L’ETÀ DI AUGUSTO
3. Orazio
PERCORSO ANTOLOGICO
Tyrrhenum, sapias, vina liques et spatio brevi spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero. Ut melius: sott. est; il soggetto è l’infinito pati. Ut è avverbio esclamativo: lett. «come è meglio». – quidquid erit: proposizione relativa (lett. «qualsiasi cosa sarà»), oggetto dell’infinito pati (da patior, deponente), che non indica qui rassegnazione passiva («subire», «sopportare»), ma la forza di una consapevole accettazione della propria sorte, secondo l’insegnamento di Epicuro. – Seu pluris... Tyrrhenum: costruisci Seu Iuppiter tribuit pluris (= plures) hiemes seu (tribuit) ultimam (hiemem) quae nunc debilitat mare Tyrrhenum oppositis pumicibus. – tribuit: indicativo perfetto (non presente) da tribuo, ĕre («attribuire», «assegnare»); secondo dottrine e credenze diffuse nel mondo antico, si riteneva che il destino di ogni uomo fosse stabilito una volta per tutte fin dalla nascita. – hiemes: sineddoche per annos, motivata dall’ambientazione invernale della lirica, come chiarisce il nunc del verso successivo. – ultimam: «come ultimo», «per ultimo»; predicativo da unire a hiemem sottinteso. – quae nunc... Tyrrhenum: lett. «che ora fiacca il mare Tirreno per mezzo delle opposte rocce». L’ablativo oppositis... pumicibus ha valore strumentale, ma nella traduzione è preferibile «contro le opposte rocce», ovvero le scogliere «che si oppongono» all’impeto delle onde, contro le quali cioè si infrangono incessantemente le onde del mare Tirreno; di qui l’impiego del verbo debilitare, come
se l’inverno «fiaccasse», «affaticasse» il mare, agitato dalle burrasche stagionali. – sapias: congiuntivo esortativo, come i successivi liques e reseces; da sapio, ĕre, «esser saggio». – vina liques: filtrare il vino con un colino (colum) o con un sacchetto (sacculus vinarius) era un’operazione necessaria, date le tecniche di vinificazione antiche, per togliere sedimenti e impurità dal vino e renderlo più limpido; liques è congiuntivo esortativo (da liquo, aˉre), vina è plurale poetico per vinum. – spatio brevi: probabilmente ablativo assoluto nominale di valore causale («poiché lo spazio [= il tempo della vita] è breve»); oppure, secondo altri commentatori, ablativo di causa o di separazione o di luogo; non manca chi lo interpreta come dativo di vantaggio. – reseces: terzo congiuntivo esortativo; da reseco, aˉre, propriamente «recidere», «tagliare». È probabile che la metafora sia debitrice al linguaggio dell’agricoltura («potare», «troncare», «accorciare» i rami troppo lunghi), come carpĕre («cogliere i frutti») al v. 8. Da notare la serie allitterante in s (sapias... liques... spatio... reseces) e l’antitesi brevi... longam. [7-8] Mentre parliamo, il tempo invidioso sarà [già] fuggito: cogli il momento presente, fidando il meno possibile nel domani. Dum loquimur, fugerit: la congiunzione Dum introduce una proposizione temporale all’indicativo presente (di loquor, loqui, deponente) in dipendenza da
fugerit, futuro anteriore. La fuga rapidissima e inesorabile del tempo viene mirabilmente espressa, con fine sensibilità psicologica, dalla scelta dei due diversi tempi verbali: «Questa fuga così istantanea che il poeta non appena l’ha veduta nel futuro, già era nel passato» (nota di G. Pascoli). – invida/ aetas: aetas, soggetto di fugerit, indica il tempo nella sua continuità e nel suo fluire ininterrotto, immagine enfatizzata dal forte enjambement; è detta invida, con una sorta di personificazione, quasi una forza ostile che ci sottrae con vertiginosa rapidità i momenti di piacere, come se il tempo fosse «invidioso» della nostra felicità. – carpe diem: lett. «cogli», «afferra il giorno»; dies nel significato pregnante dell’«oggi», del «presente» (spesso tradotto con «l’attimo»). Come si è accennato nella nota al v. 7 (reseces), il verbo evoca il gesto vivace di cogliere un frutto o un fiore. – credula: lo stesso che in italiano; anche «[troppo] fiduciosa». L’aggettivo, riferito naturalmente a Leuconoe, in funzione predicativa del soggetto sottinteso, ha una lieve sfumatura di affettuosa ironia. – postero: neutro sostantivato dell’aggettivo posterus («seguente», «che viene dopo») in caso dativo, retto da credula. Senza alcun mutamento di significato, si può intendere propriamente come aggettivo, con sottinteso diei («al giorno dopo», «al domani»); in ogni caso indica «il futuro» e si contrappone a diem, «il presente».
Nomi e parole degli antichi Aetas Etimologicamente il sostantivo femminile aetas, nella lingua arcaica aevitas, deriva da aevum, sostantivo neutro il cui primo significato è «tempo senza limiti», «eternità» (cfr. il greco aión). Sia aevum sia il derivato aetas hanno il significato di «tempo» nelle più varie accezioni, che non mancano in diversi casi di sovrapporsi. Le principali:
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- il «tempo della vita», l’intera naturale durata di una vita umana; - il tempo di una «generazione»; - l’«età», gli «anni» di un uomo, ossia il momento della sua vita in cui presentemente si trova; - «età» nel senso di «periodo», «epoca» (aetas aurea è l’«età dell’oro»; ma anche la «generazione», la «stirpe aurea»);
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- «tempo» in generale, tempo cronologico, considerato nel suo scorrere. Nell’ode oraziana è quest’ultimo il significato di invida/ aetas (v. 8), non senza l’inevitabile interferenza di «tempo [breve] della vita umana».