di nme, di manganese.

« Grandiosi impianti idroelettrici iniziati dura nte la guerra, ed altri che si stanno iniziando ora, metteranno a disposizione dell'industria italiana una grande quantità di energia eletcrica per i l trattamento d ei minerali metalliferi e per la prod uzione deg li acciai speciali, che, prima della guerra, si importavano dall' estt'ro.

« 1 forni elettrici ita lì ani, che, prima della g uerra, non arrivavano alla ven· tina ed il cui funz.i onamento era mo lto incerto, sono aumentati di numero e hanno subito d ei Mtevoli perfeziona.menti. la Joro applicazione si diffonde di giorno in giorno.

« Si è accresciuta la i,roduzione de lle miniere di mercurio, onde di questa sost~za potrà aumentare l'esportazione.

« le ricerche effettuate nel p eriodo della guerra hanno dimostrato ch e l'Ita. lia possiede_ degli ottig:ii materi ali refrattari, e di versi stabilimenti si occupano oggi della loro lavorazione.

• Parallelamcnt.e alle industrie metallurg iche principali, si sono svilup pate, con la guerra, que lle per la lavorazione dei prodotti di prima fabbricazione, ossia le industrie dell2. laminazione, della t.rafilazione a caldo e a fr eddo, per p reparan: ferri, acciai, leghe, laminati, tubi, tralilati senza saldatura.

134 OPERA OMNIA DI BEN ITO MUSSOLINI

« INDUSTRIE MECCANtCHE ED ELETTROMECCANIO-rn

« Le industrie meccaniche sono quelle che per la guerra si sono maggiormente sviluppate. Esse si sono ora trasformate allo sco po di impiegare le macchine che hanno servito alla p reparazione del materiale bel lico n ella costruzione degli apparecchi, degli istrumenti, delle macchine per la tecnica civile. Esse hanno an, che adottato una organizzazione moderna del lavoro, h anno applicato macchin e· u tensili più perfette e più veloci, allo scopo di aumentare la p roduzione, cbe sarebbe diminuita, per la riduzione delle ore d i lavoro da dieci ad otto.

« Le grandi officine, che, prima della guerra, costruivano i carri, i vagoni, le locomotive "è che, nel periodo bellico, hanno dovuto cambiare quasi completamente il tipo di produzione costruendo gli affus ti, le bombarde, i siluri, i cannoni ~d i mortai, sono oggi ritornate alle prime lavorazioni. Il Governo italiano ha infat ti ordinato migli aia. di vagoni, centina.ia di locomotive a vapore, loco· motori elcttriri; altre numerose domande sono ve'nute dalrestero e quindi fin. dustria meccanica d ei trasporti potrà lavorare in pieno per qualche anno. La elettrificazione di seimila chilometri di linee ferroviarie, decisa dal Governo, darà a questa industria e a tutte quelle che producono i materiali. accessori d el nuovo ingente lavoro .

« La esecuzione dei nuovi numerosi i mpianti idroelettrici, già progettati, permette alle fabbrich e di turbine idrauliche di l avorare in pieno assieme alle officine meccaniche che costruiscono le tubazioni, i pali in f erro per l e linee e tutti gli organi accessori di un impianto idroelettrico. L'Italia si p repara anche ad esportare le turbine idi:auliche costruite nelle proprie officine; il loro rendimento elevato, la loro costrutlone ottima, Ja loro regolazione perfett a, la Jo.ro d urata, sono qualitl che i costruttori esteri non possono completamente van1are

« La. costrutione delle nuove centrali termo-elettriche, destinate alla razionale utilizzazione delle ligniti in prossimità delle miniere, richiederà la cost ruzione di caldaie, di turbine a vapore, di apparecchi di condensazione. T~tte le nuove centrali idro e ter moelettriche domandt-r:inno un impiego urgente di macchinario e materiale elettrico e quindi le offici ne elettromeccaniche italiane, oggi gi à in piena efficenu, dovranno intensificare la loro produzione.

Per dotare l'ltalia di una grande flotta naziona le si è aumentato il nume ro dei cantieri navali, e di quelli esist enti si è aumentata la potenzialità deJle officine e degli scali. Per cilare un esempio, solo a Venezia, in prossimità del nuovo g rande porto industriale d r:i Bottenighi, stanno sorgen do due grandiosi cantieri navali

« La costruzione dei motori a combustione interna, delle pompe, dei ventilatori, degli. organi di trasmissione del lavoro, degli ap parecchi di sollevamento, è stata pure alacremente ripresa per fa re fronte sia alle numefose richieste della Marina mercantile, sia aJJe domande che;- provengono dall°estero, sia a quelle delle industrie ,italiane che intendono rimodernare i loro impianti.

« l e numerose bonifiche, che si devono inizi are in molte regioni dell'I talia, richiederanno del macchi(l3rio speciale, sia per l a escavazione dei canali di scolo e di raccolta, sia per le centrali di sollevamento

« L"agricoltura, condotta in molte regioni con metodi primitivi, domanda alle fabbriche italiane di macchine agricole una ingente quantità di macchine per arare, per seminlre, per mietere e la trazione meccanica, onde le ind ustrie meccaniche italiane, se possono disporre in buone con<li2ioni delle materie prime necessarie, hanno anche qui un campo d'nione e di lavoro grandissimo.

« 1·industria dei truporti aer ei s ta attr aversando un periodo di raccolta

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FA SCI, ECC. 135
.

e di studio per trasformare i concetti dell'Aviazione militare ed ~applicarli, modi. ficat i, a q uella civile, che ha speci ali esigenze di sicurezza e di economia

« In pieno lavoro è invece l'industria automobilistica, ,l'unica che durante la guerra abbia potuto esportare; le richieste di autocarri, di a utomobili da turismo e di lusso sono così ingenti, sia dall' inter no che da ll'estero, che le officine esistenti hanno la produzione impeg nata p er qualche a MO In questa industria cosi speciale, dove la meccanica deve accoppiarsi a ll' a rte, l'Italia riprende il primato che aveva prima della guerra, ed il rommerdo di esportazione in ta le ramo promette di arrivare a delle cifre molto elevate

• Intensamente ripresa è anche la costruzione delle biciclette e del1e molOd· elette, il cui impiego. nel ceto operaio italiano va estendendosi.

« Accanto alla grossa meccanica e alla meccanica media, si è sviluppat3. quella minuta e d i precisione. Le macchine, che, dura nte la guerra, hanno lavorato le spolette per proiettili, lavorano oggi in seri e gli apparecchi e gli strumenti elettrici, che prima venivano importati (contatori, amperometri, voltametri, chilowattornetri, ecc.); si hanno n umerosi tentat ivi per la costruzione dei giocattoli meccanici, per intensificare la costruzione delle macchine da cucire e da scrivere, per costruire gli apparc,:chi e gli ute nsili dell'economia domestica. E si può ricordare anche lo sviluppo preso dalla costruzione delle macchine-utensili di diverso tipo, degli attrezz..i necessari alfa ind ustria meccanica ed alle industrie affini

« Riassumendo, si può affermare che la i nd ustrfo. meccanica ita li ana, per la intelligente abilità delle proprie maestranze, sì prepara ad invertire completamente le condizioni dell'anteguerra, quando le i mportazioni erano come quantità e come valore superiori di molto alle espo rtazioni.

« L'INDUSTRIA ELETTRICA

« Tutto ciò che in fatto di macchine, di motori, di appa recchi, di ist rumenti, veniva, p rim a de lla guerra, importato, può oggi essere cost ruito in I talia . I tentativi effettuati durante la guer ra, g li o ttimi ris u ltati che se ne sono avuti, hanno spinto l'ind ustria italiana a produrre nei d ivcr.;i campi della e lettrot ecnica qua nto poteva essere necessario per le centra li id ro e termoelettriche, per le stazioni di trasformazione, pe-r quelle di utilizzazione, Ap parecchi telefon ici, telegrafici, d i segna lazione di comando, sono pure ottimamen te costruiti oggi nelle officine e let· tromeccaniche ita li ane. L'industria d ei cavi elettrici , che, duran te la guerra, a veva effettuato una grande esportazione nei paesi alleati , do tata di nuovi mezzi scientifici di ricerche e di esperienza, s i p repara a riprendere la posizione p revalente che aveva prima della guerr a, intensificand o la esportazione.

« Tutte le applicaz..ioni del riscaldamento elettrico, che, in relazione del costo eleva to d el carbone fossile importato, avranno una grande estensi one, trovano in Italia, costruiti da officine nazionali , g li apparecchi necessari. -

« la migliore garanzia del grande lavoro, che nel campo dell'ele ttrotecnica occuperà l'industria italiana, è data dalle n umerose domande di concessione d i n uovi imp ianti elettrici. E se, come g ià si è detto, si riflettesse che fino ad oggi la p otenza idraulica utilizzata non s upera il milione e mezzo di co.valli, men tre la d isponibilitl italiana è valutata, molto prudenzialmente, ad almeno cinque milioni, si intuisce quale messe di lavoro si debba eseguire per diversi anni e q uale nuovo favo ro sia altresi necessa rio p er la ucilizzaz.ione della energia elettrica generata, specialmente nei campi dell a chimica e de lla metallurgia.

Dall'energ ia elettrica prodott:1 nei nuovi impianti trarrà g rande prohtto

136 OPERA OMNIA DI BENITO MUSS OLINI

anche l'agricoltura ilaliana, sia per tutte le operazioni meccaniche di tnsformazione dei prodotti ag ricoli, sia per la coltiva2ione del suolo ,ffettuata con macchine mosse elettricamente

« Una industria, che, prima della guena, non esisteva in Italia e che si è ora bene impianiata ed organinata, è quella dei magneti e deg li apparecchi di accens ione d ei motori a scoppio, la quale non solo soddisferà le nume rose domande de ll'interno, ma sarà in g rado di esportare i propri prodotti "·

L'ing. Bellwzo - e chi lo conosce lo sa - non è un uomo che scrive a casaccio. Egli è un competente in materia e vive ·intensamente la vita delle nostre industrie. La sua visione grandemente ott imista posa su dati di fatto, non su fantasie o speranze. Che il lavoro non debba mancare alle industrie dei traspo~ti, attorno alle qual i, poi, si costellano, in _ definitiva, quasi tutti i rami della produzione metallurg ica e meccanica, risulta da queste ovvie considerazioni. Per rimettere _ in piena efficenza il suo o rganismo ferroviario, e q uindi at to a soddisfare i bisog ni attuali e futuri, l'Italia ha bi sog no, per i p rossimi dieci ao nj, di almeno cinquemila locomotive e diecimila ca rri ferroviari tra nuovi o da riparare. Agg iungete tutto. il lavoro di riparazione del materiale fisso, raddoppiamento d i binari, nuove stazioni, ecc., ccc., e troverete che, a prescindere dal mercato esterno, dove gli « articoli » più ricercati sono sempre vag oni e locomotive, il mercato interno non mancherà di lavoro, Comunque, gli articoli dell'~ng. Belluzzo meritano una attenta attenzione. I.a F.1.0.M., lo ha d ichiarato reiteratamente, non desidera e non vuole lo sciopero. Altrettanto dovrebbero proporsi g li industriali e trovare quella linea mediana di conciliazione degli op posti interessi, che salva la continuità del lavoro e non getta nel turbamento la nazione.

Da Il Popolo d'llalia, N. 190, 10 agosto 1!>20, VII.

DAL sicoNDO CONGRESSO DEl FASCI, ECC. t,7
MUS SOLI NI

IL NOSTRO PUNTO DI VISTA*

Pubblicate Je due lettere,· ecco il nostro commento. Non mett iamo in dubbio che l'articolo deH'ing. Belluzzo rimonti a un anno fa , ma è altrettanto vero che è apparso sul Dovere di Bellinzona nei giorni l e 2 agosto corrente. Nell'agosto del 1919, J'ing. Belluzzo era ottimista; nell'agosto del 1920, è diventato pessimista: Nell'agosto del 191 9, l' ing. Belluzzo vedeva in roseo l'avvenire dell' industria meccan ica italiana; nell'agosto del 1920, lo vede in n ero e aderisce alla tesi degli industriali, che è quella di nega re pregiudizialmente qualsiasi aumento. Noi abbiamo una grande stima dell'fog Belluzzo e siamo lieti di aver provocato il suo intervento nella discussione, ma dobbiamo aggiungere che non accettiamo pienamente il suo punto· di vista. Le ragioni che rendono pessimista il Belluzzo sono fondamenta lmente due: il prezzo proibitivo delle materie prime e precisamente del carbone e .la fiacca delle maestranze operaie. Certo, ìl prezzo del carbone è straordinariamente elevato, ma quanto del carbone ·importato va alle industrie? Quel po' d i carbone che·-ci arriva è inghìottito dalle Ferrovie e daUa Marina. Per fortuna, molte officine meccaniche si sono emancipate dal carbone. La Breda non è andata a raccogliere la forza motrice delle sue officine nella testata della valle del Lys suJle Alpi, a cento e più chilometri in linea d 'aria da Milano? Stiamo male a carbone, d'accordo. Ma se la di plomazia italian a · non ha ·saputo m ig liorare la nostra situazìone carbonifera , la colpa è, forse, degli operai? C'erano, forse, i rappresen· tanti del proletariato italianO a Spa, come c'era ·il rappresentante dei minatori tedeschi? D'altra parte il prezio del carbone. entra come un fattore nel determinare il costo di un oggetto, ma non è J'unico. Ce ne sono altri.

Concordiamo col Belluzzo nel ritenere che il contegno delle maestranze sia stato deplorevole, suicida . Ma giova aggiungere che, nel famoso congresso di Genova, l'on. Buozzi tenne, a questo proposito, un linguaggio che si potrebbe chiamare fascista, quando deplorò nei

• Questo scritto è un commento a due lettere sulla situaziooe delle industrie meccaniche italiane : la prima di Giuseppe Belluno, la seconda di Federico Jarach

-

term ini più ènerg ici" lo scioperaiol ismo dà cui sembrano ubriacate le masse operaie industdali italiane. Ora noi abbiamo l'impressione che la situazione sia in questi ultimi mesi leggermente migliorata. Buon a p arte dei vapori eti lici russi semb rano sfumati. C'è, nelle ~asse, un senso diffuso e incoercibile di stanchezza.

Si comincia a desiderare di lavorare con una cer ta cont inuità, visto e considerato che gli scioperi generali e pa rziali a ri petizione manda no alla miseria in dividui e famiglie,

Il c~mandante Jarach continua ad avanzare delle pregiud iziali secch e e perentorie.

« Qu.and' uno - egli dice - si trova s uirorlo del precipi:zio o si salva o ci casca».

Ebbene, posto che l'industria meccaò.lca ital iana sia sull 'orlo del p recipizio, si salverà essa n egan do qualsias i modesto aumento agli operai, o non ci cascherà, invece, in p ieno? D ei due ma li bisogna scegl iere sempre 'il minore. E il minore è quello di conced ere il concedibile, p ur di evita re uno sciopero, colle incog nite d'ogni genere inerenti al medesimo

Il nostro punto di vista è questo:

1. accog liere p arz.iaJmente le richieste di migliorameoto deg li operai. :E evidente che l'industria non è più in grado di sopportare il benché m inimo aggravio; non potrà andare avanti, - nemmeno restando fe rmi g li attuali salari, e allora si chiude bottega e non se ne parla più ;

2. dare al concordato una durata suffi.cente - due o t re anniper off rire alle in dustrie il mezzo di p revedere con una certa sicu rezza il futuro. Per noi un ele mento essenziale di ogni concordato è la durata;

3 ristabilire la discipl ina f errea del lavoro e persuadere, co n l'esemp io, ch e n elle officine non si comizia, non si canta, non s i fa baldoria, pena il licenzia mento immediato

Se gli industriali concedon o qualche miglioria, s i verifich eranno due ipotesi: o tali migliorie saranno accettate dalle maestranze, nella considerazione che val meglio ot tenere un aumento, sia pure modesto, senza sciopero; o saranno respinte. ·

Nel quale u ltimo caso, la situazione moral e degli industriali sa rà migliore di quella dei delegati operai.

La ripulsa preg iudiziale da parte degli industriali a qualsiasi aumento potrà sboccare in questo duplice ordine di avvenimenti: rasseg nazione degli operai . o sciopero g enerale, la rassegnazione pro vocherà il lento sabotaggio della produ zione ; lo sciopero n e provocherà la sospensione totale,

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 139

Uno sciopero, breve o lungo che sia, è destinato a migliorare le condizioni dell'industria italiana? No. Lo sciopero de i metallu rgici meccanici, e per la sua ampiezza e ~ r l e polemiche allarmistiche e pessimistiche che l'hanno p receduto ·e per la situazione· genera le d 'ambiente. peggiorerà enormemente le condizioni dell'industria' italiana e sarà interpretato dai nostri «cari » ex-nemici od ex-amici nella maniera più catastrofica,

Il problema, egregio comandante Jarach, non è soltanto contabile; è anche psicologico e politico e non lo si affronta con una negazione pregiudiziale.

MUSSOLINI

140 OPERA OMNIA DI BENITO
MUSSOLI NI
Da Il Popoh> d'Italia, N. 19 1, 11 agosto 1920, VII.

L' INTESA E LA RUSSIA

L'avvenimento clamo~oso della polit ica internazionale è costituito dal comun icato diramato ufficialmente dal Governo francese. Nel quale:

1. si riconosce come Governo rappresentante del popolo russo il Governo ed il generale Wrangel in Crimea;

2. si inibisce all'addetto commerciale francese a Londra d i e ntra re in rapporti coi delegati commerciali dei Sovièts, signori Krassin e Ka· meneff.

Brevi osservazioni. Che cosa rappresent i il generale Wrangel non sappiamo. C'è un Governo in Crimea? E un esercito? Le notizie che si hanno sono imprecise. Dopo il triste epilogo d elle avventure mili· tari di Denikin, Koléàk, Judenik, il pubblico occidentale è portato allo scetticismo circa la possibilità di a bbattere dall'interno il regime dei SoviètJ. Ad ogni modo, la Francia. imbocca recisamente la strada di una politica anti-bolscevica. La nota del Governo di Mi1lerand, all'indomani del colloqu io di Hyte, è il segno che la cdsi dell'Intesa è giunta "al punto tipico che rende - ci si perdoni il bisticcio - impossibile ogni intesa.

Nei riguardi del!a Russ ia bolscevica, ognuna delle quattro nazion i che formano (o formavano?) l'Intesa ha _ una «sua» politica.

La Francia misconosce Lenin e riconosce Wrangel.

L'Inghilterra flirta con Lenin et p011r (NIJe , Teme la sollevazione bolscevica del mondo indiano

G li Stati Uniti sono agnost ici: né Lenin, né Wrangel, n é alt ri, sino a quando la situazione generale russa non sia definita.

Finalmente, l ' Italia, colle dichiarazioni recenti del conte Sforza, ha deciso di riconoscere il Governo di Le nin, non solo commercialmente, ma diplomaticamente, co!Io scambio di ambasciator i fra Mosca e Roma.

Quattro Stati, quattro politiche diverse in una questione fondamen• tale, com'è quella ·_dei rapporti con la Ru ssia! Ormai s i può incidere un'epigrafe su quella che fu l'Intesa. :B assai difficile poter trovare una linea mediana fra t esi cosl radi calme nte e pratictJJnente divergenti.

Delle nazioni vinte, la Germania e l'Austria - il mondo tedesco insomma - p endono, per necess ità ev identi, verso la Russia. :B chiaro che l'essere pro o contro la Russia bolscevica può determinare nuovi

raggruppamènti fra le potenze europee. Il contrasto fra la condotta dell'ltalia e quelJa deJla Francia - a proposito della Russia - è tot::i.le Ora, si domanda:

Quale politica, fra tutte, è la migl iore ? Quella che ignora, o nega, o oscilla; o quella che agisce nella realtà e sulla realtà ? La polit ica itaJiana, jnsomma, è uno sproposito o una ant icipazione? Leggerezza o saggezza?

Sino a p rovà contraria noi crediamo che la politica di riconoscimento diplomatico adottata dall'I tal ia - nei confronti dei SoviètJ - sia la più pratica, la più liberale, la più umana e la più efficacemente - non sembri un pa radosso! - anti-bolscevica. Non è colla violenza dall'esterno, a base di guerre e di blocchi, ch e si avrà ragione del bolscevismo. p iuttosto dal contatto coll'Eu ropà. occidentale che il bolscevjsmo perderà le sue suggestionatrici aureoIC di mito (e le va già p erdendo), si rivele rà nell a sua vera specie e finirà per trovare n umeros i compromessi necessari fra le sue rigid e teorie e la mutevole complessa realtà.

MUSSOLI NI

D a li Popolo d'Italia, N. 193, 12 agosto 1920, VII.

142 OPERA OMNIA Dr BENITO M US SOLINI

UN MISERABILE E UN VIGLIACCO !

SALVEMINI RIFIUTA DI BATTERSr

(Per telefono al Popolo d'Italia)

Roma., 13, notle.

R oma, 12 agoslo 1920, ou 18. - In una sala di Montecitorio, si sono r iuniti i signori Ulderico Mauolani e Luig i Siciliani, rappresentanti del sig Benito Mussolini, ed i signori Leone Caetani di Sermoneta ed Antonio D e Viti O c Marco, rappresentanti dell'on. Salvemini Gaetano. .

I uppresentanli del sig. Benito Mussolini hanno esibito un telegramma nel quale il s..ig Mussolini, giudicando l esive per il suo onore le affermazioni conte· nute nel discorso pronunziato alla Camera il giorno 7 corrente dall'on. Salvcmini, li incarica di ottenere una ritrattazione od una riparazione per le armi con ampio mandato. ·

I rappresentanti dell'on. Salvem.ini dichiarano che il loro primo è a disposizione del sig. Mussolini, avendo loro affidato ampio mandato.

I quattro rappresentanti d'accordo esaminano i termini della vertenza.

I rappresentanti deU'on. Salvemini osseryano che il fatto che ha dato luogo alla vertenza fa parte di una serie di numerosi altri fatti denunziati alla Ca~era per dimostrare quali sono i metodi dell'attuale governo di D'Annunzio a Fiume.

E però il fatto stesso ha anzitutto carattere politico ed obiettivo; che, nell' interesse pubblico e d i tutte le parti interessate, i rappresentanti dd l'on. Salvemini ritengo no che debba essere prima o accertato o dimostrato il falso, e non po· trebbe essere risolto con una preventiva personale riparazione cavalleresca

L'on. Salvemini no n intende trincerarsi dietro la immunità parlamentare, ma lascia a l sig Mussolini la scelta di seguire la via giudiziaria e quella del gù1ry p er l o accertamento o meno del fatto, Un' azione cavalleresca potrebbe seguire al risultato di tale indag ine preliminare.

I rappre:o;entanli del s ig. Mussolini osservano che l'affermazione dell'on. Salvemini, la quale segue il ricordo di altri fatti disonorevoli, attribuiti ad altre persone, se pur fatta con l'intenzione di censurare il governo attuale di Fiume, si concreta in una non equivoca accusa !atta al sig. Mussolini di aver sottratto 480.000 lire per scopo dive rso da queJlo voluto dagli oblatori della sottoscrizione. ti dunque l'attribuzione al sig. Mussolini di un fatto lesivo per il suo onore.

Rivendicano al sig. Mussolini il diritto già esercitato di scegliere la via miglio re per la tutela del suo onore e negano la possibilità, da parte sua, di assoggettarsi a nuovi g iuCfo.i intorno ad una accusa, che ha g ià avuto, notoriamente, decisiva smentita ·

Rinnovano la domanda di una ritrattazione o di una riparazione per Je armi. I rappresentanti ~ell'on. Salvcmin.i replicano che il lodo al qua le ·s i r iferiscono i rappresentanti dell'altra parte potrà essere prodotto come uno dei docu10 - XV,

men ti, ma ad essi consta che !'on, Salvemini s i è valso di altri docunienti per fa re la nota affermazione e perciò contestano che, a llo stato degli atti, il sig. Mussolini possa scegliere la via cavalleresca.

I rappresentanti del sig. M ussolini prendono aito de lla dichiarazione, tendente a dimostrare la necessità di ulterio ri accertamenti, come q uella la quale pr ova che, anche ora, l'affermazione ddl'on Salvemin.i non ha neppure per lui un fondamento certo. Negano che il loro primo debba rinunziare al diritto d i una immed iata riparazione e ripetono la s udd etta domanda. ..

I r appresffilanti dell'on. Salvrmin i contestano la interpretaz.ion e tlata alle lo ro parole L'on. Salvemini ha i d ocumenti che gli davano diritto e g li imponevano il dovere della p ubblica denunzia, e, nell'asswnere la intera responsabilità, produce i documenti innanzi al magistrato o innanzi al giury, come sopra si è de1to.

I rappresentanti del sig. Mussolini d ichiarano che la richies ta a vversaria, in q uanto si traduce in una sospensione della richi<"sla soluzione cavalleresca, deve concretarsi nella domanda di un giury d ·onore, che, evide-ntemente, non può esser fatta dal sig. Mussolini, che è l'offeso.

J quattro rappresentanti d·accordo rimandano alle 11 di domani la discussione. Letto, confermato e sottoscritto

ULDER ICO M AZZOLANI - L UIGI S1crLIANI • L EON S CAllTANI DI SER, M ONf.TA - ANTONIO DE v,n D E M /\RCO

Rema, 13 agosJo 1920, Me 11. - In una sala di Montecitor io si sono riuniti i signori Ulderico Mazzo lani e Luig i Siciliani, rnppresentanti d el sig. Benito Mussolini, ed j signori Leone Caetani di Sermoneta cd Antonio De Viti De Ma rco, rappresentanti dell'on. Gaet~o Salvemini, i quali riprendono !°esame della verte nza.

I rap p'resentanti de ll'on. Salvcmini, riportandosi all' ultima dichi arazione della parte avversa, ritengono che la domanda debba partire dal sig. Mussolini, a cui hanno lasciato la scelta tra l a procedura g iudiziaria e que ll a d el gi11ry, a l solo scopo preliminare di appurare i fa tti

Una domanda che partisse ora dal loro rappresentato, potrebbe essere fraintesa come un' alternativa da lui chiesta per evitare l' azione cavalleresc;;'ciò che con trasta con le s ue in tenzioni già dichiar'ate.

Nondimeno, interpre tando la dich iarazione dei signori Mazzolani e Sici liani come rinunzia d el loro rappresentato a q uerelarsi innanzi il magistrato ordinario e come preferenza per la proced ura del gù,ry, j rappresentanti dell'on. Saivemini, senza p erdersi in sottigliezze procedurali, desiderosi che la luce sia fatta ne l più breve tempo possibile, prendono essi l'iniziativa di proporre un giury , innanzi a l quale si Proverà la verità dei fa tti e si svolgerà la procedura preliminare

I rappresentanti del s ig. Mussolini, riportandos i a ll'affermazione g ià fatta , che r an-usa mossa nuovamente da ll'on. Salvemini al sig. Mu"o lini fu già documenta lmente sm entita ( come risulta d a lle pubblicazioni contenute nel Popolo d' Italia d ei 17 d icembre 1919, del 13 e 18 febbraio 1920 e del 13 apfile 1920), si rifiutano di accogliere la proposta avversaria, considera ndo che essa esorbita dal man<lato ad èssi affidato; p rendoao atto che le domande del s ig. Mussolini

144 OPERA OMNIA DI BENJTO MUSSOLINI

con le àrmi non vengano accolte ; e ritengono che, per l oro con to, è ch iusa la vertenza cavallettSCa, restando al sig. Mussolini la piena libertà d i a zione, I rappresentanti d ell' on. Salvemini, avendo già ch.iarito in tutte le sue parti di d iritto .e di fatto il loro p unto di vista sulla questione, riservano a l loro rapp resentato ogni libertà di azione.

l etto, confe rmato e sottoscritto

ULDERICO 11.\ZZOLANI • Li.HGI S!CI· LIANI • Ù ONE CAETANI DI SUMO· N.ETA • ANTONIO DE Vin D E MARCO

I RAPPRESE NTANTI DI MUSSOUNI RASSEGNANO IL MANDATO

Caro Mussolini,

i n seguito al mand ato affidatoci, 'ci siamo recati da!l'on. Salvemini, il qua le h a nominato suoi rappresentanti gli onorevoli Leone Caetani di Sermoneta e Ant~ nio Dc Viti De Marco.

Adunatici ieri e oggi coi rappresentanti avversari, abb iamo forma lmrote d~ mandat o una ritrattazione o una riparazione per le armi.

Dai due verbali che vi t rasmettiamo apprenderete come e perché vi s ia stata negata la sodd isfazione a cui avevate e avete diritto.

Pertanto v i rassegnamo i l m andato, ringruiandovi della fid ucia in noi riposta e vi salutiam<_> cordialmente

Da questi lung hi verbali risulta per me e per chiunque non s ia accecato da preconcetti di pa rte che l'on Salvemini è un miserabile e un v igliacco, degno di essere - come sarà certamente - sputacchiato negli occhi da mc o dal primo fascista che avrà l' occasione d 'incontrarlo. Mise rabile. C~tui ha la faccia tosta d i affermare dal Parlamento che io ho sottratto ben 480.000 lire per le elezioni alla ~ ttoscrizione di Fiume, quando è stato documentato irrefutabilmente che .io non ho sottratto un centesimo; mentre posso documentare irrefutabilmente che ci ho rimesso del mio.

Il signor Salvemini fa dire ai suoi padrini che può documentare Ja sua affermazione.

A questo gest o di imp udenza, rispondo che il signor Sal\'emini non . riuscirà mai, dico ma i, a p rova re un fatto che non es iste e non è mai esistito

Io sfido non più a batters i il signo r Salvemini, poiché da quest'orec-

DAL SECONDO CONGRES SO DEI_ FASCI, ECC. 1 4 5
ULDERICO M AZZOLA NI • LUIGI S ICI LIANI
* * •

chio u n coniglio dei suo stampo non ci sente; io lo sfido ad esibire Ja sua documentazione; a pubblicare sull'Unità, o su qualsiasi alt ro giornale, le prove ch e attestino come qualmente io abbia sottratto molto o poco denaro dalla sottroscri zione pro-Fiume.

Ma perché scomodare il tribunale? Pe rché rimettere la faccenda nelle mani di un giury? La questione è semplicissima: il signor Saivernini, senZil bisogno di diversivi, deve dimostrare davanti al supremo tribunale dell'opinione pubblica la f0ndatezza dell'accusa da lui lanciata contro di me. O io sono disonesto, o lui è uri infam issimo e vilissimo d iffamatore.

la verità è che il Salveminì, pur di schizzare un po' di ·fango della s ua perfida animaccia croata contro F iume e contro chi è solidale con Fiume. ha padato a vanvera, a orecchio, senza possedere null'altro all'infuori delle vaghe reminiscenzç di polemiche che rimontano a sette mesi fa.

Con questo si spiega la tatt ica dilatoria dei suoi padrini1 i q uali hanno dimostrato d i essere. sofisti :lbbastanza nel coprire o attenuare la infinita mise ria mo rale del loro primo

La faccenda avrà un seguito. Il s ignor Sah•emini pagherà Io s-cotto che deve.

Ne prendiamo form ale impegno dinan~i al nostro pubblico.

MUSSOLIN I

146 OPERA OMNIA DI B ENITO MUSSOUNI
D a Il Popolo d'I111lia, N. 194, 14 agosto 1920, V II.

INTIMAZIONE

Anni fa, G aetano Salvemini, l'immondo servitore di Trumbié, accusò Claudio T reves di essere massone. L'accusa era falsa. Ma Salvemini insisté sino a quando non fu clamorosamente svergognato. Aveva raccolto, non si sà come, un pettegolezzo da caffè e ne aveva fatto un capitolo di storia.

I signori Leone Caetani di Sermoneta e Antonio De Viti De Marco h anno affermato, per sottrarre il loro primo alla giusta penetrante e meritata lezione che gli avrei inflitta, che il sig. Salvemini « si è valso di altri docwncnti per fare la nota affermazione »; a\'ere cioè, io sottoscritto Benito Mussolini fu Alessandro, distolto ben 480.000 lire dal!a sottoscrizione pro-Fiume, a scopo di elezioni.

Fuori i documentj! Questa è l'intimazione che ogni galantuomo mi riconoscerà in pieno diritto di fare.

Fuori subito i documenti, squadernati in faccia all'opinione pub· blica ! Se il Salvemini non ha g iornali a sua disposizione, mi mandi una copia dei documenti ed io prometto solennemente di stamparglieli sul mio giornale.

Attendo.

D a li Popolo d' Italia, N 196, 17 agosto 1920, V II

FINIS POLONIAE ?

Varsav ia è caduta o sta per cade re; l'esercito poJacco è battu to e dispe rso, sembra, almeno secondo i dispacci di fonte berlinese, ma non ancorà si attenua di un poco l'accanito furore del mondo cosiddetto proJetario occidentale contro la Polonia. Singolare, ingrato e pa radossale destino quello della Polonia. Quando, tre mesi oc sono, gli eserciti di Pilsuldski si spinsero nell'Ucraina , s ino a Kiew, e iniziarono una gue rra non di difesa nazionale, ma di conquista, il mondo p roletario, o · per essere più esatti quel qualche migliaio di fu nzionari o di ·apo· s tol i stipendiati che dicono « noi, mondo p roleta rio », non si commosse eccessivamente. Allora che si doveva protestare ed agire, nessuno si fece vivo. Quelle Trades Unioni inglesi che oggi agitano le fiaccole della rivolta ed abbandonano ad bestiaJ la Polonia, non s'accorsero deU'ava nzata polacca.... Si è dato a credere,-- per montare l'ambiente operaioche la Polonia sia governata da ferocissimi borghesi, assetati di sangue. Menzogna! Il Robotnik, _organo. del Partito Socialista Polacco, ha un bel p erdere il suo tempo a lanci.ire un_« appello ai compagni, in n ome del socialismo e della fratellanza internazionale del proletariato, perché si oppongano all'assass inio di cui è vittima la Polonia, assassinio che viene commesso da una pretesa rivoluzi one sociale che cova i germì di una contro-rivoluzione», l compagni deputati socialisti italiani rispondono con un freddo fin de n on recevoir e quanto all' Ava.nli!, d opo aver stampato l'appello, tratta d i traditori, di vendut i, di sch erani dell'Intesa coloro che l'hanno firmato! ~ppure, se questi socialisti polacchi hanno mandato l'appello all'Avanti!, gli è perché si ritengono ancora dei socialisti, mentre, in realtà, sembrano e sono vittime di un tragico equivoco. Socialisti possono dirsi soltanto coloro che accettano il verbo rivelato dal div ino redentore Lenin; tutti gli altri sono reprobi da condannare alle gemonie, anche se, per avventll.ra, vi è fra di loro quel Pilsuldski, fond ato re del Pa rtito Socialista Polacco!

Che cosa importa che il Dare dei socialisti p olacchi sia in campo a difendere la Polonia ? Che cosa importa che fra i feriti delle u ltime battaglie - f eriti da piombo bolscevico - ci sian o l'ex-m inistro agli Interni, il socialista Thueu s, il consigliere com unale socialista K olowka,

il direttore del radicale Kflrjer Polski, Gielzynski, il noto scrittore e critico Chanowsk, ecc. ?

La Polonia non merita pietà, si risponde in occidente. Che cosa vale che il Presidente dei ministri sia un autentico contadino? La Polonia è il gendarme della contro- ri voluzione borghese, si proclama a Londra, a Parigi e i Milano. Tutti i socialisti polacchi si battono contro la Russia; del Partito Comunista stesso, una frazione si è schierata sul teneno della difesa naiionale; ma questo non turba la russofilia o sovieto61ia dell'occidente. Giunge notizia -che « il Comitato .internazionale d ella Croce Rossa è obbligato a deplorare con orrore la crudeltà e i mass.acri degli eserciti russi », ma i fogli socialisti e proletari scivolano su questi episodi della eterna barbarie guerresca, anche se i soldati Portano la stelletta rossa.

All'ostilità del mondo proletario, si aggiunge - perché la Polonia beva sino alla feccia il suo calice amaro - il cinismo del mondo po· litico inglese. Ah, quel Lloyd George, che butta a mare la Polonia, con . un semplice giro di frasi! Noi possiamo credere Che l'Inghilterra non fosse favorevole all'avventura ucraina, in cui, mesi sono, s'imbarcò la Polonia; ma ni ente fece per impedirfa. o per interromperla! Lasciò fare, Attese. Non si compromise.

Ebbene, o ra che la guérra polacca è diventata Una guerra di difesa non di privilegi sociali, ma dell'integrità nazionale; ora che socialisti e comunisti polacchi versano il loro sangue per difendere Varsavia; ora che tutto il mondo -e borghese e proletario, per opposte, ma convergenti ragioni - si accanisce bestialmente sui vinti, noi, che siamo stati contrari al blocco contro la Russia e contrari, in genere, a tutta la politica dell'Intesa in Russia e favo revoli· alla neutralità dell'Italia durante la guerra russo-polacca; noi sentiamo il bisogno di esprimere la nostra simpatia al popolo polacco, nella fiducia che sarà impedito lo scempio della Polonia e che si saprà - da chi deve -· salvaguardarne l'integrità territoriale e l'indipendenza politica !

Anche perché il regime polacco non è nemmeno da confrontare con quello di Lenin, regime che è_ e resta il più spaventosamente liberticida che abbia mai avuto la storia!

DAL SECONDO CONGRESSO Dl::I FASCI, ECC. 149
MUSSOLIN( Da 1/ Po polo d'Italia, N. 197, 18 .Ì.gono 1920, VU.

IL NOSTRO DOVERE

La nuova situazione che sta elaborandosi in questi giorni a Fiume e d1e troverà 1a sua consacrazione nell'anniversario della entrata dei legionari, deve essere esaminata da un triplice punto di vista: nei riguardi di Fiume, nei riguardi dell'Italia, nei riguardi internazionali. Nei riguardi di Fiume poco c'è da dire. Noi ci auguriamo che ogni - anche lieve. - dissidio si componga e ehe il Consiglio nazionale si renda conto eh~ arbitro supremo della situ.:1.zione è D'Annunzio. Ma questo augurio sembra superfluo, poiché le ultime notizie fiumane permettono di credere che si r ealizzerà la magnì.fica unanimità che all'indomani della mar· cìa di Ronchi fuse in un'anima sola t utta l a ·popolazione di Fiume. Noi siamo oggi, come ieri, come domani, col Comandante. Abbiamo illimitata fiducia nel suo genio, nel suo eciuilibrato senso politico, nella sua ferrea indomabile tenacia. ll documento che pubblichiamo più oltre dimostra che una grande saggezza - fatt~ di senso pratico e di intuizioni ideali - guida le azioni del Comando. Ma la solidarietà con D ' Annunzio e coi suoi legionari; ma la solidarietà colla n uova forma di -reggimento di Fiume non deve limitarsi a platoniche attestazioni verbal i. Il compito dei fas cisti è (-biaro e sì può sintetizzare in questi paragra6:

1. agitarsi per imporre al Govemo d'Italia il riconoscimento diplomatico effettivo del nuovo Stato fiumano;

2. esigere dal Governo, immediatamente dopo questo riconoscimento, l'applicazione del patto di Londra e cioè confine al Nevoso e Dalmazia fr a Zara e Punta P1anca;

3 premere irresistibilmente sul Governo perché ottenga dalle altre potenze - Francia e Inghilter ra - il riconoscimento del fatto compiuto a Fiume.

Il momento è straordinariamente favorevole. La situazione generale , diplomatica dell'Italia è migliorata in q ueste ulti~1issime settimane, malgr:a,do la disgraziata avventura albanese. Il riconoscim_ento dell'indipendenza fiumana e 1':1pplicazione del patto di Londra non susciteranno difficoltà o complicazioni; Colla proclamazione e col riconoscimento dell' indipendenza di Fiume non sono più necessarie le r inunce fatrianc o dalmatiche. Il famoso ed ig nobile baratto fra Istria orientale e D al-

mazia con Fiume non avrà più .ilcun anche lontanamente plausibile motivo. L'Italia non si anne'tte Fiume e non può . - perché umanamente impossibile - consegnarla alla Croazia; in primo luogo perché non le appartiene; in secondo luogo perché non si p uò pensare a un conflitto fra reparti' dell'esercito" italiano per il bel gusto di.... ~ga1are Fiume ai croati.

Applicato il patto di Londra, resta la questione Fiume-Croazia. Vuol dire che se i croati vorranno Fiume, lo dovranno conquistare armata mano Tutto fa credere · però che preferiranno intendersi con D 'Annunzio, il quale non ha nel suo programma violenze o sopraffazion i di ra22a e fa rà il possibile p er garantire il libero uso del por to ai trafficanti croati e non croati del retroterra.

t;; un programma di libertà, dì benessere e di. p acificaz ione fra le raZ:Ze e fra Je classi, quello che il Comandante prepara in questi ·giorni.

Noi non ci facciamo illusioni soverchie circa l'atteggiamento del Governo di Roma. Temiamo forte che preferirà, piuttosto che coglie re l'attimo favorevole, tirare le cose in lungo; ad ogni modo spetta, in particolar modo, ai fas cisti il compito dì.agitare potentemente l'opin ione pubblica e di trascinare il Governo a quelle decisionì che oramai s'impongono. 1 postulati dell'agitazione fascista siano questi: solidarietà piena con D'Annunzio e ·aiuti materiali e morali · allo Stato fiumano che sta per sorgere; riconoscimento da parte del Governo del nuovo Stato e pressione perché l'Jtalia ottenga tale riconoscimento anche dalle altre potenze; infine , applicazione del patto di Londra, senza indugi e timori Avremo nel settembre, finalmente, dopo due anni, la nostra p ace· adriatica? MUSSOLINI

D a Il Popolo d'I1alù1, N. 198, 19 agosto 1920, V H.

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FA~CI, ECC. 151

L'ORA DEL FASCISMO !

Il fascismo, dei Fasci I taliani d i Combattimento; flato il 23 marzo 1919 in Milaqo, da non confondersi in alcun modo, nemmeno come derivazione cronologica e tanto meno politica, col Fascio di parlamentare memoria ai tempi della guerra; il fascismo, il tanto ocfoto, temuto, misconosciuto, calunniato fascismo è in u n periodo di rigoglioso sviluppo e di pro mettente focondità. Si può dire, senza cadere nella rettorica, che è l'ora del fascismo.

Ora psicologica. Molt i spiriti, che sono e vogliono rimane re liberi, e non g iudi care g li avven imenti con un a. priori, preconcetto, artefatto e quasi sempre putrefatto; molt i cervelli . e a nime inquiete che non p ossono tollerare i rigidìsmi dogmatici delle chiese, delle sette e dei partiti, affluiscono nei ranghi del fascismo, che non .è un partito, e fascia n ella si.ta organizzazione il massimo di libertà ai singoli e ai gruppi.

Ora politictJ. I vecch i pa rti t i stanno sfasciandosi e se non vorranno morire in un frazionamento all' infinito, dov ranno -e questo è i1 si ngolare p aradosso della situazione - diventa re « fascisti », cioè agg ruppamenti temporanei di uomini in vista del ·ragg iungimento di determinati mezzi Chi rag iona con obiettività deve convenire che g ran parte d ella critica fascista agli atteggiamenti de l Pa rti to Socialista è stata trionfa lmente confortata dagli avvenimenti. Ora il Pus è un calderone dove tutto si mesco la e s i rimescola, dai m assimalisti dell 'u ltima ora entrati nel Pus alla ricerca della loro fortuna politica e _p ersonale (ne conosciamo parecchi di questi signori!) ai pescicani che sperano - muniti di una tessera in regola co i pagamenti - di salvare le loro ricchezze. Ma all'i nfuo ri· dei vecchi partiti e dei nuovi, c'è t utta una massa ch e cerca dei nuclei attorno ai quali coagularsi. Potrà vivere, ad esempio, un partito del rinnovamenlo, che ha nel suo seno Francesco Coppola, quello che dirige Politica, e Salvemini, che sbava sull' UnitJ? L'on. Orano

!:ta bene n ei Fasci di Combattimento nei quali egli potrebbe trovare la mass ima lat jtudi ne pei suoi atteggiamenti, non già in un partito, sia pure ri nno\'atore, ma sempre pa rt ito. Anche buona. parte dei combat· tenti fi nirà nel fasci.smo. Questo movime nto si è già del ineato in Sici lia. I combattenti c he non vog liono irreggimentarsi in un partito, ma vo-

gliono tuttavia agire in senso pç>litico, tro vano la loro sede naturale nei Fasci di Combattimento.

0fa erom;,mica. I Fasci di Combattimento non hanno ancora creato un movimento sindacale. Si sono stabiliti contatti con talune organizzazioni; a Trieste sono· sorte delle leghe di mèstiere aderenti ai F"asci, ma si tratta di in cominciamenti.. Non bisogna guardare all'avvenire con pessimismo. La situazione generale è favorevole a noi. Le masse operaie cominciano ad essere stanche del bagologismo m,y;simalista. I sintomi . di ciò non mancano. Il prestito -cosiddetto comun ista deve essere un mezzo disastro, se non si è ancora buttata fuori una cifra, dopo tre mesi dal Janciamcnto. Ma il totale della sottoscrizione pro Avant i! di Roma è particolarmente meschino. Diciottom ila lire, dopo un mese. Quale differenza dall'anno scorso! Aggiungete che l'!- sottoscrizione pro Umanità Nuova supera già quella d elrAvanti! e vi convincerete che, mentre una parte della massa - sfiducia ta - non si cura più di nulla, l'altra va verso l'anarchismo. Ma poiché l'ana rchismo non farà che vendere del fumo, esauritosi l'esperimento dd più rosso, .verrà l'ora ddl'organi:zzazione economica su direttive fasciste. Le qua li di rettive cosl sono delineate nel programma fondamentale dei Fasci:

« I Fasci manifestano !a loro simpatia ed il proposito di aiutare ogni iniziativa di quei gruppi di minoranza del proletariato che sanno armonizzare la difesa della d.1.sse ,oll'interesse della narione. E nei riguardi della tattica sinda· cale consigliano il proletariato di servirsi, senza predilezioni particolar~ e serua esclusivismi aprioristici, di tutte le forme di lotta e di conquista che assicurino lo sviluppo del!a collettività ed il benessere dei singoli produttori ».

Noi non sfamo a priori per la lotta di classe né per la cooperazione di classe. L'una e l'altra tattica d evono essere impiegate a seconda delle circostanze La cooperazione di classe s' impone quando si tratta di produrre ; la lotta di classe o di gruppi è inevitabile quando si tratta di dividere. Ma la lotta di classe non può spingersi fino ad assassina re la produzione.

Queste Je linee generali, che rinunciamo a sviluppare, lasciando tale fatica ai fascisti che ci leggono e ci comprendono. Quanto ai -postulati immediati, dopo aver precisato che:

« i. fascisti non sono e non possono essere contrari alle masse la.boriose, n~ alle loro giwte rivendicazioni, ma sono contrari alle infatuazioni che hanno ·preso certi gruppi operai e soprattutto alle speculazioni demagogiche che taluni partiti politici compiono s\lifa pelle degli operai », chiedono, fra l'altro :

1. una legislazione sociale aggiornata alle necessiti dei tempi nuovi;

2. una rapp resentanza dei !avocatori nel funzionamento dell'industria limitato nei riguardi del personale;

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 03

3. l'affidamento alle stesse organizzazioni p!oletarie (che n e siano degne moralmente e tecnicamente) della gestione di industrie Ò servizi pubblici;

4. la formazione dèi Consigli nazionali tecnici del lavoro, costituiti dai rapp resentanti dell'industria, dell'agricoltura, dei trasporti, del lavoro intellettuale, dell'igiene sociale, delle comunicazioni, ecc., eletti dalle collettività professionali di meStiere con poteri legislativi ;

5. _ la sistemazione tecnica e morale dei grandi servizi pubblici, sottratti alla tardigrada burocrazia di Stato che Ii manda in rovina.

Nelle linee progra.:Omatiche generali e nei conseguenti postulati im· mediati e finalistici, c'è l'essenza del sindacalismo nazionale, che dovrà diventare il sindacalismo della classe operaia italiana, 1:. su questo terreno· che i fascisti debbono agire.

Dal 12 settembre ad oggi l'azione fascista è stata assorbita quasi completame nte dalla questione frnmana. Dalle elezioni, che furono fatte su piattaforma fiumana e dalmatica, all'esodo dei bambini; dalla sottoscrizione nazionale a centinaia di manifc5tazioni e azioni diverse, l'attività dei Fasci è stata tutta, diuturnamente, dedicata alla causa adriatica. Quando, fra non molto, questo capitolo deJla nostra storia sarà chiuso con Ja consacrazione dei diritti delrltalia vittoriosà, i Fasci intraprenderanno un' azione in grande stile per la risoluzione di alcuni problem i di politica interna e di politica internazion1le. Intanto occorre st ringere le file! · MUSSOLINI

Da li Popolo d' It.1/ù,, N 200, 21 :agosto 1920, Vll,

ll4 OP.ERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
...

VARSAVIA E IL « PUS » TRIESTINO

C'è un giornale quotidiano, che si stampa a Trieste, che s'intitola il LavorttJore, organo della Fe derazione socialista della Venezia Giulia, e che è il più diffuso della regione, per via che fu il solo giornale tollerato dall'Austria durante la guerra. Questo foglio è ora diretto da Natalino Massimo Fovel, un campione del più sfrenato arrivismo scocciatore. Niente ha dato questo funambolo alla causa del socialismo: nemmeno un po' d'inchiostro. n entrato nel . socialismo semplicemente per far carriera politica. La sua impudenza giunse sino a proporre la riduzione da cinque a due anni del periodo necessario di tempo d'iscrizione al Partito per sali re a cariche pubbliche. Aveva fretta, Natalia.o! Il quale non è ancora deputato, nemmeno consigliere comunale, ma è già diret· tore del Lavora/ore, lautamente stipendiato. Va da sé, ch'egli, come tutt i i tesserati dell'ultima ora; è « massimalista di guerra».

Ci siamo molto divertiti a seguire il suo giornale in quest'ultima settimana. L'Avanti! è stato assai prudente. Ci sono in via San Damiano dei socialisti del vecchio stampo, che non si lasciano faci lmente trasportare dall'emballeme11I guerraiolo, sia pure rosso; e, salvo un articolo del povero Enrico Leone, che ha avuto lo stolr!,aco di rientrare in grembo a quella santa chiesa che lo fulminò tremendamente in altri ter1~pi, l'A vanti/ è stato çircospetto. Non così il lAv.araJore di Trieste. Seguiamolo giorno per giorno nella sua prodigiosa imbottitura di crani pro· letari. Domenica 15 agosto, il lAvoratore esce con un t itolo su sci colonne in prima pag ina, altisonante: La sconfitta della reazione europea Le trupp e roue entrano triotrfanti nelle prime vie di Varsavia. Le festose aaoglienze d ei lavoratori polacchi. La proclamazione dei <<_ Sovìèts » nella città. Le sentinelle avanzate de/l'lntna si affrettano a chiedere la pace.

Seguiva -un articolo di fondo in corsivo foveliano, che cominciava, tradizionalmente, cosl :

« Mt ntre noi scrivi amo; le truppe rosse entr~no in trionfo nelle prime vie di Varsavia. L'avvenimento assurge a tanta grandezza e importanza storic2. che il fatto militare, sebbene grandioso e sotto molti aspetti straordinario, ci lascia indifferenti, Sl, noi non celebriamo la caduta di Varsavia con quello spirito di revan<he e ostrogoto con cui durante l:i guerra capitalista furono celebrate la

presa di Bruxelles o di Belgudo. I.a nostra esultanza, il nostro g iubilo per la vittoria trionfale dei compagni russi combattenti nelle armate di Tugacewslci, non ha nulla di impuro, nulla di quelle basse spl!'Culazioni sentimentali che for ma· rono l'orrore d egli spiriti nobili per tanti anni di guerra predatrice.,,.

E dopo una piuttosto prolissa serie di divagazioni sullo stesso tipo lilico-sentimentale-dìtirambico, concludeva:

« Per questo celebriamo il memorand o a_vvenimento della caduta di Va rsavia, per qu estì sentimenti di civiltà, dì umanità e di progresso esultiamo oggi con p un. g ioia e gridiamo dal profondo del cuore : "Viva la Russia dei S ovièu!" ~-

L'annuncio della presa o p iuttosto della non-presa di Varsavia, dete rminò a Trieste uno sciopero gen erale di esultanza! Curioso! È evidente che l e maestranze slovene festeggiavano la vittoria russa, mentre gli estremi sti italiani celebravano la v ittoiia rossa

:e noto che il socialismo triestino è plctorizzato da tutti gli elementi austriacanti, che entrano nel Pru a scopo di fa1·e Ja fo rca all'Italia Soltanto che la vittoria russa o rossa, con relativa presa di Varsavia, era un bl11ff. All'indomani, il Lavoratore è costretto a versare una prima doccia fredda sugli entusiasmi guerrieri del ·suo pubblico. La ma,uhette è meno sensazionale. Dopo la presa delle prime vie di V aruwia. L'esercito rouo si appresta di passaggio della Vistola. I russi entreranno, fra poco, a V .wsavia. Carino, quel « fra poco » !

Nel numero di martedl 17, sono scomparsi i titoli e i titoloni vittoriosi, Si parla soltanto di « pretese vittorie polacche» e di un'« avanzata rossa su tutti i fronti» .... N el Lavoratore della Sera, la scalmana gueuaiola è molto attenua~a. li titolo, pur essendo tendenzioso. dice abbastanza: Prime voci di pac.e da parte del Governo pola('cO

Nel suo numero di mercoledì mattina, il quotidiano pussista di Trieste appare ammosciato. La R11S1ia vittoriosa e l eale offre alla Po·.

Ionia una pace d'onore, dice neJ titolo . E nel sottotitolo: F11riosi co mbc111ime11ti dinanzi a Varsavia La ritirata strategica del giornale procede a gradi. Segue una nota ingarbugliatissima di fonc:!o per spiega re che Varsavia è. stata presa dai.... bollettini radiotelegrafici di Mosca, ma non dall'esercito russo. La cosa è leggermente diversa. Udite con quanta disinvoltura Natalino salta i fossi :

<! Comunque i russi - dice Natalino Fovdlo - trattano da vincitori su di un Governo imperialista che credette stohame,nte di poter assalire e manomettere la repubblica dei S01Jièu. Oggi i So111èu sono a V:1rs11via, neJJa c.1pitale di questo Governo fuggiasco.

« I dettagli, gli sbandieramenti, i saturnali per la presa di Varsavia, c'interessano relativamente.

156 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLIN[

« A noi interessa ·che la Rep ubblica gloriosa deg li operai di Russia non sia stata e non sfa conculcata.; a noi reca grande gioia ch e la Repubblica dei Sovi~tJ, in mezzo a gigantesche difficolt¼ , co ntro tutti ì Governi re,uionari del globo ter• r acqueo, abbia saputo spenar e le artni n elle mani della re.nione e o.sgi trionfi Jei suoi e dei nost ri nemici,

« Viva (a Repubblica d ei Sovi (Js ! * ·

M a fimpu denza piram idale dei pussisti triestinj è dorn mentata p er semp re nel manifesto lanciato alle masse, nel quale, a un certo punto , è detto:

«Lal!Qt'a/orif

« Noi, oggi, non es ultiamo per la vittoria militare; noi esultiamo per la vittoria della rivoluziooe Cada oggi, cada domani Varsavia, o non cada, non importa; la reazione è cad uta, è vinta. Basta !

« E! caJ u ta, è vinta per voi, spe<'i3.1mente per voi, soldati rossi del nostro grande esttcito di tribolo e d i libertà; per voi, nostri fra telli maggior i.

« A voi, d unq ue, il nostro ~Iute, la nostra rico'noscenza ».

Buffissimo ! Cada o n on cada! Ma che famo lì gì.ochì? Si scrivono articoloni e articolesse p er esaltar e la caduta di Varsavia e p o i, quando si ap pren de che Varsavia non è caduta, si ha la faccia tosta d ' infischia r· sene? Ma q uesto, m.io . illustre Natalino Favello, è la fa\•ola esopiana della volpe e de ll'uva!

In data 19 agosto, il L.worat.ore dimostra di avere. smaltita la sbot· nia, N on annuncia più la caduta avvenuta o p rossima di V arsavia: si limita a comunica re, senza soverchio lusso di titolo e sottotitolo, che « i r ussi avania.no in direzione di Lodz ».

Il sottot itolo è un capolavor o d i ambiguità e d i cretineria : La con· Jro f fciuiva polacca è. 1111 gioco- d i borsa? G li avven imenti ulteriori h anno risposto a questo interrogativo . Crediamo che l'abNcch iamento del p ro· leta riato . t riestino deve esser pr ofondo! I r isvegli dopo le sbornie sono particola rmente penosi ! la bocca è amara. Le ossa sembrano spezzat e !

Questa docum entaz ione ha uno scopo. Quello di dfmostra re quale opera di imbottimento e di pervertimento compia, t ra q uelle masse della Venezia Giulia, il q uotidiano pussista di Trieste. Per fo rtuna a Trieste ci sono p.:11ecchie migliaia di fascisti, diconsi parecchie migliaia d i fascist i, organizzati , inquadrati, pronti ad Ofi ni azione di di fesa e di offesa, L'incend io del Baikan è il capolavo ro del fasc ismo triestino

DAL SECONDO CONGRESSO DEI F ASCI, ECC. 157
MU
Da li Popolo d' Italia, N, 20 1, 22 agosto 1920, VJI
SSOLINI

IL MANIFESTO

DEI FASCI ITALIANI DI COMBATTIMENTO PER LA CELEBRAZIONE DELLA MARCIA DI RONCHI

l ta/ia11i!

Un Governo imbe11e, una diplomazia impotente, un popolo d imen· tìco di Vittorio Veneto, un Parlamento esau rito, una perfida trama d ' jn. teressi plutocratici stranieri, insidianti . l'italiani ssima città del Quarnaro: tale nel settembre 1919 la situazione italiana ed internazionale alla vigilia della marcia d i Ronchi. Solo Gabriele d'Annunzio poteva rompere questo fosco incantesimo; solo l'Uomo che aveva preceduto le ondate d'assalto dei Fanti eroici sul Veliki e sul Timavo; osata b. Beffa di Buc~ari; recato il tricolore dell'ala ita liana su Vienna; solo Gabriele d 'Annunzio poteva tentare il g rande gesto di rivolta contro l'ignavia n azionale e le cospirazioni stra niere annidate a Versa.glia. Egli volle ed osò,

Con un pugno d'uomini, granatieri e arditi, votati come lui al risch io e aila morte, partl da Ronchi , n ella notte dell'll •settembre, sorprese i dormienti, travolse ·gli ostacoli, e piombò, prima ancora che l'alba si d elineasse agli orizzonti dell' Istria, sulla città, accolto da un ind icibile entusiasmo d.i popolo. Egli e i suoi l egiona ri giungevano ap· pena in t empo per salvare Fiume dalla gendarmeria inglese e dalle orde croate. Sem bra vaga leggenda lontana, ed è p alpitante sto ria di ieri!

Italiani!

I Fasci di Combattimento vi invitano a celebrare con austera dignità l'avvenimento destinato a r estare fra i più memorabili deJla nostra Storia,

D a un anno Gabriele d ' Allnunzio, i suoi legionari, il popolo di Fiume, malgrado il blocco, le diffa mazioni, le sofferenze di ogni genere, resi.Stono in faccia all'Italia e al mondo.

L' Italia ufficiale non osa annetters i la città o lo vorrebbe attrave rso indegne rinunce di'altre terre adriatiche. fiume ha lungamente atteso, lungament e sperato, troppo a lungo sofferto L'Ita lia ufficiale h a risposto alla passione di un popolo col forma lismo del protocollo diplomatico.

Ora, fjume sj rivendica in Stato indipendente. :E: un altro gesto di sacrificio che essa compie in nome dell'Italia e per agevolare l'Italia n ella conclusione della pace .adriatita.

llttliani!

Esigete dal Governo il riconoscimento dello Stato libero del Carnaro e l' applicazione integrale del patto di Londra!

Date la vostra fervida solidarietà a Gabriele d'Annunzio e ai suoi legionari! Essi hanno altamente bene meritato della Patria. Ricordate: più che una città hanno salvato un ideale; quello dei popoli liberi in un libero mondo!

Viva Fiume Itali~a !

Gloria a D'Annunzio e ai suoi Jcgionari ! JL COMITATO CENTRALE DE I FA S CI ITALIANI 01 COMBATTIMENTO

D;i. Il Popolo d'italid, N. 202, 24 agosto 192 0, VH (o, 20)

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 159
. x v.

A _QUANDO LA DECISIONE ?

Coloro che attendono dei << fatti » dal convegno di Lucerna sono rimasti amaramente delusi. Il comu nicato uffici;tle di ramato alla fine del convegno è un documento che sta fra l' expo sé e il sermone. Non c 'è traccia di decisioni. Nessuna concreta soluzione di determinati problem i concreti. Ci sono degli orientamenti o, se si vuole, delle premesse. Nie nt' altro Con questo non vog liamo togliere ogni importan za al conveg no di Lucerna, perché pensiamo che nel. comunicato si siano sottaciute molte altre cose inte ressa nti , attorno alle qu::ili deve essersi s volta h conve rsazione d ei due ministri.

Circa la. premessa sulla necessità sempre più urgente di dare la pace alla travagliatissima Europa, l'accordo è genera le. :8 importante che fra le condizion i necessa rie per addiven ire a questa pace, i due Premic-r abbiano messo in prima fila « l'osservanza dei vari trattati di pace » da parte dei vinti; con spirito di lealtà. Il che potrà giustificar~ uno spirito di moderazione da parte dei vincitori. Ci sono stati, dunque, dei vinti e dei vincitori e ciò è sig ill ato in un documento solenne che reca la fi rma di Giolitt i.

Q uesta prima parte del comunic.i.to è stat1 accolt1 ·con viva sodd isfazione in Francia, e non poteva essere altrimenti.

Secondo punto: rapport i colla Russia. Il documento affertna la necessità d i àddiveni rc all a pace a nche co lla Russia e prec i~am ente colla Russia governata dai cosiddetti S oPi h s In ciò l'opin ione p ubblica italiana è unanime, Ma, a nche qui, il comunicato ang lo-it1li ano viene a dar ragione alle diffidenze francesi e .illa l ineL diplomatica :1dottata daJ Governo francese nei confronti dei bolsc'evichi. n di gra nde interesse, non so lo per la Francia, ma per tutti, che nel documento Lloyd GeorgeGiolitti sia cosl altamente ed esplic itament e deplorata la mala fede e l'atteggiamento« s inistro» dei S0 vièts1 che« respinse il suggerimento del Governo inglese per un armistizio in condizioni che avrebbero garan· tito i l territorio russo contro qualsiasi aggressione e continuò l'i nvasione della Polonia etnografica allo scopo di conquistare questo paese con la for za d elle a rmi aJla istituzione de i S ovi JJs ».

Dopo di che è probabile che in F rancia non siano poch i a conclu-

dere: vedetè che aveva ragione Millerand? Siete o non siete ora persuasi che con quella gente è inutile trattare?

! un fatto che, nella sua assçnza, il « comunicato » di Lucerna segna un riavvic ìnamento notevole alla politica russa seguita dalla francia.

Più importanti, per noi, sono le dichiarazioni fatte ·da Giolitti a i giornalisti italiani. L'on , Giolitti ha dichiarato testm.lmente che - comincino o no gli jugoslavi - 1c trattative per il problema adriat ico si syolgeranno f ra g li interessati. Domandiamo in primo luogo: q ua ndo?

E su quali basi ? Solo i rinunciatari possono gongolare davanti a questa prospettiva; noi, no. O lo potremmo se ponessimo gli interessi della fazione al d isopra di quelli del paese. Perché si può essere ce rtissimi che le tratt.1.tive dirette condurranno ad un altro disastroso lamentevole ins uccesso. Con un Trumbié che a Pallanza - primo quadro della pelli cola! - vi comincia col rivendicare i diritti della Jugoslavil su San Pietro al Natìsone, Gorìzia, Trieste, che cosa ·è possibile combina re? Niente, e lo si vedrà. Noi crediamo che dopo i p~cccdenti di due ann i, e in vista della riSoluzione fiurr1.1na del problema di Fi11me, l'Italia più che trattare debba agire: applicare cioè il patto di Londra, che ci garantisce in Dalmazia e soprattutto al Nevoso. Purtroppo c'è ancora qualche anima ingenua che crede di poter conciliare il diavolo croato coll'acqua troppo santa degli italiani. Si ricominci pure a chiacchierare nelle sale di un albergo qualsiasi, ma il risultato sarà immancabilmente nullo. Ci sarà un'u m iliJZionc in p iù da aggiungere alle infinite a ltre subìte dall'Italia, che vanno dai ridicolissimi 11/timatum del febb r.1io scorso allo sgombro di Valo~a !

Attenzione! Il ministero Giolitti, malgrado taluni uominì che lo com· pongono, delinea, in materia di politica adriat ica, un:1 politica più cagoiesca di quella del suo predecessore. Per fo rtuna, l'ultima parola sul Nevoso e in Dalmazia la dirà, deve dirla, G:1b rielc d'Annunzio! Se l'Italia ufficiale - vigliaccamente - non avrà il coraggio di po rtare i suoi giusti, sacri confini al Nevoso., ci penseranno i legionari di Fiume.

E. Fiume che impedirà, armata mano, le miserabili rinunce delb diplo~ mazia di Roma.

Da li Popolo d' l 1alit1, N. 202, 24 agosto 1920, VII (o, 20) ·

DAL SECONDO CONGRESSO
16l
DEI FASCI, ECC.
MUSSOLINI

DOPO . IL DISA STRO BOLSCEVICO

ANCORA IL « PUS » TRIESTINO

Decisamente, il lavoratore, organo quotidiano del sempre imperialregio p ussismo triestino, ha perduto la testa, dato che l'abbia mai avuta . Nelle sue oscill azion i guerrafondaie se i russi vi ncono e paci· fondale quando perdono, non c'è p iù stile. Sono i barcollamenti grotteschi di un ubriaco fradi cio. Nel n ume ro di m:irtedl 24, c' è un articolo di fondo di quel povero Enrico Leone, nel quale si sostiene questa strabiliantiss ima tesi: che la ritirata dei russi da Varsavia è stata sponta nea, volontaria; ch e detta rit irata è un f enomeno t ipico d i una guerra condotta con criteri .... proletar.i; che, insomma , i russ i non sono caduti ... ; volevano semplicemente scendere. Enrico Leone, nella sua presa ìn giro del pubblico, va sino a dire che la disfatta dei russi è per foro un ti· tolo di « nuova storia».

G loriosi, sempre, i bolscevich i.

G loriosi quando vincevano, e allora si è visto a quali altezze irnbott itrid sa g iung ere il lirismo guerrafondaio del giornale che ispira la prosa Jeoniana; gloriosi quando perdono. Sempre g loriosi.

Coll'aria di un uomo che scrive sul serio - mentre nell ' intimo ci sghignazza - Leone ha il coraggio di stampa re queste parole:

« Ma il nostro cuore - scrive . I.rone - di d evoti amici della pace fra g li uomini come coronamento d i tanti secoli di lotte immani, ci suggerisce il più vivo compiacimento di fronte a questo sesto dei soldati della comune libertà del mondo».

Ma Trofzk y non è dello stesso avviso di Leone, perché in un pro· dama, che incomincia lo stesso articolo di Leone, afferma che « occorre schiacciare i signorotti polacchi. ... >>.

Enrico Leone - grave lo stomaco d i tagliatelle alla bologo·ese e tor. pido il cervello di vapori etilici -non avverte la contraddizione pietosa in cui si è cacciato e conclude l'articolo con questo fin ale, che può figurare fra i colm i del grottesco:

« Di fronte allo spirito della rivoluzione russa - sentenzia Leonel' "avere evitat o un' ecatombe" che il riconoscimento giuridico <lell'Jng hilterra,

dell'Italia, della Germania, rendeva oramai per larga parte un pleonasmo, è vera gloria. La sola gloria che i prole1ari di Russia affrancati, messisi a capo di una forma pacifica di vita socia le, sapranno apprezzare! E chiss¼ che un giorno, com e si è eretto il monum ento all'operaio metallurgico dinanz.i al D11<Wez T11,1dà, non se ne eriga un a ltro a l Comitato rivoluzionario, che, sotto V arsavia, h a fa tto tacere il cannone, con l'epigrafe solen ne : "Vinse rinunziando a vincere - fece sentire la potenza della spada - riaguain:indola" ».

Scherza o d ice su l serio? Secondo Leone, i russi hanno perduto p e[. ché hanno voluto concedere a se stessi il capriccio masoch istico di una disfatta in piena regola. Sempre paradossali quei russi che pot rebbero sfravinccrc e preferiscono «regalare» graziosamente centinaia. d i cannoni, mig liaia di mitragliatrici e decine di migliaia di pr igion ieri al nemico!

Sol:lmente c'è da osservare che questa interpretazione tolstoianamente trascendental e della grand iosa disfatta bolscevica, è in contradd izione con quello che sta mpa , su un bel titolo di tre colonne, il ùt11ora/ore ; secondo i,l quale << l'esercito rosso prepara la rivi ncita». Poi c'è - anch e - u n comunicato bolscevico in data 23 corrente, che dice:

« Viol enti comb:m i mmti si svolgono nella r egione di Brest-Litovsk contro il nemico che ha preso l'offensiva. Violenti combattimmti si svolgono anche nella r eg ione di Wlad imir Wolynski. Nella regione di Giolecho wa i combattimenti continuano».

Non è dunque il bolscevismo che ha ringuaillato spont aneamente la «spada», come \'uol dare a bere l'illustre Leonc; sono i polacchi che g liel 'hanno fatta ringu:i.ina rc. Tant'è vero che i russi combatto no ancora e non sembrano rassegnati alla disfatta. E i proclami altisonanti di Trot2ky quando s i tratt ava di cntnre a Varsavia ? Adesso che l'uva p olacca è acerba, l'orso russo - per bocca di un Leone senza Hinicrap roclama « non volevo! )>. ·

"8 la fa rsa accanto alla tragedia!

Da l i Po polo d'lralia, N . 204, 26 agosto t.920, VII.

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 1 6 3
M

IN MARGINE ALL'OSTRUZION ISMO DEI METALLURGICI

LA LETTERA DEL SENATORE SALMOIRAGHJ

.La lettera ~be il senato re Sa lmoiraghi ha pubblicato stille colonne del Sol.e è un documento di p rimissimo ord ine, anche se non avrà conseguenze dirette circa la soluzione o meno dell'attuale conflitto. li nostro giudizio deriva dalla consta tazione del tentativo fatto dal senatore Salmoiragh i di spezzare il m agico e fragile circolo vizioso iD. cui si dibatte l'economia specialmente ind ustriale della nazione.

Si fa uno sciopero per avere un aumento d i sala ri; ma q uesto nuovo aumento è annullato dal conseguenziale e inevitabile. nuovo aumento del caro-viveri, p er cui è necessario t ornare allo sciopero e cosi via all'infinito.... I.a lettera del Salmoiràghi si può dividere in tre parti. La prima è una melanconica constatazion e delle condizioni in cui versano le nostre industrie : se s~ va avanti ancora qualche mese, con questo galoppo distruttore, bisognerà demoli re l e officine e vendere i macchinari a peso di ferro vecchio, mentre gli operai dovranno recarsi aH'estero a farsi sfruttare più esosamente. Il quadro abbozzato dal senatore Salmoiraghi non è esagerato Ma più interessante è fa seconda parte, n ella q uale il senat~re _ Salmoi raghi espone alcune idee, d1e, pur non essendo originalissime, sono rimarchevoli., ·anche per il fatto che sono enunciate da un uomo che non go deva fama .. .. di liberalismo in materia di confli tti fra capitale e lavoro.

« Innanzi t utto deve entrare negli ind ustriali - dice Salmoiraghi" - la persuasione che non è più il tempo di fare dell'i ndustria di propria e vera speculazione i ndividualista, ma che, piuttosto, l'industria è da considerare come· una vera funzioo~ sociale, e quindi d eve b.tttere _ una via diversa da quella fin q ui batt uta.

« Tutto i! persona le addetto ad un'industria non p uù più essere considerato come estraneo au·industria, come collaboratore, diciamo, di ventura, ma come collaboratore- deve essere considerato· assai più attaccato al buon risultato dell'impresa, n on soltanto col forfaù della mercede (cottimo compreso) o dello stipendio, che sono già un riconoscimento· della prest aziorie materiale, ma anche come un ver o intcre~sato all'esito final e detrimpresa od esercizio indusuiale o commerciale. D 'a ltra parte sarebbe creare addirittura un ambiente insopporta bi le d i difficoltà aJrindustri a se si pretendesse di far partecipare "il personale alla direzione, sia t ecnica che amminiHrativa, delle aziende».

Queste idee ha nno occasionato vasti dibattiti in Inghilterra e in Francia. Anche noi crediamo, e possiamo aggiungere di essere in anticipo sul senatore Salmoiraghi, che certi luoghi comuni non abbiano più luogo di essere. L'industriale non deve considerarsi come . il padrone di un'azienda che lavora a suo profitto, ma come un capitano che conduce una battaglia: quel la del lavoro.

Ammesso q uesto « spostamento » di funzione e di valori, ne consegue che i soldati di qu esto capitano non possono essere più considerati come materia bruta e passiva, ma come collaboratori della guerra e della vittoria. Continuando nella similitudine guerriera - che è oggi d i moda ! si può aggiungere che è perfettamente logico che i soldat i opera i non abbiano diritto di partecipazione a queJla che s i potrebbe ·chiamare l'alta di rezior.e «st rategica» dell'azienda, mentre hanno diritto invece a una parte· del 'bottino, Ja éui m aggio re o minore.quantità dipende rà anche dallo zelo produttivo degli operai stess i.

Dopo queste premesse, il senatore Salmoiraghi cosl e nun.cia la sua proposta:

« Istituire una Commissione mista, che fosse una vera n uova a utorità sindaci.le, munita d i t utti i poteri necessari per sviluppare la sua azione nel modo ~Jiù equo e con la salvaguardia di tutti gli interessi in conflitto, che controllasse l'amministrazione deUe vat·ie unità industriali, c05l da intervenire, con norme ;:irtstabil ite, alla partizione degli utili fra capitale e collaboratori che CO!}COrsero al conseguimento dell'utile stesso, iinpiegati ed operai. ·

« L'importa nte è 'di studiare un regolamento in· guisa che non sia tolto lo stimolo ad impil'gare denari nell' industria cd ai g iovani di partttiparvi p rcpa· ra ndosi a co ndu rla con inteHetto ed amore.

« Questo io volli dire a ll'assemblea e, naturalmente, vi insiste i, perché dall a sola esposizione si potesse intuire un:i prova che non si nasconde né si vuol nascondere nulla delle vere condizioni industriali.

« Io lascio a tutti di pensare l'effetto che fa rebbe nel pubblico italiano il sapere che gli iodustriali sono disposti a studiare, d·aCcordo con le o rganizza· :Uonl sindacali, la mi~ proposta».

Quantunque l'A11t1nlil affetti di trovare« ingenua» ed <e accademica » 1a proposta Sa lmoiraghi, basta ragionarci un po' sopra per comincersi .che essa rappresenta un fatto nuovo di grandissima im portanza. La proposta Salmoiraghi significa questo: controllo d egl i opèrai ( perché i: chiaro ch e essi sarebbero pariteticamente rappresentati nella Com'missiÒne mista arbitr,1le) sulla gestione delle industrie e compartecipùione agli utili da parte degli operai ed impiegati.

La proposta, in tesi di massima, ci piace; desidereremmo però che il se nato re· Salmoirag hi la precisasse di più. In ogn i caso, l'on. Laj:,riola deve tenerne conto.

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 1 65

la vorticosa simulta neità deg li avven imenti non c i ha permesso d i illustrare le fasi ultime della vertenza, precede nti l'applicazione dell'ost ro• zionismo. Lo facciamo ora, sempre in ·tempo, sebbene in ritardo. La tesi degli operai ci è apparsa confortata da deboli argomenti; ma ancora più deboli, malgrado la ·copia dei dati, ci sono apparse le argomenta• zioni in sostegno della tesi pregiud izialmente negativa degl i industriali.

. L'avv. Rotigliano ha tracciato un quadro troppo «disfattista,> deJJa ·situazione. Ci sarebbe, _q uasi quasi, da r ingraziare i delega ti operai, i quali , coi loro memoriali, h anno tolto una pericolosa e stolida illusione a l pubblico italiano: q uella di possedere ur?,'industria del metallo. Senza la presentazione dei quattro memoriali, il buon pubblico italiano av rebbe continuato a i lludersi su ll'esistenza di un 'industria nazionale. mentre niente esiste L'avv Rotigliano h a steso l'atto di decesso dell' indu· stria del metallo. Non c'è che da chiudere bottega! Che i l prez.zo delle materie prime e, particolarmente, del carbone - perché, g raz ie a D io, un po' di ferro ce lo abbiamo in Italia e, sembra, a sentire l'ingegnere Belluno, in quantità quattro volte superiore a q1:1ella dell'ante-guerra !sia esor bitante, non neghiamo. Ma "di ciò gli operai hanno relativa· men te pochissima responsabi lità, Se la nostra diplomazia si è dimenticata di trattare anche la questione del carbone, non si può onest amente attri buirne la colpa alle maestranze industri ali! D'altra pal'te, uno sf ruttamento raziona le e immediato del bacino di Eraclea potrebbe migliorare in un avvenire prossimo la nostra attualmente d isgraziatissima si· t uazione ca rbonifera. Ma quando l'avv. Rotigliano c:i erge i peiicoli della concorrenza straniera, specialmente d i quella tedesca, noi non Eli crediamo. La verità è che l'industria ted esca sta male e forse p eggio dell'industria ita liana, Il ministro de lle Finan:Ze, Wirth, h a t racciato, recentemente, un quadro catastrofico dell' industria tedesca, Abbiamo pto· p r io ieri, da Innsbruck, a cura d el giornale A lp ensand, ricevuto un do· cumento significativo, emanato dal R eichJt1erba11d der De11tuhen Jnd11J!rie. Molte ditte estere, che hanno fa tto ordinazioni a ditte tedesche, si sono lag nate per il fatto che le ditte t edesche non sempre hanno potuto mant enere gli impegn i, s ia p er ciò che riguarda i p rezzi, sia per ciò ch e rig uard1 la puntualità nelle consegne. Dopò aver premesso che le ditte devono adempiere i c:ontratti in corso, anche perdendoci, il co-· municato continua testualmente così:

« Die i11 Deutuhland ùt den l e1u11, beiden /tthren her,uhenden ZrmJnde, imbe1011dcre di, Erhoh1mg d,r LJihne, dit H erabse1z1mg der A rbeitzcil 1111d der R iitkgang dl!f" A rbeitJleimmg, Jowie die, infolge d u S1iiru1 d er de,mrhen Vt1l111a

166 OPERA OMNfA DI BENITO MUSSOLINI
"l

ungeuer/ich geJ1ieg ene1/ Roh11offpreiI· haben aber zahlreiche d eu1uhen Firmen in eine uhwie,ige I...age çebracht Wi1rden die die von ihnen eingengangen V erpfli.hl ungen zum allen PreiJ erfiillm, 10 wiire dieJ glefrhbedeurend mii ihrem Z11Jtzmmenbr11rh » ,

Non è per l'avv. Rotigliano, che conosce certamente il tedesco, che traduciamo i l brano surrife rito, ma per il grosso pubbl ico:

« le condizioni domina nt i in Germania negli ultimi due anni e .specialment e l'aumento dei .salari, la r iduzione d elle ore di lavoro e la diminuita produttività degli operai , come pure l' enorme costo delle ma ter ie prime, dovuto al precipitare d el marco, hanno determinato una situazione diffici le per moire ditte tedesche. Se esse dovessero eseguire i contratti in corso coi vecchi prezzi, ciò equivarrebbe al loro fa llimenlo ».

Potremmo, dd ab,mdantiam, tradurre altre pubblicaz ioni recenti c~mparse nella Frank f11rt er .Zeitung e nel supplemento commerciale della V,0uùche Zeit11ng, ma non ~rediamo necessario, pe r il momento, di zuppificare ·il nostro pubblico.

Come vede J'avv. Rotig liano , tutta l' Europa è.... paese; e se la povera Messenc italiana piange, la tedesca Sparta non ride!..

L'altra catastrofica affermazione dell'avv. Rotigliano, che l'industria del metalJo italiana non ha più sbocchi, ha lo stesso valore della precedente sul pericolo della concorrenza tedesca. N el notiziario della Federazione italiana d elle societi per azioni (mese di lug lio) erano elencati svariat i paesi ( da ll' Eritrea alla Polonia, dall'Egitto alla Siria), dove - ·diceva il bollettino - macchine agricole, automobil i, locomotive, vagon i, aeroplan i italiani sono ricercatissimi. Ecco un'altra notizia confortante, che togliamo da ll'Epoca di ieri.

A ITALIANA IN CINA

« M arsiglia., 29. -Co l corriere deHa Cina g iunge no tizia che u n contratto i!! stato fumato il t <> g iugno per fa costruzione d'una linea ferro viaria nello Tchill, da Tuan-chow a Shihchia-chou-ang, per un ire la linea T ientoin-Pukow a q uella di Pechino-Hankau e del Shonsi.

1< Q uesto contratto è stato firmato fra la Compagnia ferrov iaria di Tsanchow e dei capitalisti italiani, rappresentati da l ben conosciuto ingegnere signor E. M V illa. I pia ni della linea sono stabiliti, come pure la stima del traffico, ma. i particolari dovranno essere controllati. Il contratto provvisorio fissa. il capitale a d ieci mil ioni di piastre. Secondo i piani attuali, la lunghezza della linea sarà di ci rca duecentonovanta chilometri e s i crede che la costruzione potrà 'essere- terminata in tre anni » .

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 167
« UNA FERROVI

La situazione dell'industria del metallo italiana, nei mercat i interna; zionali, non è cosl disperata come l'avv. Rotigliano ha volu~·o dipingerla.

D'altra parte, le dichiarazioni degli industriali non ci sono apparse tali da fugare, nella loro ev idenza meridiana, ogni dubbio. A un certo punto, il còmandante Jarach ha detto che « ogni azienda ha una specie <li Jancta Ia'!,ctorum gelosissimo, nella quale il naso dei profani non deve .ficcarsi mai». 'P. vero, ma allora la vostra esposizione non è completa. Si può - con una certa legittimità - sospettare che quello che non potete o non volete spiattellare al pubblico, sia precisamente ciò che ::il pubblico interesserebbe particoJarmente di sapere, per spiegarsi certe sit uazioni e certe pregiudiziali. * 1) *

Siamo, con stamani, al sesto g iorno di ostruzionismo. Ostruzionismo?

Q uesto è un eufemismo. In realtà si tratta di uno sciopero più o meno integrale, che, invece di svolgersi fuori de lle fabbriche , si svolge dentro. La sorpresa degli industriali è abb:istan~a curiosa. Ci voleva poco a capire che il cosiddetto ostruzionismo avrebbe voluto dire sciopero coll'aggra\'ante del sabotaggio. Gli operai ci rimettono in salari, ma g li industriali ci rimettono in mancata produzione e deterioramento dei mac<1'inari. Poco importa sapere chi èi rimette di più fra i due contenden ti. Chi ci rimette di più è il paese.

t in nome del paese e dei suoi interessi genera li che l'on. Labriola d eve interveni re senza i~dugio, poiché ogni giorno che passa aggrava la siiuazion~ dal punto di vista economico e polit'ico. Gli industriali devono entra.re nell'ordine di idee di concedere là dove . le industrie lo permettono; concedere, ma coll'assicurazione che la disciplina. nel lavoro e durante il lavoro sarà rigorosamente ristabilita e rispettata. Alla loro volta gli operai devono accettare quel poco che, nell'attuale momènto, ta~une industrie possono concedere; e non pretendere, per talune altre industrie, di cavar sangue da un sasso. Soprattutto gli operai devono impegnarsi - se riamente - per ciò che riguarda la disciplina del lavoro. Né gli operai devono rifiutare a priori di discute re la proposta Salmoiraghi. E in quest'orbita che fon . Labriola deve muove rsi ed agire.

168 OPERA OMNIA DI
BENITO MUSSOLINI

Il nostro atteggiamento p iuttosto benevolo per le masse delle ffiaestranze del metallo non deve sorprendere. N oi restiamo dei « p rod uttivisti », che si preoccupano soprattutto della produzione e del suo sviluppo; salvo, nei casj con5=reti, a dare ragione a chi l'ha. Finché l'agitazione dei meta~lurgici non esorbiterà dai suoi limit i strettamente economici e non degene rerà in violenze contro gli uomini o contro le macchine, noi la . seguiremo con simpatica attenzione. Il « caso per caso» è essen zialmente fascista.

MUSSOLINI

Da li Popolo d' !Jalia, N. 204, 26 a,goslo 1920, VII .

DAL S ECONDO CONGRESSO DE J FASCI, ECC. 169

MONITI Al POLACCHI

D a varie parti giungono alla P olonia vittoriosa consigli di moder azione. Gli Stati Uniti invitano la Polonia a n on far oltrepassare a lle sue t nippe i confini etnografici dello Stato; a nche d a Parigi partono sol~ Jecitazioni perché la Polonia cerch i di concludere una pace dignitosa. Pace con chi? Evidentemente colla Russ ia dei Sovièts. C'è in queste soll ecitazioni una specie di indiretto riconoscimento di quello « stato di fatto» che è rappresentato da l Governo <lei Sovièt.r.

I rapporti fra l'Intesa e la Russia sOno curiosissimi e paradossa li G li Stati possono essere fra di loro in stato di pace, in stato di guerra, in stato di neutralità. L'lntesa - comprendente la Francia, l'Jta.Jia, l'Ing hilte rra e gli Stati U n iti - è in stato di g uerra con 1a Russia? A ragìone di logica, bisog na rispon dere affermativamente. Avendo la Fran_ eia, non solo materialmente, aiutato la Polonia, ma riconosciuto diplomaticamente il Governo di Wrangel , che_ è in guerra coi bolscevichi, la Francia si trova in stato di guerra con la Russia. E insiem e colla Francia, anche le altre nazioni che sono a lleate della Fran cia .

Fin qui, a lume di log ìca. Ma i fatti sono ·i11ogici. O g nuna delle nazioni de ll'Intesa sì trova in di ver sa posizione nei confronti della Russ ia . La Francia in stato d i guerra; l'Inghilterra non riconosce la Russia politica, ma tratta con quella commerciale ( btui ncu i1 bminess) e sì trova quindi in stato di neutr alità pol it ica e d i pace commerciale; fina lmente, l'Italia è in stato d i pace colla R ussia, perché, a m ezzo del conte Sforza, ha annunciato la ripresa regolare de i rapporti diplomatic i fra Regno d 'Italia e Repubblica de i S ovièts.

Non si potrebbe unificare o tenta re d i unificare questa politica dalle cosl diverse e· antitetiche man ifestazioni?

Se la Polonia riconosce i SoviètI e tratta la pace con loro, e, dopo la p ace, ristabilirà rapporti diplomatici regolari, perché l'Intesa - come Intesa - non può fare altrettanto?

D elle due l'una : o si scende in campo, apertamente, contro il bolscevismo, e l'Intesa dichiara la gue rra alla Repubblica de i Consig li, semplicemente perché Repubblica dei Cons ig li; o si viene alla p ace genera le. E t em po di abbandonare le ambigue posizioni intermedie.

P oiché il primo corno del dil emma è manifestamente assurdo per infi-

··~

niti motivi, non resta che il secondo: que llo della pace, D elle due vie da sceglie re, è aperta.mente la prima que lla che può alJungare la vita al Gove rno dei So vièts e mantenere in stato d'irrequietudine l e masse operaie; mentre la seconda - quell a d ella pace lealmente t ra ttata e conclusa - può sig nificare la rapida trasformazione d i quel regime, già, del resto, profondamente trasformato, e anche al suo tramonto .

Quanto all'occidente, appare chiaro da molti si ntomi che il periodo acuto dell' infezione bolscevica è sorpassato Un sollecito ristabilimento di cond izioni normali nella vita europea può determinare la guarig ione completa.

MUSSOLI NI

Da Il Popolo d'Itali,z, N . 205, 27 agosto 1920, VJI.

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 171

FIUME E IL « PUS »

Qu:ilcuno - ci sono se mpre degli ingenui al mondo! - ~'illudeva che coll'imminente proclama zione d ell'indipendenza ,,di Fiume l'atteggiamento <l i ostilità del Pm italia no si sarebbe attenuato. Niente di ciò. La sch ifosa ci.mpag na -contro Fiume, D'Annunzio, i legionari continua ; anzi si è intensificata in questi ult imi giorni.

Il d isonorevole Ribaldi - prete spretato, guerraiolo libi co, massimalista da bazar e pescecane sfron tato, bollato a fuoco su ques~e co; !onne - ricom incia a vomitare le sue sconce sacristi nerie.

D ocume ntiamo, p er tutto ciò che pot rà accadere in seguito, a titolo di leg ittima rappresagl ia.

Ncll' Ava11ti! di mercoledì 26, prima pagina, sesta colonna; titolo La tragica f arsa fiumrtna, viene rifritta per l'ennesima. volta la stor ia del conflitto alla Perla del Quarnaro, contornata da p articolari che fa rebbero raccapricciare se non facessero r idere.

« I "feriti - narra l'anoni mo corrisponllen te - furono trasportati a ll' ospeda le e gli altri maltrattati barbaram!'nte dagli ag uzzini d i sua m.1!'sH D"An nunzio. I <lisg_raziati sono rimasti chius i in q uelle ~ hifose cell!', tra sporcizi:1 e insetti indescrivibili, m:1ltr:11t:1ti e to rtu ra ti fr:i busse !' fam e, ~r ben otto mesi :o,,

Fandonie! Basta dire che l'altro g io rno i detenuti h anno fatto u na spontanea "manifesta zione d i simp atia a D'A nnunzio, che sarebbe il.. torturatore e l'affamatore!

« Sotto i r egimi austriaci - continua il corrispondente de ll'A vanti ' - mag iari e croot i, erano rose e fiori; quelli erano regimi d i libertà e d i paradiso di fronte al sistema, a ll" org:1.nizzazione di perfido e vile spionaggio promossa da q ut'Sto ciarl.11:ino d el patriottismo. l e spie circood.:rno lutto e tutti Non c" è loca le p ubblico, società privata, non c'è piazz3 d el merc:1.to che no n sia pi ena d i spie, che sono poi gl i arditi ed i g iovinast ri na~ionalisti dipendenti dall'ufficio di polizia pol itica, istituito e organizzato dal D ' Annunzio e dall'avventuriero Dc Ambris. Poteu per conseguenz:l immag inare le vend ette, le enormi infamie che siffatta genia commette in questa disgr:izi:i.ta città, rovin3ta dall'avventuriero e dalla viltà d d G overno italiano. l e disgraziate vitt ime del dom inatore lang uo no n ell e p rig ioni sch ifose pe r settim,rne e scttimane, senza l"Sscre inter rog ate, e felice colu i che non vi ene .~ottopos to :i ll :r. t ortura ed a i maltr:r.tta mcn ti, g iaccM dovete sap ere che ivi sono in uso le c:mJe le accese sotto la pianta <lei pied i, le busse co n i sacchetti di sabbia perc hé non _ lascino lividure e per.~ino le b,1io n~tte ».

Come sono tenaci i pussisti n ella menzog na! Queste bubbole sono state confutate le mille volte; ma ciò non impedisce a questi nemici della ver ità di rivogarle ancora al loro idioti ssimo e vilissimo g regge.

11 La voratore di Trieste, redatto da quel camaleonte di Natalino fa. ve! ( è stato anche.... democratico murriano !! !), batte lo stesso tasto diffamatorio. Inutilmente Gabriele d 'Annunzio sta preparando lo schema di un a costituzione ultraliberale (troppo , secondo noi, perché non si g~ttano pe rle ai porci.... am.triacanti). Il puss ismo triestino no n d isarma.

(( L'indipendenza con D'Annunzio a l potere - si stampa a Trieste ---: è commedia, è r3ggiro, se non è t radimento degli interessi operai.

(( I compagn i di Fiume sanno dunque che può esset e l'indipendenza dd sig nor D'Annu nzio. Essi s?-nno, cioè, che non possono avere fiducia di - ciò che viene d:i q uel Coma ndo, - neppure qu:tndo sembra fatto a fa vore della popolazione. I socia listi di Fiume sanno che i problemi politici, economici e nazi ona li non possono trovar e vera, r eale soluzione nel regime capitalistico. Solunto il comunismo può risolvere tutti i problemi politici, economici e nazionali. Questi sono problemi di giustizia: non se ne può dunque attendere la so luzione in un regime d'ingius tizia.

« Mentre il Comando di D'Annunzio proclama la men tita ind ipendenza· d i Fiume, i socia listi di Fiume intensificano la loro azione per il trionfo d el CO· munismo» .

Nell 'A vanti! di ieri ; ·27 agosto, ben cinque co lonne sono ded icate alla di ffamazione della causa di Fiume e dei suoi legio na ri . Simultanea-. mente il LavoMtore.. .. rìatt:icca, con una serie funicolante di te rribili p unti interrogativ i.

«Che novlH, signo ri? Qual e è la partita che giuochiamo ? E a spa lle d i chi? Chi sarà il t urlupinato ? L' ingenuo legionario abituato ad obbedire sempre il Comandante? L'openio d i Fiume imbavagliato e persegu itato da T is:za come da D 'A nnunzio? L' lt:i lia tu tt:i? Non potrebbero i deputati soci:ilisti d oma ndare, con un:i se mp lice interrogazione, che c'è mai sotto l'indipendenza de l signor D e Ambris ? Non si potrebbe a nche sapere dal signor O c Ambris che s i pensa di fare dopo la proclam:izione del l' indipendenza ? Poich.é la proclam;i zione.dell' indipend enza p otrebbe essere soltanto una pltol:i. bugiardl e traditrice. Indipenden zavuol dire libertà, autònomia, smobilitazione, disa r-mo: libert.ì anche dì avere un Governo d i la\'ot3lori, anziché un Governo militare All'atto della proclamazione ddl'indipend cn:z:t, i l Cons igl io n;1zion:1 lc sarà sciolto? I legion3. ri t itorner:inno alle loro case ? D'Annunzio lascerà veramente liber1 la città? D e Ambris r itornerà. a Parma o in America? O lutto rim:irrà come finor3.? D'Annunz.io, De Ambris, i legionari, g li o rdini perentori e le ben architettate violenze ?... ».

Sin qui i g iorn ali maggiori. I settima na li puss is ti sono ancora più indeçenti. Ecco un cimpione fra i ta nti.

« N oi potremmo scrivere - st amp:i la Difesa Fio ren1ind - parafrasando G iosue Card ucci, che il nome di Gabriele d'Annunzio raffigura e risuona quan to di

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI , ECC. 173

più vano, di più falso, di più istrionico e di più buffo si agita nei fondacd de lla grafomania italiana; che rappresenta quanto in letteratura si denuda piU viu:unente sfacciato, più bolsamente ciarlatano; che raccoglie tutte le infermità, le viltà, le bugie di un regime sociale condannato a rapida e sicura dissoluzione»

A lato di questa ignobile diffamazione si nota un sordo armeggio degli elemen ti anti-nazionali del P111 fiumano. Ci giunge La Vedetta d'/Ja/ia con interessànti notizie, Sembra che i pussisti fiwnani nutrano la speranziella di fare dello Stato Libero del Carnaro una specie di repubblica sovictista in edizione tascabile. Ma gli italiani stanno vigilant i.

I.A V ede/Id d ' Italia del 25 agosto reca in cronaca notizie di una riunione tenutasi alla GWvam Italia1 in seguito al turbamento e all'agitazione suscitata dai socialisti ufficiali a Fiume,

« L'uscita di un giornale d'intonazione socialista-bolscevica - dice il cronista della V edetta - ha invece sollevato indignazione e proteste fra i cittadini, ed è perciò che j volontari della pr ima ora, la pa rte più sanamente ita liana di Fiume, quella che fu la più costante e fa più disciplinata nel sacrificio e nella difesa del diritto italiano de lla città, si raccolse ieri sera nella se<le <le!la Gio111Sn e /Jalia e invitò il suo capo amato d ei giorni della preparazi one - ·il capitano Host-Ve nturi - ad assistere all'adunama e a rassicurarla che le preoccupazioni, che imprudentemente troppo zelanti sband ie ratori di libertà avevano "desta to in loro, erano infond ate.

"Le sed i riunite, i qu.i.rantotto e quanti capeggiarono i delusi austro-magiari e le o rde dei croati a ins1.2ltare all'Italia e al suo esercito, che imcenarono scioperi politici e campagne giornalistiche contro il Comandante e la resistenza di Fiume, non possono ora, improvvisamente, solo perché Fiume è a lla svolta dì un nuovo atto di vita, acquistarsi diritto di cittad inanza, per inquinare l'opera bdla e renderla sospetta n ei fini, che sono, come tutti gli altri fiumani di q uesti lung hi mesi, d'italianità. ,

« Queste considerirzioni manifestarono i cittad ini che si sono raccolti ieri e che d alla parola del capitano Host-V enturi ebbero tranquillità e rassicurazione» .

Da questa sommaria, ma irrefuta bile documentazione, tre fatti emergono e vanno fissati:

1 . che il Pru italiano continua la sua indegn a opera di calunnia e di m istifkazion e ai danni della causa fiumana;

2. che il PNJ fiumano tenta di sabotare l'esperimet)to di D'Annunzio;

3. che fra noi, fascisti, e i pussisti di tutte le specie, con relativi alleati borghesi e proletari, non c i può essère tregua. Chi pensa diversame nte, tanto a Fiume come altrove, o inganna o s'inganna.

MUSSOLINI

Da li Popolo d 1 I1alia , N. 206, 28 agosto 1920, VJI

174 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
I

MAC SWINEY AGONIZZA ...

VIVA LA REPUBBLICA IRLANDESE !

Mac Swiney. Ecco il nome che corre sui giornali e sulle labbra di -milioni d i uomini. b il sindaco di Cork, in Irlanda, detenuto nella prigione di Brixton a Londra e da quindici giorni praticante, con uno stoicismo superbo, lo sciopero della .fame. Si è chiesta, p er lui, la grazia al re d ' Ing hilterra. Ma il re, da perfetto man ichino costituzionale, ha rimesso il giudizio - circa l'opportunità o meno di questo g esto di clemenza - al Consiglio dei ministri. Lloyd Geo rge, dal suo rifugio di Lucerna, ha risposto con un « nooo » guttu rale, classicamente inglese. Ma quale mai enorme delitto ha compiuto questo sindaco, che giustifichi in qualche modo l'inesorabilità dei ministri d'Inghilterra?

«. Le autorità inglesi - dice il Petit Joumal - fanno sapere che il sindaco di Cork non è stato arrestato per aver r:i.rtecipato a una ri unione pacifica, sebbene illegale, di un tribunale d'arbitrato di JÌ/111 f ein, ma pcrché questa. riunione, sotto la maschera di un t ribunale arbitrale, era quella di comandanti d~ll'esercito della repubblica irlandese e perché s i è tenuta nel palano municipa le della città di Cork »

L'arresto, dunque, del sindaco di Cork non è ch e un episodio della lot ta cruenta ingaggiata dagli irlandesi contro l 'Inghilte rra. In un comizio tenutosi nelle ·vicinanze della prig ione dove i l s indaco agon izza, il prof. Stookly ha dichia rato:

« Il sindaco di Cork muore in prigione perché lottava per i principi in nome dei quali il Governo ing lese ha fatto la guerra: l'indipendenza delle piccole nazioni .... » .

11 pubblico italiano, vittima di taluni più o meno trad izionali luoghi comuni, conosce superfiçialmente la questione ·irlandese, questione di fondamentale giustizia; e quasi quasi si rifiuta di credere alle gesta barbaramente tiran niche della reazione iòglese. .:B vero che la cronaca nera di quell'isola lontana giunge sino a noi sorto la specie di una infinita se rie di conflitti con morti e feriti, ·m a il pubblico italiano non si ras·

12. -
xv .

segna a pensare che il famoso e d ecantato liberalismo inglese sia una lustra menzognera. Bisognerebbe tradurre e da re la massima diffusione in ltalia al libro d i Erskine Chi ldey (Milita ry Ride in Ireland') e allora, forse, dava nti all'evidenza documentata dei fat ti, l'opin ione pubblica ita· liana muterebbe a tteggiamento. (Nella copertina c'è 1a fotografia di una delle tanlu in uso per ristabilire l'ordi ne a D ublino). I fatti sono questi L'Irlan da ha proclamato la sua ind ipendenza il 24 aprile del 1916 e l'ha rai:ificata il 21 gennaio del 19 18. L'Irlan da è repubblica d i di ritto e lotta per esserlo di fatto.

Abbiamo sul tavolo la Carla geografica d ella Repubblica irlandese, pubblicata a New York ·dai Friend.r o f Jrish FreMom («Amici della li bertà irlandese »), con la dichiarazione basilare della nuova Repubblica:

« La Repubblica garantisce la libertà civile e religiosa, egua li d iritti e condi. zioni per tutti i suoi cittad ini e si p ropone il raggi ungimento del benessere e della prosperità delri_ntera nazione e di tu tte le sue parti».

Non p ropositi di vendetta o di rappresaglia animano la giovane Repubblica, perché nella stessa dichiarazione ·è aggiunto:

« La Repubblica proteggerà in egual modo i bambini e dimenticherà i dis- . sidi diligentemente alimentati da un ,Governo straniero, il quale, nel passato, h a diviso la minoranza dalla maggioranza della nazione».

Questa dichiarazione d'indipendenza della Repubblica irlandese è stata consacrata dai suffragi popolari. Per 9uanto la popolazione dell' Jr. landa - esclusi j .distretti deJI 'Ulster - sia diminuita, in settanta an ni di dominazione inglese, d el cinquanta per cento (nel 1841 la popolazione dell'I rlanda era di 5.29 5.000, nel 19 ll era ridotta a 4. 390:000 abitanti), il risultato delle elezioni è, stato il seguente: D eputati nazionalisti e sinn ft!in, favorevoli alla indipendenza e alla Repubblica, 79; unionisti, favorevoli al regime ing lese, 26. Numero dei votanti : Per 1~ Repubblica e l'indipendenza irlandese, fra JÙm fei11 e nazionalisti, totale voti: 1.215.5 16; per lo 1tat11 quo , Partito Unionista, voti: 31'.5.394, Delle trentadue coÌl tee in cui si divide J'Irla nda, non una sola ha una deputazione completamente unionista,

L' I rlanda è repubblicana e ind ipendente di dfritto, ma non lo è ancora di fatto. L'Inghilterra si ostin a a negare l'indipendenza all' Irlanda. Quel Comitato d'azione labur ista, che tanto s' interessa deUa Russia, non sembra accorgersi. dell'Irlanda e meno ancora dell'Egitto. Va da sé che

176 OPERA OMNIA DI BENITO MU SS OLINI
f I ./ \

gli irlandesi, come i popoli vivi e forti, lottano per rivendicare il loro diritto. A un regime di dura oppressione poliziesca e militare, qual è quello instaurato dall'InghiJtcrra nell'isola verde, gli irlandesi - dopo aver per meuo secolo tentato tutte le vi e ·della legalità - rispondono colla violenza. La lotta che gli irlandesi sostengono contro l'Ing hilterra ha un'affm ità straordinaria con quella che j patrioti del nostro riso rgimento durarono, fra esili, galere e forche, contro g li Absburgo. Gli italian i, per motivi di giustizia e di interessi, non possono negare la loro solidarietà agli irlandesi. L'Irlanda ha diritto ~i vivere indipendente e repubblicana. Gli irlandeSi hanno diritto di proclamare che « i confini della loro isola furono segnati da Dio » , mentre quelli d i molte nazioni fora no t emporaneamente fissati dalla diplomazia. Gli irlandesi hannci dimostrato e dimostrano quotidianamente di sapere e di v olere << vivere liberi », perché per la libertà sono disposti aJla lotta, al sacrificio, a l martirio. Mac Swiney è un martire deila rivoluzione irlandese. Amiamo, in questo momento, credere che le vibrazion i del pensiero si diffondano n egli spazi e giungano in ondate di simpatia alle creature lontane. Ci piace sperare che al morente sindaco di Cork giunga almeno l'eco del grido augurale che parte dai nostri cuori: « Viva la Repubblica irlandese!».

MUSSOLINI

Da li Popolo d'Italia, N 207, 29 agosto 1920, VJI.

DAL SECONDO CONGRES SO DEI FASCI, ECC. 177

ALLA MODA RUSSA ?

Il movimento mctallurgko che si svolge in questi giorni ha, per la sua ampiezza e per le sue e ventuali amplificazioni, molti punti di contatto col movimento inscenato mesi fa dalla Confederazione generale del lavoro francese. Anzitutto è nelle origini che l'analogia appare più ..evidente

In Francia, fu uno sciopero anticipato di ferrovieri - all' insaputa della Confederazione - jl fatto che determinò i famosi scioperi a ondate, In . Italia, la· cosiddetta presa di possesso deg li stabilimenti è stata ('ffettuata all'insaputa d ei dirigenti, i qua li si sono t rovati dinna nzi al fatto compiuto . /

Difatti, l'occupazione degli stabi limenti doveva effettuarsi in caso di serrata, ma la serrata non è avvenuta che ·dopo la occupazione generale, il che le ha conferito un· carattere di platonicità. Abbiamo l' impressione che se l'on. Buo2zi fosse stato a Milano avrebbe cercato di l imitare il caso della Rome(), Oril, siamo alle «ondate». Quelle di · Francia si facevano scattare coll'abbandonare le officìne; iri ltalia, accade precisamente i l contra rio. Se fatti nuovi non intervengono a porfC su un terreno di conciliazione transattiva i contendenti, sono prevedibili i « tempi » successivi del movimento; e saranno i seguenti : all 'occupazione o ramai generale d elle officine metallurgiche farà seg uito - in un successivo tempo - l'occupàzione di tutte le a ltre officine e stabili menti di qualsiasi industria ; se anche questa ondata non riU.Scirà a vincere la resistenza del nemico, scenderanno in campo - ultima ondata - tutte le altre categorie di operai e contadini, non esclusi g li addetti ai servizi pubblici.

Questa è la strategia che agisce sull'avversario per «pressione» o soffocazione.

A questo punto, è necessario parlarci chiaro. Il nostro pensiero sull'agitazione l'abbiamo ripetutamente espresso; abbiamo ritenuto, cioè, che g li industriali non dovessero irrigidirsi in una pregiudiziale negativa ; abbiamo disapprovato la presa di possesso degli stabi limenti: <<gesto

simbolico», dicono i massimalisti torinesi;« g ioco infantile», d ice Tullio Masotti. ·

Ma oggi la situazione - nelle sue ma nifestazioni esterne ed interne -va rapidamente alterandosi: la truccatura e la psicolog ia del mov imento appare nettamente bolscevica: stemmi de i S 0 vièt1, rit ratti di Lenin, decorazioni russe Può darsi che i dirigenti - s~ialmente quelli che firmano i manifesti convocatoti del congresso centrista a Reggio Emilia - siano allarmati dalla piega che prendono gJi eventi; _ma, oramai, appaiono impotenti a dominarli. Quand'anche emanassero l'ordine di sospensione delle ostilità, sarebbero obbediti da quegli operai che si ritengono non già «occupanti» , ma p roprietari delle fabbriche e van no costituendo, sotto gli occhi neutrali d ella vecchia autorità, Ja polizia e l'escrcitO ddla nuova?

Ora - Jo ripetiamo alto e forte - noi ci opporremo con tutti i mezzi ad un esperi mento bolscevico. Da una parte varrebbe la pena- d i lasciarlo compiere , perché questo appare, per molti, l'unico mezzo di guarigione; ma, d'altra parte, non si può pensàcc senza rabbrivid ire alla decom posizione sociale e na zio nale, ·che sarebbe 1a conseguenza matematica di tale esperimento.

Oramai, solo gli imbecilli o i pagati cr~dono al bolscevismo. Che cosa sia il bolscevismo i~ I talia, è·facile immaginarlo dalle testimonianze che ci vengono dalla stessa parte socialista estremista.

Il socialista tedesco Dittmann è un socialista di estrema sinistra, ma questo non g li impedisce di stampare, sulla Freiheit, la più schiacciante requ isitoria d el massimalismo russo

e< Il bolscevismo - dice Dittmann - si fonda su una classe n on socialista né comunista, cio~ la grig ia massa d ei contadini, che fo rma il settan tacinque per cento d i tutta Ja popolazione. L'interesse materiale lega i conu din i al reg ime rivol uzionario, che diede loro non so lo la p ace, m a anche le terre dei padroni. Il contadino ha ora p i ù terre e n on paga imposte né ai padr oni né allo Stato; non c'è da stupi rsi che i cOfltadini, anti-co\lettivisti, . difen dano i l bolscevismo p er tema che un altro regime possa p rend ere loro la terra e privarli dall'~enzio ne de lle imposte Sono d unque legati al regime comuni sta finché tale t l"g ime non fa vl"ri t entativi d i introdurre i l comunismo ne lle campagne.

<1 Per o ra socialismo e comunismo nelle campagne russe n on ce n' è ».

Dittmann passa alle condizioni dei lavoratori delle città e dei centri industrial i, per Concludere con :

Solo sulla base della passività e dell"ignoranza della massa r~ssa di città e di campag na può fondarsi la dittatura comunista Il bolscevismo si considera come l'avanguardia del proletariato, il tutore che lo deve rendere maggiorenne. Vuo le realiz:iare il socialismo dall'alto m ediante l a dittatura, essendo falli to il tentativo d i instaurarlo dal basso per via democratica.

DAL SECONDO CONGRESSO_ DEI FASCI, .ECC. 179

« M11 anche il Partito Comunista non ha pohÌto evolversi organicamente; cresciuto. a sbalzi e, nella sua massa, che è composta di membri poco al corrente del socialismo e del comunismo, Lenin, Trotzky, Z inovieff, Rade k, BU<.uin dominano il partito dittatoriamente; e, per meno del partito, il pr oletariato; per mezzo del proletariato, i contadini, e C'osi tutta intera la popolazione russa. La con inua lotta con la controrivo luz.iocie e con l'imperialismo dell'Intesa ha rialu · t a lmente favorito l'evoluzione della dilla lura e contribuito a provocare il terrore o rganizzato e bene esercitato dalla " Commissione straordinaria ". Siecondo i rap· porti ufficiali dd tribunale rivoluzionario, da l l 5 giugno al 15 luglio di quest'anno Yennero ancora fucilati, per ordine della Commissione straordinaria, 893 persone, oltre all e fucilazioni "amministrative". li servizio militare obbligatorio fu nuovamenle introdotto. Vengono fucilati i disertori. La vita economica è pure militarinata ; operai e impiegati non posson o scioperare, se no vengono costretti a lavoran~ in campi di concentrazione come "disertori della fronte <lei lavoro " . L'obbligo del lavoro è pc:r l e donne d ai diciotto ai quaranta anni e per g li uomini dai diciotto ai cinquanta anni.

« Poiché la tessera di membro del Partilo Comunista è titolo per l'ammissione a q ual siasi ufficio nella burocrazia sovìetista, entran o di continuo nel Pa rtito e lementi dubbi Si cerca di eliminar li con periodiche epurazio ni, ne lle q uali si procede arbitrariamente. Una parte d egli antichi impiegati , intellettuali, commcr-· danti, spinti dalla fame, cercano di rifug iarsi nei numerosi uffici d ei S ovièts e vi fanno sabotaggio.

« Socondo le statistiche ufficiali, su 604.000 membri che il partito conta , ~oio 70.000 sono operai, 36.000 impìegati di partito, 12.000 impiegali militari di sind acati economici e di cooperaziooe, 162.000 impiegati militari e solda ti, 3 18.000 impiegati di Stato e comunali e 6000 commessi!

« T utto il partito si trasforma cosl, a poco a poco, in un esercito di burocratici, cl-ie sòno intere5sati alla conservazione della dittatura. Si parla già d ella nuova " borghesia sovietista ". A Mruca si coniano - circa 100.000 operai, ma sono ben 230.000 gli impieg:iti e le impil!'gate sovietiste di tutti j ,;radi La lentezza de lle pratiche burocratiche fa dis perare perfino i pùientissim.i moscoviti. Si cerca invano di escludere da questo g iganteS<O aJ)pateçcl-iio buroc1·atico l"inra• p.:ici tà, il sJbot~ggio, la corruzione.... ».

Fin qui il· Dittmann.

Il Ledebour, a ltro socialista di estrema sinistra, forte testa pènsante e uomo di azione, non è meno esplicito nella condanna.

« Gli i~dipendenti - annuncia il corrispond ente dei Corriere - stanno · discutendo in un loro congresso le condizioni di Mosca. Vivacissimo fu i.I vecchio Ledebour, che si trova ad essere tra quelli posti dai bolscevichi nella" lista nt-ra. Eg li nega ai russi il diritto d i i mmischiarsi nelle cose de l wo pa rtito.

- 1 bolscevkhi, egli dice, non hanno sociali tzato la grande proprietà, ma l'hanno divisa e hanno cosi impedito l'avvento del socia]jsmo. Con una simile politica anli-sodalista, la Russia n on potr-l pretendere di prendere !11 direzione ~ell'Interna:zionale e prescrivere a.s ii altri le con<l i2ioni del!a lotta rivoluzionaria».

E la documentazione potie bbe continua re all"infinito.

180 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

~omall.diamo: è questo il r egime che, attraverso l'allarg amento pro· g ressivo e ·illimitato delI·occupazione, i socialisti vogliono g raziosamente rega1are all'Italia, magari coll' aiuto dei soliti maddalèni?

Ecco u na domanda alta quale b isogna rispondere.

Da Il Popolo il' Italia, N. 213, '5 settembre 1920, V II

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 181
MUSSOLINI

Ora che mi avete applaudito con tanto vigore, vi prego di ascoltarmi con attenzione e di non interrompermi più fino a lla fine. Uguale preghie ra rivolgo agli avversari e, se cc ne sono in teatro, ai nemic:i. (Grida: «No ! Nol Sono fuori/»). ·

Una proposizione della filosofia insegna che è assai difficile p,ersuadere sii uomini con le parole; per p ersuaderli bisogna. far operare gli avvenimenti. Tuttavia io mi reputere i fiero se riuscissi ad insinuare, sia pure l'ombra di un dubbio, in coloro che, senza conoscermi, sono vittime de i più idioti luo.ghi comuni. E sono tanti costoro che io ho adottato il s istema pole mico curiosissimo di d are per accettato nei loro riguardi ciò ch e di peggio si può dire. Il che vuol dire_ che io ho fatto mio il motto delle autOblindate di Ronchi.

Tutti ci acrusano di qualche cosa: i repubblicani di difendere la borghesia; i pacifisti ci accusano di imperialismo e di volere sempre nuove guerre; gli amanti del quieto vivere ci dipingono come gli artefici di ogni violenza. Si ha, insomma, di noi un concetto falso e incompleto. ·

· Il fascismo nostro, il programma dei Fasci di Combattimento, non hanno niente a che · fare con il fascio interventista creato da Salandra durante la guerra. Infatti il nostro fascio è Stato fondato il 23 marzo 19 19, e non hà aVtJto subito un programma b en definito. Questa proposizione può sembrare paradossale, ma io vi potrei citare questa frase di Carlo Marx: <( Chi propone un prog ramma è u n reazionario». Ed effettivamente chi vuole ingabbiare in precede nza un'attività futura in un sistema rigido di dettami è un reazionario, la cui opera sarà, quanto più si avanzi nel tempo, tanto più estranea al progresso e alla vita vissuta.

I nostri postulati furono e rimangono questi: difendere la guecca nazionale, esaltare la vittoria italiana, opporci strenuamente all'imitazione russa del socialismo nostrano,

• Riassunto del Jiscorso pronunciato a Cremona, al politeama « Verdi », la mattina del 5 settembre 1920, nel corso del convegno lombardo dei Fa5ci Italiani di Comb:utimento. Prima di Mussolini, avevano parlato Roberto Farinacci, Alessand(o Mekhiori, Umberto Pasella. (Da la Pro vincia di Cremona, giornale politico quotidiano, N. 212, 7 settembre 1920, LXII)

[DISCORSO
DI CREMONA] *

Noi fascisti non apparteniamo alla specie antipatica dei maddaleni pentiti. E siamo forse brutali in questa affermaz ione. Se oggi si ripetesse la situazione del maggio 1 9 1 5, noi, senza esitazione, ripeteremmo il nostro gesto.

E d el resto i socialisti, che ci avversano tanto per questo nost ro fermo interventismo ad una guerra nazionale, ·ci siano grati! Senza di noi essi non sarebbero quello che sono! Questi pescicani spiritual i della guerra, i socialist i, maledicono quel fatto falsamente, perché senza di esso, sfruttato abilmente è perfidamente, non avrebbe ro al Parlamento le loro 156 scimmie urlatrici, non avrebbero i loro l.800.000 \'Ot i.

La nostra azione non fu improntata alla difesa della guerra in sé e per sé, ma alla nostra guerra. Del resto anche i sociali sti ora non gri--t dano più abbasso a tutte le guerre e distinguono le guerre che si possono fare da quelle chc non si debbono fare. Distinguono, sta bene, ma. per Je loro teorie tutte le guerre non dovrebbero essere- uguali. E 'che forse le t ruppe rosse hanno avanzato con ma nifost ini invece che ~on cannoni e m it rag liatrici urlanti? Che forse anche in Russia non vi è s~ato jl pianto delle vedove e delle madri?.

Noi siamo stati degli anticipatori, ecco tutto ; non abbiamo difeso la guerra, ma Ja nostra guerra, che ci fu imposta, la guerra nazionale. E se per diplomazia insufficente e deficente, per incoscienza di popolo non ha potuto dare tutti i suoi risultati, logici dopo una vittoiia, ciò non è d a imputarsi alla guerra, né a quegli e:roi che !"hanno combattuta.

li nost ro programma? Siamo una minoranza e non ci teniamo ad essere molti. Alla quantità bruta preferiamo la quantità eccellente. Un milione di pecore - · lo ricordino i nostri avversari che se ne inten· dono - sarà sempre disperso dal ruggito di u n leone. (App latm). Noi non competiamo con essi in vendite di marchette e d ì t essere. Siamo una fon:nazione di combattimento e siamo anche g li zingari della pol itica ita liana. Zingari, perché abbiamo una lunga via da percorrere, e, pur avendo una mèta, essa non è dogmatica; zingar i, perché nel nostro ac· campamento vi è posto per tutte le fedi, perché abbiamo un fondo CO· mune di amore per la nazione.

La nostra azione poteva contare solo sopra le qualità ind ividuali del nostro spirito. ·

Il 15 aprile 1919, a Milano, regnava i1 teùore. Ci doveva essere un grande corteo, una manifestazione socialista, che doveva essere la fine del mondo. Jn un pugno di uomini lo abbiamo disperso e abbiamo dato fuoco al loro covo. In tempi normali io a"rei disapp rovato tutto ciò; ma in tempi di guerra a me fa piacere t utto ciò che può dar noia a i miei nemici

Abbiamo combattuto lo scioperissimo del 20-21 luglio, ridottosi ad

DAL SECONDO CONGRESSO DEI FASCI, ECC. 183 -

una bolla di sapone; abbiamo sostenuto rabbiosamente la polemica per l'inchiesta di Caporetto; f ummo antinittianf ferocissimi e il più bel g iomo della mia vita fu quando Nitti abbandonò il potere :È vero che la nostra gioia fu ilaturalmentc scemata dal fatto che il successore non · era proprio l'uomo più ·raccomandabile. Ma nella vita è spesso così: si accetta i l male con sollievo, dopo avere avuto j1 peggio, Sopra una piattaforma d'intransigenza,· sostenemmo le nostre rivend icazion i territoriali in Fiume, p iù la Dalmazia del patto di Londra E s iaino scesi nel campo della lotta elettorale. Quando non si p uò far altro che votare, bisogna anche votare I nostri comizi non furono disturba ti, perché si sapeva che ch i l'avesse osato avrebbe passato un b en brutto quarto d'ora. A Milano, ove la sopraffazione socialista era conti· nua, si poté fa r questo dopo la lezione data a piazza Belgioioso.

Il risultato delle elezion i fu p er noi tutt'altro che lus ingh iero, ma noi non ·oe a bbi amo pianto. Chi m i ha visto in quella sera, in cui j telefoni mi annunzi,vano, per la nostra lista, la cifra non esagerata di qua.ttromili voti, si ricorda che io ero tra nquillissimo. (A questo punto, si sente al d i fu ori il rumo re del cor/e() rocialùta che paua. Si ;eJJ/ono le noie_ del/' l nlernazìonale, urla e fischi imùtenti1 che sono evidentement e indirizzat i al Politeama, in mi i\f11uoli11i continffa tra11q11illame11te il. IflO dùcono) .

Dopo ci siamo completamente dedicati :1 Fiume; non solo perché città italianissima, ma anche perché dopo il trattato di Vcrsail1es, in cui la p lutocrazia europea diede di sé un odioso spettacolo, il gest~ di D ' An· nunzio fu il solo veramente bello ed efficace. Noi ne abbiamo fatto b. nost ra causa. D'Annunzio può conta re su di noi fino all' ultimo Io per primo mi ritengo un soldato disciplinato alla sua causa. (Vi viuimi ttp· pldmi; grida di : « Viva Fiume! Vi va D'A nmmzM.' »).

Nel 1920 abbiamo continuato la nostra . opera. La propaganda ~elle ten e redente ha dato ottimi risultati: a Trieste abbiamo diecimi la fasc isti, fra cui mille donne. C'era· anche in Trieste un nido n emico: il &tlkan andato in fiamme e si è visto che veramente era un fo rtilizio nemico in terra italiana.

Siamo iffiperialisti? Ogni ind ividuo che non sia un agonizzante o un impotente è imperialista; cosi pure u n popolo che sia giovane e che sia for.te è imperialista. Tuttavia v'è una differenza fra imperi alismo e imper ial ismo, ed ·è tutta nel metodo. Noi n"on siamo imperialisti alla prussiana, coJJa mania dell'eterna conquista mi litare; noi siamo imperia• list i alla romana, perché vogli amo suffragare, colle legg i immortali di Roma, una legittima conquista compiuta colle ar'mi.

M a, dunque, il popolo italiano vuol p roprio morire? Si sa o non si sa che più di qua rant~ mi lioni d i uomini, sopra un te rritorio d i

184 OPERA OMNIA: DI BENITO MUSSOLINI

286.628 ch ilometri quadrati, per la più parte montuosi, non possono tutti trovare nella loro terra il sostentamento necessario alla vita ? La F rancia, con una popolazione pari alla nostra, ha quasi seicentomila chilo· metri quadrati di superficie, p ressoché tutta co ltivabile ; e perfino piccol i paesi, çome i l Belgio, l'Olanda e il Portogallo, hanno vastissimi do mini colo niali, da cui possono trarre una ricchezza inesauribile. E l ' Inghi lter ra, signori, che dire dell' Inghilterra e di quel suo formidabile banchetto co loniale?

Via da Valollà. ieri; a poco a poco via dalla Libia domani ; e se qualche jugoslavo estero o nostrale lo vo rrà, anche via da Trieste ! Ma i francesi tengono pure la Siria e la Cilicia e la tengono combattendo; ma gli inglesi non abbandonano la M esopotamia, in cui debbono com· battere, e non ci danno Malta, e non res tituiscono Gibilterra alla Spagna, 0:é l'Egitto agli egiziani, né l'Irlanda agli irlandesi!

Q uando g li altri rinunzieranno al loro imperial ismo, anche noi ri· nuoceremo al nostro Ma fino a che gli altri lo continu ano, e con la cosciente approvazione di tutto il proletariato - poich é in Inghilterra no n v 'è opera io che n on si sdegni al pensiero dell' abbandon o del dominio colon iale - crediamo che l'ltal ia abbia diritto almeno alla sua legittima espansione mediterra nea.

1l Mediterraneo ai mediterranei! E poiché su questo mare l'Italia occupa vtramente il primo posto, poiché il diritto della Spagna è ben inferiore al suo e la Francia è una nazione prevalentemente atlantica, l'Italia h a iJ di ritto di non essere sacrificata. E vogliamo intanto l'Ad ria· tico come un nostro catino d' acqua, come il golfo ch iuso di Venezia , in cui non vogliamo più essere tediati da n essuno.

E .tutto questo è imperialismo? M à no; è senÌp licemente una visio ne esatta delle necess ità e della rea ltà ! (Vi vissi mi1 generali applarm) .

Siamo monarchici? Io parto a nzìtuto ~a questo aforisma: un popolo deve sempre avere quelle istituzion i che sono adatte alla sua indole. Vi sono state delle repubblich e aristocratiche e o liga rchich e; e vi sono d elle monarch ie popolari, come quella inglese, in cui il re non è che ul1. sim· bolo di rapptesenta nza Se domani la monarchia fosse pe r il progresso italiano un ostacolo, noi, che non sia mo legati da p regiudiziali_ circa la forma di governo, l'abbandoneremmo. E oggi, 1920, no n credia mo utile di accettare una pregiudiziale repubblicana.

E passo a parlare del movimento operaio.

Dire che noi siamo contrari agli operai, è dire una stupid ità. La d assc opera ia è un elemento troppo essenz iale nella vita della. na zione, qualunque sia il suo. numero. Io sono p ieno d i ammira zione per gli ape; rai e i contadini. Sa rebbe assurdo ch e io non ·amassi chi stampa i mi ei a rticolì ed il cont adino che lavora la terra per dodici e anche quatto rdici

DAL SECONDO CONGRESSO DE( F ASCI, ECC. 185

ore al ·g iorno. lo combatto solamente la deg enerazione del mo;imento operaio mistificato dai nuoVi p"reti. E credo che l'alJusione sia abbastanzà chiara. (Appla11Ji vivi.uhm)

Noi non abbiamo neppure i preg iud izi sulla proprietà. I padreterni del nostro socialismo riconoscono o ra anch'essi, per reggersi, 1a necessità della piccola proprietà privata, Vi è stato un convinto comunista, il quale ha detto che i vasi da fiori sulle finestre delle case non potranno mai es.sere tenuti iri regime collettivista. (lla,#àj. Noi guardiamo il problema dal solo punto di vista della produzione e del benessere. Ci dimostrino che è più benefica e produttiva 1a proprietà collettiva, e noi ci dichia- . reremo per essa; ci dimostrino invece che è più utile all'economia nazionale la pro prietà privata, e noi la sosterremo. Ma che cosa deve importare a noi, per esempio, di difendere g li az io nisti della Breda! lo dico: sono capaci gli operai di fare, sotto una loro amministrazione collettiva, un maggior_numero di locomotive? Capaci veramente, e . no n solo a p:i· role, intend iamoci. Ebbene, in tal caso io accetto la proprietà coJlettiva .

Però siamo contrari a certe esagerazioni. La massa operaia, nella sua totalità, è insufficente a regge re una economia n:l.zionale legata strettamente all'economia mondiale. E poi, in Italia, su una totalità dì lavoratori urbani ed agricoli di quatto rdici o quindici milioni, abbiamo solo due milioni di operai organizzati e questi d~visi ancora tra cinque o rgani zzazioni . C'è ancora dunque troppa gente autonoma e perciò individuali_sta . Riassumendo, circa gli operai, il nostro programma è il seguente : massimo di libertà e massimo di benessere. Ma noi ci ribèlliamo quando gli operai diventano un cieco stnlmento in mano di un partito politico. Allora dobbiamo colpire senza pietà; e se, per colpire i pastori, do vremo danneggiare anche le pecore, peggio per loro.

lo debbo ora stabilire nettamente Ja posizione del Fascio d i fronte agli al tri partiti : quelli storici e quelli moderni.

Tra queili storici, vog lio · parlare inta nto del

Partito Repubbl icano

Io amm iro sconfinatamente questo partito ; mi dispiace solamente che i suoi componenti siano malinconici ed io detesto la g ente malinconica, Non posso concepi;e questi seguaci di Simone stilita, che si fermano in un punto e si fermano dicendo che Ja .sfocia deve .passare. là dove sono loro. Noi invece ci immergiamo nella storia; ci facciamo guidare dagli avvenimenti; potendo, cerchiamo di guidarli.

Il Partito Repubblicano ha avuto dei grandi uomini e dei g randi nomi. Mazzini dovrebbe essere il vange lo delle nuove ge neraz ion i Ha avuto anche un ~impatico atteggiamento a l principio della guerra : « O sui campi di Borg og na o verso Trento e Trieste !». E dai caso lari di Ro· magna, fiera terra · repubblicana, i volontari sono partiti e sono morti ·a de~ine. Purtroppo la nostra simpat ia verso il pa rtito non è ricambiata.

186 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

Infatti vi sono degli spiriti delle minoranze che hanno sempre paura di essere indietro. Io credo che se dovessero giungere ad assumere un atteggiamento bolscevico, temerebbero forse di essere ancora alla ret roguardia. Forse per questo ci credono indietro.

lo sono reazionario e rivoluzionario, a seconda delle circostanze. (Appltum). Farei meglio a dire - se mi permettete questo ter mine chimico - che sono un reagente. Se il carro precipita, credo di far bene se cerco di fermarlo; se il popolo corre verso un abisso, non sono reazionario se lo fermo, anche colla violenza. Ma sono certamente rivoluzionado quando vado contro ad ogni superata rigidezza conservatrice o sontro ogni SOpraffazione libertaria. (Vivissimi, prolungttti ap plarm)

Rigu ardo al Partito Popolare Italiano, dichiaro subito che non sono un anticlericale di professione. L'anticlericalismo d i ch i p arla di tresche fra parroci e Perpetue, è oramai una cosa rancida e supe rata. Ma meno ancora io voglio che siamo anticatto lici. Abbiamo in Italia una g rande forza ~iconosciuta; da Roma si parla a quattrocento milioni di uomini. Roma, oltreché come capitale d'Ital ia, va riguardata co me cap itale di un immenso impero spiritual~. Se il naz ionali smo utilizzasse, ai fini dell'espansione naz.ionale, Ja foÌ-za del cattolicesimo, io credo che potrebbe trarne molta utilità. E questa forza di cattolicesimo esiste; Io dimostra la Francia, che; dopo un allontanamento durato tanti anni, si riavvicina ora alla Chiesa.

Il Partito Popola re Italiano rappresenta arich'esso una forza , non sce· · vra però d i gravi pericoli .:E: una forza perché, g iovanissimo ancora, conta già duecentocinquantamila voti, cento deputati e tre rappresentanti al Governo. Ma fa sua opera politica non è, infine, che un'opera di concorrenza al Partito Socialista. Gl i ha aperto prop rio in faccia un'altra bottega, è la réclam e alla propria merce Ebbene, p uò da rsi che il lavoratore, dopo avere bevuto il vinello della bottega popolare, senta 1a vagh ezza di inebbriarsi col forte trani dell'osteria di fron te. Badino i popolari: p uò darsi che essi seminino per altri! Inoltre, da pa recchio tempo, questo p artito .continua un'op era di bassa demagogia; e n e sapete qualche cosa voi del Cremonese, nelle cui campagne si sta svolge ndo u na propaganda a base di menzogne. (Appla,m).

E parliamo un po' del Partito Socialista.

Noi faccia mo opposizione non al socialismo, ma alla sua odièrna mascheratura bolscevica. La Russia è ancora oggi un enorme carcere e un enorme convento. Noi non li vogliamo. Noi abbiamo accettato· 1a prima ri vo luzione russa, quella che uccise lo czarismo; non accettiamo la odierna dittatura cosiddetta proletaria. In Russia tutte le fraiioni del socialismo sono contra rie al regime attuale. E, nonostante tante grosse parole di uguaglianza, vi è ancora la piccola prop rietà ; e si sono fatte

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ventisette categorie di salari , categorie che si differenziano non secondo Iè bocche da sfamare nella famiglia del lavoratore, ma secondo i suoi meriti individuali; e hanno una polizia in Russia, un a polizia fossa, capace d i Sgominare la nostra ; e hanno un esercito pote nte. N on si può infliggere a noi qiediterranei, abituati al sole e alJa lotta apert~. u'na tale situazione; e se ci fosse chi ce 1a vuole rega lare, . sì amo pronti, pur di d ifende rci, anche al!a g uerra civile (Applami vivissimi).

I caporioni socia.listi ci debbo no ring raziare perché li abbiamo salvati. Se noi non ci fossimo opposti, a quest'ora l'esperimento si sarebbe compiuto.

ln Russia, l'esperimento dura da a n ni, ma è sul finire; i:erto non segue più il ,rnovimen.to original e. In Ungheria, il comunismo è Q.urato 133 g io~ni. In Italia, p er le nostre special_i condizioni, non a vrebbe durato più di due o tre settimane; e poi la fame, poi la desolazione, poi, forse, Jo smembramento n azionale. E per ri med io, la reazione fero ce, ch e passa col c:m none e fa mitragliatrice, e le classi operaie avvilite e ricacciate in b asso.

O ggi i socialisti te ntano quella stessa opera che, esercitata da .noi, è stata chiamata. «reazione». Debbono g ratitudine a noi di averli smascherati commedianti. La realtà storica non si cambia in ventiquattr'ore: in un giorno si può cambiare lo stemma « sale e ta bacchi » e si depone un re Ma non si può del pari cambia re una economia nazionale, che è travaglio di secoli.

Oggi l'economia: naziona le ha un':ittivit à assai complessa : v icino al g rande proprietario, troviamo le cooperative. Ma chi voglia spezzare le molle princip ali che Ia reggono, porterà l'economia ad ·un irreparabile disastro.

Oggi Baldesi e pochi altri dicono fi nalmente di preferire ì fischi ag li applausi ch e la folla tributa a troppe grossolane menzogne Molto tar di vie ne la resipiscenza; e debbono final mente confessare ch e essi 'n on sono più i duci, ma i rimorchiati della foll a.

Queste che v i h o esposto sono l e li nee fondamental i dell'azione dei Fasci di Combattimento Concludendo, noi non siamo imperia list i, ma vogliamo effettuare le giuste ri vendicazioni italiane; noi non siamo monarchici, ma non poniamo alcuna preg iudiziale repubblicana; noi non s iamo contrari alla gestione collettivista operaia, purché essa dia sicura garanzia di maggiore benessere per la nazione.

Non vi dico ora, come fanno i p reti agitando Ja borsa della questua, non vi dico « iscrivetevi ai Fasci d i Combatt imento». Io non sono qui p er fa re de i proseliti. Noi non siamo dei propagandisti, siamo soltanto dei sommovitori, dei disorientatori di idee. (Appl a,m).

Sono stato esplicito, chiaro e lea le Noi non siamo per la guerra,

188 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

ma, a chi ci aggredisce, spareremo sempre sul grugno. Poiché n on si amo seguaci di San F ìlippo N eri, che insegnan di tendere, dopo la prima pe rcossa, l'altra guancia ad un nuo,·o schiaffo. Non imperialismo ci fa parlare, ma fa sicura sensazion e di necessarie espansioni nazio nali Io credo che i partiti" intermedi si stiano sfasciando per mancanza di uom ini. ne hanno, _ne hanno troppi di uguale valore, che pensano solo a strapparsi l'uno contro l'altro lo scettro del potere. Anche i combattenti hanno dimostrato di non saper trovare l'unità politica, Questa-è l'ora del fascismo antidemagogico; l'ora d i una sana attività politka, non avvilita da tessere o da statuti, che riporti la v ita nazionale nel suo g iusto ritmo, Poiché l'unico nostro ideale è 1a m assima grandezza de ll' Italia . (La chiusa del discorso è sal11ta/a da una grande ov'azione , Mentre sul palcoscenico-, intorno a Mussolini, .si ttgitan.o l e bandiere, in t utlo il t eatro set·oscicmo fren etici ap plausi, mi.sii a grida di evviva, a!J'/Jalia, a M11uolini ed a Fiume, i.A dimo slrazione si rinn ova alla bandiera di Fùmnr, ,he è davami a tutte le altre. Gli applausi dura 110 pareahi m i1111li; poi, a p oco a poco, la gente .!folla, e ·v.1 fuori per prende1" e parie alla f o rmazione del co rteo )*.

• Quando il corteo g iunge all'altezza di corso Stradivari, una q uarantina di fascisti si stacca d al corteo per accompagna.re Benito Muswlini all'albergo « Roma ». Dinanzi alla tipografia degli Inter usi Cremonesi e ·de ll'&o del P~ poi-o, il gruppo vien e alle mani con alcuni « ciclisti rossi » di vig ilanza ai loca li. Dietro un « energico invito orale di Benito Mussolini e di Farinacci », il gruppo fascista si ricompone A questo punto echeggia, senza conseguenza alcuna, un colpo d'arma da fuoco Indi il g ruppo g iunge a destinazione, AIÌe 15, nel salone della Camera di C.Ommcrcio, si svolge il convegno, promosso per udire le rda· · zioni dei vari rappresen tanti e per decidere intorno a ll' indiri zzo d el movimento fascista. D opo che i d elegati hanno illustrato le loro rela-.:ioni, Benito Mussolini si compiace vi vamente <( del movimento di propaganda fascista svolto dalle varie sezioni )> , Alla seca, verso le 22, fascisti e socialisti vengono a conAitto: si deplorano d ue morti e cinque feriti. (Da La Pro1.1inda di Cremona, N. 212, 7 settembre 1920, LXII)

DAL SECONDO CONGRESSO DE[ FASCI, ECC. 189

LO SCIOPERO DI TRIESTE

Fra tutti gli scioperi passati e presenti, quello che si svolge in questi giorni a Trieste è degno di speciaÌe rilievo.

Le orìgini palesi e ridicole sono le seguenti. A Monfalcone, come in altre località della Venezia Giulia, è sorto e funziona un numeroso Fascio di Combattimento. La propaganda di questo fascio, alla testa del quale ci sono nostri vecchi valorosi amici, ha urtato i nervi agli uomini del P111 locale. Questi signori avevano ed hanno ragione di temere J'opera dei fascisti, specie fra Je masse operaie. Di qui ire e polemiche c ..... un co~izio, che, con palese obiettivo di provocazione, doveva pro· prio esser tenuto dinanzi aJla sede d el Fascio monfakonese di Combaftimento. L'autorità ha perinesso il comizio, ma in altra strada: ne sono venuti conflitti fra fascisti e pussisti; tra pussisti e forza pubblica, con conseguente sciopero generale. Questo sciopero a Monfalcone ha avuto immediate ripercussioni a Trieste, dove la situazione fra fascisti e pussisti era andata acutizzandosi" in queste ultime settimane, grazie allo sviluppa prodigioso e all'attività instancabile dei fascisti triestini. Frantumatisi, i vecchi partiti nazionali tradizionali, che pure avevano scritto pagine gloriose di storia, la vita politica di Trieste redenta si ·è andata, dall'armistizio in poi, polarizzandosi, da una parte nel socialismo ufficiale, e dall'altra nel Fascio triestino di Combattimento. Nel sOcialismo ufficialç - estremi ssimo - si sono raccolti tutti g li elementi sloveni e tutti i malcontenti del nuovo regime. Tutti coloro che vorrebbero, ma non osano gridare« abbasso l'Italia!», si sono iscritti nel Pus. :e il p revalere di. questi elementi che ha accentuato l'estremismo del socialismo triestino, il quale, dal moderato Fittoni, è passato al massimalista Passigli, per finire al bolscevico Tuntar. Nessuria delle forze tradizionali po· teva competere col P111 triestino.' Ma da quando è sorto il Fascio dì Combattimento, iJ dominio del Tuntar è stato compromesso. Gli italiani si sono irreggimentati nel Fascio a mig liaia; la cifra di diecimila. fascisti, presenti e operanti a Trieste, p uò sembrare fantastica; ma risponde alla genuina verità. Questa cifra imponente ci lascerebbe -indifferenti se alla quantità non si accoppiasse la qualità. ·In questi ultimi tempi, il fascismo t riestino ha dato moltissimo filo da torcere al Pu1 ; da!Je note polemiche d el ltrvoratort traspariva una sempre più evidente Preoccupazione. Erano

passati j tempi in cui il l.Avoratore poteva dettar legge a Trieste. Questo stato d'atrimo d ei social-pussisti spiega lo sciopero generale, che è stato proclamato politico e ad oltranza, in odio al fas cio di Trieste e al fascismo in generale.

Lo sciopero sta esaurendosi in u n lamentevole fiasco. Gli operai aderenti alla Federazione giuliana dei sindacati nazionali non han no abbandonato i1 lavoro. Il P11; triestino ha giocato una carta falsa e sta perdendo la partita.

:B di un"enorme importanza, ai fini nazionali e sociali, che ci sia a Trieste un aggruppamento formidabile che sia capace di opporsi alle correnti anti-nazionali. Trieste, grande città a poche decine d i chilometri da l ·confine, sul quale premono le propaggini estr eme del mondo slavo, va specialmente vigilata e cur:lta. Quando l'opera delle autorità sì appalesa fiacca e slegata, i cittad ini hanno il diritto e il dovere di ag ire per loro conto. Dopo l'incendio del Balkan, l' insuccesso di questo sinistro sciope ro generale è un altro titolo di merito per i fascisti d i Trieste.

E non sarà l'ultima battaglia.

Tra rossi e n eri; f~a le due opposte e concorrenti demagogie, una terza forza si afferma sempre più vitale: la nostra.

E chi vivrà, vedrà.

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MUSSOLINI
13, • X V.
Da 11 Popo lo d'fo1/ia, N 214, 7 settembre 1920, VU.

VERSO L'EPILOGO ?

Anche l'agitazione dei metallurgici , che ha tenuto per due settimane intere incatenata l'attenzione degli italiani e non soltanto d egli italiani, sembra avviarsi, come tutte le cose di questo basso mondo, all'ep ilogo, ·alla conclusione. ·1a conclusione sarà transattiva, necessa riam ente transattiva, O un accordo o la rivoluzione. l'allargamento indefinito e totale .dell'occupazione non indurrebbe a nulla senza l'occupa· zione dello Stato, senza, infine, il rovesciamento del regime. A quel punto comincerebbe la rivoluzione; ma Silrebbero dolori. firu:hé si tratta di rimanere nelle fabbriche e di presidiarle, le masse operaie non corronò rischi di sorta; ma quando doma ni si volesse andare all'assalto delle banche, delle prefetture, delle Guesture, ·dei· Corpi d'armata; ecc., bisognerebbe affrontare battaglie in piena regola e nessuno si fa illusione circa la vittoria :finale. La classe operaia dovrebbe sottoporsi a un bagno di sangue, che sarebbe il pre_ludio di una terribile guerra civile E a nche vittoriosa, la classe operaia non farebbe che rivelare la sua impotenza a modificare una complessa realtà economica, i cui fatt ori fondam~ntali sono d'ordine internazionale, E nell'internàzional ismovedi relazione Baldesi sul cong resso di Washington - non ci credono che gli italiani.

Escluso, dunque, questo sbocco catastrofico della q uestione, non resta che trovare e accettare una formula d'accordo. Quale? Secondo le u ltime notizie propalatesi ieri sera, pare che g li industriali siano dispost i a concession·i, previo l'abbandono delle fabbriche da parte degli operai.

A questo punto, il pubblico ita._l ia no ha il diritto di domandare : non potevano gli industriali fare un mese fa quello che si acconciano a fare oggi? Per spezzare la serie delle loro pregiudiziali era dunque necessario che le maestranze metallu rgiche inscenassero quella che d a taluni è stata chiamata la « prova genera le dd bolscevismo »? Accett ando d i d iscutere un mese fa, non ci sare bbe stato ostruzionismo, non e( sarebbe stata l'occupazione, non ci sarebbe stato lo sèalzamento del principio d ' autorità · dell"industriale sulla fabbrica, non ci sarebbe stata fa triste

ripercussione all'estero della nostta c ris i interna. Dopo avere lasciato accumulare tanti guai, gli industriali sì dichiarano pronti a trattare. Molto tardi , ma sempre in tempo! F: ,giusto, a nostro avviso, ch'essi r ichiedano l'abbandono delle fabbriche~ ma non si può pretendere oggi, dopo tutto quello che è avvenuto, che gli operai abbandonino Je fabbriche senza garanZie. Non può bastare una promessa di trattare; bisogna anche pr<r mettere di concedere e fissai-e un minimum delle concessioni.

Se g li operai avranno queste garanzie, usciranno dalle fabbriche nell'atte:;a - che deve essere possibilmente breve - di riprendere regolarmente il lavoro; ma se le giuste garanzie non ci sa ranno, è assai d ifficile che gli opera i si rassegnino ad abbandonare le fabbriche. L'attuale critica situazione s i prolungherebbe e anche senza sboccare in una ri voluzione vera e prf)pria inAiggcrebbe danni enormi, d'ordine materia le e morale, alla nazione.

Possono g li industriali precisare in una cifra quanto sono d isposti a concedere? Crediamo di sì. Noi c i ostiniamo a non credere - sulla base di fatti e di cifre a nostra conoscenza - alla dipint_ura funerea che l'avv. Rotigliano ha tracciato dell'industria del metallo italiana .

In realtà, 1c industrie metallurgiche italiane si possono dividere, groIJo modo, in tre categorie:

1. Ditte che vanno male e andranno peggio;

2. Ditte che vanno male, ma che possono guarire ;

3. Ditte che vanpo bene e possono far meg lio

Se ci sono d elle fabbri che parassitarie sorte per « forn ire )) un unico cliente, che era Io Stato italiano in guerra, e adesso che quel cliente è scomparso non sono outiléeI p er trovarne altri all'interno e all'estero, ebbene, quelle fabbriche d evono morire e sarà tanto d i g uadagnato per tutti. Ma le altre, poste a scegl iere fra la rovina vera e propria e g enerale e un aumento di sabri, scèglieranno quest'ultimo corno d el dilemma, perché si sceglie sempre il minor male.

Noi ci augu riamo che la giornata di oggi sia conclusiva, ma ci auguriamo anche che la lezione di questi giorni giovi a t utti: agli industriali, i quali devono convincersi che molte cose sono mutate nel mondo e che una certa parte nella gestione delle aziende dev'essere lasciala anche alle maestranze; agl i ·operai , i quali d evo no p ersuadersi che- la realtà econom ica è fo rmidabilmente complessa; che non è impad ronendosi di un a ne llo che s i forgia una catena, la catena de l processo produttivo, che va d all' acquisto delle mate rie p ri me allo sbocco per il ma nufatto; che c'è,

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oltre ai padroni, un altro elemento essenziale .nella produzione, quello dei lavoratori del cerveJlo : g li ingegneri e i capitccnici, sempre più necessa ri via via che aumenta la divisione del lavoro, intanto che gli operai, costretti al lavo ro analitìco di un pezzo, non possono mai abbracciare e comprendere il lavoro nel suo insieme

Soprattutto ci auguriamo una tregu a suffi.centeme nte lunga - di tranquillità e di lavoro - altriment i 4 nazione, esausta _di beni e cli nervi, precipiterà nel disastro . .MUSSOLINI

Da Il Popolo d'llalia, N 217, 10 settembre 1920, VII.

194 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

CELEBRAZIONE

Conced iamo àl nostro spirito una sosta sia pure di ·u n attimofra le ans ie della tempestosa cronaca dei movimenti d i classe. U n ·attimo di gio ia. Basta scand ire in se stessi le parole: Fiume.... Carnaro.... D'Annunzio.... per risentire un brivido magico attraverso il sangue. Come se una notte fonda d i tenebre si stracciasse d'improvviso nella più luminosa de lle awore, così i nom i di Fiume e di D'Annunzio riportano lo spirito nell'atmosfera ardente del sacrificio, dell'eroismo e della dedizione di tutte le più alte" virtù della razza.

fi ume ! Libero Comune italiaflo, ne i seco li, che resiste ad ogni tentativo d i magiarizzazione. Quando l'impero deg lì Absburgo crol la a Vittorio Veneto, F iume, che aveva covato durante cinque aorii di guerra la sua inesausta, e i nesauribile passione, si offre all' Italia che l'aveva dimen· tkata o, peggio ancor.i., l' aveva misconosciuta.

Per quale mai mostruosa aberrazione non è stato possibile accogliere il voto,· qua ndo oramai due anni sono passati dal giorno in cu i la vecchia A ustr ia-Ung heria crollò per sempre? Cecità, insufficcnza, viltà d i Go· verni, incoscienza di popoli. n per. viltà che l'Italia non ha anco ra la sua pace adriatica; è per viltà che l'Italia ha r espinto l'offerta d i F iume. Di più e peg g io: ptalia del non mai a sufficcn:za infamato Cagoia era giunta al punto di toll erare ch e Fiume - dopo un breve dominio intero. 11,cato - passasse ai croati. Non c'è d a credere che il p opolo ital iano - nelle sue vaste masse - avrebbe respinto la vèrgogna Si sarebbe gri· dato « Via da F iume ! » come si è g ridato « Via da Valona! », coll'identico r isu ltato d i r in negare la giustizia per sé, inco raggia ndo il vo race imperialismo degli ~Itri.

Per fortuna d"ltalia, per fortuna, possiamo aggiungete, dell'umanità, un Uomo sorse, deciso anche al rischio supremo, pur di sa lvare Fiume.

Chi può rievocare,. senza spasimi di gioìa e di orgoglio, i giorni di Iuce -dd settembre 19 19? Giungevano, sempre p iù tristi, le notizie daI4 l'altra S}X)nda. Fiume chiamava, ma nessuno rispondeva. Quale suggestivo ·spettacolo all'indomani della fulminea marcia di Ronchi? A ·Roma, un Gove rno che balbettava gli alibi della sua insuffice nza; a Parigi e a Lond ra, dei Governi che erano costretti - con una grin ta abbui ataad accettare il fatto compiuto, mentre i continge nt i alleali se n e and avano

e la polizia inglese girava al largo nell'Adriatico; a Washington, un uomo che doveva sentirsi umiliato d aU'unica grande consacrazione (< di fatto» del suo famoso p rincipio di autodecisione dei popoli. Tutti g li spiriti liberi d'Europa e d'America simpatizzavano con D'Annunzio : dall'Italia fluivano nelle città contese reparti di regolari e di irregolari; Ffome era foll e di entusiasmo e sembrava vivere - come ha. vissutodella sua speranza indomabile!

Dodici mesi son passati. Ricchi d i vicende come non mai. li dopoguerra ha un ritmo ancora più vo r ficoso della guerra. Questa aveva imposto una disciplina di ferro agli individui e ai popoli; il dopo-gue rra ci presenta la crisi di tutte Ie geurchie, di tutti i valori, di tutte le discipline. Durante questi lunghi mesi, Fiume non ha cessato di «offrirsi» all'Italia con l'atto dell'umile amore che non conosce Je p arentesi grig ie della stanchezza. Gli italiaÒi, che~ nel settembre, colpiti dal ·gesto nelJa loro fanta sia, ebbero una vampata d'e ntusiasmo, sembrano og gi assenti e lontani. Quelli che hanno in quest i dodici mesi gelosamente custodita fa. fiamma del Carnaro, sono pochi. Siamo noi. Il Governo di Giolitti non fa che imitare Cagoia. '

E allora Fiume si proclama indipendente, Nell'attesa dell'inevitabile, F iume definisce se stessa ncH'ordine g iuridico interno ed internazionale. G li Statuti dannunziani non- sono un componimento letterario - di sapore arcaico - come si è detto da taluni. No Sono Statuti vivi e vitali N on soltanto per una città, ma per una m.zione. Non soltanto per Fiume, ma per l'Jtalia !

In questo giorno n oi rinnoviamo la nostra p rofessio ne d i fede. Ci rite niamo a ncora, come un an no fa , sol d ati disciplinati agli ordìni d el Comandante.

Abbiamo vissute tristi giorrnde di tradimento ricattatore e di calunnia imbecille; ma il pensiero di Fiume, libera e italiana, passa come un vivido raggio di luce sulle nebbie deg li ingrati ricordi.

Ciò che deve essere, sarà, Fiwne può dire ancora all'Italia la parola suprema.

N o i l'attendiamo. MUSS OUNI

D.a Il Popol o d'lhrlia, N. 218, 11 settembre 1920, VII

196 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

OCCHIO AI CONFINI !

A M e rano, un banale incidente fra un passeggero ital iano e un fiaccheraio tedesco, si· complica fino a provocare una specie di rivolta popolare contro g li irnliani. :R la cronaca di ieri. La cronaca di t utti i giorni segnala una sempre più viva frrequi etudine fra gli elementi. tedesch i, che, quando l' I talia e ra a bra ndelli, calarono d 'O ltre Al pe nei nostri paesi, e ora vorrebbero continuare a farla da padroni. La situazione nell'Alto Adige non è chiara, ina infinitamente più seria è la situazione nel la Venezia Giulia .

I fatti accaduti nei dintorni di Gorizia in piccoli yillaggi abitati da sl oveni, e-soprattutto 1a rivolta di Trieste, indicano la gravità del male e impongono l'impiego dei rimedi anche eroici.

Trieste è malata. Questa la verità che bisogna dire agli italiani. La ;s::1alattia di Trieste proviene da· un triplice ordine di fatti. I n primo luogo dalla fantastica, paurosa imbecillità della burocrazia governativa. Compiuto l'evento grandioso deJia l iberazione della città, bisognava dare Trieste ai triestini : ma, per nostra somma sventura, Trieste fu consegnata a i fun zionari di Roma. I quali non conoscevano la geografia, meno anco ra la storia, vaga mente l"economia e nulia sapc\•ano d egli stati d 0 animo della città. Cominciò il generale Petitti, il quale tenne il governo della città senza infamia, ma senza lode Erano quelli i primi tempi dell'occupazione militare e molto si perdonava all'uomo che aveva per p ri mo piantato il tricolore in Trieste redenta. Ma g ià durante il governatorato Petitti si delineava no gli esiziali orientamenti della politica italia na, che consistevano nel pèrdonare, nel carezzare, nello smorzare, nell'affidarsi perennemente allo stellone. Venne l'on . Ciuffelli, che lasciò le cose allo stato di prima. Affidato il governo di Trieste al commissario Mosconi, si notò un miglioramento della situazione, ma cionondimeno nessuno dei grandi problemi che interessano Trieste veniva risolto, mentre si continuava a tollera re la p resenza d egli eleme nti slavi coJlo specioso e cretino pretesto che, essendo essi stati dei « lealisti » nei confronti degl i Absbu.rgo, sarebbero stati altrettanto lealisti nei confronti dei $a\1oia !

Il socialismo triestino: altra causa del malessere che turb a Trieste. Il social ismo triestino è ultra-estremista. A paragone del Ltt vo rat o re, l' A vant i! di Milano è pantofolaio. I nostri lettori conoscono, attraverso

la nostra esposizione, Ie ,grottesche contorsioni guerrafondaie del quotidiano pussista di Trieste. Il socialismo trièstino è diventtto, in questi ultimi tempi, pletorico. Sono andati al socialismo non soltanto tutt i g li stiduciati e i malconte nti, dal punto di vista sociale, ma gli s6duciati, i malcontenti, i ribelli dal punto di · vista nazionale. Nei socialisti sloveni delle Sedi Riunite, voi non sapete mai determinare dove e quando cessi l'odio di razza e cominci l'interesse di classe e viceversa. Quel tale che muore gridando.« viva l'Austria! » riassume cd illumina al magnes io tutta Ja psicologia del socialismo triestino o, pi~ttosto, del socialismo import ato a Trieste. '

Finalmente altra causa di disagio e di pericolo: l'elemento sloveno. Non già la massa operaia slovena, che copre, colla bandiera di Lenin, l'odio nitidamente absburgico contro l'Italia, poiché si tratta di una infima minoranza. Su 238 mila abitanti che Trieste attualmente conta, gli sloveni non arrivano a 40 mila, Il guaio è che non si è fatto nulla per ripulfre Trieste da tutti. g li eleme11ti sospetti che non ha nno dfritto di abita re a Trieste, la rivolta di questi g iorni è antitaliana. Quegli insorti si sono fatti fotog rafare sul1c barricate d'ìmmondizic - è il loro elemento! - perché Steed potesse riprodurre la fotografia sul TimeJ e Gauvain sul fournal des Débnls per dimostrare che a Trieste gli italiani sono degli usurpatori e che la città è slava! la coincidenza fr a sciopero metallurgico, proclamazione della Reggenza de~ Camara e ri volta slovena a Trieste è abbastanza significativa. Ora bisogna guarire Trieste. Prima di tutto annettendo la città e la regìone sino al Nevoso. 1! enorme, è inqua lificabile che l'Italia· non abbia ancora osato definire la sua pace, nei term ini concreti d elia geog rafia. Quanto tempo ancora, ci si domanda con angoscia, quanto tempo ancora dovrà .i.spettare Trieste? N ell'attesa bisogaa «ripulire>> la città. l a rivolta dd quarti ere S.in G iacomo è la risposta all' incendio del Balkan. Ci sono dunque altri covi d'infezione slovena. Bisog na bruciarli· col fe rro e col fuoco.

Fascisti triestini, la salute d i Trieste è in voi!

198 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINl
M USSOLINI Da Il P.apolo d'Italia, N. 219, 12 settembre 1920, VII.

[PER IL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI] *

L'apparire del no1tro Direttore è salutato dtt untt grande ovazione, d a ttrrlamazioni a lui e al « Popolo d' Italia», rhe durano alcuni minuti. Appena è pouibile o/lenere tm po' di silenzio, Muuolini comincia.

Basterebbero i canti e le musiche per riconoscerci e per celebrare l 'avvenimento, senza pronunciare discorsi; ma il discorso è un saccificio che bisogna fare alla consuetudine e alla tradizione. Per bene valutare l' importanza e la bellezza del gesfo dannunziano, occorre riandare all'agosto dell'anno scorso ; bisogna riandare alJo stato plumbeo in cui si trovava l'Italia, abbruti ta e fiaccata dalla polemica dì Caporetto, che sembrava incoragg iata daJJo stesso Governo, a fini oscuri e criminosi. Noi soli allora r es istemmo; perché sapevamo che la guerra porta con sé trad imenti e vergogne, insieme ai martiri e aUa gloria. In questa torbida atmosfera si svolse l'inch iesta interalleata sulla rivolta fiwnana, le cui conclusioni, se applicate, avrebbero portato alla invasione di Fiume da parte delle orde croate.

Ed ecco la necess ità della marcia iniziata, or è un anno, a Ronchi. _In queJla notte, all'avangu:irdia dei legionari, erano, con ·il Comandante, tutti i nostri mort i, da Corridon i a Battisti, a Sauro, a Filzi, a Rismo ndo. Ma anche allora, come sempre, il Governo· non capl il senso e la bel· lezza del gesto dannunziano. Dal banco del Governo e per bocca del più ignobile ministro che mai abbia disonorato l'Italia, si Iar:iciò l'ap· pelle agli operai e ai contad ini perché insorgessero contro questo tenta. tivo, che si prospettava come la provocazione di una nuova guerra. I fatti hanno dimostrato la. falla.cità di questa mostruosa asserzione. ( Grida di: « Abbasso Cttgoia.' »).

C'è da vergognarsi di aver tollerato un Governo cosl barba rico, che arrivò persino a bloccare, assediare, tentare di affamare la più italiana

• Riassunto dc.-1 discorso pronunciatò a Milano, a l teat ro « lirico», la mattina del 12 settembre 1920, du rante una manifestazione organizzata dai Fasci Italiani di Combatti mento e da t utte le associazioni patriottiche milanesi per celebrare jJ primo anniversario della marcia di Ronchi. (Da li Popolo d'ItaUa, N. 220, 14 settembre 1920, Vll).

delle città italiane. Quello stesso Governo allora instaurò anche all'interno provvedimenti di polizia_ odiosi e partigiani, che raggiunsero· il colmo con il ripristino della censwa a danno di un solo giornale, j( nostro, e p e r preparare la inutile vittoria cartacea dei socialisti. _Ma intanto D'Annunzio salvava Fiume, mentre noi mai ci sentimmo schiacciati sotto la va langa dei voti avversari, ché ben altro è il terreno della nostra battaglia. ·

Cose meravigliose sono accadute a Fiume in quest'anno. Carestia, fa me, miseria sì sono abbattute sulla città che resiste tuttora e giura· di voler rimanere italiana.

I critici deJl'impresa dicono: è un gesto, Ma tutta la vita è un gesto, e questo è uno di quelli che, come quello di Balilla, rimangono impressi nella storia

Fiume e D'Annun~io non possono scindersi: senzi D'Annunzio Fiume sarebbe stata perduta. Cosl non si può scindere l'opera del Poeta dal gesto del Comandante, poiché il gesto fiumano non è che l'espres· sione logica del temperamento di Gabriele d'Annunzio. (Appla11si e gr;da di: « Vivà D'A nnunzio !»).

Jl fango dei piccoli scribi non potrà mai intaccare il Poeta, ché la guerra mondiale non ha rivelato una individualità più grande ed eroica della sua.

L'oratore chiama saraceno l'autore di uno scritto apparso sul Cor· 1iere della Sera, nel quale scritto viene negato il diritto dell'Italia a Fiume. A far valere questo diritto vi sono però i legionari, disposti a portare le loro tende financo al Nevoso. Possono i diplomatici discutere e barattare nelle stazioni climatiche e balneari: · l'ultima parola la dirà D 'Annunzio. (A questa affemurzione il pubblico JMtfa in piedi ed ap. plaude I,mgamente).

Ma c'è qualcosa di più nobi le e di più eroico, in questi due a nni, del gesto di D'Annunzio? C'è qualcosa di meglio nel Parlamento ape rto ai disertori ed ai commercianti di frodo; fra la borghesia, che non avverte 1a necessità d ell'ora e che sembra disposta a lasciarsi interrare come una carogna putrida; fra il proletariato, ancora ligio al dogma, ancora tutto preso dalla· torbida, ingenua e bestiale aspettazione del Messia?

Niente di vivo è rimasto pari al gesto di D'Annunzio. Rimangono però alcun i valori spirituali, dai quali è possibile trarre auspi.ci e speranze per la rinascita. Cosl cortei di ex-combattenti risalgono in pcJ!e. grinaggio il Grappa e l'Qrtigara, mossi da quel medesimo senso di devozione pagana· da cui sono stati presi certamente i cittadini di quel pie· colo Comune piemontese, che, a memoria dei compatriotti morti in g uerra, hanno piantato, in un reci nto sacro - rito italico e latino - un a lbero per ogni cad uto

200 OPERA OMNIA DI BENITO
M USSOLINI

C'è dunque una fi amma che n~n si spegne: una fiamma che arde pura ed eterna per la salute d' Italia, ch e è, deve essere e sarà immortale. (Una grandiosa ovazio ne accoglie la chiusa del discorso d el nostro Direttore. li pubblico è in piedi ttd applaudire freneticamente . Le note solen ni .del/!« Inno del Carnaro >> risuonano allora nel vasto teatro).

DAL SECONDO CONGRES SO DE I FASCI, ECC. 201

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHr AL TRATTATO DI RAPALLO

(13 SETTEMBRE 1920 - 12 NOVEMBRE 1920)

Il 14 sett embre, Mussolini precisa l'atteggiamento fascista nei riguard i del· l 'agitazione metallurgica (206); il l'>, si occupa del comunicato relativo al convegno tra l'on . Giolitti ed il primo ministro francese Millerand, avvenuto ad Aix-les-Bains il 12 settem bre (209); il 18, rdige Sui rulmini del grollesca « PN" ordine» del Krem/in o! (211).

Il 19 settembre, parte per la Venezia Giulia JI 20, c:ommemora il dnqu:i.ntesimo anniversario d el compimento della prima fase dell'unità italiana a Trieste (214); il 21, è a Pola (327); il 22 mattina, d opo un pellegrinaggio alla tomba di Sauro, r iparte per Trieste; ìl 2', parla a Monfalcone ( 224) e nello s tesso giorno trasmette telefo nicamente al giornale l'articolo Il meraviglioso mo11imenJo f auiJJa nella Ven ez i a Giuli" (2 26).

Riffi trato a Milano, da l 25 settembre al t 5 ottobre scrive sul qua rto congresso nazionale del p artito repubblicano ita liano inauguratosi" ad Ancona il 24 settembre (2 29); su lle ultime manifestazioni politiche dell'agitazione metallu rgica ( 23 1); su lle trattative italo-jugoslave (2,34, 242, 244); sull'ordine del giorno votato d 3!1a d irezione del partito socia lista ita liano il 1° ottobre, dopo qu;1.ttro giorni di vivissime discussioni (240); sul convegno dei deputati socialisti apertosi a Trieste il 5 ottobre (l'ordine del giorno del convegno r eca questi tre argomenti: relazi011e della missione socialista in Russia, problemi d ella Venezia Giulia, controllo delle industrie) ( 246, 248); sul congresso della frazione concentrazionista del partito socialista italiano tenutosi a Reggio Emilia il 10 e 1'11 o ttobre (25 6) ; sulla riunione del consiglio naziona le dei fasc i ital iani di combattimento svoltasi a Milano il 10 ottobre ( 25"5, 2) 8) ; redige Il ,,uovo p11pa (2 36); C hi governa? ( 238) ; J/ /alw e /11 r on/ erma (252) ; invia una circolare agli amici deÌ Popolo d'Jtalùz ( no) ; parla sulle elezioni amm inistrative ( 260)

Il 12 ottobre, la di rezione dd partito socialista italiano e la confederaz.ione ,gentrale del lavoro aveva no lanciato un violento proclama per promuovere d ue giorni dopo una manifestazi one « contro la reazione interna ed internaziona le e a favore della Russia comunista»; il 14 ottobre, contro qur-sta manifestazione, era stato p~ocl;imato in tu tta Italia lo sciopero generale, non riuscito completo in molte città; a Milano, Brescia, Bologna, erano avvenuti d isordini e conflitti con morti e feriti; a Trieste i fascisti avev.1no distrutto la sede del giornale socialista ll Lavol'alore. In seguito a quest i fo tti, il 17 Mussolini pubblica La miJ1m1 è ,olma (264).

D.11 18 ottobre a l 9 novembre, Mussolini commenta un articolo dell ' A va,ui ! ( 266); un'intervista concessa dal generale CavÌglia al Corriere del/~ S era il 24 ottobre; una corrispondenza da Venezia (287); redige Ebrei, bolsreviJtno e .1ianùma ira/ian(J (269) ; RJçonascime,ui (28 1); Sra11chezza o 1aggezzfll ( 288); t i· volge un appello alla nazione (274) ; si occupa del movimento fa scista ( 272, 275, 284, 298); celebra il secondo anniversario di Vittorio Veneto ( 277) cd H secondo anniversario della vittoria ( 295, 297); scrive sui risultati delle elezioni

amministrati ve svoltesi il 31 ottobre in parecchie città d 'Italia: le forze nazio• nali hanno la ·prevalenza a Roma, Venezia, Padova, Brescia, S~ia. Lecco, Reggio Calabria, mentre i socialisti prevalgono a Bologna, Modena, Savona, Monza (291); S\J I discorso pronunciato al Reichs tag dal ministro degli este,ri d ella repubblica tedt"Sca il 30 ottobre (293); s ulle elezioni amministrative che si effettueranno il 7 novemb1e (302); sui risultati di q ueste elezioni: le fone nazionali trion. fano in alcune dell e maggiori città, come Firenze, Genova, Napoli, Palermo, Torino, Bari, Parma ; a Milano la differenza fra la lista socialista e q uella del blocco nazionale è di circa tremila voti a favore del partito socialista, su circa 140.000 votanti (304).

Il 10 n ovembre, un comunicato ufficiale annuncia che fra le delegazioni italiana e jugoslava a Villa Spinola (Santa Margherita) si è raggiunto l'accordo con piena soddisfazione dell'Italia, sia · dal punto di vista geografico, sia dal punto di vista militare circa la questione della frontiera giulia, la quale com• p renderà il monte Nevoso ed avrà la contiguità terri toriale con lo stato indipendente di Fiume (306). Il 12, Sémpre a Villa Spino la, le dcl{'gazioni firmano i! trattato, che passer::i. nella storia co l nome di Rapallo.

DAL PRIMO ANNIVE RSAR fO DELLA MARCIA DI RONCHI, ECC 205

DATI DI FATTO

Per determinare il nostro atteggiamento di fronte all'attuale agita· zionc dei metallurgici .italiani, bisogna riportarsi a un _postulato d'ordine economico che figura nel p·rogramma dei fasci Italiani di Combattimento e che dice.:

« Affidamento alle stesse organizzazioni p ro letarie - che ne siano degne moralmente e tecn irnmente - della g estione di industrie o servizi: pubblicì » .

Da questo postulato risulta che noi non abbiamo niente in contrario, n emmeno all'applicaz ione in t oto di questo postulato: cioè alla gestione completa di" tutte le industrie e servizi pubblici da parte dei si ndacati di produttori. Noi fa scisti no n abbiamo pregiudiziali di sorta, Se ci si dimostra che la gestione collettiva d à u n rendimento maggiore d ella ge• stione individuale, noi siamo favorevoli alla prima e contra ri alla second:1 e viceversa. Riportandoci aJ caso attu ale, no i facciamo una quest ione co n. tingente di modo e di tempo. Domand iamo cioè: possono i di versi sin· dacati operai metallurgici sostituirsi - oggi - alle iniziative e imprese gestite individualmente ? Noi Jo escludiamo e lo escludono i più intel..Jigenti fra g li stessi Organizzatori; bisogna procedere - specie sul t er· reno economico - con crite ri d i prudente gradual ità, Ma non è. detto, con questo, che non s i debba mai p rovare, m.1i incominciare, m:ii esperi· me ntarc nuo ve forme, nuovi sistem i d i vi ta e di azione.

Precisato, cosl, in tesi di massima, il nostro punto di vista, che non è, come si può const:itare, contrario, pregiudizialmente, nemmeno alla tesi estrema di una totale gestione collettiva, limitandoci a riserve di tempo, di modo e d i capacità, vediamo quali dati di fatto ci porge lo sviluppo dell' agitazio ne.

1. L'ordine del g io rno a pprovato nel supremo consesso con fe derale. Da esso risulta :

a) che la Confederaz ione Generale del Lavoro non intende allar• gare il campo della lotta con ulteriori occupazioni;

...

b) che la lotta non ha più e non ha soltanto come obiettivo un aumento di salari;

e) che l'obiettivo è spostato dal terreno salaria le a quello giuridico, per cui si chiede il riconoscimento, da parte del padronato, del principio del « controllo sindacale delle aziende»; ,

d) che tale controllo deve costituire il tirocinio di abilitazione dei produttori operai alla gestione collettiva delle imprese nell' interesse de lla collettività.

In questa successione di tempi sono rispettate le leggi della gradualità economica, senza di che si va alraborto o al disastro. Noi pensiamo che gli industriali - moderni possano accettare il principio del controJlo, salvo le modalità che devono essere 'decise dal Parlamento, in mancanza di quei" Parlamento dei produttori che noi. abbiamo sempre p ropugnato

Gli industriali non devono imitare certi monarch i del r ancien régime, che potevano salvare la corona, concedendo a tempo la costituzione e per testardaggine o incomprensione d ei tempi pe rdettero la corona e qualche volta la testa. Per nostro conto aggiungiamo che siamo· favorevoli a questo controllo.

2. Altro dato di fatto: l'ordine del giorno degli estrcmist i-s indacaJisti ed anarchici che « dichiara di non ritenere valido e imp egnat ivo il deliberato della Confederazione, che ha raccolto soltanto i vOti delJa minoranza del proletariato organizzato J·1talia, che è sulJe d irettive della lotta di classej si augura che i lavoratori tutti e le organizzazioni proletarie e sovversive, comprese dell'importanza degli avvenimenti odierni, vorranno stringersi saldamente in un solo blocco di farle rivoluzionarie per una comlLne azione difensiva e di conquista per la definitiva risoluzione del problema sociale attraverso la espropriazione economica e politica della classe borghese; conferma il proposito di intensi6ca re l'attività di tutte le organizzazioni aderenti a ll'Unione sindaca le italiana affinché l'attuale movimento di occupaz ione venga esteso a tutte le aziende industriali cd agricole ».

L'antitesi fra le due organizzazioni è _evidente. Ed è evidente che gli estremisti giocano al più ·rosso, anche perché contano sull'eternq alibi confederale.

3. Finalmente, altro d ato di fatto: una dichiarazione della D irezione del Partito, a mezzo Gennari, secondo la quale « la Direzione d ichiara di fiancheggiare il movimento, riservandosi, eventualmente, in prosieguo di tempo, il diritto di avocarne a sé la direzione, per mutata situazione politica». ·

n evident e che quando la Direzione d el Pus e relativi politicanti avocheranno a sé il movimento, il nost~ atteggiamento sarà i~ rel?-zione u .. xv.

DAL PRIMO ANN IVERSARIO DELLA MARCIA Dl RONCHI, ECC. 207

alla nuova situazione, Quando si comincerà a parlare no n più di « controllo», ma di « dittatura proletaria», ecc., ecc., il gioco di venterà straordinariamente serrato

Gli italiani non sono «russi». E non si ripete - impWlemente-in. Italia l'esperimento russo.

MUSSOLIN I

Da Il Popolo d'I1alia, N. 220, 14 sctt embre 1920, VII.

208 OPERA OMNlA DI BENIT O MUSSOLI NI

PER N ON COSTRUIRE SULLA SABBIA

B isogna riconoscere ch e il comu nicato d iramato all' indomani del conveg no Gio litti-Millerand° è un po' meno !acrimon ioso e quacquero di quello ch e fu d iramato all'in domani del convegno di lucerna. Tuttavia n on esce d ai limiti della solita letterat ura u fficiosa e vi cerchereste invano delle precisioni concrete, Ferm iamoci al passo ch e tratta del problema adriatico e che ci sembra straord inariamente vago.

« Il signor MilleranJ - dice i l comunicato - ha messo in r ilie vo i l valore 'che eg li attribuisce a l pronto regolamento della questione ad riatica con l' intesa diretta fra gli in teressati, che, cosi come è proposta dal Governo italiano, è di natura ta le da salvaguardare le legittime aspirazioni dell' Ita lia, come pure tutti gli interessi in causa, o nde stabilire t ra le nazionalità vicine uno stato di politica :itto a svi luppare tra esse rapporti di interessi e di amicizia. La Francia accoglierà un t:i.le accordo con una profond a simp:i.tia, e g li dà s in da o ra la sua completa adesione ».

Questo ·è un mucchio di parole incoerenti, dalle quali si può estra rre questa banale e lapalissiana verità: e cioè che, se Italia e J ugoslavia riuscira nno a mettersi d' accord o, la Francia ci passerà sopra lo spolverino . Per arrivare a queste stra bil iant i conclusio ni non vale va forse la pena di andare ad Aix-lcs-Bains. Q uesto atteggia mento della Fra ncia è troppo « neutrale» pec piacere ag li italiani. E se o ltre Jc parole non c'è qualche cosa di più sodo, temiamo molto che il convegno di A ix-les-Bains, ai fin i della pacificazione o riconcili azione italo-fr ancese, sia stato un perdi# tempo.

In Francia si conoscono le pazzesche p retese j ugoslave, perché gl i è a'ppunto in Fra ncia che so no state incoraggiate e s i sa che, se fi no ad oggi no n si è addivenut i ad un accordo, la responsabil ità non ricade precisamente sopra l'Italia. :B molto comodo e anche proficuo p er la Fra ncia sta re au de.wu d e la melée tra Italia e Jugoslavia. In realtà la Francia si è messa nella melée a lato degli jugoslavi per ben due a nn i e in molte occas ion i.

Ora q uesta spec ie di neutralità francese marca Ai x-lcs-B:ii ns è assurda, perché g li jugoslavi sono stati tenacissimi nemici de ll ' Ital ia e dell'Intesa.

Il Governo ita liano sembra dunque deciso a riprendere Je trattative dirette cogJi jugoslavi. Grande giubilo nel campo d ei rinunciatari! C'è, tuttavia, un consig,io da dare al Governo: il cons iglio di non dimenticare quel piccolo episodio che l'occupazione legionaria di Fiwne e Ja conseguente .Reggenza del Cam ara. Prima di parlare con TrumbiC, illustrissimo signor conte Sforza, bisogna trattare con D ' Annunzio e intendersi con lui. Realizzato l'accordo con D'Annunzio, tutto il resto verrà da sé. Ma se 1a nostra d iplomazia ignorerà, come ha fatto sin qui, D ' Annunzio, le cose rimarranno al punto di prima. Bisogna assolutamente convincersi che l'arbitro sommo della situazione adriatièa è Gabriele d'Annunzio. Qualsiasi so luz ione del problema adriatico a ndrà, se D'A nnunzio la accetterà; e viceversa tutte le eventuali possib ili soluzioni del problema adriatico rimarranno sui papiri diplomatici, se D' Annunz io non ne vorrà sapere. Che cosa varrebbe - putacaso - una rinuncia di Roma al co nfine sul Nevoso? :B sicuro che D'Annunzio si sostituirebbe al Governo di Roma. Chi applicherebbe una qualsiasi soluzione ·del problema adriatico che non piacesse a D'Annunzio 2 Chi e con quali forze? Il primo passo da fare è verso D'A;nnunzio. Conoscere il suo programma massimo e quello minimo e a quale soluzione darebbe il suo consentimento: Prescindere da D'Annunzio nelle trattative dirette, significa costru~re sulla sabbia. Di ciò devono convincersi e Giolitti e Sforza.

Chiusa questa parentesi :i.driatica, aggiungiamo, sempre a proposito del convegno di Aìx-les-Bains, che non condividiamo l'ottimismo di taluni ambienti circa il ristabilimento delle relazioni italo-francesi. L'anima ital iana è troppo amareggiata perché basti un conveg no a sollevarla. Accade oggi colla Francia quello che accadeva prima del 1914 colla Germania. Alleanza dei Governi, assenza o inimicizia dei popoli. La prosa del convegno di Aix-les-Bains suona a vuoto nei cuori degli. ita• liani. Non bastano più Je p aro le. Solo i fatti possono ricementare l'unione. A quando i fatti? MUSSOLINI

Da 1/ Popolo d'Italia, N. 221, l 5 Settembre 1920, VII.

210 OPF.RA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI ...

SUI CULMINI DEL GROTIESCO

« PER ORDINE» DEL KREMLINO !

n attendibile la notizia data dal Resto del Carlino a proposito della riunione confederale e socialista di domenica .:scorsa a Milano? Secondo le, rivelazioni interessanti del quotidiano bolognese, a un dato momento il professate Egidio Gcnnari avrebbe dichiarato che bisognava fa re la rivoluzione immediatamente, perché lo aveva ordinato da Mosca il signor Uljanov, infallibile pontefice supersommo del comunismo mondiak la notizia, per quanto paradossale, è attendibile. Prima di tutto per il giornale che la pubblica. 11 Resto del Carlin o è un giornale borghese, che è in intimi rapporti col massimalismo emiliano. Sulle colonne del Re.rto del Carlino si distendono a piacimento gli scrittori più quotati del Pm. Se non fosse indiscreto, noi faremmo anche il nome di colui che ha «versato » le rivelazioni. Ma non è necessario. Tanto più che un altro fatto dà b. più grande attendibilità alla notizia stessa. Un d ocumento esiste, non pubblicato dall'Avanti!, ma dal ùtvora/O'fe di Trieste, che, convogl iando in sé tutti gli obliqui rancori ant i-naziona li di quelle regioni, è u ltra-bolscevico: è il manifrsto lanciato dalla terza I nternazionale « a tutti i compagni del Partito Socialista Ital iano ed ai p roletari rivoluz ionari d 'Italia». Il lAvor,ttorc incornicia il manifesto con questo titolo: La l olla JeriJh:tt p rr l'Italia sovietista (l'uva è ancora acerba !). Ecco il brano ~ssenziale del manifesto:

« Ora tocca al artito Socialista Ita liano dire la parob. d ecisiva La borghesia italiana vede il pericolo; essa organizza feb brilmente la guardia bianca. la g uerra civile è divampata . Ora sarà i l primo compito d el Parti to Socialista Italiano d i assirurnre a questa guerra la vittoria rivoluziona ria. Ma da q uesto punto di vista si deve capire che il Partito Socialista Italiitno dimos tra irresolutezza. Invece d i imp rimere al movimento un carattere sistematico, il · P artito spinge le masse 'Werso gli anarchici e menoma cosi l'autorit.i d el Partito m edesimo. Non è H Partito che dirige la lotta delle massi', ma sono le masse che sospingono il Partito. I.a c.:msa di questo fenomeno sta nel fatto chi.' il Partito è eccessivamente ingombrato da elementi riformisti e borghesi-liberali Né sono in miglior conJ izione i sindacati, che non si sono ancor.a St3<c.tti' dalla Fedenzione gia lla d i Amsterd an.

<< t dovete del Partito di aiutare gli o perai, nell'intento di trasformare i sind acatì in ma nie ra che quest i sieno effettivi appoggi della rivoluzione p ro· letaria,

« Il Comitato esecutivo dell'Internazionale comwiista crede chC alrordine del giorno del Partito debba figur are il probl ema di un più stretto contatto fra il Partito Sociali sta. d'Italia e tutti gli ekmenti proletari e rivo luzionari del s indacalismo.

« Infine il Comi tato esecuti-vo esige d al Partito Socialista Italiano che a l congresso dd Parti to e nelle organizzazioni sieno messi in discussione tutti questi problemi e considera come perentorio l' invito all'epurazione del Partito. Si av. vicinano le lotte decisive. L' Italia d iverrà una "Italia sovietista ". Il Partito Socia lis ta Italiano divt'rrà un Partito Comunista. li proletariato italiano diverr.ì il miglior battaglione ne ll'esercito proletario internazionale».

N iente imped isce di credere che accanto a questo invito. o incitamento pubblico ci fosse l'ordine confidenziale di << attaccare>>

Con questo episodio, il P1u italiano - ibrida C repugnante masnada di ingenui, d i m.istifi.ca.tori, di pescicani, di. arrivisti, di spie - h a tOC· cato i più alti vertici del g rottesco. E il fotto che un capo socialista abbia potuto prospettare l' eventualità o fa necessi tà di seguire l'ordine, dà la misura del grado di disfacimento spiri tuale cui è pervenuto l 'immenso e paralitico Pus. Sino a ieri, fa rivoluzione socialista veniva considerata come un a efaborazione dal profondo di forze nuove, che infrangono, a sviluppo raggiunto, le forze vecchiè; si dava poco margine ai fattori volontaristici in questo diveni re e t ramutarsi di rapporti economici e si pensava d1e né un profeta, né un martire, né un santo e nemmeno il pad reterno, avrebbero potuto anticipare, con un atto, o, peggio, con una parola d'imperio, il corso fatale d ella sto ria. Oggi, no n più. Oggi siamo alla rivoluzione « ordinata )) da l Kremlino, con un ukase di Sua Maestà Lenin I. Pronti o noh p ronti; matu ri o accrbissimì; con dieci probabilità d i vittoria o con nova nta probabilità· di disfatta, una rivoluzione deve essere regalata all 'Ita lia, semplicemente perché

vuo!si così colà doi,e si puo/e ciò che si vuole

in fat to di sociaJismo ital iano. Se - come si afferma - la discussione confederale ebbe dei mome nti di t ragedia, è positivo che, colla « sor· presa» Gennari, I'a tmosfcr:i. fu ventilata da ondate di ridicolo colossale. La rivoluzione in Jtalia per un capriccio d i Lenin! Dite: si è mai avuto sotto la cappa di questo cielo mediterraneo qualche cosa di più gc_nuin amentc carnevalesco? Il povero Pus italiano ha abdicato a tutto: avrà seri pensieri, se Lenin lo permetterà; farà la rivoluzione, se Len in, da Mosca, lo impo rrà ; si ritirerà in buon ordi ne, se Lenin, dal fondo del ben vigila to Kremlino, no n vorrà spingere le cose all'estremo. N essun Partit o, in ness un p:.wse del mondo, ha, nella sua storia, un episodio di q uesto gene re. Non sappiamo se per fort una o per disgrazia gli organizzatori

212 OP ERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

confederali si ribelleranno all'ukase.del supremo pontefice, per cui altri fulmini escomunicatori sono in vista, mentre fa rivoluzione ha sublto l'ennesimo leggero rinvio.

« Dio lo vuole», andava gridando, ai suoi tempi, Pietro l'Eremita, allo scopo di scatenare entusiasmi per le crociate!

« Lenin lo vuole ! », va predicando quest'altro frate godente e pro· cacciante della nuova ecclesia.

Ma coloro che sono stati in Russia e hanno visto da vicino il « santo sepolcro » è un ·fatto che non ci credono più.

Da li Pope/o d'Italia, N. 224, 18 settembre 1920, V II.

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI, ECC, 213
M U S S OLINI

DISCORSO DI TRIESTE •

lo non vi considero, o triestini, come degli italiani ai quali noò si può dire ancòra la verità o rutta la verità, poiché io vi considero come i migliori fra gli italiani, ed il vostro entusiasmo di oggi me lo dimostra. L'evento, che ebbe il 20 sette~bre 1870 in Roma il suo compimento, fu un magnifico quadro dentro ad una mediocre cornice, né su c iò mi soffermerò.

Dopo cinquant' anni dalla Breccia di Porta Pia, noi dobbiamo fa re il nostro esame di coscienza, Una nazione come la nostra, che era uscita da ur1:a lunga divisione plurisecolare, che aveva appena raggiunto l'un ità, non aveva ossa sufficentemente robuste per reggere il peso di una politica mondiale. Un uomo g rande nel pcnsie~o italiano, Francesco Crispi, ruppe questa tradizione.

In cinquant'anni di vita, · l'Italia ha realizzato progressi meravigliosi. Prima di tutto c'è un dato di fatto: ed è la vitalità della nostra stirpe, della nostra razza. Ci sono delle nazioni che ogni anno devono compulsare con una certa preoccupazione i reg istri dello stato ci vile, perché, o signori, è appunto in questo disquilibrio che si producono le grandi crisi dei po· poli, e voi sapete a chi alludo. Ma l'Ita lia non ha di queste preoccupazion i. L'Italia faceva 27 .000.000 di abitanti nel 1870; ne ha 50.000.000 adesso : 40.000.000 nella penisola, ed è il b lOCco più omogeneo che ci sia in Europa. Perché, a paragone del blocco boemo, ad esempio, dove 5.000.000 di czec h i gove rnano 7.000.000 di altra razza, l'Italia non ha che 180,000 ted~sch i nclJ'Alto Ad ige, immigrat i in casa nost ra; non h a che 360.000 slavi immigrati in casa nostra, mentre tutto il resto è un blocco unico e compatto. E accanto a qùesti 40.000.000 in Italia, cc ne sono 10.000.000 che hanno straripato in tutti i continenti, oltre tutt i gli oceani: 700.000 italiani sono a Nuova York, 400.000 nello Stato di San Paolo, dove la lingua di stato dovrà diven ire la lingua italiana , 900.000 nella Repubblica Argèntina, 120.000 in Tunisia, quella Tunisia alfa quale rinunciammo in un momento di minchioncria colossale, quell a Tunisia che àbbiamo r iconquistato attraverso l'opera me ravigliosa dei co-

• Discorso p ronu nciato a Tri este, a l politeama "Rossetti » , li mattini del 20 settembre 1$120 (322). (Da Il Po polo d'lralia, N. 229, 24 settemb re 1920, VII).

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Ioni sicil iani che ivi hanno trasportato le loro tende, chè: oggi lavorano per la reggenza. francese, ma che molto probabilmente lavoreranno domani sotto la reggenza italiana . ::B un peccato .che gli stranieri ci conoscano poco, ma è anche più grave che g li italiani conoscano poco l'Italia, perché se la conoscessero, si vedrebbe che molti popoli d'oltre confine sono ancora più indietro di noi, si saprebbe che nel campo industriale il più potente impianto idroelettrico del mondo è in Italia. E non mi si parli di forze reazionarie in Italia. Mi fanno ridere queUi che parlano d i governo reazionario, specialmente se sono dementi immigrati o rinnegati di Trieste; perché se c'è un paese al mondo dove la libertà sta per scon.finare nella licenza, dove la libertà è patrimonio inviolabile di tutti i cittadin i, è l'Italia, Non si è visto ancora in Italia quello che si è visto in Francia, dove per uno sciopero politico la Repubblica francese ha scio lto la Confederazione G enerale del Lavoro, ha legato i capi e li t iene ancora in galera ; non si è visto ancora quello che si è visto in Jnghilterra, dove elementi cosiddetti non d es iderabili sono spedit i o ltre la Manica ; e non si è visto ancora in Ita lia quello ch e si è visto compiuto nell'u ltra democratica repubblica degli Stati Uniti, dove in una sola notte 500 cosiddetti sovversivi vengono legati e spediti in 24 ore oltre l'Atlantico. Se c'è q ualche cosa da dire è questo: è tempo di imporre una ferrea disciplina ai s ingoli ed alle foIIe, perché un conto è la rinnovazione so• ciale, alla quale non siamo contrari, e un conto è la dissoluzione in casa. Finché si parla di trasformazione, noi ci siamo tutti; m a quando invece si vuol fare il salto nel buio, allora noi poniamo il nostro alto là, Passerete, diciamo, ma p asse-rete sui nostri corpi ; prima dovete vincere la nostra resiste-ma.

Or.i, dopo mezzo ·secolo d i \'ita italiana, che io vi ho cosl sch ematicame nte riassunto, Trieste è italiana e sul Brennero sventola il tricolore. Se fosse possibile attardarci un m inuto a misurare la grandiosità dell'evento, voi trovereste che il fatto che sul Brennero ci sia il t r ico lore, è un fatto d ' importanza capitale, non solo nella storia italiana, ma anch e nella storì:i. europea . 11 tricolore sul Brennero significa che i tedeschi non caleranno p iù impunemente nelle nostre contrade. Si sono messi tra noi e loro i g hiacciai e sopra i ghiacciai quei magnifici alpini d1e andavano all'assa lto del Monte Nero, che si sono sacrificati all'Or tigara ed h anno sulle loro· band iere il motto: « Di qui non si passa » . (A pplansì frago rosi).

Ora è un fatto ·importantissimo c he Trieste è \'cnuta all ' Italia dopo una vittoria colossa le.

Se noi non fossimo cosl quot idianamente presi da lle necessità della v ita materìale, se non avessimo cont inuame nte attraversato il p ensiero d a

DAL PJUMO ANNlVERSARlO DELLA MARCIA DI RONCJ-H,- ECC. 215

altri problemi mediocri e banali, noi sapremmo misurare tutto ciò che si svolse sulle rive del Piave nel giugno cd a Vittorio Veneto nell'ottobre. Un impero andò in isfacelo in u n 'ora,"un impero che aveva resistito nei secoli , un impe ro dove si e ra sviluppata necessariamente un'arte sopraffina di goverrio, che consisteva nel suo eterno divide et imp era, saggiamente, secondo la sapienza .di Budapest e di Vienna. Questo impero aveva un esercito, aveva una politica trad}zionale, av~va una burocrazia, aveva leg ato tutti i cittadini al suffragio universale. Questo impero che sem· brava potente, invincibile, croilò sotto i colpi delle baionette del popolo ita liano.

Il risorgimento italiano non è che una lotta fra un popolo ·e d uno Stato, fra il popolo italiano da una parte e lo Stato absburgico d.111'altra, fra la forza viva avvenire e il morto passato. Era fatale ch e avendo passato il Mincio nel 1859 e l'Adige nel 1866, nel 1915 si dovesse pass:ue l'Isonzo e giu ngere oltre: era fatale, tanto fata le ch e ogg i g li stess i neutralisti, lo stesso uomo d el << parecchio », Giolitti, intervistato da un g iornalista americano, ha dovu to r iconoscere che l'Italia, pena il suicidio, pena fa morte, pena maggiore: fa vergogna, non poteva rimanere n eutrale. Era per lui questione di modo e di tempo. Ma essenziale per noi è che l'uomo del «parecchio >> abbia detto che l'Italia doveva i ntervenire, più tardi o prima non importa, e che era logico• e fatale che l'interven to si sviluppa:,:se a fianco dell"Intesa.

Questa rivendicazione del nostro interventismo è quella che ci dà la massima soddisfazione. E che cosa importa se Jeggo in un libro nero e . melanconico che Trieste, Trento e Fiume rappresentano ancora un deficit di fronte alla guerra? Quest o modo di rt1gionare è ridicolo Prim a di tutto non si riducono g li avvenimenti della storia ad una partita computistica di dare c d avere, di entrata ed uscita. Non si può fare un b ilancio preventivo nei fatti dell a storia, e pretende re che colli mi col b ila ncio consuntivo. Tutto questo è frutto d i una mel:tncon ia filosofica abbastanza diffusa in Ita li a dopo la guerra .

Ma speriamo che paSsi presto, per dar posto a sentimenti di ottimismo e di orgoglio. Questo dopoguerra è certamente critico: lo riconosco. Ma ch i pretende che una cri:.:i g igantesca come quella di cinque anni d i gue rra mondiale si risolva subito ? Che tutto il mondo rito rn i t ranq uiIJo come prima in men di due anni? La crisi non è di Trieste, di Milano, d'Italia, ma mondiale, e non è fini ta.

La lotta è l'origine di tutte le cose perché Il vita è tutta p ien.:i. di contrasti: c'è l'amo re e l'od io, il bianco e il nero, il giorno e la notte, il bene e il male, e finché questi contrasti non si assommano in equil ibr io , la lotta sar à sempre nel fondo della natura um.1na, come suprema fa. talità. E del r esto è bene che sia cosl. Oggi può essere la lotta di g ue rra

t. ~216 OPERA OMNIA O( BENITO MUSSOLINI

economica, di idee; ma il giorno in cui più non si lottasse, sarebbe g iorno di malinconia, di fine, di rovina. Ora, questo giorno non verrà. Appunto perché la storia si pre"senta sempre come un panorama carlgia nte. Se si p retendesse di ritornare alla calma, alla pace, alla tranquillità, si combatt erebbe ro le odierne tendenze deJl'attuale periodo dinamico. Bi sogna prepararsi ad altre sorprese, ad altre lotte. Non ci sarà un periodo di pace sìno a quando i popoli si abbandoneranno ad un sogno cristiano di fratellanza universale e potriinno stendersi la mano oltre g li oceani e le montagne. lo, per mio conto, non credo troppo a questi ideali, ma non li escludo perché io non escludo niente: tutto è possibile, anche l'impossibile e l'assu rdo. Ma oggi, come oggi, sarebbe fallace, pericoloso, criminoso costruire le nostre case sulla fragile sabbia dell'internazionale cristiano-socialista,comunista. Questi ideali sono rispeÙabili, ma sono ancora molto lontani dalla realtà. (Applausi).

Quale l'azione del fa scismo in questo pe riodo così travagl iato del dopoguerra? Primo pilastro fo ndamentale dell'azione fascista è l'italianità, cioè: noi siamo orgogliosi di essere italiani, noi intendiamo, anche andando in Siberia, di gridare ad alta voce « siamo Jtaliani ! ». Ora è appunto tutto questo che ci separa da molta altra gente che è così grottesca e piccina e che nasconde la sua italianità perché in Italia c' era una volta 1'80 per cento di analfabeti. Analfabeta non significa niente, perché iinche la piccola mediocre istruzione clc1ncntare può essere peggiore dell'analfabetismo puro e semplice. E vecchia idealità quella di credere che è più intelligente uno che sa scrivere di uno d1e, essendo forse più intelligente, non lo sa.

Quella gente si vergogna, per esempio, se gli emig ranti italian i distribuiscono qualche g enerosa coltellata: ma tutto questo è un modo molto brillante di dimostrare che gli italiani non sono vigl ia.echi né rammolliti e che hanno il mezzo di difendere l'itali a nità., quando i consoli non sanno difenderla. Ora noi rivendi chia mo l 'onore di essere italiani, perché n ella nostra penisola, meravigliosa e adorabile - adorabile benché ci siano degli abitatori non sempre adorabili - s'è svolta la storia più prodigiosa e meravigliosa del genere umano. Pensate voi a un uomo che stia pure nel lontano Giappone o ncll' America ·dei dollari o in qualche altro sito anche recondito, pensate se quest'uomo possa essere civile senza conoscere la storia di Roma. Non è possibile.

Roma è il nome che riempie tutta la storia per venti secoli. Roma dà il segm1le della civtltà universale; Roma che traccia strade, segna confini e che dà al mondo le leggi eterne dell'immutabile suo diritto. Ma se questo è stato il compito unive rsale di Roma nell"antichità, ecco che dobbiamo assolvere ancora un altro compito unive rsale. Questo destino non può diventare unive rsale se non si trapianta nel terreno di

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Roma. Attraverso jl cristianesimo, Roma trova la sua forma e trova il modo di reggersi nel ffiondo. Ecco Roma che ritorna ancora una volta centro dell'impero universale che parla la sua lingua. P ensate che il compito di Roma non è finito, no, p erché la storia italiana del m edioevo, la storia più brillante di Venezia, che regna per dieci secoli, ch e porta le sue galee in tutti i mari, che ha ambasciate e governi; governi di cui oggi si è perduta la semente, non si è chiusa. La stor ia dei Comuni italia ni è una storia piena di p rodigi, piena di grandezza, di. nobiltà. A ndate a Venei:ia, a· Pisa, ad Amalfi, a Genova, a Firenze, e voi troverete là sui palazzi, nelle strade, il segno, l'impronta di questa nostra meravigl iosa e non ancora marcita civiltà.

Ora~ amici che ascoltate, dopo questo periodo, sul principio dell' ' 8 0 0 , in cui l'Italia era divisa in sette piccoli Stati, sorse una generazione d i poeti: là poesia ha anche il compito di suscitare l'entusiasmo e di accendere le fedi e non per niente il più g rande poeta dell' I talia moderna, lo vogliano o no gli scribi che non sanno esprimere nel loro cervello un'ideuzza, il più g rand e poeta d'I talia , Gabriele d'Annunzio, realizza, nella magnifica unità di pensiero e di sentimento, l'azione che è una caratteristica del popolo italiano. ( li pubblico scatta in piedi rrl grido di: « Viva D'A nnunzio! Viva Fiume!»).

Siamo orgogliosi di essere ita lian i, non già per un criterio di gretto esclusivis~o. Lo spirito moderno ha i l timpano auricolare teso , ,erso fa bellezza e 1a verità, Non si può pensare un ·uomo moderno che non abbia Jét to Cervantes, Shakespeare, Goethe, che non abbia letto Tolstoi. Ma tutto questo non deve farci dimen ticare che noi abbiamo tenuto il primato, che noi eravamo grandi quando gli altri non erano ancora nati, che mentre il tedesco Klopstock scriveva Ja. verbosa A1euiade, D:1nte AJig hieri , dal 1 265 al 1321 g ig:mteggiava. E abbiamo ancora la scultura di Michelangelo, l a pittura d i Raffaello, l'astronomia di Ga lileo, la med i· CÌ!'a di Morgagni e accanto a questi il misterioso Leonardo da Vinci, che eccelle in tutti i campi e, se volete passare all'arte della politica e della guerra, ecco N apoleone, ma soprattutto Garib1ldi latinamente italiano.

Queste sono le Dolomiti del pensiero, dello spirito italiano, ma ·accanto a que·ste Dolomiti qu.1si inaccessibili, c'è un panorama di culmini e di vette minori, ch e dimostrano che non si può assolutamente pensare alfa civiltà umana senza il contributo formidabile recatovi dal pensiero italiano. E questo bisogna ripetere qui dove stanno, ai nostri confini, tribLI più o meno abbaianti lingue incomprensibili e che pretenderebbero, soltanto perché sono in tanti, di sopprimere e soppiantare quest a nostra meravigliosa civiltà che ha resistito due m illenni e s i prepara a resistere il terzo.

Quanto al secondo pilastro del fascismo, esso significa a nt iderna-

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DI BENITO MUSSOLINI

gogia e pragmatismo. Non abbiamo nessun preconcetto, non ideali fissi e soprattutto non orgoglio sciocco. ·Coloro che dicono: « Siete in felici, eccovi la ricetta per la felicità», mi fanno venire a mente la réclame; « Volete la salute?>>. Noi non promettiamo agli uomini felicità qui né al di Jà, a differenza dei socialisti, che pretenderebbero di mascherare la faccia dei mediterranei con la maschera russa.

Una volta c'erano i cortigiani · che bruciavano incenso d avanti ai re e ai papi, e ora c'è una nuova genìa che brucia incenso, senza sincerità, davanti al proletariato. Dicono: solo chi ha l'Italia n elle mani ha diritto di governare, e magari costoro non sanno governare nemmeno la propria famiglia, Noi no. Noi teniamo altro linguaggio, molto più scrio e spregiudicato e più degno di uomini liberi. Noi non esclu diamo che i l proletariato sia caplce di sostitui re altri valori, ma diciamo al p roletariato: prima di pretendere di governare· una nazione incomincia col governare te stesso; com incia a rendertene degno, tecnicamente, e-prima ancora moralmen te, perché governare è cosa tremendamente complessa, difficile e com~ licata. (Applmm). La nazione ha milioni e milion i d 'indi. vidui i cui interessi contrastano, e non ci sono esseri superiori che possano conciliare tutte queste contrarietà per fare una uni tà di p rogressi e d i vita. -

D'altra parte noi òon siamo passatisti assolutamente legat i ai sassi e alle macerie. Nelle città moderne tutto deve trasformarsi. Ai trams, alle automobili, ai motori, le vecchie strade delle nostre città non resistono più. Poiché in esse passa il flutto della civiltà. Si può d istruggere per ricreare il più bello, grande e nuovo, ma mai distruggere col gusto del selvaggio che spezza una macchina per vedere che cosa c'è dentro. Non ci rifiutiamo a modificazioni anche nella città dello ·spir'ito, appu nto perché lo spi rito è delicato. A mc non ripugna. nessuna. trasformazione socia le necessaria Cosl accetto questo famoso contro llo delle fabbriche e anche la gestione coope rativa sociale delle fabbrich e, ma semplicemente chiedo che si abbia 1a coscienza morale pulita, la capacità tecn ica per mandare avanti le aziende; chiedo che qu este aziende p roducano di più, e se ciò mi è garantito dalle maestranze operaie e non più padronali, non ho difficoltà a dfre che gli ultimi h anno il diritto di sostituire i primi.

Quello cui ci opponiamo noi fascisti è la mascheratura bolscevica del socialismo italiano. n strano che una razza che ha avuto Pisacane e Mazzini vada a cercare i vangeli prima in Germania e poi in Russia. Bisognerebbe studiare un po' Pisacane e Mazzini e si ved rebbe che alcune delle verità che si pretendono rivelate dalla Russia non sono che veri tà già Consacrate nei lib ri dei nost ri g randi maestri italiani . Ma infi ne come pensate che il comunismo sia possibile in I talia, il paese più indi-

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI, ECC. 219

vidualista del mondo? Questo è possibile dove ogni uomo è un numero, ma non in Itali a, dove ogni uomo è un individuo, anzi una individualità. Ma poi, cari signori, esiste ancora in Russia questo bolscevismo? Non esiste più. Non più consigli di fabbrica, ma dittatori di fabbrica; non 8 ore di lavoro, ma 12; non eguaglianza di salarì, ma 3' categorie di salari; non secondo il bisogno, ma secondo i meriti. Non c'è in Russia nemmeno quella libertà che ha l'Italia. C'è una dittatura del proletariato? No! C'è una dittatura dei socialisti? Nol C'è una dittatura di pochi uomini intellettuali non operai, appartenenti ad una frazione del Partito Socia lista, combattuta da tutte le altre frazioni.

Questa dittatura di pochi uomini è quella che si chiama il bolsce• vismo. Ora, in Italia noi non ne vogl iamo sapere, e gli stessi socialisti, compresi que1Ii che hanno veduto la Russia, quando voi li interrog:1.te, riconoscono che non si può trapianta re in Italia quello che va male in Russia. Solamente hanno il torto di non dirlo apertamente, hJ.nno il torto di gioca re sull'equivoco e di mistificare Ic masse. Ripetiamo, noi non siamo contrari alle ma.Sse operaie, peiché esse sono necessar ie alla nazione, sono necessarie, sacrosanta mente necessarie, I venti mi lioni di italiani che lavorano col braccio hanno il diritto di difendere i !Oro in· teressi. Quella che noi combattiamo è la mistificazione dei politicanti a da nno delle classi operaie; noi combattiamo questi nuovi preti in mala fede che promettono un paradiso nel quale non credono neppure essi. Quelli che a Trieste fanno i bolscevichi più accesi, lo fanno semplicemente peé- renders i simpatici alle masse slave che abitano qui vicino. (Applau1i fragoro11).

E se io ho una disistima profonda, un disprezzo profondo di molti capi del movimento bolscevico d ' Italia, è perché li conosco bene, perché li ho conosciuti tutti quanti, sono stato con loro a contatto; so benissimo che quando fanno i leo ni sono conigli, so benissimo che fa nno come quei tali frati di Arrigo H eine, che predicano apertamente l' acqua e bevono nascostamente il vino. Noi vogliamo appunto che questa turpe specula· zione finisCa, anche perché è antinazion.1le.

Mi sapete dire per qual caso singolare in tutte le questioni i socia. listi italiarli sono contro l'Italia? Mi sapete dire perché sono sempre coi popoli che avversano l'Italia? Cogli albanesi, coi croati, coi tedesch i e con tutti gli altri popoli? Mi s:ipete spiegare perché si grida « viva l' Albania!», che fa la guerra per avere Valona, che è albanese, e non si grida << viva l'Jtalia ! », che fa la guerra per avere Trento e Trieste, che sono italiane? Ma c he criterio è questo di esser sempre contro l'Italia e di g ridare sempre stupidissimi « v ia »?

Quattro arabi si rivoltano in Libia:<< via dalla libia !)) , Seimila alba

220 OPERA OMN IA DI BENITO M USSOLINI

nes i attaccano: <e via da Valona! ». E se domani i croati della Dalmazia ci attaccheranno, i socialisti diranno: « via dalla Dalmazia! )>. E se domani su questi monti ars icci del Carso s i sviluppasse un movimento insurrezio• nale contro Trieste, t emo ch e i socialisti d'Italia direbbero anche : « via da Trieste !». (A que1to punto tutto il fa11bblico uatta i n piedi gridando «Mail)>). Ma ci sono anche italiani di qui e fuori di qui che affogher ebbero loro in bocca il grido fratricida.

Ed è lo stesso dèlla loro opposizione alla guerra. Vedete, la guerra è cosa orribi le Lo sanno coloro che l'han fatta. Ma allora bisogna spieg arsi:· o 1a guerra in sé e per sé, fatta per qualsiasi ragione, sotto qualsiasi latitudine, per qualsiasi pretesto, non deve farsi e allora io rispetto questi umanitari, questi tolstoiani se dicono : io abborro da l sangue per qualsiasi !lgione sia versato. Li rispetto e Ii ammiro, sebbene trovi ciò legge rmente inattuabile. Ma i socialisti gr idano <<abbasso la guerra! », quando la fa l'lt:ilia e <e viva la guerra» quando il fa la Russia. Voi avete un giornale che era lietO q1:1ando i cosiddetti bolscevichi marciavano su Varsavia e usava uno s_ti le prettamente militare : « Mentre scriviamo, il cannone», ecc. Lo sappiamo a memoria. Ma allora la g uerra non è la stessa cosa. La guerra russa non fa vedove, non fa orfani? Non è fatta con cannoni, .acropla.ni, e tutte le armi infine che straziano e uccidono corpi umani? O voi, dunque, siete contrari a tutte le guerre, e allora noi potremo discutere insieme~ ma se voi fate distinzione fra guerra e guerra, guerra che si può fare e guerra che non si può fare, allo ra noi vi diciamo che il vostro umanitarismo ci fa schifo. E se avete ragione di fare l:t guerra, avevamo ragione noi di farla pe r i d estini della naziòne nel 19 15. (App/dtm).

Quale può essere quindi - e volgo alla fine - il compito dei fa-. · scisti? Il compito dei fascisti in Italia è questo: tenere t esta alla dema• gogia con coraggio, energia ed impeto. Il Fascio s i chiama di Combattimento ·e fa. parola combattimento non fascia dubbi di sorta. Combat. te re con armi pacifiche, ma anche con armi g uerriere. D e l resto tutto ciò è normale in Itdia p erché tutto i1 mondo si arma e quindi è assolutamente necessario che noi che siamo italiani, ci armiamo ·a nostra volta. Ma il compito dei fascisti di queste terre è più delicato, più sacro, più difficile, più necessario. Qui il fascismo ha ragione d'essere; qui i l fascismo trova il suo terreno naturale di sviluppo. In questa giornata storica, mentre 1a crisi ita li ana sembra aggravarsi - non importa, si risolverà - io ho fiducia illim itata nell'avvenire della nazione italiana. le crisi s i succe~ deranno alle crisi, ci s:iranno pause e pa rentes i, ma a ndremo a ll'assesta· mento e no n si potrà pensare a una storia di domani senza la pa rtecipa· ziorie italiana. Perché è bensl vero ch e ne l 1919 l'Ita lia ha avuto un

DAL. PR IMO ANNIVERSARIO DELLA 1'.[ARCIA DI RONCHI , ECC. 221

Nitti e nel 1920 un Giolitti; ma se questa è la faccia nera della situazione, dall'altra parte la faccia sple ndente di questa situazione è G::bricle d'Annunzio, il quale ha realizzato l'un ica rivolta contro la plutocrazia di Versaglia.

Molti ordini del giorno, molti articoli di giornali, molte chiacchiere più o meno insulse; ma l'unico che abbia compiuto un gesto vero e r eale di rivolta, l'unico che per 12 o 13 mesi ha · tenuto in iscacco tutte le forze del mondo, è Gabriele d'Annunzio insieme coi suoi legionari. Contro queSt'uomo di pura razza italiana si accaniscono tutti i vigliacchi ed è per questo che noi si~mo fieri ssimi ed orgogliosi di esserè con lui, anche se contro di rioi si accanisca Ja vasta tribù degli scemi. Quest'uomo significa anche la possibilità della vittorìa e della resurrezione, E questa possibilità esiste, perché abbiamo fatto la guerra e abbiamo vinto ed è ridicolo che coloro che di più hanno beneficiato della guerra, ·in stj. pendi, in voti, in onori, siano proprio coloro che sputano oggi su questa guerra e su questa vittoria. Ad ogni modo io p enso, e quest3 vostra adunata me ne fa testimonianza solenne, ch e l'ora d ella r iscossa del valore naz ionale è spuntata. Cè da una parte un vasto mondo che brulica, m a c'è anche un mondo che non è immemore, che non è igno· rante. (Applami viviuitm).

Mentre partivo da Milano, mi giungeva da Cupra Marittima, un piccolo paese deJI'Italia centrale, un invito del sindaco che mi chiamava a commemorare i caduti in guerra. Non ho accettato perché i discÒrsì mi pesano. Ma questo episodio, come ìl peJ!egrinaggio de11'0rtigara , il pel· legrinaggio sul Grappa, i l pellegrinaggio del 24 ottobre· sulle pietraie del Carso, vi dice che i valori ideali "e morali non sono ancora tutti pérduti e stanno anzi risorgendo. Noi vogliamo aiutare questa rinascita d i valori spiritua li e morali, e vogliamo aiutarla colle opere scritte e fatte.

I eri ebbi un minuto di viva commozione passando l'Jsonzo. T utte le volte che 110 p assato quel fiume colJo zaino sulle spalle, mi sono chin ato a bere quell 'acqua cristallina e limpida. Se non avessimo varcato quel fiume, oggi il tricolore non sarebbe su San Giusto.

Qui è il significato vero e proprio della guerra. Orbene, se il trico· lorc è issato su San Giusto, vi è issato perché trent'anni fa un triestino fu il precursore di questa gesta; vi è issato anche perché nel 1915 i battaglioni italiani si precipitarono sui reticolati austriaci; ed a questa gesta hltta l'Italia ha preso parte, dagli alpini delle montagne di Piemonte, d i Lombardia, del Friuli, alle fante rie magnifiche dell'Abruzzo, delle Puglie , della Sicilia ed ai soldati dell' isola generosa e ferrigna, deUa Sar· degna d imenticata anche troppo d al Governo italiano. E quei generosi

222 OPERA OMNIA Dl BENITO MUSSOLINI

figli non si sono ancora levati in rappresaglie contro i demagoghi dell'Italia, perché sono ancora sempre pronti a compiere il loro dovere.

Trie11ini!

Il tricolore su San Giusto è sacro; il tricolore sul Nevoso è ~acro; ancora più s.acro è il tricolore sulle Dina.rì che. Il tricolore sarà protetto dai nostri eroici morti: ma giuriamo insieme che sarà difeso anche dai vivi! (li magnifico discorso di Benito M111solini, interrotto spesso da irrefrenabili appla11J;, è accollo in fin e da una calda e /11nga ovazione). ·

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI1 ECC 223
lG. , XV.

Durante tutta la mia. vita _politica - notate bene - io non ho mai chiesto niente agli operai. Quando ero a capo del socialismo italiano, non mi facevo paga re le conferenze, né ambivo ,,otì, applausi, stipend i. Nessuno dei socialisti, anche di quelli che più nù odiano, può affermare che io abbia speculato sulla classe lavoratrice. E quando m 'avvenne di condu rla nelle stude, non ero in coda, ma in testa, a prendere fa m ia parte di legnate.

Voi, operai, avete sa nti di ri tti da conqu istare, perché siete e lemento essenziale della società. Diritti del cervello e diritti del braccio non sono contrari, bensl armonizzanti.

Voi, come dasSc, avete diritti da difendere e dovete org::mìzzarvi in sindacati di mestiere e fa re Jotta economica. Potete fare collaborazione di classe, quando trattasi di conqu istare un mercato straniero per lo sbocco dei manufatti; potete fare fotta di classe, quando abbiate da condurre un'azienda essendone capaci. ]\fa in ogni caso dovete sentirvi sempre e soprattutto italiani!

Se vi dicono che Benito Mussolin i è venduto ai padroni, sputate in faccia al calunniatore.

D urante 1a vertenza dei metall urgici, nella quale sono stltÌ impegnati cinquecentomila operai, io mi sono schierato dalla parte dei lavòratori ed ho subito gridato ai J»droni : ilffermilte ·cosa inesatta se dite di non poter aumenta re i salari, In conclus ione, di sette lire chieste dagli operai, quattro sono state accordate.

Guardatevi da coloro che vi parlano della Russia e del comunismo ._ e rispondete loro: ne abbiamo avuto già abbastanza dei preti neri e non vogliamo sapere di preti rossi!

Oprrai!

Ora voi mi avete visto, lo n on vi chiedo di difendermi, perché mi difendo da solo. In tutta la mia ~ita non ho fatto che combattere Voi potrete apprezzare se quanto dicono contro di me g li avversari è verità o

* Discorso pronunciato davanti agli operai dì Monfalcone, il 23 settembre 1920, (Da li Popolo d'llalia, N. 231, 26 settembre 1920, VII).

I
[DISCORSO DI MONFALCONE]*

menzogna, perché tutte le volte che Ja classe operaia ebbe sacri diritti da rivendicare. io fui con essa. fui invece contro di" essa tutte le volte che la vidi strumento di ig nobili agitatori politici. E come fui, cosl le sarò contrario in tali ca.5 i; e non mi preoccup~rò se nel menar colpi qualcuno cadrà sulla classe operaia stessa. (M11uoli11ì è Jfafq vivrrmenle n ppl.mdito).

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI, ECC. 225

IL MERAVIGLIOSO MOVIMENTO FASCISTA NELLA VENEZIA GIULIA

(Per Jele/0110 al Popolo d'Italia)

Nel quotidiano del pussismo t riestino, il Lavoratore, in data 22 settembre, in seconda pagina, a proposito del drammatico notturno trafugamento della salma della gu ardia regia Giu ffrida, ba rba ramente trucidato, mentre era solo ed ine rme, dalla canaglia pussist:i.-s lovena, si domanda e io ripeto: « n proprio il caso di chiedersi: che cosa ci sta a fare a Trieste una autorità. civile? Non sarebbe più d ecoroso per il comm. Mosconi fare fago tto e a ndarsene, dopo avere consegnato quel s imulacro di potere che egli detie ne a coloro che comandano dav vero nella Venezia Giulia?».

E chi sono coloro che comandano davvero nella Venezia Giulia? Il Lavoratore non lo dice, perché gli brucia enormemente; ma nell'interrò~ ga tivo in sé, c'è il riconoscimento implicito, sintomatico e solenne che coloro che comandano nella Venezia Giulia sono i Fasci Italiani di Combattimento.

.Mentre in alcune plaghe d'Ital ia i Fasci di Combattimento sono appena una promessa o un cominciamento o una vigorosa affe rmazione di minora nza qualitativa, ch e non teme la maggioranza quantitatiYa, nella Venezia Giulia i Fasci sono l'elemento preponderante e domi n:inte della situ:izione politica locale. Non importa se b cosiddetta grande stampa si limita alla semplice cronaca deg li episodi che contraddistinguono la magnifica attività del Fascio triestino e non si prenda menomament e la p ena di studiare l'avven imento. Le rctic~nzc e le omission i non spostano di una linea il significato della realtà, La realtà è questa: il fascismo nella Venezia Giulia ha trovato un te rreno favorevolissimo al suo sviJuppo. Noi non imitiamo i preti rossi, i quali sbandierano le cifre e sintetizzano tutto il movimento; noi consideriamo il numero come un fattore importante, ma stimiamo di più la fede e l'audacia.

Di f ede e di coraggio non manca.no i fa.scisti triestini e lo h a nno d imostrato in parecchie occasioni. In quanto al numero, essi sono pa recchie migliaia fra uomini e donne. Le domande di adesione fioccano quo t idia namente e, quello che appare sin tomatico, sono in prevalenza d i elementi operai.

Acca~to all'attività politica del Fascio triestino, guidato dall'avv. Francesco Giunta, che ha dimostrato in questi mesi grandi qualità di energia e di intelligenza, e da altri ottimi dementi locali, come il Conforti e il Dompieri, c'è l'attività sindacale, cui si dedica con dilige nza e con passione l'amico Dagnino. li sindacalismo nazionale nella Venezia Giulia è oramai un fatto compiuto. Sono già migliàia e migliaia di lavora tori «autentici» che si sono raccolti nella Federazione giuliana dei sindacati _ economici nazionali. La recente gravissima crisi delle Sedi Riunite, che hanno confessato il li.asco piramidale dell'ultimo sciopero genefale politico, esp ellendo dagli otto a diecimila organizzati, è destinata ad ingrossare notevolmente b. massa dei bvoratori organizzati solidamente nei sindacati economici nazionali.

Pa~cchie leghe sono già form:ite, altre sono ·in fun zione, alcu ne sono in formazione, alcune cooperative funzionano già, altre sono in cantiere. Ed è anche ìn cantiere il progetto di un quotidiano fascista, a carattere nccessari:1.mente region:1.Ie; m,1 destinato ad una notevole diffusione, dato lo sviluppo prodigioso del fascismo, non solo nella città di Trieste, ma a Pola, a Gorizia, a Fiume e in altre mi nor i località, Dalle quattro città più importanti, il fascismo è già straripato nel contado e anche nei vil1:iggi all'interno. Dove c'è un italiano, c'è, almeno potenzialmente, un fascista. ·

La cronaca delle manifestazioni di Trieste e di Pola sta a. .fissare che attorno al fascismo va il consenso di tutti gli element i nazion:ili.

Come si spiega Il straordinari1 fortuna del movimento fa~ ista nella Venez ia Giulia? In un modo scmplicc. .ln questo terreno la lotta nazionale non è finita. Si è appcn:1 attenuata. Gli elementi ita liani sentono che la megalomania jugoslava non è morta e che una minaccia, sia pure non immediata, esist e ancora. D'alt ra parte il Pus qui è infinitamente più ignobile che nel resto d'Italia. .n un fatto che tutti gli elementi antiitali.1ni si sono irreggimentati alle Sedi Riunite. Il Pus, che altrove può rappresent.1re un pericolo di ordine sociale, qui rappresenta un pericolo di ordine naziona le, perché convoglia tutti gli austriacanti, tutti gli_slavi, tutti gli allogeni, i quali molto spesso m.1scherano con la. lotta di classe un rancore di razz.1, una rivalitl di nazione. Da. ffiolto tempo g li italiani di queste terre avvertirono l'esistenza di questo pericolo e il senso di disagio generale si acutizzò.· Ci voleva un gruppo di uomini che interpretasse questo stato d',nimo e lo utilizzasse. Sorse così il Fascio Triestino di Combatt imento. Dapprima i pussisti ci sche rzarono su, con quell 'aria. da grotteschi padreterni che li distingue ; poi capirono che la faccenda

DAL PRIMO ANNÌVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI, ECC, 227
...

era seria. G fu un periodo di scontri più o meno cruenti, ma col provvidenziale incendio del Balkan a Trieste e del Narodrri Dom a Pola, la partita era decisa. I pussisti capirono che bisognava ritirarsi in buon ordine e da aJiora i fascisti tengono l e strade e le piazze senza contrasti di giorno e di notte.

In questi giorni tutte le disposiz ioni sono state prese per intensificare ed ingigantire i1 movìmento, ch e accenna già a dilag::i.re nelle terre del vecchio Veneto.

Può darsi che i fascisti della Venezia Giulia siano l'avvio ad un grande movimento di rinnovaz ione nazionale e costih.liscano le avanguardie generose e combattive dell'Italia che noi sogniamo e prepariamo.

MUSSOUNJ

228 OPERA OMNIA D[ BENITO MUSSOLINI
Da I/ Popolo d'Italia, N. 229, 24 settembre I920, VII.

IL CONGRESSO REPUBBLICANO ])[ ANCONA

INCERTEZZE E CONTRADDIZIONI

Si apre1 oggi, ad Ancona, il congresso nazionale del Partito Repubblicano Italiano. J1 momento scelto, posto fra la fine della grande agitazione metlllurgica e l'annuncio dell'adunata centrista di Reggio Emilia , per cui g ià così , ·iva è l'attesa nell'opinione pubblica, non è il p iù indicato per far convergere sul congresso repubblica no l'attenzione d el g rande pubblico. N oi fa remo eccezione, quantunque, in questi ultim i tempi, molti ufficiosi del repubblicanesimo, in ispecie quelli appartenenti alla tende nza cosiddetta «socia le», sono sta ti · tutt'altro che cortesi con noi ~ tt'altro che obiettivi nel giudicare l'oramai travolgente movimento .JSCISta,

Le ragioni per le quali, malgrado le astrusità antifasciste di alcuni repubblicani, ci accingiamo a seguire co n attenzione e con simpatia ì1 congresso di Ancona, sono chiare e semplici. Noi non dimentichiamo, nonostante certi antipatici attcggbmenti maddalenistici di taluni ambienti ufficiali rep ubblicani, il magnifico contributo di fede e di sangue dato dà! Part ito Repubbli ca no alla causa dcl l"intervento. Noi non dimentichiamo che, appe na scoppiata la guerra nel 19 14, il Partito Repubblicano lanciò i l suo grido: « O sui campi di Borgogna o a Trento e Trieste!». Noi ricordiamo l'opera indefessa dei repubblicani per d eterminare l'intervento, conclusione logica d ella secolare lotta repubblicana cont ro gli Absburgo, e .sapp iamo che i repubblicani interventisti sono tutti interYenuti, si sono santamente battuti, si so no santamente immolati. 11 Partito Repubblicano ha dato mig liaia di volontari, professionisti e gente del popolo.

Accomunati fcaternaménte nell' intervento e nella guerra sino alla Yittoria, che cosa ci divide dal Part ito Repubbl icano, al quale, fra !"altro, riconosciamo il grande privilegio di essere « italiano » nella tradizione, nelle opere, nei martiri e nei maestri , nella dottrina e nell' an ima? Anzitutto la pregiudiziale. S chiaro che se noi foss imo preg iudizialmente repubblicani, cesseremmo subito d i essere fasci sti. Ma il fatto che noi non abbiamo nemmeno pregiud iziali monarchiche e siamo « tendeniialmente .» repubblicani, dovrebbe bastare a taluni repubblicani anti-fascis ti

per correggere certi g iudizi avventati. Se do m ani gli eventi imponessero 1a repubblica, come soluzione necesS.l ria di determinati prob lemi, noi innalzeremmo tranquillamente band iera repubblicana. Un'altra. questione d divide ed è la questione della pace adriatica. le nostre idee in materia sono note e non vale la pena di ripeterle. Aggiung iamo però che non tutti i repubblicani italiani vilsoneggiano o socia!isteggia~o, com'è accaduto per l'Albania.

M~ la ragione che ha marcato il dissenso fra n oi e g li element i repubblicani è un'altra: da qualche tempo il Partito Repubblicano si è m esso a fare una specie di corte e di concorre nza al Pur. Anche il Partito Repubblicano corre« al più rosso» Ora noi ci rifiutiamo a questo gioco indegno. La concorrenza al PIIJ è inutile, è rovinosa. N oi ci rifiutiamo di piantare un'altra osteria, con p romessa di t rani a un franco al litro. J repubblicani dovrebbero persuadersi:

t. che il Pus italiano non può soffrire i repubblicani e che perciò è indecoroso strofinarsi al medes imo P111 per pitoccare u na palanchetta di conside razione;

2. che per fare fa repubblica mazziniana in Jtalia bisogna schia ntare le ossa a l Pus, il quale o conser va la monarchia o vuole una repubblka liberticida, come quella di Lenin, non g ià la repubblica vaticinat:1. da Giuseppe Mazzini, repubbl ica di libertà, di armonia, di disciplina, piantata sopra una base di el evazione spirituale e mor:i.le. '

Finché i l Partito Repubblicano farà del bolscevismo, s ia pure a scartamento ridotto, non uscirà d alla crisi in cui si d ibatte. O repubblicani o bolscev ichi. O con Mazzini o col signor Uljanov. Chi vuole b. repubblica alla russa , ha il dovere di entrare nel Pus; chi vuole I.a repubblica all'italiana, h:1. il dovere di tornare a Mazzini. Questo il diss idio che sta dinanzi al congresso di Ancona.

Quanto a noi, fascisti, abbiamo il nostro sent iero tracciato e lo stiamo percorrendo con un'audacia che conta sulle proprie forze e non chiede niente a n essuno. Dopo questo p reambolo diamo la parola al nostro amico Ba2zi, un repubblicano che non d isdegna i contatti cogli abbo rriti, ma 'ìemprc più te1;1uti, fa scisti.

230 OPERA OMNIA DI BEN ITO MUSSOLINI
MU S SOLINI Da Il Popolo d'[Ja/ii1, N 230, 25 settembre 1920, VII.

L'EPILOGO

Quella che si è svolta in Italia, in questo settembre che muore, è stata una rivoluzione, o, se si vuole essere più esatti, una fase della rivoluzione, cominciata, da ,roi, nel maggio 1915. L'accessorio più o meno quarantottesco che dovrebbe accompagnare le rivoluzioni, secondo i p iani e l e romanticherie di certi ritardatari, non c'è stato. Non c'è stata, cioè, fa lotta nelle strade, le barricate e tutto .il resto della coreografia insurrczionista che ci ha commosso sulle pagine dei Miserabili.

Ciò nonostante una rivoluzione si è compiuta e si può aggiungere una grande rivoluzione. Un rappo rto giuridico p lur isecolare è stato spezzato. I1 rapporto g iuridico di ieri era questo: merce-lavoro da parte dell'operaio, salario da parte del datore di lavoro. E b:i.sta. Su tutto il resto ddfattività industria le ed economica capitalistica c'era questo scritto : è severamente \1 ietato l'ingresso agli estranei, e precisamente agli operai. Da. ied questo rapporto è stato alterato. L'operaio, nella sua qualità di produttore, entra nel recesso che gli era conteso, e conquista il diri tto di controllare tutta. l'attività economica nella quale egli ha parte. Se la rivoluzione, a prescindere dagli episodi più o meno cruenti che possono accompagnarJa, è trasformazione dei piecsistent i rapporti giuridici, non v·è dubbio che quella testé conclusasi in Italia è una rivoluzione

Come gil detto e ripetuto, noi non siamo affatto contrari alla riforma che la Confederazione del Lavoro è riuscita a s trappare. Se, come leggiamo nell'odierno numero d ella Critica S0cù1le, « scopi immediati della riforma vogliono essere» - giusta le ripetute dichiarazioni della Confederazione del Lavoro - « rCndere il lavoratore p artecipe delJa gestione dell'azienda, eleva re la sua dignità, imparargli a conoscere i congegni amministrativi dell'industria, evitare di questa le degenerazioni speculazionistiche, ridestare nel Ia,•oratore la rallentata spinta inte nsamente e gioiosamente produttiva », chi può essere· a priori contrario al controllo operaio? N essuno . E l'applicaz ione pratica che bisog na regolare e che ci preoccupa. Noi chiediamo che il controllo si eserciti sul serio, da persone competenti e superiori ad ogni sospetto. Riprecìsata questa nostra p osi-

...

zione mentale e pratica dinanzi al problema del controllo, prendiamo in esame le ultime manifestazioni politiche delb g igantesca battaglia.

Il discor~o Giolitti va esamina to da un triplice punto di vista. Giolitti ha torto quando rigetta sulla guerra la causa di ogni male. Anche prima delJa guerra l'Jtalia attraversò periodi di crisi sociali acutissime; mentre paesi, come il Belgio, che hanno fatto e sentito la guerra in tutte le sue peggiori devastazioni, sono già in piedi. La guerra è una spiegazione del fenomeno, non la sola e forse nemmeno 1a preponderante. La Spagna, che non ha fatto 1a guerra e ha anzi lucrato enormemente sutla medesima, sta, forse, peggio di noi.

Dal punto di vista poliziesco, l'on. Giolitti ha ragione, lapalissianamente ragione. Si poteva evitare l'invasione delle fabbriche? forse. Ma ad invasione compiuta, nelle ventiquattr'ore successive tale compito si presentava già più difficile. Ogni g iorno di occupazione rendeva. sempre più ponderoso il compito di una espulsion e degli operai - manu mi/;fflfi - dalle fabbriche. I guai provocati da questo atteggiamento governat ivo sono stati certamente gravissimi; ma chi p uò asseverare che la « maniera forte» non avrebbe scatenato un incendio infinitamente più pericoloso da domare? Anche nella strategia, che chiameremo poliziesca, bisogna freddamente esaminare se il gioco vale 1a candela.

Dal punto di vista politico, l'on . Giolitti ha torto. Finch'egli ci dice che nelle attuali contingenze non poteva, dal punto di vista della polizia, agire diversamente, noi possiamo a nche crederg li; ma che cosa ha fatto Giolitti per evitare che il movimento sindacale giungesse a queg li estremi che dovevano ri velare l'insufficenza, se non l'impotenza dello Stato? La questione metallurgica è venuta in scena il 15 lug lio. L'on. Giolitti interviene a tagliare il nodo, fattosi nel frattempo go rdiano , esattamente due mesi dopo. Si poteva comprendere 1a neutralità governativa in un primo tempo, nei primi quindici g iorni d'approcci inutili fra le p:irti, m:1 dopo, no. Un intervento anticipato d i Giolitti poteva evitare le b alorde pregiudiziali 'in cui si sono irrigiditi g li industriali; e non avrenuno avuto l'ostruz ionismo, l'octupazione, il controllo sindacale; e, ·soprattutto, non avremmo avuto settantacinque giorni, diconsi 1ettantflcinq11~ giorni, di non produzione, di sabotamento, di turbamento degli spiriti, con tutte le formidabili conseguenze d'ordine materiale e morale che ne sono derivate in Italia e all'estero. Chi dfonderà alla nazione le centinaia e centinaia di milioni di ricchezza non p rodotta o dispersa? Questa sosta di quasi tre mesi nella faticosa marcia verso l'equilibrio non è stata d isastrosa per tutti ?

232 OPERA OMNIA D[ BENITO
MUSSOLINI

1l Governo, d'altra parte, o abdica o distingue per r es istere e colpire. Un conto è il movimento sindacale delle masse, dalle quali è assai probabile sorga, col duro travaglio dell'esperienza e il fluire inesorabile del tempo, una classe di produttori più alacri dell"attuale; e un conto è tutto ciò che è affio rato a lato di questo movimento, sia come episodio, sia come tendenza. Un conto, in altri termini, è il controllo sindacale e un alt ro conto è la guardia rossa, la caccia all'uomo, il ripristino d i cert i sistem i inquisitoriali e l'esplosione di istinti criminali e barbarici Mentre la Confederazion e G enerale del Lavoro cercava e riusciva a contenere il movimento nei limiti d el l'economia,· gli elementi del Pm vi impri mevano una colorazione politica, arieggiante fa guer ra civile O il Governo sa valutare questa circostanza e sa ag ire in conseguenza, o abdica, senza col po feri re . E poiché quest'ultima eventualità, per quanto possa parere remota, è pur da noverare nel calcolo deJle possibilità, noi invitiamo i cittadini, e particolar mente i fascisti, a prepararsi co n tutti i m ezzi per schiantare i piani bolscevichi del P111. Noi non vogliamo caserme o conventi comunisti , non vogliamo dittature di politicanti. Quando 1a lotta sarà giunta al dilemma o ltaJia o Russia, b isognerà impegnare il combattimento e spingerlo a una d ecisione.

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI, ECC. 23; ...
MUSSOLI NI D .1 Il Popolo d'Jralit1, N. 232, 28 settembre 1920, VII.

AL NEVOSO!

Ed ora che il vento come fa si t ace, riuscirà la diplomazia di Roma a concludere la nostra pace nell'Adriatico? Sarebbe tempo, gran tempo; ma non c'è da nutrire soverchie illusioni. Le trattative dirette sembrano imminenti, ma sarà veramente queJJa di Venezia l'ultima tappa del nostro Calva rio d iplomatico? Vedremo. ]ntanto giova prospettare taluni elem enti deJla situazione. Coloro che andranno a Venezia, per trattare coi nost ri nemici più acerrimi, diventati - poi l - per uno strano gioco di prestigio, nostri alleati o quasi, devono tener conto di una « una nimità nazionale>> che si è formata a proposito del nostro confine orientale.

Tutti i Partiti politici itali ani reclamano il confine n aturale sulle Alpi Giulie, Gli stessi socialisti ufficiali, in un articolo che non fu smentito, hanno posto fuori discussione il confine al Nevoso. I repubbliC1ni, nel loro recente congresso di Ancona, hanno votato quest'ordine del giorno e per acclamazione:

{( Jl congresso del Partito Rl!'pubblicano Jt:iliano, trattando delle particolui questioni nazionali, in armonia coi principi del risorgimento, ritiene :Kcettabile una .soluzione dd problema adriatico sulle seg uenti basi:

o(( a) confine orientale alla linea di spartiacque delle Alpi Giulie p :m:inte per Monte Nevoso, Fiume compresa;

o(( b) annessione, indipendenza o quan to meno au tonomia della città di Zara ; garanzie precisate per i nuclei itali ani delle altre città della Dalmazia; neutt;J.liz• 2:azione d i tutte le coste dell'Adriatico e Jelle isole»,

Si noti la dizione di quest'ordine del g iorno, secondo cui la soluzione prospettatavi non è ritenuta ottima o buona, ma semplicemente ncce/labile. :n quella che Si potrebbe chiamare una soluzione di necessità. Ad ogni modo è importante stabilire che per i repubblicani il confine dev' essere

.11 Nevoso e che Fiume dev'essere annessa all'It:ilia. Su tutto il resto del problema adriatico si potrà eventualmente non accettare, ma subire una soluzione più o meno disgraziata. Resta però fissato che non si può ll.Ssolutamente transigere circa il confine istriano. Il Brennero al nord e il Nevoso ad oriente devono costituire i pilastri infrangibili della sicurez.za della nazione. Su ciò non si può discutere. Ogni compromesso in materia sarebbe un crimine di lesa patria. Il Governo raccoglie, su questo punto,

il consenso uni,•ersale degli italiani. Le divisioni fra gli italiani cominciano - pwtroppo ! - dopo Fiume. per ciò che riguarda la Dalmazia, ma circa il confine orientale nessuna voce d i dissenso si fa sentire, nemmeno fra coloro che hanno fama, più o meno meritata, di rinunciatari.

Ora, a Belgrado si par1a - a proposito dell'Istria - della linea di Wilson, della linea di Montemaggiore. Infinite volte abb iamo dimostrato su queste colonne che tale linea, anch e se « corretta » in taluni punt i, costituirebbe un disastro economico, politico, strategico. Trieste e Fiume e Pola sotto il tiro dei cannoni jugoslavi; questa è fa. linea di Wilson; che, a sentire certi giornali, sarebbe accettata dai signori jugoslavi. Se la diplomazia di Belgrado non cambia metro, anche le trattative di Venezia saranno inutili. Ad ogni modo, alla vigil ia di queste trattative, vogliamo precisare ancora una volta il nost ro p u nto di vista.

Prima di andare a Venezia, il conte Sforza, o chi per lui, deve andare a Fiume e tr"attare con D'Annunzio, ch e rimane l'arbitro sommo della situazio ne, Prima c he con il signor TrumbiC , la soluzione del problema adri::itico d ev'esse re discuss::i con Gabriele d'Annunzio.

In secondo luogo, noi, sin d a questo momento, invitiamo pubblicamente - ed assumendo tutte le conseguenti responsabilità - Gabriele d'Annunz io ad impedire colle armì la conclusione di una pace ch e rinunci al Nevoso.

Sia chiaro sin da questo momento che o coi fanti dell'esercito regolare o coi legionari di Fiume, il tricolore d 'Italia dev'essere piantato sul N evoso Vogliamo b~ciare alle generazioni future, i giusti, i sacri, i sicuri confini delb. Patria, come furono segnati dalla n atura, consacrati dalla storia, e riconqui stati col nostro sangue!

MUSSOLINI

D a Il Popolo d'I1aJù ,, N 233, 29 settembre 1920, VII.

DAL PRIMO ANNIVERSARIO , DELLA MARCIA DI RONCHI, ECC. 23S

IL NUOVO PAPA

Mentre il vecchio papa, quello, per inte nderci, del Vaticano, anunae• strato da una plurisecolare esperienza, fa, da qua lche tempo, nn uso limitatissimo di bolle, scomuniche, anatemi e simili altri strumenti inquisitoriali, il nuovo papa, invece, queJlo rosso di Mosca, non l ascia passare un giorno senza lanciare i suoi ful mi ni contro i traditori e i rinnegati del socialismo occidentale. Pe~ poco che l a duri ancora, il signor Uljanov ci avrà reso un prezioso serv izio : quello di precipitare nel ridicolo più grottesco il suo sistema politico e mentale. L'occiden te non è a ncora « maturo » per gli uk.ase di Len in. A lcun i secoli di l ibertà hanno dato agli uomini di questa terra una grande strafottenza in tema di scomuniche. N essuno Je prende sul serio. Len in, peggio del P adre Eterno, cont inua a giudicare e a mandare. A.Ila destra, gli eletti; alla sinistra, i reprobi. Quando Mosca h a parlato, tutto il resto del mondo socialista non conta. Bisogna accettare e credere in silenzio. Ecco alcune propar~ zioni delle più recenti <( bolle >> di Su;i Santità il pontefice Lenin :

« IJ modo di agire di Dittmann e di Crispien, i due noti capi i ndipendenti tedt"S<h.i, mostra l'impossibilità di r imanere in un partito insieme con codt"Sti elementi piccolo-borghesi. Colla loro esitazione al momento decisivo, essi tradiscono la ri voluzione p roletaria, come i n Italia essa è tradita da D 'Aragona, Modigl iani e Turati ».

All'ukase, Lenin aggiunge un suo articolo, pubblìcato nella Pravda, dove son~ queste paro le : ·

q Gli avvenimenti d'Italia devon o aprire gli occhi anche ai più ostinati, che non vedono il pericolo di un accordo, di una pace con Crhpien e D ittmann . I Crispien e 1 Dittmann italiani, Turati, Prampolini, D'Aragona, sabotano la rivoluzione i n Italia nel momento in cui essa comincia a maturare».

Non c'è, dunque, che un socialismo a utentico sulla terra: quello inca rnato in Lenin. L'unico·socialista, il superuomo è lui. Se, per avven. tura, qualcuno non la pensa come lui, si emana un «bando» da Mosca e il d isgraziato va ad aumen tare la schiera dei rin negati .

Ma ecco delinearsi già, nella pietosa bancarotta politica, economica , morale dei s istemi socialisti, qualcuno che è più leninista di Lenin:

G. M Serrati. Costui. trova che Lenin è anco!a vittima di certi pregiudizi nazionalistici e colonialistici e che il bolscevismo, invece di distruggere la proprietà privata agricola, l'ha moltiplicata all'in6n ito. Confessione da ritene~e ! ·

Siamo dinanzi, evidentemente, ad un tentativo di incrinatura dell'infallibilità del papa rosso. Ma, allora, perché gli scomunicati centristi citati da Lenin dovrebbero commuoversi per i suoi furori, dal momento che ·anche egli può, secondo taluni dei suoi stessi discepoli, prendere dei famosi dirizzoni dottrinali e pratià?

Da tutta questa commedia una cosa emerge: che la chiesa rossa ha ereditato i sistemi, gli usi e gli abusi della chiesa n cia.

1 N ell'economia, il bolscevismo significa miseria; nella politica, equivale a schiavitù. Ormai si confessa anche in Italia, da gente tornata dalla Russia, (pe lassù la dittatura del proletariato è in r ealtà la dittatura di alcuni uomini del Comitat o centrale d el Partito Comunista Russo, esercitata sul proletariato per mezzo della polizia e dell'esercito rosso.

In Italìa siffatto sistema di Governo è matematicamente assurdo. O ra, se Leni n continuerà a fare il papa, con relative minacce d'inferno e promesse di paradiso, alimenterà i giornali umoristici.

le sue scomuniche avranno il valore che si dà in Italia a certi luoghi comuni. Non tutti vo.Ì;liono ridursi allo stato di gregge belante le litanie. Che L~nin pensi per sé, va bene; che pensi anche alla Russia, poss iamo ammettere; ma quando pretende di pensare per tutto il mondo, di sostituirsi a tutti i cervelli e di possedere l'unico specifico di salvezza della povera umanità, allora varca il segno. Il cittadino Lenin non può pretendere di sostituirsi a Dio e di essere adorato come un Dio.

Intanto la turba degli eretici che non intende g iurare sui vangeli di Mosca ingrossa in tutte le n azioni dell'occidente.

Potrebbe dars i ·che il mito di Le nin, sopravvissuto alla _tragedia, muoia in una farsa.

D a li Popolo d'Ila/id, N. 234, 30 settembre 1920, VII.

I DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA Dl RONCHI, ECC. 237
M USSOUNI

CHI GOVERNA ?

A proposito dell'.entità e realtà « Governo » nei confini storici e geog rafici di una nazione, si possono d are i seguenti casi, Ci può essere un solo Governo effettivo e nessun altro Governo, né effettivo, né potenziale. Oppure, ci può essere un Governo effettivo e diversi Go,•erni potenziali o tendenziali. Ogni Partito, conservatore o rinnovatore, può essere cons iderato un Governo « in potenu »> cioè il Governo di domani. P uò darsi ancora il caso de lla coesistenza di d iversi Govern i effettivi, sul territorio di una stessa n~ìone e questi Governi possono trovarsi f ra loro in istato di guerra o di pace. Tutto ciò è accaduto o accade nelJa storia del passato e nella cronaca dei giorni nostri.

Per qu ali attributi s i può affermare ch e un Governo è effettivo ? Quando, per Jo meno, ha i l monopolio della forza armata - esercito e polizia - della politica estera, della giustizia , deJia moneta e de lle tasse. Dopo questo preambolo scolastico, ma n ecessa rio, esaminiamo freddamente la situazione attuale· in Italia. Quanti Governi « potenzial i » ci sono in Ita li a? Moltissimi, e cioè quanti sono i Partiti, ognuno de/ quali } è fernume nte convinto che mandando al potere i suoi uomini e appl icando l e sue idee, si darebbe gJoria é prosperità alla nazione.

Ma quanti so no i Governi che in Italia possono chiamarsi effettivi per via che possiedono forze armate, fanno una loro politica estera, a mministra no Ja loro g iustizia e procedono a requisizioni e battono moneta? Contiamo. Un primo Governo, che può ancora chiamarsi « effettivo », è quello che risiede a Roma ed è presieduto da Giolitti. Un secondo Governo, che può chiamarsi « effettivo >>, è quello pi.JSSista, che dispone di forze armate, fa la sua politica estera, requi sisce, instaura tri bunali e prigioni ed emette - anche - carta valuta. Un terzo G o· verno, abbasta nza effettivo, è quello che si esprime dai Fasci Italia ni di Combattimento. Questi sono i Governi effettivi interni che stanno a Roma e a Milano. Poi c'è un altro Governo, effettivo, periferico: quello di Fiume.

Si domanda: quale fra questi quattro Governi è il più effettivo? Non quello di Roma, il quale dispone solo « sulla carta » delle sue forze a rmate. I « fermi » de i ferrovieri, l e pai:alizzano. Non quello d i Milano ( sociali sta ufficiale), cui manca una direttiva, rnalgrad? le masse

di cui dispone e le sue forze nwneriche imponenti. Per via di eliminazione appare che il Governo più effeùivo è quello di Fiwne, del quale il Govern.o dei Fasci è alleato fed ele e pronto da quattordici mesi.

Il Governo d i Fiume è l'unico che abbia, oltre ai monopoli - forza armata, gìustizia, ecc. - una fede, un'idea, una volontà tesa verso uno scopo determinato. Lo spirito può qualche volta superare la· deficenza degli strument i materiali; ma gli strumenti materiali non bastano a sanare le deficenze dello spirito.

B _possibile la coesistenza duratura di tre Governi nel seno di una stessa nazione? No! Ceci tuera cela. Tutti i Governi devono tornare potenziali e uno so lo rimanere effettivo, Come ognuno vede siamo arrivati al t ermine di sviluppo logico del nostro ragioname nto.

E intenda chi può MUSSOLINI

D a Il Popoh> d' Italia, N. 236, 2 ottobre 1920, VII.

DAL PRJMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA
DI RONCHI, ECC. 239
lit. xv.

NEL «PUS»

PURI E GLI IMPURI

Con un ordine del giorno votato con due soli voti di maggioranza e sottoscritto da sette personaggi, sino a ieri sconosciuti o quasi, la Direzione del Ptu « fa suoi i ventun punti della tesi di Mosca sulla costituzione dei Partiti comunisti, per i quali punti si deve ~rocedere àd una radicale epurazione, allontanando dal Partito gli" eleme nti riformisti ed opportunisti, secondo le forme cd i modi che verranno sottoposti alla discussione· del prossimo congresso », L'ordine del giorno soccombente è stato presentato dal prnfessore liceale Adelchi Baratone, massimalista deU'ultima ora. L'on. Nicola Bombacci, rinforzato da quel terribile estrcmistà che -risponde al nome del conte avv. prof. Antonio Graziadei, ha vinto, G. M. Serrati rassegna le dimissioni.

Diciamo subito che la discussione precedente il voto è stata di una povertà ideale, confinante colla più nera miseria. Gli uni ribalbettavano il sillabario ·moscovita;. gli altri si ten evano - per ragioni di contingenza - su un terreno di ambiguità. Alla fine gli estremisti comunisti sono riusciti a fa r trion fa re il loro punto di vista. Il Partito, che fu sino a ie ri socialista, dovrà, per « f are la faccia feroce », chi amarsi comunista. Si tratta di un p iccolo salto indiet~o. Si' torna al 1848. Poi si dovrà epu rare. Radicalmente epurare. Non basta gettare ad be.stias il povero Turati, che sembra oramai un Daniele nella fos sa dei leoni.... impagl iati; la «fitta» schiera dei riformisti e degli opportunisti ,-deve seguire l'ingrato destino del direttore della Critica So-eia/e. Ma che cosa significa Ja proposizione che chiude l'ordine d el giorno Terracini, dove si pada

_« di forme e di modi da sottoporre alla discussione del prossimo congresso»? L'epurazione è.... «l 'epurazione». La ghigliottina è Ja ghig liottina. Ad ogni modo, assisteremo, nei prossimi giorni, ad una specie di giudizio universale, con la cernita dei puri e l'anatema agli impuri.

Soltanto: chi sono i puri e chi sono g li ,impuri dal punto di vista socia~ lista? Dove Jinisce la purità e quando comincia l'impurità? L'on. Turati è certamente un impuro per Serrat i. Ma Serrati, a sua volta, è un ·impuro per Bombacci E i titoli di purità di Bombacci sono s~spettati, puta

caso, da Bordiga. (Il quale, essendo astensionista, dovrebbe seguire, per opposte ragioni, la sorte di Tura ti). L'epurazione deve avvenire anche a sinistra, per essere completa.... Non c'è, dicono in Francia, un puro che non trovi u no più puro di lui che lo epu ri. Tutto ciò è chiesastico e g iacobino. Tutto ciò rappresenta Ja disfatta del socialismo politico, che si fraziona, come sta avvenendo in Germania, in una serie innumerevole di sette, rabbiose e impotenti. 11 movimento sindacale fini rà per inserirs i - sul terreno produttivista - nel corpo del capitalismo, la cui funzione mondiale comincia adesso,

Quali le conseguenze d 'ordine politico della scissione socialista? Per rispondere bisognerebbe possedere elementi di fatto circa la vastità della sciss ione. Tra coloro che prevedono un taglio a inetà e quelli che preved ono un'amputazione peri(erica, noi siamo p iuttosto vicini ai pdmi Una massa notevole di socialisti seguirà Filippo Turati e si può dice che qualitativamente saran no i migliori La conseguenza delJa scissione socialista sarà, a nostro avviso, la riconvocazione dei comizi elc_ttocali. A Partito diviso, i centocinquantas~i deputati socialisti sentiranno il bisogno di riappellarsì al corpo elettorale. Ma, a prescindere da ciò, il Governo, a scissione socialista compiuta, dovrà prendere l'iniziativa di indire le elezioni generali.' Può determinarsi, solo così, il fatto nuovo che conduca al potere quell i che saranno gli ·« epurati » del prossimo congresso socia· lista. Il grido « al potere» , lanciato così spesso in questi ultimi tempi da· Claudio T reves, potrà d iventare realtà attraverso alle successio ni negli eventi che ab biamo prospettato. MUSSOLINI

DAL PRIMO ANN IVERS,\RIO DELLA M,\ RCIA DI JlONCHI, ECC. 241
.. .
D a Il Popolo d' Italia, N, 237, 3 ottobre 19 20, V II

TRATTARE.... E CHI CONCLUDE?

Si vuole capi re o non si vuol capire eh~ l'arbitro della situazione neH'Adriatico è Gabriele d ' Annunzio? Bisogna dunque pensare che una "formidabile ondata di cretinismo si sia abbattuta su tutti coloro che formano la eletta (?) politica dirigente della nazione? Si può sapere che cosa va a combinare Sforza a Venezia? Se ci va per constatare ancor.? una volta - ma dovrebbe essere l'ultima - ch e l'intransigenza jug oslava non demorde dà.i suoi piani imperialistici e che quindi è l'ora di applicare il patto di Lon dra, allora il viaggio rapp resenta una utilità. In tutti g li altri casi è superfluo. II conte Sforza deve una buona volta convincersi che l'unica soluzione è l' applicaz ione del patto di Londra, p erché tutte le altre soluzioni saranno rese nulle dalla volontà e dalle armi di Gabriele d'Annunzìo.

Il signor conte Sforza, diplomatico incagoiato, non ha dunque fotto il messaggio che,' in occasione del 20 settembre, Gabrie le d'Annunzio ha fatto lanciare dall'alto su Roma e quindi a nche sul ministero degli Ester i ? II messaggio a un certo punto dice :

« Intanto, io che comando l'esercito italiano di Fiume d'Italia, dove la 1;enle eroica e mutilata porta orgo1;liosamcnte i suoi segni e sfida chiunque ad insultarli, io dico che nessuna rinu nzia iniqua potrà essere compiuta fra le Alpi Giulie e le D inariche finché l'ultimo dei miei combat~enti sia in piedi. E i miei combattenti non sono soltanto di qua dalla barra ma anche di là dalla barra. Ed è i J caso di ripetere la parola demoniaca; "Legione 110 nome, ché molti siamo" ».

Lo capisce o non lo capisce questo italiano metallico il conte Sforza}

E allora bisosna intendersi, in primo luogo, con Gabriele d'Annunzio. Chiedere a lui quali sono le rinu nce inique e quali non sono inique.

Senza ciò, le trattative di Venezia sono chiacchiere buttate ai venti di questo ottobre sciroccale. Che cosa conterà se il conte Sforza r inuncerà al Nevoso? I leg ionari fiumani Jo occuperanno. Altrettanto dicasi della Dalmazia, dove MilJo è alleato di o··Annunzio. Quando si tratterebbe di d ar corso alle rinunce, più o meno inique, H povero conte Sforza si troverebbe n ella più penosa deUe situazioni: si troverebbe· in istato - lui e il suo Governo - di pietosa, clamorosa, irreparabile impotenza . Belg rado, in un p r imo tempo, se ne laverebbe le mani i'!: il Governo

italiano che avrebbe l'obbligo di applicare il compromesso, anche nei confronti dei reparti ribelli di Fiume e d ella Dalmazia. Un Aspromonte ·· in grande st ile? Non c'è da pensarci. Constatata e prot ocollata l'impotenza del Governo ufficiale italiano, non rimarrebbe al Governo di Belgrado che applicare colle proprie forze il compromesso: sloggiare cioè i ribelli del Nevoso, di Fiume e di Dalmazia. Straordinaria, ma logica. success ione di eve nti !

Tutto ciò è evitato dall'applicazione pura e semplice del patto di Londra, che,' lo vogli ano o non lo vogliano j r inu nciatari di G1.sa nostra, non comporta affatto per l'Italia di cede re Fiume alla Jugoslavia, .i. oche per la lapalissiana ragione che l'Italia non può cedere quello che non ha. Insomma, la s ituazione è questa: le eventuali rinunce d el G overno italiano non sono eff~tuabili, se vi si oppone D'Annunzio. Qu ind i è inutile proporle. Quindi è inutile trattare. Un ica salvezza, per finirla, l'appl icazione del patto di Londra.

Badi, il conte Sforza! La sua respo nsabil ità è e norme.

Cerchi, nella sua qualità di min istro della monarchia, di non affo. garla nelle acque morte della laguna! MUSSOLINI

Da lJ Po polo d'ItaHa, N. ~381 5 ottobre 1920, VII.

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI, ECC, 243

LA LORO MENTALITA

Mentre in Italia ci sono dei rinunciatari, nella Jugoslavia non ce ne sono. Dirigenti e popolo; parlamento e partiti; reggente e contadini, un odio mortale li accomuna: l'odjo contro l'Italia; e un obiettivo solo li esalta : quel!o che si esprime nella formula dall'Isonzo (e forse dal Tagliamento) al Vardar.

la colpa imperdonabile, il nero tremendo delitto compiuto dai rinunciatari italiani è quello di avere dato ad intendere che dall'altra parte ci fossero delle persone ragionevoli, colle quali sarebbe stato possibile t ro vare l'accordo. Non è cosl. Abbiamo documentato mille volte a qua li confini pazzeschi si spinge l'intransigenza jugoslava. Voi pensate che nelle riviste, redatte da uomini di cultura e di pensiero, non ci sia la stessa feroce intransigenza antitaliana? Vi ingannate. Abbiamo sul ta· voJo alcuni numeri della Revue Jo11goslat1e, che esce, naturalmente, a Parigi. Nel numero di marzo-aprile 1920, legg iamo una poesia dal titolo: Noi non ti abbiamo perduta, o Istria noitra!, nella quale è detto che i croati scenderanno a Pola, a Pisino e più in là .... Nelle Note e Documenti, a proposito della.... barbarie italiana, troviamo questo lusinghiero confronto:

« I turchi, questi barbari asiatici, celebri per il loro modo di torturare i raia, sono stati superati dai bulgari, che mostrarono un'abilità sorprmdente a inventare dei supplizi per la popolazione macedone, Gli italiani fanno impallidire la fama dei bulgari »

Segue il testo di un appello dei rifugiati del litora le, nel quale è detto, colla migliore disinvoltura:

« Noi non domandiamo nulla di ciò che appartiene agli italiani, ma d ifenderemo sino· all'ultimo ciò che ci appartiene. D omandiamo la nostra. Gorizia. e il nostro CarsO; dateci la nostra Istria, che nessuno tocchi Fiume, la Dalmaz.ia e le nostre i sole».

E scusate se è poco !

lo stesso Comitato o altro analogo ,ha mandato un telegramma al Principe Reggente, nel quale si contengono queste... rinunce:

« Secondo i principi di Wilson al regno del S. H. S. che apparttflgono: tutta la Dalmazia colle sue 'isole, tutti i paesi occupati d ella Carniola, tutta la regione di Goriz.ia cosl come i dintorni della dttl di Trieste, tutta l'Istria col Quarnaro, inEne la città di Fiume ! ».

Come si ve de, sono « modesti » n ei loro appetiti t erritOr iali i nostri cari, carissimi jugoslavi! V ediamo se, co l passare del tempo, i porcari d'o ltre Adriatico scendono a più miti consig li.

Mai più.

Ecco il numero di luglio-agosto 1920 della stessa rivista. C'è wi ap pello al popolo jugoslavo, lanciato da un « Comitato di studenti per l'Adriatico ·» e neJ quale appelli) è contenuta questa perla :

« Se l'Italia conservasse un pollice so lo delle rive adriatiche il sangue di mig liaia di figli slavi sarebbe stato versato invano!».

Cì sono _ ben tee pagine di pretesi document i sul terrore italia no. Poi, a guisa d i consolazione, sono abbondantemente citati talu ni articoli r inunciatari apparsi sull'A vanti!, l'I:1izù1tiva, il R esto del Carlino

Si p uò q ui ndi, sulla scorta di q uesti e _ d i ce ntinaia di altri docume nti u ffic iali e non ufficiali, prevedere il corso delle trattative fra il conte Sforza e il sig nor Trumbié, Il signor Trumbié ch ied erà tran quillamente t~1tta la Dalmazia e tutto l'arcipelago dalmata; chiederà non meno tranquillame nte Fiume e tutta l'Istria, con Trieste e tutto il Goriziano sino all'Isonzo, Il sig nor Trumbié dimostrerà. tutta la sua buona volon tà. attraverso una sola rinuncia, non senza lunghe discussioni ~ il sig nor Trumbiè è d isposto a r inunciare ad Ud ine e alla linea de l T agliamento.... ?.CUSSOLJNI

li Popolo d'Italia, N . 239, 6 o ttobre 19 20, VII.

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA M ARCI A D( RONCHJ; E CC. 245
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Da

TROPPO TARDI !

Quello che si è finalmente « rivelato >> al convegno social-pussista di Trieste non ci sorprende. Non ci sorprende che l'on. Nicola Bombacci sia ri tornato entusiasta dalla Russia. Il cittadino Bombacci non è uno « sputacchio verde», come lo definisce, con squisita camerateria, il suo collega on. Bentini. 11 deputato Bombacci è, in fondo, un buon diavolo di coniglio, incapace di far de l male a una mosca. Di lui si può dire quello che Alfredo Oriani diceva di Enrico Ferri : « Non è una testa, è una capigliatura )) Di ·aombacci si può affermare: << Non è u n cervello; è soltanto Ja réclame ambulante dell' ·· A cqua Chinina Migone " ».

· Il povero Bombacci, rimasto alla cultura e alla bocciatura della ·terza ginnasio in seminario, con un se i in italiano e un quattro in latino, non ha capito ·e non capirà mai niente di socialismo, a meno che non si VO· gliano gabellare per sociaffsmo certe chitarronate comiziaiole, in cui, in· vece delle idee, hanno una gran parte la barba, la. cravatta, il gesto e simile mimica da cerretani dozzinali, Né ci sorprende l'ambiguità di Serrati. Costui, lo diciamo senza alludere a lontane polemiche, ha al suo attivo l'esperienza americana. Un socialista che è stato negli Stati Uniti, che ha vissuto a New York, in paesi e in città dove il capitalismo si è sviluppato sino all'iperbo1e1 è portato ad immaginare il socialismo come un'ulteriore acceler;i.zione di quel ritmo di attività, non già come un ritorno a condizioni di vita rudimentali. Pietrogrado, ridotta a sei· centomila abitanti, deve aver prodotto in Serrati un' impressione dì gelo e di sgomento. Non C i sorprende, infine, che la gente deJla Confede r~zione si sia decisa a spiattellare la verità. Qualche cosa di simile al con· veg_no di Trieste è accaduto a Orléans: il sindacalismo occidentale ha condannato irr pieno il bolscevismo. Tutto ciò che su queste colonne abbiamo detto e documentato migliaia di volte, è finalmente ammesso dai socialisti che sono andati in Russia,·come gli Argonauti nella Colchide; ·e, invece che col vello d'Oro, sono tornati col sacco di cenere grigia della loro delusione. Avevamo dunque ragione noi di proclamare:

1. che in Russia non c'è mai stata e non c'è la dittatura del proletariato;

2. che in Russia non c'è nemmeno la dittatura del Partito 5o: · cialista;

3. che in Russia c'è soltanto la dittatura incontrollata e incontrollabile di un gruppo di intellettuali, appartenenti a una frazione del socialismo russo;

4. che tutte le altre frazio ni del socialismo russo e molti sindacati operai combattono tenacemente il bolscevismo;

5. che tutti i d ecreti socialisti sono rimasti sulla carta e che nel dominio economico - fabbriche, commercio ·e sop rattutto agricolturasi sta tornando e si è già tornati all'antico.

Questi sono stati i capisaldi delJa nostra campagna antibolscevica. Altri capisaldi noi abbiamo sostenuto, molto in anticipo sul signor Serrati: e cioè che se una rivoluzione politica può svolgersi in pochi giorni, una rivoluzione economica, dovendo toccare e trasformare gli interessi di milioni di uomini, è un compito formidabilme nte complesso, che può esaurire diverse g enerazioni. Ci vogliono ancora cinquanta anni o cento a nni prima che il comunismo trionfi, realmente, in Russia, ha d etto Serrati. Campa pure somaro proletario...

Ma un fatto soprattutto ci preme sottolineare. A prescindere dai g iudjzi che si possono dare sul fatto rivoluzione bolscevica, noi abbiamo, in ceoto occasioni, sostenuto che era anti-socialista, anti-storico, imbecille e criminale pretendere di fare in Italia una rivoluzione alla russa. Oggi da Trieste ci giunge la conferma di questa troppo lapalissiana verità. Siamo lieti di vedere in un certo senso coronata da. queste esplicite confessioni confederali la nostra campagna. Non è stata di soli articoli. 1'!,oi abbiamo spezzato in d iverse occasioni colla violenza l'infatuazione bolscevica e- proprio nei momenti in cui gran parte della ignobile e vigliacca borghesia intellettualoide italiana - .filosofi fessi alla Missiroli in testa - civettava col bolscevismo. Della nostra az ione ha benefici ato soprattutto il p roletariato, che dovrebbe esserci ricorioscente. N on c'è stato il salto nel buio, ma non v'è dubbio però che la sbornia bolscevica ha istupidito, corrotto e imbestialito g ran parte delle masse opera ie italiane. Sono stati inferti g ravi danni alla nazione Crederanno - ora - i p roletari alla verità detta, non più da noi, ma dai loro capi? Speriamolo. Prima che ~ia troppo tardi! _ MUSSOLINl

DAL. PR.I.MO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA Dl RO NCHI, ECC. 247
Da Il Popol o d' Italia, N. 240, 7 ottobre 1920, VII.

MISTIFICATORI....

Il voto del Gruppo parlamentare socialista, che ha chiuso le relazioni dei deputati reduci dalla Russia, è il monumento della contraddizione e della ipocrisia. C'erano sul tappeto 1e versioni relative alle f accende bolsceviche: una rosea, dettata da Nicola Bombacci, 1o scemo della compagnia; una grigia, dettata da Serrati, che va asswnendo le arie da padre nobile del convento social-pussista; e, finalmente, una necissima, dettata dai capi della mandria confederale. Dopo aver ascoltato queste t re versioni diverse è anche an ti tetiche fra di loro, il Gruppo parlameniire del Pus_ h a votato alla unan imità ( dei present i, circa set- · tanta) i l seguente ordine del giorno:

« Il Gruppo parlamentare socfalisla, preso atto delle relazioni orali fatte da akuni suoi compagni che si recarono in Russia, io attesa delle relazioni scritte ampiamente documentate e definitive, riconferma la sua fervida solidar icti alla Russfa comunista, proponendo di difenderne- ad ogni costo nel Parlamento e nel , paese il suo libero sviluppo».

Questo è un ordine del giorno stra\'ag ante e disonorante. Con esso si vuol far credere, in contrasto con migliaia dì testimonianze irrefutabili, che 1a Russia sia comunista, mentre, lo sanno oramai anche i paracarri, di comunisti in Russia non ci sono ch e i dittatori del Krem lino. E nemmeno loro sono sempre comunisti, percllé spesso devono accettare dei compromessi borgh esi e piccolo-borg hesi , Comunista un paese dove j comun isti sono seicentomila, quasi tutti funzionari del regime, su cento e più milioni di abitanti? Comunista la Russia; dove i l comunismo trad izionale agricoio è stato annientato dalla ripartizione delle terrè' in regime di proprietà individuale? Comunista la Russia, che non ha « comunizzato » niente, assolutamente niente, all'infuori della miseria e della fame? Ma chi vogliono ancora mistificare, questi grotteschi pagliacCi del socialismo italiano? Chi? Se stessi o g li altri?

Ben più coerente, a proposito deUa Russia, è stato il congresso s indacale di Orléans. Là non sì è parl~to di" una Russia comunista, che

...

non esiste; si è parlato di una Russia che ha diritto - e noi siamo pronti a riconoscerlo - di governarsi liberamente come vuole.

Il voto di Odéans è stato preceduto da un discorso formidabile di Merrheim, che è il segretario della Federazione metallwgica francese.

Il Merrheim ha ·cominciato col definire Lenin, attraverso un profilo tracciato dal ferocissimo massimalista Rappoport:

« Lenin - diceva Rappoport - non conosce che un rimedio: il saJasso, li suo trionfo sarebbe la morte della rivoluzione russa ».

Il Mercheim ha continuato la sua requisitoria implacabile contro i sistemi, le dottrine, il terrorismo dei bolscevichi.

« Non è - egli ha detto - una dichiarazione di gucrra alla borghesia che ci portano i comunisti; ma una dichiarazione di guerra ai nostri sindacati ».

Il Merrheim ha concluso rivendicando al sindacalismo il pieno di. ritto ad una azione autonoma, all'infuori dei Partiti e delle sètte in cui i Partiti stessi si dividono. 11 congresso g li ha dato rag ione. L'ordi ne del giorno votato è anti-bolscevico. C'era anche a Odéans un commesso viaggiatore di Lenin, ma non ha avuto fortuna. L'esempio dei sindacalisti francesi va segnalato e additato agli italiani, i quali, dopo aver affermato e dorumentato che in Russia c'è tutto fuorché il comunismo, si contraddicono im"mediatamente e pietosamente nel loro ordine del g iorno.

Cosl la tragicommedia continua..... MUSSOLINI

Da Il Popolo d'ltdlù,, N. 241, 8 ottobre 1920, VII.

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI, ECC. 249

UN APPELLO AGLI AMICI

"8 stata inviata· agli amici - vecchi e nuovi - di questo giornale, sempre numerosi, malgrado i tempi, la circolare seguente:

« Milan(}, ottobre 1920.

« Caro amico,

« Come l'anno scorso, anche quest'anno siamo costretti a rivolgervi un caldo appeJJo perché-ci aiutiate a sormontare crescenti difficoltà finan; z.iarie, le cui cause no n vi sono ig note.

« Detta in poche parole, la s ituazione è questa. 'Mentre il prezzo del giornale per copia è appena raddopp iato, tutte le spese sono quintuplicate e decuplicate. L'Ammfnistrazione del Popolo deve inoltre frontt>ggi are le spese di un ·nuovo impianto, che dovrà dare, fra poco, dal punto di vista ~ipografico, una veste moderna e perfetta al giornale. L'anno scorso l'appello ci_ fruttò, in poche settimane, oltre duecentomila lire e fu una magnifica, nonché tangibile prova di so lidarietà. Q11e1ta 10mma d ovrebbe e.JJere raddoppiata.

« Noi non abbiamo sovvenzioni da parte di gente estranea al nostro giornale . Per questo abbiamo un p rivilegio sconosciuto a molti altri g iornali : quello d eil'indipendenza.

« Se voi credete che l'opera nostra, in questo periodo di acutizzazione della crisi nazionale e sociale, sia supremamente, come ·noi riteniamo, necessaria, aiutateci generosamente e senza i ndugio, indirizzando le offerte di rettamente aJl'Ammioistrazione del giornale ( via Paolo da Cannobio 35).

« Come l'anno scorso, anche quest'anno la lista deile offerte non sarà ·pubblicata sul giornale.

(( Crediamo che la nostra voce saÌ"à ascoltata, « Nell'attesa, vi salutiamo cordialmente».

Rendiamo di dominio pubblico questa circo lare, estendendola perciò a tutti i nostri lettori. I quali sono troppo intelligenti per me_raVigliars i di questo appeJJo. Non c'è bisogno di d ipingere il quadro a colori foschi ; non è nel nostro t emperamento di ottimisti, malgrado tutto. Ma le cifre sono le cifre. Non c'è p iù relazione fra prezzo di costo di una copia

di giornale e le e ntrate, tutto compreso (abbonato, rivendita, pubblicit à). I.a carta ha subito aumenti fantastici. Tutte le altre spese sono, in media, quintuplicate. In queste condizioni la vita del giornale - di tutti i giornali - è assai difficile. Dove ci sono società anonime, le amministrazioni chiamano i decimi o richiedono nuovi contributi straordinari; dove non ci sono società anonime o sovventori speciali, non resta alle amministraz ioni dei g iornali che rivolgersi direttamente al loro pubblico. .f:: quello che ci siamo decisi a fare noi, rifiutandoci assolutamente di vincolare in qualsiasi modo la nostra autonomia di atteggiamenti e di azione. Restiamo quello che fummo e rimarremo quello che siamo : indipendenti d a chiunque, e ardenti difensori di quelli che riteniamo gli interessi generali della nazione. Noi speriamo che l'appello non cadrà invano. La quantità e la qualità delle offerte avranno, p er noi, una grande s ignificazione politica e morale. Dal fervore o meno di solidarietà del nostro pubblico, ci faremo un'idea delle necessità o meno che questo g iomaJe continui a ·vivere. Buone e dure battaglie abbiamo combattuto nel passato ed altrettante crediamo che ci attendano nell'avvenire; ma ci rifiutiamo di condurre una v ita di incertezze e abbiamo, per ,CO· sturne, di accorciare Je agonie, Piuttosto che trascinare l'esistenza, preferiamo morire. Il giornalismo non è per noi un mestiere. Sapremmo farne altri. Per noi, il giornalismo è una battaglia. Sei anni ormai compiuti di cronaca e di storia sono là a testimoniarlo. Se dalla sollecitudine e dall'entiti delle offerte che ci sono giunte non appena la posta ha diralD.ato la circolare è lecito trarre un auspicio, n oi .prevediamo che la sottoscrizione darà i risultati che ci ripromettiamo.

Un nuovo impianto tipografico è oramai ultimato. Fra qualche settimana il Popolo uscirà in veste nuova, Gli amici ci ai ut ino a superare questa difficoltà.

Coloro che ci han~o seguito in questi a nni, non possono essere fra i delusi o gli scontenti. Abbiamo l"orgoglio di affermare che la nostra azione politica è stata indipendente, rettilinea e, soprattutto, italiana; e se chiediamo con animo tranquillo la solidarietà degli amici, g li è perché sentiamo di meritarla, p er quel che abbiamo fatto ieri e per quello che potremo fare e faremo domani.

A;mici della prima e dell'ultima ora, all'opera!

Da Il Popolo d ' lta/;a, N. 241, 8 ottobre 1920, VJI (o, 21).

DAL PRI MO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI, ECC 251

IL FALSO E LA CONFERMA

Ieri, nelfa sua prima pagiÒ.a, J'Avan ti! accusava dì falso la stampa borghese, col Reslo del CarlinQ- in·testa, per Via della smentita, che non smentisce, emanata dalla Confederazione Generale del Lavoro; e, nella seconda pagina, confermava in pieno, attraverso il . discorso Serra ti, la relazione della missione confederale. Assistiamo al tramonto del mito russo.

Q uello stesso Serrati, che, ancora pochi mesi or so no, stabiliva la strabiliant e equazione fra Lenin e socialismo, oggi, reduce dal paradiso, è costretto, se n on proprio a recitare l'atto di contrizione, certo a rettificare notevolmente il ·suo tiro massimalista. Il Serrati ha portato la pi ù ampia documentazio ne aUe critiche ch e noi abbiamo fatto al bolscevismo da due anni a questa parte. .

Noi abbiamo detto che il problema agricolo non era stato affrontato dai bolscevichi cofi criteri comunistici, ed ecco il Serrati a confermare che- « i bolscevichi hanno _fatto 1a pace coi contadini, anche co i medi, anche coi grandi, Jtt:fnsige11do ».

Noi abbiamo d etto - e la collezione dì questo giornale può testi· mon iarlo a dovizia - ch e la catastrofe dell'industria russa era stata ·prnvocata dal massacro e dall'esodo dei superstiti elementi tecnici. Ed ecco Serrati che conferma:

« Gli operai, mentre i comunis ti sono al fronte, creano i Comitati di fabbrica. E la massa era analfabeta ! E credono d ì potc-r fare da sé! E mandano via ingegneri e tecnici! E si disorganizza l'industria!».

Dunque: i Consigli di fabbrica, invece di riorganizzare, hanno disorganizzato l'industria e questa è stata - commenta Serrati - « la grande tragedia ».

Noi abbiamo detto che i bo lscevichi sono una minoranza, ch e si è imposta colla violenza e col terrore, a u n popolo passivo e paziente, che non ama il bolscevismo; ed ecco Ser rati confermare che « i bolscev ichi sono un'infima .minora nza di fronte a una e norme maggioranza passiva e ind ifferente circa al nuovo regime».

Noi abbiamo documentato l'impote nza ricostruttrice dei bolscevichi, ed ecco Serrati che pone un terribile punt~ interrogativo:

« Sono essi - domanda - capaci di continu.ue nella loro via, di cond urr~ i1 loro pat'Se a miglioramc-nti, di estendere la rivoluzione ?».

Dove si vede che il dubbio si è già insinuato nell'anima del pellegrino reduce dalla Mecca. Quella domanda ·è già, in un certo senso, sacrilega ed eretica.

Noi abbiamo Je molte volte detto che se una rivoluzione p olitica può risolversi in un giorno, una rivoluzìone sociale ha bisogno di ·anni, di decenni o di secoli.

« la ri voluzione russa - proclama Serrati - non compiuta. Lenin dice: ci vorranno cinquant'anni. Altri dicono cento».

Ma non è assurdo, ·domandiamo n oi a questo' punto, propo rre a ll'ìmitazione pedissequa e servile del proletariato italiano una rivoluzione chè è appena incomin ciata e che non si sa do ve e come andrà a fi nire ?

Noi abbiaino detto che il comunismo non esiste in nessun campo della vita economica russa, mentre nel ramo agricolo vige ancora il diritto di proprietà privata: Il Serrati, naturalmente, conferma, notando che << l'adattamento dei comunisti russi alle condizioni agricole è tale che il loro programma attuale mantiene in piedi un sistema molto sim ile a quello della piccola proprietà ».

Concludendo: il preteso « falso » compiuto dai giornali bo~ghesi no n è che il resoconto del djscorso Serrati pubblicato dall'A vanti ! stesso

Oggi, dopo due anni di predicazione « clericale » e di clericale apoteosi d i Len in, salta fuori Serrati con una di quelle formul e felici nella loro banalità : ·

«Non vogliamo essere né i maestri, né gli 'scolari della Russia».

Benissimo. Un po' di nazionalismo socialista è di moda. Ma è tardivo. Bisognava andare prima in Russia; e se non era possibile andare, bisognava procedere con maggiore prudenza, per non essere cost retti alle odierne <C stra tegich e » ~itirate. Invece, no. Da due anni Russia, Lenin, bolscevismo sono stati sinonimi di socialismo, non soio per la Russia, ma per tutti i paesi del mondo e, .in particolar modo, per l'Italia, che è la meno indicata a indossare il camiciotto moscovita. Tutti coloro, noi

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCCA DI RONCHI, ECC, 253
• • •

in p rima fila, che hanno tentato di spezzare l'incantesimo, sono stati coperti col vilipendio in u so nella p ropaganda socialista. Soltanto oggi, dichiarando che non si vuole essere scolari della Russia, si viene implicitamente a riconoscere· che quei s ignori del Kcemlino non hanno niente da insegnare al socialismo ita liano.

C'è nessuno che ricorda anCora il fa ntasmagorico comizio di piazza Belgioioso? Un contraddittore operaio aveva rimproverato ai fascisti di essere avversari della Russia. Mussolini, in quella indimenticabile serata, cosl rispose :

« In quanto alla Russia, dobbiamo intenderci. Contro al blocco infame dell'Intesa, abbiamo già alzato la nostra voce. Ma portare qua, i n Italia, i sistemi e l'etichetta russa, no. Noi siamo italiani. Abbiamo un'altra mentalità, un'altra anima, un altro passato; e, se dobbiamo fare la rivoJmione, questa ri voluzione non potrà essere che profondamente, schiettamente, pienamente italiana. Non russa. Non leninista. Ma italiana».

Questo accadeva i1 10 nov~mbre del 1919. Esattamente undici m esi fa. In piena baldoria di falce e martello. 1n periodo di frenet.ica, mistica adorazione di Nicola Uljanov. Oggi l'idolo viene abbandonato dai chierici, mentre il gregge comincia oscenamente ad intuire che Lenin no n è più Lenin, non è più il santo fautore di miracoli, che doveva arrivare come « l'arcangel della nuova etade.... ».

Ancora una volta, noi siamo stati in anticipo. :i; il nostro orgoglio e, spesso, la nostra melanconia. MUS

Da 1l Popolo d' Italia, N. 243, 10 ottobre 1920, VII.

254 OPERA OMNI/i- DI BENITO MUSSOLINI
SOLIN I

IL PROBLEMA ADRIATICO*

MuJJolini dice come la si/nazione dell'Italia, nei riIJuard; del!tt sua P,olitica es/era, è al pun}o critico Le sottigliezze e gli equivoci della di· plomazia tradizionale, unite a tutta una preparazione cagoiesca, legitti· mano ogni nostra preoccupazione, Si limita " presenlare l' ordine d el giorno rhe q11i Jollo riproduciamo**, non riten endo lecito ed opportuno fa re molti discorsi ***.

• Riassunto delle dichiarazioni fatte a Milano, nello st ud io dell'avvocato Giuseppe Aversa, il pomeriggio del 10 ottobre 1920, durante una seduta del con· siglio nazionale d ei Fasci Italiani di Combattimento. (Da Il Popolo d ' [Ja!ia, N 244, 12 ottobre 19 20, VJJ)

•• L'ordine del giorno, approvato all'unanimità, è del seguente tenore:

« li Co,uiglio nazionale dei Faui Italiani di Com bauim ento, tUla vig ilia delle lraJJaJi11e ,inglo-i11go1/1111e, convinto che la diplomazia 1, iolitJiana è p ro nta ad 1111 rompromeJJo più o t{J eno ba11m d o, affida, 11 el ca10 di " ri1111n re iniq11e ", a Gahriele d' Ann11nz io, a /11.i llo, alle lo ro t1uppe e ai fasriJJi di tulla I talia, l a d i fe Ja d ei confini e dei dt.rtini della nazione»

u.• Sul problema dell'organizzazione fascista nel meridionale, « Pasella e Mussolini comunicano che la Commissione esecutiva del Comitato centrale da rà un particolare rilievo al convegno interregionale che si t errà in una città da destinarsi entro il mese di gennaio. Ad esso parteciperanno i Fasci d ella CamPanià, delle Puglie, degli Ab ruzzi, d ell a Sicilia e della Sardegna». Prima d ella chi usura ,dei lavori, Mussolini p resenta a l convegno, che approva, il seguente ordine del giorno :

«"Il C on v e1,no na:iomtle dei Faui [Jdiani di Combauimento " i n neggia alla lotta di liberaion e ing11ggiata da//'lr/a11da e d11/l'Egi1to , oniro l a d ominazione i ngleu e con fid a di porer celeb rar, preuo l'indipendenza t otale di q u ei due popoli " » (Da li Popolo d'lttUia, N. 244, 12 ottobre 1920, VII)

1 7. - xv

DOPO REGGIO

Noi non siamo tra coloro ch e si spella no le mani per inneggiare alla s incerità socialista, né tra quelli che fanno la s morfia dei delusi. Noi non attendevamo dal cong resso di Reggio più di quello che ha dato e poteva dare.

· Presdndiamo dai· retroscena venuti aUa luce, alcuni dei quali interes·santissimi. Quel Tonino G raziadci, oggi duce supremo teorico del massimalismo, che, durante tutto~il tempo della guerra faceva - vedi d iscorso M azzoni - smaccate dichiarazioni di interventismo, ci fa una meschina fig ura. Anche 1a di rezione d el part ito, la quale - vedi discorso Targetti - si pone a lla rice rca affannosa d i un voto contrario - quello di Bacci - per rinviare la rivoluzione all'epoca dei fatti di Ancona, esce dal convegno di Reggio esauto rat a e liquidata. Non è gente da tragedia, quella, e la rivoluzione è u na grande tragedia; sibbene è gente da caffèconcerto. Quanto a sincerità, d iscorsi siriceri sono stati q uèllj di Ma22oni , / . che ha ritrovato, dopo lungo silenzio, la sua oratoria irruente e passio• nalc; di Filippo Turati; di Dugoni e di Targctti. Ma chi non vede il trucco nittoide nel discorso di Modigliani, che è stato più avvocatesco del solito? Anche Trcves è stato ambiguo. In fondo, nell'animo di moltissimi convenuti a Reggio Emil ia, c'era la preoccupazione evidente di non apparire.. .. codini. D i tale preoccupazione, Ja traccia palese si trova nella troppo lu nga mozione, che, recando la firma Baldes i-D'Aragona, pot rebbe chiamarsi la mozione «confede rale». l'importanza di queste fi rme è chiara La frazione di concentrnzione rappresenta il pensiero dei d iéigenti Ja Confederazione Generale d el Lavoro. ll gruppo Turat i può contare sulli....solidarietà dei confederali. Questo fatto è dest inato a suscitafe discussiOnì e preoccupaz ioni fra i massimalisti. La Confederazione Generale del Lavoro è centrista. Quanto alla mozjone, essa appare oscil· lante fra i due estremi. :e. una dichiarazione di principio troppo conci• Jiante ed eJastica per stabilire. l e necessa rie d ifferenziazioni , 11: una mozione che alimenta l'equivoco. Non lo precipita. La frazione di concentrazione ha u n senso se rappresenta la tend enza realizzatrice del socialismo italiano. Ma questo programma di realiziazione dov' è? Quello lanciato d a · Turati, rilesi fa, non è stato esumato; anche quello di Modigliani - fa re u na rep ubbl ica - è stato respinto; di . avvento 'al potere non si vuol

sentire parlare, salvo il caso eh; si eviterà di afferrarlo, se si presenterà. Questa mozione è nullista. Non « rifà » l'Ita lia . La dichia razione di fede unitarìa è simpat ica, ma un po' bigotta e ipocrita Come si fa a stare· insieme, dandovi fraterni, no nché quotidiani cazzotti. nelle costole? Dire che fra massimalisti e centristi c'è « u na diversa valutazione d el periodo storico che attraversiamo », è fare dell'iron ia. Fra l'A vanti.' di Torino e quello di Milano, fra il S ovièt d i Bordiga e la Critirn So cial.e di Turati, c'è qualche cosa di più che « una d iversa valutazione del momento storico». C'è una antitesi netta, dichiarata, irrevocabile. Come possono coabitare nello stesso partito astensionisti ed elezionisti ? Il periodo che segue, nella mozione confede rale, sembra una passerella gettata a Serrati. Anche qui c'è un po' di tartufecia. Come si fa a mantenere l'adesion e a Mosca e nello stesso tempo a porre delle condizioni? Se le condizioni non fossero accettate? Circa la dittatura, · altro barcollamento. La mozione confedera le l' accetta, purché sia marxista, transitoria e.... italiana. Ma la dittatu ra, barbuti signori, è la dittatu ra, come il piombo è il piombo. Si è mai vista una dittatura.... non autori· taria? Lo stesso gioco di_ ombre e di luci per quel che r igua rda l' uso della violenza, La inazione confederale è almeno contraria al bolscevismo? Sino a un certo punto. ~e i minatori inglesi fossero cosl gentili da mandarci un po' di carbone e i farmers americani un po' di grano, la mozione confederale non avrebbe nulla in contrario a che in Itali a si foc. masse un « ordi namento sovi etista tipo russo », anche nella forma << vio· lenta e distmggitrice desiderata dagli estremisti ». E tutto ciò d opo le requisitorie anti-bo!sceviche di Dugoni e di Mazzoni , che mostrano il reg ime bolscevico in sé e in pieno!

Lo stesso « tira e molla» per ciò che riguarda il potere Non p ropositi di conquistarlo direttam_ente; però, se passasse a portata di mano e il momento fosse propizio, i centristi non rifi uterebbero di assum erlo da soli, sdegnando il concorso di qualsiasi partito o frazione democratica d ella borghesia.

D a questo esame rapido dell a mozione di Reggio appare chiaro che la preoccupazione dell'unità ha sabotato i propositi di sincerità. La crisi del pa rt ito continua e diventa cronica. ·

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA , DI RONCHI, ECC. 257
MUSSOLINI
Da Il Popolo d' IJalia, N. 245; n ottobre 1920, V II.

L'ORA. NOSTRA

La recente riunione del Consiglio nazionale dei Fasci Italiani di Combattimento non abbisogna di lunghi commenti iJlustrativi. Sono già nella cronaca e non importa se i grandi giornali si daranno ancora una volta il lusso più o meno equivoco di ignora rJi. II fatto non si cancella e il fatto è che il movimento fascisti è in un periodo di pieno, promettente, prodigioso sviluppo, e, si noti, per « generazione spontanea».

I mczz.i d ella flostra propaganda - in uomini e denari - sono limitatissimi; eppure, ciò malgrado, la rete dei Fasci si diffonde e si salda in ogni regione d'Italia. Dai settantadue Fasci dell'adunata di Firenze, giungemmo ai centotrenta del convegno di Milano, e tocchiamo oramai, dopo pochi mesi, i duecento. Né meno ottimi~tiche ·sono le previsioni per l'avvenire. Ma la progressione cosl travolgente del fascismo è accompagnata da un processo automat ìco di purificazione e di chiarificazione

Dirsj fas cisti è facile; rjmanere fascisti non altrettanto. Senza bisogno di espulsioni e di ridicoli processi, armamentario, questo, inquisitoriale, che lasciamo ai preti di tutte Ie chiese, si sono allontanati automatic:i.mente dal fascismo tutti coloro che, dopo aver militato nei vecchi partiti, ne sentivano ancora la nostalgia, simili a pecore cui occorre, per vivere, il gregge ed il relativo pastore; tutti coloro che pretendevano fare del rea• zionarismo vecchio gioco o della bagologia cosiddetta sovversiva, destinata a sovvertire soltanto la ragione e l'intelligenza; tutti i dilettanti della politica, molti ·dei quali, per il solo fatto · di essere stati in trincea, si credono capaci di reggere - modestamente! - il destino dei popoli e no n sanno che la politica è l'arte somma, l'arte d elle arti, la divina fra le arti, perché !avoca sulla materia più difficile, perché è viva: l'uomo. Ci vuole un lungo tirocinio per fare della politica e occorre anche essere tagliati per farla. Finalmente - oh quanto furono provvidenziali i quattro· mila voti milanesi del novembre scorso!. - se ne sono andati tutti i vanitosetti che covavano la speranza del cadreghino, della medaglietta o di qualche altro surrogato del genere,

O ra il fascismo si compone, neJla stragrande maggioranza, di gente nuova o di individui, che,' come io ho fatto, hanno bruciato inesorabil· mente e senza pentimenti i ponti dietro il loéo passato. 1n ciò sta la rag ione del successo fascista e la forza str:i.ordinaria di suggest ione che

da esso promana, nonostante le avversioni cui è fatto segno, apertamente d ai socialisti e velatamente da1la zona grig ia. di coloro che nella vita stanno perennemente in bilico o va nno a destra e a sinistra, a seconda dello spi rar dei venti.

Dopo il Consiglio na zionale, il compito de i f asc isti di tutta Ital ia è chiaro: moltiplicare la rete dei Fasci e dei nuclei, dalle città ai borg hi, alle campag ne. Per na:essità di cose, col frantumarsi ed esaurirsi dei vecchi partiti intermedi, il fascismo è destinato a diventare la più grande forza di realizzazione nazionale, al di fuori degli e contro g li opposti estremismi r osso e nero.

Si delinea un periodo della politica nazionale straordina riamente interessante e accidentato. ì:: assai probabile che in un avveni re non lontano l'attuale soluzione torbida precipiti e si chiari~ca in una d ifferenziazione e in una creazione. . La soddisfaz ione più ca ra che p otevano aspettarsi i f ascisti di tutta Italia è g iunta: Gabriele d'Annunzio m ilite, capo e g regario, nelle nostre file, E nelle nostre file so no anc he i rettori di Fiume:

Innalziàmo, pct G abriele d' A nnunz io fascista e per il fascista G overno dì Fiume, il più formidabile dei nostri« alalà! ».

E al lavoro, senza perdere un solo minuto di tempo!

MU SSOLINI

Da li Po/10/0 d ' ltali:r, N. 246, 14 ottobre 1920, VII.

DAL PRI MO /\ NNIVERS.ARIO DELLA MARCIA DC RONCHI , ECC. 259

[SULLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE]•

Debbo darvi ragione dell'ordine del giòrno che presento:

« Il Fascio Milanese di Combattimento dichiara di disinteressarsi delle prossime elezioni amministrative del Comune di Milano e impegna i propri iscritti a preparare animi e m ezz i per altre forse non lontane e certamente decisive battaglie ».

Prima di votare questo ordine del giorno, io debbo r icordarvi il carattere del fascismo. Il fascismo non è affatto un movimento politico in senso elettorale. Se vogliamo fare dell'elezionismo a qualunque costo, allora intitoliamo il f ascio« Fasc io di Combattimento elettorale», oppure cambiamo nome. Ma quando il fascismo è sorto, esso è sorto come u na reazione alla degenerazione bolscevica del Pru. Il fascismo fin qui non si è affermato attraverso le elezioni politiche e amministrative. le circosta nze hanno voluto che noi ci affermassimo attraverso le revolverate, gli incendi e le distrùzioni. Ciò può essere triste sotto il punto di vista umano, ma la storia del fascismo, dal marzo 1919 all'incendio del Lavorat ore di Trieste, compiutasi ieri, non è che l'espressione di un estremismo basato sui valori morali e nazionali, in opposizione ad un estremismo passista basato sul sabotaggio della nazione. l fasci fanno anche della politica e delle elezioni quando non vi è nulla di meglio, da fare. Ma non è certa· mente con la politica elettorale che s i potrà debe JJare il Pus. D'altra pa rte ven iamo subito al concreto di questa lotta politica ammi nistrativa d i Milano. n un fatto che n essuno se ne inte ressa, Fra venti g iorni v i dovrebbe essere questo grande .avvenimento. Non troverete tracce della imminente battaglia elettorale. Seguite la vicenda dei partiti ·e voi troverete che nessuno si agita. Vi sono forse contatti, manovre, approcci di retroscena, ma la 'grande agitazione elettorale tuttora non esiste. E perchC? Sembra che la gente si disinteressi se domani Schiavello, o Schiavi, od altri sarà sind aco di Milano. lo credo che lo stato d'animo' della cittadinanza in gene re sia questo: vada Schiavello o Caldara, le cose non cambieranno di molto. Io penso che il Corriere de!ltt Seftt si .prepari ad essere l'organo

• Discorso pronunciato a Milano, nel salone clc)J'istituto dei ciech i (via Vivaio 8), la sera del 15 ottohrc 1920, durante l'assembka genera le del Fascio Milanese di Combattimento. (Da Il Popolo d'ltali.t, N. 248, 16 ottobre 1920, VJJ).

ufficioso, se non ufficiale dell'amministrazione Schiavello, come è stato finora J'organo d ell"amministrazione Caldara: altriment i un giornale po· tente come il Corriere della Sera a quest'ora avrebbe già scoperto le sue batterie ed avrebbe incominciato ad agitare !"ambiente, in vista del temuto e minacciato esperimento comunista di j,alazzo Marino

Con chi il blocco? Bisogna essere due o tre o quattro per fa re il blocco. Con chi? Abbiamo una borghesia degenerat a e vile, che domani patteggerà anche coi socialisti pur di vivere. C'è una borghesia che noi apprezziamo altamente: gli ingegneri, i tecnici, i commercianti, gli industriali, la borghesia che produce e trasmette ed aumenta la ricchezza del paese. Finalmente c'è una borghesia politicante, che è que lJa che fa più schifo delle altre. La borghesia politicante detesta il fascismo e lo ignora nella maniera più scandalosa. Il Corriere della Sera, che ha dato pagine su pagi ne al convegno di Reggio Emilia, non ha trovato una sola linea per annunciJre il Consiglio nazionale dei Fasci. Non parl iamo del Serole,, che trasuda da ogni riga il suo livore contro il fascismo, Il Corriere della Sera rappresenta fa borghesia liberale; il Secolo la borghes ia d emoc ratica. Ora è proprio co i frammen ti di questa borghesia liber ale o democratica che i fascisti d ovrebbero _fare l'aileanza. L'immagine può Ìnagari sembrare arrischiata, ma io ho l'impressio ne che quando questi elementi cercano appoggi col fascismo, Ii· cercano con l'intenzione di ciuelli che prendono 1a cantaride. È gente che si sente esaurita da un lungo sfo rzo e che vor· rebbe, attra,•erso i l nostro impeto giovanile, risollevarsi e tenere ancora il suo posto nella società. Ora se c'è una borghesia che appa re veramente finita ed è a l crepuscolo, è la borghesia politicante; e se voi vi ponete · dinnanzi agli occhi il quJdrn deila politica italiana, da quella di G iolitti a quella del senatore Albertini de l Corriere, avrete uno spettacolo di decadenza inenarrabile, di gente che cede sempre il suo terreno. Ora una prima domanda si può fa re: yuesta borghesia po liticante, con la yuale dovremmo fare il blocco, merita il nost ro impeto, la nost ra passione, la nos~ra g ioventù ? Pensate che se i n un p rog rammi ammin istrativo noi siamo d'accordo fino ad un certo punto con questa borghl'Sia pol it icante, sopra molti altri problemi siamo divisi. Anzi mi pare di notare, seguendo atte1_1tamcnte le manifestazioni di yuesti partiti, che infine non ci veda no di buon occhio. Il nostro estremismo li irrita. Hanno I'impresSione che se non ci fossimo noi, i socialisti diverrebbero degli agnelli, della brava gente, quasi che il nostro estremismo fosse causale di quello socialista e non viceversa.

Qual' è la situazione del Pus? Voi credete che vi sarà una lista completamente massi~al ista? Intanto nessuno sa dire dove cominci e do ve finisca il mas~imalismo autentico. Nella li sta è g ià acquis ito (ve di dichiarazioni Gen nal:i al cong resso di Reggio) che sarà fatto postq anche ai

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI, ECC. 261

centristi. Quindi è assai probabile che, su sessantaquattro nomi d e lla lista socialista , ve ne sa ranno dai sedici ai ve nti d i elementi rappresen· tativi del partito, elementi tecnici che diano affidamento di sapere d iscrf:tamente amministrare. Per cui Ja massa, che attraversa un periodo di scetticismo, quando vedrà una lista non completamente massimali~ta, si infiacchirà. E succederà questo: che se noi interverremo, non \' i- saranno a~tensionisti nelle file operaie. Basterà agitare il fasci smo, che immediatamente saranno suonate tuttè le campane perché tutta la massa operaia accorra compatta a1Ie urne. Non solo, ma gli anarchici, che potrebbero fare propaganda astensionista, la smorzerebbero o non la farebbero affatto. La nostra partecipazione alla Jotta non aumenta la probabilità di urla disfatta avversaria: aumenta all'infinito Ia probabilità di vittoria degli avversari, poiché basterà presentare una lista nella quale siano compresi dei fascisti pe rché questa gente si precipiti alle urne pu r di sconfigge re la lista. Questo è palese, e voi lo sapete benissimo.

Ed in ogni caso ch i voterebbe per noi? La massa opera ia, no, perché è le ninizzata. La media borg hesia legge l'A vami !, lo vedete dovunque, e non voterà mai liste di blocchi cui abbiano dato la loro adesione la classe degli esercenti o dei proprietari di casa o q ualche altra categoria di questo genere. Ed allora noi andremmo alla sconfitta. Facciamo il caso che si vinca. Se si vince, si vince per pochissimi voti. Supponiamo che si vinca in modo trionfale. :B impossibile, ma supponiamolo. Che cosa faremo noi al Comune? Non abbiamo un programma amministrativo, Milano non è un borgò; è uno Stato. Ha. un bilancio da centocinquanta a duecento milioni. Voi avete delle idee in mater i:1 municipale? Se l e avete, mettetele fuori. E voi credete che andando domani a palazzo Marino fareste la forca aì socialisti_? Sarebbeto i soc ialist i che la fa rebbero a noi. Domani, quando avessimo v into così mediocremente, tutta la folla operaia si divertirebbe enormemente a mettere in continuo jmbar.izzo l'amministra2ìone municipale de mo-liberale-democratico-fascista che dir si voglia. Se si vincesse, chi saprebbe dire quanti sono i voti d ei fascisti? Sarebbe impossibi le sceg liere i vot i dei fasci sti <lai non fascisti.

Sento una obbiezione: e allora che cosa dobbiamo fare noi ? O ci si disinteressa ·o si fa una lista di m inoranza fascista. Vogliamo fare una lista di minoranza? Ma se noi non abbiamo nemmeno la speranza di arr ivare ad avere la minoranza, allora vi prego di non sabotare il fascismo.

Abbiamo in vista delle grandi battag lie, per cui non credo opportuno perdersi in manovre elettorali.

Se voi ponete mente alla cronaca d i ieri, sarete convinti che ormai le schede e le battaglie el~ttorali non sono più d ~I nostro tempo. Se no n si può fare a meno si faccia anche la lotta elettorale, .ma una lotta fatta in queste condizioni d i tempo, di luogo e di ambiente, nel Comune d i

262 OPERA OMNIA DI BEN ITO MUSSOLINI

Milano, sarebbe un servjgio che renderemmo ai comunisti; i quali, Senza la nostra. partecipazione al b]occo, molto probabilmente andranno al po· tere con una , ,otazione esigua, mentre p.i.rtecipandovi noi, vi andrebbero con una votazione trionfale, Che ci schiaccerebbe irreparabilmente, perché ci schiaccerebbe in compagnia*.

* <( Segue Michele Bianchi, che svolge un ordine del giorno fumato da Rossi, Freddi, Contessi, Patanè, Pasella ed un altro gruppo di circa ottanta soci in favore del la p:ut«ipazione alla battaglia elettorale». ( +)

« Mwsolini replica sostenendo che "il fasciJmo non è un'a.col ta di polititanJi, ma di g11urieri Per queJtc euo Ji può infiffhiare dei giudizi di iJ0!11mento e di /iq11id.u.io,u che può emettere il pubb[it(J grosso. Nel novembre U01'SO, dop o il nostro ÌRJJ((teJio elettorale, i 10,ialisti ebbri della villoria ei dithiararono ffompar;i dalla vita pubblica; io fui proelamato morto e sepolto. A 11n ttnno di di!lamttt il faffiJm o i piil Vivo di prima e di fr o11te dlle Jfo,t11ne delle batr11glie cartatee J/anHo i gestì virili di phlZzti, di tNi la rrOll (l(a è t oslrel/a dd O((UPttr· une 1u o mnlgraJo. Su qu euo terreno di oppori zione violenta atte"diamo a pit fermo i n emiti che Jiamo 1ic11ri di sbaragliare".

« L'asscmblC:1, or ientatasi ormai a lla tesi astensionista, acclama lungamen te la vivacissima r('plica.

« Si passa quindi. ai voti per divisione fra i due ordini del giorno, sotto il controllo d i due scrutatori, rappresentanti le due tendenze. A g rande maggioranza risulta approvato l'ordine del giorno Mussolini. La minor:inza d ichiara di sottomettersi, con puro spirito dì disciplina, al voto della maggiounu » (Da Il Popolo d'llitlù1, N. 248, 16 ottobre 1920, VII).

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI, ECC, 263

LA MISURA E COLMA....

Ricordate? Un anno fa il Fascio M ilanese di Combattimento decise, ' in manca nza di meglio, di partecipare all e elezioni, scegliendo, a p iattaforma della battaglia, la questione fiumana. Dal punto di vista « politico e morale » il FaS(io vinse, perché riusd a tenere in disturbat i n elle p iazze de lla città i suoi comizi; dal punto di vista strettamente eletto rale Ja battaglia fu perduta. Si fecero i fu nerali al fascismo e chi scrive quest e linee fu affogato in effig ie nelle acque del Navig lio. Un anno appena è passato, e il fascismo, lung i dall'essere morto, è p iù vivo, p iù impetuoso, più travolgente di prima. Sino a ieri c'era uno spett ro il?, Italia: quello del comunismo. Oggi ce n 'è un altro più t erribile e temibile: lo spett ro del fascismo. 1 pussisti non si sono ancora convint i di una verità formidabilmente lapalissiana: che l'Italia non è la Russia; che il popolo italiano non è per u si, costu mi, storia, psicologia, n emmeno parente alla lontana di qualcuna delle quarantaquattro razze che compongono il cosiddetto popolo russo; che non è possibile e nemmeno ùmanamente pensabile di infliggere all a nazione italiana l'esperimento in èorpore vili, che è stato, da un pugno di fanatici e di criminali , imposto alla Russia. Occorre ancora qualche incendio, per convincere gli estremisti di casa nostra che in I ta lia non si può instaur:tre il bolscevismo. Ma quale melanconia, quale umiliazione per l'organo quot idiano del partitone, dovere, proprio in p rima pagin a, e nell'articolo di fondo, elenca re le treme nde lezioni ricevute dal fasçismo da un anno a questa pa rte .

L'elenco n on è completo, ma ci sono g li episodi p r incipali di M ila no, Roma, Pola, Trieste, Fiume, che bastano a caratterizzare l e varie fas i dell'impotcn;a pussista. Che cosa importa il fl o rilegio delle insolenze?

Noi accettiamo, a priori, per ammesso, tutto quello che si dice di noi. Sl. Noi siamo dei band iti, dei sitari, dei venduti, dei r innega ti. Queste sono parole inutili. L'essenzi ale è che Mussolini è un osso duro da r odere, che è mulescamente tenace e che gli ostacoli, invece di abbacch iaç1o, lo esaspera.no ne ll' attacco. L'essenziale è che attorno a Mussolini sono venuti a poco a poco raccoglie ndosi, a mig liaia e a decin e di mig liaia, g li itd!iani rùvegliati d'Ita lia. Q uesto movimento fascista va ass umendo un ritmo, una velocità imp ressionante, dalle Alpi alla Sicili a Molta gente, ch e ieri ci derideva o ci ig norava, comincia a tremare

Sanno che la noStra f ede non conosce oscillazioni; sanno che la nostra energ ia è - e sarà - implacabile; sa nno - e le cronache parlanoche da l 1919 ad oggi la fiammà non è soltanto belJa, ma è fascista per d efinizione. Molte coscienze inquiete stanno in ansia. Parliamo chiaro, finché è tempo

Di noi non d eve temere la borghesia piccola o grande che lavora; ma 1a borghesia giolittiana deve temere _le nostre vendette; m a la borghesia nittiana sarà dispersa ai quattro orizzonti col ferro e col fuoco D i noi non deve temere il p roletariato che lavora e la cui indefinita elevazione mo ra le e spir itua le ci sta a cuore e figura nei nostri postulati fondamentali ; d i noi devono temere i p a rassiti politicanti, g li apostoli imb roglioni , i missionari speculatori, tutta la gente sinistra ed equi voca ch e succh ia il sang ue e il sudore delle masse operaie, colla scusa d i volerle r edime re, in un assai remoto futuro . D i noi n on devono temere i vecchi socialisti, in buona f ed e, ma i massimalisti di g uerra, t utta b ' perversa categoria d ei madda len i p ent iti, d egli opportun isti, ch e hanno preso una tessera come un prem io d ' assicurazione; tutti i v ig liacchi che hanno occhiegg iato a l bo lscev ismo, non per un imp ulso dell 'a nima, ma per un egoistico calcolo di conservazione o di demagog ia; tutti costoro dovranno sal d::t rc il co nto.

C è molta materia che bisogn::t bruciare in Italia Br uciare i parassiti che vivono in m:i. rgine a lh borghes ia ; bruciare i pa rassiti che vivono in margine a l prolebriat o. Solo in quest o modo si andrà alla costituzione della « nazione dei produttori », divisi in :1rmonich e gerarch ie, stretti d a una discip linil accettata in coscienza o imposta dalla forza, rap presentati d3. uno Stato rid otto alle sue essenziali funzi oni d 'ord ifle giurid ico, politico e spi ri tuale, e «smobilitato» di tutte l e altre fonzioni d'or d ine economico che lo paralizzano e lo r iducono al disastro I fascis ti sono g li anticipatori d i questo evento. E per realizzarlo sono pront i 11 11cddere e 11 morire

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI, ECC 265
MU SSOLINI D a li Po polo d' Italia, N . 249 , 17 ottobre 1920, V II.

UN GESTO DI CORAGGIO

L'AvanJi! ha finalmente compiuto un ·gesto di coraggio: ha r icono· scinto apeitamente, in un bell'articolo di fondo debitamente interlineato, che sul terreno della violenza_ gli avversari del Pus - che saremmo noi - le danno sempre e non le buscano mai. 11 titolo dell'articolo è però sbagliato. Le nostre minacce non sono state, finora, vane. Hanno avuto sempre il loro logico seguito.

Rilevata qu esta piccola Contradd izione, vale la pena di riportare quel brano dell'articolo dell'Avant i .' nel quale si ammette, alla luce del sole, quello che la cronaca ha regìstrato g iorno per giorno, dal 15 ap rile del 1919 al 14 ottobre del 1920:

« Riconosciamo volentieri - scrive l'lf vanri! - che, fino ra, essi - che detengono, bene - o male, il potere politico e quindi hanno ~r sé tutta 13 forza ors::mizzata dello Stato, dal birro al magistrato - sono ancora )liù forti di noi. Possiamo anche, senza d intinuire di un ette refficenu delle nostre ors anizzazioni , riconoscere che qualche , •olta l'azione nostra, SJJinta da sentimentalismi e da )la.ssioni certo non sempre rigidamente controllati dalla rag ione e guidata taloq dagli elementi più impulsivi, che sono le necessarie avanguardie del nostro esercito, viene spinta a manifestai.ioni che prestano troppo inabilmente il fianco alla prepotenza nemka. E possiamo ugualmente riconoscere che ne ll'uso della violenza e della prepotenza sono meg lio preparati e più fortemente muniti i nemici nostri. Sl, a Milano, a Roma, a Pola, a Trieste, a Fiume, l'ardi tismo ha dato largo esempio della propria capacità d'azione, infinitamente superiore alla nostra; e noi saremmo davvero ridkoli, più che a que lli deg li altd ai nostri occhi s tessi, se non ci accorgessimo che, mentre t:1.luni dei nostr i fanno la voce grossa, i nostri nemici ingrossano il pugno e colp iscono forte e inesorabilmente. Inutile ricercare se vi sia d el coraggio o della viltà in questa l oro abilità ne l· l'opera distruttiva. Inutile chiedersi se essi violentino, incendino, distruggano perch~ sicuri _della complicità · del pott re politico e della magistr:1tura, cht' g a• raotiscono Joro in anticipo ogni impunità. La lotta civile non procede con criteri: morali ed i rivoluzionari non possono pretendere di misurare con crite-ri di giustizia e di equità le botte che si d anno e si pigliano in periodo rivolu2ionario. Parlare di rivoluzione, fare professione di rivoluzionarismo t: poi piatire nelle anticamere prefettizie quella libertà ne!Ia quale non si crede, ed invocare le disposizioni di quella l egge che si vuole abolire, è opera non solo incondu· d ente, ma contr,1;ddittoria .,,,

Questa confessione ci dispensa da lunghe chiose. :B netta, categorica. n una speci e di r icevuta in calce a lla lunga serie delle disfatte. Si po·

trebbe domandare: non avete" detto che il fascismo era morto e putrefatto? Non avcV'ate fatto credere ai vostri lettori che bastava un gesto d el gigante prnletario per debellare j1 fascismo o arditismo che dir si voglia? Gli è che il P 111, plebizzato dalla gue rra o meglio dalla ·non-pace seguita all'acmist izio, è un grosso e grasso animale pesante, con cui il leopardo fa5eista f>uò scheczare a piacimento. Il P11.r è un esercito ben regolare, ben tesserato, ben marchettato, che ha uno stato maggiore, anzi una serie di stati maggiori e tutta una burocrazia, che fa concorrenza oramai a quella dello Stato borghese; noi siamo bande di guerriller.o.r chci ci siamo adunati per uno scopo, raggiunto il q uale potrenuno anche scioglierci.

Ma non c'è dunque un fatto che spieghi l'apparen te contraddizione per .cui u n esercito, che Conta i suoi g rega ri a mi lioni, si fa regolarmente battere da una piccola legione di irregolari? La. ragione c'è ed è questa : le masse - cosl nella g uerra della nazione, come nella guerra d i classesono, nella lo ro strag rande magg ioranza, d'istinti pacifondai. Guardate~i attorno e vedrete che l' edonismo t rionfa anche in basso e che i l (arpe ~;em o raziano potrebbe d_iventare l'insegna d eg li innumeri templi e tempietti bacchici che adornano I'1talìa. Salvo minoranze esigue, tutto il res to d elle masse si compone di fodividui calmi, posati, alieni da r isd1i e da avventure pericolose, gente casalinga, che ama, come dice Zibordi, che se ne intende, le tagliatelle vuoi in brodo o vuoi asciùtte e « più non vuole! ~- Le remote finalità teologiche sono fondamentalmente estranee alla mentalità di queste masse. Quando fanno del comunismo, non lo fanno sotto la specie di una civiltà superiòre che bisogna inau• gurare senza indugio per largire la felicità all'afflitto genere u mano, ma sotto la specie del comfort garantito, sotto la specie del pollo, con relativa bottiglia di vino, l'uno e l'altro possibi lmente quotidiani . Su questi dati fondamentali, s u questi istinti di conservazione, che sono naturali, · poiché le masse non possono essere che conseivatrici e « depositarie», ha lavorato per mezzo secolo la propag'anda del socialismo. La propa· ganda antiguerresca andando incontro a queste tendenze pacifondaie insopprimibili nell' animo delle vaste masse umane, ha avuto largo successo ·di g regari e di voti. Ora è diffici le t rascinare sul terreno della violenza - e con probabilità di successo - gente abituata alle discussioni dei circoli vinicoli e .alle incruente battaglie delle schede. Quanto alla minoranza violenta, venuta al socialismo dopo la g uerra e quasi sempre per mot iv i «personalistici» , essa, mentre non può assoluta.mente resistere alla nostra azione, è di grave nocumento a l socialismo e perché tende a convertire la violenza-eccezione nella violenza.regola, il che è in assoluto contrasto colle dottrine fondam entali de l socialismo, e perché gran parte de lla s·ua « violenza » si riduce a vano diluviare· di chiac.

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI, ECC. 267
18. • xv.

chiere. Bisogna convincersene : il terreno del sociali smo non è quello in cui si scagliano bombe a mano e arn esi del genere. Anche il socialismo deve liberarsi della « bardatura di g uerra». Noi, sia pure involontariamente, g li rend iamo un· servizio quando g li instilliamo .tale persuasione con argomenti irresistibili come il p iombo e la fi:imma.

MUSSOLI NI

Da li Popolo d'l1t1lia, N. 250, 19 ottobre 1920, VII

268 OPERA OMNIA DI BENIT O
.MUSSOLINI

EBREI, BOLSCEVISMO E SIONISMO ITALIANO

Il nostro corrispondente particola~e · da Budapest ci manda questa notizia :

« L' Assemble:'1 nazion.1..le ungherese ha votato, a grande mag_qiorama, la kgge proposta dal Governo, in virtù della qu~le gli ebrei non banno più d iritto di voto e verranno ammessi nelle scuole superiori. solo per occupa re i posti liberi lasciati dagli altri.

« Un part1grafo della legge dice che g li ebrei costituiscono una nazionalità a parte e che di oonsegu('f'lza, anche se di nascita ungherese, "engono considera ti stranieri e privati di ogn i diritto. Dur:mte la d iscussione che ha preceduto l'approvazione di questa legge vennero pronunciati de i discorsi violenti contro gli ebrei. Haller, ministro della Pubblica Istruzione, ha dichiarato che la legge non resterà leltera morta, p l'rché, con mi sure appropriati', saprà fare sentire ;ig[i ebrei ciò che s ia il sionismo.

« Il vescovo Proh.,ska ha affermato in un discorso che ciuesta legge, che a tutta prima può sembrare tiranna, salverà il paese da una catastrofe e che i partiti nazionali devono convincersi tutti e considerare ,gli ebrei come stranieri. L'Ungheria il p rimo paese che priva gli ebrei dei diritti civili ».

Non c'è da stupirsi d i fronte a queste misure draconiane. Basta ricordare che il capo del bolscevismo ungherese era un ebreo: Bela Kun; che lo spretatissimo capo del ter rore rosso era un altro ebreo : Szanuely; e che dei commiss:iri del popolo i quattro quinti erano ebrei. Tramontato il bolscevismo - e di bolscevismo in Ungheria non se n e parlerà p iù per un pezzo - g li ebrei hanno duramente scontato e più anco ra sconteranno i delitti compiuti da alcuni dei loro correligionari. Il bolscev ismo non è, come si crede, un fenome no ebraico. n vero, invece, che il bolscevismo condurrà alla rovina tota le gl i ebrei dell'oriente europeo Questo pericolo enorme e forse immediato è avvertito chiaramente dagli ebrei di tutta Europa.

:B facile prevedere che il tramonto del bolscevismo in Russia sarà seguito da un pogrom di proporzioni inaudite, al cu i paragone impa llidirà Ja notte di San Bartolomeo. Già tutti g li ebrei che possono fuggire, varcano l'oceano, perché sentono che la catastrofe si avvicina. Nel numero d el 1° ottobre 1920 della Trib1111e Juiv~ è detto chiaramente che j) bolscevismo, invece di essere la « terra promessa ». per g li ebrei, è invece la loro rovina totale.

,,i"Da tutti i punti - dice la Tribune Juive - çi giung ono not.iz.ie che gli ebrei della Russia sovietica hanno i giorni contati. necessario finire prima economicamente, per degenerare moralmtnte e nazionalmente, e scomparire p oi fisicamente, Testimonianze formalì in proposito sono state p ortate a ll'ultimo congresso dcl Partito Palaci Sion, riunito a Vienna, anche. d a coloro che ~ no p;i.rli· gìani della tena Internazionale.

« Non si tratta di sapere se Carlo Marx. avesse ragione scrivendo che •· g li ebrei scompariranno colla scomparsa del capitalismo". Basta constatare questo fatto innegabile: che. la .dominazione -del bolscevismo significa la perd ita deg li. ebrei, Noi abbiamo protestato e protesteremo sempre contro i pogrom! commessi fuori delle frontiere della Russia dei S0v;è1s, poiché hanno costato a l nostro popolo ct'fltinaia di migliaia di vittime-. M a non abbiamo il diritto ò i d imenticare lo s terminio impercettibile che avvenn e nella Russia dei Sot·ièJJ. 1! necessario far comprendere al mondo intero l'estensione della calamità inaudita che colpisce i nostri fratelli nel regno di Lenin. Gli effetti di questa calamità so no p euioci di tutti i pogrom!, poiché minacciano di trasformare, impercettibilmente, la vita ebraica in un immenso cimitero» .

Fin qui la Tribune J11ive. Sullo stesso tono si esprimono altre ti\'iste ebraich e lond ines i e berli nesi. Parole come quelle della Trib1me f ufre so no destinate non solo a commuovere i cuori, ma anche a chiarire certe posizioni politiche. Si può stabilire quindi:

1. che il bolscevismo non è un fenomeno ebraico, perché anche in Russia moltissimi ebrei sono anti-bolscevichi;

2. che in ogni caso la notevole partecipazione degli eb rei al b olscevis mo rirsso si spiega con ragioni storiche locali;

3. che il bolscevismo, avendo esasperato le correnti antisemitiche in tutti i paesi, arreca grave norumento ·agli ebrei.

L'Italia non conosce l'antisemitismo e crediamo che non lo conoscerà mai. P er questo ci appaiono per lo meno singolari ta lune afferma · zioni contenute in un appello bnciato ag li ebrei d'Italia dalla Fcdcrazìone sionistica italian a, a ll_a vig ilia del cong resso sionistìco di T rieste.

« La Fed erazione sionistica i taliana - dice l'appello - in quest;o ra d i tnmsazione fra l e t arde -opere del passato e le promesse d ell'avvenire, mentre il popolo d'Israele tende tutte le forze del suo spirito e del suo cuore a sanare le ferite. e gli orrori di due millenni e a riunovare il suo destino, chiama quanti sono a.ncofll ebrei coscienti in Italia a 1iaffermare l'ideale della stirpe e la loro volontà di difenderlo e di attuarlo Il 17 e 18 ottobre 5Ì ra.ccosli erà a Trieste il congresso sionistico italiano G li specifici problemi che si affaccia no al nucleo sionista d'Italia in quest'ora di reali zzazioni, non possono fasciare nessuno ind ifferente; sono problemi d ella vita ebraica e dell'idc-a ebraica che debbono attrarre tutti i fratelli che desiderano ri5ollevare all'altezza del loro destino i valori morali d'Jsfaele in Italia>).

Ora s i desider erebbe sapere quali sono g li « specifici problemi » che si affacciano agli ebrei ita liani, Perché in Jtalia non si fa assolutamente

270 OPERA OMNIA DI BEN lTO MUSSOLINI

nessuna differellµ fra ebrei e non ebrei, in tutti i campi, dalla religione alla politica, alle armi, all'economia. Abbiamo avuto al Govèrno persino tre ebrei in una volta La nuova Sionne, gli ebrei italiani l'hanno qui, in questa nostra adorabile terra, che, del resto, molti dì essi h anno difeso eroicamente col sangue. Speriamo che gli ebrei italiani continueranno ad essere abbastanza intelligenti, per non suscitare 1'anti-semit ismo nell'unico paese dove non c'è mai stato.

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA Dl RONCHI, ECC. 271
Da li Popolo d'ltalia, N. 2'50, 19 ottobre 1920, VJI.

GRIDI D 'ANGOSCIA !

La paura dell'odiato, diffamato, ma terribile fascismo, ha fatto perdere il lume della ragione ai dirigenti del P11.r e del super-Pm anarchistico Dalle colonne dei giornali cosiddetti sovversivi viene lanciato un g rido d 'allarme, che è, in realtà, un g rid o di disperata a ngoscia. Fra poco vedremo il « si salvi chi può! >> d el le grandi catastro fi. 11 s ig nor Giovanni Tenetti invita i suoi amici a « sfascia re il fascismo ». B una parola!

Noi non abbiamo il piacere di conoscere il su llodato Tenetti, ma gli vogliamo bene lo stesso e lo consig liamo a sfasc iare un piatto di tagfotc llc, vuoi asciutte, vuoi in brodo e di appukrarci eziand io una bottiglia d i quel barbera che risuscita - quando è genuino - anche i morti Questo compito è - lo creda il Tonetti - l'iù facile, più comodo, più jgienico. Per sfasciare il fascismo occorrono .milion i di T onetti, i quali silno dispost i non a versare alcune stille d'inchiostro, ma a ricevere copiose razioni di « Thevénot » sul grugno porcino o somaresco.

« Serriamo le file! », esclama il To nctti. E serratele pure ! Cos1 lo schiacciamento inevitabi le avrà i l vantaggio di essere « globale ». inuti le, sig nori! :n in uti le che il « convegno degli organismi nazionali », ecc., mandi dei saluti pleonastici alle vittime del fascismo nella Venezia G iulia; è inutile che l"Umanità Nuova sbraiti, da lle sue smilze colonnine, ogni sorta d'improperi contro i l fascismo; è inutile minacciare e sbuffare : il fascismo non ·si abbatte, perché è nel solco della storia, perché rapp resenta e difende va lori morali altissimi -. non interessi di borghesi e l'ultima agitazio ne metallurgica lo dimostra! - senza dei quali la società nazionale si dissolve e precipita nel caos, Il fascismo italiano è u na tipica creaz io ne del popolo italiano, il quale è stufo di metafisìche oltremontane, ora r usse, ora tedesche, e vuole tro vare in sé la dottrina e la praxù del suo p rogresso verso forme migl iori d i vita e d i civi ltà. Il fascismo italiano rappresen ta un formidabile colpo d'a rrest o nella corsa pazza e criminosa verso l'estrema rovina. Verso il fascis mo

· si o rientano a poco a poco anche minoranze di proletari. t un fatto oramai innegabile perché chi unque può · constatarlo. Le masse opera ie sono stanche, esauste Dopo ta nti mesi di <<agitazioni», sentono - an-

che fisiologicamente - il bisogno di una parentesi. A nche il m ito russo non eccita più le fa n tasie. I dischetti « falce e martello » non sono più così frequenti come una volta. Non si c rede più all'arrivo imminente di Nicola Uijanov. La gente vuol lavorare, pe rché vuol vivere . l a p rova che questo stato d·animo di stanchezza e, fors e, di nausea esiste veramente ( e n on lo abbiamo inventato noi), è nella totale mancanza di ripercussioni in seguito alrarresto di Errico Malatesta, L'arresto del leader dell'anarchia avrebbe do,uto, secondo taluni, g ettare l'Ita lia in fia mme e, invece, niente dì niente. G1i appelli dell 'Umanità Nuova - asmatici qua nto inutili - per un'immediata rioccupazione generale delle fabbriche, delle terre, delle case, fanno ride re sotto i baffi i confederali e cadono, senza eco, fra la massa, che comincia ad ave rne pieni i corbelli. Vedi voto dei tipografi triestini.

M olt i operai cominciano a fa re il bilancio di questo t riste anno di cont inue agitazioni e all'attivo sono costretti a m etterci un b el ze ro, mentre il passi\'O è rappresentato da ll a vita rinca rata, dal crescere dei cambi e da p rospettive ancor peggio ri pei g iorni che verran no. Se la classe operaia italiana non si fosse abbandonata allo sport agitatorio, a quest'ora sa remmo risorti come ha fatto il Belgìo; ci saremmo p iaZZati bene nei mercati orientali ; e non avremmo d innanz i a noi u n inverno di dcsolnìonc e di aumentata mìseria.

A nche certa borghesia ha le sue colpe da espiare, Il fasc ismo ital ia no risponde all'oscuro ist into delle .~randi masse popolari. Esso non è borghese, come vanno dicendo gli idiot i in malafede, e non è p ro letario, nel senso strettamente classista de ll a paro la, t al disopra del proleta riato e de lJa borghesia. Riconosce i va lori attuali e potenzi:ili dell 'uno e dell'a ltro. Vorrebbe armon izza rli ed equilibrarli, a ll' infuori di tutt i i parassitismi, in una sintes i super iore.

Per questo il fascismo non s i canceJla e non si demolisce. Oggi è un impetuoso torr ente.

M a doma ni? Potrebbe essere la forza dominatrice della nazione.

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA M ARCIA D1 ll:ONCHI , ECC. 273
MUSSOL IN I Da 11 Po polo d' Itit!ia, N. 251, 20 ottobre 1920, V II.

APPELLO ALLA NAZ IONE

ltalùmi.'

La lotta fra gli clementi anti-nazionali - che vagheggiano ancora di precipitare l'Italia nel caos russo -e noi fascisti -che, insieme con altre forze, intendiamo di resistere ad og ni costo contro questa t ragica corsa alla fo llia - va diventando sempre più aspra e ser rata.

.:B giunta l'ora in cui ogni citta dino deve scegliere il suo posto: ·o coi predicatori obliqui o co i mestieranti parassit i di dottri ne poHtiche ed economiche spaventosa mente fallite andte nei paesi dove ebbero origine, o con noi fascisti, che non ci opponiamo a ness un postulato a favore d i chi lavora, ma vog liamo ch e il divenire sociale sia il risulta to di u na superiore educazione dei singoli e delle folle, non già l'imposizione di una bruta viole nza dittatoriale di partito.

ltalia11

i!

Nell 'anniversario di Vittorio Veneto, i fascisti, pronti e decisi a q ualsiasi battaglia, lanciano q uesto monito· e questo appello ai giovani reduci dalle trincee, a coloro che salvarono dalla dominaz ione strl.n iera e che salvarono dalla rovinosa demagogia interna le fortune e l' avve~ire d ' Italia.

Quanti hanno f ede nei d estini della nazion e si iscrivano nei Fasci Italiani di Combattimento, J"orga niuazione politica che u "oglie tutti que lli che vogli ono lottare e anche morire perché l'Itali;t viva e sia gra nde !

LA COMMI SS IONE ESECUTIVA DEL COMITATO CENTRALE Da Il Popolo d'Italia, N. 251 , .20 ottobre 1920, VII ( o, 23).

IL FENOMENO....

Ce n'è , ,olutò, ma finalmente la grande stampa itaJiana s'è accorta deU'esistenza dei Fasci Italiani dì Combattime nto. Non c 'è soltanto il Pus in Italia, cioè Ja fetida fungaia degli imbroglioni che vivono alle spalle del proletariato; non c'è soltanto il Partito Popolare Ita liano, in. ventato da Don Sturzo;- ci sono anche, dominanti oramai tutti g li altri minori frammenti dei vecchi e de i nuovi part it i, i Fasci Italian i di Combattimento: n un fenome no - dice il quotidiano pussista - e. noi accettiamo _ la definizione, pe rc hé, fra l'alt ro, tutto ciò che «accade}) e «cade» sotto il dominio dei nostri sensi, è un «fenomeno». Singolare fenomeno invero, queilo del fascismo. Nato nel marzo del 19 19, in una prima adunata che ebbe luogo a Milano, si afferma un mese dopo, con un gesto d.i _violenza, che è una rivelazione e una lezione non ancora d imentica ta;

Dopo varie fortunose vicende che riempiono le cronache d i molte città italiane, il fascismo si batte a bandiere spiegate p er D ' Annu nzio, p er Fiume, per la Dalmazia. Ma la prima a ffermazione elettorale del fascismo è modesta: i 198 mila voti raccolti dai social isti appaiono come la valanga cartacea che deve Schiacciare il fas cismo. G randi inni di gioia e illus ioni nel campo del Pus. Ma j{ fascismo non muore. n sempre vivo. Si diffonde. Pianta la sua inestinguibile gramigna dovunque. E t iene dovunque f ede al suo titolo. Passano ancora due mesi e d ecco il fascismo a ll'ordine d d giorno B diventato l a passione impetuosa d i tutti coloro che amano l'ltal ia al d i sopra delle classi e delle faz ioni; si è tramut ato in ossessione paurosa di tutti coloro ch e tenta no dì p recip itare la na· zione nel caos della stolida e criminosa sc immiottatura bolscevica. I socialisti vedono fascisti in tutti gli angoli , anche i p iù remoti d'I talia; e quel sudicione di Morgari a ggiunge al suo romanzo parigino di Lulù e relativo monsùmr Alphonse greco il capitolo della congiura fascista. Ebbene: una congiura fascista esiste e noi non intendiamo celarlo. Ma è una cong iu ra a ll'aria aperta, senza conciliaboli, barbe finte e si~ili miSteri, t la congiura, o, se si vuole, il con-giuramento di tutti colo ro che non rinnegano Ja· guerra, tengono f ede alla .vittoria e non vogliono dittature di politicanti imbestia liti. Secondo i calcoli dell'A vanti/ torinese, i fasc isti congiurati arriva no a centomila ... , ma - in realtà - siamo

molti di pi ù: possiamo conta rci a milioni. Il fascisffio è il lievito di questa nuova formidabil e rip resa di vita italiana. Si comprende che i socialisti siano allibiti e paralizzati dalla paura

Di qui l'orig ine d el loro piano-manifesto, che non è un manifesto, ma un trattato o una monografia o un testamento e, in ogni caso, un centone di prosa asmatica e ipocrita, che trasuda da ogni linea le [iscr ve mentali dei firmatari. Che cosa ·importano, ora, le accuse che il manifesto rivolge contro i fasci sti ? Facciamo nostro il motto delle autob linde d i Ronchi, Noi non senti amo affatto il bisogno di glustificarc i e spiegare le nostre idee davanti a nemici in stato dì perfetta malafede Mille volte, qui e fuori di qui, abbiamo precisato le posizioni mental i e pratiche del fascismo dinnanzi a tutti i p roblemi che agitano in questo mome nto 1a vita nazionale.

Accusa rci di mercimonio sistemat ico colla borghesia, dopo l'atteggiamento da noi te nuto nell'ultima lotta dei metallurgici ita liani, è il coJ mo de ll'ignom inia e del grottesco.

Può spiacere a molta gente, e cioè a i malinconici, ai maligni , a i biascicatori deile vecchie formule, e può soprattutto dolere alla innumere caterva dei nostri nemici, ma il fatto che non si cancella è questo: dopo appena due anni di vita i l f asc ismo è - in questo momento!l'a rbitro della vita naz ionale. f. inut ile che Morgari faccia b spoletta da Roma a Firenze. n inutile che i «filoni» del Pus lancino dei mattonasi ma n if esti al proletariato: basterà piantare - con implacabile e ne rg iail f e rro freddo e rovente fra questa verminaia ·di grassi apostoli, d i m ercanti di ideali, di marti ri da bazar, perché la loro impotenza sia consacrata nella maniera più clamorosamente inesorabile. Dopo due anni di \'OCiare boJscevico, costoro si ritirano in buon ord ine s u posiz io ni arret rate e sistemate a «difensi va » L'elefantiaco Pus è insid iato dai morti p iù perico losi, mentre il fascismo giov inetto ha i garretti validi, i polmoni capaci, i muscoli alacri e una volontà esasperata di battaglia.

Il fascismo è la coscienza nazionale che si risveglia dal lungo biennale to rpore. C'è una fiamma che da quindici mesi è accesa sul Camara : si p rovi qualcuno a spegnerla!

276 OPERA OMN IA DI BENITO MUSSOUNf
Da li Popolo d'lt11lù1, N. n~. 23 ottobre 1920, VII.

ANNIVERSARIO

Sono passati soltanto due anni o sono invece trascorsi due secoli? A volte, J'av\•enimento memorabile, l'inizio della grande battaglia che decise le sorti della guerra e di due imperi, sembra a1lontanarsi daila memoria come una leggenda e gli spiriti inquiet i si domandano : Fu proprio ieri che l'Italia abbatté la monarchia degli Absburgo? Fu proprìo l'It11lia, questa Italia che riusci a vi nce re, dopo quaranta .mesi di sacrifici, la « sua » e J':i.ltra guerra? La scena è ogg i totalmente .cambiata, m.1 i p rotagonisti del grande dramma sono in fondo sempre gli stessi. n sempre i l popolo italiano - da rion cor:ifondersi colle esigue minoranze convulsive delle grandi città - quello che vinse sul Piav~ nel giugno, quello che coronò 1a vittoria rnl Piave nell'ottobre. Ora nell'anniversario memorabile, e non c'è cuore di trincerista che non abb ia un brivido di gioia e di orgoglio nel ricordo, noi vogliamo, p u r non cadendo nel panglossismo dei faciloni, dare ragione del nostro tenace ottimismo circa l'avvenire della nazione.

'! il colmo degli assurdi pretendere che un'immensa bufera d i sangue, di rovi ne e dì gloria come quella che squassò i cont inenti durante cinque anni, possa pb.carsi dall'oggi al domani, soltanto perché u n protocollo d i pace fu firmato. Bisogna ricordare che quella iniziatasi· nel 1914 è stata fa più grande tragedia che l'un11ni tl abbia mai sofferto e superato Non un uo mo so lo che non sia stato t ravolto, nel sangue, nei bcnì o nello spi rito. I nervi del g~ne re umano sono stati tesi sino a}. J'inverosimì le e alla nostra m acchina - fragi le e complessa - si è imposto il massimo degli sforz i.

Conclusa la guerra, tutto quello che accadde era da prevedersi come in gran parte inevitabile. Tanto è vero che il fenomeno è universale. Nessuna nazione dei vecchi e dei nuovi continenti è immune dalla crisi sodale. Non importa ch'essa sia mutevole nelle sue 1mnifestazioni, perché ciò dipende dalle diverse situazioni ambientali , il fatto della sua generalità ri m:ine e - in un certo senso - ci induce all'ottimismo. Difatti: o tutta l'umanità si salva o tutta l'umanità perisce. Non c'è nessuna splendid isoltttion . Oggi a me, domani :i. te . Ieri etano i meta llurgici ita liani , oggi sono i minatori inglesi. I p ri mi occupavano gli stab ilimenti, ma g li ultimi minacciano - il che sarebbe infinitamente più grave - di

allagare i pozzi. Non è vero, come pensano taluni, che negli altri paesi Je cose procedano molto meglio che in ·Italia. Ogni paese ha j suoi dolo ri Tanto i vittoriosi, come i vinti, come i neutrali Noi stiamo male se ci' confrontiamo coi popoli dell'occidente, ma i popoli d ell'oriente invidiano la nostra sorte. 11 prob lema che si impone ai reggitor i dei popoli e agli dementi dirige nti d ella politica è questo: come evitare che la crisi precipiti nella catastrofe, come abbreviare il decorso della crisi. E qui si p one il problema angoscioso del momento : si deve lasciare operare la natura o si deve ricorrere ai mezzi eroici della chirwgia?

N oi non escludiamo quest'ultimo termine del dilemma, quando l'intervento operatorio si presenti come il minor male, e quanto alle forze misteriose e onnipresenti della n atura, noi pensiamo che d ebbano essere aiutate dalla nostra volon tà. La natura tende a cìcatrizzare le f erite, ma occorre che gli uomini non strappino le bende. Noi crediamo c he j popoli - compreso quello italiano - stiano avvi:indosi faticosamente verso lo stato di equilibrio psichico-economico. Ora occorre a iutare questo avviamento, non tanto coll a predicazi~ne, quanto coll'esempio. C'è - evidente - una ri nascita d ei va lo ri morali naz ionali. li senso della vittoria, che fu oscurato da u na vile politica d( Governo, riappare. L'orgoglio di aver vinto la guerra è lo stimolo migliore per vincere la pace.

Noi abbiamo 1a fede e più che la fed e la certezza che, ottenuti i suoi giusti confini sulle Alpi e sul ma re, l'Italia riprenderà la sua marcia in avanti Non dispe ra re : lavorare! E, quando occorra, agire e colpire Ecco, nel secondo anniversario, i l m otto di Vittorio Veneto per tutti g li

italiani!

Da Il Popol o d'/J.:1/ia, N. 2}5, 24 ottobre 1920, VII.

278 OP.ERA OMNIA
DI BENITO MUS SOLINI
·
MUSSOLINI
I

LA PAROLA DI CAVIGLIA

Delle tre manifestazioni politiche della giornata del 24 ·ottobre - discorso di Caviglia agli ufficiaJi nella caserma Oberdan di Trieste, comunicato d al Comando di Fiume e dichiarazione dello stesso generale Caviglia al corrispondente del Corriere della Sera - l'ultima è la più importante Alla vigilia della ripresa delle trattative dirette ita!O-j ugos1ave, il vincitore di Vittorio Veneto, il generale che presidia la linea del Nevoso, dichiara tranquillamente il suo scetticismo circa l 'esito d elle trattati ve e soprattut to rileva a chiare note l'i ntempestiv ità delle trattative stesse. ·

Riportiamo :

« Circa la questione adriatica - ci ha detto il generale Caviglia - noto il mio pensiero. Per quanto riguarda le trattative, pur avendo for ti r:1.gion.i per dubitare di un felice esito di esse, non ne sono un cieco avversario. Credo che il Governo, come tutti noì, si preoccupi di scegliere l'epoca p iù fav orevole per trattare; e, sotto questo punto di, vista, il momento presente non sembrerebbe propizio. N oi, se trattiamo e concludiamo ora, possiamo essere g ionti. i neluttabilmente, per forza degli avvenimenti stessi. Nella Jugoslavia non vi è ora un Governo legale, vera emanazione del popolo. Tale Governo s:1rà dato solamente dallo. Costituente ed esso sad certamente più forte e avrà più base, più autorità che l'attuale. Data l'ipotesi che le trattative si concludessero alla meno pegg io per noi, si può essere sicuri che esse non s:uanno accettate dal nuovo Governo. Quando si tratta bisogna preoccuparsi che l patti conclusi venga no osservati in· tegra lmente e con lealtà. In quanto a noi italiani, in questo momento uno solo deve essere il sent imento che sopra gli altri deve imperare: quello della discip lina»

Queste dichiarazioni del generale Caviglia devono fare ser iamente riflettere tutti coloro - compreso il Governo - che vogliono concludere ad ogni costo, nel più brev e tempo possibile. Le « forti ragicin i » cui allude Caviglia per giustificare il suo scetticismo, non sono accennate nel testo dell'intervista, ma sono note a tutti coloro che hanno seguito un po' da vicino la politica ufficiale e quella popolare della Jugoslavia. la scoperta delle dispqsizioni contenute nelJa nuova legge elettorale jugoslava dimostra che i criteri delle sfere dirigenti di Belgrado non sono affatto cambiati. Né può ritenersi esauriente la smentita v.enuta da Belgrado, perché non sme ntiva il fatto in sé, ma si limitava a ~ichiarare

insussistenti le consegue nze che l'opinione pubblica italiana aveva tratto. Jl !atto che le trattative si riprendono con un Governo morituro e ch e non può assOiutamentc garantire J'csecuzione dei suoi impegni, è di u na gravità estrema. Perché non si. attend e il risultato delle elezioni per la Costitue nte? Perché non si attende di trattare e possibilmente concludere con un Governo che non ab bia i g iorni contati, ma sia invece l'espres· sione della volontà jugoslava? Non è dunque vero, come si va d icendo, che i de legati jugoslavi sia no investiti di poteri sovrani, per cui nessuno potrà r itornare in seguito sulle loro decisioni. Il generale Caviglia dice invece che « una soluzione anche poco soddisfacente per l'Italia non sa rà accettata d al nuovo Governo, emanazione della p_rossim:i. Costit uente jugoslava». Ne consegue ch e, secondo le previsionì del generaJc Cavig lia, la futura Costituente jugoslava non sarà composta di r inunciatari, ml piuttosto di imperialisti.

Tutto ciò che è accaduto e accade non ci fa deflettere dal nostro primitivo punto d i v ista: che, cioè, la soluz ione migliore - anche dal punto di vista interno - è queUa·deJl'applicazione pura e semplice del patto di Londra , lasciando Fiume ai fiumani e a D'Annunzio; e che, in ogni caso, invece di affrettare 1a ripresa delle trattative, si debba r invia rle a dopo le ekzioni della Costituente jugoslava.

Non si può trascurare il pare;,re del generale Caviglia.

MUSSOLINI

D:i. ]/ Popolo d'Italia, N. 256, 26 ottobre 1920, VII.

280 OP.ERA OMNIA DI BENITO M
USSOLINI

RICONOSCIMENTI

Finalmente, dopo sei anni di predicazione anti-nazionale, idiota e nefanda, e, soprattutto, aoti-socialista, è comparso ncll'A van1i! di ieri un articolo a proposito delle imminenti trattative circa fa questione adriatica, nel quale articolo è piename nte, se non anche volontariamente, g iustificato l 'i ntervento dell'Italia in guerra . Salvo la prima parte, nella qu ale è detto che l'agitazione per la ·D almazia è fittizia, mentre, invece, è un portato spontaneo e passionale della parte ,migliore del popolo italiano e dalmate, noi concordiamo pienamente per t utto il resto con quanto stampa il g iornale socialista. L'Avanti! ammette che« la guerra fu fatta per dare all'Italia una sicurezza di confini che l e concedesse d i provvedere, con minor numero di uomini, alla propria difesa». Non è dunque ve ro, come si disse per tanti anni, a scopo di imbottimento dei crani proletari e di specu laz ione elettorale, che la guerra fu fatta per imp inguare i pescicani e sterm inare il più delle giovani generazioni proletarie. La guerra fu fatta per dare alla nostra nnione la sicurezza dei suoi confini e questo obietti vo giustifica politicamente, mora lmente e storicamente la guerra stessa Anche perché tali obiettivi furono ragg iunti. L'A vanJi.' dice infatti:

« Se J:i i fo1u ri negoziati acquisteremo quella formiJ abile fron tiera del Monte Nevoso, che, con quella ,ç.ià conquistata del Brennero, chiuderà perft1 tamente le porte d'hali:1., sar.i giunto ìl tempo Ji m.i.ntenere le promesse e smobi lit:u e su l serio 1t.

Per una volta tanto siamo d'accordo, E importante, non solo dal punto dì vista naz ionale, ma anche dal punto di vista internazionale, che sul maggiore organo quotidiano del socialismo italiano sia detto chiaramente e senza sottintesi che il Brenne ro ...è una porta d'Italia che abbiamo conquistato e che manterremo, e che il Nevoso è l'altra porta d'Italia all'oriente che dobb iamo conquistare e conquisteremo.

Per q uello che riguarda, dunque, i confini terrestri J e lla nost ra nazione, ci troviamo di fronte ad una unanimità impressionante. Tutt i i Partiti politici italiani, compreso il Socialista Ufficiale, non t ra nsigono

su que llo che l'Avanti.' definisce, giustamerite, le porte della Patria : Bren nero al nord, N evoJo ad o riente , Ma ora, a questo punto, ci permettiamo di domandare ai socialisti: vale\•a o non valeva la pena, anche p er Io stato di necessità in cui si t rovava l'Italia, di intraprende re una g uerra, che, conclusasi vittoriosa, ci dà quello che l'Avanti! stesso chi~ma « formidabilissime· frontiere », per cui sarà possibile all'Italia seguire una politica di pacifico raccoglimento all'interno e di equilib rio e di intesa con tutti i popoli all'estero ?

Annotiamo con particolare soddisfazione queste ammissioni dell'A vanti !, malgrado ~iano tardive, perché esse riconoscono l'utilità e la necessità dell'intervento e consacrano, nella mo.niera più esplicita, la g ra ndezza delJa vitto ria italiana. La questio ne dei co nfini interessa e d eve interessare anche i socialisti; i confini sono p er le nazioni ciò che la p ersonalità è p er g li individui. L'avere o non avere d ei confini sicuri ha delle rip ercussioni immed iate e mediate sulla vita e sul divenire de l proletariato .

P er c iò che riguarda il Me ditcrranro, noi sottoscri vi::r.mo senza r iserve queHo che di ce l'organo socialista e non ci attardiamo nemmeno a vantare la nostra priorità in materia, I nostri lettori ricordano che noi abbiamo Jottato e lottiamo perché il Mòntènegro sia indipendente, libero di disporre d ei suoi destini, a prescindere d alla forma di governo che il suo popolo vorrà darsi, purché non d iventi per forza quello che non vuole diventa re per sua volontà: jugosb.vo.

Aggiungiamo soltanto che tutte le commosse e vibranti considerazioni Che l' A 11anti! fa a proposito del .Montenegro si adattano perfettamente alla qu estione di Fiume e della Dalmazia.

Sacrosantamente è vero che la santità di una ca usa n on si m isura dalla vastità del p aese di cui è in g iuoco la sorte. Ma questo n on vale soltanto per il Monte negro. Se lo scrittore dell'A va11tì! è in buona fede, deve ammetter e che la stessa massima vale per F iume, p er Z ara, per g li altri centri della D a lm azia, che difen dono da decenni, con d isperatatenacia, la_ loro indistruttibile ita lianità. Anche per ciò che riguarda le direttive diplomati che che l'Ital ia deve seguir e a p roposito del Montenegro nelle trattative cogli jugoslavi, la tesi dello scrittore dell'A vantì! ci trova consenzienti. Noi cred iamo che la direttiva da segu ire possa riassumersi in questa formula: « Il Montenegro ai montenegrini ». Se j( Montenegro volesse f ed erarsi o fon dersi con 1a Serbia, noi no n p otremmo e non. dovremmo impedire tale avvenimento. Ma dal momento che tutto il popolo montenegrin o s i batte - per u sa re l'esp ressione de1l'AvanJìl - ~on insupe rabile eroismo per conservare la propria libertà,

282 OPERA OMNIA DI BENITO MlJSSOLINI

Ja diplomazia italiana si macchierebbe di una imperdonabile colpa se entrasse sul terreno di equivoci o di obliqui baratti.

E~ oca che 1'.Avmui! ha raccolto il gcido del Montenegro, dovrebbe, se fosse 6no in fondo sincero, raccogliere anche il grido non meno straziante che g iunge dall'altra sponda italiana dell"Adriatico.

Ma non . nutriamo questa illusione! MUSSOLINI

Da // Popolo d'Italia, N. 2~8, 28 ottobre 1920, VII.

DAL PRlMÒ ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI, ECC 283
19. • xv.

MONARCHIA E REPUBBLICA ,

Da qualche tempo il fascismo è all'ordine del giorno. I g iornali borghesi, che lo avevano ignorato fino a ieri, e sono gli stessi che hanno sempre spalancato le orecchie per raccogliere anche i più flebili e ventosi rumori del Pus, sentono più o meno il bisogno di dedicargli ponderosi e pon derati articoli di fondo ." L' A vanti.I si occupa e si preoccupa del f e no_ meno e perfino l'Um~nità Nuovtt dedica al fascismo uno studio a continuazione, nel quale dobbiamo riconoscere, salvo talune eccessività di forma, una discreta cap acità penet rativa ed u na rimarchevole obiettività. Evide nteme nte un movimento come quello fascist a, che s i svilup pa e grandeggia, che può permettersi il lusso di essere a volta a volta a nt i· borghese e anti-socialista, perché rappresenta valori immanenti che trascendono l'una e l'altra classe, non può essere liquidato colle quattro frasi idiote della saccenteria socialista. Il movimento fascista, come idee, passioni e violenza, rappresenta i valori tradizionali e perenni della O:l.· zione , intesa come stirpe e come storia. Il fascismo è soprattutto u na mental ità e appunto per questo è difficile essere fascisti. Non è certamente un fascista colui che ha depositato la lunga intervista. sul Giornale d'/Ja!ia, alla quale intendiamo immediatamente rispondere, per impedire che , sotto la bandiera del fascismo, s i perpetri, specie in questo momento, del cont rabbando monarchico o dinastico. Non deve eSsere permesso che sotto la specie del fas cismo si m ettano in circolazione delle pacchiane fesserie come quelle che il Gioma!e d'Italia J1a ospitato.

Spero che nessuno m i negherà il diritto di controbatterle immed iata , me nte e di mettere le cose a l loro posto nella mia qualità di p adre - e non soltanto putativo - del movimento fascista italiano.

L'ignoto· intervistato del Giornale d_'Jtalia dice:

« Noi interpretiamo lo Statuto a dovere, quando riconosciamo alla Corona una funzione d'equilibrio fra le varie parti pol itiche, funzione risolutiva in momenti eccezionali per ricondurre l'ordine morale nel paese. Non per nulla l o Statuto confida all3 Corona due ordini di poteri decisivi: · la nomina dei ministri · e lo scioglimento della Camera. N oi sia.mo costituzionali e desideriamo che la gravissima crisi itali ana si ri solva per le vie cos tituzionali. N on vogliamo co lpì di Stato Teniamo alla monarch ia, presidio dell'unità d'I talia; ma desideriamo che la Corona usi delle p ropr ie p re rogative, appunto perch! la sa lvezza della monarchia connessa con la salvezza del paese, Mi pare che non si po-

trebbe essere più realisti di così. Viceversa sono scarsamente realisti coloro i q uali in tutte le maniere aprono la strada ai socfalhti, che han no oramai adottata esplicitamente la p rocedura repubblicana ».

Davanti a queste st rane e strabil ianti proposizioni, noi ci domandiamo se l'auto-intervistato, che ha il coraggio di parlare in nome del fa scismo, ha mai capito e capirà mai niente di quello che sia, n ella s ua realtà e nella sua ideologia, il fascismo italiano. Se egli avesse letto l'op usco lo fascista che contiene gli orientamenti teorici e i postulati pratici dd fascismo, si sarebbe ben gu1rd:ito d;1ll'emettere giudizi cosl strampalati. Evidentemente l'intervistato è un cuculo monarchico che pretendereb~e di deporre le sue uova nel ni do fascista. Ma si inganna, perché la posizione del fas cismo italia no di fronte al p roblema istituzion~lc è stata chiaramente deline;1ta in pa recchie occasioni e non si presta ad equ ivoci di sorta . ·

Il fasci smo è tendenzialme nte repubbl icano e niente affatto monarchico e meno a ncora dinastico . T e nd enzi almente dìciamo, e no n pregiudizialmente, perché se fosse pregiudizialmente non rimarrebbe ai fascisti che inscriversi al vecchio Pa rtito Repubblicano Italiano, A pagina 6 dell'opuscolo su citato è detto chiaramente :

o Per i Fasci di Combattimento la questione del regime subordinat a ag li interessi moral i e materiali presC"nti e futuri della nazione, intesa nC"lla sua realtà e nel s uo di venire storico; per questo essi non hanno pregiudiziali pro o contro le attu.'lli istituzioni.

« Ciò non autorizza alcuno a co nsiderare i Fasci monarchici, né dinast ici. Se per tutelare gli interessi della nazione, o sarantirne !"avvenire, si app al esa necessario u n cambiamento di reg ime, i fascisti si appronteranno a questa eventualità; ma ciò non in base a immortali principi, ma i n base a val utazioni concrete di fatto.

« Non tutti i regimi sono adatti per tutti i popoli . Non t utte le teste sono adatte per il ~errctto frig io. A un dato popolo sì confà un dato regime. IJ regime p uò $Vuotarsi di tutto il suo contenuto antiquato e democratizurs i come in Inghilter ra. G possono invece essere e ci sono delle' r epubbliche fer ocemente aristocratiche : come la Russia dei cosiddetti Sovièn , Oggi i fascisti non si ritengono affatto legati alle . sorti delle attuali istituzioni politiche monarchiche, come domani no n si riterrebbero affatto legati ad eventuali i stituzioni repubblicane se la repubblica si appalesasse prema.tura o incapace di g aianti re maggiore benessere e maggiore libertà alla nazione » .

In questi periodi è nettamente precisata la posizione del fascismo ' di fronte ai problemi che si riassumono nei termini di monarchia e di repubblica. Tali principi hanno, nell'ultima adunata nazionale, incont rato l'unanimità di tutti i delegati d el fa scismo italiano.

N on conoscia mo tutto il testo d ell'intervist a, lunga ben q uattro co-

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI, ECC. 2 8 5

lonne, e quindi non possiamo dare su di essa un giudizio complessivo. Può darsi che l'intervistato sia caduto, più o meno volontariamente, in alt[i equh·oci, ma non abbiamo voluto ta rda re u n minuto solo a dichiarare ancora una volta che per noi la questione di monarchia o di repubblica è una questione d i contingenza; che la nazione e non Ja monarchia sta in cima ai nostri pensi eri; e che se domani la monarchia aduggiasse il libero svolgersi della volontà nazionale, sia in tema d i politica interna sia in tema di politica estera, noi innalzeremmo immediatamente bandiera repubbli cana e sp ingeremmo la lotta a fondo

Comprendiamo che vecchi clementi del liberalismo o del costituziona lisino italiano tentino di inseri rs i nell'organismo giovane e impetuoso dei Fasci per ridare un po' di vitalità ad istituzioni e stati d 'animo d 1e appaiono in ritardo coi tempi; m3. il fascismo non può prestarsi a questi giuochi e non intende di compiere la funzione inutile di st imola nte su organismi in decompos izione o in stato di sen ilità. Se nel rcgimc·poli· tico o nel regime econom ico ci sono delle istituzioni o dei sistemi che h.1nno fatto il Joro tempo, ì fascist i non inten dono impedìre che quello che deve morire muoia, che quello che deve cadere cada. L'essen ~ zia le. è che non cada e non muoia l'Italia. Che importano i umi secchi? lmporta che sia salvato il tronco della nostra grande e millenaria d." viltà italiana.

MUSSOLlN [

Da li Pupo/o d'Italia, N. 259, 29 ottobre 1920, VII.

286 OPERA OMNIA , DI BENITO MUSSOLINI

I FASCISTI DI VENEZIA E LE ELEZIONI•

Ci g iunge notizia che alcuni democratici sociali - specie assai in. certa della fauna politica - vanno imbrattan do i muri di Venezia con mlnifesti secondo i quali io avrei sconfessato i fascisti veneziani per il loro atteggiamento nelle elezioni amministrative.

Tutto ciò è pura e stupida fantas ia, lo ho ricevuto un telegramma dal cittadino ~cncghetti, il quale mi chiedeva di scomunicare i fascisti veneziani. Io no n gli ho nemmeno risposto. Io non sono, non Voglio essere, non sarò mai un padre eterno; il fascismo non è, non vuol essere, non sarà mai una rid icola, grottesca e sinist.ra congrega come sono i vecchi partiti e i framm enti d ei vecchi partiti; il fasc ismo è h.le in quanto permette una pragmatica latitudi ne di atteggiamenti, a seconda delle circostanze di tempo, d i luogo, di ambiente, per cui quello che i fascisti milanesi" non hanno creduto di fare, lo possono fare benissimo i fascisti veneziani.

Si vuole o non si vuole capirlo? D~po di che io attesto qui, pubblia.mente ed apertamente, la mia piena, fraterna solidarietà coi valoros i e generos i fascisti che vogliono salvare la regi na d ell'Adriat ico dal dominio nefando del Ptu.

· Da li Popolo d'ltalù,, N. 2,9, 29 ottobre 1920, VII. • Questo scritto è un comm entQ ad una corrispondenza da Venezia.

STAN CHEZZA O SAGGEZZA?

Da quindici giorni Errico Malatesta è jn carcere. Lo notiamo per constatarlo, diremo cosl cronologicamente, non per compiacersene. In prigione, specie con settanta an ni al do rso, si sta male; e d' altra p arte noi pensiamo che, senza la pred icazione bagologista perpetrata dai socialisti ufficiali durante e dopo 1a guerra, non ci sarebbe m:i.i stato ·i n Ita lia, nemmeno p er un minuto, un per ico lo Malatesta. Que llo ch e si può constatare a quindici giorni di disbnza è che l'arresto del d uce d ell'anarchismo ital iano non ha gran che commosso i proletari d el « bel paese ». C'era chi teme,•a fuoco e fiamme. Ci troviamo, invece, dinnanzi a uno spettacolo d i ·gel ida ind ifferenza . Le gran<li città presentano i1 loro aspctto solito di vita e di movimento. N ei circoli vinicoli si continua a bere del trani a 9uattordici; e, quanto alle campagne, · ci sono in esse milion i di contadin i che hanno sempre ignorato ed ignorano ancora l'esistenza di Errico Mal atesta.

Questo fenom eno di indifferen tismo si spiega con un triplice ordine di rag ioni. Anzitutto è d a rimarcare l'atteggiamento che di f ronte alle misure prese contro gli anarchici ha assunto il Partito Socialista Ufficiale, il quale sta alla finestra e si lim ita tutt'al più a vot:a c dei vib rat i, nonché inconcludenti ordini del g iorno di protesta .

Dal punto di vista d ella contingenza, siamo d avanti alla gelosia d i bottega Indubbiamente !'. Umanità Nuova, spec ialmente nei cet i più um ili del proletariato, ha tolto dei lettori al l'A vanti! D:d punto di vista della trascendenza, s i rivela anco ra una volta che il dissid io , o, meglio, l'an titesi fra ana rchismo e socialismo, è fond amentale, come è fo ndamentale ed irrisolvibile l'antitesi fra lo Stato e l'anti-Stato.

D ' altra parte gli anarch ici dov rebbero guardarsi dal chiedere e dal p iatire la solidarietà dei social isti. Non si possono pre tendere carezze d a chi riceve delle p edate. In fondo i socialisti non sono malcontenti della cosiddetta reazione che si è scatenata contro gli anarchici, in quanto possono considera rla come jl p reludio della reazione che essi scatenerebbero domani, quando fossero arrivati al potere, contro g li elementi libertari e refrattari all'accentramento statÒlatra del socialismo. In Russia g li anarch ici sono stat i ste rminati da Le ni n. Questa è la verità di f atto. Domani in Itali a, in regime di dittatura proleta ria, o, per intenderci,

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d i dittatura d i alcun i pol iticant i. del Partito Socialista, accad rebbe al. trettanto.

N on meno indifferenti si sono rivelati i proletari più o meno organiz. zati. Ci sono stati, è vero, alcu ni sciope ri sporadici qua e là, dove g li elementi anarchici hanno qualche seguito, come nel Valdamo e nella Lunigiana;_ma le grandi masse del proletariato, che si cifrano a milioni d i individui, hanno con servato la calma p iù assoluta. Gli è che,· salvo le minoranze d ei tesserat i fanatici, Je vaste masse del proletaria to sono enormemente stanche di questo interminabile ballo di San Vito ch e è sta to loro inflitto da due anni a questa parte A fwia d i agitarsi, di dimenarsi e di sciope rare per i più svariati e rid icoli motivi, le masse sono pervenute a quello stato di stanchezza fisiolog ica che p relude alla stra fottenza ed alh insens ibilità verso tutto e tutti. N on sono pochi g li operai che nell'intimo d ella loro coscienza o anche di fron te ai loro compagni t racciano i l bilancio desolante d i questi due ann i. Se la classe operaia italiana, che h :1 ottenuto per prima in tutto il mondo le olto ore con salari quasi sempre sufficenti ai bisogn i cd un complesso di leggi sociali che poche altre n azioni possono vantare, avesse lavorato e pro· dotto con continuità e diligenza, non ci troveremmo a quest'ora sull'orlo ciel disastro, che, essendo collettivo e nazionale, sarà anche e sop rattutto proletario. Gli opern i non credo no più alla Russia, specialmente dopo il ritorno delle missioni. Gli operai, salvo le minora nze estremiste, non credono più alla imminenza di una rivoluzione con relat iva fel icità uni· versale. Gli operai cominciano a diffid:i.re deg li apostoli e di tutti i profes· sional i del cosiddetto sovversivismo. Questo disgusto e questa rivolta che già si delineano sono da co nsiderare come uno d egli indici ch e per· mettono p iù di qualsiasi altro fatto un ragionevole ottimismo circa l'av· venire d ella nostr:1 nazione.

Finalmente sta verifica ndosi l'evento nel quale noi ave vamo creduto in defessamente e che, ci sia concesso questo orgoglio, abbiamo preparato. Assistiamo alla rinascita d ei valori n azional i. 11 Governo trova fin almente il coraggio di celebrare 1a vittoria cd è altamente sintomatico che ciò avvenga sotto il min istero presieduto d all'uomo che non voleva la g ue rra. Dovunque si nota un ri sveglio formidabile di energie, stimolate dal fascismo, che s i batte con le armi proprie e con le armi attrui in p rima linea

.A vrcmmo superato o staremmo per superare quella cris i psicologica che è forse peggiore dc~la crisi economica e ch e in ogni caso è con .ciuesta in stretto rapporto di interdipendenza? Molti clementi permettono di sperarlo. Si ha l'impressione che altre for2e siano ent rate nel giuoco e che non sia p iù possibi le quel salto nel buio len inista, che semb rava il postulato supremo dei sociali sti italiani ; i quali devono convincersi

DAL PRI MO ANNIVERSARIO DELLA MARCI A DI RONCH f , ECC 289

e sempre p iù si convinceranno che l'Italia non è la Russia; che quelfo che è stato possibile a Piet rogra do non è possibi le a Roma, dove, non più tardi di ieri, migliaia di cittad ini, recatisi in corteo all'Altare della Patria, h anno solennemente giurato di opporsi con tutti i mezzi, dalla scheda alle armi, alle manovre d el sovversiVismo bolscevico, anti~nazionale ed anti-proletario.

MUS SOUI N(

Da Il Popolo d'Italia, N. 26 1, 31 ottohre 1920, VII.

290 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOUNI

LA CONFERMA DI UNA TESI

La giornata elettorale di domenica scorsa non p resenta un bi lancio particolarmente favorevole p er il Partito Socia lista Ufficiale. Non in tutti i Comuni ch e occup1vano, i socialisti sono stati rieletti; e, ove sono rìtor· nati al potere, hanno otte nuto votazioni assai inferiori a quell e ch e essi attc:ndevano Jn altri Comuni, dove si dava per sicura la vittoria dei socia list i, hanno t rionfato invece i blocchi: più o me no estesi di concentrazione de mocratica. Notevoli soprattutto nell'alta Italia le sconfitte che i social isti hanno riportato a B rescia, a Padova, a Venezia, a Lecco e a Spezia. Evide ntemente pe r ciò che riguarda Spezia e Brescia, l'astens ione degli elementi operai deve essere stata assa i notevole. Altra conferma di quel fenomeno di stanchezza che abbiamo illus trato nella nostra ·nota dell'altro giorno.

Particolarmente significativa la vittoria dd blocco ro mano, Anche a Roma i socialisti nutrivano g randi speranze di vittoria e . l'attegg iamento dei repubblicani e dei popolari poteva favorirli nel loro g iuoco. Si parlava già di piantare sul Campidoglio la bandiera rossa. le urne ha nno schiac• ci::ito questi sogn i. L'esame dei risultati romani è interess::inte. Il blocco nazionale ha riportato esattamente il doppio dei voti conseguito dai socialisti. I popobri sono stati esclusi anch e dalla minora nza e questo ci fa pa rticolarmente pi::iccre, dato l' atteggi~mento stoltamente stizzoso di un a intr:insigenza falsa che il P;1rtito Popolare ha assunto in que sti tempi.

I repubblicani avrebbero guadagnato un tanto a non contarsi I suf. fragi ottenuti dal Partito Repubblica no a Roma riabilitano quelli att e· nuti dai fascisti a Milano, colla differenza a nostro favore che il fascismo è nato ieri, mentre i repubblicani hanno mezzo secolo di vita. Da l punto di vista e lettorale, Roma ha compiuto, date le abitudini di apatia della cittadinanza, un grande sforzo; ma quando si cakoli che il quaranta per cento degli elettori che iion hanno votato appartengon o, con tµtta pi-obabi l ità , agli elementi nazionali, si può legittimamente concludere che il P.art ito Social!sta a Roma ed in quasi tutta Italia non rap presenta che una infima minoranza di fronte alla. totalità della n a2ione.

Per q ua nto j giorna li del P111 s i affannino a cantare vittoria, è oramai evidente che le e lezioni amministrative non h anno migliorato a ffatto

la situazione generale elettorale del Partito Socialista, il quale segna il passo o retrocede.

Gli elementi che spiegano questa situazione sono, come si diceva, la stanche2za e la delusione delle masse operaie e anche la crisi che travaglia il Pru.

Se gli stranieri che tengono continuamente puntati gli occhi sull' Italia si degneranno di porre mente ai risultati delle elezioni ammin istra tive, si convinceranno che sul terreno della legalità elettorale i socialisti ufficiali sono ben lungi dal rappresentare Ja maggioranza del Paese. Se poi si decidessero a scendere sul terreno iUegale, allora andrebbero incontco a una disfatta irreparabile.

In molti Comuni, compreso quello di Roma, entreranno a far pHte delle amministrazioni uomini del fascismo. Con questo il fascismo non abbandona il suo specifico ·te rreno di lotta, che non è qùello della scheda, ma che, a seconda degli amb ienti e delle situa2ioni particolari , approfitta delle situazio ni che si presentano prop izie, per infliggere, anche sul terreno delle compet izioni elettora li, duri colpi ai demlgogismi, rosso e nero, che infest ano, speriamo ancora per poco tempo, l'Italia.

Comunque la giornata elettorale di domenica è tutta una eloquente conferma della nostra. tesi. Ed è istruttiva. .MUSSOLIINI

Da Il Popolo d'Italia, N 262, 2 novembre 1920, VII.

292 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

LA SORPRESA DI SIMONS

Grande clamore nella stampa italiana a proposito del discorso che il ministro degli Esteri della imperia l Repubblica tedesca ha pronunciato l'altro giorno al Reichstag Ecco il testo, nella traduzione letterale, del resoconto apparso nella De111Jche Allèemei11e Zeituug, che continua ad essere ufficiosa, malgrado il cambiamento più o meno sostanziale del regime politico.

('I Un pomo Ji J iscordia - ha J 1;1to Simons - c'è anche coll'ltalia: il Tirolo meridion:i.le. Dicendo Tiro lo meridionale, pronundo un nome pa rticolarmente caro ad ogni cuore tedesco. (GiuiliHimo). Ma riguudo al Tirolo meriJionalc m.-ssuna considerazione politica è stata mai in g iuoco; solo una politica di appossio morale. L' Italia deve la sua gr:indezza ad un eroico precursore Jell'iJe-J. dell'auto-decisione. L'Ita lia comprt"nJ C"rl quindi che noi diamo valore a che J'auto-dedsione Yf'!lg:a :i.pplicata per i suoi abitanti di confine».

Questo discorso, maJgrad o la vaghezza e l'imprecisione della forma, è assai gra\'e nella sostanza. Grave, anche e soprattutto, per il ·luogo dove è stato p ronunciato. Che al Parlamento di Vienna, d a Re nner e d.ll suo successore, si tenesse un discorso del genere, si poteva anche comprendere, perché il Tirolo meridionale apparte nc\'a all'Austria, ma Vienna tace e p:i.rla Berlino. Non è più la piccola Austria stremata quella che protegge i 180.000 tedeschi alto.ates ini; è la Germania. Berlino in izi a ufficialmente la politica irre dentista, a nche p er i paesi tedeschi dell'eximpero d i Absburgo e comincia da quelli passaÌ:i in giusto dominio dcll'It:dia Il signor Simons dimentica -:- caso singola re ! - i molti milioni di tedesch i strappati alla Germania e all'Austr ia, per ricordarsi dc( nucleo minore, il quale, fra l'altro, sì trova jn cond izioni politiche cd economiche di privilegio· nei confronti del resto d ella popolazione itJ.liana.

Col d iscorso Sirnons, una grossa nube è sorta all'orizzonte de lle relazioni italo -tedesche. In realtà c'è stata unil soverchia precipitazione da parte nostr3 nd passaggio - psicologico - dallo stato di g uerra a llo stato d i pace nei riguardi della Germania. Per effetto d ella malvagia politica ant i•italiana perseguita dagli Alleati , il rapprorh emmt itaJo.tcdesco h a assunto quasi la par venza di un id ill io o dì un ritorno atrante-

guerra. Ma chi può dire che la m ental ità dei tedeschi sia cambiata, quando si tratta di relazioni cogli italiani? J1 discorso Simons è un brusco richiamo alla questione Gli orientamenti della politica italianà non possono non · esserne influenzati. Resta cioè da c,saminarc se si de\'e continuare nella nostra politica d iretta a non impedire l'unione dell'Austria alla Germania o se, invece, bisogna cambiare rotta.'

Ma prima bisogna stabilire solennemente -a gran voce di Governo e di popolo - che al Brennero ci siamo e al Brennero vogliamo restare. Quel precursore italiano dell'auto-decisione, cui accenna il Simons; è Giuseppe Mazzini, il qu:ile però (vedi caso strano!) poneva i giusti confi ni dell'Italia precisamente al Brennero. Ora, dato e concesso, che al Brennero siamo e al Bre nnero vogliamo restare - a qualunque co· sto! - è evidente che l'Austria attuale e b. Germani:t. attuale - finché siano divise - non costituiscono un serio pericolo. n altresl evidente che qualora la Germania, annessasi l'Austri:l., confinasse con noi al Brenne ro, la situazione alto-atesina potrebbe diventare assai delicata. Anche perché i tedeschi d ell'Alto Adige guardano già con ostentazione a Berlino. Né si conoscono i precisi confin i del Tirolo meridionale. Salorno? Ala? Verona? O, secondo i pazzoidi del pangermanismo, b. va!Ie del Po? Anche per ciò Che riguarda la politica italiana dcll' AltO Adige, il discorso di Simons va meditato. L'It:i.lia ufficiale deve « governare »

l'Alto Adige, non subirne i ri catti. L'on. Credaro deve scegliere una politica. Nessuno chiede 1a snazionalizzazione violent:1, quantunque gli alto-atesini la meriterebbero, non foss'altro come rappresaglia a tutte le infamie commesse da Joro, -~ r decenni e decenni, contro i trentini . M:t b:ista colle dcdizjoni vili e le lusing he inutili. Ogni popolo hrt la sua psicologia e di questo bisogna tener conto per govern:ire. Essere soverchia• mente gentili coi tedeschi, significa farsi prendere per vigliacchi o per uomini di razza inferiore; significa incoraggiarli nelle loro pretese e nei loro ricatti. n tempo. di finirla. Dopo il discorso Simons, s'impone u na politica di dignità e di fierezza, che d eve dare una buona volta per sem· p rc, al di qua e al di là del Brennero, l'impressione dell'irrevocabile fatto compiuto. MUSSOLIINI

Da li Popolu d'Italia; N. 263, 3 novembre 1920, VII.

294 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

PER RIVINCERE

Finalmente, dopo due lunghi anni, il Governo ufficia le di Roma trova il coraggio dì cdebrarè fa vittoria italiana che pose fine alla guerra mondiale. Meglio tardi che mai, r ibatte la solita sapienza del luogo comune, m a noi non ci rassegniamo a questo genere di consolazioni. La -vittoria doveva essere celebrata, anzitutto, sul campo, a ferro caldo, immediatamente dopo il quattro novembre. Allora doveva aver luogo la grande sfilata delle bandi ere e dei reggimenti, coi fanti ancora coperti dell'elmetto, coll'uniforme chiazzat:t dal fango e d.1.l sangue d elle trincee, con negli occhi la visione tr:i.vo lgcnte, luminosa e indiment icabile dell'ultimo assalto decisivo oltre Piave. Sarebbe stato non un co rteo di semplici soldati, m:i. di guerrieri. Così faceva Roma antica. Questa ce lebrazione non fu nemmeno tentata. I reparti furono sciolti o rima ndati, quasi clandest inamente, nelle guarnigioni; Je Jacere e g loriose bandiere vennero riposte n ei cofani; cominciò da quel momento l'opera di perversione e d i svalutazione della vittoria. Mancata la grande cerimonia dell'arco di trionfo, la vittoria poteva ispirare altre forme più . concrete di celebrazione, se :il Governo non ci fossero stati dei disfatt isti peggiori di quelli che du rante la guerra erano al soldo del nemico. Bisog n.1va ricordarsi - seriamCnte e non soltanto coi fio ri" artificial i della rettorica -d egli artefici, morti e vivi, della vittoria. Bisognava fa rgire pensioni umane alJe famiglie dei morti e soprattutto sollecitamente ; bisog nava trattare più gene rosame nte m utilati e inva lidi e combattenti in genere, che hanno subito la beffa della polizza, promessa sempre e pagata mai; bisognava fare più largo p osto n ella vita civile ai reduci, specie a quelli che si erano particolarmente distintì nella difesa della nazione. Bisognava affrontare immediatamente H problema della terra ai contadini, come si è fatto in Romania, senza attende re le invasioni; e bisognava anche, subito dopo il quattro novembre, procedere a quella serie di misure fiscali contro i sopraprofitti di guerra, senza aspettare.... l'avvento di Giolitti, di~iotto mesi dopo.

Questa celebrazione del!a vittoria non c'è stata e non c'è stata - sinora - nemmeno la consacrazione territoria le. Siamo 3ncora - sembra un ' ironia ! - in regime di armistizio. La vittoria ci doveva dare la pace immediata, la pace g iusta e italiana. Bastava che uom ini di altro

calibro s i fossero trovati al potere e assai probabilmente non avremmo subìto il penoso, wniliante calvario diplomatico, che finirà, se finirà , a Rapallo.

Ma le d eficenze e le colpe d egli uomini di Governo, agg ravate enormemente dalla triplice amnistia accordata ai disertori - non esclusi quelli passati al nemico - non attenuano la grandezza della vittoria. Questa rimane superbamente incisa nelle pagine della storia. Il fatto che non si cancella è questo: il quattro novembre uno dei più vecchi e famosi imperi d'Europa crollava sotto l'urto delle baionette italiane. Siamo ancora troppo vicini aJI'avvcnimento per misurarne tutte le sue conseguenze e la sua immensa significazione politica e morale, che apparirà chiara fra qualche tempo Ora si tratta di tener vivo il senso della vittoria. Questo senso appartiene alla categoria di guegli «imponderabili», che sono le leve segrete, ma possenti nella ,•ita d ei popoli. Malgrado le aspre difficoltà del momento e la crisi che non è soltanto italiana ma universale, sta di fatto che l'unità d'Italia è, dopo tanti S('(o)i, realizzata; sta di fotto c.he il tricolore è sul Bre nn ero e sarà sul Nevoso e non si può assolutamente prescindere dall'Jtalia nel periodo pross imo della storil curopel. Può dusi, se faremo u na politica saggia a_ll'intcrno c all'estero, che J'Italia abbia una parte preponderante nel giuoco della politica continentale.

Celebriamo la vittoria con fede invincibile nei destini della nazione. Celebriamola ricordando devotamente tutti coloro che vi hanno contribuito col sangue italiano, non coloniale, versato nell'arco delle '"trincee che andavano dal1o Stelvio al ·Piave. Cekbriamoia, invitando i vivi ad essere d egni dei morti che caddero gridando : « Viva l'Ital ia!)) L' I talia che noi sogniamo e prepaciamo~ l'Italia di domani, che slrà libera e disciplinata all' interno; sicu ra nei suoi giusti confini, sulle Alpi e sul m:i. re. MUSSOLINI

Da 1/ Popolo d'Italia, N. 264, 4 novembre 1920, VII.

296 OPERA OMN(A Dl BENlTO MUSSOLINI

IL SIGNIFICATO

Secondo le notizie che ci giungono da ogni parte d 'Italia, la celebrazione della , 1 ittoria ha avuto dovunque la grandiosità e la solennità di rito. Invano i socialisti, esigua minoranza nei confronti dell a totàlità n:izionale, cercheranno di ridurre al minimo l'importanza d ell'avven imento. La. manovra non riuscirà, perché la cronaca non si cancella. Se qualche socialista h:1. assistito ieri ailo sfilamento dell'immenso corteo di Milano e alJe scene di entusiasmo e di commozione che lo hanno movimentato, si sarà convinto - dinanzi all'evidenza dei fatti - che il senso e l'orgoglio della vittoria è ancora vivo, santamente v ivo nell'an imo degli italiani. Erano, dunque, borghesi, tutti borghesi, coloro che mossero ieri dal monumento di G:tribaldi a quello delle Cinque Gìornate? Solo un socialista complet.unentc idiotizzato e abbrutito può pensa rlo. A parte il fatto oram::ii provatissimo che la maggior::inza dei cosiddetti pescicani si è iscritta e tesserata al Partito Socialista, il cui Gruppo parlamentare conta ben diciotto milionari, Ja verità è che il grosso del corteo di ieri e ra composto di popolo, del popolo sano, anonimo, forte, mentre all'avanguardia marciava il fiore della gioventù milanese.

A poco a poco le nebbie si diradano e fi ni ranno per d isperdersi. A poco a poco ritornerà in tutti l'orgoglio di aver combattuto. I disertori che tri onfarono nell'in fausto 1919, grazie alla viltà suina di un ministero bolscevizzato, saranno ricacciati nella fogna, L'Italia di domani non sa rà quella d i Misiano: sarà quella di Toti. Questa è Ja nostra certezza in· frang ibile.

Ed ora parli Ja cronaca.

)..(U S SOLINJ ( +)

D a li Popolo d'lt<1/i<1 , N, 26l, l novembre 1920, VJJ,

LA MARCIA DEL FASCISMO

Liberatosi rapidamente, sin dal principio, di un nucleo di meschini a1rivisti, che si erano buttati· nel fascismo per soddisfare Ja loro van ità personale; liberatosi recentemente e automaticamente da un altro infimo nucleo di dilettanti, che dimostrano sempre più evidentemente di essere affetti da precoce, spaventevole rammollimento cerebrale; liberatosi, anche, da coloro che nel I 9 L4 recitavano le giaculatorie, i rosari, le litanie del cosiddetto sovversivismo e, nel 1920, come se nulla fosse cambiato nel mondo, riprendono a biascicare le stesse devozioni, ceco il fascismo trionfalmente in marcia verso la sua affermazione nella vita nazionale.

C'è chi ricorda j1 novembre del 1919 e certo avviso di suicid io comparso sulle colonne dd foglio pussista. In realtà quella nostra battaglia elettorale fu tutto fuorché un:1. battaglia c:lettorale. Una settimana sola di preparazione, tre comizi a Milano, un contorno ai comizi, destinato a sgomentare gli elettori più che a raccogliere i loro suffragi, e il risultato non poteva essere diverso. Poche migliaia di voti. Furono cantate Je messe funebri al fascismo, schiacciato - si diceva! - da1Ia cartacea valanga pussis ta. Ma ecco, a pochi mesi di distanza, il fascismo ritorna a dar segni di vita. L'adunata del 24 maggio a Milano, malg rado lo sconcio sabotaggio della stampa borg hese, è il primo sintomo della ripresa Poi, in questi ultimi mesi, non è passato - si può dire - un giorno solo senza che la cronaca naz ionale non sia · stat a costretta ad occuparsi del ·movimento fascista. Movimento irresistibile, oramai; movimento desti• nato a rappresentare e a irreggimentare tulle le energie g iovani li e nuove della nazione. Ed ecco i giornali di tutti i colori affan narsi per spiega re Io strano fenomeno di un anti-partito che si afferma e sbaraglia dovunque il partito per eccellenza, il Partito Socialista Ufficiale Italiano. La spie· gazione è semplice. L'abbiamo data altre volte, ma non è inutile ripeterla. · li fascismo non rappresenta degli interessi concreti di una classe determi· nata. Non è, come si vanta di essere il Put, il difensore autorizzato (sfruttatore, aggiungiamo noi) del proletariato; ma non è nemmeno, come lo accusano i mestieranti del sovversivismo, il battaglione d ' assalto della borghesia.

Queste parole, borghesia e proletariato, appartengono alla metafisica socialista. Non definiscono una realtà. ll f ascismo seziona. ques.te parai~

(borg hesia>proletariato, reazione, rivoluzione e simili) e vuole vedere che cosa ci sta sotto. Il fascismo capovolge quindi i concetti tradizionali in cui si è fos silizzato il sovversivismo professionale e dilettantistico italiano. I peggiori reazionari in questo momento sono, per il fascismo e per la storia, coloro che si dicono rivoluzionari, mentre i fa scis ti, tacciati cretinamente di « reazionari », sono, in r ealtà, coloro che c \·iteranno all'Italia la terribile fase di 1.1n'autentica ieazione. ·

Il fascismo è, nel campo delle idee, un grande movimento di revi· sione di tutti i vaJori politici attuali; il fascismo, nel giudicare le situa· zioni e nell'affrontare i prnbleini, si pone da punti di vista che sono nuovi, se non originali: punti di vista che erano sino a ieri limitati al mondo dell'arida accademia e che, d'ora innanzi, vogliamo portare nel mondo della palpitante politica, Ora tutti coloro che sono stufi di sen, tire i luoghi comuni del sovversivismo che non sovverte niente, o dell a conservazione che non conserva nulla, ma intendono d i affrontare la realtà, nella sua immediatezza quotidiana, non g ià a t raverso le n ubi e le nebbie d elle'"'trascendenze e delJe teologie, diventano irresistibi lmente fascisti, IJ fa scismo ha soltanto una storia; non ha ancora una dottrina, ma l'avrà, quando avrà avuto il tempo di eJabor:ire e coordinare le sue idee.

Prescindiamo in quCSto momento da ciò che può costituire il merito degli uomini nello sviluppo prodigioso del fascismo italiano e notiamo un'attuazione del nost ro successo: la bagologia russa e la viltà del P11;. Lo constatava, ieri, il Secolo, con queste parole che ci p iace riportare:

« Al fascismo - dice il Suolo - di cui on sì paventano i complotti e i colpi di mano, chi ha ridato vita, forza e seguito, se non il socialismo massimalista con la sua politica? Il fascismo era finito il 16 novembre dell'anno scorso. Dopo que ll:1 data sopravvivevano dd fa scisti, ma il fascism o era mo rto, cosi come il nazioll!llismo er.t. ùuriss im.unente colp ito. L'A van ti !, all'indomani delle elezioni, aveva perfettamente ragione di const atare, a parte il discutibile buon gusto della forma di constatazione, che il fascismo mussoliniano usciva da quella prova dis tr utto come fona polit ica. Per quali vie il fascismo ha ripreso consistenza, vigore, influenza, se non pe r il naturale, inevitabile co ntraccolpo della predicazione frenetica, minacciante ad ogni piè sospinto rovina e morte alla borghesia, e della pratica di sabotaggio contro i serviti pubblici più neces:;;ari alla vita del paese, perseguita con quella specie di voluttà feroce con cui i fanciulli speu:ano il giocattolo affidato alle loro mani?

« Il fucismo era costitu.ito da due elementi: l'elemento idealista, disinte· ressato, convinto in piena buona fed e di salvare, con la propria az.ione, l'ltalia; e l'elemento, per dir cosl, professionale. Jl; certo che agli un.i e agli a ltri l"at· teggiamento d ei massimalisti ha ridato nuove rng iorii di vita e di azione Basti ricordare quel che è avvenuto a Trieste, dove la scempia politica voluta.mente, ostentata.mente anti-na2ionalc e anti-patriott.ica ulottata da quel Partito Socialista ha dato, e oon poteva non dare, al fascismo locale un'importanza, un'influenza nella vita cittadina quale non avrebbe mai sperato di possedere.

DAL
PRIMO ANNIVERSARJO DELLA MARCIA DI RONCHI , ECC. 299
20. • xv.

« Così si è venuta cr~ndo q~Jla singolare situazione per cui si è visto, un bel giorno, 1'A.va,11i! uscire?, riconoscere " volentieri" che j socialisti sono ancora m eno forti dei loro avversari, e che l'arditismo ha dato largo esempio della propria capacità all'azione, i nfinitaml!'nte superio~ a q uella <lei socialisti. Ma come, gridano a llora in aria d i trionfo gli organi del Fascismo, non ave. 'Vate detto che eravamo morti e sotterrati? E hanno ragione di gridar cosi. Ma la verità vera è che il fas<ismo poteva. proprio ritenersi finito se il socialismo leninista non lo avesse, proprio lui, risuscitato dalle sue ceneri. E se ad~so. r ifatto più vigoroso e vitale che mai non sia stato, si agita e minaccia, i predicatori di Wl pauroso terrorismo anti-borghese ed i fomentatori. della scioperomania, senza freno e senza ngione, bianca, rossa e d'ogni colore, saMo con chi prendersela. Sono le conseguenze necess"arie della loro politica».

A parte che il fascismo non fu mai ridotto in cenere, come sembr.i credere il Secolo, possiamo a mmettere come fondate le altre affermazioni del giorna le democratico. E diciamo di più. Che non d1remo un SOio mi nuto d i tre.gua al P111, s ino a quando non la smetterà di parlare di comunismo, di dittatUra, di Russia e simili. l a nostra lotta gioverà anch e e forse soprattutto al proletariato. Non importa ! Gioverà a nche ai socialisti, cui eviteremo di piombu nelJ'abisso. Non importa! Magioverà anche alla nazione e al suo avvenire. Come si può disarmare dalla, lotta contro un partito di vigliacchi e di mistificatori, che, dopo tutto quel po' po' di roba riferita da i missionari italiani reduci dalla Russia, ha ancora la faccia tosta di invitare le masse a inneggiare al bolscevismo nella ricorrenza dell'anniversario del colpo di Stato di Lenin? Ecco qua una statistica comparsa nei g iornali di ieri :

« J giornali te-de,schi riproducono dall'orsano ufficiale dd Governo dd S o:,ièu, lwrJ1ii:r, le statistiche seguenti del le esecuzioni capitali avvroute a Mosn dal 23 luglio al 24 agosto, in base ai g iudizi dei tribunali rivoluzionari: 10 condanne a morte sono state pronunciate per spionaggio; 100 per tr.1dimetnto; 24 per insubordinazione; 74 p er partecipazione a rivolte; M per mene contro-rivol u:Ui> narie; 4~50 per diserzioni; 237 per saccheggio; 130 per delitti comuni; 3 per ubriachezza; 12 per porto d' armi abusivo; 77 per violnione dei doveri di u ffi. cio. Complessivamente sono state dunque giu stiziate a Mosca in un mese 1182 persone».

E non dovremmo combattere - sino all'ultimo sangue - contro l 'abietto partito che si propone di mascherare l'Italia alla moda di Le nin? Combattere colle nostre armi. Contro un partito, che predic:i. e pratica, quando può, l'insurrez ione, i mezzi blandi non contano: ci vogliono i nostri. Noi abbiamo affrontato e affronteremo sempre i pussisti, perché il terreno della v iolenza non è per il Pur. n una dur:i., spietata, implacabile battaglia, quella che abbiamo impegnato, buttando tutto nella posta del giuoco; ma ecco delinearsi l'affermazione trionfale del fas cismo:

300 OPERA OMNIA DI BEN ITO MUSSOLINI

da Udine ad Intra, da Trieste a Verona, da Roma a Firenze, j Fasci p icchiano sodo addosso ai mestieranti e speculatori s ul sangue e su l sudore de lle masse. Invano l'Awmti! grida che « nessuno arresta l'ascendere del proJetariato ». Nessuno e noi meno degli altri, perché, n elle ultime g randiose lotte d ei metallwgici, abbiamo apertamente sostenuto la causa deg li operai. Quella che noi vogliamo spezzare è l'incrostazione parassitica del Pm, che deturpa e abbrutisce le masse laboriose della nazione.

Da Il Popolo d'i,alia, N . 266, 6 novt-mbre 1920, V II.

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCI A DI RONCHI , ECC. 301

ALLE URNE!

Dopo la vittoria del blocco romano, anche la battaglia milanese, che si concluderà oggi attraverso il responso delJe urne, è diventata emozionante e interessante, I socialisti compiono il massimo dei loro sforz i. Coll'inclusione di alcuni elementi della vecchia amministrazione caldarina, si sono accaparrati la solidarietà d ei centristi; coJJ'estrcmismo del programma, cercano di raccogliere i suffragi delle masse, che sono, m anifestamente, un po' deluse. I socialisti astensionist i voteranno e anche molti degli elementi che s i dicono a n~ rchici e s indacalisti - t acciat i sull'organo uffici ale di tradire, coJla loro astensione, 1a. causa della rivolu, zione - finiranno p er commettere il peccato d i votare.

Dall'altra parte, il blocco d'azione e di difesa sociale ha dimostrn to di sapere bene condurre la battaglia, il che dovrebbe suggerire all'A Mnlif di essere più guardingo nei suoi -giudizi catastrofici su « monna borghesia».

Previsioni sulla battaglia? Pe r noi, fascisti, il risultato è secondario. L'essenziale è che si sia conteso il campo al pussismo.

:8 Jècito dubitare della vittoria socialista, ma soprattutto è permesso credere che sarà strappata per pochi \'Oti e che non potrà esse re gabclJata come trionfale.

D'altra parte Jc chances di una .._.ittoria del blocco non sono affatto illusorie. Tutto dipenderà dalla percentuali: dei votanti.

Quello che si può prevede re è che fa. giornata d'oggi sarà di battaglia accanita

Crediamo che nessuno vorrà turbare il libero diritto di voto. Ad esito conosciuto, non si potranno impedire manifestazioni di giubilo da parte dei vincitori. In qualunque ipotesi, i fascisti non commetterannO violenze, ma risponderanno - come sanno rispondere - ad eventuali provocazioni.

I cittadini tutti - quelli che s i sentono italiani - hanno l'obbligo di recarsi alle urne a votare la sched a d el blocco, Si tratta di scegliere e bisogna scegliere. Nessuna esitazione è possibile, Chi non vota, avendone il diritto, è un « lavoratore delJo straniero». Niente di più ita.liano del Comune. Nie nte di più bello e di pi ù grande storicamente del Comune italiano.

Non permettiamo che sia mascherato alla russa, attraverso la vittoria di un pugno di mistificatori, che sono in perfetta malafede. la vittoria del blocco può avere grandi" ripercussioni d'ordine interno e nazionale. lo sappiano i cittadini e si rechino aJle urne. L'esempio di Roma sia presente alla coscienza di tutti!

MUSSOLIN I

Da li Pop~lo d'Italia, N, 267, 7 novembre 1920, VII.

DAL
M'NIVERSARJO DELLA
303
PRIMO
MARCIA Dl RONCHI, ECC.

ALLE CALCAGNA !

L' Avanti! continua nel suo mestiere, che è quello di imbottire i crani dei suoi lettori più o meno proletari. Il g iornale puss ista , nel supplemento uscito ieri, parla, con titoloni di scatola, di una « completa disfatta » del blocco. Sì! I socialisti hanno vinto. Ma non possono concedersi il lusso di tripudi eccessivi . La folla che ieri conve nne in piazza della Scala per salut are Ja bandiera rossa che veniva issata su palazzo Marino, no n si t rovava nei più alti diapason dell' entusiasmo. La folla sentiva ind istin· tamente qu ello cl1e i capi pensa no chia ramente in cuor loro : e cioè che 1a vittoria non apparti ene affatto al ge nere di quelle che schiacciano irreparabilmente l'avversario. Molti socialisti speravano un distacco ben maggiore fra le due liste, mentre, invece, la distanza fra i due totali è modestissima. Tre migliaia di vot i, appena. Non c'è da cantar t roppo . C'è - piuttosto - materia di rifless ione per g li uomin i del cosidde tto socialismo massimalista milanese.

J socialisti ribatteranno ch e il blocco ha compiuto il suo mass imo sforzo; ma si può rispondere che anche i soc ialisti han no compiuto il loro massimo sforzo. E lo hanno compillto in condizioni di assoluto fo . vore, per queste tre formidabili rag ioni. I social ist i potevano contare, s in dall'inizio, sul b l0<co compatto dei voti dei dipendent i comunali, e sono pa recchie migliaia (tranvieri, vigili , pompieri, spazzi ni , operai d iversi, impiegat i, ecc.) Avevano la certezza <li assoluta maggiora.nz.,. in un Comune, quello di Turro, pre vaJcntemente operaio e recentemente an nesso a Milano. Anzi s i può dire che Turco h a sa lvato palazzo Marino. La Camera del Lavoro aveva, identificandosi totalmente col Pus, minacciato di ostracismo gli operai che non si fossero recati a votare.

Jnoltre il Partito Sociali sta è un partito c he è sapientemente organizzato e attrezzato per fare una cos:i. sola : le elezion i.

Eppu re, nonost ante ciò, nonostante l'astensione dei popolar i, dei repubblicani e dei socialisti unionist i ( ci sono dei « popofa ri » che preferirebbero vedere in .fiamme Milano piuttosto che votare una l ista col nome di un massone....), il blocco si è affermato potentemente con ben set tantamila voti, nonostante le numerose violenze compiute dai socialisti nelle sez ioni della perife ria.

11 blocco è alle calcagna, letteralmente, del Partito Massimalista. I comunìsti che vanno a] potere hanno di fronte, in atteggiamento ostile, quasi la metà del corpo elettorale. Non possono cullarsi in troppe illusioni. la Milano racchiusa nella cerchia del vecchio Naviglio, d ella prima e anche della seconda circonvalb.zione, Ja vera Milano, è n ettamente antibolS(evìca.

le elezioni nei mandamenti ·lo provano, Ciò che ha ricondotto ì socialisti a palazzo Marino è Ja Vandea cresciuta ai marg ini più lontani della grande ·città D;1.l punto d i vista militare e str;1.tcgico, le elezioni di domenica ci danno delle precise e pre:zìose indicazioni circa la situazione ambientale dei diversi quartieri della metropoli.

I socialisti, che ostentano sempre quell'aria da pad reterni rim bambit i e che, sino a ieri, parl:'.1.vano di una « borghesia » c s:.mrita, h:1nno, ora, la prova che i loro :1vversari esistono e sono, dal punto di vist a numerico, d i forze ugua li a loro.

Ma poi è grottesco parl:i.rc di <<borghesia» . I settantamiJa voti bloccardi sono voti di popolo, non di borghesia nel senso social-pussista del termine, anche perché molti p escicani si sono astenuti o sono andati a votare per il Pus.

Quanto ai fascisti, che, durante ?a giornata elettorale, si sono p rodigati, col loro impeto e col loro coraggio, essi sanno che il nostro terreno non è precisament e quello elettorale. Noi attendiamo i puss ist i su altro terreno, Nel complesso - anche per i risultati elettora li dì a lt re importanti citti itali:i.ne - la giornata di domenica è un altro sintomo della gagliarda riprcs:1 di tutti gli elementi e i v;ilori nazion:ili.

Dando agli scetticismi, e avanti con inflessibile, implacabile energia ! MUSSOLINI

Da. Il Po polo d' lla!i.l, N, 263, 9 novemb re 1920, VII.

DAL
ANNIVERSARIO
PRIMO
DELLA MARCIA Dl R.ONCH I, ECC, 30)

L'ACCORDO DI RAPALLO

Sull'accordo stipulato a Rapallo no n si può d are un giudizio esauriente e definitivo sino a quando non ci saranno note tutte le clausole che lo compongono, non escluse quelle d'o rdine economico. Il giudizio nostro si limita, quindi, a ciò che conosciamo, cioè alla linea-base dell'acco rdo stesso. Lungi da noi il proposito di attenuare l'impcruro:a straordinaria del confi ne fissato al Ne,:oso e comprendiamo l'esultanza d i Trieste, che non sarà più minacciata dai cannoni jugoslav i.

Sino a pochi mesi addietro, imperversando in Italia la più abietta politica cagoiesca, l'idea di portare il confine politico dell' Italia a coincide re col confine geografico· d e lle Alpi Giulie, sembrava p:i.zzesca e irrealizzabile.

La diplomazia di Cagoia si era ferm ata a Monte 1faggiore o ne lle immed iate vicinanze. Oggi, fa linf.'a di Wilson è tramontata per sempre, insieme col suo infelice ideatore. ]I t ricolore è al Nevoso, il che significa che le porte orientaJi d ' Italia, dalle quali fluirono sempre nei secoli le invasioni barbariche ve rso le pingui pianure della Venezia, saranno, d'ora innanzi, so lidamente sbarrate. Se non c'inganniamo, il bacino d'Idria, con relative preziose miniere di mercurio, passa all'lta!i1 e questo fatto ha fa sua notevole importanza economica. Ci dichiariamo, dunque, ( rancamente soddisfatt i, per -ciò che riguard:1 il confine orientale, e crediamo che t a le soddisfazione sa rà cond ivisa d a lla unanimità d e ll'op in ione pubblica italiana.

Anche per Fiume Ja soluzione di Rapallo n on è l'ideale, che sarebbe l'annession e , ma è mig liore di tutte quelle precedentem e nte progettat e. · Quel contatto terminale attraverso il corridoio o budello liburn ico, che doveva unire Fiume .il confine itali1no sul Monte Magg iore, è sostitu ito dalla co ntiguità territoriale con Fiume, di cui Italia e Jugoslavia riconoscono la piena assoluta indipendenza. Sin da questo momento la Reggenu del Carnlro è uno Stato di d i ritto e di fotto. Il problema d i F iume indipendente può avere sviluppi ulteriori, ma non è il càso di anticipare il futuro.

A questo pu nto deve . p:i.rtire da o,;ni labbro italiano una parola di infinita riconoscenia per Gabriele d'Annunzio. Se oggi fiume è libera, è italiana e h a il vasto possesso d el suo porto e de lle sue ferrovie ; se

oggi Fiume è contigua all'Italia, di cui costituisce una specie di repubblica periferica, che sarà, per forza di cose, italiana; se oggi Fiume ce• spira e può guardare con fiducia al suo àvv~nire e sperare nel suo im• mediato rifiorire economico di grande emporio marittimo, Jo deve soltanto a Gabriele d'Annunzio e ai suoi legionari e a tutti coloro che hanno difeso la causa di Fiume, dentro o fuori di Fiume. l'Olocausta oggi è sicura di sé. Non sarà più - in nessun caso - magiara o croata o ibridamente sottoposta a quella specie di mostruoso aborto idealistico-plutocratico che è la cosiddetta Società delle nazioni, ma sarà italiana, soltanto italiana, e, per i suoi reggimenti politici ed economici interni, potrà servire di modello all'Italia. L'indipendcnn di Fiume, colla con~iguità territoriale, e il possesso del nodo ferroviario di San Pietco, è di una importanza enorme anche per l'avvenire di Trieste, la quale, avendo sicure le spalle, col confine sul Nevoso, non ha più ragione di temere l'eventuale co ncorrenza di Fiume. I due grandi porti sono destinati ad integrarsi a vicenda. Sino a questo punto gli accordi di Rapallo so-no, considerando anche quello che è passato dall'armistizio in poi, buoni. Dove cominciano le dolenti note, è per la Dalmazia. Parliamo di quella d el patto d i Londra. Qui ci troviamo davanti ad una specie di nebbia, nella quale brilla un punto solo: Zara italiana. L'aver sottratto ai croati Zara, Ja santa, Zara, la perla della Dalmazia, è certamente un fatto che ci conforta, ma la questione dalm.:itica non si limita a Zara. NQi crediamo che l'on. Sforza sia sincero, quando si dichiara dolente per le rinunce da lui consentite in D1lmazi1; ma ci dom:indiamo se non era assolutamente poss ibile fare altrimenti. Certo, la questione dalmatica era terribilmente pregiudicata all'interno e all'estero. All'estero colfa divisione della D almazia, praticata dal patto d i Londra, il che rendeva difficile - pe r opinioni pubbliche già mal disposte verso di noi - una comprensione esatta e integrale del problema dalm:itico; e, quanto all'interno d 'Italia, la polit ica e la polemica dei rinunciatari e l'azione del Governo Nitti avevano posto all'ultimo piano la questione della Dalmazia. I sostenitorì dell'accordo ci d iranno che le rinunce si limitano a Sebenico. Non lo sappiamo. Non sappiamo quale sarà il retroterra di Zua. Se il retroterra di Zara avesse l'estensione dei territori assegnatici dal patto di Londra, esclusa Sebenico città, la pillola, per quanto amara, potrebbe essere trangugiata; ma se Zara non avrà questo retroterra o lo avrà limitato ai suoi sobborghi,, le mancherà, per quanto italiana, ìl respiro. Speriamo che· queste necessità di vita per Zara italiana siano state presenti ai delegati italiani. Comunque, noi ci troviamo dinnanzi a questo dolorosissimo fatto: di tutta la Dalmazia, solo Zara si salva. Il resto sarà « garantito », non sappiamo si no a qual punto, ma « politicamente » sarà croato. Questo ci riempie di angoscia.

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA O( RONCHJ, ECC, 307

Ed ora?

L' o rizzonte è pieno d'incagnite. Che l'opinione pubblica italiana, nella sua maggioranza, sia pronta ad accettare o a subire il patto di Rapallo, è positivo. Ma ch e cosa faranno Millo e D'Annunzio? O ccorre soprattutto la firma di D 'A nnunzio, perché il patto di Rapallo entr i in vigore per ciò che riguarda le r inunce dei territo ri assegnatici dal p atto di Lond ra. Ma, soprattutto, quale sarà l'atteggiamento dei dalmati? Si contenteranno di aver salvato Zara e accetteranno il fatto compiuto per tutto il resto, o quando l'ora delJo sgombro sarà arrivata, insorgeranno in un tentativo estremo dì difesa e d 'amore? Non sappiamo. Certo, la situazione dalmata è di una gravità e di una delicatezza assolutamente eccezionale, che deve essere presente a tutti, almeno a coloro che vogliono servire l a nazione, non g i à servirsi deJJa nazione. Bisogna affrontarla nel suo complesso, non nell'episodio particolare.

· Pe r noi, al punto in cui sono giunte le cose, dato lo stato in cui si trova, per ragion i che tutti conoscono, la coscienza nazionale e l'economia nazionale, il dilemma si presenta chiaro: o subire, per ciò che rìgua rda Sebenico, il patto di Rapallo; o affrontare, ;,, t oto , il problema dalmata; ma non da Zara a Punta Planca, Jimitazicine assurda da tutti i punti di vista, salvo queilo imposto dalla diplomazia di Sazanoff nell'aprile del 1915, bensl da Zara a Cattaro

In tal caso il problema cambia di piano. MUSSOLINI

Da 11 Popolo d'Italia, N. 271, 12 novembre 1920, VIJ.

308 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI

APPENDICE

LETTERE

30 gi11gno 1920."'

Mio caro Comandante, vi scrivo di rado, perc.hé b lotta contro la dilagante bestialit à dissolvitrice mi :issorbe e perché la fedeltà e la dedizione vere non hanno bisogno d i essere provate a ogni momento.

U sciamo da due settimane di moti caotici e sanguinosiss imi. Moti se nz.a direzione e dirigenti: senza scopo. L'Ita lia attraversa un a cris i d 'i111,am1me11ro tremenda. La parola d 'ordine è «Via! Via da Valona!

Vìa da Tripoli ! Via dalla D a lmazia ! ». n u n fenomeno di disintegrazione spirituale e di \'iltà individuale

Dopo Valona, sarà la volta di Zua?

Ad ogni buon conto l'immondo A1•,mti!, nel suo numero odierno, giustifica in anticipo l'a~gressione croat:1, con l'affermare che l'Italia « non ha il menomo diritto sulb Dalmazia)>, In caso d'una aggressione croata, molto probabilmente si rinnove ranno le scene d'Ancona Dopo Adu:1, l'Italia non fu mai cosl vile / Soltanto voi potete salvare la situazione in D:1lma:z:ia restando a Fiume, poiché solo voi patete guida re gli ultimi itali:1ni degni di questo nome all'ultim:1. battaglia.

Riporto sul Popolo il messaggio che avete mandato ai bersaglieri dell'und icesimo (il mio re~~imento), ma un vostro art icolo o messaggio più ampio contro questa crm di avarh;uement sarebbe oppo rtuno.

Ho f ede che terremo, malgrado tutto; m:i. le tendenze disgregat rici, rinnegatrici, antin.1:z:ionali sono fortissime. ·

Con immutabile dedizione, vostro

• Lettera • Gabriele d' Annunt.io, ( Le lettere di Benito Mussolini a Gabriele d'Annunzio, sono riportate da Epor4 di Milano, Nn, ,11 j, 116, 20, 27 dicembre 19)2, lii; 117, 3 gennaio 19)3, IV).

MUSSOLIN[

2 6 lu glio 1920.

Mio caro Comandante, non app ena mi g iungono ri p ubblico i vostri artico li.

Po t[Ò averne uno inedito per la gioventù italiana?

] Fasci di Combattimento organizze ranno per il 12 sdtembce g ra ndi celebrazioni dell'anniversario di Ronchi.

Contate sempre su me e i mie i amici. Sono il vostro soldato

• lettera a Gabr iele d'/i.nnunzio.

MUSSOLIN I

Milano, l uglio 192Ò. *

Carissimo Brescian i, lun edl mattina, tempo permettendo, an niversario del d isastro av iatorio, sarò a Verona**. Arriverò, n.1turalmcntc\ in aeroplano. D eside ro vederti, ma senza pubblicità di sorta

Tu sai che io adoco Verona, malgrado Todcschini e microbi di tal g enere , Potremo essere a Verona verso le dieci antimerid iane.

Cordialità vivissime, tuo·

• Lettera ad Italo Brc-scia.ni (VU, 423), ·

•• (32 2)

MUSSOLINI

17 agoII O 1920. *

Cari ssi mo, pe rd1é vuoi inAiggermi d egli articoli su pple mentari a quelli che scrivo quasi ogni g iorno ? E con questa domancfa, ti ho risposto. 11 che n on m'impedisce di saluta rti affettuos:1.mcnte insieme con tutti i bravi fascisti veronesi. Ciao,

MU S SOLINI

• Lettera ad Italo Bresciani, il qua le aveva chiesto a Mussolini la co llabor::izione per un nume ro uni co di p ropaganda fascista che doveva pubblicarsi a V erona

312 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLlN(
*

Carissimo Redaelli •, è inteso che passato questo periodo di burrasca riprenderò. a volare. Cordialità vivissime

MUSSOLINI

• Cartolina al pilota Cesare RN!adlì, il quale, in quei tempi, teneva una scuola di pilotaggio ad Arcore, frequentata anche da Mussolini. Reca il timbro postale: « Mibno, 18-9-'20 ». (Le lettere di &nito Mussolini a Cesue Redaelli e ad Attilio Longoni, sono riportate da: Gmoo ~fATIIOLl - M1m0Uni aviatoreA. Monda.dori, Milano, 1942, pagg )B-62).

* Il colpo di Stato dev'essere in chiara relazione d i causa e d"effetti con u na soluzione iniqua del problema adriatico. Altrimenti potrà apparire come una specie di risposta all'agitazione vittoriosa d ei metallurgici ( vedi manovre della stampa rinunci:i.taria). J1 che può essere. Si delineano quindi tre tempi :

I. Occupazione o mantenimento d ell'occup:1zionc ·nei territori nunciati;

2. Attesa per vedere l'atteggiamento di Roma - che potrebbe ap· plica.re il patto di Londra - dì Belgrado, di Londra;

3. Marcia su Roma.

MUSSOLINI

• Pcc1,;iudizialc inviata a Gabriele d"Annunzio. Fu scritta, con ogni probabilit.\, il 25 settembre 1920. (Dal Corriere d ~/Ja Ser,1, N. 182, }O luslio 1944, 690).

* Prepune fo11dame111ali. -

1. Concordiamo nell'a ffe rmazione che l '« ord ine \'CCchio » è in Jtali:i logoro e inetto a mantenere l:i. disc iplina nazion:1.lc. N é giova la scus:intc dell a m:rnc:1.nz:1. di forze materiali. E d)ltronde si è visto che b debolezza trae la sua origine da cause di natura essenzialmente morali. Appa re evidente che ancfi e ra ddoppiando o triplicando i contingenti numerici attuali di P S. manchcrcbEc il coraggio di. adoperarli in caso di bisogno.

2. Concordiamo nella seconda affermazione che, cioè, l'ordine nuO\'O annunziato d:ii sed icenti rivoluzionari, si dimostra sempre più incapace di definirsi e perciò non riesce a costituirsi. Crediamo ecrò opportuno di aggiungere che se riuscisse a costituirsi, dati i suoi obiettivi bolscevlChi, sarebbe una catastrofe naz ionale.

3. Aggiungiamo che esaurito l'esperimento Giolitti, il Parlamento non offre altri uomini che possano reggere il timone dello Stato, da cui

• Rapporto inviato a Gabric-le d' Annunzio, verso la fuie di settembre del 1920, in risposta ad un promemoria nel quale il Comandante aveva accettato il progetto di Mussolini. (Dal Corrier e della Sera , N. 182, 30 luglio 1944, &,lb).

' .APPENDICE: LETTERE 313

l'ineluttabilità di un fatto nuovo che riallarghi la possibilità politica nella vita nazionale.

4. Concordiamo pienamente nel secondo accapo del pro-memoria e che cioè l'Italia va fatalmente verso la totale rovina. Se non si presenta un elemento che p0Jarizzi tutte Je energie sane del paese su di un programma d'azione unmediata, inteso a ristabilire a ogni costo la disciplina nazionale al di sopra degli interessi contrastanti delle partì e dei dogmi dei Partiti.

5. Crediamo fermam ente che l'uomo della situazione di dom:ini può essere Gabriele d'Annunzio.

Condizioni per il colpo di Stat o . - 1. Perché il col~ di Stato dannunziano riesca è necessario, oltre alle condizioni materiali di preparazione di cui si parlerà in seguito, che si ve rifichi l'uno o l'altro di questi eventi nella polit ica interna o nella politica estera : un compromesso vergog noso nella conclusione della pace adriatica; un'ulteriore ed irrcparabife dissolutione delle attuali forze statali.

2. Le trattative italo-jugoslave, com'è assai probabile, falliscono, ed allora possono darsi i seguenti casi: o l'Italia ufficiale si decide finalm ente ad applicare il patto di Londra, disinteressandosi della Reggenza fium:in:1; o si protrae l'attuale condizione di cose nelle terre occupate. Verificandosi la prima ipotesi, è chiaro che mancherebbe a noi uno dei motivi più gravi per muovere all'assalto del regime, anche per le favorevoli con· dizioni psicologiche che tale fotto avrebbe ne ll'opinione nazionale, Nel caso pot di una mossa jugoslava contro l 'applicazione del patto di Londra, e chiaro che il nostro posto sarebbe a bto di quel Governo che avesse avuto il coragto di troncare gli indugi e di :dfrontare le responsabi~.tàL~fns:fsf,cf~~~~/1f

b:~tt~r~~ ~in;;:terebbe nella necessiti diassalire il regime. .E chiaro che le rinunzie sforzesche rimarrebbero sulla carta. Firmato il protocollo, si vedrebbe che non sarebbe aprlicato. D'Annunzio rimarrebbe a Fiume o condurrebbe i suoi leg ionari su Nevoso; Milio non abbandonerebbe b Dalmazia. App:i rc evid ente che la rivolta adriatica contro il compromesso bast:irdo non potrebbe in un terzo tempo rimanere perife rica. Essa dovrebbe mir:i.re a Rom:i.: a) per dis perdere i responsabili del compromesso stesso; h) per im pedi re eventuali rappresaglie tipo Aspromonte da parte de i resi; e) per avere le forze nazionali sufficenti ad impedire un attacco della Jugoslavia inteso a realizzare le eventuali rinunzie italiane.

Il colpo ~i Stato ha quindi la sua genesi e le sue ragioni nella politica estera che sarà fatta dal Governo e non, per il momento, in ragioni di politica interna1 anche perché, liquidata l'agitazirine metallurgica, vaste zone della popolazione sperano, più o meno fondatamente, in una détenle . Per cui il col_po di Stato, per ragioni interne, oggi troverebbe un ambiente psicoJogico piuttosto ostife _o passivo.

&ui progrmhmatirhi!. - 1. li col,ro di Stato dannunziano non dev'essere e non deve apparire reazionario. Ma perciò è necessario che sin dall'inizio batta apertamente bandiera rep~blicana. Quanto al programma,

314 OPERA OMNIA DI BENJTO MUSSOLINI

noi accettiamo, in massima, quello ino.rnato nella costituzion.e della Reggenza. Non si parli, però, di autonomie, in una nazione avvelenata d~l munidpalismo e dal campanilismo come la nostra. D«entf3mento amm1nistrati,·o.

2. Per concretare : noi pensiamo che, dichiarata decaduta la monar~;/r d~~~:t:rt:stter': !:S~~f;iad;e~:b!ie1~niA~n~:~i~a; ~:~i~~irri~ politico. Guardarsi da brutalità contro le persone della famiglia reale.

3. ScìoJti la Camera e il Senato, l'amministrazione nazionale do· vrebbe essere assunta da una Commissione straordinaria amministrativa, corrispondente all'attuale Consiglio dei ministri. N ello stesso tempo, dovrebbero, nel termine di due mesi, essere convocate le elezion i per la Costituente del nuovo Stato. Basi della repubblica: un Parlamen to polit ico, un Parlame nto economico, un Consiglio d ei ministri, con poteri per un ciuinquennio al Presidente. Abolite le Provincie, le Regioni , con Diete re~ionali, pctrebbero, insieme coi Comuni, essere gli organi suss idiari d e ll'amm in1strazione centrale.

Elemenli di fttllo. I Partili. - 1. li co lpo di Stato dannunziano avrà contro di sé il Pa rtito Socialista in CJUasi tutte le sue tendenze. Perché

l'opera di resistenza e di offes:i. contro di noi.

2. M::dgrado certe manifestazioni rinunciatarie, i repubbl icani guarderanno con sim patia il movimento. Non vale la pena di occuparsi dei socialisti riformisti, b. cui influenza è ridotta ai minimi termini . Se i nazionalisti non appoggeranno il movimento, non Io o steggeranno nem. meno, data b. loro origine n:i.zionale. In o.i:::ni caso si può tentare l'accordo." I Partiti conservatori saranno passivi. Si può contare sulla simpatia, più o meno attiva, dei franuuenti dei vari Partiti democratici. Dei fascisti e delb. loro azione parleremo in sesuito,

3. Un Partito che bisognerà. conciliarsi fin da principio - p e r ragioni ovvie - il P.irtito Popolare Italiano. Bisognerà dichiara re e dare garanzie, se necessario, che il movimento non sarà anti-rclig ioso, nemmeno anti -clericale, e che il V aticano, come centro dì u na fede universale, sarà ris/,cttato. Io penso che il cattolicismo possa essere utilizzato come una dc le nostre più grandi forze n az.io nali per l'espansione italiana n el mondo.

Organizzazioni economiche, - 1. L'esperienza recent e ci mostr a che un colpo di Stato può essere salutato da uno sciopero g enera le. Bisogna dunque fare il possibile perché b fulminea marcia su Roma non sia complicata da uno sciopero generale. Bisogna ridurre al minimo di d u rata fa paralisi inevitabile della vita nazionale. O ra , per evitare lo sciopero generale o analoghi movimenti di masse e per non essere costretti a reprimerli, occorre, se non convincere i ca/ì1, dividerli: il che d isorienterà le masse stesse . Non si può contare su la Unione sindacale ital ia na, ma si può contare, sino a un certo punto, sulla Confederazione Generale del Lavoro, invitando immediatamente alcuni suoi uomini mig liori a fare

APPENDICE: LETTERE 315
~ictil :::t\\~ s~i l!.fS!~~i2 ~t:11: :~d~:t~t ~~t
2 1. · xv.

parte d ella Commissione straordinaria amministrativa che reggerà la naz ione ne ll'intervallo fra d ecadenza del regime ed elezioni per la Cost i-

l'atteggiamento del Partito Po.P".lare, che dovrà essere conven ientemente Javorato in p r eced enza. Si puo fare qualche assegnamento sulla Federazione dei lavoratori del mare e dei porti. n evidente che se due organizzazioni n azionali operaie si sch ierassero con D'Annunzio, un movimento sabotatore d elle masse sarebbe a sua volta sabotato o diso rie ntato, quind i meno t emibile.

A!Jri elem ent i. - Si può fare assegnamento sicuro: 1. Sulla gio\•entù delle università e deJie scuole medie. Si tra tta di parecchie decine di mi gliaia d i giovani, la cui adesione al colpo di Stato ne favorirebbe il suC· cesso e la stab ilità. 2, Sug li u ffic ial i smobilitati e mobi litati. 3. Su g ran pa rte dei sottufficiali. T utti costoro dovrebbero costituire immediatamente le forze militari al servizio della repubblica 4. Altri element i che dovrebbero immed iatamente, con o pportun e m isure, essere raccolti attorno al regime, sono i muti lati, i combattenti in genere e specialmente gl i a rd iti , i quali dovrebbero costituire il corpo di g uardia <lclla nuova repubblica.

Le regioni. - Un esame obietti"o c i conduce a prospettare la situazione in questi termini: regione adriatica sino al Tagfi:uncnto ottimo terreno. Altretta nto dicasi per le Romag ne, le Marche, gli Abruzzi , l'Umbria Incerta la valle Padana, sal vo Pa rma. Possibilità di do mìn1re fa Lombardia. D ifficoltà per la Toscana, la Liguri:1 e special mente· il P iemonte. La mobilitazione dei ca rbonari, dei repubblican i, dei combattenti, dei fascisti , re nderà favorevole l'3mbicnte rom:rno. D1 Rom1 i n giù, sin o a lle isole, il colpo di Stato non incont re rà opposiz ioni pericolose, Dovunque tali 01;posizioni si mo.nifeste unno, bisognerà procedere co n implacab ile ene r,ç:1a. I giornali avvers i saranno sospes i. Particobrc cura dc ,·c es. sere dedicata al la Venczi:1 G iulia, p e rch é sugli iniz i il moto non dc\'C incontrare ostacoli di sort:i, m:i deve dare l'im press ione di una m3rcia trionfale.

Forze Armate. - t. Bisogna lavorare la Gu:1rdia Rcgi3, il cui spiri to è qua e là frondista. Si t ratta in gro n parte di comb:1ttcntì che possono marciare al nostro fianco.

2. Bisogna lavorare :inche i ca rabinieri. Bisogna evitare in modo assO. Juto la totale disgregazione d elle fo rze a rmate di Pubblica Sicurezza pe r evitare diso rdini, sacchegsi cd una esplosione di dclinquenZ3 comune.

3. Se la colonna mamante sarà, come dev'essere, composta di t ruppe regolari, l'esercito passerà in g ran parte al nuovo regime. U. Marina deve g iocare un ruolo di primo ordine a Spezia e a Taranto.

Questa par te del propetto rientra nd p iano di esecuzione che dovrà essere studiato a fondo in sepacata sede,

316 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
}~!~!e:SO~,:/~~d~:!~1tan(!}et;:;i~n~0G~i~~~eer~cf I~~~:!~;r1\;~~~:

1 faJ(isJi, - 1. L'organizzazione dei fascisti è buona, ma non ha ancora raggiunto un grado massimo di omoseneità. Bisogna aumentare il numero cleì Fase.i soprattutto nella Venezia Giulia e nel cest o d ' Italia.

2. Per cost ituire le milizie volontarie cittadine occorre che il Comando di Fiume ci fornisca fucili e mitragliatrici.

&pporli fra comando e fascisti. - 1. I Fasci accettano che la direzione tattica e strategica sia riservata al Com.andante, ma desiderano di essere interpellati circa <e i modi dell'azione e 1a scelta del momento», che, secondo noì, non può essere che nella primavera del 1921. L'inverno prossimo si a nnuncia con una crisi finanziaria formidabile, che il colpo di Stato potrebbe aggravare,

Cimi il collegamenJo. - 1. Accettiamo la formula del « collegamento strettissimo» fra Comlndo e C.C. dei Fasci a mezzo avv. Marsich.

2. St1 bene per il comma A., che cioè il Comando dovrà essere informato sull'entità rc-ale delle forze fasciste ,e del loro spirito località per loca lità.

3. Sta bene anche per il comma B. circa le diretti,·e che il Comanda nte potrà segnare ai Fasci nei singoli momenti.

RipermSJioni ai co11fi11i ed all'e1tero. - Bisogna preoccuparsi delle ripercussioni che il colpo di Stato potrebbe avere fra gli allogeni incorporati all'Italia. Allegasi un pro-memoria vergato da un conoscitore acuto dell'Alto Adif.e (Cìarl.1ntim).

Quanto al 'es.tera c' t! da domandarsi: sarebbe riconosciuto da Inghilterra, Francia, Stati Uniti un colpo di Stato che sarebbe diretto anche contro la loro cattiva volontà anti-italiana? Quali le conseguenze economiche e politiche di un riconoscimento e anche di una ostilità d iplomatka? l ' attetgiamento ddrintes3 determinerebbe quello della Jugosla\' ia. Nel caso di una ostilità da parte dell'Intesa biso~nerebbe rivolge rsi alla. Ger· mania, all'Ungheria, alla Dul[::;aria e alfa Turchia e scatenare la rivolta ant i-inglcse e anti-francesc nel M editerraneo. Questa. minaccia potrebbe indurre a m iti consigli tanto la Francia come ringh ilte rra. A ogni modo q uesto è il dato formidabile del problema.

Propo1ta con(reJa, - Si propone che entro ottobre tre em issari del C.C. si rechino a Fiume per approfondire insieme col Comandante questo memoriale.

La sit uazione f'olitittt de!f!A!to AJ;ge. - La situazione politica dell°Alto Adige è tuttora quella di un paese che sottosta alla dominazione formale del regno d'Italia, unicamente perché non crede che questa potrà durare, in parte per le mille prove di debolezza e un po' anche di viltà date dal nost ro Governo e m parte per la. grande fede che gli alloaeni tedeschi hanno nel pieno e imminente rifluire della potenza germanica.

Ciò premesso è facile arguire 'ìueJlo che avverrebbe ne lla nuova. provi ncia in caso di radicali sommovimenti nazionali.

,\PPENDICE: LEITERE 317

Facciamo due ipotesi di verse per definire meglio nei si ngoli casi ]'at teggiame nto dei ted eschi alto-atesini.

1. I comunisti e i socialisti italiani danno la scalata al potere con violenza e sono costretti ad assumere la dire2ione deJlo Stato per la abdicazione della classe borghese. I tedeschi, come sono d ive ntati re-

p iù sconfi nate libertà - dal socialista Krenn al derìcale Reuth-Nicolussi, dal social-democratico Tappeiner al pangermanista P erathoncr nell'unico intento di ottenere l'autonomia e il di ritto di immediata autodecisione per a nnettersi al Tirolo del nord e, su bito dopo, alla Germania. In tal caso, le nostre truppe, già permeate di spir iti ultra-rinunziatari e mezzo bolscev izzate dalla _propasanda social-comunista, si sgretoleranno e si sb:mderannQ, parte m Italia e parte oltre il confine, per amor di qu ieto vivere.

2. Combattenti e spiriti nuovi , desiderosi di disciplinare fa nazione salvandola da ll'abbiezione in cui sta per precipitare, fa nno un colpo d i Stato e conquistano il potere. Se av r a nno la totale devozione dell'esercito e a ntece dente ass icurazion e che tutto ri sponderà a ~rfezione all'ora volu ta , l'Alto A dige seguirà, mal grado l'o pposto volere della maggior pa rte dei suoi abitanti, il a est ino d e) Ja nazione.

Se il movimento sorgesse disgregato, frammentario, incerto , senza la simu ltane ità dell e iniziative pensat e e m isurate fin nei loro mi nimi puticola ri, i concittadini di Andreas Hofer, subornati continu:imente da i

e civili, oltre la stretta di Sllomo, compiendo ogn i sorta di violenza e di rappresaglia contro tutto ciò che d'italiano esiste e sta per affermarsi sul posto. .

La prova g enerale fatta in occasione delb. festa del S:icro Cuore di Gesù sta a prova.re che i tedeschi alto.atesini sono b ene armati e mun iz ionat i e decisi a non Iascfa re passare nessu na occasione per sfogare il ]o ro insopp rimibjle odio contro l'Jta lia.

Per la riusc it a d i qualsiasi movimento nazionale, r estauratore de ll 'ordine e incubatore della nostra srandczza aV"\'Cnire, è quindi pregiudiziale assicurarsi Ja f eddt:\ incond i:zion:1tl de lle t rup pe che presidiano il confine nord, e avere sul luogo emissari au torevoli e scaltrissimi , capaci di m:mte nere il collegamento co l resto del paese in ogni e venienza.

Ca ro Redaelii ,s:, sono stato molto pelandrone questa settimana, m1 mi rifarò nella prossima, vo lando t utt i 1 giorni.

Se l ibero da altri impe,gni, verrò stascr:1. In ogni caso Junedl.

Saluti cord ialissimi. MUSSOLINI

• Lettcrn a Ces:ire Rcdaclli Fu scritta, con ogni prob:1bili1:\, va so la fine di settembre dd 1920

3 18 OPERA OMNI,\ DI BE NITO MUSSOLINI
~~t~~'j;~o~~~;/:z!"J~Ti:~:~~:t::r~bb~ftia~ d'f~~~~:raen~ff~!~fkdJTI;
ra;~i~i J.~~~rrb:;ih~ ~·i~1t~~, ~=i~~cc~~a eit~li~~;i ~ 0cT:asc~~~;n~o~b~ii~!~i

Milano, 1 oJJobre 1920. *

Carissimo, congratulazioni - un po' in ritardo! - per il vostro numero unico . Dovreste prepararne un altro per il 24 ottobre-3 novembre. Potreste ripubblicare, prendendolo dall'odierno Ft1.I(io, il mio discorso di Trieste. Caro, bisogna unirsi e tenersi pronti per fa quindicesima battagl ia ! Saluti.

MUS SOLI NI

• ~t~ra .1J halo Bresciani.

/lfilano, 1 oJJobre 1920. •

Egregio, ciò che v'è d'intcress:1nte nella mia vita, lo saprete quando sa rò morto. Per il resto, chiedete copi :i.. di un opusco lo a Torquato N :mni, Sa nta Sofia, e p rocur:ltcYi il profilo di Ross:ito, pubblic:lto dalla « Modernissima». Qulnto alla mia effigie, eccola. E stop. Saluti con cordialità.

MUSSOUNI

• Leuera ad Enrico Ilufucci, il quale aveva domandato a Mussolini dati biografici per un libro intitolato Giornali1r; d'oggi.

Mi/ml(>, 6 otlobre 1920.

Caro Rcdaclli, il suo svcgliarino mi piace molto Come ho telefonato, domani, mercoledl, ricomince remo. Partirò col treno che giunge ad Arcore verso le 14. Va bene?

Arrivederci e cordialità viviss ime.

MUSSOL! N l

Caro Longoni *, ti m ando del materiale aviatorio, che ho tolto da. una. pubblicazione. Ciao.

MUSSOLINI

• Leuera :id Attilio Longoni. Fu miua, con ogni probabilità, alla fine di ottobre del 1920,

APPENDICE: LETTERE 319

ELENCO DEU.' ATilVITÀ ORATORIA DELLA

QUALE NON RIMANE IL TESTO 1920

19 settembre TRIESTE, - Nella sede del Fascio, partecipa ad un ricevimento in suo ono re, pronunciando un breve discorso (324).

20 settembre. TRIE STE. - Nella sede del Fascio, parla ai fascisti di Monfalcone (326).

21 settembre. POLA. - Nel politeama Cismti, illustra il programma d ei Fasci Italiani di Combattimento (329).

21 settembre. POLA. - Alfa" Pensione Città di Venezia", partecipa ad un banchetto in suo onore, pronunciando un breve discorso (330).

ELENCO DEL MATERIALE GIORNALISTICO ATIRIBUIBILE A BENITO MUSSOLINI

AVVEllTliNZA. - Tutto il materiale giornalistico dcocalo è anonimo; il materiale g io rnalistico co ntrassegnato da (1) è di p rima pagi na, da (2) di ~econda

DA «IL POPOLO D 'ITALIA »

ANNO 1920-VII

N . 1 )O. 24 giugno.

» 1) 4. 29 »

» 162. 8 luglio.

)} 177. 2:i »

» 203. 25 ag osto.

» 241, 8 ottobre,

» 24 7. 1 5 »

» 266 . 6 novembre.

Kmnarnd ! ( 2)

Dove Ii 11,mondo n o i , api? A nche nei , onfeuionali !(l)

La vert enza dei metrtl/11rgùi ( 2)

lA crùi tragicomica del « P11.r )>. No n .ranno più « che sono e che COM vogliono» .

Il vincitore. Pi/111/Jski (!)

Un appef/o agli am ici ( 1)

Ruta!(!)

Il doirere di d oman i. Votare! (2)

DOCUMENTARIO

UNA VJSITA DI MUSSOLINI

AD ANGELO DALL'OCA BIANCA *

N ella sua breve permanenza nella nostra città (in ricorrenza del b mesta cerjmonia di ricordanza in onore dei giornalisti milanesi caduti nel volo t ra~ico de l 2 agosto 1919), Ben ito Mussolini volle vis itare anche il sommo p ittore Angelo dall'Oca B ianca, onore e , ·anto ddJ'arte italiana. In compagnia del vostro corrispondente, dì Manlio Morgagni ed altri colleghi della stampa, Mussol ini si è recato nello studio del pittore, dove ha ammirato parecchi lavori <li vecchia e nuovissima data. Il pittore co ncittad ino ha manifestato a Mussolini tùtta b sua sincera s impatia per l'operosità fervida ed italiana dd direttore del Popolo d'fotlùt, if giornale unico che egli legge, per rinfrescare il proprio spirito da tuttl l'opprimente e stomachevole azione politica bolscevizzante che oggi - dall'a lto al basso - funesta la Patria, Il Dall'Oca Bianca h1 pure baciato cd abbracciato con traspo rto Mussolin i, afferm:mdo essere lui e D'A n nunzio i più meritevoli - oggi - ha g li it aliani degni di portare t.:iI nome.

La visita si è protrntta, fra b. massi~a cordialità, circa un'ora e me:iza.

IL XX SETTEMDRE A TRIESTE•

Ancora poco prima di arri\·arc a Trieste, lungo la tragica linea del Carso, che sa i dolori e il sangue di nostu gente, io pensavo tea mc e me, in treno, a ciuale grado di ent usiasmo e di successo sarebbe giunta la manifestazione alla quale Ben ito Mussolini, con cui viaggiavo, era stato designato e voluto come oratore ufficiale.

Il successo ci sarebbe stato com unq ue, e la. cro naca recente de lla grande città - cronaca di sponta nea, vivace reazione alle follie slavofi le dei bolscevichi locali - ne e ra la ga ranzia.

Ma nessu no poteva c redere e neppure supporre, pe r quanto ott imisti

• D a 1/ Popolo d'J1,1/ù1, N. 186, ) is:osto 1920, VII. • D a li Papolo d'!1.tlia, N. 226, 21 st:ltembrc 1920, VII.

si potesse essere, quello che è avvenuto a Trieste nei riguardi del fascismo in genere, e di Mussolini in ispecie, nelle giornate d i ie ri e di oggi.

Allorquando il treno arriva in stazione, una folla di parecchie centinaia di persone, tra le quali moltissime signore e signorine recanti dei ricchi, immensi maui di fiori, sosta nell'atrio jn attesa. Il nome del nostro direttore corre su tutte le bocche; ma pochi tra i presenti conoscono Mussolini, il qua le, del resto, sguscia v ia e delude la vigilanza e trascina me nelb sua corsa, che pare d:i.pprincipio senza fine e che invece si arresta appena fuori della stazione contro un'altra barriera umana e ntusiasta e compatta, infiorata anch'essa, in attesa dell'arrivo di Mussolini.

Appena l'amico nost ro esce allo scoperto, scoppia nel p iazzale della stazione un formidabile e irrefrenabile ap.Plawo, che è dominato tuttavia da una voce possente. Cento e cento voo fanno eco: « Viva M ussolini! Viva il fondatore dei Fasci! Viva l'ltalia ! ».

TuttH·ia. gli aspctta.nti, ai quali si a.ggiungono in un att ìmo coloro che 3vevano atteso in\'ano nell'atrio dclii stnione, tutt i dal _primo all'ultimo - e sono molte Je donne e sono moltissimi gli opent in abito da l:woro - si stringono attorno a ?-.fossol ini, g li tendono le m:mi, gli gettano tra le bracc ia enormi mani di fiori e lo sospingono ~r vederlo, per toccarlo, per sent irlo parlare, per essere più « vicini )> :t lui, di cui apprezz:mo profondamente il p ensi ero e l'azione; del quale ammi rano l'indiscutibile coraggio e la. grande bellissima strafottenza; od qu;i lc sanno di avere un interp rete sicuro e sincero alle loro aspirazioni ('(Onomiche, ai loro sentimenti italiani, nctl:t loro tcn:i.cc , olont:\ che l'Italia, a.Ila fine, sia, e sia grande, prosperosa, rispettata nel mondo.

Mussolini, visibilmente commosso, ringrazi1 come Sl ringrazi1re nei momenti di m:iggiore effusione, nei quali il suo volto durissimo si tn-

\~ir~!~:m:1; t:~f~~~~d~u~cg~r~t~l

l'uomo sa che è inv1Xe l'espressione migliore di quella sua vigile a nima che gli avversari s i sforza.no a d efinire e far credere - pur sapendo di mentire - come traviata e corrotta; ma che è invece, come sanno bene tutti coloro che gli vivono acca.nto, di u na probità cristallina e di una bontà, che sbocc:1, spesso iogcnu:imentc, in campi sconfinat i, n ei Guaii [!iuocano insieme ai suoi danni l'astuzia, la diffamàzione, la ma.lcvolenza di quan ti lo attendono al varco.... pe r non averlo mai.

Dopo le rapide presentazioni deg li elementi più rappresentativ i del fascismo locale, fat te dall'infaticabile avv. G iunta, o rga nizzatore e lott.:i.torc di ('(Cczionc, Mussolini è invitato a prendere po_sto in u na v ettura per recarsi all'albergo. Dietro la carrozza si forma subito un corteo, nel quale sono confusi ufficiali, operai, si~nore, dohne del popolo, fas cisti di ogn i condizione sociale. Ma come iJ vetturino s ferza il cavallo e lo spinse al trotto, un gruppo di giovani gli si para dinnanz i e g li sbarra la via. Mussolini è costretto a scendere e a procedere a piedi coi dimostranti fino ali '« h6tcl Savoia», alla Marina, dove si giunge dopo molta strada, fra immens i cbmori, fra ·applausi senza fine, tra evviva al Popolo d ' ]lttlit,.

Da mo lte finestre si sventolano fazzoletti e bandiere All'altezza del porto, un gruppo isolato di fanti della brigata Sassari saluta con Ja voce e applaude f rencticame nte al nostro Direttore.

L"episodio simpaticiss imo è notato e commentato da tut ti.

APPENDICE: DOCUMENTARIO 323
t~{:1~

D avanti a ll'albergo, la folla sosta lung amente acclamando a Mussolini, ma questi, dopo il viaggio lunghissimo in treno e dopo la marcia forzata, è molto stanco e p rega l'avv. G iunta e il p rof. Conforti di recare ai dimostranti l'espressione della sua g ratitudine per J'accoglienz.1. avuta.

Alle 21 di ien sera ebbe luogo, nel salone Dante, la magnifica sede d el Fascio Triestino di Combattimento sita in via Giuseppe Verdi e pros piciente una facc iata laterale del palazzo del governatore, un r ice"i; mento in onore di Mussolini.

Il salone e la loggia sovrastante r igurgitano di gente. Moltissimi e f esteggiati g li operai. Sintetici i discorsi.

H a parfato pec primo l'avv. Giunta, tra evviva incessanti a Mussolini, a D'Annunzio, a Fiume, alla D :llmazia. Egli ha illustrato ra pidamente il programma fascista e ha dato il benvenuto al nostro Direttore, accenn andone ed esaltandone l'opera Parla rono poi, l'uno dopo l'alt ro, tra clamorosi applausi, D agnino, segretar io generale della Federaiione :r~~ì~n~t ti;a"~~~e~~~c~iiti~o~~!;~t:l~a~ecI!1eé~:c~~ Lavoro sociatsta) ; Umberto Pasella, seg retario generale dei Fasci ltalia ni di Combattime nto; la sig nora Elisa Mayer Ri zzioli, ch e recò il saluto di Fiume e di Za ra, d 'onde era appena ritorn:i.ta; e, infine, insistentemente ch iamato da ogni parte, Benito Mussolini, che dovette attendere, pe r poter parlare, alcuni minuti primi, tale e tanto fu l'entusiasmo tr:n·o lgente ch e lo accolse nell'apparìre alla ribalta. I di scorsi, che, anche nel p rofilo di un p allidi ssimo nassunto, richiederebbero 3ssai più s pazio d i

e dell'opera pratica e coraggiosa che va svolgendo il fascismo, amico devoto del la classe operaia, nemico irreducibilc dì ogni demagogia sfruttatrice e ingannatrice del proletariato.

La magnifica adunata è chiusa d a un gran coro. Tutti i convenut i - e sono mig lia ia - cantano a gr:m voce l'inno degli ardit i e alt re canzoni patriottiche. Nelle vie sottostanti sosta molta gente , Mussol in i è accompagnato infine all'albergo da un for te gruppo di fascisti, che si congeda da lui con un'«alalà!>> .

L'3spctto che p resenta ogg i la citt:l è addirittura fantastico . Tutte le finestre de lle case, dei ncgoz1, degli uffici pubblici e privati sono imhtndierate. Per ogn i via, per ogn i pi3Zza i tncolori si contano a centinaia. Tutti i piroscafi nel porto hanno innalzato il gran p avese. Anche in piazza dell'Uni tà è tutta una rid da d i colo ri. Verso la Marina, su tre pennon i enormi, sventolano delle band iere gigantesche: due nazionali e una col g ig lio di Trieste, _

Alle dicci, nella stessa piazza, si forma il gran corteo della Società del libero pensiero, che si reca nella vecchia via dell' Acquedotto, battezzata oggi via XX· settembre.

Il corteo è aperto da una musica. Seguono molte rappresentanze e molt issime bandiere, tra le quali, scortata da un forte drappello di vig ili urbani in alta uniforme e in prima linea, quella del Comune, adornata d a un nastro t ricolo re. Tale band ie ra è salutata al suo passaggio da g randi applaus i. Nel corteo sono ·altre musiche. I trams imbandiera ti anch'ess i sono CO$tretti a so~tnre lunga mente. La popolazione s i associa dalle case con indicibile entusiasmo alla solenne m3nifcstazione che si

32.f'
OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
Jti~~~i
~~N·a~~!f~b~t~1
a:t~.c,~mr:r~~rr~;a1r~:~~~

snoda per le vie. La cerimonia breYe e solenne provoca una g rande affermazione di italianità.

Pe r le undici di stam:ine il popolo di Trieste eu convocato a comizio pubblico dal Fascio di Combattimento al Politcam:i. Rou elti. Non si è creduto di ricorrere ai biglietti d 0 invito e fo bene, Tutti p otevano accedere liberame nte al vastissimo teatro; amici ed avvers:m, Ma airora fissat:i p:aecchic mi5liaia di persone furono costrette a stazion:ire di· fuori. La sala, i palchi, le logge, la galleria erano sti pate in

0Jrf\'.~;~e·v:J~~~un;;i t;:n:a

teatro può a vere offerto, in nessuna occasione, lo spettacolo al quale abbiamo assistito oggi. I posti più incomod i, p iù pericolosi, più in verosimili erano d ivent ati altrettanti punti di appoggio ad i nte re comitive. Ogni sp12io tra una. poltrona. e 1:iltra è occupato d:i citta dini in ,P.iedi. Gli intervenuti si spingono, si stringono, si accava lhno gli uni a ridosso degli altri in modo stranissimo. Gli oper:ii prese nti si co nt:i no a migli:tia. Tutto il tc:itr? è adorno di ba~dier~. In s:i.lle ri:J. ne,S\'Cnto!a una i m11:cns:i. ·della D.1lm:i.z11; sul p1lcoscemco, n g urg1ta ntc anch esso dr persone, e una selva di n :ss illi.

Numerose le r:t pprcsent:i. nze e mo lte le s is nore. Oltre a Paselh, sono presenti: p er il Comitato centrale, Mari nclh e Freddi; per jJ Fascio di Milano, Grassi , Arrigoni, Villani e Volpi; per quello di M onfalcone, Aurelio e Ugo Barbetl ini, Lopcz, Brocco e Selvo, con un g rup po serrato di centocinquanta fascisti; per quello di Gcnov:i, Mastro1mttci e M ori ni. Sono :i.oche presenti i rappresentanti dei Fasci di Berg amo e di altre città; ma di essi mi sfu~gono i nomi. Nella fi tt:i. schiera fem m i ni le, vedo le signore Ines Norsa Tedeschi cd Elisa Maycr Rizzioli , le qual i recano al Fascio triest ino un ricco gagliardetto d 'onore delle fa.soste e delle sorelle fiumane Ji Mibno; b signora Gcmm1 Salto, di Trieste, decorata ;i.oche essa, come la sisnora Rizzìoli, della medagli:1 di Roncl~i e delb stella fiu mana da Gabndc d'Annunzio; e le signore P.1Sella, Zi lon i, Ct· valli, Capello, CoJo·mbo, Alberti, Si ron i, Arrigoni, cd al tre, tutte di Milano.

Il pubblico enorme è pervaso d:i. un alto spontaneo, e ntus iasmo, che e s plode i n mille modi traverso evviva e canti.

Qua ndo Mussolini appare sul palcoscenico, accom pagnato da ll 'avv. Giunta, dal prof. Conforti e da mo lti ;i.Itri fascisti triestini, d alla m assa enorme di g ente parte u n evv iva assord a ntiss imo, ch e pare non d ebb a avere fi ne.

Mai si vide in un teatro spçttacoio più grande, più commovente di questo, Tutti gli spettatori sono in piedi e sventolano de lle bandierine e dei fazzoletti trJColori, apparsi come per incanto non si sa come e da dove. ,

Mussolini è pallidissimo. La sua commozione è profonda ed è e vi· Jente. ·Da più parti gli si settano fiori. Il suo nome, gridato da m igliaia di voci, tra g li applausi, f::tunge a noi alternato a quelli d i D ' Annunzio e di Fiume. La dimostrazione dura cosl lung amente che g li o rganizzatori del comizio debbono intervenire per farla cessare , invita ndo a l si lenz io il pubblico col gesto della mano. Ma quello non se ne d à per i nteso ed intensifica le acclamazioni e gli e vviva all'ind iri zzo del nost ro Direttore. Fi na l me nte la folla si p laca e a porn a poco si sta bilisce il silenzio

APPEND(CE; DOCUMENTARIO 325
~~:dai
f~ff! :t~~~~ei;~
k;!~et7.

Apre il comizio 1a signora·Elisa Mayer Rizzioli, la quale, presentando il gagliardetto al Fascio di Trieste, pronuncia un vigoroso, elevato, applauditissimo discorso, impegnando i fa scisti di questa grande città a difen. dere strenuamente quel simbolo, occorrendo con la propria vita , e a portarlo semere più oltre.

L'avv. Gmnta, a nome dei fa scisti triestini, prende in consegna il vessillo, giurando, a conclusione della sua f elicissima improvvisazione, che l'ardore, i1 coraggio, la fede d ei fascisti triestini non verrà mai meno e che il gagliardetto sarà sempre alla testa, vigilato con la vita di ognuno e di tutti in ogni eventuale cimento fino all'ult imo, Il pubblico accoglie con grandi applausi la bersaglieresca dimostrazione e chiama a gran voce Benito Mussolini, per il cui discorso J'aspettativa è vivissima , Quando il nostro Direttore si alza, si ripete e si prolunga la manife stazione che già lo aveva accolto al suo apparire. L'attesa della grande adunata popolare e quella degli amici non è andata Jclusa. Mussolini ha parlato per circa un' ora e il suo discorso è stato tra i migliori che sì. siano ud iti da lui per since rità, per chiarezu , per qu3.dratura, p er forz:i. di a rgomentazioni.

Egl i ha avuto degli acce nti cosl vivi e profondi che la immensa folla ne fu tutta per,,asa e più volte sorse in pi edi di sc:1.tto, abbJndona ndosi a d eliranti manifestazioni di gioi:i. e di fed e.

Al!a fine del discorso, Mussolini dovette presentarsi parecchie volte

a lungo.

Subito dopo si formò un cork o imponentissimo, in testa al qua le, insieme a molte altre bandiere, era il gagliardetto del Fascio triestino.

Per le vie XX settembre, S:m G iovanni, Corso Vittorio Emanuele, p iazza Unità, sempre tra accl am:izioni a Mussolini e al cnnto degli inni , l ' imme nsa co lonnl. di dimostranti raggiunse la sede del Fascio, in vi:i Giuseppe Verdi, dove il corteo, che avrebbe dovuto sciogliersi, sostò invece lungamente domand:mdo che Mussolini p:irlasse :incora.

Il nostro Direttore dapprincipio si schcrml; poi s i fece al bl kone e lanciò un triplice evv iva a. I Fascio di Tri este, a Triest e italiana, al ma re Adriatico.

La foJfa ris pose con un clamoroso urrà.

Parlò ~uindi Luig i Freddi, a nch'esso vivamente acclamato dalla folla , con

aiJfaP~~~vi~~t~~l;~;:' s~ ~~iil~e~ucntc caloroso dialogo.

Più tardi, dopo che egli ebbe a parlare ::ii centocin'\uanta fascisti di Monfalcone, tutll autentici operai, radunatisi attorno a ui nei saloni di via Verdi, Mussolini prese parte ad una co lazione offerta in suo onore dal Fascio locale. Niente discorsi e molta cordi alità.

zosa!:~t~t Jrt~~~i!:t:.icL~

sono animatissime e sfar-

326 OPERA OMNIA DI BENITO
MUSSOLINI
r::~~zi~nguf:1!~~tr~~ f~a~~·te~1~~ll~~if~i ng;~~:~:~n~
i:
~i,iac
~~ttta{zf:stn~:iestc
SANDRO

nata~7~et~r~ai~1~ .

MUSSOLINI A POLA *

~~esjt~ec1~}::i0 rt~5~~~t~in!~vf~~~?~~a~~~~o '~~11:

interruzioni di l ince provocate d:1Ue alluvioni nel Veneto e nel Friuli, e percìò affido queste note affrctt.'.'lte alla posta. Speriamo che a rrivino.

Prima di partire per Pob, insieme a Mussolini, i fascisti mibncsi convenuti a Trieste per b grandiosa manifesta..zione dd XX settembre, s i reca rono a lla caserma Oberdm1, per d e porre una corona di fiori sul luogo stesso in cui il giovane ardente patriotta era stato immobto. Parlò brevemen te Pascila.

N e lb serata - particobrc cui non ho acccnn:ltO nella preceden te mia, ma che è d i notevole import:rnu - in t utti ~ li esercizi pubbl id , a{follatìssimi, le orchestrin e hanno suonato fino a t::irda o ra g li inni d ella patria, cantati ·a gran voce dal pubblico in piedi ed a capo scoperto. ...

Ci siamo i mbarca ti ieri mattina. con un preventivo di sette ore di viat":gio, le qulli, invece, diventarono undici.

La prcscnu di Mussolini diede luogo a bordo a vive manifcstnioni di cor<l1al itl e di simpatia.

La not iz ia del suo viaggio sì era Jiffusa di plCSC in paese cd a più di uno scalo fu ~ridato un evviva al suo nome.

A Rovi~no, una schiera nume rosa di cittadini attendeva sul molo e salutò l'amvo del nost ro Direttore con una calorosa d imostraz ione di soli d1rictà, invadendo poi il piroscafo e rit a rdandone la pa rtenza d i qua}. che minuto. Sulla tolda d el vapore s i è svolta u na inte ressante conversazione, dalla quale balzò evidente la pura italianità delle popolazion i istriane.

Poco prima di giungere a Pola, dopo un viaggio non p r ivo di e mo2ioni a causa del mare m burrasca, le cui onde (contrariamente a quanto ritenevano molt i passeggeri afflitti da .... interno affanno!) non erano mai per Mussolini sufficentcmcnte alte!; poco prima di giungere a Pola, si scatenò un , ·iolento temporale, con .abbondante acquazzone e la mpi e tuoni. Ma a nche questo nulla pcté sulla te nacia e la fede di u n migliaio tra signore e signorine, fasci st i, ufficiali di terra e di mare, operai (molti operai!), i quali tutti attesero lungamente il pirosc.a fo, con paz ienza certosina.

All'arrivo, mentre l'acquazzone cessava cd il Dio dei fascist i (come • Da J/

Popolo d'I1ali(,I, N, :no, 2) settembre 1920, VII .

vollero dire alcune donne) faceva risplendere il sole, echeggiò nel porto, emesso da una maschia voce, questo b el saluto guerriero: « Per Benito Mussolini, fondatore dei Fasci di Combattimento, Eja, eja, eja, ablà ! >>. Tutti i presenti risposero a pieni polmoni in un coro assordante: « Alalà! ». E scroscio un grande applauso.

Appena il nostro Direttore fu a terra, ricevette anche qui, come già a Trieste, largo omaggio di fiori e di strette di mano e fu circondato dalla folla, spinto in testa al corteo cd accompagnato da questo alla sede d el« Casinò Commerciale», dove gli fu offerto un vermo11th d'onore e dove gli venne improvvisata un'altra clamorosa dimostrazione al suono cd a l canto delJ'inno degli ard iti e di qucJJo di Mameli.

Sullo stesso Eiroscafo sul quale avevamo viaggiato noi, era giunta a Pola la compagnia drammatica TumiaJi, che giusto ieri sera dove\'a dcbut· tare, come debuttò, al Politeama CùcuJ i.

Tale particolare spiega da sé la ragione r:r cui il comizio era stato indetto per le diciannove, ora veramente tutt altro che propizia per adunate del genere.

Ma il contrattempo contò nulla ai fini del successo, che fu immenso e su per iore ad ogni previ sione e ad ogni attesa.

Quando Musso lini , accompagnato dall'ex-capitano Pilucaglia, attivo presiaente del Fascio locale di Combattimento, e da numerosi altri amici

alla fine. Il Polite;1ma presentava un aspetto solenne, imponentissimo. num~~~sf\~~~11edclf:S;a~~~eead;ÌÌ?~!~r~J~~ai, spiccavano le divise di

In un palco di seconda fila, insieme a parecchi subalterni, era presente il valoroso colonnello Attilio Emanuele, fiera figurJ. di combattente e di italiano, comandante il prìmo reggimt' nto dei bers:iglieri d'ass:ilto e cons ideralo a Pofa come un padre spirituale, che fa popobzione :ima intensamente, t:1nto da riuscire a svent 1re, or non è molto, unl obl iC]U3. m:i. novu tentat a dai socialisti ai suoi danni. ...

Mussolini fu fatto segno, al suo apparire sul palcosce nico, ad accia. mazioni entusiastiche, ug uali a quell e che egli aveva udite il giorno innanzi nella s.rande città :i.driatica. D:ii p:ilchi più vicini gli furono gettati molti fiori.

li co,mi~io ·ru tutto un sussesui~si di clamoros~ cyviva di applausi

· lung h1ss1m1, Vt furono momenti d1 vero e proprio parossismo. Numerose le bandiere /)resenti. Tra le altre, ce n'era una della Dalmazia.

Come molte r:isi e molte allusioni di cittadini ospiti del.. .. loggione, do"c si è sempre più caustici e più feroci, anche quando si è generosi e di .... buon umore, le bandiere diedero occasione ad acclamazioni all'Italia, a Mussolini, al giornale che questi dirige e che è anche qui diffusissimo. Aprl il comizio, con vibr:inti parole di p resentazione, il presidente del Fascio Pilucaglia. Parlò, poi, applauditissimo, Umberto Pasella. Egli s'in• dugiò specialmente su ll'cncrg1 co e lodevole gesto dei fascisti triestini , che reagirono all'arrendevolezza cd ;illa p:iura del governatorato (il

328 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI
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quale aveva proibito i funerali della guardia regia GiO\:anni G iu.ffrida, prima Lapidata e poi oscenamente schernita da una masnada di delinquenti, ,ui l'ideale socialista ser.•e solo a mascherare i propri d el itti), sottrae ndo fa salma d ell'assassinato dalla camera ardente dell' ospedale ed ìndicendo quelle onoranze che furono un'ulte riore splendida affermazione di italianità da parte dei triestini.

Prese da ultimo b parola Benito Mussolini, che ìllustrò il prog ramma dei Fascì. Il suo diKorso, preciso, impetuoso, tagliente, fu d el tutto diverso nella forma, pur essendo uguale nella sostanza, da quello pron unziato a Trieste la sera innanzi.

Jl pubblico enorme, che già lo aveva accl:1mato al p rincipio del suo dire, lo interruppe più volte con frenetici applausi e gli tributò alla fine una triplice o,·az ione, tra evviva assordanti.

Tutti i presenti sorsero in piedi e si indugiarono lungamente a d appbudire l'ou.tore, che, dal canto suo, rispondeva con b:1ttimani agli « urrah! » che- si hnciav:rno a D'Annunzio, ai bersaglieri d'ass.i.lto, ai fasci di Combattimento, all'Itali.1.

nun~~si\fi~btti ~e t~o~tefli J;t~ist)/0~~!~:rel.asd:ue il teatro, soffer

Nell'atrio del Politeama, Mussolini fu attorn ìato d3 un folto gruppo d i ufficiali dd primo re,J.!g imento bersaglieri d'assa lto e salutato con tre formidabili «urrah! ». Il colonnello Attilio Emanuele, due volte feri to in gue rr:1, si fece incontro al nostro Direttore e gli strinse forte fa m:mo. « Permetta - disse - che le esprima la mia gr;i.titudinc di itafo.no e di comb.1ttente ! ». Poi, tra entusiastiche accl:11111zionì da p arte della folla pr~ente, abbracciò 1fo.ssolinì e lo badò in , iso. Il nostro Direttore, vivamente commosso, ricambiò l'abbraccio cd il bacio, invitando il papolo a salutare, nella persona del suo comanda nte, il mag nifico reggimento berSJglieri d'assalto di residenza a Pola. All ' invito fece eco un formid ab ile (( alaB. ! ».

Il popolo si diresse quindi, con le bandiere e con Mussol ini in testa, nclb grande p ia zz.1. Port' Aure3, dove la fanfara dei bers.1glie ri suonava fa ritic;1ta.

Que llo che av,·enne poi n on s'è v isto mai, fino ra, in lt:i lia T utti, t ut t i ì soldati del reg~imcnto st:iziona nti in pia:.::.:a s ì unirono alle numerose migliaia di cittad ini dimostranti, reclamando a nch'essi, dalla fanfa ra, l'inno degli arditi, quello di Mameli e q uel lo di G ar iba ldi . Ciascun inno fu accompagnato a gran voce da tutto il popolo, che, alla fine, improvvis:indo u n giga ntesco corteo, volle rec:irsi con i militari a lla caserma. I bersaglieri entrarono di corsa nelle rispett ive camerate e si affacciarono alle finestre salutando i dimostranti con l'ag itare delle berrette rosse e con il grido di « Viva Pola! ». E i polesi di r imando: <C Viva l'Italia!».

Il corteo si rimise quindi in moto senza i soldati e tra r innovati canti percorse 3.ncora le vie centrali, accompagnando Benìto Mussolini alla « Pensione Città di Venezia», dove gli era . stato p repara to u n banchetto, e conscdandosi da lui con un'ultima, damorosa dimostr azione di affetto e da stima.

Il banchetto è stato un'altra prova della solida rietà dei nostri amici di Pola. ,A((anto al nostro Dire ttore sedeva no il co lonnello A ttil io Emanuele, la sua g e ntile signora e d il maggiore del primo bersaglier i d'as-

APPENDICE: DOCUMENTARI O 329

salto, Sirigatti, quattro volte decorato al valor militare. Er:wo a nche pre· senti, oltre all'ex-capitano PilucagJia, il dott: Ca!uzzi, già capitano di fanteria al fronte nell'esercito italiano; l'ing. Del Fabbro, Mario Moz-

direttore del giornale L'Aziol!e; il dott. Rossanda, il dott. Vernier, l'ing. Rubissich, il maestro Piero Dorigo, Virgilio Volpi, Carlo De Carli, Kla1 Servilio, Ernesto Nkolini, editore del Nuovo Giornale, anche questi tutti di Pola e rappresentanti l'intera gamma deJle condizioni· sociali. Di Milano c'erano Umberto Pasella e l'ing. Tedeschi, con le rispettive signore; Luigi Freddi ed alcuni fascist i.

:Verso la fine del banchetto, si improvvisarono dei magnifici cori. Furono cantati alcuni inni e numerose canzoni di carattere locale, ispÌ· rate al più cmde1e sarcasmo verso la dinastia degli Absburgo; canzoni che i polesi italiani si dilettava no ad intonare sotto il naso del1a sbirraglia austriaca nelle dimostrazioni o dllrante foste e convegni pubblici. Cc n'è una che dice testualmente così:

Q11a xe magna, qua xe beve, qua Je lava fta game/a. Zi?,aremo demoghèfa,' s;n che l'nftimo sarà!

<< D emoghèla », nel dialetto di Pola, significa «disertare!» Moltissimi italian i (tutti quelli che lo poterono), infatti, vennero a combattere sotto la nostra e la loro bandiera. Allo spumante, parlarono, vivamente applauditi, Luigi Freddi, Pasella, il dott. De Berti ed il colonnello Emanuele, ai quali tutti rispose, con un ispirato, acclamatissimo discorso, 'il nostro Direttore.

Dopo il banchetto, signorilmente servito, tutti i convenuti si trattennero lungamente in amichevoli conversazioni con Be nito Mussolini, che fu, alla fine, accompagnato aJl'albergo da molti di essi.

Stamane, per tempo, un grupfO di fascisti polesi, capitanato dal pres idente Pilucaglia, si presentò a ulevare il nostro Direttore per accompagnarlo a vi.sitare la fossa nella quale era stato sepolto, appena assassinato ' dal nemico, il martire glorioso Nazario Sauro; poi la tomba nella quale fu ricomposta la salma poco dopo l'ingresso de1Ie nostre truppe a Pola. Alla visita pietosa prese parte anche il segretario gen erale dei Fasci, Umberto Pasella, e parecchi fascisti milanesi, che deposero sulla tomba di Sauro un grande mazzo di fiori freschi con nast ro tricolore. La comiti va si diresse· 9uindi alle carceri per vedere la cella nella quale Samo aveva atteso .stoicamente la sua condanna e nella quale ogni cosa è conservata al proprio posto. Soltanto il cancello di ferro venne sostituito con a ltro di ottone.

Dopo il devoto peJ!egrinaggio, Benito Mussolini, riconosciuto dai cittadini che lo avevano ascoltato al Politeama Cisrnti, fu oggetto d i gentili espressioni d'omaggio e di spontanee manifestazioni di simpati a e di cordialità. Egli serberà di Pola, non v' ha dubbio, un duraturo e g rato ricordo. .

330 OPERA OMNlA DI BENITO M USSOLINI
::~W· e~~1~:~~i' !;t~is~~1} !~r~~~:· jt~:ar.1~~~n1i71

MUSSOLINI IN TRIBUNALE *

I lettori ricorderanno un vivace articolo Gel nostro Direttore, ap parso nel Popolo d' Italia del 2 ottobre 1919, sotto il titolo Il minfrtro d ella fogna.

Lo stesso articolo, che r iguardava, com~ può facilmente capire anche chi non lo avc~se letto, l'on . Francesco Saverio N itti, ex-presid ente del Consig lio, fu giudicato dal procuratore del re con criterio strettamente . « g iuridico » e fu incriminato.

Mussolini, assistito dall'avvocato Jarach, è pertanto chiamato questa mattina davanti al Tribun ale locale p er rispondere del reato previsto dall'art. 195 .del Codice Pen ale, « avendo usato minacce verso u n pubblico ufficiale, il ministro Nitti , seg retario di Stato, a causa delle sue funzioni»

* Da Il Popolo d'It«Ut:,, .N. 259, 29 ottobre 1920, VII.

lL PROCESSO CONTRO MUSSOLINI E SVANITO *

Come avevamo annunziato, il nostro Direttore è com~rso ieri mattina , insieme al ger ente De Amici, alla sez ione settima del Tribunale, inna nzi alla qua.le era stato rinviato per ri spondere dell'art. 195 del Codice Pe nale, << avendo usato minacce verso un pubblico ufficiale, il m inistro Nitti, segretario d i Stato, a causa d elle sue funz ioni ».

JL .. cor po del reato consisteva nell'articolo di Mussolini Il ministro della fogna, apparso nel Popolo d}Italia del 2 ottobre 1919.

Appena aperta l'udienza, esaurite le pratiche di rito, il P. M., avv. Alg ise, domandò l'assoluzione di entrambi gli imputati p er l'intervenuta amnistia.

11 difensore , avv. Jarach, non protestò ed il presidente cav. Giar dini sentenz iò in ·questo senso.

Tanti saluti a Cagoia !

• Da 1/ Popolo d'ltal ia, N. 260, 30 ottobre 1920, VII .

22 - xv.

INDICE DEI NOMI A

Absburgo, la dinastia degli, 5, 177, 195, 197, 229, 277, 293, 330.

Alberti, la signora, 325.

A lbertini Luig.i, 261.

A lg ise, l'avvocat o, H l.

Alig hieri Dante, 127, 218.

Alpensand, 166.

Ambrosini Luigi, 119.

Arrigoni, 325.

Arrigon i, l a s ig nora, 325.

Avantn, 3, 18, 28, 29, 34, 36, 43, '.H,

Bergon:zoni, 52.

Bertoni Luigi, 98.

llianchi, le offl(:ine-, 118

Bianchi Michele, 2, 30, 263.

Bismarck, Ottone di, 101.

Blum Leone, 69

Bocconi, il deputato, 71.

Bombacd Nicola , 240, 246, 248.

Bonomi Ivanoe, 26, 40, 71.

Bontfield Margaret, 97.

Bordiga Amedeo, 241, 257.

Bresciani Italo, 312, 319.

Brocco, 325.

Bucarin, 180.

Buonarroti Michelangelo, 218.

Buo:zzi Bruno, 45, 106, 138, 178.

e

311.

Aversa Giuseppe, 255.

A:.iont ( L' J, HO. B

Bacd Giovanni, 256.

Balabanoff A ngelica, 92.

Baldesi Gino, 67, 119, 188, 192, 256.

Baratono Adelchi, 240.

Barberis Francesco, 86.

Barbettirù Aurelio, 325,

Barbettini Ugo, 325

Barfucd Enrico, 319.

Ballaglie Sindacali, 128.

Battisti Cesare, 17, 101 , 199.

Bazzi Carlo, 230.

Belluno G iuseppe, 3, H3, 134, 137, 138, 166.

Bentini Genunzio, 246.

BeTgere t ( al secolo Maroni), 11.

Cairoti Benedetto, 101.

Calda Ludovico, 113 .

Ca!dara Emilio, 260, 261.

Ca luzzi, il dotto r, 330.

Capello, la s ignora, 325.

Cappa Innocenzo, 92, 93.

Carducci G imue, 70, 173

Carvin, il professor, 330.

Casalini Armando, 111.

Cassala Garzia, 7.

Cavalli, la signora, 325.

Cavig lia Enrico, 2, 78, 204, 279, 280.

Cavour, Camilla Ben.so di, 101, 127.

Cervantes Saavedra, Miguel d e, 2 18.

Chanowsk, 149.

Childey Erakine, 176

Ciarlantini Franco, 317,

Ckerin ·Georg Valentinovié, 104.

Cipria ni Ettore, 113.

Cirme ni Benedetto, 17.

Ciuffelli Augusto, 197.

104, 106, 108,
129, 130, 148,
173,
H, 57, 58, 69 , 71, 72, 73, 99, 103,
109, 110, 114, 123,
153, 155, 165, 172,
197, 204, 211, 24S, 252, 253, 257, 262, 266, 275, 281, 282, 283, 284, 288, 299, 300, 301, 302, 304,

Clemenceau Georges, 69.

Colombin o Emi lio, 113,

Colombo Crjstoforo, 15.

Colombo, la sig nora, 325.

Conforti, il professor, 227, 324, 325.

Contcssi A., 263.

Coppola Francesco, 152.

Corenich, 330.

Corridoni Filippo, 17, 199.

Corriere d ella Serfl, 19, 20, 21, 180, 200, 204, 260, 261, 279, 313.

Credaro Luigi, 294.

Crispi Francesco, 101, 214.

Crispien, 236,

D agn.ino, 227, 3 24.

Dall'Oca Bianca Angelo, 322.

D'Annunzio Gabriele, 3, 6, 8, 21, 62, 79, 90, 96, 127, 143, l'.'.10, l'.'.il , 158, 159, 161, 172, 173, 174, 184, 195, 196, 200, 2 10, 218, 222, 235, 24?, 243, 255, 259, 275, 280, 306, 307, 308, 311, 31 2, 313, 31 4, . 315, 316, 322,324, m, 329.

D'Aragona Ludovico, 113, 236, 256

D aszynski, 13, 14.

De /unbris Alceste, 172, 173.

De Amici D c-fendente, 331.

De Andreis Luigi, 110.

De Berti, il giornalista, 330.

De Carli Culo, 330.

Del Fabbro, l'ingegner, no.

Della Seta Alceste, 3, 111.

D en.ikin Anton I vanoviC, 141.

Dt!11tuht! Allgt!fnein, Z t!ilPng, 293.

Dc: Viti De Marco Antonio, 143, 144, 145, 147.

Di/t!J4 ( L4) fi orentina, 173.

Di Sermoneta Ca.etani I.eone, 143, 144, 145, 147.

Dittmann, 179, 180, 236.

Dompieri, 227.

Dorigo Piero, 330.

Doll«e (Il), 133, 138

Dugoni Enrico, 98, 256, n7.

Emanuele, la signora, 329.

Epo,a di ~filano, 31 1.

Epoca d i Roma, 167. ·

Falcioni Alfredo, 7.

Farinacci Roberto, 182, 189.

Fauio (I/), 319.

Pederzoni Luigi, 109.

Fehrenbach, 8 1.

Pera luigi, 40.

Ferrarin Arturo, 2, 15, 16

Ferravilla Edoardo, 100.

Ferri Elllico, 246.

Fihi Fabio, 199

Foch Fe rd inand, 101.

Fovel Massimo, 155, 156, 1 57, 173.

Frankf11rur Zeil11ng, 167.

Fraschini Alcide, 30.

Freddi Luigi, 263, 325, 326, 330.

Frt!iheit, 179,

G alilei Galileo, 2 18, Galli Alessandro, 113.

G aribaldi Giuseppe, 132, 218, 297,

G aribaldi Peppino, 8, 329

Gasparini Domenico (Nico), 113

G auvain, 198.

Gennari . Egidio, 36, 207, 211, 212, 261 ,

Ghisled Arcangelo, 78.

Giardini, il giudice, 331.

G iebynski, 149.

G io litti Giovanni, 2, 3, 7, 8, 9, 10, 11, 20, 21, 30, 3 1, 32, 40, 55, 56, 84, 85, 86, 95, 96, 100, 109, 111, 11 2, 117, 120, 12 1, 160, 16 1, 196,

• 204, 209, 2 10, 216, 222, 232, 238, 261, 295, 31;.

Giordana Tullio, 108.

G fornale (Il) d'IJalia, 284.

G iuffr ida Giovanni, 226, 329, Giuliani Sandro, 326, 330.

Giu lietti Giuseppe, 108.

Giunta Francesco, 227, 323, 324, 325, 326.

Goethe Wolfang, 218.

Grassi, 325.

Ero (L' ) del Popolo, 189.

Ert1M1u ele Attilio, 328,· 329, 330.

Graziadei Antonio, 240, 256.

Gussoni, il pompiere, 58,

334 INDICE ' DEI NOMI
D
E
F
G

Haller, il ministro, 269.

H arusworth, 8 2

Ha vas, l'ageoiia, SJ, 121.

H eine Enrico, 220.

H ofrr Andreas, 318.

liomme (L') Vbre, 69.

Hmt-Venturi N ino, 174.

Hrthe, s o.

Iniziativa (L'), 245.

Intereui Cremonui, 189.

Jsvutia, 300.

Italia ( L') , H, }4.

Jarach Ermanno, Hl.

Jarach Federico, 138 , B 9, 140, 168.

f ournal (Le} d e; DébalJ, 198

Judenik, il generale, 141.

212, 213 , 230, 236, 237, 249, 252, 2n, 2s4, 210, 2n, 2ss 300

Leonardo da V inci, 218

Leone En rico, 155, 162, 163.

U ebermann, il deputato, 14.

Lloyd George, 3, 20, 149, 160, 175.

Longoni Attilio, 3B, 3 19.

Lopez, 325 M

Mac Sviney, 3, 175, 177.

Maffi Fabrizio, 64, 72, 95.

Maglioni, 128, 129.

Makno, 123.

Malatesta Errico, 66, 1 12, 2H, 288

Mamel i Goffredo, 328, 329.

Marjnelli Giova nni, 325.

Marsich Pie ro, 3 17.

Martinelli, 330.

Marx Carlo, 182, 270.

Ma.siero, 2, 15, 16.

M asotti Tullio, 179.

Mastromattei, 32,

M atteotti Giacomo, l 11.

Mattioli Guido, V, 3 13.

Mazzini Giuseppe, 101, 127, 186, 219, 230, 294.

Kameneff, 141.

Kàroly, il conte, 62

Kauts ky K arl, 43.

Klai Servi lio, HO.

Klopstock Friedrich Gottlieb, 218.

Kolcàk A le ksandr Vasilievil, 141.

Kolowka, 148.

K'rass iu l eonid Borissovil, 141.

K renn, 318

Kropotkin Pctr, 2, 97, 98, 99.

Kun Bela, 289.

K11rier Pol!ki, 149.

Maz:rolani U lde rico, 143, 144, 14,.

Mazzoni Nino, 2,6, 257

Meda Filippo, 26, 40.

Mekhiori Alessandro, 18 2.

M cneghetti, 287.

M errheim, 249.

M wagge1'r:, (Il) , 7.

Micheli G iuseppe, 8.

Middleton, 13

M iglioli Guido, 102.

Millerand Alexand rc, 20, 14 1, 161, 204, 209.

Milio Enrico, 90, 242, 2,5, 308, 314.

Misiano Francesco, 36, 95, 101, 102, 297.

lab riola Artu ro, 40, 16'5, 168

Lanzonì. Alceste, 1B,

lavora/ ore (//), B , 114, U5, 162, 163, 173, 190, 19 1, 197, 204, 211, 226, 260

Ledebour, 180

Lenin (al secolo Nikolaj Vlad imir Illiè

Uljanov), 17, 36, 9 1, 9 3, 99, 123 , 127, 141, 149, 179, 180, 198, 211,

Missi roli Mario, 101, 247.

·M odigliani Giuseppe Emanuele, 3, 5, 25, 86, 108, 111, 236, 256.

Mommsen Teodoro, 70.

Mondo lfo Ugo Guido , 58

Morgagni G. B., 218.

Morgag.ni Manli o, 322.

Morgad Oddino, 27', 276.

Modni, 325.

JNDICE DEI NOMI H
K
L

Mosconi Antonio, 38, 197, 226.

Mozzatto Ma.rio, 3 30.

Mussolini Al essandro, 147.

Nald i Filippo, 10, 112.

Nanni T orquato, 3 19 .

N apoleone Bonapo.rte, 101, 21 8

Naprzod, 1 3 ,

N icolini Ernesto, 330.

N itti Francesco Saverio,

260, 263, 265, 268,

276, 278, 280, 283, 286, 287I 290, 292, 294, 296, 297, 301, 303, 305, 308, 3 11, 321, 32 2,323,327,331.

Prampolini Camillo, 2, 105, 107, 236.

Prai,Ja,, 18, 236.

Novi Usi, 89.

Nowa R ~fçrma, 14.

Nuqvo ([/) Giomale, 530

Problem i (I) d el Uworo, 45

Prohaska, i l vescovo, 269.

Provincia (La), 182, 189.

Pro vi n.itl (La) di Vfrtnza, 23.

G rano Paolo, 152.

Oriani Alfredo, 246.

O rlando Vittorio Ema nuele, 126.

Q uag li no Felice, 113.

R

Pasella, la s ignora, 32 5, 330.

P asella. Umlx-rto, 182, 255, 263, 321, 32.5, 327, 328, ,30

P assig li, il dtputato, 190.

Patanc\ 263.

Pe-ano Camillo, 7.

Perathoner, 318.

Peli/ (Le) / 01m1al , 17'.

Petitti d i Rore to Carlo, 38, 197.

Petljura, 13.

Peupfe {le), 49.

Pietro l'Eremita, 213

Pilsuldski Jo)ief, 12, 123,

Pilucaglia, il capitano, 328, 330.

Pirolini G B., 84, 86

Pironti A lberto, 17.

Pisacane Carlo, 219

Radek, 180.

Raggi Decio, 101.

Rappoport, 249 .

Reda elli Cesare, 313, 318.

Rein a Ettore, 3.

Renner Karl, 293.

Rcnsi Giuseppe, 48.

Re110 (1/) del Carlin o, 68, 211, 245, 252

Reuth-Nicoussi, il d eputato, 3 18.

Rezme Jougo1fave, 244.

Riboldi, il deputato, 172, Ricchieri G iovanni, 104.

Rigola Rinaldo, 2, 44, 45, 48, 55

Rikoff, .92

Rinnovamento, 116.

R iJcoua (La) , 22.

Rismondo Francesco, 199.

P

, il deputato, 190. Polilica, 152 .

Riuioli M aycr Elisa, 3 24, 325, 326.

R obotlik Sla.Jki, 14.

Robornik, 13, 148.

Rodi nb Giu lio, 8.

Romanoff, ·1a dinastia dei, 92

Ronconi G. B., 5

Rossanda, il dottor, 330.

336 I NDICE DEI NOMI
N
40, 47, 62,
2, ·5, 6, 7, 8, 9, 20, 21, 25, 26, 3 1,
184, 195, 196, 199, 222, 306, 307, HL
o
p
148, 321.
Popolo (I/) d'Ttali.1., 6, 8, 11, 14, 16, 18, 2 1, 24, 27, 29, 30, 32, 35, ,7, 39, 4 1, 43, 46, 48, 50, 52, 54, 56, 59, 61, 63 , 65, 67, 70, 74, 77, 79, 8 1, 83, 85, 88, 90, 94, 96, 99, 102, 104, 107, 110, 11 2, 115, 117, I 19, 122, 125, 127, 130, 132, 1H, 137, 140, 142, 144, 146, 147, 149, 151 , 154, 1 57, ,159, 161, 163, 169, 17 1, 174, 177, 181, 191, 194,
57,
ittoni
196, 198, 199, 204, 208, 210, 213, 2 14, 224, 226, 22S~ 230, 233, 23:>, 237, 239, 241, 243, 245, 247, 249, 250, 251, 254, 255 , 2
25?,
271, 273, 274,
Q

Rema to Art uro, 319.

Rossi Cesa re, 263.

Rotigliano Edoardo, 1661 167, 168, 193.

Rubissich, l'ingegner, 330.

Tedeschi, l'ingegner, 330

T edeschi Noua Ines, 325, 330.

Tem po (Il ) , 11 2, 119.

Terradni, 240.

Thueus, il ministro, 148.

Timn ( Th e) , 97, 198.

T isza, 173.

Tittoni ·Tommaso, 126.

Salandra Antonio, 32, 182

Sa[moiraghi Angelo, 3, 164, 165, 168.

Salto G emma, 32S.

Salvadori, il depu t;1to, 64

Salvatorelli" Luigi , 10.

Salvemini Gaetano, 3, 143, 144, l4S, 146, 147, 02.

Sanzio Raffaello, 218 .

· Sau ro Nazario, 17, 199, 204, 330.

Savoia, la d inastia, 197.

Sazonoff, 308

Sca[zotto Angelo, 11 7.

Schanzcr Carlo, 8.

Schiavello, 260, 261.

Schiavi Alessandro, 260

Schneid.er Simeone, 62

Secolo ([/) , 7, 104, 261, _299, 300.

Selva, 325.

Se rrati Giacinto M enotti, 36, 237, 240, 246, 247, 248, 2 52, 253, 257 ,

Sforza Ca.rio, 3, 40, 126, 127, 141 , 170, 210, 235, 242, 243, 24 5, 307.

Shakespeare William, 218 ·

Sid liani Luig i, 143, 144, 145

Simons, il minist ro, 293, 294.

Sirigatti, il maggiore, no.

Sironi, la signora, 325 .

Slonim Marco, 17.

Smith Walter, 8 2.

Sole (// ) , 164.

Soleri Marcello, 3, 11 7

Soriani, 51.

Staffetta, 330

Stampa (La), 2, 10, 11 1.

Stced Wick ham, 198

Stefani, l'agenzia, 71 , 82.

Stookly, il professor, 175.

Sturzo Luigi, 275.

Szanuely, 269.

Tappciner, 318.

Targ etti, i l depu tato, 18; 256 .

Todeschini M arfo, 3 12.

Tohtoi Leone, 218.

Tommaseo Nicolò, 104.

Tonetti G iovann i, 272.

Toti Enrico, 17, 297.

Treves Claudio, 147 , 24 1, 256.

T rib una (La), 2, 8, 9, 40.

Tribune Juive, 2 69, 270.

T ro tzky (al secolo Leo ·Davdovich Leiba Bronst ein}, 162, 163, 180.

TrumhiC Ante, 20, 147, 16 1, 210, 23!i, 24 5.

Tugacewsk i, 156

Tumiati, l'attore, 328.

T untar, il deputato, 190.

Turati Augusto, V.

T urati fili ppo, 236, 240, 241, 2,6, 257. u

Ugolini, i l brigadiere dei ca rabinieri, ) 7.

Umanità Nu o va, 18, 106, 153, 272, 273, 284 , 288 .

Unilà ( L'J, 146, 152.

Varg a Eugenio, 2, 49, 50.

V edeJJa (La) d' Italia, 174.

V ella Arturo, I 2

V enizelos E leuterio , 126

Vernier, il dottor, 330.

Villa E. M., 167.

Villani, 325.

Viola Enrico, 108

V ittorio Emanuele Hl, 25.

V olp i, 32S.

Vo lpi Virgilio, 330.

V or waerlJ, 42, 43.

VouiJ(ht Zeilung, 167.

INDIC E DE I NOMI 337
T
V

Wilson Woodrow, 20, 120, 12 1, 2n, 244, 306.

Wirth, il rninis'tro, 166

Wrangel Petr Nicolaevié, 141.

Zibo~di Giovanni, 267, Ziloni, la signora. 3n. Zinovieff, 180

338 I NDICE DEI NOMI w
z
INDICE Avvertenze . Nota . DAL SECONDO CONGRESSO DEI FA SCI Al PRt:MO ANNIVERSAIUO Dl3LLA MARCIA DI RONCHI (26 maggio 1920 - 12 settembre 1920) Inaudito! (26 maggio 1920). La copia e l'originale (28 maggio 1920) . pag. V La montagna e i topi (30 maggio 1920) . 9 La nuova Babele {2 giugno 1920) . 12 Il volo (2 giugno 1920) 1S Non è la guerra! (3 giugno 1920) . 17 La piena (6 giugno 1920) . 19 Il problema del Veneto (8 giugno 1920) . 22 Nefasto! {IO giugno 19 20) . 2l Italia e Al bania. Via da Valona? No! (11 giugno 1920). 28 La situazione politica (11 giugno 1920) . 30 11 ritorno (12 g iugno 1920) . . . 31 Restare a Valona! (13 g iugno 1920). . 33 Restare a Valona! ( 15 giugno 1920) . 36 Dopo i fatti di Trieste. Annettere e ripulire! ( 15 giugno 1920) . 38 Patria e fazione (16 giugno 1920) . . 40 In Germania. Elezioni e crisi (17 giugno 1920). 42 Un «reazionario». Rinaldo Rigola (17 giugno 1920) , 44 . «Come prima, meglio di prima!» (19 giugno 1920). 47 Dittatura e miseria, Il rp.onito _ di un comunista ungherese (22 iiugno 19 20) . , 49 Postille allo sciopero (23 giugno 1920) ~l Spaccio· della bestia (24 g iugno 1920) . 53, Problemi e soluzioni (25 g iugno 1920) 55
340 INDICE pag. Dopo i twnulti, Coccòdrilli ! (26 giugno 1920) . . • 57 « Materiale bellico» (27 giugno 1920) 60 « Putschismo »·(29 giugno 1920) . . . 62 Nell'ora delle responsabilità. Restare a Valona! (29 giugno 1920). 64 I moti e il resto (30 giugno 1920). 66 Mortificazione (1 luglio 1920) . 68 L'ignobile «bluff» ·c2 luglio 1920) . 71 In tema di politica estera (3 luglio 1920) . 75 la tesi di Caviglia ( 4 luglio 1920) . . . 78 Roccacannuccia e Spa (6 luglio 1920) . 80 Dall'interno e dall'esterno. Variazioni sullo stesso tema (7 luglio 1920) . . . . . . . . . 82 Dopo H voto (IO luglio 1920) . . . . 84 «Parusia». Tra J'oggi e il domani (11 luglio 1910). 86 Ancona e Belgrado (13 luglio 1920) . 89 L'artefice e la materia (14 lug lio 1920) . 91 Amariss imo ( 15 luglio 1'920) 95 La fine di una illusione. « Il bolscevismo è incapace di realizzare l'opera di costruzione sociale» dic~ Kropotkin (16 luglio 1920) 97 Amarissimo. Responsabilità (17 lug lio 1920) 100 I socialisti e il problema adriatico (21 luglio 1920) . 10~ Il lamento del pastore (22 lug lio 1920) . !05 Sincerità e tartuferia (23 luglio 1920) . . . 108 Luce e nomi (24 luglio 1920) , . . . . . 111 La crisi della<< Jòro » autorità (29 lug lio 1920). 113 Il dilemma di Soleri. Restrizioni o carestia (31 luglio 1920) . 116 Il gregge non paga.... (! agosto 1920) . . . · . . . 118 La politica delle rinunce. Addio, Valona! (5 agosto 1920) .. 120 Bolscevismo imperiale ( 6 agosto 1920) . . . . ·. . . 123 Precisioni ed incertezze (7 agosto 1920) 126 Eterna storia!· la biscia e il ciarlatano (8 agosto 1920) . . 128 Un m3.nifesto dei Fasci di Combattimento sulla situazione (8 agosto 1920) . . . . . . . . . . 131 I..a vertenza dei metallurgici. La terza campana. « L'indust ria meccanica italiana ha da lavorare in pieno per qualche anno » dice l'ing. Belluzzo del Politecnico di Milano (10 agosto 1920) . . . . . ., . . . . . 133 Il nostro punto di vista (11 agosto Ì920) 138 L'Intesa e la Russia (12 agosto 1~20) . 14 1
INDICE 341 pag Un miserab ile e un vig liacco! Salvemini rifiuta di battersi (14 agosto 1920) 143 Int imazione (l 7 agosto 1920) . 147 Finis Polon iae? (18 agosto 1920) . 148 Il nostro dovere (19 agosto 1920). 150 L'ora del fascismo! (21 agosto 1920). 15i Varsavia e il « pùs » triest ino (?2 agosto 1920). 15'.5 11 manifesto dei Fasci Italiani di Combattimento per l a celebrazione della ma.rèia di Ronchi (24 agosto 1920) 158 A quando fa. decisione? (24 agosto 1920) . . . . . . . . 160 Dopo il disastro bolscevico. Ancora il « pus » triest ino (26 agosto 1920) 162 In margine aU'ostruzionismo dei metallurgici . La lettera del senatore Salmoiraghi (26 agosto 1920) . . . . . 164 Moniti ai polacchi (27 agosto 1920) . . . 170 Fiume e il «pus>> (28 agosto 1920) . . . . 172 Mac Swiney agonizza.... Viva la repubblica irlandese! (29 agosto 1920) 175 Alla moda russa? (5 settembre 1920) . 178 Discorso d i Cremona (5 settembre 1920) . 182 Lo sciopero di Trieste (7 settembre 1920) . 190 Verso · l'epilogo? (10 settembre 1920) . . 192 Celebrazione (11 settembre 1920) . . . . 19'.5 Occhio ai confini ! (12 settembre 1920) . . 197 Per il primo a nn iversario della marcia di Ronchi (12 settembre 1920) 199 D/\L PRIMO ANNJVERS/\RIO DELLA 1'[/\RCIA DI RONCH I AL TRATTATO DI RAPALLO {13 settembre 1920 • 12 novembre 1920) Nota . . 204 Dati di fatto (14 settembre 1920) . 206 Per non costruire sulla sabbia (15 settembre 1920) 209 Sui culmini d el grottesco. « Per ordine » del KremJino ! (18 set. tembre l 920) . , 211 Discorso di Trieste (20 settembre 1920) . 214 Discorso d i Monfalcone (23 settemb re 1920) . . . . . . . 224 Il meraviglioso movimento fascista nella Venezia Giulia (24 settembre I 920) . . . . . . . . 226
342 . INDICE pag. 11 congresso repubblicano di Ancona. Incertezze e contraddizioni (25 settembre 1920) 229 L'epilogo (28 settembre 1920) . 231 Al Nevoso! (29 settembre 1920) . . 234 Il nuovo papa (30 settembre 1920) . 236 Chi governa? (2 ottobre 1920) . 238 Nel «pus>>. I puri e gli impuri (3 ottobre 1920) . 240 Trattare.... E chi conclude? (5 ottobre 1920) . 242 La loro lllentalità (6 ottobre 1920) . 244 Troppo tardi! (7 ottobre 1920) . . . 246 Mistificatori (8 ottobre 1920) 248 Un appeJJo agli amici (8 ottobre 1920) . 250 Il falso e la conferma (10 ottobre 1920) 2'2 Il problema adriatico ( 10 ottobre 1920) . 255 Dopo Reggio (13 ottobre 1920) 256 L'ora nostra (14 ottobre 1920) . . 258 SulJe elezioni amministrative (15 ottobre 1920) . 260 La misura è colma.... (17 ottobre 1920}. 264 Un gesto di coraggio (19 ottobre 1920) : 266 Ebrei, bolscevismo e sionismo italiano ( 19 ottobre 1920) 269 Gridi d'angoscia! (20 ottobre 1920) . 272 Appello alla nazione (20 ottobre 1920) 274 Il fenomeno.... (23 ottobre 1920) . . . 275 Annivers'ario (24 ottobre 1920) . . 277 La parola di Caviglia (26 ottobre 1920) . 279 Riconoscimenti (28 ott obre .1920) . 28 1 Monarchia e repubblica (29 ottobre 1920) . 284 I fascisti di Venezia è le elezioni (29 ottobre 1920) . 237 Stanchezza o saggezza? (31 ottobre 1920) . 288 la conferma d i una tesi (2 novembre 1920) . 291 la sorpresa di Simons (3 novembre 1920) 293 Per rivincere ( 4 no veIDbre 1920) . 295 Il significato (5 novembre 1920) 297 la ma rcia del fascismo ( 6 novembre 1920) . 298 A lle urne! (7 novembre 1920) , 302 Alle calcagna! (9 novembre 1920) . . : . 304 l'accordo di Rapa}lo., (12 novembre 1920) . 306 AP PENDICE L.ET'nme : Lettera a Gabriele d'Ann unzio (30 g iugno ·1920) » » » » ( 26 luglio 1920) . 311 312
INDICE 343 pag. Lettera ad Italo Bresciani (luglio 1920) 3 12 » » » >> (17 agosto 1920) 3 12 Cartolina a Cesare Redaelli (18 settembre 1920) . . 313 P regiudiziale a Gabriele d 'Annunzio (25 settembre 1920) . 313 Rapporto » » » (fine settembre del 1920) . 313 Lettera a Cesare Redaelli (fine settembre del 1920) . 3 18 Lettera ad Italo Bresciani (1 ottobre 192 0). . 3 19 Lettera ad Enrico Barfucci (1 ottobre 1920). . . 319 lettera a Cesare Redaelli (6 ottobre 1920) . . 319 Lette~ ad Attilio Long oni (fine ottobre del 1920), 319 ELENCO DELL'ATTIVITÀ ORA'rORIA DELLA QUALR !',;ON RIMANI! IL TESTO. 320 ELENCO l>EL MATERIALI! GIORNALISTICO ATTRIBUIBILE A BENITO MUS · SOLINI , 321 l>OCUMENTM.IO: Una visita di Mussolini ad Angelo Dall'Oca Bianca (5 agosto 1920) 322 Il XX settembre a Trieste (21 settembre 1920) . . . 322 Mussolini a Pola (25 settembre 1920) 327 Mussolini in tribunale (22 ottobre 1920) . . . . . 331 Il processo contro Mussolini _ è svan ito (30 ottòbre· 1920) . 331

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Articles inside

DOCUMENTARIO UNA VJSITA DI MUSSOLINI

27min
pages 328-337, 339-344

APPENDICE

14min
pages 317-325

L'ACCORDO DI RAPALLO

4min
pages 312-314

LA MARCIA DEL FASCISMO

11min
pages 304-311

IL SIGNIFICATO

1min
page 303

LA CONFERMA DI UNA TESI

8min
pages 297-302

I FASCISTI DI VENEZIA E LE ELEZIONI•

5min
pages 293-296

RICONOSCIMENTI

8min
pages 287-292

LA PAROLA DI CAVIGLIA

2min
pages 285-286

EBREI, BOLSCEVISMO E SIONISMO ITALIANO

15min
pages 275-284

UN GESTO DI CORAGGIO

4min
pages 272-274

LA MISURA E COLMA....

3min
pages 270-271

[SULLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE]•

7min
pages 266-269

L'ORA. NOSTRA

2min
pages 264-265

IL PROBLEMA ADRIATICO*

4min
pages 261-263

IL FALSO E LA CONFERMA

3min
pages 258-260

UN APPELLO AGLI AMICI

2min
pages 256-257

LA LORO MENTALITA

8min
pages 250-255

IL NUOVO PAPA

10min
pages 242-249

L'EPILOGO

7min
pages 237-241

IL CONGRESSO REPUBBLICANO ])[ ANCONA

3min
pages 235-236

IL MERAVIGLIOSO MOVIMENTO FASCISTA NELLA VENEZIA GIULIA

3min
pages 232-234

SUI CULMINI DEL GROTIESCO

24min
pages 217-231

PER N ON COSTRUIRE SULLA SABBIA

3min
pages 215-216

DAL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHr AL TRATTATO DI RAPALLO

6min
pages 209-214

[PER IL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI] *

3min
pages 205-207

LO SCIOPERO DI TRIESTE

12min
pages 196-204

MAC SWINEY AGONIZZA ...

25min
pages 181-195

MONITI Al POLACCHI

8min
pages 176-180

IN MARGINE ALL'OSTRUZION ISMO DEI METALLURGICI

9min
pages 170-175

DOPO . IL DISA STRO BOLSCEVICO

3min
pages 168-169

IL MANIFESTO

5min
pages 164-167

L'ORA DEL FASCISMO !

9min
pages 158-163

INTIMAZIONE

6min
pages 153-157

UN MISERABILE E UN VIGLIACCO !

6min
pages 149-152

L' INTESA E LA RUSSIA

2min
pages 147-148

IL NOSTRO PUNTO DI VISTA*

3min
pages 144-146

« INDUSTRIE MECCANtCHE ED ELETTROMECCANIO-rn

6min
pages 141-143

LA VERTENZA DEI METALLURGICI

3min
pages 139-140

UN MANIFESTO DEI FASCI DI COMBATTIMENTO SULLA SITUAZIONE

2min
pages 137-138

PRECISIONI ED INCERTEZZE

7min
pages 132-136

BOLSCEVISMO IMPERIALE

5min
pages 129-131

LA POLITICA DELLE RINUNCE

4min
pages 126-128

IL GREGGE NON PAGA....

3min
pages 124-125

IL DILEMMA DI SOLERI RESTRIZIONI O CARESTIA

2min
pages 122-123

LA CRISI DELLA «LORO» AUTORITA

3min
pages 119-121

LUCE E N OMI

3min
pages 117-118

SINCERITA E TARTUFERIA

3min
pages 114-116

IL LAMENTO DEL PASTORE

4min
pages 111-113

I SOCIALISTI E ILPROBLEMA ADRIATICO

3min
pages 109-110

LA FINE DI UNA ILLUSIONE

8min
pages 103-108

L'ARTEFICE E LA MATERIA

8min
pages 97-102

ANCONA E BELGRADO

3min
pages 95-96

DALL' INTERNO E DALL' ESTERNO

10min
pages 88-94

LA TESI DI CAVIGLIA

5min
pages 84-87

IN TEMA DI POLITICA ESTERA

3min
pages 81-83

L' IGNOBILE « BLUFF »

5min
pages 77-80

NELL'ORA DELLE RESPONSABILITA

9min
pages 70-76

« MATERIALE BELLICO»

5min
pages 66-69

SPACCIO DELLA BESTIA

9min
pages 59-65

POSTILLE ALLO SCIOPERO

3min
pages 57-58

DIITATURA E MISERIA

3min
pages 55-56

«COME. PRIMA, MEGLIO DI PRIMA ! »

3min
pages 53-54

UN «REAZION ARIO»

5min
pages 50-52

PATRIA E FAZIONE

5min
pages 46-49

DOPO I FATn DI TRIESTE

1min
pages 44-45

LA SITUAZIONE POLITICA*

11min
pages 36-43

ITALIA E ALBANIA

3min
pages 34-35

IL PROBLEMA DEL VENETO

7min
pages 28-33

LA NUOVA BABELE

14min
pages 18-27

LA COPIA E L'ORIGINALE

8min
pages 13-17

DAL .2 • CONGRESSO DEI FASCI AL ·PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MARCIA DI RONCHI

6min
pages 7-9, 11-12

AVVERTENZE

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