L’ETÀ DI AUGUSTO
3. Orazio
T 17 Il luogo ideale Carmina II, 6 LATINO
PERCORSO ANTOLOGICO
ITALIANO
Nota metrica: strofe saffica minore, composta di tre endecasillabi saffici seguiti da un adonio.
L’ode è rivolta a Settimio e rinvia allusivamente al carme 11 di Catullo, rinnovando un topos di origine probabilmente ellenistica, quello dell’amico disposto ad accompagnare il poeta fino in capo al mondo, già impiegato da Orazio stesso negli Epodi (1, 11-13). Il motivo del viaggio immaginario in terre lontane, contenuto in un giro di versi più breve (4 contro 12) rispetto al testo catulliano, offre lo spunto alla costruzione di un discorso assai diverso, esistenziale e morale anziché emotivo e fantastico: il poeta, attraverso una serie di forti opposizioni, indica a se stesso e all’amico una scelta di vita. All’itinerario fisico-geografico si sostituisce perentoriamente un altro itinerario, verso un luogo che è una dimora dello spirito. I temi sono quelli prediletti della poesia oraziana: il desiderio di quiete e di una vita appartata (contrapposta alle fatiche dei viaggi e della milizia, vv. 7-8); la ricerca di un angulus, qui identificato con i paesaggi idillici della campagna tiburtina e tarentina (in netta antitesi con le immagini di regioni insidiose e remote evocate nella prima strofa); l’amicizia, capace di alleviare il pensiero triste della morte; il convito, cui si allude nella terza e quarta strofa con il riferimento simbolico a tre prodotti delle piane di Taranto (il miele, l’olio, il vino). Al v. 21 Orazio dà forma retorica e stilistica al proprio ideale di vita creando con raffinata eleganza una disposizione chiastica fra i pronomi designanti i due amici (te mecum) e il nucleo sostantivoaggettivo che esprime l’immagine fisica e mentale del luogo appartato (Ille... locus).
Septimi, Gades aditure mecum et Cantabrum indoctum iuga ferre nostra et barbaras Syrtes, ubi Maura semper aestuat unda, 5 Tibur Argeo positum colono sit meae sedes utinam senectae, sit modus lasso maris et viarum militiaeque.
O Settimio, disposto a venire con me sino a Cadice e fra i Cantabri ancora indocili al nostro giogo, e nelle barbare Sirti, dove sempre ribolle l’onda maura: Tivoli, fondata dal colono argivo, sia la sede della mia vecchiaia, sia il termine per me stanco del mare e dei viaggi e della milizia.
1-3. Gades... Cantabrum... Syrtes... Maura (unda): Cadice (nella penisola iberica) sta a indicare nel codice letterario classico l’estremo limite del mondo occidentale; i Cantabri, abitanti delle montuose regioni nord-occidentali della Spagna, erano una popolazione fiera e ribelle (dovettero affrontarli in quegli anni sia Augusto, fra il 25 e il 24, che
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Agrippa, fra il 20 e il 19 a.C.); Sirti erano dette due vaste insenature lungo le coste libiche (Syrtis maior e Syrtis minor, i golfi di Sidra e di Gabes), tradizionalmente considerate pericolose a causa dei fondali bassi e sabbiosi, delle frequenti tempeste e dei predoni costieri; a occidente delle Sirti si trovava invece la Mauritania (ma l’imprecisione geografi-
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ca era un vezzo della poesia ellenistica e alessandrina, che spesso alludeva a una località o a una popolazione con il nome di luoghi e di popoli limitrofi). 5. Tibur... colono: mitico fondatore di Tivoli era considerato Tiburno, originario dell’Argolide.