PERCORSO ANTOLOGICO
rovescia un noto topos letterario tendente a sottolineare l’incrollabilità dell’eroe. Così, un celebre passo virgiliano descrive Enea che, decisa la partenza, si mostra inflessibile alle suppliche di Didone (Aen. IV, 441-446). [...] Proprio l’insistenza sulla senilità politica e militare di Pompeo e sulla sua passività nei confronti dell’incalzare di Cesare serve, paradossalmente, a una caratterizzazione in senso positivo del personaggio: dalla sýnkrisis risulta chiaro che solo la brama di potere di Cesare è responsabile della catastrofe che porterà al tracollo dell’ordinamento romano: Pompeo si limita a non voler abbandonare le posizioni precedentemente acquisite, che non esulano dall’ambito della legalità repubblicana, per quanto ne segnino il limite. (E. Narducci, La provvidenza crudele, Nistri-Lischi, Pisa 1979, pp. 91-92; 110-112)
T 12 Macabro rito di necromanzia Pharsalia VI, 719-729; 750-821 ITALIANO
Nell’imminenza dello scontro decisivo, Sesto Pompeo s’inoltra nei campi deserti di Tessaglia, a notte fonda, per interrogare la maga Erictho, impaziente di conoscere da quale parte inclini la bilancia del destino. Un sortilegio nefando e terribile avrà luogo entro un orrido scenario di rupi e di selve: la maga evocherà dai regni della morte lo spirito di un soldato affinché ritorni nel cadavere a profetizzare il futuro.
720
725
Dette queste parole solleva il capo del morto disteso e la bocca schiumante, e ne vede l’anima eretta, atterrita dalle membra esanimi e dalla chiostra dell’antico carcere. Teme di dover rientrare nel petto squarciato, nei visceri e nelle fibre lacerate da mortale ferita. O sventurato, cui è sottratto iniquamente l’estremo privilegio della morte, il poter morire. Erictho si stupisce che ai fati si permettano tali indugi e, adirata con la Morte, frusta il cadavere immoto con un vivo serpente, attraverso fenditure della terra prodotte per incantesimo, latra contro i Mani e rompe i silenzi del regno: [...]
719. Dette queste parole: nei versi precedenti (695-718) Erictho ha pronunciato una tremenda invocazione alle divinità infernali. 721. dell’antico carcere: il corpo, secondo la dottrina orfico-pitagorica. L’immagine venne ripresa e divulgata da Platone nel Fedro e da Cicerone nel Somnium Scipionis.
724-725. cui è sottratto… il poter morire: il defunto, richiamato alla vita dal sortilegio, dovrà infatti morire una seconda volta. 727. frusta... serpente: la maga Erictho è assimilata a una delle Furie, tradizionalmente rappresentate nell’atto di sferzare i dannati con vive serpi (così Virgilio in Eneide VI, 570-572).
729. A questo punto la maga, adirata perché l’anima del defunto, atterrita, indugia a ritornare nel suo corpo straziato, pronuncia una lunga serie di terribili minacce rivolte alle divinità infere, per costringerle ad affrettare il compimento del rito; e così avviene.
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