L’ETÀ GIULIO-CLAUDIA
4. Seneca
Leggere un TESTO CRITICO
ad studia revocare (De tranquillitate animi 3, 6), sibi applicare (De tranquillitate animi 24, 2), suum fieri (Ep. ad Luc. 75, 118), in se recedere (De tranquillitate animi 17, 3; Ep. ad Luc. 74, 29), ad se recurrere (De brevitate vitae 18, 1), secum morari (Ep. ad Luc. 2, 1 [ T10]): Seneca dispone di tutto un vocabolario per indicare le diverse forme che devono assumere la cura di sé e la sollecitudine con la quale si cerca di avvicinarsi a se stessi (ad se properare: Ep. ad Luc. 35, 4). Anche a Marco Aurelio preme molto occuparsi di se stesso: né libri né scritti devono trattenerlo dalla cura diretta che deve riservare al proprio essere: «Non andar più oltre vagabondando. Non hai più tempo, ormai, per rileggere i tuoi appunti, né le imprese degli antichi Romani e dei Greci, né gli scritti che avevi serbato per i giorni della vecchiaia. Affrettati, dunque, abbandona ogni inutile speranza, e, se hai cura del tuo bene, aiutati da te stesso, fin che ti è possibile» (Ricordi III, 14). (M. Foucault, La cura di sé, Feltrinelli, Milano 1985, pp. 49-50)
PERCORSO ANTOLOGICO
T 11 Il potere corruttore della folla Epistulae ad Lucilium 7, 1-5 LATINO
Come già nell’epistola prima, Seneca entra subito in tema. Lucilio gli ha chiesto che cosa si debba specialmente evitare, per conseguire la saggezza; ed egli risponde con una sola parola: turbam, la folla. Ma come sempre l’autore-maestro si pone subito allo stesso livello del destinatario-discepolo, confessando la propria fragilità. Il saggio stoico deve dunque evitare di «mescolarsi» tra gli uomini, per sfuggire al pericoloso «contagio» delle torbide energie che la folla esprime. Deve guardarsi dall’assistere a spettacoli, e soprattutto ai violenti e sanguinari combattimenti circensi; per avvalorare questo ammonimento, l’autore ricorre a un esemplare aneddoto tratto dall’esperienza personale. [1]
Quid tibi vitandum praecipue existimes quaeris? Turbam. Nondum illi tuto committeris. Ego certe confitebor inbecillitatem meam: numquam mores quos extuli refero; aliquid ex eo quod composui turbatur, aliquid ex iis quae fugavi redit. Quod aegris evenit quos longa inbecillitas usque eo adfecit ut nusquam sine offensa proferantur, hoc accidit nobis quorum animi ex longo morbo reficiuntur. [1] Mi chiedi che cosa soprattutto ritieni di dover evitare. La folla. Non ti potrai mai affidare ad essa senza pericolo. Io confesserò almeno la mia debolezza: non riporto mai [a casa] i buoni costumi che ho portato fuori; qualcosa si turba di ciò che avevo messo in ordine, qualcosa di ciò che ho messo in fuga ritorna. Quello che capita ai convalescenti, che un lungo stato di debolezza ha fiaccato fino al punto da non poter esser portati in alcun luogo senza danno, lo stesso succede a noi, i cui animi si riprendono da una lunga malattia. Quid... existimes: l’interrogativa indiretta (Quid... existimes) regge l’infinitiva oggettiva tibi vitandum (esse), costruzione perifrastica passiva (tibi è dativo d’agente). – Turbam: va sottinteso un verbo
come (tibi) respondeo. – tuto: avverbio di modo. Lett. «al sicuro», avendo cioè la certezza di poter uscire indenne dal contatto con la folla. – committeris: passivo con valore più riflessivo che mediale; è implicita una sfumatura potenziale («potrai affidarti»). Nel contesto, non è un indicativo presente (committĕris) ma un futuro semplice (committeˉris). – Ego: con valore enfatico. Come sempre, Seneca si pone allo stesso livello del discepolo. – certe: con valore restrittivo. – inbecillitatem: con valore morale, diversamente dal successivo (longa inbecillitas), che sta a indicare una debolezza di ordine fisico. – mores: il complesso delle tradizionali virtù romane, fondamento dell’agire sia pubblico sia privato. – extuli refero: da ex + fero e re + fero (figura etimologica).
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– aliquid... composui: sono le passioni umane: il sapiens stoico sa di non poterle sradicare dal proprio animo, ma soltanto di poterle governare. – aliquid ex iis: sono i vizi. Si noti l’anafora (aliquid... aliquid) e il parallelismo delle due costruzioni (ex eo... ex iis; quod composui... quae fugavi; turbatur... redit). – fugavi: metafora tratta dal linguaggio militare: è solitamente usato con riferimento ai soldati (qui = vizi, passioni) messi in fuga. – Quod... evenit: proposizione relativa con valore prolettico. – ut nusquam... proferantur: proposizione consecutiva: è retta dalla relativa quos... adfecit. – accidit nobis: si noti la costruzione chiastica con il precedente aegris evenit. – ex longo morbo: il nesso vizio-malattia è presente in numerosi passi di Seneca.