PERCORSO ANTOLOGICO
hac potestate et cotidie apud me causam dico. Cum sublatum e conspectu lumen est et conticuit uxor moris iam mei conscia, totum diem meum scrutor factaque ac dicta mea remetior; nihil mihi ipse abscondo, nihil transeo. Quare enim quicquam ex erroribus meis timeam, cum possim dicere: [4] «Vide ne istud amplius facias, nunc tibi ignosco. In illa disputatione pugnacius locutus es: noli postea congredi cum imperitis; nolunt discere qui numquam didicerunt. Illum liberius admonuisti quam debebas, itaque non emendasti, sed offendisti: de cetero vide, non tantum an verum sit quod dicis, sed an ille cui dicitur veri patiens sit; admoneri bonus gaudet, pessimus quisque rectorem asperrime patitur».
questa facoltà e ogni giorno faccio il processo a me stesso. Quando il lume è stato già portato via e mia moglie, che conosce le mie abitudini, s’è taciuta, io passo in rassegna l’intera giornata e peso tutte le mie parole e le mie azioni; non mi nascondo nulla e nulla sorvolo. Che ragione avrei, infatti, di aver paura dei miei errori, dato che posso dire: [4] «Cerca di non farlo più. Per ora ti perdono. In quella discussione sei stato un po’ troppo aggressivo: d’ora in avanti non metterti più a discutere con gli ignoranti; non vuole imparare, chi non ha mai imparato. Quello là l’hai redarguito con più libertà di quanto avresti dovuto, e così non l’hai corretto; l’hai soltanto offeso: in seguito, guarda non solo se è vero quello che dici, ma se la persona con cui parli sa accettare la verità; l’uomo virtuoso è contento di essere ammonito, mentre i non virtuosi sopportano assai male una guida». (trad. di N. Sacerdoti)
T4
Elogio di Claudio
Consolatio ad Polybium 7
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T 5 Otiosi e occupati De brevitate vitae 14 LATINO ITALIANO
Nel De brevitate vitae, Seneca confuta l’idea, diffusa tra la gente comune come tra gli uomini dotti, che la vita concessa all’uomo sia breve: in realtà, non exiguum temporis habemus, sed multum perdidimus (I, 3). Due sono dunque gli antagonisti di tutto il dialogo: da una parte gli occupati, che vivono sempre affaccendati, correndo affannosamente da un impegno all’altro, tormentati dall’ansia e in balìa delle passioni; dall’altra gli otiosi, cioè coloro che si dedicano alla salute dell’anima, e che riconoscono nei grandi maestri del passato la loro guida morale. Tra gli occupati, di cui il trattato fornisce lunghi e vivaci cataloghi, ai parr. 3-4 vengono presentati i clientes, che fin dal mattino vagano da una casa all’altra per ottenere qualche piccolo compenso dai loro patroni. All’opposto, ai parr. 2 e 5, viene celebrato il rapporto fra maestro e discepolo: un rapporto che non ha mai fine, e che ci consente di spingere il nostro spirito verso pensieri non caduchi, ma eterni e infiniti. Come nella tradizione diatribica, cui ampiamente attinge, Seneca non elabora un discorso dottrinale, ma preferisce muoversi sul piano concreto degli esempi e con la forza persuasiva delle immagini. 147 © Casa Editrice G. Principato