PERCORSO ANTOLOGICO
LETTURA e INTERPRETAZIONE Nunc est bibendum: la “risposta” all’Epodo 9
Orazio riprende l’esordio irruente di Alceo, citato nell’introduzione, secondo un modulo caratteristico della sua tecnica compositiva (il “motto” iniziale), ma al tempo stesso si richiama a un proprio precedente componimento, “rispondendo” finalmente, dopo un anno di ansiosa attesa, alla domanda posta nei versi d’apertura dell’Epodo 9 [ T2 ONLINE] a Mecenate per la vittoria di Azio: «Quando sarà che il Cecubo riposto per i conviti festivi, lieto per la vittoria di Cesare io beva insieme a te (se a Giove sarà grato) nella tua alta casa, o Mecenate beato, mentre la lira farà risuonare il suo canto misto a quello dei flauti, questa sul ritmo dorico, quelli sul ritmo barbarico [= frigio o lidio]?»
La figura di Ottaviano
Il riconoscimento della grandezza dell’avversario non era inconsueto nella tradizione epica e storiografica latina: d’altra parte, rendere omaggio al valore dei nemici vinti era anche un modo di esaltare la potenza dei vincitori. I furori della regina sono domati dalla risolutezza di Ottaviano, disegnato nelle strofe centrali dell’ode (vv. 15-20) come su un bassorilievo celebrativo nell’atto di inseguire la sua preda. Alla figura drammatica e mossa di Cleopatra, al pathos tragico della sua morte, fanno riscontro la solidità olimpica e la forza interiore di Ottaviano: i moduli sono quelli della propaganda contemporanea, che aveva fatto della guerra combattuta con Antonio e Cleopatra uno scontro fra l’Oriente irrazionale e mostruoso e l’Occidente romano fondato sull’ordine della legge e della ragione.
sui monti, il più veloce degli uccelli, si avventa speditamente dietro una trepida colomba» (trad. di G. Tonna). Nella seconda similitudine, invece, la precisa ambientazione della scena venatoria e la scelta della nominazione ricercata, mitologicamente allusiva, nonché dell’epiteto convenzionale (la Tessaglia «nevosa») rispondono al gusto alessandrino dell’erudizione geografica; la probabile fonte del vivido quadretto è un epigramma di Callimaco (che già Orazio aveva ripreso in Sermones I, 2, 105-106).
Lo stile dell’ode: il modello pindarico
Rispetto allo stile tenue e classicamente equilibrato delle Odi, qui Orazio sceglie un modello più complesso, ispirato agli epinici («canti di vittoria») pindarici: stile grandioso, potenza vigorosa delle immagini, periodo sintattico in continua espansione, con l’uso, tipicamente pindarico, di participi e di aggettivi che aprono nuove proposizioni al di là della misura composta del verso e della strofa. Nei versi 10-11, ad esempio, è particolarmente audace l’insolita costruzione del participio-aggettivo inpotens, «incapace di frenarsi» (in + possum), riferito a regina (v. 7), con l’infinito (sperare), rilevata dal forte enjambement.
Al centro dell’ode due similitudini: Omero e Callimaco
Testa della regina Cleopatra, I secolo a.C. Londra, British Museum.
Due similitudini, immediatamente consecutive ma molto diverse fra loro (vv. 17-19), conferiscono bellezza eroica all’impresa e tensione immaginativa al motivo encomiastico. La prima è omerica: proviene da Iliade XXII, 138 sgg., con l’immagine di Achille che si slancia su Ettore tremante «come uno sparviero
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